Behind the Darkness... I found You.

di ArchiviandoSogni_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Coming back home. ***
Capitolo 2: *** Enemies become Lovers? ***



Capitolo 1
*** Coming back home. ***


Piccola premessa :
 
La storia è ambientata un anno dopo che Stefan e Damon arrivano a Mystic Falls. Ci saranno vari spoiler più avanti su quello che poi succede nella terza stagione, quindi non consiglio la lettura a chi segue la messa in onda italiana.
 
C’è uno Stefan buono che sta con una Elena felice. Damon è il solito malizioso, ironico ma anche profondamente ferito vampiro. Forse compariranno gli Originali, è tutto da decidere.
La cosa certa è che assisterete ad un evoluzione progressiva da un Damon spietato, crudele e ormai sconfinato nel proprio destino; ad un Damon più umano, diverso, forse capace di amare ed essere amato.
 
Ed ora vi auguro semplicemente : Buona Lettura.

 
 
 
 
 

Coming Back Home

 






 




 
 
Un’altra grigia giornata iniziava a Mystic Falls.
 
Ogni essere umano si stropicciava gli occhi, si alzava con infinita stanchezza dal tepore familiare del letto e si preparava per una nuova estenuante giornata lavorativa.
Tutti tranne una persona - o meglio un nonmorto - che ritornava alla sua dimora.
Quell’essere era accompagnato da un ghigno ancora sporco dei peccati precedentemente commessi; ma nonostante l’aurea pericolosa che emanava, aveva un viso ed un corpo totalmente in contrasto con questa visione da film dell’orrore.
 
Damon era sempre stato dotato di un fisico prestante, dovuto alla sua lunga partecipazione alla guerra; in contrasto con un viso angelico, quasi delicato,  che in passato accompagnava con espressioni innocenti ed infantili.  Quegli occhi azzurro cielo e la  zazzera di capelli nero corvino, erano sempre stati tanto cari a lui fin dall’infanzia.
Solo dopo essere diventato un vampiro, aveva imparato che il cielo si trasmutava in ghiaccio e il nero lucente si trasformava nel colore anticipatore della morte. Ma non solo il suo fisico cambiò; anche il suo carattere e le sue aspettative si annullarono come fece il suo stesso sangue dopo la morte.  
Ma come in molti sapevano, Damon non era un uomo che viveva di rimpianti, o meglio, cercava di mascherare questa sua continua amarezza sopravvivendo in quel mondo che ormai era diventato lo spettatore della sua lenta danza verso l’inferno.
Come ogni notte, anche quella precedente era stata ottima e soddisfacente. A livello fisico si sentiva al massimo, una buona dose di sangue accompagnato dal sano ritmo del sesso, gli avevano ricordato quanto fosse bello essere ciò che era. Ma nonostante il suo continuo cercare di giustificare a se stesso la sua misera esistenza, il suo cervello lampeggiava continuamente rosso per ricordargli quanto avesse ormai superato il limite.
Non voleva pensarci, continuava a rincorrere giugulari giovani e corpi caldi, per evitare di fermarsi e pensare.
 
Pensare faceva male.
 
Così ,mentre entrava nel salotto di casa Salvatore, si ritrovò in ascolto di un momento che avrebbe voluto evitare.
 
Il suo amato fratellino che si divertiva con la sua dolce fidanzatina.
 
Era davvero straziante sentire le voci appena accennate e percepire , grazie al suo udito sopraffino, lo strofinamento di quei corpi.
 
Soprattutto perché ormai aveva capito che amava quella ragazza.
 
Nonostante Elena amasse completamente suo fratello; lui non riusciva ad archiviarla semplicemente come le altre ragazze che aveva conosciuto, amato e anche usato nella sua lunga esistenza.
Nonostante lei assomigliasse a quella sgualdrina di Katherine, la donna che lo trasformò in vampiro molti anni prima, nonostante lei avesse a volte lo stesso sguardo e le stesse espressioni : lei non era Katherine.
Lei era Elena Gilbert, una semplice ragazza americana che aveva scoperto l’amore per un vampiro centenario buono e vegetariano.

Storse il naso all’idea a dir poco vomitevole della dieta disgustosa seguita da suo fratello; ma poteva fare lo scontroso e lo stronzo quanto voleva, la situazione non sarebbe cambiata.
 
Lo sapeva, ma non poteva semplicemente cambiare e diventare buono.
Lui non era Stefan, lui non era buono.
 
Era stato corrotto, rovinato; perduto per sempre.
 
E non voleva perdersi di nuovo per diventare ciò che Elena invece aveva creduto molto spesso che fosse.
 
Recuperabile.
 
No, non era così.
Poche ciance, lui sapeva cos’era e ormai era tranquillo con se stesso.
 
Scosse la testa prima di osservare di nuovo quel liquido ambrato che era diventato meglio di una compagna per 145 lunghissimi anni.
Mandò giù tutto d’un fiato il Bourbon mentre gli altri due ragazzi finivano lo loro patetica performance con tanto di “Ti amo” finale.
 
Damon non poteva sopportare altro. Appena vide suo fratello scendere le scale con quel sorriso sornione gli si avventò contro con tutto il proprio peso.
Una mano si spostò automaticamente sul collo di Stefan e l’altra, invece, si piazzò contro la parete del salone.
 
“Complimenti, fratellino. Non pensavo che durassi così poco.”
Gli occhi verdi del fratello lo inchiodarono con la stessa medesima forza.
“Damon, lasciami andare.”
“E perché ? Dai Stefan, possibile che non capisci nemmeno un po’ la mia ironia?!” L’uomo strinse la presa, strabuzzando gli occhi con finta ingenuità.
 
“La spaventerai, capisci? Perché devi cercare di rovinarmi la vita in continuazione?”
 
Damon abbandonò il collo del fratello e mentre riafferrò il proprio giubbino dal divano, rovesciò dietro di sé qualche mobilio ed anche il suo amato Bourbon cadde dalla sua postazione.
Imprecò e mentre si avvicinava alla porta, sentì gli esili piedi di Elena sfiorare le scale ed affacciarsi solamente con la camicia di Stefan a coprirle il corpo.
La inchiodò con uno sguardo omicida e allo stesso tempo tremendamente triste.
Ma si comportò in tutt’altro modo.
Girò il viso verso il fratello e scoppiò a ridere sonoramente.
 
“Mi chiedi il perché,  Stefan? Perché mi diverto, sei il mio giocattolo preferito.”
 
E come era entrato in quella casa, altrettanto silenziosamente se ne andò.
Si dimenticò di avere ancora il collo e parte del viso sporchi di sangue, si dimenticò anche che la città ormai era completamente sveglia.
 
Ma era incazzato. Era incazzato nero ed ora aveva voglia di cacciare.
Aveva voglia di sfiorare altre labbra per dimenticarsi il profilo di quelle di Lei.
 
Per dimenticare il sapore dei rimpianti.
 
***
 
 
“Non è possibile che questa città sia rimasta identica negli ultimi quattro anni. Ah mia cara piccola e decrepita Mystic Falls.”
 
Jade scese dalla sua motocicletta liberando i lunghi capelli mossi dal casco integrale.
Non poteva credere ai propri occhi mentre procedeva con sguardo indignato tra la marea di studenti che popolavano il cortile e l’ingresso della Mystic Falls High School.
 
Cercò di non badare alle occhiatacce e ai brusii che accompagnavano la sua breve scalata verso la segreteria, dovuti senz’altro al suo abbigliamento  poco consono all’ambiente scolastico.
Giubbino in pelle, pantaloni che avevano più strappi che stoffa e le sue all star nere ai piedi che non mancavano mai, anche con il gelo polare dell’inverno.
 
Jade era un tipo particolare. Uno spirito libero sempre in sella alla sua  Storm con mille pensieri per la testa ed una canzone da canticchiare appena poteva. Era scorbutica con il genere maschile per svariati motivi e lo era altrettanto con quello femminile per motivi ancora diversi.
Ma se riuscivi a starle simpatica, eri sicuramente la persona più fortunata del pianeta.
 
Jade era forte fisicamente, sempre tra una rissa movimentata e una bevuta tra gli amici, si godeva l’esistenza che l’aveva privata ormai da 7 lunghi anni dei suoi genitori.
Viveva da sola per il mondo con sua sorella minore, viaggiava per non affezionarsi troppo a niente e poter conservare la sua libertà che le era cara più dell’aria che i suoi polmoni incanalavano ogni secondo.
 
“Salve, vorrei compilare il modulo d’iscrizione per questo anno scolastico.”
La segretaria la squadrò da capo a piedi per infiniti secondi tanto che la ragazza avrebbe voluto bisbigliarle un bel “Bu!” a 3 mm dal lungo naso aquilino.
Ci sarebbe stato da ridere a vedere la reazione dell’impettita signora.
 
“Sa che è alquanto tardi per iscriversi ? Non credo sia più possibile.”
 
Tamburellando le lunghe unghie laccate di rosso, la ragazza si accomodò sul ripiano della scrivania, con eccessiva familiarità.
 
“Senta evitiamo certi formalismi. Non  mi diverto ad andare nei posti a rovinare le giornate lavorative altrui, gliel’assicuro. Sono qui, non per me, ma per mia sorella. Io ho 21 anni suonati e la scuola l’ho finita da un pezzo, non si preoccupi. Cambierebbe qualcosa se le dicessi il mio cognome?”
 
La donna sollevò gli occhiali da vista con un movimento poco fluido e nervoso, ostentando comunque una calma che non l’apparteneva in quel momento. Strabuzzò gli occhi, incrociò le braccia e il suo rossetto rosa shocking stava per provocare un altro tipo di shock alla ragazza.
 
“Che carattere! Signorina, sa che cos’è il rispetto? Guardi  anche se lei facesse Obama di cognome, non cambierebbe la situazione.”
 
Jade fece spallucce girandosi verso la porta. Prima di aprirla, però, si voltò di tre quarti per sorridere luminosamente alla simpatica signora.
 
“Penso che il consiglio dei fondatori sarà alquanto infelice. Sapere che una Gilbert è stata rifiutata nella scuola da loro fondata, sarà una scoperta molto amara. Molta amara, signora Kenwood, capisce?”
 
Circa un quarto d’ora dopo, Jade teneva soddisfatta tra le sue mani i certificati necessari.
Sorrideva come una bambina per essere riuscita a ridicolizzare ancora una volta una signora di tutto punto che si credeva esperta ormai di vita.
 
Vecchio non è sinonimo di maturità. Quando sei vecchio, sei semplicemente vecchio.
Questa era la sua semplice e lineare teoria.
 
Per questo odiava la maggior parte degli adulti che si credevano Dio sceso in terra per la loro effettiva esperienza.
Lei era infinitamente giovane ai loro occhi ma la quantità di esperienza che aveva accumulato nella sua breve esistenza, faceva sfigurare la normale vita di un impiegato in pensione con la passione per il giardinaggio.
 
Scosse la testa per ritornare nel suo buonumore e così si diresse verso la sua moto, la sua dolce Storm. Mentre procedeva spedita, una voce famigliare la fece voltare  di scatto.
 
“Jade? Jade sei proprio tu!”
 
Elena le si avvicinò osservandola con la bocca spalancata.
 
“Ne è passato di tempo, cuginetta.”
 
Così la ragazze si ritrovarono ad abbracciarsi con dolcezza ed infinito amore.
Erano cresciute insieme e ritrovarsi così, in un giorno come tanti altri, era un evento speciale.
 
Mentre Jade abbandonò le braccia di Elena si accorse della presenza di un ragazzo mai visto prima. Sentì una strana sensazione sfiorarle la pelle ma non ci badò molto.
Non era il momento di dare briglia sciolta alla sua solita diffidenza nel prossimo , così si riconcentrò sul flusso di parole che provenivano da sua cugina.
 
“Non ci credo. Ma perché non mi hai avvisata del tuo arrivo? Jeremy sarà al settimo cielo appena ti vedrà! E Vanessa? E’ qui con te?”
“Hey, hey, hey! Frena un attimo la lingua, ragazzina. Non ti ho avvisata perché puntavo sull’effetto sorpresa ma come vedi; ho fallito. Nessy è sempre con me ma è rimasta in albergo per riposare. Abbiamo viaggiato tutta la notte  e da Londra  a New York non è che ci siano pochi kilometri.
Poi sono dovuta andare a prendere la mia Storm che avevo mandato via marittima qualche giorno fa ed ho perso praticamente mezza giornata. E tu invece? Cos’è hai mollato il fighissimo Matt Donovan per puntare sul questo nuovo stallone?”
 
Jade lanciò un occhiata d’approvazione verso Stefan che nel frattempo aveva sorriso scuotendo la testa leggermente imbarazzato.
 
“Lui è Stefan ed qui a Mystic Falls da un anno ormai.” Voltando la testa, raccolse i lunghi capelli castano scuro da una parte sorridendo verso il ragazzo. “ Lei è invece Jade Gilbert, la mia energica cugina più grande. Siamo praticamente cresciute insieme e manca da Mystic Falls da 4 lunghissimi anni.”
 
Stefan allungò la sua mano dotata di un anello che Jade reputò da esibizionista, verso quest’ultima che sia era distratta ad osservare le proprie unghie.
 
“ E’ un piacere conoscerti, Jade.”
La ragazza ripagò la cordialità del giovane con una degna stretta di mano. “ Tranquillo, Stefan. Sei molto meglio di Matt. Trasudi virilità da tutti pori.”
 
“Jade!” Elena si imbarazzò leggermente mentre l’altra ragazza scoppiò in una risata piuttosto scomposta.
“Così impari a surclassare le mia domande, Honey. Ora vi lasciò alle vostre cosucce da fidanzati, mentre io da gran zitella acida quale sono, vado a ripiegarmi su una bella birretta al Mystic Grill.”
 
Senza molte smancerie si girò e con una mano li salutò di spalle, come era solita fare.
 
Non è che lei adorasse fare la dura e la donna d’acciaio, lei era semplicemente così.
 
La vita le aveva concesso la grinta di un plotone di uomini scalmanati e la forza mentale di un vecchio eremita.
Purtroppo questa forza così apparentemente indistruttibile, celava un animo in continuo tormento con se stesso ed il mondo esterno.
 
Correndo per le vie della piccola cittadina, si perse a cantare una canzone malinconica. Non era una canzone famosa, se la stava semplicemente inventando per tenere la  mente occupata.
 
Parcheggiò con velocità e si diresse verso l’unico locale che potesse essere considerato vagamente in a Mystic Falls.
Vi si addentrò ed il silenzio la investì dolcemente.
 
Prese posto al bancone, come aveva fatto molto spesso anche in passato ed attirò l’attenzione del barista.
 
“Hey amico, servimi il miglior Whisky della casa.”
 
Facendo un gesto di assenso, l’uomo le preparò il suo caro amico e glielo lasciò scivolare con scioltezza verso di lei.
I suoi occhi verdi si persero in quel liquido ambrato che era ormai diventato un ottimo compagno.
 
Non che fosse un’alcolizzata, si intende.
Amava solo estraniarsi ogni tanto dal mondo caotico per riflettere non totalmente in solitudine.
 
Un bel Whisky e tutto sembrava migliore, no?
 
Mentre le sue labbra gustavano la forte e dolce essenza del liquore, qualcuno le si sedette accanto guardandola con fare malizioso.
 
“Non sei un po’ troppo giovane per bere a quest’ora, ragazzina?”
 
Jade inchiodò lo sconosciuto con uno sguardo altamente omicida.
 
“E tu non sei un po’ troppo vecchio per farti gli affari degli altri?”
 
Ritornò a concentrarsi sul suo bicchiere che ormai conteneva solo ghiaccio; lasciando perdere lo sconosciuto. Odiava la gente impicciona, soprattutto se si dava delle arie come quell’uomo. Era decisamente sexy, questo glielo concedeva, ma non aveva certo il diritto di parlarle a quel modo e di fissarla con così tanta insistenza.
 
“Senti, la smetti? Io non ti ho rotto le scatole e quindi pretendo lo stesso rispetto da parte tua.”
 
L’uomo portò il proprio bicchiere vicino alle labbra, ostentando quel tipo di sorriso arrogante che Jade tanto odiava.
 
“Mi scusi, signorina. I poppanti con il biberon pieno di Bourbon li trovo esilaranti.”
 
Quel tizio non aveva la minima idea con chi stesse parlando. Nonostante la ragazza avesse un bel viso delicato, occhi verdi brillanti, un fisico snello e a prima vista gracile; non era certamente così delicata e graziosa come poteva apparire.
 
Si alzò di scatto e si avvicinò di più all’uomo che nel frattempo si era voltato verso di lei, sempre con quel finto sorriso sornione.
 
“Mio caro Mr Simpaticone dell’anno, non sono certamente il tipo di ragazza che si scioglie per due occhi azzurri ed un fisico da modello. Lasciami in pace ed io sarò così gentile da non rovinarti quel bel visino da bambolotto.”
 
Damon ruotò gli occhi lentamente ed infine sospirò.
 
“Oggi non sono decisamente dell’umore adatto per giocare con te, zuccherino. Sono alquanto sazio e odio rovinare un prossimo ipotetico pasto solo perché sono arrabbiato. C’è pur sempre chi muore di fame ed io, in tutta franchezza, odio gli sprechi.”
 
Jade rimase interdetta da quelle parole, ma non perse la sua solita tenacia.
 
“Posso capire che tu sia un gran fan di Edward Cullen, ma mi sembra un tantino patetico minacciarmi come se fossi cibo, invece che un essere umano. E’ alquanto squallido.”
 
La ragazza prese così la propria borsa e lasciò sul bancone il denaro necessario a pagare la sua consumazione.
Fece per avvicinarsi all’uscita quando una mano le prese il braccio, bloccandola senza il ben che minimo sforzo.
 
“Eh no, dolcezza. Direi che abbiamo ancora molte cose da dirci, non trovi?”
 
Quegli occhi azzurri e freddi come il ghiaccio si incatenarono ai suoi, procurandole immediatamente un senso di pace e di totale calma.
 
Era disarmante il fatto che lei pensasse esattamente l’opposto?
 
Lungi da lei credere in magie ed incantesimi, ma si sentiva in qualche modo stregata e totalmente alla mercé dell’uomo.
Lei non voleva, non voleva essere calma e soprattutto non voleva che qualcuno le dicesse cosa lei dovesse fare.
 
Qualcosa accadde dentro alla sua testa, qualcosa si aprì con forza.
 
“No!” Urlò con rabbia.
 
Damon vacillò un attimo e lei se ne approfittò per uscire definitivamente dal locale.
 
L’aria fredda dell’autunno inoltrato le schiaffeggiò il viso, come se un enorme secchio di acqua ghiacciata, le fosse stato scaraventato in testa per svegliarla.
All’aria aperta e grazie anche al freddo, cominciò a riacquistare lucidità.
Sentì ad un tratto l’uomo raggiungerla da dietro, ma percepiva che non aveva più intenti arroganti od ironici. Si voltò e lo vide chiaramente sul suo viso che era solamente sorpreso.
 
Le pupille dilatate, le labbra leggermente socchiuse.
 
“Ma che..” Bisbigliò lui prima che un altro uomo gli si avvicinasse.
“Hey, Damon. Che diavolo stai facendo?”
 
Jade per quanto fosse coraggiosa ed impavida, in quel momento, sentì la necessità di correre via.
E lo fece, ritrovò con lo sguardo la sua moto nel piccolo parcheggio e si diresse verso di lei senza pensarci.
 
Doveva fuggire da quell’uomo.
Uomo?
Un uomo poteva  manipolare la mente?
 
Con l’adrenalina che pompava con forza nelle sue vene, saltò sulla moto e schizzò via per la grigia Mystic Falls.
 
Quel nome non lo avrebbe dimenticato.
 
Lei e Damon avevano ancora un conto in sospeso.
 
Un conto che lei intendeva chiudere al più presto.
 
 
 
---
 

Buona sera a tutti voi :)
 
Sono nuova di questa sezione e questa è la prima ff che scrivo su Damon.
Come ben capite, adoro particolarmente il suo personaggio e voglio dedicarli questa storia per riuscire a vedere fin dove Damon può spingersi prima di cadere vittima della sua stessa umanità.
Spero vi abbia incuriosito ed- a seconda di quante recensioni e vostri pareri riceverò- deciderò se continuarla o no.
 
Se volete leggere altre mie storie :
 

 
Ho anche una mia piccola pagina su facebook!
 
 
Ora vi lascio ;)
 
A presto <3

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Capitolo 2
*** Enemies become Lovers? ***


Enemies become Lovers?

 






 








 
Damon avrebbe voluto uccidere e prosciugare l’essere umano che l’aveva appena distratto da quella affascinante preda. I suoi occhi glaciali scrutavano l’orizzonte, cercando quella chioma rosso fuoco con eccessivo interesse. Inutile rendere noti i scarsi risultati di quella veloce ricerca.
 
“Damon?”
Spostò lo sguardo con riluttanza verso lo scocciatore.
“Senti Alaric, capisco che tu ti senta attratto dal gene XY con i denti aguzzi, però ti devo ricordare che Buffy The Vampire Slayer è finito da un pezzo e con esso anche la mia pazienza.”
 
Gli occhi dell’altro uomo lo scrutarono attentamente.
 
“Pessima giornata?”
“Non una delle migliori, diciamo. Allora? Spero che la tua interruzione sia per lo meno necessaria. Mi hai fatto scappare il pranzo.”
 
Alaric sorrise tristemente all’amico. Era strano definire propriamente con quel nome Damon, che era sempre stato riluttante all’idea di avere qualcuno al proprio fianco. Eppure in quegli ultimi mesi si erano in qualche modo avvicinati e capiti. Dopo la perdita di Jenna, quel vampiro gli era stato accanto e l’aveva aiutato a superare quei lunghi mesi di sofferenza soffocante. Certo non aveva mai ricevuto un abbraccio e tantomeno parole dolci e rassicuranti; ma l’ironia e la continua presenza al suo fianco gli avevano fatto capire che quello era il modo di Damon per dire “Io ci sono, amico.” E lui l’aveva capito senza che Damon dicesse nulla. Per di più, anche per lui gli ultimi mesi erano stati atroci. La fuga di Klaus e Katherine, le torture psicologiche ed il ritorno di Stefan, avevano destabilizzato il precario equilibrio mentale del vampiro. Si era affezionato ad Elena ancora di più , consolandola a suo modo per la lontananza del fratello. Ora invece sembrava solo un brutto ricordo, perché Stefan era ritornato; e i due ci stavano riprovando con successo.
 
Cosa era rimasto a Damon?
 
Niente, come sempre. E quel vuoto aveva spaventato Alaric. Sentiva che il vampiro si sarebbe messo di nuovo nei guai pur di non dover vedere sotto ai propri occhi, sotto il suo  stesso tetto; l’amore disarmante che suo fratello e la sua ragazza stavano pian piano riscoprendo.
 
“Mi chiedevo se hai voglia di farti una delle nostre solite bevute, adesso.”
“Giornataccia eh, amico? Alle 11 del mattino già alla ricerca dell’alcool?!?”
 
Alaric non rispose, perché le parole tra loro due non erano mai servite. Vide solo Damon dargli le spalle e tornare dentro al locale e lui lo seguì con lentezza. Aveva visto per un momento uno strano scintillio nello sguardo dell’amico, quando gli aveva impedito di uccidere la ragazza pochi minuti prima.
Non sapeva cosa fosse, ma di certo; aveva evitato che la poveretta finisse uccisa così precocemente.
Scosse la testa, dimenticando l’infinità di pensieri che gli inondavano la testa e si precipitò verso il bancone, al suo posto d’onore.
 
 
***
 
“Decisamente, una giornata del cavolo!”
 
Jade entrò come un turbine nella stanza del piccolo albergo. Sbattendo la porta, si accorse che sua sorella era ancora sul suo letto, intenta a leggere con un sorriso dolce dipinto sulle labbra.
 
“Prima devo litigare con una vecchia snob, poi un pervertito con la scusa di essere il cugino figo di Edward Cullen, mi stava per portare chissà dove per farmi… Dio solo sa cosa! Ed ora, per giunta, ho anche finito la benzina della piccolaStorm. Aaaah! Decisamente una giornata nera.”
 
Togliendosi con forza le all star consumate, diede una veloce occhiata al suo riflesso nello specchio. Orribile. Non aveva mai avuto un colorito così smorto. I suoi capelli rossi fiammanti rigorosamente tinti, avevano addirittura perso la lucentezza che tanto lei amava. Quella mattina era da archiviare e da dimenticare al più presto.
 
“Sis, che è successo?”
Gli occhioni verdi di Nessy la osservavano stupiti e dolci. Sua sorella era così femminile e composta, così pacata ed imperturbabile. Erano così diverse ma dannatamente compatibili. Litigavano poco e si supportavano a vicenda, da sempre.
 
“Niente. Solite cose.. Senti che ne dici se andassimo a trovare Elena e Jeremy? Magari più tardi, verso le cinque. Oggi l’ho vista e non puoi immaginare com’era bella. Parlava tanto, sorrideva e scherzava quasi come prima. Finalmente, dopo la morta degli zii, l’ho rivista tornare l’Elena di una volta.”
 
Jade sorrise. Molti ricordi le sfiorarono la mente, ma decise di non soffermarsi su nessuno in particolare. Non le piaceva molto ricordare il passato, perché molti dolori nascosti potevano ritornare a farle visita, quando meno se l’aspettava. Soprattutto odiava scoprirsi davanti a qualcun altro che fosse sua sorella, cugina o un semplice sconosciuto.
Jade era così, riservata su se stessa ed esuberante contro la vita e con gli altri.
Certo non era facile capirla, solo una stretta cerchia di persone poteva vantarsi di conoscerla bene; ma a lei andava bene così.
 
Scosse la testa muovendo con lentezza i lunghi capelli mossi, gettandosi poi con poca grazia vicino alla sorella, sul morbido letto.
 
“Nes, ora dormo un po’. Sono distrutta.. Mannaggia a me e la mia voglia di andarmene in giro già dal mattino presto! Mi sta bene!”
Si avvicinò alla bionda chioma lunga e liscia della sorella, per accarezzarla gentilmente.
 
“Sogni d’oro Sis, ti chiamo io più tardi.”
E dopo che sua sorella le baciò gentilmente una guancia, Jade sprofondò con dolcezza nel cuscino e si concesse un sogno ristoratore, ricco di canini appuntiti, occhi azzurri e oceani di Bourbon.
 
***
Qualche ora dopo…
 
“Ah odio i taxi. Lenti, lenti e stra lenti. Anche spilorci fino all’ennesimo centesimo!”
“Calmanti, dai. Non potevamo mica prendere la moto, visto che era a secco.”
L’occhiata ironica della sorella la fece innervosire.
 
“Mi scusi, Signorinella. Le ricordo che campiamo con i miei soldi e devo trovare ancora uno schifo di lavoro qui.”
 
Jade prese a torturarsi un unghia dal nervoso, odiava avere problemi economici. Era una vita che lottava giorno dopo giorno per regalare una vita normale a Vanessa e a se stessa.
 
“Dai, Jady. Scherzo… Vedrai che lo troverai presto”
Sorridendo dolcemente, Vanessa accarezzò un braccio della sorella; calmandola all’istante.
 
Era proprio vero che il legame tra fratelli e sorelle, per quanto sia turbolento e litigioso, era qualcosa di indissolubile ed incomprensibile. Bastava un gesto od una parola e tutto passava all’istante.
 
“Ok, Nessy. Ma non chiamarmi Jady, sai che lo odio.”
 
Le due sorelle si ritrovarono così di fronte alla porta di casa Gilbert, suonando il campanello.
Leggeri passi sulle scale, qualche secondo di silenzio ed una sorridente Elena li aprì la porta.
 
“Finalmente!”
 
La mora abbracciò teneramente la piccola bionda e poi la rossa.
Il scintillio negli occhi delle tre ragazze era ben visibile. Erano tutte e tre felici di essere li in quel momento. Mille emozioni si risvegliarono, ricordi allegri ed altri dolorosi; ma l’importante era essere ancora li. Unite.
 
“Elena, chi è?”
Uno spettinato Jeremy si avvicinò alla porta. Aprì la bocca ed un sorriso si aprì fra le sue labbra. Anche lui abbracciò con dolcezza la due cugine, soffermandosi a salutare la rossa con una sorta di saluto militare.
 
“Ma quanto siete cambiate! Jade ma ti sei fatta rossa? Sei sempre la solita esibizionista..”
La ragazza alzò leggermente un sopracciglio.
“Senti un po’ da che pulpito viene la predica. Sembri il fratello di Action Man per la quantità spaventosa di muscoli. Speriamo che almeno quello basilare ti sia cresciuto in questi anni.. Povero Jemmy- boy!”
 
Il moro dopo un attimo di smarrimento, cominciò ad avvicinarsi lentamente e con aria di sfida alla cugina. “ Hey, aspetta un attimo Jady-Bean. Anche nella lotta sono migliorato in questi lunghi 4 anni.”
Lo scintillio di sfida si accese negli occhi verdi della rossa, che cominciò a mettersi in posizione d’attacco.
 
“Ma davvero? Quindi mi stai sfidando apertamente?”
“E se anche fosse?”
“Basta ragazzi. Possibile che non cambiate mai?”
 
Elena si frappose fra i due , riportando tranquillità.
 
“Entriamo? Fa freddo stasera.”
 
Seguendo la ragazza, tutti e tre entrarono nella piccola casa. Jade osservò tutto con malinconia. La scala sulla quale aveva rovesciato a 5 anni un enorme vasetto di miele, provocando l’ira della zia e dello zio. Proseguendo per il piccolo salotto, si ricordò di aver rovinato più volte il pavimento con il suo skateboard per tutta la sua adolescenza. Per fortuna la zia era sempre stata così comprensiva con lei. In fondo molti le dicevano che assomigliava a sua madre Lily quando aveva la sua età. Anima ribelle e cuore gentile. Per questo motivo nessuno aveva avuto mai il coraggio di rimproverarla, anche quando la sua insofferenza verso il mondo aumentò con la morte dei suoi genitori.
 
Appena Jade ritornò alla realtà, dopo quel breve tuffo nel passato, le venne quasi un colpo.
Sulla sua poltrona preferita era bellamente appollaiato quello stronzo che aveva incontrato poche ore prima.
 
Come si chiamava?
 
Ah Damon, Demonio.
 
Il sangue cominciò a ribollire nelle sue vene, senza che lei potesse farci niente. Quando qualcuno non le piaceva, non riusciva a fingere. Era uno specchio limpido senza increspature, da quel punto di vista.
 
Assottigliò lo sguardo finché gli si avvicinò senza pudore o vergogna. Quella era quasi casa sua  e non permetteva che un tale cafone e strafottente, se ne stesse così bellamente sdraiato a guardarla con prima stupore e poi aria di sfida.
 
Mani sulle anche e sguardo fisso di fronte a sé, cominciò a parlare senza sosta.
“Ancora tu? O mamma mia! Ti prego Elena, da quando frequenti gentaglia così volgare e maleducata? Chi diamine ci fai qua tu, eh? Damon.. se non ricordo male.”
Vide quegli occhi azzurri fissarla prima iracondi e poi estremamente divertiti.
 
“La neonata del Boubon. Ma che piacevole sorpresa rivederti. Non aspettavo altro.”
Poteva esserci più sarcasmo di quello che Jade percepiva? Lei sapeva fare di meglio.
 
 “L’onore è tutto tuo, grandissimo idiota. Sposta gentilmente il tuo delizioso didietro dalla mia poltrona, perché non indugerei due minuti a spedirti fuori a calci in faccia.”
 
Vide l’uomo alzarsi di colpo ma una mano gli si posò velocemente sul petto, trattenendolo.
 
“Damon, stai calmo.” Solo in quel momento, Jade si accorse della presenza di Stefan. Forse si era lasciata troppo trasportare dalla foga e dalla rabbia. Ma non avrebbe né chiesto scusa, né tantomeno si sarebbe zittita solo per far piacere agli altri. Scorrendo la stanza con lo sguardo, osservo i volti dei suoi famigliari che la guardavano con aria sorpresa e rassegnata.
 
In fondo lei era così, perché doveva cambiare? Per piacere agli altri?
 
No. Non l’avrebbe fatto; lei non era quel tipo di persona.
 
“Jade, ti sembra il caso? Conosci già Damon?”
“Certo che lo conosco, Elena! Stamattina mi ha bellamente insultata e mi stava per trascinare chissà dove. Per fortuna sono pronta di riflessi e sono riuscita a  scappare nel momento giusto.”
 
Quel verbo faceva male. Scappare non era da lei.
 
“Damon…” La mora lo osservò con infinita tristezza che quasi innervosì Jade.
Perché provare pietà per un essere simile? Lei non lo conosceva, ma bastavano pochi gesti e poche parole per capire certi tipi di persone. E Damon, certamente, non poteva classificarsi nella top 10 dei ragazzi più simpatici di Mystic Falls.
 
“Elena non è giusto prendersela solo con quel ragazzo. Mia sorella molto spesso provoca senza accorgersene.
“Ti assicuro che anche mio fratello lo fa.”
 
“Chi provoca chi?”La frase venne pronunciata nello stesso momento dai i due tirati in causa. Si scambiarono uno sguardo carico di elettricità, ma poco dopo il discorso venne dirottato su altri argomenti.
 
“Quindi in questi 4 anni avete viaggiato per l’Europa?”
“Si e no. Diciamo che ci siamo soffermate per lunghi periodi a Parigi, Milano e Londra. Una città più bella dell’altra. Abbiamo imparato due nuove lingue, più o meno. Ci siamo divertite molto anche se i momenti difficili ci sono stati, nonostante tutto. Purtroppo ho dovuto accontentarmi di lavoretti part time inutili e mal pagati. Però sai bene che con il mio semplice diploma non posso fare molto.”
 
Seduta sul ripiano della cucina, Jade addentava una mela con infinita noia. Non le piaceva raccontare le sue esperienze in presenza di estranei. Certo, Stefan poteva anche passare, ma Damon era di una strafottenza inimmaginabile. Appoggiato sul muretto nella parte opposta, la guardava alzando continuamente il sopracciglio e con qualche mezzo sorriso malizioso. Dio, avrebbe voluto ucciderlo. Farlo a pezzettini e darlo in pasto ai cani.
 
Ma si stava trattenendo egregiamente. Lo faceva soprattutto perché aveva visto lo sguardo di Elena che in qualche modo soffriva se la rossa insultava crudelmente quell’ammasso di muscoli e strafottenza.
 
“Capisco. Ed ora che hai intenzione di fare? Rimani qui con Nessy o ripartirai?”
La rossa addentrò un altro pezzo di mela con fare pensieroso. “E’ ancora tutto da decidere. Volevo concedere a Nes un attimo di pace e farle concludere gli studi qui a Mystic Falls. Se riuscissi a trovare un buon lavoro, potrei stabilirmi qui definitivamente.”
“Sarebbe magnifico, Jade. Potreste anche venire a vivere qua con noi. Ormai siamo soli e sentire di nuovo questa casa piena come una volta, sarebbe meraviglioso.”
 
La rossa scese dal ripiano e si avvicinò alla cugina seduta su una sedia. Inginocchiandosi le posò una mano sul ginocchio.
“Non ti preoccupare cugina cara. Nessy sarà felicissima solo all’idea di vivere qui tutti insieme. Sono io quella non riesce mai a stabilizzarsi. Sai come sono fatta, ho paura di stufarmi subito. E i ricordi non mi stanno molto simpatici.”
 
Elena scosse la testa ma poi il sorriso ritornò sul suo viso. “ Ti va di rimanere a cena? Non credo che questo ricordo ti stia antipatico, mi sbaglio?”
Con una leggera gomitata, la rossa sorrise prendendo per mano la cugina.
 
“Solo una cosa.”
“Cioè?”
“Quello li appoggiato al muro; non lo voglio. Stefan mi sta anche simpatico, ma Damon non lo digerisco.”
 
Un leggero spostamento d’ aria le arrivò alla schiena.
 
Prima che potesse rendersene conto, si spostò e posò una mano sul collo di Damon nello stesso istante in cui lui fece lo stesso sul collo di lei.
L’immagine era ironicamente erotica. Erano estremamente vicini, viso a viso, corpo a corpo. Ma lo sguardo di entrambi era ancora peggiore. Combattevano tra l’istinto di uccidersi od avvicinarsi.
L’ennesima interruzione di Stefan, li fece allontanare.
 
L’aria si era improvvisamente riempita di tensione.
 
“Jade, Damon. Mi spiace ma vi voglio entrambi a cena stasera. Comportatevi bene.” Così  dicendo Elena prese Jade per una mano e Stefan trascinò al piano di sopra suo fratello.
 
Per fortuna la preparazione della cena fu molto più tranquilla e allegra.
Elena e Jade parlavano di tutto, del tempo passato lontane, di quello passato a stretto contatto e di come fossero ormai diventate donne.
Il discorso, poi,  prese inevitabilmente una piega meno comoda e decisamente poco ben voluta dalla rossa.
 
“Comunque cerca di non provocare Damon. E’ davvero pericoloso e potrebbe farti davvero del male.”
 
Mentre girava la pasta nella pentola, per poco Jade non se la gettò addosso.
“Cosa? Ma è il classico tipo tutto fumo e niente arrosto, Elena! Dai, guardalo! Se gli rovini il bel visino poi non potrà più rimorchiare le 4 gallinette della serata. Suvvia, cugina! Quello che si farà del male, sarà lui. Io certamente no.”
“Non è come sembra. Fidati di me per una volta.”
“Non è questione di fidarsi o meno. Mi innervosisce ed è stato lui il maleducato di turno.” Prese a girare con prepotenza il mestolo nell’acqua perché sapeva di avere ragione e doversi giustificare a quel modo poi, non era da lei.
“Puoi almeno evitare per questa sera? Non ci vediamo da 4 lunghissimi anni. Perché rovinarci questo momento per Damon?”
Jane si perse in altri pensieri finché si convinse che Elena aveva ragione. In fondo doveva provare semplice indifferenza.
E ci sarebbe riuscita.
Lei era superiore.
 
***
 
La cena iniziò nei migliori dei modi. Per il bene di tutti lei si era seduta a capo tavola tra Elena e Stefan mentre il suo nemico giurato, era dall’altra parte del tavolo. Le occhiate cariche di odio e interesse le sentiva fin sotto la pelle.
 
Perché in qualche modo le faceva piacere?
 
Domanda che non necessitava di una risposta al momento. Voleva solo rilassarsi e sciogliere i nervi che durante quella giornata erano stati messi a dura prova.
 
“Vado a fumarmi una sigaretta in veranda, ragazzi. Torno subito.” Così dicendo Jade si allontanò. Armata di sigaretta e giubbino in pelle, uscì velocemente dalla porta principale. Il freddo della sera la investì dolcemente, placando il nervoso accumulato durante la giornata.
Terribile, sentiva che prima o poi sarebbe collassata davvero. Ma doveva tenere duro, doveva lottare giorno per giorno per Nessy. Lei meritava di avere una sorella migliore al proprio fianco, eppure lei si sentiva sempre un passo indietro.
Un passo indietro da raggiungerla e renderla davvero felice.
 
Aspirò profondamente una boccata tenendo il fumo in gola per parecchi secondi mentre osservava con invidia le stelle.
Loro si che erano fortunate. Sempre splendenti, desiderate  da tutti, lontane dal male.
Era un po’ quello che lei ricercava da una vita, ma non l’avrebbe mai ammesso.
Jade Gilbert non poteva.
 
Seduta sul dondolo, sentì improvvisamente una leggera vibrazione e Damon le si sedette accanto.
 
Addio pace.
 
“Ti sto così tanto simpatica che non riesci a starmi lontano nemmeno per il tempo di una sigaretta?”
“Esatto.”
“Wow. Dovrei per caso sciogliermi? E’ così che funzione, Damon?”
L’uomo spostò lo sguardo su di lei, alzando un sopracciglio.
“In teoria funziona che tu muori e io mangio. Però sai, Stefan mi ha trattenuto sopra mezz’ora a farmi la ramanzina, prima. Essere la cugina di Elena è la tua salvezza, diciamo. Anche se fossi in te, non farei tanto la sbruffona.”
“Ancora questa storia del vampiro stile Edward Cullen. Mamma mia, che noia. Senti facciamo che nessuno dei due calcola l’altro ed evitiamo di far star male Elena, ok? “
“E io cosa ci guadagno?”
Un ultima boccata e la sigaretta era già finita. Quell’uomo oltre a provocarle un nervoso inaudito sarebbe stato l’artefice di un cancro precoce ai polmoni.
 
“Ci guadagni che non ti spacco la faccia.”
“Uuuh. Che paura. Dai, fallo. Voglio proprio vedere quanta forza hai.”
“Non farlo Damon. Non ho una bella fama per essere una ragazza. Fidati.”
“No, invece ho voglia proprio di farmi male. Su, io sono qui.”
 
Jade non aspettò altro, si alzò e si mise di fronte a lui, vicinissima alle sue ginocchia.
“Alzati.”
“Non credo proprio. Ti sto già aiutando, non complicarti la vita.”
 
La rossa, si tese a quel commento. Non voleva nessun aiuto, nessun tipo di agevolazione. Voleva veramente spaccargli la faccia. O meglio magari lo stomaco, quel viso era troppo bello per essere sporcato.
 
Cosa?
 
Jade era in preda a una strana confusione, però cercò di riprendersi. Strinse la mano destra in un pugno e la sferrò con tutta la forza verso il mento del ragazzo, ancora seduto con il solito sorriso ironico.
Non fece in tempo nemmeno a sfiorarlo che il pugno venne catturato dalla mano dell’uomo e con un abile sgambetto, si ritrovò seduta sulle sue ginocchia.
 
“Ops. Mi sa che mi hai sottovalutato, piccola. Non trovi?”
 
Jade era un fascio di nervi, stava per rialzarsi ma l’uomo la racchiuse in una morsa quasi letale tra le sue braccia.
Decisamente c’era qualcosa che non andava.
Lei avrebbe dovuto difendersi, dimenarsi e magari urlare. Però dopo un primo momento, si sentì quasi bene tra quelle forti e dure braccia.
 
Che doveva fare? Ovvio quello che sapeva fare meglio. Usare le parole come arma, anche per nascondere l’imbarazzo.
 
“Mollami.”
“E perché? Sei scomoda?”
“Ti ho detti di LASCIARMI ANDARE.” Cominciò lei alterandosi.
“In realtà mi hai detto di mollarti, per essere pignoli.”
“Damon io ti..”
 
Damon le intrappolò il mento con una mano, la osservò lungamente negli occhi e poi passandosi una lingua sulle labbra, sussurrò flebilmente.
 
“Sei K.O.”
 
E  le labbra dell’uomo si avvicinarono fino a scontrarsi brutalmente con quelle della ragazza. Le assaggiò a piccoli morsi, le assaporò finché non riuscì ad avere il dritto accesso per la sua bocca. Le loro lingue si intrecciavano, si sfioravano e si ricercavano in quella lenta danza erotica. Jade dal canto suo, non poteva certamente opporsi. Non se quel bacio le stava piacendo più del consentito.
 
Mentre entrambi si mangiarono con avidità con le labbra e con gli occhi, nella mente dei due nacque un pensiero comune.
 
“Se il nemico ti attacca, tu attacca ancora più forte.”
 
E prendendo alla lettera quelle parole Jade e Damon si ritrovarono a lottare non fianco a fianco, ma uno contro l’altra.
 
Chi vincerà?
 
 
 
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Taaaaadaaaan!
Vi prego ditemi che non è venuta fuori un enorme schifezza! Non sono molto convinta, perché è difficile descrivere le reazioni di Damon. Cavolo è così imprevedibile e così figo.. Ok basta! XD che ve ne pare?
La continuo la storia?
Damon e Jade stanno bene insieme?
 
Beh attendo i vostri commenti che sono sempre graditissimi,cavolo!
 
Ringrazio che ha recensito lo scorso capitolo : Dreamer_on_earth, Mary 91, Chara, sabri92 e chantal sonzogni.
 
 
Grazie infinite!
 
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Ciao bellezze, alla prossima <3
 
 
 
 

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