Una missione impossibile

di Iuvenia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1


Era l’alba, precisamente le sei e mezza del mattino, quando varcai la porta della mia nuova casa; un appartamento all’ultimo piano con un’ampia entrata, presentava ai lati degli appendiabiti e dei candelabri ai bordi. Le pareti, grigie come quelle del salotto, erano decorate finemente e un ampio arco separava le due stanze. Nella sala la prima cosa che si notava era una vetrata che illuminava l’intero ambiente e dava su un precipizio, circondato intorno da abeti. Nel centro della stanza c’era un tavolino in vetro e ai lati due divani di pelle bianca. Lasciai le valige all’entrata e mi diressi davanti alla finestra, c’era un panorama magnifico che avrei di certo gradito nei mesi in cui sarei rimasto. Il telefono squillò alcuni istanti dopo:
< Pronto? >
< Allora? La casa è di tuo gradimento? > Chiede il mio capo.
< Si, va benissimo. Sistemerò subito le mie cose e vedrò di farmi un giro nei d’intorni >
< Prima devi aspettare l’arrivo di Giacomo, ti deve consegnare una cosa. Cerca di sbrigarti a fare questa missione anche se credo che durerà un po’ di mesi >
< Farò del mio meglio, vado >
< Va bene >
Lanciai il telefono sul divano e tornai a prendere le mie valigie per sistemare i vestiti nella camera; la finestra, non molto grande, era coperta da delle tende bianche lasciava passare qualche filo di luce; l’armadio a muro era abbastanza ampio da ricoprire l’intera parete e adatto a contenere tutte le mie cose, il letto era grande e comodo posto al centro dell’ampia stanza, c’era anche una scrivania in legno scuro che dava un tocco di antico a tutto l arredamento con un computer portatile posto sopra di essa e un biglietto sopra che diceva:
“ Tutte le informazioni che ti servono le trovai qui, appena avrai letto tutto ricorda di cancellarle”
Avrei guardato dopo quello che dovevo fare, adesso desideravo solo mangiare qualcosa così mi diressi in cucina , divisa dal salotto anche essa, da un arco. Era una cucina piuttosto spaziosa dove su una parete alla destra c’era il piano cottura, la lavastoviglie e il forno mentre dall’altro lato un tavolo per 6 persone, tutto in legno d’acero. Il frigo era pieno, mi sarebbe bastato per una settimana sicuramente. Tirai fuori il latte e dei cornetti da una credenza riscaldandoli. Non feci in tempo neanche ad addentarne uno che squillò il citofono:

< Ciao, vedo che già ti sei sistemato >
< In tempo per la colazione… come al solito, entra >
Mi osservò sorridendo, un sorriso beffardo e poco dopo compresi il perché. Appena varcò la porta di casa entrò qualcosa assieme a lui, qualcosa che io non ero riuscito a vedere ma che li aveva quasi fatto cadere all’indietro:
< E’ uno scherzo vero? >
< No, Lucifero è il tuo nuovo amico… >
Lucifero era un Husky siberiano, credo di 3 o 4 mesi, una furia della natura che avrebbe reso le mie giornate meno noiose di quanto io potessi immaginare.
< Nel pc il capo ti ha scritto quello che mangia e quello che dovresti fare per educarlo, in questo paese tutti hanno un animale di compagnia e di certo non potevamo portarti un pappagallo, grazie a lui uscirai ogni volta che vuoi con la scusa che è piccolo e che dentro casa piange > Chissà perché quelle parole non sembravano tanto lontane dalla verità.
< Perché lo hai chiamato Lucifero? >
< E’ stato il capo… sai come è fatto, io adesso vado, mi sono reso conto che è tardi… comunque ha fatto la pipi, sbrigati a pulire prima che entri nel parquet, ciao >
Se ne andò lasciandomi da solo ad osservare Lucifero che scodinzolava davanti a me:
< Ok, patti chiari amicizia lunga, se non fai il bravo dormi fuori! >
L’animale abbaiò e cominciò a correre per la stanza:
< Ok, andiamo fuori! >
Presi la giacca, le chiavi della macchina e con il cane in braccio uscì da casa alla ricerca di un negozio per animali dove comprare un collare con il quale lo avrei volentieri strozzato. Accanto casa c’era un negozio che vendeva quadri e al suo interno una donna sui 50 anni che puliva delle cornici:
< Buongiorno, mi scusi ma mi sono appena trasferito qui e vorrei chiederle delle informazioni >
< Certo, dimmi pure >
< Dove posso trovare un negozio per cani? Mia zia mi ha lasciato il cucciolo e io non ho nulla per lui, neanche il collare come vede >
< Si, guarda a 5 isolati da qui, nel centro del paese troverai il negozio, si chiama “MONDOANIMALE”, non puoi sbagliarti >
< La ringrazio, arrivederci >
< Ciao >
Per fortuna la macchina stava li vicino, non volevo farmi la strada a piedi e di certo non con il cane in braccio. Il viaggio in macchina, anche se corto fu disastroso! Vomitò sul sedile, infilò le zampette in quella brodaglia e cominciò a graffiare i vetri, per fortuna erano oscurati e nessuno vedeva cosa stava succedendo. Accelerai e appena trovai un parcheggio mi fermai per pulire quello che aveva combinato lasciandolo sdraiato nei sedili posteriori. Quel rigurgito emanava un odore così nauseante che persino le persone che passavano accanto alla macchina mi guardavano interrogativi. Terminato il mio lavoro di pulizia presi in braccio Lucifero che mi osservava supplichevole; non lo avrei più fatto salire in macchina, questo era poco ma sicuro. Il negozio per fortuna non distava molto e dopo alcuni minuti mi ritrovai davanti la porta d’entrata; l’interno era enorme ed era diviso a zone per ogni specie di animale, persino per i serpenti. Non persi neanche un minuto di tempo e corsi da un signore che stava sistemando dei profumi per cani su un ripiano:
< Salve… >
< Buongiorno, vedo che qui abbiamo un bel cuccioletto di Husky, quanti mesi ha? >
< Non lo so sinceramente, l’ho appena trovato e vorrei comprare un po’ di cose per lui >
< Certo, allora prima di tutto lo lasci pure alla mia assistente, lei preparerà un guinzaglio >
Mi voltai verso una giovane ragazza minuta, dai capelli castani e gli occhi verdi; era il mio angelo salvatore, le lasciai il cane e quando lo sentii abbaiare neanche mi voltai:
< Bene, prima cediamo di trovargli una bella cuccia, che ne dice di questa? >
< Va benissimo, poi? >
Accettai tutto quello che mi stava mostrando, non avevo tempo per decidere il modello e il colore.
< La sua macchina è qui vicino? >
< No, per sfortuna Lucifero odia stare in macchina, ha appena vomitato quindi sono a piedi >
< Va bene, allora le farò arrivare tutto oggi a casa, mi lasci l’indirizzo >
< Certo >
Quando tornammo indietro Luc stava giocando con la ragazza senza neanche accorgersi della nostra presenza. Al collo indossava un collare blu con dei pallini rossi:
< Se mi dice come si chiama il cane prendo un ciondolo e ci faccio l’incisione >
< Lucifero >
<  Il suo numero di telefono? >
< 3285454645 >
< Va bene, mi aspetti qui >
Luc si avvicinò a me e lo accarezzai sulla testa, il suo pelo era morbido, il colore dei suoi occhi erano grigi con riflessi celesti. Il pelo era prevalentemente nero, sotto la pancia e sul viso era bianco.
I cani non erano i miei animali preferiti ma avrei dovuto farmelo piacere:
< Ecco qui, tenga >
< Quanto devo pagare? >
< Sono 70 euro >
Per fortuna erano i soldi del capo e visto che dovevo occuparmene controvoglia di certo non avrei speso i miei soldi. Presi Luc e lo lasciai a terra sperando di non avere problemi fino a casa.
Le mie preghiere si avverarono, dopo 30 minuti varcai la porta del mio appartamento e gli slacciai il guinzaglio. Per fortuna era stanco e si sdraiò sotto il tavolino addormentandosi. Lo lasciai dormire per andare a riprendere la macchina e metterla nel parcheggio, la strada era colma di persone e, come aveva detto Giacomo, la maggior parte portava il cane a spasso. Non mi andava di aspettare di ricevere le cose dal negozio così decisi di prenderle io, almeno gli avrei dato da mangiare e da bere appena sveglio, avrei dovuto portarlo anche dal veterinario e non mi allettava l’idea per niente. A casa Lucifero dormiva ancora così ebbi il tempo per fargli un angolo tutto suo con cuccia, giocattoli e scodelle per acqua e cibo. Ne approfittai per andare in camera e leggere la mia missione. Sul desktop c’erano solo 3 cartelle: quella del cestino, uno con scritto “Lucifero” e una “Missione”.
Cliccai sulla seconda e apparve un documento con due foto.
 
Questa volta la vittima è una ragazza di 17 anni, lo so che è giovane ma il padre ha ucciso una persona a me cara e sai come la penso, occhio per occhio dente per dente. Avvicinati a lei, diventa suo amico, ti ho inscritto al suo liceo, lei fa il 4* anno mentre tu farai il 5*, la scuola inizierà proprio domani quindi preparati. Prima di ucciderla dovrai entrare a casa sua e prendere dei documenti essenziali per il fine della missione, quindi ricapitoliamo: guadagnati la fiducia della ragazza, entra a casa sua e prendi i documenti, infine uccidila. Buon lavoro Darren.
 
Erano 3 anni che lavoravo per il capo e mai mi aveva chiesto di uccidere una ragazzina, inoltre non mi andava per niente di andare a scuola, io non l’avevo finita e quest’anno avrei dovuto fare proprio il 5° anno di liceo. Chiusi il documento e per vedere la foto della ragazza: una giovane di nome Azzurra, nome veramente strambo, dagli occhi celeste chiaro e i capelli biondi, questa volta la vittima era proprio una bella ragazza per fortuna.
La seconda foto era della sorella Jane, della mia stessa età, bionda con gli occhi marroni, anche lei molto bella.
Cancellai la cartella della missione e passai alla seconda, quella che riguardava il mio nuovo “amico”, c’era una lista delle cose che doveva mangiare e fare e il primo punto mi istigava nel portarlo subito dal veterinario, ci sarei andato domani, oggi non mi andava. Trascorsi il pomeriggio a casa a guardare la TV con Lucifero che giocava con i suoi nuovi giocattoli e che faceva la pipì dove gli capitava, sarebbe stato molto difficile educarlo.
La sera non tardò a venire e prima di andare a letto, per non avere problemi, portai Lucifero fuori. Passai più di un quarto d’ora a rincorrerlo per mettergli il guinzaglio e finalmente uscimmo. Era una serata mite e ne approfittai per “visitare” la zona. Tutti gli appartamenti erano per lo più ristrutturati, alcune case avevano giardini enormi e per mia fortuna c’erano abbastanza negozi che mi avrebbero evitato il viaggio in macchina. Dopo un’oretta decisi di ritornare a casa, ero stanco e Lucifero aveva fatto quello che doveva fare. Mi avviai correndo verso la mia abitazione fermandomi davanti a delle scale che portavano davanti ad una biblioteca aspettando una ragazza col suo cane che salivano. Quando alzò lo sguardo si fermò di scatto indietreggiando e urlando, la fortuna quel giorno era dalla mia parte, indietreggiai leggermente per osservare Azzurra e permetterle di passare.

Angolo dello scrittore
Buonasera a tutti, questa storia è la prima che pubblico e spero di riuscire a fare un capitolo a settimanna... se nn sarà così scusate ma la scuola mi tiene abbastanza occupata. Spero che quello che ho scritto vi piaccia, scusate gli errori di grammatica ma poco fa l'ho scritta e io non rileggo spesso quello che scrivo... Spero di riceve vostri commenti, mi fanno piacere e anche consigli e critiche sono ben accetti ^^ Baciiiii

Ho dovuto aggiungere un pezzo finale, scusate la modifica, la prossima volta starò più attenta.                                                                                                        .Iuve.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2


Era un’insolita calda nottata di settembre, la luna era alta nel cielo, fiera come una regina che troneggiava il suo regno. Ero uscita ormai da quindici minuti col mio cane che non si decideva a fare i suoi bisognini, così percorsi tutti i vicoli del paese osservando ogni sua piccola mossa sperando che si sbrigasse. Il vento era leggero e caldo, una serata perfetta per una passeggiata, escludendo la stanchezza che cercava di sbarrare i miei occhi. Giunsi davanti alla scala che portava alla casa di Serafina, la negoziante dei libri, che stava pulendo il pianerottolo:
< Buonasera >
< Ciao tesoro, ancora fuori? >
< Il signorino non si decide a farla… finché non avrà lasciato almeno uno schizzo non me ne posso andare! >
< Povera te, dalla faccia che hai immagino tu stia morendo di sonno >.
< Indovinato… >
< Dai, vai a casa>. Mi incitò
< Credo proprio che lo farò… Buonanotte allora, a domani >
< Dormi bene >
Uscii e corsi subito verso le scale incominciando a salirle e a guardarmi dietro sperando di non pestare una zampa al cane. Giunta quasi alla fine alzai lo sguardo ritrovandomi davanti una figura oscura che, ferma, mi guardava. Indietreggiai di uno scalino lanciando un urlo:
< Oh mi scusi, non volevo spaventarla >Disse il giovane ragazzo che adesso era illuminato lievemente dalla luna; alto, capelli biondo scuro, teneva al guinzaglio un cane leggermente più piccolo del mio:
< Scusi me, non l’avevo vista > Risposi.
< Non si preoccupi, arrivederci >
< Arrivederci >
Mi voltai per tornare a casa, mentre correvo mi sentivo osservata.
Tornai a casa lasciando il mio segugio a mia madre e infilandomi sotto le coperte, morivo dal sonno e l’ultimo pensiero che ebbi fu quel ragazzo misterioso, prima di cadere tra le braccia di Morfeo.
La sveglia suonò alle sette meno dieci, era il primo giorno di scuola ed io dovevo prepararmi per non arrivare in ritardo. Mi alzai svogliatamente dirigendomi al bagno, occupato già da mia sorella Jane:
< Ho quasi fatto, vieni >
Jane è la mia sorella maggiore, precisamente con due anni e un mese. Per molte cose siamo simili, andiamo d’accordo quasi sempre mentre per altre siamo totalmente diverse, come il sole e la luna.
< Vuoi che ti trucco io? > Mi chiese sorridente.
< No, grazie. Mi metto solo la matita, non mi va di prepararmi >
< Va bene, ti aspetto di sotto >
Mia sorella non usciva mai di casa senza essere perfettamente truccata e vestita, doveva essere impeccabile, era una persona abbastanza vanitosa ed egocentrica.
Oggi era di buon umore, avrebbe rivisto il suo ragazzo dopo 2 mesi di lontananza. Si conoscevano dalle medie e da allora non si erano mai separati. Stava molto simpatico ai miei genitori, specialmente per il fatto che era di buona famiglia e ciò gli avrebbe consentito un lavoro sicuro, in grado di mantenere Jane. Lei era contraria a questa cosa, odiava dipendere da qualcuno e preferiva guadagnarsi le cose con il sudore che riceverle senza aver fatto nulla. Lucas aveva la sua stessa età, alto, castano dagli occhi verdi, molto intelligente e simpatico, amava divertirsi e, come diceva mia sorella, “era il ragazzo perfetto”.

Mi sbrigai a prepararmi indossando dei semplici jeans scuri e una maglietta a maniche corte interamente nera con una cinta bianca alla vita.
< Azzurra, dobbiamo andare daiiiii > Urlò mia sorella.
< Eccomi > Presi la borsa e il telefono uscendo velocemente.
< Jane è uscita per tirare fuori la macchina dal garage, vuoi mangiarti qualcosa? > Chiese mia madre, una donna alta e snella, come mio padre, dai capelli biondi e gli occhi marroni:
< No, vado se no faccio tardi, a dopo mamma >
< Ciao tesoro >
Il cielo era limpido, mi aspettava una bella giornata.
< Dobbiamo andare a prendere Susanna, dai sali! >
< Ecco, ecco >
Intanto mi era arrivato un messaggio da mia cugina Rachel:
“ Sono in ritardooooo, mi sono appena svegliata -.-”
“ Sei la solita imbranata, dai sbrigati, ti aspetto fuori dalla scuola così entriamo insieme”
“ Ok u.u“
Come aveva previsto Jane la sera prima, il parcheggio fuori scuola era pieno di macchine e io non avevo voglia di cercare un posto con mia sorella così scesi dirigendomi verso l’entrata della scuola. Un palazzo da poco ristrutturato, con le pareti gialle e le finestre molto grandi. Il giardino era immenso non contando la piscina e i campetti. Fuori c’erano molti ragazzi, cercai tra di loro i miei amici ma non vidi nessuno. Mi sedetti su una panchina ed aspettai finché non giunse Rachel:
< Scusa il ritardo >
< Tranquilla, entriamo a prendere i posti ok? >
< Yessss >
Rachel, una ragazza di media statura, con i capelli rossi e gli occhi verdi, era mia cugina di secondo grado, abitavamo vicine e passavamo molto tempo insieme.
Le aule erano molto spaziose, le pareti verde acqua, con delle ampie vetrate che davano sul giardino e due lavagne che occupavano l’intera parete dietro la cattedra. Quest’anno la nostra classe si trovava al primo piano davanti al campetto da calcio:
< Questa settimana il posto vicino al muro è mio, va bene? > Chiese Rachel.
< Si, non c’è problema, dai andiamo a farci un giro, non mi va di stare qui dentro > I corridoi erano pullulanti di ragazzi e mancava ancora una mezz’ora all’inizio della prima lezione. Mentre camminavamo qualcuno dietro di noi ci chiamò:
< Rachel, Azzurra > Doriana, una ragazza di media statura, mora con gli occhi verdi scuri e profondi, si avvicinò a noi:
< Ragazze, vi stavo cercando! >
< Cosa è successo? >
< Ho saputo che ci sarà un nuovo alunno del 5° nella classe di tua sorella, dimmi che a ricreazione andiamo a vederlo ti pregooo > Mi supplicò.
< Va bene, va bene, ci andiamo! Gli altri sai se sono arrivati? >
< Solo Lea è arrivata, andiamo da lei? >
 < Si, tanto qui non abbiamo nulla da fare >
Lea era cugina di Rachel, aveva la nostra stessa età solo che stava in una sezione diversa.
< Vi stavo cercando, allora pronte per il nuovo anno? >
< Non vediamo l’ora >
Del gruppo lei era quella più studiosa, eccelleva in tutte le materie, specialmente quelle umanistiche, ma come tutti aveva il suo punto debole, lo sport. Odiava fare attività fisica, specialmente gli esercizi che ci dava il professore. Castana con gli occhi marroni, era la ragazza più desiderata in tutta la scuola, peccato che fosse già impegnata.  La campanella suonò dopo alcuni minuti, tutti corsero nelle proprie aule pronti, chi più e chi meno, a ricominciare l’anno scolastico. 


Angolo dell'autore
Buonaseraaaa a tuttiiii =)) ecco il secondo capitolo, so che è un pò corto perdonoooooo, la prossima volta cercherò di farlo più lungo, l'ho riletto solo 2 volte e non mi sembra ci siano errori di grammatica o almeno lo spero >.< Le immagini le ho prese da internet e i nomi li ho inventati, da notare che non ho molta inventiva per i nomi XD. Spero vi piaccia, nei prossimi capitoli sarà di certo più interessante visto che adesso non dice poi molto ma presenta solo alcuni personaggi, non volevo allungarlo troppo e fare appunto tante descrizione degli ambienti e così via per non annoiarvi. Adesso vado che sto morendo di sonno, ciaoooooooooooo 

Scusate ancora, ma ho preferito eliminare le immagini, non perchè avessi il problema nel trovarli ma perchè almeno posso allenarmi di più nel descriverli. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3


Guardai la ragazza allontanarsi, finché non scomparve dietro un vicolo. Scesi le scale e superando il negozio di quadri raggiunsi la libreria, vicina al mio appartamento. Morivo dal sonno, mi cambiai in fretta e infine a letto. Il mattino seguente mi svegliai presto per prepararmi, il capo aveva provveduto a prendermi uno zaino e tutti i libri che mi servivano, inoltre avevo anche l’orario che per fortuna non era molto pesante. Non sapevo dove si trovasse l’edificio scolastico ma dopo svariate indicazioni lo raggiunsi e per fortuna in orario. La mia classe era al primo piano, il 5 C, un aula spaziosa e ancora vuota. Occupai l’ultimo posto e aspettai l’arrivo di altri ragazzi, chi sarebbe stato il mio compagno di banco?
 
Non entravo in una scuola da 3 anni; le aule, i banchi, i ragazzi, ricordi lontani di una pessima infanzia. Rammentavo ogni attimo di allora, quando rimanevo isolato dagli altri, le ingiustizie che subivo e le faticose ore di allenamento che mi aspettavano al mio ritorno. Non avevo i genitori, o almeno così il mio capo mi aveva riferito: trovò il mio corpo davanti al cancello di casa sua, avevo solo alcuni mesi e lui mi aveva accolto sfamandomi e mandandomi a scuola. In cambio io lavoravo per lui; trovavo persone che lo avevano imbrogliato e gliela facevo pagare oppure uccidevo direttamente i suoi nemici. Già a 4 anni pagò un insegnante privato per permettermi si avere un’istruzione, voleva l’eccellenza in tutte le materie ed io cercavo di fare del mio meglio per non deluderlo. A 16 anni ero già molto intelligente, sapevo bene 3 lingue: inglese, francese e spagnolo, eccellevo nelle materie scientifiche ed ero abile nel combattimento, infine, compiuti gli anni, assieme a dei suoi scagnozzi incominciai anche io ad andare in missione.                                      
< Buongiorno ragazzi >
Al saluto della professoressa ci alzammo tutti in piedi, ricambiando il buongiorno per poi iniziare l’appello.
< Vedo che c’è un nuovo studente, Darren. Mi chiamo Sandra Damiani e insegno latino. Dopo verrai con me nell’aula docenti e mi dirai che argomenti hai fatto precedentemente così almeno non avrai problemi con la mia materia va bene? >
< Certo, professoressa >
Mentre la Damiani spiegava gli argomenti che avremmo trattato quel anno, osservai bene i ragazzi nella stanza, fino ad arrivare al primo banco, occupato dalla sorella della vittima. Accanto a me c’era un ragazzo alto, moro dagli occhi chiari che indossava una maglietta bianca e celeste e con la scritta Lazio, di sicuro amava il calcio. Suonata l’ora la professoressa uscì avertendomi che mi avrebbe chiamata lei fuori, prima voleva avvertire il professore che doveva arrivare.
L’insegnante che seguì era quello di Fisica, un uomo di meria statura, calvo con indosso una camicia verde fluo:
< Buongiorno ragazzi >
Come accaduto nell’ora prima, anche con questo professore feci lo stesso discorso e poi fui chiamato dalla Damiani fuori.
< Qui troverai gli argomenti che faremo, e quelli dell’anno scorso, tu dove eri arrivato? >
Bene o male ricordavo tutti gli argomenti ma preferii dirle che degli argomenti del 5° non sapevo nulla.
Terminato l’incontro con la professoressa, decisi di prendermi un caffè alla macchinetta, il corridoio era vuoto e di sicuro a nessuno avrebbe dato fastidio. In classe c’era molta confusione, il professore leggeva una rivista mentre gli altri stavano in giro per l’aula aspettando la campanella. Tornai al mio posto, tutti si erano riuniti a gruppi ed io ero l’unico a stare solo; presi il telefono e cominciai ad ascoltare la radio finché non suonò la ricreazione. La mensa era una stanza enorme e ospitava tutti gli alunni nella scuola. Il piatto del giorno era pasta e insalata; a servire c’erano 2 donne di mezza età molto gentili con tutti, a differenza di quelle che si vedevano nei film. Mi sedetti in un tavolo vicino alla finestra e cominciai a mangiare guardandomi un po’ intorno, cercando la mia vittima. Sedeva a tre tavoli di distanza dal mio assieme ad alcune ragazze, la prima di media statura dalla capigliatura rossa e stava di spalle, la seconda era castana, con un viso veramente perfetto, mai visto prima. La terza, alzatasi in piedi quando un ragazzo l’aveva chiamata per nome, Doriana, era mora con gli occhi verdi. Sarebbe stato difficile avvicinarmi a lei senza dare nell’occhio, dovevo trovare un modo e alla svelta.
< Posso sedermi? > Chiese un ragazzo che, se la memoria non mi ingannava, si trovava nella mia classe.
< Si >
< Come al solito tutto pieno qui >
< Ho notato >
Mangiammo in silenzio fino alla fine della ricreazione, avevo sempre odiato i primi giorni di scuola e di sicuro non avrei cambiato idea. Le ore successive trascorsero subito, le materie erano leggere e non mi annoiai molto. All’uscita, il capo mi chiamò:
< Come è andato questo primo giorno? >
< Bene, sono stato fortunato nel trovarla subito, devo solo scoprire il modo di avvicinarmici, ha 3 buone amiche, dovrò tenerle d’occhio se mi daranno problemi >
< Ho capito, ti manderò una lista con tutte le alunne della sua classe assieme a delle foto >
< Si, perfetto! >
< Ti richiamerò tra qualche giorno, se ci sono novità o ti serve qualcosa mandami una mail >
< Si capo >
Arrivato a casa trovai il finimondo, giocattoli ovunque, i giornali, messi apposta per i suoi bisogni, erano ridotti a pezzi, l’acqua della ciotola rovesciata a terra:
< O mio Dio > Furono le uniche parole che seppi dire. Quella furia di Lucifero mi saltò tra le braccia contento del mio arrivo e io non sapevo se prenderlo a calci nel sedere o lasciarlo fuori. Gli urlai contro, gli dissi che era stato cattivo e lo rinchiusi in bagno, dove pianse per una buona mezz’ora mentre io sistemavo. Quando lo lasciai uscire sgattaiolò fuori con la coda tra le gambe, sdraiandosi nella sua cuccia e osservando ogni mio movimento. Dopo pranzo controllai la mia mail, trovando il documento con la lista degli alunni della classe di Azzurra e anche della mia. Il ragazzo con cui avevo parlato oggi era un giocatore di calcio, come l’altra metà degli alunni, il resto preferiva il basket. Le due ragazza che stavano con lei a mensa, oltre a Doriana, erano Lea, una ragazza oltre che bella, intelligente e Rachel, normale studentessa liceale. Come potevo avvicinarmi a loro senza dare nell’occhio? La risposta giunse subito dopo; il mio compagno di banco era il fratello maggiore di Doriana, avvicinandomi a lui mi sarei avvicinato alla sorella e di conseguenza a colei che mi interessava. Lui era il capitano della squadra di calcio ed io avrei dovuto fare in modo di entrarvi in qualche modo. Erano le 3 del pomeriggio quando decisi di uscire con Lucifero, mi ero stancato di stare a casa e anche lui. Fuori c’era il sole e un’oretta fuori non avrebbe fatto male a nessuno. Non c’erano molte persone per strada, i negozi erano ancora chiusi, solo alcuni bar avevano dei clienti. Mentre camminavo vidi in lontananza Jane assieme a un ragazzo. Da come si comportavano dovevano stare insieme e non seppi in quel momento se quello fosse un punto a mio favore o no. Lucifero, vedendoli arrivare corse verso di lei saltandole sulle ginocchia:
< Ma che carino che sei > Disse lei abbassandosi e accarezzandolo.
< Scusalo >
< Tranquillo, ho anche io un cane a casa! Ah, ma tu sei quello nuovo, come va? >
< Tutto bene grazie, tu? >
< Bene, ci vediamo domani a scuola, ciao! >
< Ciao, a domani >
Il ragazzo, che non aveva spiccicato parola, mi scrutava attentamente, molto serio e solo alla fine sorrise lievemente, non gli stavo molto simpatico. Ritornando a casa trovai Giacomo ad aspettarmi:
< Ma guarda che bella coppietta felice >
< Chiudi il becco >
< Scusa, volevo essere gentile >
< Vedo, cosa ci fai qui? >
< Mah, nulla… dai raccontami come è andata questo primo giorno! >
< Prima entriamo! Voglio bere qualcosa e credo anche lui >
Gli offrii una birra e sedendoci sul divano, cominciai a raccontargli quello che era successo. Narrando quegli avvenimenti mi sembrò di ritornare indietro nel passato, al mio primo giorno di scuola quando avevo 4 anni. Nella mia classe c’erano pochi bambini, se non ricordo male 7, per lo più maschi. Giacomo era uno di loro, l’unico che si avvicinò a me e mi trattò come un essere umano. Con lui avevo imparato a capire cosa volesse dire avere un amico; litigavamo spesso, lui era molto orgoglioso e io ancora di più ma l’amicizia conta di più e riuscivamo sempre a risolvere le nostre divergenze. Lui era il fratello che mi mancava, col quale mi cacciavo nei guai e anche se avevo torto mi difendeva sempre. Dopo 9 anni ci separarono, io rimasi nello stesso posto mentre lui cambiò città; solo quando cominciai le missioni ci rincontrammo, lavorammo anche insieme qualche volta e quando potevamo uscivamo insieme ricordando i vecchi tempi. Era tutto cambiato però, lui era diverso e anche io.
< Bhe dai, non è andata malissimo! Comunque il capo mi ha mandato per darti una mano. >
< Non è tanto semplice la situazione… >
< Lo so, ma ricorda che a calcio sono sempre stato migliore di te, avremo più possibilità e comunque in caso non riusciamo a risolvere nulla il capo chiamerà Kassy >
< Scherzi vero? Ci manca solo lei, no dovremo farcela insieme. >
< L’iscrizione l’ho già fatta, starò nella tua stessa classe >.
< Perfetto, diciamo di essere parenti? >
< Bhe se diciamo di essere fratelli credo sia meglio, in caso chiedano perché non sono venuto oggi gli diremo semplicemente che stavo in viaggio e sono tornato oggi >
< Va benissimo! Dove dormi? >
< Di sicuro non sul divano… mi sembra che hai un letto abbastanza grande > Disse sorridendo.
< Ok, ok ma visto che vivrai qui sarai tu a portare il cane fuori la mattina, io a pranzo quando torniamo, tu il pomeriggio e infine la sera io >.
< Come vuoi! >
La sua macchina era già parcheggiata accanto alla mia con le valigie all’interno, per fortuna l’armadio era abbastanza grande per entrambi. Quello che più interessava a me era il fatto che Giacomo sapeva cucinare benissimo mentre io ero una frana ai fornelli.
< Porto Luc fuori, ho messo tutti i piatti nel lavandino, questa settimana tocca a te a lavarli >
< Non mi avevi informato anche di questa cosa… >
< Adesso lo sai! >
Erano le 10, gironzolai da quelle parti sperando di incontrare Azzurra. Questa volta faceva veramente più freddo e io già mi ero stufato di aspettare, ma dovevo. Dopo un ora le mie preghiere furono accolte, la vidi correre da un vicolo e fermarsi appena il suo animale aveva visto il mio. Si avvicinarono entrambi cautamente, si annusarono e cominciarono a rincorrersi:
< Luc, smettila! >
< Gabe, basta! > Disse lei tirando il guinzaglio. < Scusalo, di solito non da molta confidenza agli altri cani, è la prima volta che fa così >
< Ah, il mio l’ho avuto appena ieri quindi non so bene come si comporta con gli altri cani >.
< Vedo > Disse ridendo < non ti da molto retta >
< Eh già… >
< Vado, ci vediamo! >
< Ciao >
A casa Giacomo stava guardando la TV e mangiava delle patatine, sdraiato sul divano:
< E’ un ora che sei uscito, ti sei perso? >
< No, ho aspettato Azzurra! >
< La prossima volta esci più tardi almeno non rimani fuori come un idiota. >
< Lo farò di sicuro, io vado a letto che sono stanco >.
< Tra poco vengo anche io >
Non mi allettava molto dormire con lui ma di certo non sarei stato io quello a dormire sul divano, mi sarei abituato anche a questo. 


Angolo dell'autore
Sera a tutti, ecco il terzo capitolo... non avvengono cose molto importanti, e c'è di nuovo il cane che so non sta molto simpatico ma che è importante a mio parere. L'ho riletto più volte e la punteggiatura mi sembra messa bene, non dovrebbero esserci errori di battitura, a meno che non mi siano sfuggiti. Non ci sono molte descrizioni questa volta quindi spero che la lettura sia più fluida. Il capitolo inizia quando lei se ne va e lui torna a casa... l'ho scritto perchè vorrei che i capitoli più compatti, sperando che non venga una cosa brutta. Spero che vi piaccia, un bacione e visto che oggi è l'ultimo, vi auguro un buon anno a tutti =)

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Arrivai a casa dopo la mezzanotte:
< Azzurra, mi spieghi perché esci sempre così tardi con Gabe? E’ pericoloso girare di notte da sola >
< Mi rilassa, dovresti saperlo e poi mi sembra che quella che sta per uscire adesso sei tu e non io quindi… >
< Si, ma io non sono sola, c’è Kris con me, anzi adesso vado che mi aspetta, ciao sorellina >
< Ciao! >
La casa in cui abitavamo era enorme, quasi un castello! I nostri genitori lavoravano moltissimo e stranamente io non sapevo dove, loro non ci avevano mai detto quello che facevano, partivano la mattina e tornavano la sera. Mia madre era una donna sui quarant’anni, alta, un fisico normale, ne troppo asciutto ne troppo pieno, i suoi capelli erano biondo cenere, li adoravo, e i gli occhi chiari. Si chiamava Isabel, era molto buona con tutti, una mamma amorevole che lavorava molto. Mio padre, invece, era più severo, direi anche un po’ freddo, stava poco a casa e quelle poche volte preferiva rimanere rinchiuso nello studio. Erano poche le volte che lo avevamo visto sorridere e forse, il suo atteggiamento, ci aveva intimorite così tanto da non chiedergli mai il perché si comportasse così.
< Come è andata fuori signorina? >
< Bene Raij, mamma e papà sono arrivati? >
< Si, stanno in cucina a cenare >
< Va bene, grazie >
Raij era il nostro cameriere da tantissimi anni, era indiano, papà lo aveva portato con se durante un viaggio di lavoro nel suo paese natale:
< Tesoro, sei tornata. Non dovresti uscire così tardi >
< Tranquilla mamma, come è andato il vostro incontro di lavoro? >
< Molto bene, mangi qualcosa con noi? >
< No mamma, grazie! >
 Mi sedetti al tavolo osservandoli:
< Papà, come è andata la giornata? >
< Bene, sono molto stanco! Il tuo primo giorno di scuola come è andato? >
< Bene… > Era la prima volta che si interessava ad una mia giornata.
< Impegnati, questo anno è molto importante >
< Lo so… poi c’è il quinto che lo sarà ancora di più >
< Si, certamente! Se dovessi avere dei problemi e vuoi qualcosa dimmelo, ti aiuterò io >
< Grazie papà, ti avvertirò di sicuro >
< Io vado, a domani Azzurra > Disse lui infine, alzandosi dalla sedia, mi baciò sulla fronte e si diresse in camera. Mi aveva sorpreso quella sera, come mai tutto questo interesse? Di solito era Jane la preferita di papà, a cui rivolgeva più attenzione. Salutai la mamma e mi rinchiusi in camera mia; una stanza ampia dalle pareti celesti ma spoglie, il letto era a baldacchino affiancato da 2 comodini e davanti ad esso una scrivania. Sulla parete di quest’ultima c’era anche una libreria e al suo interno uno spazio dedicato alla TV. L’armadio non era un semplice mobile, ma un’intera stanza che confinava con la mia stanza e il bagno. Feci la cartella per il giorno seguente e mi misi a letto ripensando all’insolita gentilezza di mio padre.
Non riuscii a dormire molto bene, ebbi due stranissimi incubi che però al mattino non rammentavo bene, ma solo alcuni spezzoni. Quella volta Rachel si era svegliata in anticipo e mentre facevo, colazione lei stava già davanti casa ad aspettarmi:
< Buongiorno >
< Giorno… >
< Non hai una bella cera, dormito male? >
< Indovinato, incubi! >
< Racconta dai >
< Non ricordo molto, c’era una ragazza che mi inseguiva, voleva uccidermi! Era bellissima, sembrava quasi un angel… dannato.>
< E come è finito il sogno? >
< Non lo so… ricordo solo i suoi occhi verdi… e poi blu… e porpora>

< Ahahah se la sogno di nuovo glielo dirò >
Rachel prelevò anche Doriana, la quale era in ritardo e si dovette truccare in macchina:
< Per fortuna che hai beccato il semaforo rosso così mi posso mettere la matita > Disse lei sorridente.
< Svegliarti prima la mattina no vero? > Chiese Rachel
< Noooo stavo sognando Nick e poi quella che riesce anche a ritardare di un ora sei tu e non io >
< Ok, ok touche! >
< Comunque quello nuovo non è niente male lo sapete? >
< Io l’ho incontrato ieri sera… >
< Cosa???? E quando ce lo volevi dire? Dai, dai racconta! > Ordinò Doriana
< Stavo fuori con Gabe e lui stava fuori col suo cane… Luc se non sbaglio >
< Che nomi pure voi… e cosa vi siete detti? >
< Nulla… gli ho detto che non è molto bravo con i cani, lui è stato d’accordo e basta, me ne sono andata >
< Cosa darei per avere un cane >
< Ragazze siamo arrivate, parlate di lui in classe! > Disse sbuffando Rachel.
< Sentila, quando si parla di Marco tutti devono stare zitti, se parliamo noi di un ragazzo lei subito protesta>
< Che hai contro Marco, è così carino >
< Si, il biondino sexy che ha tutte le ragazze ai suoi piedi… >
< E allora? Smettila di rompere su, e scendi! >
Le osservai ridendo, quando discutevano erano veramente buffe.
< Giorno ragazze > Disse questa volta Lea, avvicinandosi a noi.
< Giorno, come siamo belle! > Affermai.
< Grazie, avevo voglia di sistemarmi… stavate discutendo oppure mi è sembrato a me? >
< No, no… tutto bene andiamo! > Dissi prendendola per il braccio e portandola via da quelle due.
Andando in classe vidi in lontananza Darren assieme ad un altro ragazzo. Quest’ultimo era alto, con i capelli mori e gli occhi scuri, veramente molto carino.
< Sabato ci sono le audizioni per entrare nella squadra di calcetto, di andiamo? Tanto non abbiamo nulla da fare >
< Si, ottima idea! Ci sarà anche Emanuele? >
< Indovinato… quel giorno ho saputo ci sarà anche un’audizione di danza, la palestra comunale è in ristrutturazione e useranno la nostra, perchè non ci vai? >
< Scherzi vero? Non ballo da molto tempo e comunque perché dovrei fare le audizioni per quella scuola scusa? Non mi basta questa? >
< Si lo so, ma è l’unica che ti permetterebbe di rimanere anche qui al liceo, balleresti il pomeriggio, la figlia della mia vicina ci va, fanno 3 ore a settimana, non sarebbe troppo pesante, pensaci. >
< Non sono così brava a ballare per entrare in una scuola >
< Invece si che lo sei, non ti sei mai vista ballare ma sei magnifica e riesci a catturare gli altri… >
< Si certo, con la rete li catturo, dai sbrighiamoci che facciamo tardi! >
La prima ora che ci aspettava era Inglese, avremo fatto un ripasso degli argomenti del 3°, non avevo per niente voglia e infatti non ascoltai neanche una parola di quello che disse, l’idea di ricominciare a ballare non era male. Mia madre mi aveva iscritto alla scuola di danza classica a 4 anni. In secondo avevo smesso di ballare, non perché non mi piacesse o perché non potevo permetterlo, tutt’altro. Una sera, mentre tornavo a casa dopo gli allenamenti, decisi di fermarmi a teatro. Quella sera c’era un concorso per entrare ad una prestigiosa scuola di ballo londinese e più di 30 ragazze avevano chiesto l’audizione, alcune di esse le conoscevo visto che erano della mia scuola. Mi sedetti agli ultimi posti, il teatro non era pieno ma comunque c’erano abbastanza persone. Ricordo, con vergogna, quanto criticai quelle ballerine, una per una. Tutte avevano portato la variazione di Esmeralda, come richiesto dalla scuola e io quella coreografia la stavo studiando già da un mese, non ero per niente modesta e ad ogni esibizione riuscivo a trovare il minimo sbaglio vantandomi mentalmente di riuscire a farla 100 volte meglio. Non rimasi fino alla fine, tornai a casa dopo la quindicesima ragazza, passai alcuni giorni ad allenarmi finche non imparai la coreografia a memoria e chiesi di fare l’audizione per entrare in quella scuola. Mio padre riuscì a farmi avere un incontro con gli insegnanti la settimana seguente. Quel giorno non ero agitata, ero abbastanza calma, inoltre non ero l’unica che doveva fare l’audizione ma anche un’altra che credo avesse avuto la mia età. Entrai per seconda ritrovandomi davanti una grande palestra con dei tavoli posti in fondo e un pianoforte in un angolo. I giudici erano 4, due donne e due uomini che parlavano a bassa voce confrontando alcuni fogli:
< Può iniziare quando vuole > Disse uno di questi.
Mi misi in posizione in mezzo alla stanza facendo segno al pianista di iniziare a suonare. Ricordo ancora quel giorno, quel momento che avrei preferito dimenticare; l’ echappé torzione, passè con la destra, developè con la sinistra, soutenu, di nuovo e iniziai la seconda parte, la mia preferita. Stavo attenta a ciò che facevo, alle braccia, alle gambe, le spalle e le punte, cercai di immedesimare la perfezione. Terminata la variazione mi avvicinai a loro aspettando il responso:
< Prima di darti una risposta vorrei che facessi rientrare l’altra ragazza > Disse la donna più anziana.
Annui e corsi di fuori dove la giovane stava guardando fuori dalla finestra:
< Devi rientrare >
Mi osservò e sorrise gentilmente seguendomi dentro:
< Katia, potresti rifare la variazione? >
< Certamente >
Era sorprendente! Non riuscivo a levarle gli occhi di dosso, danzava magnificamente e riusciva a trasmettere ciò che io non ero riuscita a fare, mi ero basata sulla pratica senza pensare che una ballerina, per quanto brava fosse, se non riusciva a trasmettere qualcosa al pubblico, non andava avanti.
< La tua esibizione nel pratico è stata buona ma non come la sua! Il developè era basso rispetto al suo, la gamba non è ben alzata, tu stessa ti sarai accorta che dovevi abbassare il tamburello no? Molte imperfezioni, non era sbagliato ma lei è migliore di te >
Disse anche altre cose, ma non ascoltai nulla troppo arrabbiata con me stessa per aver sottovalutato tutto. Da quel giorno chiusi con la danza, le mie manie di grandezza mi avevano offuscato la mente, ero diventata insopportabile, avevo discusso con tutte le mie amiche e a casa passavo le ore sane a ballare osservandomi allo specchio. Cambiai quella parte di me stessa, provavo vergogna quando mi guardavo allo specchio, ero stata egocentrica e mi meritavo di rimanere da sola. Invece fui fortunata, le altre si riavvicinarono a me e chiesi loro scusa per il mio comportamento che venne subito perdonato lasciando tornare le nostre vite al ritmo di sempre dimenticandomi della danza.
 A ricreazione corsi in mensa per vedere cosa c’era di buono da mangiare e trovai patatine fritte con petto di pollo, meglio che al ristorante, non adoravo il petto ma le patatine si, quindi mi sarei sacrificata e avrei mangiato anche il pollo.
< Rachel, che hai? > Chiese Doriana
< Io? Nulla… > Mia cugina aveva notato l’amico del nuovo arrivato e lo stava osservando interrogativa:
< Che ha che non va? > Chiese Lea.
< Non lo so… mi sembra di averlo già visto ma non ricordo dove >
< Nei tuoi sogni, dai mangia > Disse questa volta Doriana.
< Stronza >
Dopo la ricreazione avevamo religione, materia da cui mi ero esonerata assieme a Rachel.
< Che facciamo? >
< Non lo so… andiamo fuori? >
< Si, una boccata d’aria non ci fa male >
Il tempo era magnifico, proprio adatto ad una passeggiata:
< Guarda, ci sono alcuni ragazzi che giocano a calcetto. >
Ci sedemmo ad osservare quei ragazzi, peccato che la mia mente era occupata a pensare ad altro perdendosi tutta la partita.
 
 Angolo dell'autrice
Buona sera, scusate il ritardo, so che dovevo pubblicare ieri ma non ci sono riuscita. Il capitolo non è pieno d'azione, parla principalmente della vita di lei, di qualche anno prima. L'ho riletto, spero che non ci siano errori e spero inoltre che non siano sbagliate le parole in francese. La punteggiatura dovrebbe essere giusta e grammaticalmente spero di non aver sbagliato tempi verbali, se ci dovessero essere vorrei me lo diceste. Spero che un pò vi piaccia e mi scuso ancora se il capitolo non vi sembra interessante. Alla prossima ^^
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Era appena iniziata una noiosissima ora di filosofia ed io non avrei di sicuro ascoltato la lezione. Osservai fuori dalla finestra, era cominciata una partita di calcetto e quella era di sicuro più interessante. In lontananza osservai due figure che si stavano avvicinando agli spalti sedendosi in quello più alto; riconobbi subito le due ragazze, Rachel e Azzurra che osservavano assorte la partita.
< Hai visto chi c’è? > Chiesi sottovoce a Giacomo.
Lui guardò fuori dalla finestra soffermandosi sulle due figure:
< Una è Azzurra e l’altra… mi sembra un viso conosciuto >.
< Ah, io di certo non l’ho mai vista in vita mia >.
< Ho sentito alcuni ragazzi che parlavano delle audizioni di calcetto, ci saranno tra pochi giorni come quelli di danza e pensavo di andare ad entrambi >
< Perché anche a quello dii danza? >
< Perché quel giorno i ragazzi dovranno rimanere a scuola fino alle 4, senza permesso di uscita, la mattina ci saranno le audizioni di calcetto e il pomeriggio quelle di danza, tutti andranno lì per forza >
< Cosa ne sai? Magari lei se ne va! >
< Non se ne andrà, fidati di me >
< Se lo dici tu >
La settimana trascorse tranquillamente, ogni sera io e lei ci incontravamo e, non l’avrei mai detto, grazie al mio cane che aveva fatto “amicizia” col suo, avevo una scusa per parlare con lei. A scuola procedeva tutto correttamente finché giunse il fine settimana, nel quale mi chiamò il capo:
< Come vanno le cose? > Chiese lui più freddamente del solito.
< Sempre meglio, capo! Abbiamo studiato un piano che dovrebbe funzionare >.
< Bene, continuate così, ci sentiamo la prossima volta >. Dicendo ciò mi riattaccò in faccia, avevamo avuto una lunga chiacchierata. Era strano, era più freddo del solito anche se lo era sempre stato, ma quel giorno le era particolarmente.
 
Conclusi la chiamata con Adam senza neanche aspettare il suo saluto, oggi non era un giorno come gli altri ma era il giorno in cui lei se ne era andata per sempre. Mi versai del wisky in un bicchiere di cristallo e mi sedetti sulla poltrona che dava sul mare. Bevvi un sorso e chiusi gli occhi ritornando indietro a quella prima volta in cui io e lei ci eravamo conosciuti, quel giorno di quando avevo 26 anni, ero andato in spiaggia con il mio migliore amico per fare surf:
< Oggi ritornerà mia sorella da Barcellona, dovrebbe venire qui tra qualche ora > Disse lui osservando il mare calmo.
< Sono anni che non la vedo, come sono andati i suoi studi? >
< Benissimo, adesso che ha finito l’università verrà qui per trovare lavoro >
Sua sorella, Arianna, l’ultima volta che l’avevo vista era una ragazzina di 15 anni, con i codini, gli occhialoni e l’apparecchio stile Hugly Betty, ogni volta che la vedevo a mala pena riuscivo a non ridere. Suo fratello Kris mi dava sempre un sacco di gomitate per farmi smettere ma anche lui non riusciva a rimanere serio nel vedermi.
< Andiamo a farci una nuotata? > Chiesi.
< Si, andiamo! >
Quel giorno il tempo era magnifico, non c’era un filo di vento e faceva abbastanza caldo; tra noi due c’era sempre stata molta rivalitò, per chi nuotasse più velocemente oppure chi riusciva a stare sott’acqua di più, credo era questo ciò che ci aveva fatti diventare amici. Per il pranzo mi ero preparato dei panini al prosciutto cotto, che mangiai in pochi minuti:
< Cavolo avevi proprio fame! > Disse lui sorpreso.
< A chi lo dici, invece tu per mangiare un panino ci stai mettendo anni >
< Non è colpa mia, non mi vanno! >
< A te non va mai niente! > Disse una voce femminile dietro di noi.
Ci voltammo e davanti a noi c’era una ragazza dai biondi capelli corti mossi, gli occhi verdi, la carnagione un po’ abbronzata e un fisico snello e atletico, non la riconoscevo neanche, si era trasformata in un bellissimo cigno del quale mi innamorai. In pochi giorni io e lei ci avvicinammo molto e parlavamo quasi come se non ci fossimo mai stati separati, come se la conoscessi ormai da tempo e il mio amore verso di lei cresceva ogni giorno di più così come crescevano le ostilità con suo fratello. Lui aveva capito i miei sentimenti e colui che credevo fosse il mio migliore amico ostacolò il nostro rapporto. Fu allora che io e lei stabilimmo di andarcene insieme. Fuggimmo in Spagna, dove affittammo un appartamento e trovammo un lavoro per vivere. Qualche settimana dopo il nostro arrivo lei mi diede la notizia, aspettava un figlio e io ne suo felicissimo, programmammo di sposarci e di comprare una nuova casa, sognavamo un futuro felice. Tutto venne rovinato in poco tempo, Arianna si ammalò gravemente e il mio stipendio non era abbastanza elevato per permettermi un dottore privato per le sue cure, mentre suo fratello poteva. Qualche giorno dopo la riportai da lui il quale mi cacciò da casa sua vietandomi di vederla. Non potevo fare nulla, dovevo lasciare che le cose andassero così e permettergli di curarla in pace.
Qualcuno bussò alla porta:
< Avanti >
< Signore, c’è la signorina Kassandra che vuole parlare con lei >
< Falla entrare >
Kassandra era una ragazza d 17 anni, alta con i capelli mori fino ai fianchi e gli occhi scuri come la pece:
< Capo, sono venuta qui per informarti che ho terminato la missione che mi avevi assegnato >
< Bravissima, hai fatto un ottimo lavoro, c’è qualcosa che tu vuoi come ricompensa o il solito periodo di pausa? >
< In realtà vorrei qualcosa… voglio unirmi a Giacomo e Adam >
< Per adesso non puoi, ho promesso ad entrambi che solo in caso di necessità ti avrei fatto intervenire >
< Ho capito, bhe almeno posso fare qualche ricerca su di lei? >
< Si, puoi fare ricerche ma non intrometterti nella missione >
< Va bene, se non c’è altro io vado >
< Vai pure >
Lei era tra le poche persone di cui mi fidavo per le missioni più importanti, i genitori le avevano insegnato a combattere sin dall’infanzia e io l’avevo portata con me istruendola come avevo fatto con Adam e Giacomo. In seguito ebbi altre visite e non riuscii a stare da solo fino a sera, prima di coricarmi ricevetti un messaggio di Giacomo che mi informava che la prima parte della missione era superata.
 
Dopo la telefonata con il capo, io e Giacomo ci preparammo per la scuola o meglio, per le audizioni. Non c’era lezione quel giorno, tutti erano troppo impegnati con i preparativi per il giorno seguente, nel quale ci sarebbe stata una piccola fiera organizzata dagli alunni per racimolare dei soldi. Mi aspettai poche persone per “i provini” di calcetto e invece era tutto pieno, direi quasi una quarantina di ragazzi, tutti pronti per sorprendere gli allenatori. Sarebbe stata dura, ma io e lui c’è l’avremmo fatta, ne eravamo certi; eravamo gli ultimi della lista, e per questo riuscimmo a vedere le prove degli altri e trovarci pronti per superarle.
Dovevamo superare degli ostacoli con la palla, cercare di evitare alcuni giocatori che cercavano di rubarcela e fare goal. Era più complicato di quanto mi fossi immaginato e anche Giacomo, che stava affrontando la prova, aveva difficoltà nel superarla ma entrambi eravamo più veloci e agili di loro e con un po’ di impegno saremo riusciti superare la prova senza mostrare agli altri le nostre capacità. Riuscimmo ad entrare in squadra con altri 6 ragazzi, tutti della nostra età; le maglie che ricevemmo erano rosse con delle scritte in oro, non male. Ci cambiammo tutti e ci dirigemmo nella sala per le prove di danza e fu lì che vidi Azzurra, tra le ragazze che volevano fare l’audizione, con un body bianco perlato e delle scarpette nere, era veramente bella.
 
Angolo dell'autrice
Perdonate il ritardo ma ho avuto molto da fare, spero che possa piacervi e perdonati gli errori di ortografia, ho cercato di essere attenta ma qualcosa mi sfugge sempre, non c'è ancora molta azione e mi ci vorrà per scrivere il prossimo capitolo >.< perdonoooo.
alla prossima ^^

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