Invisibile

di v91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


INVISIBILE

La solitudine è il destino di tutte le grandi menti: un destino a volte deplorato, ma sempre scelto come il minore di due mali.
Arthur Schopenhauer

CAPITOLO 1

Il cielo fuori era nero, così scuro che nemmeno le stelle riuscivano a penetrare la coltre di nubi. Di lì a poco si sarebbe scatenato un temporale e i lampi avrebbero illuminato quella notte oscura. Il jet volava veloce e silenzioso. L'agente speciale Aaron Hotchner se ne stava seduto sul sedile, gli occhi chiusi, fingendo di dormire mentre pensava a suo figlio, accanto a lui David Rossi, sfogliando con attenzione la cartella relativa al nuovo caso. Dietro di loro le due agenti, Emily Prentiss e Jennifer Jerau, dormivano,per davvero, cercando di recuperare quante più energie possibile dato che non sapevano quanto sarebbero riuscire a riposare nei giorni successivi. Penelope Garcia, la maga dei computer, stava giocando una partita a carte con l'agente Derek Morgan: probabilmente la donna stava vincendo ancora, vista l'espressione trionfante che rivolgeva all'amico, ormai rassegnato a perdere per l'ennesima volta. Accanto a loro, ma non interessato alla partita in corso, il dottor Spencer Reid guardava fuori dal finestrino, l'aria assente e pensierosa, i capelli tagliati da poco spettinati. Egli ripensava a quella lunga giornata e al momento in cui, proprio mentre stava raccogliendo le sue cose pronto per tornare finalmente a casa, JJ aveva radunato la squadra nella sala riunioni e aveva loro esposto il nuovo caso. La solita routine era cominciata: le orribili foto degli omicidi avevano percorso lo schermo, la squadra era stata aggiornata riguardo alle circostanze delle morti e poi erano stati costretti a salire sul jet, diretti verso Las Vegas, Nevada. Per l'agente Reid era come tornare a casa: nato e cresciuto lì, dopo essersi trasferito vicino a Quantico, sede dell'FBI dove lavorava, cercava di tornare a casa il meno possibile. Ora era costretto a farlo per risolvere il nuovo caso ma la cosa lo turbava alquanto, e le condizioni atmosferiche che accompagnavano il viaggio non miglioravano certo il suo umore...detestava volare con i temporali!

 

La sede della polizia locale di Las Vegas era molto grande e lussuosa, diversa da quella di Quantico. Gli agenti entrarono insieme nell'edificio dove avrebbero dovuto incontrare il capo della polizia e aggiornarsi sugli ultimi avvenimenti.

-Dov'è il capo della polizia? Sapeva che saremmo arrivati?- Hotch non amava aspettare e quando accadeva diventava terribilmente scorbutico.

-Si, ho parlato ieri pomeriggio con un agente, avevo avvertito che saremmo arrivati oggi.- JJ si avvicinò alla scrivania più vicino all'ingresso e chiese all'agente che vi sedeva dietro dove potesse trovare il capo della polizia.

-Mi stava cercando?- Una voce acuta rispose al posto dell'agente. Sette paia di occhi sorpresi si voltarono a guardare da chi proveniva quella domanda. -Sono l'agente Jane Fletcher, il capo della polizia. Scusate il ritardo, ero in sala interrogatori.- Una sorpresa JJ si affrettò a rispondere -Buongiorno. Non si preoccupi, siamo appena arrivati. Io sono Jennifer Jerau, pensavo di aver parlato con lei ieri pomeriggio, ma forse mi sbaglio...-

-Nessun errore, ha parlato col mio vice, l'agente senior Smith.-

-Capisco, le presento la squadra: gli agenti Hotchner, Rossi, Morgan e Prentiss, lei è la nostra esperta informatica Garcia e lui è il dottor Reid.- Tutti gli agenti, ancora sorpresi, si affrettarono a stringere la mano a colei che a tutti gli effetti era poco più di una ragazzina. 27 anni, alta circa un metro e 75, la figura snella e agile, i capelli castani lunghi fino alle spalle, un paio di jeans e una maglietta blu. Somigliava più ad una liceale che al capo di una squadra di investigazioni. Rossi più di tutti era sorpreso. -C'è qualche problema agente Rossi?- domandò curiosa Jane.

-No, solo...l'ultima volta che ho collaborato con la polizia di Las Vegas vari anni fa c'era un altro agente Fletcher, un uomo sulla cinquantina se non ricordo male.-

-No, non si sbaglia. Era mio padre. E' morto un anno e mezzo fa, colpito durante una sparatoria, io ho preso il suo posto.- Dall'incrinazione della sua voce si capiva perfettamente che quello era un argomento di cui avrebbe preferito non parlare.

-Mi dispiace. Era un ottimo agente. Deve esserlo anche lei vista la posizione che ricopre nonostante sia così giovane.-

-Grazie. Io cerco solo di essere alla sua altezza. Ora se vogliamo dedicarci al caso...- Con queste ultime parole la ragazza pose fine al discorso.

La stanza che la polizia aveva messo a disposizione dell'FBI non era certo all'altezza di quella ufficiale, ma era dotata di tutto il necessario: lavagne interattive, un computer di ultima generazione (sebbene non fosse indispensabile dato che Garcia aveva portato con sé tutti i suoi gioiellini informatici personali), una parete con tutta la cronologia e le immagini del caso e, cosa più importante di tutte, una dotazione praticamente illimitata di caffè.

-Vi ho inviato giorni fa tutto il materiale relativo al caso, spero siate riusciti a visionarlo a fondo.-

-Si, lo abbiamo ricevuto- Morgan si era appoggiato al tavolo e stava osservando ancora una volta le foto dei cadaveri, il viso contrariato in una smorfia di disgusto. -Succedono spesso cose del genere qui in città?-

-Sei donne uccise nel giro di tre settimane? Rapite, torturate e seviziate, uccise e poi squartate...non so come funzioni da voi ma qui non era mai accaduto niente del genere.-

-Perché ci avete chiamato così tardi? La settima donna probabilmente è già stata rapita.- Hotch non era in vena di simpatie quel giorno, probabilmente era ancora arrabbiato perché quel viaggio improvviso gli avrebbe fatto perdere il compleanno del figlio.

-Nessuno ha denunciato la scomparsa delle prime due vittime, i corpi sono stati ritrovati almeno tre giorni dopo l'abbandono, per le altre quattro non è stato facile ricollegarle ai precedenti omicidi. E' un periodo difficile per la nostra sede, gli agenti sono sempre meno e gli omicidi aumentano in maniera esponenziale, per non parlare di scomparse e altri crimini minori. Cerchiamo di fare il possibile ma non è facile. Siamo a Las Vegas: ha idea di quanti problemi ci siano da gestire in una città del genere?- L'agente Fletcher era visibilmente irritata da quella domanda, probabilmente anche lei si era resa conto dell'errore commesso nell'aspettare così tanto tempo prima di rivolgersi all' FBI.

-Las Vegas è una delle città con il maggior numero di crimini in America, un posto davvero terribile in cui vivere...- Reid aveva parlato senza riflettere, e ora Jane lo stava osservando attentamente. Era rimasto molto colpito da lei: fino a quel momento non aveva mai conosciuto nessuno così giovane che ricoprisse una così alta alta carica nella polizia, a parte sé stesso,ovviamente. Inoltre lei era decisamente carina e sembrava anche molto intelligente. Jane intanto lo guardava con aria interrogativa -Ehm...io sono nato qui. Conosco bene la città.- Il viso di Jane si rilassò e si aprì in un sorriso. -Bene, sono contenta che anche lei conosca il posto, mi renderà il lavoro più facile.-

-Avete scoperto l'identità di tutte le donne?- Prentiss spostò l'attenzione nuovamente al caso, studiando attentamente le foto delle ragazze appese alla parete -Ce ne sono solo cinque: dov'è la sesta?-

-Purtroppo non abbiamo ancora scoperto l'identità dell'ultima vittima. Sembra non esistere: nessuno ne ha denunciato la scomparsa.-

-Avete provato con le impronte digitali?-

-Non ci sono.-

-Che significa “non ci sono”?-

-Le ha cancellate. L'assassino ha cancellato le impronte digitali della ragazza con dell'acido e il viso...beh, lo vedete da voi, non può darci nessun indizio utile. Potrebbe essere chiunque.- Tra gli agenti calò un velo di silenzio. Tutti stavano guardando le foto dei corpi, o meglio, di quello che di loro rimaneva. A tutte loro l'assassino aveva asportato una o più parti del corpo, dopo averle brutalmente picchiate e violentate. I cadaveri nudi giacevano in una pozza di sangue e i lividi erano ben visibili su tutto il corpo, di quelle che erano delle meravigliose ragazze non restava che un misero mucchio di pelli martoriate. All'ultima aveva asportato occhi e labbra. Hotchner prese subito in mano la situazione -Dobbiamo agire in fretta se vogliamo individuare l'SI prima che agisca di nuovo. Probabilmente ha già con sé un'altra donna: dobbiamo capire chi. Per ora concentriamoci su quelle di cui è nota l'identità. Garcia, tu spulcia nel passato di tutte loro e trova tutti i possibili collegamenti.-

-Consideralo fatto,capo!-

-Prentiss, Morgan ed io andremo sulle scene del crimine, Rossi, voglio che parli con i parenti delle vittime e cerchi qualcosa che ci possa indicare se conoscevano il loro assassino. JJ, indici immediatamente una conferenza stampa e cerca di calmare le acque, l'ultima cosa che ci serve è che si diffonda un'ondata di panico tra la popolazione: invita alla prudenza e alla calma. Reid, tu e l'agente Fletcher resterete qui a studiare i precedenti omicidi. Sono sicuro che ci sia qualcosa che ancora ci sfugge e voi dovete trovarlo.- In un attimo gli agenti si divisero ed uscirono dalla stanza.

 

-Che cosa intendeva esattamente l'agente Hotchner quando diceva “qualcosa che ancora ci sfugge”?- Jane e Reid erano rimasti soli nella stanza della polizia e stavano rovistando nei documenti relativi al caso. -Qualsiasi cosa. Anche solo un piccolo particolare che può sembrare insignificante può aiutare a formare il profilo.-

-Hai visto molti casi simili da quando lavori all'FBI?- Jane era passata al tu senza rendersene conto. -Abbastanza. Ma è sempre come se fosse la prima volta, nessun caso è uguale agli altri e ogni SI ha una propria caratteristica.-

-Parli della firma?- Reid era sorpreso, non si aspettava che lei ne sapesse qualcosa, generalmente quando si trovavano a lavorare con la polizia la prima reazione era quella dello scetticismo per il loro lavoro. -Cosa ne sai di questa roba?-

-Ho letto parecchio sull'argomento. Mio padre era un agente piuttosto aperto ai nuovi metodi e mi ha trasmesso la sua curiosità. Poco prima di morire lui aveva deciso di iscriversi ad un corso di profiling, non ne ha avuto il tempo però.- Jane si rabbuiò solo per un momento. -Ad ogni modo anche se amo lavorare sul campo e sono più per l'azione credo che il vostro aiuto sia indispensabile per risolvere questo caso. Non voglio altre morti nella mia città.-

-Lo troveremo, noi...- Una foto sembrò aver catturato l'attenzione di Reid -Guarda qui...a questa ragazza ha esportato un lembo di pelle sul polso.-

-Beh,si, a tutte ha esportato qualcosa, qualche organo o lembi di pelle.-

-Si, certo ma guarda...non ti sembra particolare?- Reid stava indicando il contorno della ferita.

-Si, hai ragione...ha una forma strana...sembra quasi...o mio dio! Ha la forma di una rosa!-

-Era un tatuaggio! Ha esportato alla ragazza un tatuaggio. Controlla se ci sono segni simili anche sugli altri corpi- Jane prese i fascicoli relativi agli altri casi e cominciò a sfogliare velocemente il loro contenuto.

-Come abbiamo potuto non vederlo? Qui sulla caviglia, a lei sul ventre...sul polpaccio e a queste due sulla spalla. E' in tutte. Tutte le ragazze avevano lo stesso tatuaggio...- Jane appariva sconvolta. -Abbiamo appena trovato cosa lega tutte le ragazze e ciò per cui le uccide. La violenza, le sevizie, le torture e le asportazioni sono tutti elementi di contorno, servono per far gravitare altrove la nostra attenzione. Dobbiamo avvertire gli altri, forse possiamo ancora trovare la settima donna viva.- -Spencer.- Jane stava in piedi, lo sguardo vitreo fisso sul pavimento.

-Che c'è?- La ragazza si limitò a sollevare una manica della maglietta mostrando al giovane una bellissima rosa rossa impressa nella sua pelle.

 

-Questa rosa non è un semplice tatuaggio. All'apparenza può sembrarlo, ma in realtà se guardi attentamente, dentro un petalo c'è un nome.- Reid avvicinò il viso al braccio di Jane: la sua bocca sfiorava la pelle della ragazza, provocandole un piacevole brivido lungo tutta la schiena.

-E' vero! Qui c'è scritto “Tom”. Che significa?-

-Tom era il mio ragazzo. Mi feci questo tatuaggio quando avevo 17 anni, allora in periferia c'era un negozio, probabilmente abusivo, che faceva tatuaggi di questo genere: le sue rose erano famose tra tutti gli adolescenti innamorati. Probabilmente tu Spencer te ne ricorderai...era una specie di offerta: due tatuaggi identici al prezzo di uno, due rose. All'interno di un petalo scrivevano il nome del tuo innamorato e ti facevano credere che l'amore sarebbe durato per sempre. Una stupidaggine ovviamente, ma moltissimi ragazzi in quel periodo andavano lì a farsi tatuare.-

-Io non me ne ricordo. I miei 17 anni non sono stati esattamente...”normali”- Il dottor Reid sembrava quasi imbarazzato ricordando il suo passato. -Quando ha chiuso questo negozio?-

-Non saprei dirlo con esattezza, ma ricordo bene che quando quell'estate tornai a casa, dopo aver passato le vacanze fuori città, non c'era già più...Mi dispiace ma non ricordo altro. Credi davvero che l'SI possa centrare qualcosa con questa storia? Voglio dire, sono cose successe dieci anni fa!- -Non possiamo escludere niente per ora. Quel tatuaggio è l'unica cosa che accomuna tutte le vittime. Chiamo Garcia e le dico di controllare questo vecchio negozio e scoprire qualcosa di più sui motivi per cui ha chiuso e sul suo proprietario. Tu intanto avverti il resto della squadra.-

-Ok. Spencer, che intendevi con “i miei 17 anni non sono stati “normali””?-

-Niente. Cioè, a 17 io non facevo le stesse cose che facevano gli altri adolescenti. In realtà io non sono mai stato come gli altri miei coetanei. Sono un genio!- L'espressione turbata che aveva assunto si era ora aperta in un sorrisetto furbo nel pronunciare l'ultima frase.

-Si, l'avevo immaginato! Credo di capire cosa intendi, ma ho imparato che a volte essere diversi non è un male,anzi! Significa avere delle qualità in più che ti rendono unico! O almeno questo è quello che mi ripeteva sempre mio padre quando i primi mesi in polizia dovevo sopportare ogni giorno le risatine e le prese in giro degli agenti uomini più adulti. Quando sono diventata il loro capo hanno smesso di ridere!-

 

Circa un'ora dopo tutti gli agenti erano riuniti nella stanza del comando di polizia. Dopo che Jane e Reid avevano messo tutti al corrente degli ultimi sviluppi fu Garcia a prendere la parola -Allora tutto ciò che ho scoperto sul negozio di tatuaggi è che apparteneva ad un certo Jack Whitman, deceduto per overdose 6 mesi fa, effettivamente il negozio ha chiuso dieci anni fa per una questione di permessi scaduti e mai rinnovati,evidentemente gli affari non andavano poi così bene. Ho dato uno sguardo ai tatuaggi che facevano e devo dire che sono davvero orribili! Tranne quella rosa, davvero adorabile! Non trovate che sia un'idea terribilmente romantica, a parte il fatto che ti resta per tutta la vita sulla pelle il nome di quello che sicuramente si è rivelato un idiota!-

-Già...- Jane annuì sconsolata, sorridendo ironica.

-Garcia hai scoperto qualcosa di utile ai fini del caso?- Hotch richiamò l'attenzione dell'esperta di computer.

-Niente di importante. Avranno tatuato centinaia di rose quell'anno, niente che possa ricondurci alle vittime. A parte il fatto che tutte avevano lo stesso tatuaggio.-

-Bene, Garcia tu continua a scavare, deve esserci qualcosa. Magari un elenco di clienti o qualche particolare che possa aiutarci a individuare l'identità della sesta vittima.- Rossi aveva appena finito di parlare con i parenti delle vittime ma nessuno di loro aveva dato informazioni utili per l'indagine. In realtà sembrava che quelle famiglie non sapessero nulla delle loro figlie o mogli. In effetti si era stupito di come quelle donne fossero praticamente invisibili agli occhi di chi le conosceva. Erano passati giorni prima che ne denunciassero la scomparsa e anche ora non sembravano poi così sconvolti dalla notizia delle loro morti. Sei donne avevano appena perso la vita in un modo orribile e anche chi le conosceva non appariva per nulla turbato, come se avesse già dato per scontato che prima o poi qualcosa del genere sarebbe loro successo. -Ho parlato con i parenti e i conoscenti delle vittime ma non ho trovato nulla. Erano tutte donne invisibili, che conducevano la loro vita ai margini della società e ora scontano la loro condanna con l'indifferenza verso la loro morte.-

-Nessuna novità dalle scene del crimine. Nessuna impronta, nessun errore che possa aiutarci. Praticamente brancoliamo nel buio! Quel verme riesce a violentare, torturare quelle donne ma senza lasciare nemmeno una traccia utile!- Morgan appariva visibilmente alterato. Tutti nella squadra erano terribilmente agitati, come animali in gabbia. Una settima donna si trovava con l'assassino e probabilmente tra poco il suo cadavere sarebbe stato abbandonato e loro non sapevano come muoversi. Nessun indizio utile, nessuna traccia.

 

Mentre la squadra si stava ancora confrontando sul caso,Jane si stava versando la quinta tazza di caffè da quella mattina. Reid le si avvicinò silenzioso. -Non dovresti esagerare,sai? -

-Lo so, ma questa notte ho dormito appena tre ore, come dovrei fare a reggermi in piedi?- Il tono le era uscito più acido di quanto non avesse voluto. -Scusa, non volevo essere scortese. Questa storia mi ha davvero sconvolto.-

-Non preoccuparti. Siamo tutti nelle tue stesse condizioni.-

-Si, ma per me diverso. E non parlo solo del tatuaggio. Questa è la mia città, io sono il capo della polizia, dovrei saper affrontare situazioni del genere ed evitare gli omicidi. Invece mi ritrovo qui davanti alle foto di donne che non conosco ma che avrei dovuto proteggere. Mi sento impotente.- Concluse la frase scrollando le spalle e allargando le braccia in segno di sconfitta. Sembrava così fragile e indifesa che Reid provò l'istinto di abbracciarla, le pose una mano sulla spalla, invece. -Quando sono entrata in polizia tutti credevano che lo avessi fatto solo per seguire le orme di mio padre e che non potessi diventare una brava agente. Ho passato gli ultimi anni a dimostrare a questa gente e a me stessa che posso farcela. Ma ora...penso che forse hanno ragione loro. Se al mio posto ci fosse stato un altro, magari mio padre, forse non sarebbe successo tutto questo.-

-Non è vero. Capisco come ti senti, sono nato qui anche io, ricordi?, so quanto la gente possa metterti sotto pressione, ma tu stai facendo tutto il possibile. Non c'è niente di più che potresti aver fatto, davvero. Credo che tu sia una ragazza in gamba ed un ottimo agente e vedrai che insieme risolveremo questo caso.- Reid aveva parlato con convinzione ed era riuscito a farla sorridere, mentre la sua mano era rimasta ferma sulla spalla della ragazza.

-Grazie.- Jane si sporse verso di lui e lasciò un leggero bacio sulla sua guancia. -Ora andiamo, gli altri ci staranno aspettando.-

 

Tornando nella stanza dove si trovavano gli altri i due agenti incontrarono Morgan e Prentiss che ne uscivano -Abbiamo ricevuto un'altra chiamata, hanno trovato un altro corpo- Spiegò brevemente la donna.

-E' la settima vittima?- Chiese con ansia Jane.

-Non lo sappiamo ancora, ma Hotch vuole che voi due veniate con noi sul luogo del delitto-.

 

Faceva piuttosto freddo quell'inverno e anche adesso, nonostante il cappotto pesante, l'agente Jane Fletcher stava tremando. Probabilmente non era colpa solo del freddo. Quella storia l'aveva colpita molto più a fondo di quanto non si sarebbe mai aspettata, sentiva come un peso allo stomaco, una brutta sensazione che non la abbandonava da quando era stato trovato il primo cadavere settimane prima. Non era riuscita a comprendere il motivo di questo suo stato d'animo ma era convinta che ci fosse qualcosa che la legava intimamente a quelle donne. Ora avevano trovato il settimo cadavere e lei temeva che non sarebbe stato l'ultimo se non si fosse decisa a fare qualcosa. Ma cosa? L'agente Reid, ora seduto in auto accanto a lei, aveva ragione: lei aveva fatto tutto il possibile. Ma allora perchè non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di avere la soluzione a portata di mano ma di non riuscire ad afferrarla. Istintivamente si voltò verso di lui: era poco più che un ragazzino, con quella sua aria da timido secchione, nessuno avrebbe detto che lavorava nell'FBI. Del resto dicevano lo stesso anche di lei e forse era per questo che lo aveva preso subito in simpatia. Erano esattamente uguali loro due: due diversi in mezzo ai tanti uguali che si sono riconosciuti al primo sguardo. In più, lo trovava anche irrimediabilmente carino e quando, poco prima, lui l'aveva toccata dalla sua mano si era diffuso in lei una sorta di dolce tepore che l'aveva subito fatta sentire meglio. Reid si voltò verso di lei e le rivolse un dolce sorriso rassicurante.

 

-Ecco, venite. Il cadavere è stato ritrovato vicino all'uscita di questo motel da un uomo che non ha voluto essere riconosciuto. E' una donna, sulla trentina, alta all'incirca 1 metro e 70, castana, piuttosto in forma. Ancora non sappiamo chi è ma gli agenti stanno confrontando le sue impronte con quelle delle donne scomparse.-

-Un momento, volete dire che lei ha le impronte? E' riconoscibile?- L'agente Morgan era sorpreso, quando avevano detto di aver trovato un cadavere di donna si era aspettato un corpo martoriato e con parti asportate, ma quello che ora stava abbandonato a terra si fronte a lui non era come gli altri cadaveri.

-E' intatta.- Constatò Prentiss. -Qual è la causa della morte?-

-Ancora il medico legale non l'ha stabilita con certezza ma quasi sicuramente si tratta di avvelenamento.-

-E' piuttosto insolito, siamo sicuri che si tratti dello stesso SI?- Jane era senza parole, non riusciva a capire perchè quel cambiamento improvviso nel modo di uccidere.

-Si, è lui- Reid si era accovacciato accanto al cadavere e aveva spostato il telo che la ricopriva.

I tre agenti guardarono dove Reid stava indicando, sul braccio della vittima. -Jane questa donna ti assomiglia moltissimo e temo che non sia una coincidenza.- Una rosa rossa brillava sulla pelle della vittima e all'interno di un petalo era impresso a lettere nere un nome “Jane”.



Salve a tutti!!
Spero di avervi incuriosito con questo primo capitolo! E' la prima volta che scrivo un racconto del genere "thriller", per cui siate clementi con me!:P Ho cercato di ricreare nella mia testa un episodio della serie per cui ho dato molta importanza al dialogo e alle impressioni dei personaggi, cercando di descrivere i particolari ma senza cadere nell'orrido...spero di essere riuscita nel mio intento!
Mi piacerebbe moltissimo sapere cosa ne pensate, anche commenti critici sono ben voluti, anzi, se c'è qualcosa che non funziona non esitate a dirmelo!
Ringrazio in anticipo chi leggerà e chi sarà così gentile da spendere 5 minuti del suo tempo per un commento!
A presto col prossimo capitolo! Un bacio;)
v91

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2


Il dottor Reid porse una tazza di tè fumante a Jane. Erano rientrati in fretta dal luogo del delitto e ora loro due stavano aspettando che Prentiss e Morgan mettessero tutti al corrente dei nuovi sviluppi. La ragazza era ancora sconvolta per ciò che aveva visto, il suo nome impresso sulla pelle di quella donna era un chiaro messaggio per lei. Ma chi ne era il responsabile e soprattutto perchè?

-Sei sicura di non conoscere la vittima?-

-Reid te l'ho già detto, non ho idea di chi sia, né lei né le altre donne. Non le conosco e non capisco cosa c'entro io in tutta questa vicenda.-

-Mi hai detto di esserti fatta quel tatuaggio quando avevi 17 anni, col tuo ragazzo, Tom.-

-Si, è vero. Ma moltissime ragazze ce l'hanno e non vedo cosa questo possa significare.-

-Magari non significa nulla per te ma è importante per l'assassino.

 

 

Catherine Green 25 anni cameriera in un fast food

Monica Streingh 19 anni baby sitter

Jenny Gant 20 anni prostituta

Olivia Hunter 27 anni barista

Anna Strass 22 anni prostituta

Sconosciuta

 

Jane fissava quei nomi alla parete ripensando a ciò che era appena successo...

...Hotchner stava seduto al tavolo bevendo una tazza di caffè quando lei e Reid erano entrati nella stanza. -Come sta agente Fletcher?-

-Uno schifo, ovviamente. Cosa sappiamo della vittima?- Jane aveva appena deciso di voler andare a fondo a quella storia, anche se ciò avesse significato riportare a galla ricordi poco piacevoli.

-Garcia è riuscita a trovarla: si chiamava Stacey Bell, aveva 27 anni e stava seguendo un corso per diventare agente di polizia. E' scomparsa 3 giorni fa dalla casa che condivideva col padre vedovo.-

JJ aveva parlato con voce bassa e tremante, sapeva esattamente cosa quelle parole significavano. -Agente Fletcher, questa ragazza le somiglia molto, sia fisicamente sia nella vita.-

-Si, me ne sono accorta. Che significa?-

Fu Reid questa volta a prendere la parola, fissando gli occhi in quelli di Jane che vagavano spaventati per tutta la stanza. -Significa che l'SI si sta rivolgendo a te, vuole dirti qualcosa ed è per arrivare a te che ha ucciso quelle donne.-

-Vuoi dire che sette donne sono morte a causa mia?-

Rossi intervenne, sedendosi accanto a Jane. -No, tu non c'entri. Quando un uomo uccide, anche se lo fa per attirare l'attenzione di qualcuno, si rende direttamente responsabile delle proprie azioni. Sappiamo che l'uomo che ha fatto tutto questo ti conosce e vuole qualcosa da te, ora abbiamo bisogno che tu ci renda partecipi della tua vita. Puoi farlo?-

-Si.- Rispose mesta la ragazza. Non aveva per niente voglia di condividere il suo passato con quelli che erano, a tutti gli effetti, degli sconosciuti, ma se quello era l'unico modo per risolvere il caso era pronta a farlo.

 

-Dobbiamo farlo, è l'unico modo per risolvere il caso.- Gli agenti della squadra stavano discutendo tra loro mentre Jane era andata in bagno.

-Ma lei non vuole farlo! Non possiamo indagare nella vita e nel passato di una persona senza il suo permesso.-

-Ma Reid è parte del nostro lavoro, lo facciamo sempre!- Morgan era rimasto molto sorpreso dalla reazione di Reid. Non si era mai fatto problemi nell'indagare nella mente umana, anche senza il permesso del proprietario della mente in questione. -E poi lei ha acconsentito!-

-Lo ha fatto solo perchè pensa che non ci sia alternativa.-

-E infatti è così. Sette donne sono già state uccise e non voglio che ce ne sia un'ottava. Ancora non sappiamo praticamente nulla di questo SI e non abbiamo tempo da perdere. Reid e Rossi voi vi occuperete dell'agente Fletcher, dovete scoprire cosa quell'uomo vuole da lei. Intanto noi altri indagheremo su di lei e sulle altre donne cercando di capire l'identità di questo uomo.- Hotch pose fine alla discussione e anche Reid non trovò altre parole con cui ribattere.

 

-Cosa dovete fare esattamente?- Jane, Reid e Rossi si trovavano in una stanza vuota, eccetto per un tavolo e tre sedie. I due uomini erano seduto vicini ad un lato del tavolo, Jane di fronte a loro due si sentiva come uno di quei criminali che era solita interrogare proprio in quelle stanze.

-Dobbiamo indagare sulla tua vita e sul tuo passato per capire chi sia il nostro SI e cosa vuole da te. Pensi di poterlo fare?-

-Farvi entrare nella mia mente? Ho forse qualche alternativa?- Chiese Jane sarcastica ma anche spaventata.

-No, in effetti- le risposte Rossi. -Comunque non preoccuparti, non sarà doloroso.- La ragazza scrollò le spalle con aria indifferente, mentre Reid la guardava come per volersi scusare per le domande che le avrebbe posto. -Cominciamo, allora.- Dichiarò Rossi -Per prima cosa devi raccontarci qualcosa di te, come se ci fossimo appena incontrati e tu ti volessi presentare.-

-Ok. Allora, mi chiamo Jane Fletcher, ho 27 anni e sono nata qui, a Las Vegas. Ho frequentato le scuole qui e dopo il diploma sono entrata in Accademia, volevo diventare un agente ed è quello che sono adesso.-

-Aspetta. Più lentamente.- La interruppe Reid sfiorandole una mano. -Prova a soffermarti sulla tua infanzia: com'era la tua famiglia? Ci sono persone particolari che ricordi e che puoi associare a quel periodo della tua vita? Diciamo all'incirca fino ai 12 o 13 anni?-

-Beh, mio padre era un agente di polizia, lei agente Rossi ha detto di averlo incontrato. Era un uomo buono, gentile, un buon padre ed un ottimo agente. Mia madre...- la ragazza fece una breve pausa mentre cominciava a stringere le mani intorno alla tazza appoggiata sul tavolo. Gli occhi sfuggenti che cercavano di evitare quelli dei due agenti di fronte a lei -Lei è morta quando io avevo 9 anni. Incidente stradale. Da allora mio padre ed io siamo rimasti soli e lui mi ha fatto anche da madre. E' stato un periodo molto doloroso sia per me che per mio padre, credo che fu allora che lui cominciò a bere. Tutte le sere, per circa sei mesi dall'incidente, andava in un bar qui vicino e ne usciva sempre ubriaco, per cui quando tornava a casa io lo mettevo a letto. Poi tornavo nella mia stanza e pregavo Dio che lo facesse smettere e che tutto potesse tornare come prima.- Jane aveva parlato con voce ferma ma gli occhi le si erano inumiditi, come se cercasse di trattenere le lacrime. Reid di fronte a lei la guardava comprensivo, senza riuscire a trovare le parole adatte per rassicurarla. Rossi rimaneva in silenzio, in attesa che il racconto continuasse. -Questa situazione è durata poco meno di un anno, poi mio padre smise. Così da un giorno all'altro, non uscì più la sera e non bevve mai più, ma non saprei spiegarvene il motivo, non ne parlammo mai. Ad ogni modo, non ho nonni per cui in quel periodo le uniche persone che frequentavo erano mio padre, qualche amica di scuola e le baby-sitter. Si, mio padre non smise mai di lavorare, nemmeno nel periodo subito successivo alla morte di mia madre per cui, mentre lui era al lavoro, io restavo a casa con la baby-sitter. Ma non vedo cosa questo abbia a che fare col caso.-

-Ogni piccola cosa è importante, ogni persona che ricordi è importante. Non sappiamo perchè questo uomo abbia iniziato ad uccidere adesso ma potrebbe essere entrato in contatto con te anche molto tempo fa, persino quando tu eri una bambina.- Rossi ora la guardava con fare incoraggiante.

-Nessuno ti giudicherà per le cose che racconterai.- Reid, dal canto suo continuò a rimanere in silenzio ma spostò la sua sedia accanto a quella di Jane, come a voler rassicurare la ragazza con la sua presenza. Da quando l'aveva incontrata il bisogno di starle vicino, toccarla, respirare il suo profumo era diventato per lui insopportabile.

-Davvero non ricordo altro. Fino ai 14 anni la mia vita fu la vita di una normale bambina, beh, a parte per la morte di mia madre. Ma non ricordo nessuna persona particolare.-

-D'accordo, allora andiamo avanti e veniamo alla tua adolescenza. Prima hai raccontato di esserti fatta quel tatuaggio a 17 anni, col tuo ragazzo. Come hai detto che si chiamava?-

-Tom- Reid rispose per lei. -Si chiamava Tom. Sei ancora in contatto con lui? Che tipo era?-

-No, non lo sento più da allora. Non era un bel tipo.-

-Che vuoi dire?-

-Oh, diciamo che la mia adolescenza fu quella di una normale ragazza ribelle.- Concluse la frase con una certa ironia nella voce come se ricordare il passato la facesse sorridere e allo stesso tempo la mettesse a disagio. -Non sono stata una ragazza semplice da gestire. Andando al Liceo entrai in un giro di ragazzi poco...”per bene”, diciamo così. Frequentavo teppisti e drogati. Non ne vado fiera ma credo che fosse un modo per attirare l'attenzione e sfogare la mia rabbia.-

-Insomma passasti da brava bambina che mette a letto il padre ubriaco a cattiva ragazza che si fa una dose mentre il padre è al lavoro.- Chiese Rossi come se stesse constatando un semplice fatto, senza esprimere nessun giudizio.

-Si, una cosa del genere, ma non mi sono mai drogata. Ci tenevo alla mia vita, dopo la morte di mia madre non volevo che mio padre perdesse anche me. Mi limitavo a frequentare quei ragazzi ma non ero realmente come loro. Mi sentivo una emarginata: dai i miei coetanei ero esclusa perchè frequentavo quei tipi e con loro lo ero perchè sotto sotto non avevo il loro stesso stile di vita.-

-Tom era uno di loro?- Chiese Reid

-Si, ma lo conobbi solo dopo. Quando avevo 16 anni partecipai ad una festa, una specie di incontro in cui la gente non faceva altro che bere e drogarsi...non la festa migliore a cui avessi partecipato! Proprio lì incontrai per la prima volta Tom. Era il fratello di una ragazza del mio gruppo. Aveva 20 anni, era bello, affascinante, si drogava da anni e aveva alle spalle qualche denuncia per furto. Insomma uno piuttosto ambito nel mio giro, ma lui sembrò accorgersi di me prima che delle altre. Io non avevo mai avuto un vero ragazzo per cui mi sentii lusingata quando mi chiese di uscire. Siamo stati insieme per circa due anni, ma sono sicura che lui vedesse anche altre ragazze.-

-Come la prese tuo padre?-

-Inizialmente non glielo dissi, non potevo certo presentargli un tipo del genere. Ero la figlia del capo della polizia e uscivo con un delinquente. Ironico non trovate?- Un sorriso amaro si aprì sul viso della ragazza. Ripensando a quel periodo della sua vita Jane provava una specie di vergogna e rimorso per tutto quello che aveva fatto. Si era comportata come una stupida ragazzina proprio quando avrebbe dovuto dimostrare di essere responsabile e matura. Suo padre aveva provato ad avvicinarla, ma lei non faceva altro che tenerlo fuori dalla sua vita e lasciare che il dolore per la morte della madre la portasse su quella via di perdizione. -Comunque alla fine la gente del quartiere cominciò a notare la gente che frequentavo e anche mio padre venne a sapere di Tom, non ne era felice ovviamente e tentò di impedirmi di vederlo, ma avevo ormai 17 anni e facevo quello che volevo. Gli promisi che non l'avrei più rivisto ma di nascosto continuai a frequentare Tom e la sua banda. Credo che lo sapesse anche se non mi affrontò mai apertamente-

-Veniamo alla parte del tatuaggio. A chi dei due venne l'idea?- Chiese Reid.

-A me. Ero piuttosto romantica, anche se non volevo dimostrarlo. Pensavo davvero di amare Tom e mi era sembrata un'idea carina quella di farci tatuare la stessa rosa. Lui accettò di buon grado, non era certo il primo tatuaggio che si faceva e uno in più per lui non significava nulla. Quando però vidi l'ago del tatuatore fui lì lì per svenire, mi pentii subito della mia proposta ma ormai era troppo tardi per tornare indietro e ora mi ritrovo con questo disegno indelebile sulla pelle a ricordarmi ogni giorno quanto sono stata stupida. Tutto qui! Non ci vedo niente di strano, era una cosa piuttosto frequente a quell'epoca, non vedo come questo possa avere a che fare con la morte di quelle sette donne.-

-Ho la netta impressione che c'entri eccome. Com'era il rapporto con Tom? Lui che tipo era? Era violento? Ti ha mai picchiata?- Rossì insistette.

-No, lui non era un tipo violento, o almeno non con me. Certo non era uno di quei ragazzi che i genitori vorrebbero accanto alla propria figlia ma non mi ha mai fatto nulla, a parte qualche tradimento ogni tanto. Sul serio, agente, non credo che lui abbia a che fare con questa storia se è quello che pensa. Era un drogato, aveva qualche precedente per furto ma non avrebbe mai ucciso nessuno!-

-Magari non allora, ma adesso non puoi sapere che tipo è diventato. Sono passati 10 anni.- Reid la costrinse a riflettere meglio su Tom. Non era quello che tutti definirebbero un “bravo ragazzo”, di questo era certa ma non era mai stato violento, né con lei né con nessun altro. O no? Poteva davvero essere cambiato così tanto? Beh, lei lo aveva fatto, ora era una persona completamente diversa da quella diciassettenne che si era fatta tatuare una rosa sul braccio. -Ad esempio come prese la rottura? Chi di voi due decise di finirla?-

-Io. Sono stata io. Il giorno del mio diciottesimo compleanno successe una cosa che determinò in me un profondo cambiamento. Un ragazzo ebbe un incidente d'auto. Si chiamava Ben Trosky, era una specie di genio nella mia scuola. In effetti ti somigliava parecchio Spencer.- la ragazza sorrise ripensando a quel ragazzino che non vedeva più da anni, ma subito il sorriso le morì sulle labbra ripensando all'accaduto. -Noi due ci conoscevamo da quando eravamo molto piccoli ma non si può dire che fossimo proprio amici. Giocavamo insieme quando eravamo piccoli ma al liceo cominciammo a frequentarci sempre meno, lui era il classico secchione, sempre sui libri, bravissimo a scuola ma un po'...-

-Sfigato?- Concluse Reid sorridendo amareggiato. Quel ragazzino avrebbe benissimo potuto essere lui stesso. -Fammi indovinare: lui era lo sfigato della scuola e tu col tuo gruppetto cominciaste a rendergli la vita un inferno. All'inizio erano solo battute e prese in giro, poi crescendo divennero veri e propri atti di bullismo. Magari tu avresti anche voluto difenderlo ma come avresti potuto senza che i tuoi amici ti allontanassero dal gruppo?- Reid aveva parlato con voce intrisa di rabbia e disprezzo. Ripensava al suo passato, alle esperienze che lo avevano segnato rendendolo insicuro per buona parte della propria vita. Si ritrovò a gridare.

-Reid, calmati adesso.- Rossi aveva alzato la voce per fermare quel flusso di parole vomitate fuori dal suo collega.

-No, non c'è problema. Reid ha ragione, le cose andarono proprio così. Il mio gruppo lo aveva preso di mira e io non avevo fatto niente per lui. Eravamo amici all'inizio, anzi, penso che lui si fosse preso una bella cotta per me, ma poi diventammo due estranei. Penso che ad un certo punto avesse cominciato ad odiarmi. Mi sarei odiata anche io.-

-Prima hai parlato di un incidente, che successe?-

-Si. Quel giorno lo avevo passato con Tom, eravamo andati a fare un giro in auto ed eravamo stati fuori tutto il giorno. Al mio ritorno mio padre mi disse che era stato arrestato un certo Jim Fisher che, guidando ubriaco, aveva investito un ragazzo, Ben, per l'appunto.-

-Che era successo a Ben? E perchè questo ti convinse a lasciare Tom?-

-Ben rimase in coma per vari mesi e quando si svegliò non era più lo stesso. Non solo non poteva più camminare normalmente, l'incidente l'aveva costretto ad usare una specie di tutore alle gambe, ma era come se il suo genio fosse morto nell'incidente. Il trauma cerebrale era stato fortissimo e da allora lui non fu più brillante come prima. Questo lo fece cadere in un forte stato depressivo, lui aveva puntato tutto sulla sua intelligenza. Quando lui si risvegliò io avevo già lasciato Tom da vari mesi ma Ben non volle più rivedermi, mi riteneva responsabile di ciò che gli era accaduto.-

-E perchè mai?- Chiese Reid, sempre più coinvolto nel racconto.

-Perché Jim era il migliore amico di Tom e l'incidente voleva essere l'ennesimo scherzo ai danni di Ben.-

 

Il dialogo tra i tre stava andando avanti da più di un'ora ormai ma ancora nessuno era uscito dalla stanza. JJ stava aspettando mentre osservava alla parete i volti delle donne morte nelle ultime settimane. Chi poteva essere così violento da straziare in quel modo delle giovani donne senza nessuna colpa? -E' terribile non trovi?- Prentiss era arrivata alle spalle della collega senza che quest'ultima se ne accorgesse. La bionda sussultò prima di voltarsi verso l'altra.

-Già. Praticamente ogni giorno vediamo casi del genere eppure non smetto di stupirmi e rabbrividire ogni volta per ciò che l'uomo riesce a fare.-

-E' inspiegabile anche per me. E poi questo caso sembra non avere un senso! Rapire, torturare e uccidere sette donne solo per mandare un messaggio ad un agente! Perché? Che messaggio vuole mandare? Cosa vuole dimostrare l'SI? Forza? Superiorità? Invincibilità? Sono un profiler eppure non riesco a capirlo.-

-Lo stesso vale per me. Non sta ottenendo niente, solo la visibilità dei media e della polizia.- Si fermò come colta da un'illuminazione -Un momento. E se fosse proprio questo ciò che vuole?- JJ ora sorrideva verso Prentiss.

-Che intendi dire? L'SI vuole ottenere visibilità?- Chiese la mora cominciando però a capire dove JJ volesse andare a parare.

-Esattamente questo. E' come se volesse dirci “Sono qui, guardatemi!”. Vuole ottenere la nostra attenzione, o meglio quella di Jane, e lo sta facendo uccidendo. Le prime donne erano solo un modo per attirare su di sé gli sguardi della gente e l'ultima donna era il suo modo per mostrarsi a noi, come se volesse rivelare la sua identità.-

-Potresti anche aver ragione, ma così non abbiamo scoperto chi è. Perché non viene qui a costituirsi?-

-E' una sorta di gioco mentale, per ricordarci che è più furbo e intelligente di noi.-

-Ci costringe a stare al suo gioco per capire chi è. JJ sei un genio, davvero!- Prentiss si congratulò con la donna davanti a lei per essere arrivata alla soluzione prima di tutti gli altri.

-Ora, però, mi chiedo: adesso che ha mandato il suo ultimo messaggio cosa ha intenzione di fare? Uccidere un'altra donna non avrebbe senso a questo punto.- Chiese JJ assorta nei suoi ragionamenti.

-No, a meno che la prossima donna non sia quella per cui ha messo in piedi tutto il suo spettacolo: Jane.- Concluse Prentiss con sguardo allarmato.

 

-Dopo aver saputo dell'incidente chiamai Tom e gli raccontai di quello che mi aveva detto mio padre, lui fu sorpreso almeno quanto me, ma la sua risposta mi fece raggelare. Lo ricordo come se fosse ieri: scoppiò a ridere e disse che finalmente qualcuno aveva dato a quel bastardo che sperava di portargli via la ragazza la lezione che meritava. Ebbi paura, Tom non aveva mai fatto del male a nessuno ma quella sera mi sembrava più pericoloso che mai, anche se a tutti gli effetti lui non aveva fatto nulla. Pochi giorni dopo lo lasciai, non potevo più restare con un essere del genere. Lasciai lui e tutto ciò che rappresentava: i miei giorni da teppista erano finiti e tornai ad essere la ragazza normale e tranquilla che ero prima. Finii il liceo e decisi di diventare un agente di polizia come mio padre. Da quel momento rigai dritto e non feci più nessuna sciocchezza, dedicandomi esclusivamente alla mia carriera e cercando di far dimenticare agli altri e a me stessa il mio passato. Quando mio padre morì fui scelta per sostituirlo e da allora mi impegno ogni giorno.- Jane finì finalmente il suo racconto. Sembrava molto stanca, come se raccontare l'avesse fatta invecchiare improvvisamente. Il volto era pallido e le occhiaie cominciavano a solcarle il bel viso. Reid, nuovamente di fronte a lei, stava riflettendo su ciò che aveva appena appreso: un'idea gli era appena balenata in mente e, scambiando uno sguardo con Rossi accanto a lui, capì che anche l'agente più anziano stava pensando la stessa cosa. -Jane- cominciò con voce bassa e cadenzata -Hai più notizie di Ben da allora?-

-No, ve l'ho detto. Dopo l'incidente non ha più voluto vedermi e io dopo qualche tentativo lo lasciai in pace. Aveva ragione ad odiarmi e i miei sensi di colpa mi impedirono di insistere oltre. Non so ora che fine abbia fatto, non so nemmeno se si trova ancora a Las Vegas.- Concluse la ragazza bevendo l'ultimo sorso della bevanda calda che stringeva tra le mani.

-Jane, lui potrebbe essere il nostro uomo-

-Cosa?- Jane quasi si strozzò mentre stava bevendo -Ben? Ben, il nostro uomo? E' impossibile! Era un ragazzino timidissimo, tranquillo, stava sempre da solo, era praticamente...-

-Invisibile.- Concluse Reid per lei. -Invisibile ai tuoi occhi e a quelli di tutti.-

 

-Sappiamo perchè lo fa!- Esclamò JJ raggiante a Reid e Rossi quando questi ultimi due entrarono nella stanza della squadra.

-E noi sappiamo chi potrebbe essere.-

-Cosa avete scoperto?- Indagò Hotch.

-Ben Trosky. Il classico ragazzino timido e impacciato che si innamora della ragazza sbagliata che non lo degna di uno sguardo. Come da manuale.- Spiegò Reid accasciandosi sulla sedia più vicina. -Uno come me,insomma.-

-Generalmente quei soggetti non sono pericolosi. Cosa ha portato quest'uomo a uccidere?- Chiese Morgan mentre anche lui cominciava a capire il piano dell'SI.

-Il fatto di sentirsi invisibile agli occhi della donna amata l'ha spinto a cercare la sua attenzione e un incidente che ha distrutto tutte le sue speranze e i suoi sogni di gloria ha fatto il resto, rendendolo un perfetto omicida. E' un uomo che non ha nulla da perdere e per questo non ha paura di rischiare tutto.- Concluse Rossi.

-Garcia, trova tutto ciò che puoi su quest'uomo. Se il profilo è giusto la prossima mossa dell'SI sarà quella di...-

-Rapire Jane e averla finalmente sotto il suo controllo.- Concluse Reid spaventato.

-Dov'é adesso Jane?- Chiese Prentiss.

-E' uscita un attimo fa, ha detto di aver bisogno di una boccata d'aria- Rispose Reid mentre un pensiero, spaventoso e terribile, si affacciava alla sua mente. I cinque agenti si precipitarono fuori dalla stanza, diretti verso l'esterno dell'edificio.

-Avete visto l'agente Fletcher?- Chiese JJ ad un altro agente che stava seduto dietro una scrivania all'ingresso.

-E' uscita cinque minuti fa. Ha detto di avere un appuntamento importante ma che non sarebbe stata via molto.-

-Ha mentito, maledizione!- Esclamò Rossi battendo un pugno sul tavolo. -Ha detto di non aver rivisto più Ben dall'incidente ma ha mentito. Sa esattamente dove si trova lui e in questo momento lo sta raggiungendo.-

-Ha capito prima di noi chi era l'SI, come abbiamo fatto a non accorgercene?- Esclamò Reid, sorpreso. -Perché ora sta andando da lui? Cosa ha intenzione di fare?-

-Non ne ho idea ma qualunque cosa sia non è una buona idea.-


Ecco la seconda parte! Spero di essere riuscita ad incuriosirvi almeno un pochino...me lo lasciate un commentino??
Un bacio,
v91 ;)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

-Garcia dobbiamo sapere tutto ciò che hai scoperto su Ben Trosky.- Ordinò Hotch con tono perentorio.

-Si, subito. Allora Trosky era un ragazzino davvero geniale, fino ai 18 anni si trovano solo articoli sui suoi successi scolastici: migliore media nazionale, miglior studente della scuola, ha vinto moltissimi concorsi scientifici e letterari. Il classico genio occhialuto, come il nostro Reid- La donna lanciò uno sguardo carico d'ammirazione verso il ragazzino di fronte a lei che ricambiò lo sguardo mormorando un “grazie” ironico. -Poi c'è la storia dell'incidente, davvero terribile. Da allora più niente, non ha nemmeno terminato il liceo, vive ancora con i genitori e non si hanno notizie di un possibile lavoro, praticamente è sparito dalla faccia della terra da allora. Addio sogni di gloria! La cosa strana è che dalle cartelle cliniche non risulta nessun danno cerebrale permanente. Dopo l'incidente avrebbe potuto benissimo riprendersi e tornare il genietto di prima se non fosse caduto in depressione e non si fosse chiuso fuori dal resto del mondo. Il suo è stato un crollo psicologico più che fisico.

-Questo non fa che renderlo ancora più pericoloso. Abbiamo un indirizzo?-

-Due in realtà: quello della casa dei genitori dove vive e quello di una casa in campagna, sempre dei genitori, dove pare ami trascorrere giornate intere a fare cosa esattamente non si sa. Al momento i genitori sono fuori città per una vacanza.-

-Probabilmente a torturare povere donne.- Affermò, scuotendo il capo, Morgan.

-Ottimo Garcia! Tu resta qui e cerca di rintracciare i genitori di Trosky, sicuramente sanno qualcosa sul figlio. Appena li trovi fatti dare più informazioni possibili. Morgan, Prentiss e Rossi vi voglio immediatamente nella casa dei genitori; Reid, JJ ed io andremo nella casa in campagna. Il primo gruppo che li trova informa l'altro.-

 

Jane stava di nuovo rabbrividendo all'interno del suo cappotto. La pistola, fredda anch'essa, sbatteva contro il suo fianco ad ogni passo. Aveva paura ma era l'unica cosa che poteva fare. Non appena i due agenti le avevano fatto ricordare l'incidente di Ben lei aveva capito tutto. La rosa, le parti del corpo asportate...improvvisamente tutto era più chiaro. Si ricordò l'ultimo dialogo avuto con Ben quando lui era ancora in ospedale.

“-Ben. Ti prego, non puoi rifiutare di parlarmi ancora.-

-Certo che posso. Non è quello che tu hai fatto in tutti questi anni con me? Non solo hai rifiutato di parlarmi ma anche di vedermi, di ascoltarmi. Sono stato invisibile per te per anni. Ora non puoi pensare di rimettere tutto a posto con un mazzo di fiori.-

-Mi dispiace. Io non volevo ignorarti ma non potevo aiutarti. Loro mi avrebbero punita e io avevo paura. Non ti ho mai fatto niente, però, almeno questo devi ammetterlo.-

-Non mi hai fatto niente?! Jane io ti amavo! Quella rosa che ti sei tatuata, era una mia idea, ricordi? Dovevamo farla insieme! E invece tu sei andata con quel Tom...mentre io restavo a guardarti da lontano. Ma tu lo sapevi che ero innamorato di te, e non ti importava! Non mi hai mai visto!-

-Non è vero. Ben, te l'ho ripetuto molte volte, per me sei solo un amico. Non è colpa tua, né di Tom, ma io non ti amo e non potrò mai amarti. Mi dispiace, avrei voluto farlo, ma tu meriti una ragazza migliore di me.-

-Si, certo! Come no! Guardami adesso, non sono più niente! Tu mi hai strappato il cuore a pezzi, asportandone una parte dopo l'altra e non te ne sei nemmeno resa conto. Ora vattene di qui ed esci dalla mia vita.-”

Davanti a lei si ergeva maestosa la casa estiva dei Trosky, quella in cui era solita passare le domeniche d'estate quando era piccola e suo padre troppo impegnato al comando di polizia. Ben era stato per lei un buon amico quando erano bambini ma poi le diverse esperienze e le diverse scelte li avevano separati, ora il destino li costringeva a incontrarsi nuovamente. O forse non era il destino, forse il destino non esiste e sono solo le scelte che le persone fanno a determinare il futuro. Con questi pensieri tristi Jane si avvicinò all'ingresso, sapeva che lui era lì dentro ad aspettarla.

 

-Hotch, pensi che la troveremo viva?- Reid si rivolse a lui con sguardo spaventato mentre si torturava il colletto della camicia con le mani.

-Non lo so Reid, lei non avrebbe dovuto andare da lui. Non sappiamo esattamente cosa lui provi per lei, potrebbe risparmiarla perchè la ama ancora ma potrebbe anche decidere di ucciderla.-

-Non credo che lo farà. Lui vuole solo farsi notare da lei. E' così sbagliato cercare l'attenzione di colei che si ama?-

-Reid quell'uomo ha ucciso sette donne. Non è più solo ricerca di attenzione, è diventata pazzia.-

-Reid tu non sei come lui.- Intervenne JJ nella conversazione tra i due uomini. Lei aveva intuito i pensieri di Reid, il fatto che lui sentisse di assomigliare in modo spaventoso a Trosky, ma sapeva anche che era un gravissimo errore -Reid tu sei un ragazzo speciale e diverso, è vero, ma in modo positivo. Sei un genio ma sei anche un buon amico, un ragazzo dolce e sensibile e un ottimo agente. Per lei tu non sei invisibile.- Quando JJ aveva capito cosa gli passava per la testa? Quando aveva capito il suo interesse per Jane? Era così evidente il fatto che avesse cominciato a nutrire dei sentimenti per l'agente Fletcher? L'unica cosa a cui riusciva a pensare era che voleva, doveva, trovarla viva. Non poteva perderla adesso che non era ancora nemmeno riuscito ad averla.

 

-Ehi! Vieni fuori, lo so che sei qui dentro!- Jane diede un'occhiata intorno. La vecchia casa era ancora la stessa, non era cambiata affatto, ma uno spesso strato di polvere ricopriva ogni superficie, evidentemente nessuno entrava lì dentro da parecchio tempo. Era buio tranne che per la luce della luna appena sorta che entrava dalla finestra. Sembrava non esserci nessuno, ma lei sapeva che lui era lì ad aspettarla. Dopo l'incidente non aveva più rivisto Ben, è vero, ma questo non le aveva impedito di seguire da lontano ogni suo movimento. Da anni raccoglieva informazioni su di lui e si sentiva ogni mese con i suoi genitori per avere sue notizie, ovviamente Ben non era al corrente, ma lei non poteva evitare di sentirsi in colpa per la sua vicenda e tenerlo sotto controllo la faceva sentire meglio. Se lui avesse avuto bisogno di aiuto lei sarebbe intervenuta in qualsiasi momento. Arrivò alla base delle scale che conducevano al piano superiore. Le sembrò di intravedere una luce proveniente da una camera. Salì le scale scricchiolanti col cuore che le batteva così forte nel petto che temeva sarebbe scoppiato. Per l'ansia aveva persino dimenticato di estrarre la pistola. Arrivò di fronte alla porta da cui proveniva il fascio di luce. Lentamente la aprì.

 

-Morgan qui non c'è nulla, la casa è vuota.- Prentiss risalì le scale che aveva sceso per controllare la cantina.

-Anche qui è tutto vuoto. Deve essere andato nell'altra casa, dobbiamo avvertire Hotch e raggiungerli al più presto- Morgan corse verso l'ingresso quando la voce di Rossi lo richiamò nel salotto.

-Guardate qui.- L'agente teneva fra le mani una foto. Prentiss e Morgan si avvicinarono e sbirciarono la foto che Rossi stava loro mostrando. -Non può essere lui- Un ragazzo con gli occhiali sulla sedia a rotelle mostrava loro un sorriso tirato dalla carta stampata mentre un altro gli posava una mano sulla spalla.

 

-Jane, amore mio, finalmente!- Una voce conosciuta alle sue spalle la fece sussultare. Senza voltarsi la ragazza rispose al saluto -Ciao, Tom.-

-Sapevi che ero io?- L'uomo era entrato nella stanza e ora la luce lo illuminava: era alto e possente come un tempo, un'espressione diabolica, che fece rabbrividire Jane, dipinta sul viso.

-Si. Ma lo ammetto, sei stato bravo. Non avevo capito che eri tu fino a che gli agenti dell'FBI non mi hanno fatto ricordare la notte dell'incidente. Loro pensano che sia stato Ben ma io so che non può essere stato lui, Ben è sulla sedia a rotelle.-

-Proprio così. L'hai fatto soffrire moltissimo,sai? Pensa che fino all'altro giorno ancora ti pensava, credo che ti amasse sul serio. E anche tu lo amavi, vero? Non sei mai stata davvero mia, non lo saresti mai stata fino a che non fossi riuscita a liberarmi di lui. Ci ho provato una volta circa 10 anni fa, ma Ben era un ragazzo fortunato.-

-Perché dici “era”?- Chiese Jane con voce tremante.

-Oh, pensavo lo avessi capito. L'ho ucciso. Ho dovuto. Lui aveva capito tutto il mio piano.- Dentro Jane qualcosa si spezzò definitivamente: era il legame che aveva col suo passato di bambina. Ben era l'unica cosa che le ricordava chi era stata e chi voleva tornare ad essere. Ora non c'era più e, come i suoi genitori, l'aveva lasciata sola.

-Tutto cosa?- Chiese, tentando di non scoppiare a piangere.

-Il fatto che ti rivoglio. Sono 10 anni che non faccio altro che pensare a te e al modo orribile in cui ci siamo lasciati. E' per questo che ho ucciso quelle donne, per ricordarti che ti amo ancora e che tu non puoi fuggirmi. Ora non c'è più quello stupido ragazzino a separarci-

-Cosa vuoi da me? Perché non sei venuto direttamente da me? Loro non c'entravano nulla, non le conoscevo nemmeno!-

-Non potevo venire da te, non subito, non dopo il modo in cui mi avevi lasciato. Dovevo dimostrarti che ti ho perdonato per quello che mi hai fatto e ora possiamo tornare insieme.-

-Tu sei pazzo! Non ho nessuna intenzione di tornare con te- Tom non era cambiato affatto, era ancora stupido e arrogante come allora. Solo il fisico, meno asciutto e snello di un tempo, mostrava il passaggio degli anni.

-Allora perchè sei qui?-

-Per chiudere definitivamente i conti col mio passato-

 

-Che significa non è Ben Trosky?- L'agente Hotchner era al telefono mentre ancora guidava diretto verso la casa di campagna dei Trosky.

-E' così Hotch, non può essere stato lui ad uccidere quelle donne. L'incidente l'ha costretto sulla sedia a rotelle, non sarebbe stato fisicamente in grado di uccidere nessuno. La cosa interessante, però, è che da quanto abbiamo scoperto qui a casa sua Tom Flynn, il ragazzo di Jane, e Ben si frequentavano. Garcia ce lo ha confermato: dopo il liceo Flynn ha frequentato un corso per diventare infermiere e indovina un po' chi l'ha assunto?-

-Pensi che possa essere stato Tom? Ma non ha senso!- Hotch sembrava sempre più incredulo.

 

-Garcia che c'è?- Reid rispose al telefono mentre Hotch ora guidava molto più nervosamente, le nuove informazioni scoperte da Rossi avevano cambiato completamente la situazione.

-Non riesco a trovare i genitori di Trosky. Dalle mie informazioni risultavano partiti per una vacanza ma non sono rintracciabili né al cellulare né in nessun albergo, e ho già controllato con le compagnie aeree. Non hanno mai lasciato la città ma sono spariti. Hotch ho un brutto presentimento.- Garcia sembrava seriamente preoccupata: quando non riusciva a trovare la soluzione nemmeno tra gli affidabili circuiti del suo amato computer cominciava a spaventarsi seriamente.

-Garcia, stai calma. Ora ho bisogno che mi trovi più informazioni possibili su Tom Flynn.- Intervenne l'agente più anziano.

-Ho già detto tutto quello che sapevo su di lui a Rossi. Non c'è molto: dopo il liceo sembra che abbia messo la testa a posto e lavora come infermiere per i Trosky: Ben è rimasto sulla sedia a rotelle dopo l'incidente, non ho idea del perchè questo non risultasse dalle cartelle cliniche. Inoltre sembra che Ben avesse intenzione di iscriversi all'università, aveva ripreso gli studi, ottenendo il diploma a pieni voti l'anno scorso, come privatista. Ora aveva fatto domanda per l'università pubblica, non è certo quello che ci si sarebbe aspettati da lui prima dell'incidente, ma è pur sempre un modo per ricominciare a vivere. Hotch non sembra il ritratto di un assassino.- La voce di Garcia suonava ansiosa dal cellulare che stava usando.

-Perché non lo è, Garcia, non è lui il nostro uomo, è Tom Flynn.-Concluse JJ.

-Avrei dovuto capirlo prima.- Si colpevolizzò Reid -Quando Jane raccontava del suo passato era nervosa e recalcitante, poi, quando le abbiamo chiesto dell'incidente, è parsa improvvisamente più tranquilla, come se avesse capito qualcosa. Ci ha praticamente spinto a credere che l'assassino fosse Trosky. Perché lo ha fatto?-

-Reid, tesoro, vi ha mentito fin dall'inizio. Lei sapeva benissimo delle condizioni di Ben, sapeva che era costretto alla sedia a rotelle e che non poteva essere lui il responsabile delle morti. Ho trovato moltissime informazioni su questo Ben nel computer dell'agente Fletcher, sembra che lei lo abbia spiato da lontano per tutti questi anni. Ne ha seguito ogni mossa ed era in contatto anche con i genitori di lui. Non so dirti se Ben sapesse tutto questo ma so per certo che Jane conosceva tutto della sua vita. Quello che non capisco è perché ci ha mentito? E perchè è andata da sola da Flynn se sa essere lui l'assassino?-

-Perché non vuole che altre persone muoiano per lei. Si sente responsabile per tutto quello che sta accadendo e crede che sacrificandosi porrà fine alla scia di sangue. Dobbiamo fermarla.-

-Siamo arrivati- Annunciò Hotch fermando l'auto di fronte alla villa.




Salve a tutti!
La storia si avvicina alla conclusione, ma alcuni enigmi sono ancora da svelare...la verità è così semplice e chiara come sembra? Jane ha fatto la scelta giusta? Lo scoprirete solo continuando a leggere!:)
Ringrazio chi segue questa storia, anche se lo fa in silenzio, e li esorto a farmi sapere cosa ne pensano: è importante per me sapere se ho fatto un buon lavoro!
Un bacio,
v91 ;)

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

-Ora che hai intenzione di fare?- Jane stava cercando di apparire sicura e spavalda ma aveva paura e non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscita a fingere. -Sono qui adesso.-

-Si, lo vedo. Eppure non sei la stessa ragazza di un tempo. La vecchia Jane sarebbe tornata da me molto tempo prima e ora sarebbe già su un auto con me pronta a fuggire insieme.-

-Sono cambiata, Tom. Non sono più la sciocca ragazzina di un tempo. Ho fatto molti errori in passato ma ora sto cercando di rimediare.-

-E' questo che pensavi di fare venendo qui? Rimediare ad un errore?- Chiese Tom senza levarsi dalla faccia quell'orribile ghigno.

-No, questa volta io non c'entro. L'errore è tuo. Una persona speciale mi ha detto che quando un uomo commette un omicidio, anche se lo fa per qualcuno, si rende direttamente responsabile delle proprie azioni. Per cui io non ho niente a che fare con quegli omicidi. Sei tu che pagherai per essi.-

-No, no, no no...così non va proprio!- Rispose Tom avvicinandosi a lei pericolosamente. -Come pensi di uscirne viva se mi attacchi così. Devi essere più carina con me.- Con sguardo languido arrivò di fronte alla ragazza e le pose un bacio sulla nuca per poi abbracciarla e cominciare a solleticarle il collo con le labbra. Jane tremava di paura e aveva voglia di vomitare ma si costrinse a restare ferma per non farlo arrabbiare nuovamente.

-Hai ragione, tu mi ami e anche io non ti ho mai dimenticato. Scusa se poco fa sono stata dura con te, avevo solo paura che tu volessi lasciarmi per vendicarti di me.- Jane sputò fuori quelle parole pregando di risultare convincente.

-Ecco, così va molto meglio. Ti piaceva una volta quando ti baciavo sul collo.- Le mani di Tom scorrevano lente sulla sua schiena e poi, veloci, le sfilarono il cappotto di dosso.

-Tom, non è il caso di rimanere qui. Tra poco la polizia arriverà e noi saremo in trappola, dobbiamo andare in un luogo più..consono- Jane si sforzò di imprimere malizia nella sua voce e nel suo sguardo. Tom sorrise, le mani ancora appoggiate sui fianchi di lei.

-Ora si che ti riconosco, mia piccola stronzetta. Hai ragione, dobbiamo andarcene di qui. L'auto è già pronta sul retro. Prima però devi spiegarmi una cosa.-

-Cosa?- Chiese Jane con voce tremante.

-Perché hai portato con te una pistola?- Tom ora si era staccato da lei e la fissava minaccioso con in mano la pistola che prima era attaccata alla cintura dell'agente.

 

-JJ, tu controlla sul retro e nel giardino, appena arrivano gli altri avvertili; Reid, tu ed io andremo dentro. Prudenza assoluta, non sappiamo come reagirà al nostro arrivo né se è armato.- Ordinò Hotch con voce ferma che mal celava una punta di ansia.

-E dobbiamo portare Jane via di qui sana e salva.- Aggiunse Reid cercando con gli occhi una conferma.

-Si, ci proveremo.- Concluse Hotch avviandosi a passo spedito dentro alla casa mentre JJ era già scomparsa sul retro.

 

-Tom, non ti arrabbiare. Sono un agente di polizia, la pistola la porto sempre con me.-

-Ma tu sapevi che io ero qui, perchè portarla con te se non per colpirmi? Io non ero armato.-

-No, non è vero, devi credermi. Ho solo dimenticato di toglierla dalla cintura. Ti prego, non farmi del male.- Tentare la supplica era la sua ultima chance. -Torneremo quelli di un tempo, vedi? Ho ancora il tuo tatuaggio. Non ti ho dimenticato.- La ragazza sollevò la manica della maglietta mostrando la rosa rossa, simbolo del loro amore passato. Tom sembrò crederle per un attimo, poi accadde tutto molto velocemente.

Reid e Hotchner fecero irruzione nella casa, al piano di sotto, Tom si voltò verso la fonte del rumore distraendosi per una frazione di secondo, dando il tempo alla ragazza, con un balzo quasi felino di atterrare su di lui, che ancora stringeva in mano la pistola. I due agenti corsero verso il piano si sopra avendo sentito il tonfo di un corpo che cade a terra e mentre stavano entrando nella stanza illuminata si sentì il colpo si una pistola che spara.

 

Jane non ragionava nemmeno più, ora stava solo seguendo il suo istinto di sopravvivenza. Aveva capito che Tom non aveva nessuna intenzione di farla uscire viva da quella casa e vederlo con la pistola in mano la costrinse a cercare velocemente una via di fuga. I rumori provenienti dal piano di sotto le annunciarono l'arrivo della squadra e lei approfittò della momentanea distrazione di Tom per agire. Gli saltò addosso, con lo scopo di portargli via la pistola ma lui fu più svelto e con un colpo la fece cadere a terra, immobilizzandola sedendole in grembo. Lui era più forte di lei, ma lei era un'agente di polizia e non si lasciò colpire altre volte, si difese con le unghie e con i denti, scalciando l'aria con le mani e con i piedi per impedirgli di prendere la mira con la pistola. Riuscì a colpirlo al volto e, mentre lui con una mano andava a coprirsi la ferita appena apertasi sul labbro, Jane riuscì a invertire le parti, salendo sul petto dell'uomo e tentando di strappargli la pistola di mano. Stavano ancora lottando per il possesso dell'arma quando un colpo accidentalmente partì. Jane e Tom si bloccarono. Lei si portò istintivamente le mani davanti agli occhi: erano coperte di sangue. Eppure lei non sentiva nulla, nessun dolore, nessuna fitta che le indicasse dove il proiettile fosse penetrato in lei. Improvvisamente capì e si sollevò in piedi con un'energia che solo l'adrenalina in corpo le poteva dare. Tom ancora steso a terra si teneva le mani stretta all'altezza dello stomaco da dove il sangue stava sgorgando a fiotti.

 

-Jane? Jane stai bene?- Reid le si avvicinò passandole un braccio intorno alle spalle e cercando il suo sguardo. Lei provò a rispondergli ma la risposta che la sua mente le suggeriva non riusciva a raggiungere le labbra. Si limitò, dunque, a stringere le proprie braccia intorno alla vita del ragazzo, appoggiandosi a lui e lasciandosi andare al suo caldo abbraccio. Si lasciò trascinare via mentre altri agenti entravano nella stanza e cominciavano a perlustrare la scena del delitto. La ragazza gettò un ultimo sguardo verso il cadavere a terra e pensò che finalmente aveva chiuso col suo passato e non sarebbe più tornato. Ora poteva andare avanti.


Salve a tutti!
E questo era il penultimo capitolo...in realtà doveva essere la prima parte dell'epilogo ma poi ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e pesante, per cui ho deciso di spezzarlo. Siamo ormai arrivati alla fine e i nodi sono stati sciolti...spero di essere riuscita a sorprendervi almeno un pochino!
Un grazie a tutti coloro che sono arrivati a leggere fino a qui e a chi ha deciso di recensire! Vi aspetto al prossimo ed ultimo capitolo!
Un bacio,
v91;)
ps: durante questo fine settimana sarò impegnatissima ma prometto di impegnarmi al massimo per aggiornare l'epilogo entro domenica sera!

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Capitolo 5
*** Epilogo ***


Epilogo

Jane stava seduta dietro la sua scrivania, una tazza di una bevanda calda, non aveva idea di cosa fosse, appoggiata di fronte a lei. Non faceva altro che rivivere scene del suo passato, dalla morte della madre all'incidente di Ben, fino a quello che era avvenuto poche ore prima. Spencer le si avvicinò silenziosamente. -Ehi!-

-Ciao!- lo salutò stancamente Jane voltandosi verso di lui.

-Stai un po' meglio?-

-No. Ma mi riprenderò, devo solo ricominciare da zero con la mia vita.-

-Ehi, sei il capo della polizia! Non devi ricominciare proprio da zero.-

-Credo che lascerò il mio posto.- Decretò Jane sorridendo.

-Cosa? No, tu non puoi! Sei un ottimo agente, anche se un po' incosciente. Non saresti dovuta andare da lui.-

-Lo so. So che essere un agente è il mio futuro, ma c'è una cosa che voglio fare prima di riprendere il mio posto.-

-Che cosa?- Chiese Spencer curioso, appoggiandosi alla scrivania.

-Ricordi quel corso di profiling a cui mio padre voleva iscriversi? Lo farò io. Ho pensato che se fossi stata in grado di comprendere meglio Tom forse avrei potuto evitare molte delle cose successe questa sera. Non ne sono sicura, ma tentar non nuoce, giusto? Sono curiosa di scoprire tutti i vostri segreti.-

-Penso sia un'ottima idea, anche se purtroppo questa volta le nostre conoscenze non ci sono servite a molto. Eravamo sicuri che l'assassino fosse Trosky.-

-Si, lo so. Ma questo è colpa mia. Non vi ho detto la verità perchè credevo di poter evitare altre morti, ho sbagliato e di questo vi chiedo scusa.-

-Si. Sono contento che tu l'abbia ammesso. Io sono un genio, non potevo permettere che questo passasse come un errore mio!- Rispose ridendo il ragazzo.

-Ehi! Oltre che genio sei anche molto modesto!- Jane lo colpì affettuosamente su un braccio, poi tornò improvvisamente seria. -Non pensavo davvero quelle cose che ho detto a Tom. Non avevo nessuna intenzione di tornare con lui, stavo solo cercando di non farmi uccidere.- La ragazza ora aveva le lacrime agli occhi. Si sentiva ancora le viscide mani dell'uomo che le scorrevano sulla schiena, si sentiva sporca e colpevole, anche se sapeva di aver agito per il meglio.

-Non preoccuparti, nessuno pensa che tu fossi sincera in quel momento. Sei stata furba, era l'unico modo distrarlo, anzi, hai dimostrato sangue freddo e razionalità. Altri nella tua stessa situazione non avrebbero retto la tensione e sarebbero crollati, rischiando sul serio la vita- Jane lo guardò ringraziandolo silenziosamente per le parole dette.

-Che fine ha fatto Ben?-

-JJ ha trovato il suo corpo sepolto nel giardino della casa dei Trosky. Tom lo aveva ucciso già alcuni giorni fa, insieme ai suoi genitori. Ecco perché Garcia non era riuscita a trovarli. Mi dispiace, Jane.-

-L'avevo capito già da sola e Tom me lo ha confermato. Va bene. Cioè, non va bene ma ora non posso più fare nulla per loro. Organizzerò un bellissimo funerale e farò in modo che a Ben venga conferita una laurea ad honorem. Mi sembra un bel modo per ricordarlo, era davvero un ragazzo intelligente e aveva riposto tutta la sua fiducia sul suo cervello. Io credevo molto in lui e nelle sue capacità, anche dopo l'incidente. E mi sono sempre sentita responsabile per quello che gli è successo. Credi che se io l'avessi amato le cose sarebbero andate diversamente?-

-Tu non hai colpe. Non sei responsabile per il fatto di non averlo amato quanto lui amava te. Non è strano che le ragazze come te non notino i ragazzi come me.- Spencer abbassò gli occhi verso il pavimento, cominciando a studiare i contorni delle piastrelle.

-Lui non era invisibile per me, Spencer, e non lo sei nemmeno tu.- Reid alzò gli occhi e vide che Jane si era alzata e si era avvicinata a lui. Ora lei lo fissava con un'aria strana. Poteva sentire il suo respiro sul viso, sapeva di sapone e menta.

-Che vuoi dire?- Riuscì a sillabare lui mentre il cuore cominciava a battergli furiosamente nel petto, così forte che temeva lei l'avrebbe sentito. Jane gli pose un dito sulle labbra.

-Tu parli sempre?-

-Si, più o meno, soprattutto quando sono nervoso non riesco a chiudere la bocca ed e strano perchè finisco per dire sempre delle enormi sciocchezze...- Jane pose fine a quel fiume di parole poggiando dolcemente le labbra sulle sue. Fu un bacio tenero, morbido, profumato, casto. Pochi secondi dopo i due si separarono e si sorrisero complici.

-Grazie. Mi hai insegnato tante cose.- Jane sentiva di non voler lasciare quel ragazzo ma sapeva anche di dover chiudere definitivamente con quel capitolo della sua vita e continuare a frequentarlo adesso avrebbe significato lasciare uno spiraglio aperto verso il suo passato.

-Possiamo rivederci?- Chiese lui in un soffio.

-Non ora. Non posso. Mi puoi capire?- Si trovò lei a rispondere, in parte contro la propria volontà.

-Si. Lo capisco. Magari se avrai bisogno di aiuto per quel corso, tienimi presente.- E posò nuovamente le labbra su quelle di Jane, per imprimere meglio nella memoria quella bellissima sensazione.

 

Non so cosa significhi amare la gente a metà, non è nella mia natura. I miei affetti sono sempre eccessivi.
Jane Austen





Salve a tutti!
Come promesso: ecco l'ultimo capitolo, l'epilogo della storia. Per lasciarvi con un sorriso! Spero che la conclusione non vi abbia deluso e che la trama non fosse troppo scontata!
Ringrazio tutti coloro che hanno seguito questa storia fino alla fine, chi l'ha solo letta in silenzio e chi l'ha recensita. Sperando che abbiate voglia di dedicare 2 minuti del vostro tempo a lasciare un commento ad una povera, piccola "scrittrice" che ce l'ha messa tutta e che è desiderosa di sapere cosa ne pensate del suo lavoro. Alla prossima!
Un bacio,
v91;)

 

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