Let me be your hero

di SilentWings
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Angel ***
Capitolo 2: *** E' in un giorno di pioggia che ti ho conosciuta... ***
Capitolo 3: *** Paradise of light ***



Capitolo 1
*** Angel ***


Ok, anche per la sottoscritta è arrivato il momento della fanficion con dedica. Ebbene, questa storia mi è stata ispirata da una persona che mi è molto cara. Una persona che ho conosciuto per puro caso, e che nel giro di pochi mesi, è diventata per me molto importante. Un'amica fantastica, con cui poter ridere, fare ca**ate, ma anche su cui posso sempre contare quando mi sento giù. Mi sembra che per una persona del genere, una fanfiction tra lei e uno dei suoi personaggi preferiti sia come minimo d'obbligo ^^ Ecco a voi quindi la mia Shimizu. Con l'augurio che la nostra amicizia possa continuare in eterno. Ti voglio bene!

Seria e concentrata su quel che stava facendo, Shimizu finì di applicare una sottile linea di kajal alla palpebra inferiore dell'occhio destro. Quando l'operazione fu completata, la ragazza si guardò allo specchio. Prese una spazzola dal ripiano del lavabo e pettinò in fretta i suoi lunghi capelli castani.
Poi scese le scale, buttandosi con noncuranza la tracolla sulla spalla. Si infilò le scarpe e uscì di corsa, chiudendosi la porta di casa alle spalle.
Irritata, Shimizu sbuffò, sistemandosi il ciuffo al lato del viso con un gesto brusco, mentre continuava a camminare a passo sostenuto.
Quella mattina aveva delle commissioni da fare in città, e il primo autobus per Sternbild Central sarebbe passato dì lì a qualche istante. Durante la breve attesa alla fermata, la ragazza estrasse dalla tasca dei jeans il cellulare e vi attaccò le cuffie, premendo il pulsante play del lettore musicale.
Finalmente, con una lentezza esasperante, il mezzo pubblico arrivò, e accostò al marciapiede per permettere ai passeggeri di scendere e salire.
Shimizu entrò e timbrò il biglietto, per poi notare con una punta di nervosismo che tutti i posti a sedere erano già occupati. Rassegnata, appoggiò la schiena contro il palo che serviva da sostegno.
Alla sua sinistra, una ragazzetta di non più di undici anni era assorta nella lettura di un libro decisamente voluminoso.
Alla sua destra, un giovane uomo dai capelli castani, il cui volto tenuto basso era seminascosto da una coppola bianca e verde.
Ad un certo punto, l'autista inchiodò: un piccolo gattino tigrato aveva deciso di attraversare la strada proprio in quel momento.
La ragazza perse l'equilibrio e, sbilanciata dal peso della tracolla, cadde di faccia contro il petto muscoloso dell'uomo col cappello, che, accortosi giusto in tempo di quello che stava accadendo, la afferrò prontamente, evitando così un domino umano che li avrebbe fatti cadere entrambi.
Una volta riaperti gli occhi, Shimizu  cercò di capire cosa avesse fermato l'imminente capitombolo.
E trovò la risposta proprio davanti a sé: due grandi occhi color dell'ambra la stavano fissando, curiosi.
-Ehi, tutto bene?-
-S...sì...- con le guance rosse e che pizzicavano dall'imbarazzo, la giovane cercò di ricomporsi, raddrizzandosi.
Cercando di ostentare noncuranza e di dominare la vergogna di essere caduta a quel modo tra le braccia di un perfetto sconosciuto, si afferrò saldamente al primo sostegno che le sue mani incontrarono.
Quando trovò sufficiente coraggio, cominciò ad osservare l'uomo di sottecchi.
Indossava una camicia verde scuro sotto ad una giacca senza maniche bianca. Al collo, una cravatta nera, dello stesso colore dei pantaloni. Aveva un aspetto estremamente curato, aveva un buon odore di pulito e sembrava essersi sbarbato di fresco, come testimoniava il pizzetto impeccabile.
-Quel pizzetto sembra ispirato alle orecchie di un gatto- pensò la ragazza.
Di colpo si riscosse, ricordandosi dell'esistenza delle buone maniere. Si voltò verso lo sconosciuto, rivolgendogli uno sguardo pieno di timidezza ed imbarazzo. -Mi scusi se le sono piombata addosso. E la ringrazio per avermi evitato la caduta.- E così dicendo chinò lievemente il capo, a mo' di inchino, mantenendo gli occhi rivolti verso il pavimento per alcuni secondi, fino a quando, dopo un brave silenzio, la risatina sommessa del giovane uomo la costrinse ad alzare lo sguardo.
E il cuore di Shimizu perse un battito.
Sul viso del suo salvatore, era comparso il più luminoso e sincero sorriso che avesse mai visto.
-Ti prego! Non c'è bisogno di darmi del lei, non sono mica così vecchio- Con un colpetto spigliato, si sistemò il cappello. -E comunque, non c'è bisogno di scusare né di ringraziarmi. Non è mica colpa tua se hai perso l'equilibrio. Dimmi un po', come ti chiami, gentil fanciulla?- E, scherzando, accennò ad un lieve inchino.
Gli occhi scuri della ragazza si abbassarono di nuovo, leggermente sconcertata da tutta quella confidenza, mentre stringeva più forte il supporto di metallo. -S...Shimizu...-
L'uomo sorrise di nuovo.
-Molto piacere. Io mi chiamo Kotetsu T. Kaburagi. Sono lieto di sapere che in questa città frenetica c'è ancora qualcuno che conosce il galateo. Come segno di rispetto, ti regalo questo.-
E così facendo, Kotetsu si tolse la coppola, calcandola con delicatezza sui capelli castani della ragazza, che dal canto suo arrossì violentemente.
-Oh, ma io... non posso, non posso proprio accettare.-
Con un gesto delicato, lui la zittì. -Silenzio. Tienilo tu.-
Con un timido sorriso, Shimizu ringraziò, scusandosi per l'improvvisa interruzione della conversazione: ormai era arrivata alla sua fermata.
Frastornata, scese dall'autobus, lanciando un'ultima, fugace occhiata a quelle iridi dorate che la fissavano.
Sistemandosi il cappello, allungò il passo.
E per il resto  della giornata non pensò più a quello strano tizio.
Verso sera, la ragazza decise che era finalmente ora di tornare a casa.
Il suo itinerario prevedeva il passaggio attraverso una delle zone più degradate di Sternbild.
Non senza una certa apprensione, imboccò una stretta stradina, piena di lattine ed immondizie sparse a terra, e contornata da edifici fatiscenti, che parevano pronti a crollare al minimo alito di vento.
Le pareti di cemento erano coperte di crepe gigantesche, e i vetri di diverse finestre sembravano essere stati distrutti a sassate.
Ad un certo punto, Shimizu sentì un flebile richiamo d'aiuto.
Un tizio dell'apparente età di quarantacinque anni, se ne stava semidisteso a terra, con la schiena appoggiata ad un muro.
Preoccupata, la giovane si avvicinò all'uomo. -Signore, si sente bene? Ha bisogno d'aiuto?- e così facendo si inginocchiò al suo fianco.
Con uno scatto fulmineo, l'estraneo la attirò a sé e le puntò una pistola alla tempia.
Con incredibile nitidezza, forse dovuta all'eccesso di adrenalina del momento, Shimizu sentì il freddo acciaio della canna dell'arma sfiorarle la pelle nei pressi della vena giugulare.
Bloccandola con un braccio, il delinquente cominciò a parlarle, con misurata calma. -Ed ora, signorina, estrai tutte le cose di valore dalla tua borsa e appoggiale qui, accanto a me. Non urlare. Non cercare di scappare. Solamente esegui i miei ordini ed avrai salva la vita. Forse.-
Con una risata sadica, l'uomo cominciò a sfiorare il grilletto, mentre la ragazza estraeva con mani tremanti il cellulare, il portafoglio ed un piccolo portamonete di cuoio e li appoggiava a terra.
Poi chiuse gli occhi, piangendo in silenzio e preparandosi al peggio... quando sentì un forte strattone, seguito da un urlo lacerante.
Una specie di robot gigante bianco e verde stava tenendo il malvivente sollevato a mezz' aria, impedendogli la fuga.
La cybernetica apparizione sembrò ammiccare a Shimizu. -Sorridi! Sei su Hero TV!-
La giovane, cercando di dominare lo shock, riconobbe subito quel personaggio: Wild Tiger, eroe di Hero TV. Il suo mito da sempre.
In quel momento, il suono sempre più vicino delle sirene e dei bagliori blu intermittenti le segnalarono il prossimo arrivo degli agenti di polizia, che avrebbero prelevato il malvivente direttamente dalle mani di Tiger per un periodo di riflessione in carcere.
Wild Tiger si avvicinò a Shimizu. -Tutto bene?-
Con l'improvvisa certezza di aver già sentito da qualche parte quella voce, lei riuscì solo ad annuire, ancora tremando di spavento.
Forse intenerito da tutto quel timore, l'eroe prese in braccio la ragazza. -Vieni. Voglio mostrarti una cosa.- E così dicendo spiccò un balzo. Shimizu, colta di sprovvista, gridò di sorpresa sentendo la sensazione del vuoto sotto di sé. Chiuse gli occhi.
Quando li riaprì, notò con sommo stupore che si trovavano sulla cima dell'edificio più alto di Sternbild. Sulla città stava ormai calando la notte, e le innumerevoli luci provenienti dai lampioni e dalle finestre, sembravano portare sulla terra un piccolo pezzo di firmamento. Su una città il cui nome le calzava a pennello. [1]
Rapita da quella splendida visione, la ragazza restò in silenzio, immobile, persa nella contemplazione.
Poi, come ricordandosi della presenza di Tiger, si voltò a guardarlo. -G...grazie per avermi salvata.- disse con un lieve inchino del capo.
L'eroe sembrò meditare. Poi, lentamente, si tolse la maschera.
Shimizu sgranò gli occhi, non riuscendo a controllare la sorpresa.
Quello che sedeva davanti a lei, era lo stesso uomo che le aveva evitato la caduta sull'autobus, quella stessa mattina.
-K...Kotetsu?!-
Lui sogghignò -Proprio io, in carne e ossa. Questa divisa mi dona, vero?-
-B...beh, io... non avrei mai immaginato...- riuscì solo a balbettare la ragazza.
Senza dire altro, Kotetsu le si avvicinò e le prese il mento, facendo incatenare i loro sguardi per un istante.
Poi, senza preavviso, fece affondare le labbra in quelle della ragazza, che sentì tutto il sangue del suo corpo affluirle sulle guance, mentre aveva la sensazione che il cuore le stesse scoppiando in gola.
Quando l'uomo la lasciò andare, la guardò con dolcezza.
-Da quando ti ho vista, stamattina, così esile e delicata, ho intuito subito che avresti avuto bisogno di un angelo custode. Non ho potuto fare a meno di provare subito qualcosa per te. Per quei tuoi meravigliosi occhi scuri. Quindi... vorresti che questo angelo fossi io?-
Lei non rispose subito. Passò invece un braccio attorno al collo di Kotetsu, per baciarlo di nuovo con passione.
E per poi sussurrare tra lacrime di emozione, il suo "sì".


Fin

NOTE
[1] per chi non conoscesse il tedesco, il nome della città, Sternbild, significa "costellazione".

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Capitolo 2
*** E' in un giorno di pioggia che ti ho conosciuta... ***


Salve! Scusatemi per il ritardo! Rieccomi con il nuovo capitolo! Recensite, recensite, recensite! :3

Rabbrividendo leggermente, Shimizu si avvolse più stretta nel grande asciugamano bianco e soffice che Kotetsu le aveva prestato.
La pioggia che li aveva sorpresi per strada, ancora stava picchiettando leggermente sui vetri, facendola sentire felice di non essere all’aperto, nell’aria fredda di novembre.
Il cielo si era coperto velocemente e presto le prime, pesanti gocce avevano preso a macchiare l’asfalto di aloni scuri. Shimizu si era sentita sollevare di peso da Wild Tiger, che ormai, in abiti borghesi, passava inosservato.
-Non rimaniamo qui fuori, o ci inzupperemo in un battibaleno.-
Con un certo disappunto, la ragazza non aveva alzato obiezioni sul fatto di essere stata sollevata e caricata sulle spalle come un sacco di patate.
Nonostante la corsa a perdifiato per le strade di Sternbild, una volta in vista della villetta in cui Kotetsu abitava, erano entrambi bagnati fino al midollo.
Il giovane uomo l’aveva fatta entrare ed aveva subito acceso il riscaldamento.
Con aria confusa, Shimizu era rimasta impalata nell’atrio, incurante della piccola pozzanghera d’acqua piovana che si stava formando ai suoi piedi.
Kotetsu si girò a guardarla, perplesso.
-Ehm... posso suggerirti un cambio d’abiti? Aspetta, ti do un asciugamano.
La ragazza si riscosse, arrossendo.
-Oh davvero, non fa niente... io... io sto bene così, sul serio!-
Il ragazzo col pizzetto la guardò storto.
-Non dire sciocchezze! Ti verrà un accidente, se non ti cambi al più presto. Ecco, tieni questo asciugamano.-
Così dicendo, la lasciò da sola, sparendo in cucina.
Con la pelle ancora bagnata, Shimizu si sedette su un piccolo divano verde.
A quanto pare, Kotetsu amava molto quel colore, il predominante in quella piccola casa.
La fanciulla si guardò intorno: la stanza in cui si trovava era piccola ma confortevole: il pavimento in legno d’acero e alcune curiose sculture in ebano contribuivano a rendere piacevole l’ambiente.
In un angolo, alcune lattine di birra vuote, chiuse in un sacchetto di plastica trasparente ed evidentemente destinate alla spazzatura.
Con la pelle d’oca, Shimizu si affrettò ad indossare il pigiama azzurro di Tiger. Le stava larghissimo, e le maniche, evidentemente troppo lunghe, le coprivano abbondantemente le mani.
Infilandosi i calzini, leggermente imbarazzata per questa insolita situazione, si avviò verso la cucina, alla ricerca del padrone di casa. Lo trovò con indosso un grembiule decorato a fragoline, intento a sfornare una piccola torta rotonda che emanava un dolcissimo profumo di cioccolata, controllandone la cottura con uno stuzzicadenti.
Soddisfatto, l’uomo si girò, tenendo la teglia con l’aiuto di due presine.
Alla vista di Shimizu, scoppiò a ridere: la ragazza aveva un’aria alquanto smarrita e perplessa, e con addosso quei vestiti, magra com’era, sembrava una bambina che per gioco avesse indossato gli abiti del padre.
Improvvisamente, le guance le si tinsero di un deciso color amaranto.
- Che hai da ridere? Suscito così tanta ilarità?- chiese seccata, inarcando un sopracciglio.
-Ma no, no!- Sorrise lui divertito -Mi è piaciuta la tua espressione, sembravi un gattino impaurito.- ridacchiò.
E così dicendo, la fece accomodare accanto a sé sul divano, offrendole una tazza di tè bollente e una fetta di dolce.
Shimizu cominciò lentamente a bere dalla sua tazza, facendo vagare lo sguardo. I suoi occhi si posarono su una foto, incorniciata e ben sistemata su un basso mobiletto di legno.
- Kotetsu... chi sono queste persone?-
Sul volto di Wild Tiger si dipinse subito un’espressione dolce e malinconica allo stesso tempo.
-La bambina è mia figlia, Kaede. La donna, Tomoe, è mia moglie... o meglio, lo era...-
La ragazza sbarrò gli occhi, sorpresa ed imbarazzata allo stesso tempo.
- Ma... ma tu...?-
- Mia moglie è deceduta molti anni fa. Mia figlia abita con mia madre, e il lavoro che faccio non mi consente di vederla di frequente.-
Shimizu si ostinò a cacciare indietro una piccola lacrima che voleva uscire a tutti i costi.
-M... mi spiace...- mormorò con voce tremante.
Kotetsu cercò di consolarla -Sono cose che capitano nella vita. Fino a stamattina pensavo che vivere non avesse più senso. Ma ora...- la guardò intensamente.
Lei sorrise e gli accarezzò il dorso della mano, sfiorando coi polpastrelli i muscoli, i nervi e le vene in rilievo.
Con uno scatto improvviso, l’uomo la strinse a sé, posandole un bacio morbido sulle labbra.
- Shimizu... io... io... -
Con dita tremanti cominciò a toglierle la giacca del pigiama.
La ragazza chiuse gli occhi, presa da un subitaneo senso di vertigine.
Lei stava veramente per ...? No, non poteva essere...!
Di quella notte avrebbe conservato solo pochi e sporadici ricordi.
Il suo profumo forte.
La morbidezza dei suoi capelli.
Il calore del suo corpo.
E la luce accecante del sole all’arrivo dell’alba.

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Capitolo 3
*** Paradise of light ***


Buonasera! Eccoci all'ultimo capitolo di LET ME BE YOUR HERO! Buona lettura!

Luce. Luce. Luce.
Da dove entrava tutta quella luce?
Eppure, ne era sicura, ieri sera aveva tirato le tende. O forse no?
Un movimento lento delle lenzuola che la coprivano le fece aprire gli occhi.
Oddio! Un uomo nudo! Un uomo nudo nel suo letto!
Che diamine ci faceva un uomo nudo nel suo letto?
Shimizu si alzò di scatto, solo per ripiombare con violenza sul cuscino un attimo dopo, in preda ad un dolore atroce.
Che botta.
Da quando in qua il suo letto era posizionato sotto un ponte di armadi?
Massaggiandosi il cranio, cercò di fare mente locale.
Luce. Un uomo completamente nudo che dormiva al suo fianco con aria beata. In una camera che non era la sua.
In una frazione di secondo, tutti gli avvenimenti del giorno prima le tornarono alla memoria in una serie di rapidi flash.
Rabbrividendo, sentì una mano scivolarle sul seno, accarezzandola gentilmente.
Shimizu si girò pigramente su un fianco.
- Kotetsu...-
- Buongiorno piccola. Dormito bene?-
La ragazza stiracchiò le braccia indolenzite.
- A dire il vero, non mi sono nemmeno accorta di essermi addormentata... che... che cosa è successo?- chiese con la voce ancora impastata di sonno.
L'uomo arrossì impercettibilmente.
- Ehm, ecco... diciamo che vedendoti così indifesa e mingherlina, non avrei mai detto che tu...- tossì, imbarazzato -che fossi così focosa, in altri frangenti.-
- COSA?-
Shimizu si rialzò di botto, solo per sbattere ancora una volta contro il legno sopra la sua testa.
Lacrime involontarie cominciarono a scenderle lungo le guance per il gran colpo, mentre la vergogna cominciava ad impadronirsi di lei.
-Accidenti, stai attenta! Cerca di evitare di farti male!-
Kotetsu la strinse a sé.
La ragazza respirò profondamente: ora riusciva a pensare con maggior lucidità.
-Poi... cos'è successo?-
- Ad un certo punto non ti sei più mossa. Ho pensato ti sentissi male, ma poi mi sono accorto che ti eri solamente addormentata. Così ti ho portata qui.-
Tiger la fissò con un sorriso sornione stampato sulle labbra, mentre lei gli accarezzava quello strano pizzetto che le piaceva tanto.
- Aspettami qui, vado a preparare qualcosa per colazione.-
Kotetsu si stiracchiò, alzandosi.
A Shimizu per poco non prese un colpo: se ne andava in giro in tutta tranquillità, con addosso solo un paio di boxer tigrati, ovviamente verde fluo.
La ragazza tuffò la testa sotto il cuscino, dando il via a dieci minuti buoni di filmini mentali da vietato ai minori.
Poi, un tocco leggero sulla spalla.
- NON TOCCARMI! LUI E' MIOOOO!-
Gli sguardi dei due, si intrecciarono pieni di imbarazzo, in silenzio.
- Shimizu... che ci facevi lì sotto?-
Lei balbettò qualcosa di incoerente, facendo solo allargare di più il rossore sulle sue guance.
- Ehm, io... è strano a dirsi, vero? Eheh già, io... io cercavo il mio... il mio... ehm... anello! Il mio anello, sì. Devo averlo perso durante la notte!- e così prese a frugare tra le lenzuola.
-Strano, sono un buon osservatore, e ieri ti ho guardata bene. Non portavi anelli di alcun genere.
"Va bene, sono morta" pensò la ragazza, desiderando di essere inghiottita dalla terra.
- O forse cercavi questo?-
Shimizu si girò. Di fronte a lei, sul palmo di Kotetsu, una piccola e semplice fedina d'oro bianco, ornata di un minuscolo ma brillantissimo smeraldo.
Confusa, lo guardò -Cosa? Io... non capisco...-
Tiger si inginocchiò ai suoi piedi.
-Signorina Shimizu Ryouko... mi farebbe la delicatezza di... diventare ufficialmente la mia amata?-
La fanciulla, combattendo contro le lacrime, non disse nulla. Gli lanciò le braccia al collo e lo baciò con passione. Alzando lo sguardo, Kotetsu le prese la mano tremante e le infilò l'anello al dito.
Il metallo freddo scivolò sulla pelle chiara, leggero e delicato come un petalo di ciliegio scivola sulla superficie dell'acqua.
Sì. Il suo sogno ora era reale.
Si sarebbero appartenuti.  Avrebbero lottato l'uno per l'altra.
Sarebbero stati come i fiocchi di neve: da soli si sarebbero sciolti al primo impatto col terreno, ma insieme sarebbero potuti diventare tempesta.
Shimizu si sentì di colpo sollevata pensando a ciò. Si strinse a Kotetsu.
No,niente e nessuno li avrebbe mai divisi. Nessuno sarebbe mai riuscito a fermare la tempesta.


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