Stairway to Bonham

di nyctophilia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** And it makes me wonder ***
Capitolo 2: *** It’s been 15 years of silence, it’s been 15 years of pain ***



Capitolo 1
*** And it makes me wonder ***


And it makes me wonder
 
 

Pioveva. Pioveva da ben tre giorni, e in tv non trasmettevano nulla di interessante.. La tipica giornata di dicembre lì a Redditch.
-Mà, io vado in soffitta, magari trovo qualcosa da leggere tra la roba del nonno-
Nessuna risposta, che novità!
Alice salì gli scalini a due a due; non voleva aspettare ancora, anche perchè la madre l’avrebbe probabilmente chiamata per farle fare qualche lavoretto in casa, cosa che odiava esageratamente.
Arrivata davanti alla porta della soffitta ci si fiondò dentro, chiudendo la porta a due mandate, così che nessuno potesse interrompere la sua lettura.
La grande finestra al centro del muro di fronte illuminava tutta la stanza. Da lì Alice poteva vedere parte della città e l’esteso bosco che circondava la sua casa. Ogni volta che portava qualche sua amica lì l’espressione che si dipingeva sui loro volti era sempre la stessa, tutte stupite da quell’imponente struttura. Per lei non aveva nulla di speciale, dato che l’unico posto che apprezzava davvero era quella soffitta piena di spifferi.
Sebbene avesse una grande camera e tante cose frivole che la madre da sempre le comprava, anche se lei non glielo chiedeva, lei non riusciva a staccarsi da una sola cosa, la sua batteria bianca con le pelli nere. Sin da quando era piccola aveva dimostrato un’attitudine palese alla musica, e questo era innegabile. Qualche anno prima sua madre le aveva comprato quella batteria tanto desiderata, e da quel giorno non aveva fatto altro che suonare in continuazione.
Prese la coperta e si sedette su una vecchia poltrona sgangherata, brandendo il vecchio cartone consunto che conteneva tutti i beni del nonno che lei non aveva mai conosciuto. C’era un legame che lei sentiva di dover ritrovare, un legame mai nato, ma che lei voleva creare, perché aveva bisogno di una figura come quella del nonno.
Da quando erano iniziate le lunghe vacanze natalizie Alice aveva passato la maggior parte del tempo a rovistare tra le sue cose, per trovare un oggetto o una foto che poteva tenere sul comodino vicino al suo letto, ma rovistando tra quelle cianfrusaglie le uniche cose che aveva trovato erano un vecchio diario con la copertina nera tutta sbiadita e una maglia dei Led Zeppelin autografata da tutti e quattro (che aveva gradito così tanto da non riuscire neanche a contenere le lacrime).
-Non c’è nulla di meglio da leggere, magari potrei accontentarmi di questo- pensò la ragazza rigirandosi quel vecchio diario tra le mani.
Sulla copertina del diario c’era una scritta in oro sbiadita, ‘Yes, there are two paths you can go by, but in the long run there’s still time to change the road you’re on’. Alice amava quella canzone, ma soprattutto amava quel gruppo.
Aprì con cura il diario, per paura che si rompesse sotto il suo tocco, consunto com’era.
Le pagine erano gialle e rovinate, tutte scritte fitte fitte, e ora aveva capito da chi avesse ereditato quell’ordine “personale”.
 
 
Qui è John Bonham che parla. Forse i diari non si usano così…non sono un grande esperto.
Forse il nostro sogno si sta avverando. Oggi abbiamo incontrato un tipo strano, dai tratti asiatici.
Dice che è un chitarrista e che è pronto a fare strada nel mondo del rock. Dice che vuole scrivere la storia, e lo vuole fare con la sua chitarra. Si chiama James, ma si fa chiamare Jimmy...mi sembra uno apposto, ma Robert vuole prima “metterlo alla prova”. Non si fida, come al solito. Ma che vuole che faccia? Non siamo mica così famosi! Non gli servirebbe a nulla sfruttarci, dato che è già successo che qualche locale non ci facesse suonare perché sono un tipo rumoroso. Non la mando giù bene la cosa, perché a parer mio se uno strumento lo devo suonare lo suono con tutto me stesso, sennò a che suono a fare? Faccio musica per farmi sentire, non faccio musica da sottofondo alle loro vita…faccio musica da colonna sonora!
Comunque sia a me sembra uno okay questo Jimmy, domani vedremo un po’ come va, se ha il così detto fattore x. Io mi fido, vedremo un po’ cosa decide Robert..
Ma ti devo salutare? Davvero non so come si usa un diario..e poi dovrei darti un nome? Mi sembro una ragazzina anche solo a dirti queste cose! Vabbè, ciao ci….che facciamo ci sentiamo? Bha..

John.”
 
Alice paradossalmente aveva dato più conto all’impaccio che aveva il nonno che alla storia che c’era dietro.
Poi, rileggendolo qualcosa le balenò in testa.. ‘Robert?’ ‘Jimmy? Chitarrista?’ ‘Qui è John Bonham che parla..?’ era sotto shock. Era la nipote di John Henry Bonham, il batterista dei Led Zeppelin? 

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Capitolo 2
*** It’s been 15 years of silence, it’s been 15 years of pain ***


It’s been 15 years of silence, it’s been 15 years of pain
 
 

Quella sera aveva suonato fino a far sanguinare dodici dita su venti. Doveva trovare una spiegazione plausibile a quello che aveva letto.. come era possibile che suo nonno fosse uno dei più famosi batteristi della storia e nessuno glielo avesse detto?
Buttò le bacchette macchiate di sangue e ne tirò fuori altre due. Cominciò a picchiare così forte le pelli che per poco non ridusse la sua amata batteria in mille pezzi.
Perché sua madre non le aveva detto nulla? D’altronde era suo padre, il nonno di sua figlia! Non provava neanche un po’ di risentimento nei suoi confronti ogni volta che la guardava in faccia e vedeva gli stessi tratti del padre defunto?
E se neanche lei ne fosse a conoscenza? No, era impossibile! Ma la possibilità che le mentisse da quando era nata sull’identità del nonno era più che plausibile.
Nei suoi confronti non era mai stata una madre protettiva, ne tanto meno dolce. Era tanto se le comprasse da vestire e le cucinasse la cena. Per lei esisteva solo il lavoro, l’unica cosa che la ripagasse dei suoi tanti sacrifici, l’unica cosa di cui andasse tanto fiera.
Non era capitato di rado che sfogasse su di lei le sue frustrazioni, e ormai Alice era abbastanza abituata alle varie percosse. Sotto i fumi dell’alcool era anche arrivata a spegnerle una sigaretta nel palmo della mano.
Si tocco istintivamente quella cicatrice profonda meno di un centimetro. Non glielo aveva mai perdonato, anche perché la madre non le aveva mai chiesto scusa. Ma l’appellativo madre le suonava così stonato se paragonato al viso spigoloso di Rosalie. Quelle qualità che appartengono ad una qualsiasi donna erano scomparsi in lei, benché non ci fosse un motivo apparente.
Spesso le maestre si erano preoccupate delle ferite che Alice riportava ovunque, ma lei sviava il discorso inventando qualche scusa o incolpando il gatto che non aveva mai posseduto.
Aveva passato tutta la vita a preoccuparsi per quella donna così fragile ma sempre così composta e dura nei suoi confronti che per lei aveva fatto solo una cosa: l’aveva messa al mondo.
Non vedeva quella scintilla che rendeva vivi gli occhi di una comune madre mentre guardava suo figlio. Non c’erano emozioni in quegli occhi vitrei che non aveva ereditato da suo padre, che aveva gli occhi di un nero intenso, avvolgenti.
Un rumore alla porta la fece sobbalzare.
-Cosa c’è, non ci senti per caso? Ti sto chiamando da mezz’ora perché devo andarmene e tu mi fai perdere tempo? Lo sapevo io che dovevo farti chiudere in un collegio!
E non fare quella faccia, vedi tu se non devo toglierti quell’espressione a forza di schiaffi. Io devo andare, ho un appuntamento di lavoro, ti ho lasciato dieci sterline, pagatici una pizza, e vedi di pulire se sporchi, non posso fare tutto io dentro questa casa!- e così dicendo sbatté la porta della camera e si precipitò giù per le scale.
Alice non poteva ricevere notizia migliore! Tutta la casa libera, solo per lei. Sentì il portone chiudersi e uscì dalla sua camera. Afferrò al volo il telefono e ordinò una mega pizza e una coca.
Sebbene avesse molti amici lei amava stare da sola. Poteva fare quello che voleva senza scocciature. D’altronde lei lo sapeva che nessuno la conosceva davvero. Anche se la maggior parte dei suoi amici sapeva gran parte dellla sua storia nessuno capiva a fondo la sua mentalità, nessuno poteva immaginare quello che viaggiava in quella mente così diversa.
Il campanello la destò dai suoi pensieri, prese le banconote e andò ad aprire. Un fattorino che aveva più o meno la sua età le sorrise sornione.
“Quant’è?” chiese divertita. Quel tipo aveva un espressione davvero stupida, sembrava stesse vedendo la cosa che più al mondo aveva desiderato!
“Ah…come?” sobbalzò alla voce della ragazza.
“La pizza, quanto ti devo?” certo che era proprio ritardato!
“Giusto, scusa..sono quattro sterline”
“Ecco, sono tutti...sei vivo? Ti ho dato i soldi ora puoi anche andare!” fece Alice sventolandogli davanti agli occhi una mano.
“C-certo..ehm scusa!” disse diventando rosso come un pomodoro.
Ma che gli prendeva a quello? Alice chiuse la porta ridendo fragorosamente. “Certo che la gente ultimamente sta messa male!”
Da dietro la scala a chiocciola comparì un ciuffo di peli nero fumo.
-Thor, certo che hai dei riflessi formidabili!- fece la ragazza divertita dallo sguardo languido del cagnone.
-Per fortuna che ci sei tu! Me ne sarei già andata se non fosse stato per te…e per Bessie- disse pensando alla sua piccola batteria, sorridendo al cagnone che le si era sdraiato addosso.
Doveva chiarire con quella donna tutta la faccenda. Probabilmente doveva anche trovarsi un lavoro. Uno dei suoi grandi sogni era stato andarsene di casa, perciò avrebbe fatto di tutto pur di racimolare sufficiente denaro.
Afferrò distrattamente il giornale. “bene, vediamo un po’ qui cosa trovo..” sapeva che stava facendo la cosa giusta, anche se la madre non avrebbe acconsentito così facilmente.
 
 
 
-Ciao Rose!- una voce dal buio la fece sobbalzare. Possibile che già fosse lì?
-Bill, non ho voglia di stare a perdere tempo. Ora dammi i soldi mensili per tua figlia e lasciami in pace- era paura quella che leggeva nella sua stessa voce? Era sempre stata intimorita da quell’uomo, sin da quando lo aveva lasciato, dopo quella sera..
 
 
La rabbia gli si leggeva in faccia.
-Come può essere che sei incinta?!- le parole erano affilate come lame.
Ok, la loro vita non era agiata, ma non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere dall’uomo che aveva sempre amato.
Rose era seduta sulla poltrona e, forse per sesto senso o forse per semplice paura, si era coperta la pancia ancora intatta con entrambe le mani.
-Ma Bill, non sarà un problema, ce la faremo…insieme, come sempre!- la voce le tremava e con lei anche le mani.
-Ma come puoi anche solo pensare di riuscirci? Sarebbe un peso!- adesso l’aveva afferrata per le spalle, stringendo con una forza che fino ad allora non aveva mai neanche pensato di sfogare sulla donna che amava tanto.
Rosalie leggeva in quegli occhi odio, che proveniva da tanti altri problemi. Non si accorse nemmeno quando una mano la colpì in pieno volto. La stava picchiando? Non lo sapeva, in quel momento poteva sentire un unico dolore provocato dal suo cuore che era stato lacerato irrimediabilmente.

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