Jane Sun, l'investigatrice più giovane del mondo

di Nanecch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Omicidio fra le Star ***
Capitolo 2: *** Omicidio in Ufficio ***
Capitolo 3: *** Il mistero è risolto! ***
Capitolo 4: *** Un nuovo ragazzo, un nuovo nemico ***
Capitolo 5: *** Il Segreto ***
Capitolo 6: *** Ritorno al Passato ***
Capitolo 7: *** Amici per sempre ***



Capitolo 1
*** Omicidio fra le Star ***


Primo Capitolo: Omicidio fra le star

Primo Capitolo: Omicidio fra le star



“Vedo che ti sei abituata signorina Sun” Il capo mi guardava con aria soddisfatta, poi si rivolse al signor J: “Tu! Non aiuti mai la signorina Sun e dovresti essere il suo collega?! Se continui così o ti licenzio o ti mando ai piani più bassi!” Io difesi subito il signor J: “No,no,no,no! Capo! Mi sta aiutando benissimo e poi ha trovato una prova importante! Sto bene con lui, non licenziatelo!” lui mi rispose che ogni mio desiderio per lui è un onore realizzarlo e ci mandò via dalla stanza.
Io mi chiamo Jane, Jane Sun, ho quattordici anni e sono un’investigatrice di alto livello, mi annoio facilmente, ho risolto ventisei casi con il mio collega Fill Jonson, il così detto il signor J che ha diciotto anni; sinceramente i casi li risolvo subito io senza l’aiuto di Fill ma, ormai sono abituata a stare con lui quindi... non voglio che lo licenzino! Voi penserete che è impossibile avere un lavoro a soli quattordici anni, che sono così intelligente, che non ho bisogno di un collega che però devo avere accanto, che ho risolto ventisei casi e che mi annoio facilmente ma, vi spiego tutto quanto subito: all’elementari, in seconda, mi hanno subito fatta andare alle medie perché sapevo praticamente tutto, alle medie, in prima, mi hanno mandato alle superiori e lì in terza mi sono laureata; quindi ho cominciato a fare il detective a undici o dodici anni e sono l’investigatrice più giovane e intelligente del mondo!
“Grazie signorina Sun.” Io guardai Fill un po’ imbarazzata ma dopo urlai dandogli un pugno: “Ti ho sempre detto che mi devi chiamare Jane! Poi ti dico sempre che per me è un piacere difendere gli altri!” Lui mi guardò spaventato e poi scappò via. Sarà andato a chiedere un caso: fa sempre così.
Andai nel mio ufficio a bere una tazza di the e, non feci neanche in tempo a sedermi che Fill aprì la porta e urlò che aveva trovato un caso difficilissimo.
Io guardai la cartella del caso che Fill mi aveva dato e c’era scritto: “Nome della vittima: Jessica Nose, una ragazza fidanzata e un’attrice famosa; Causa del decesso: accoltellata e sparata alla testa; Sospettato: Kim Flower la protagonista di “Stelle di Amore”; Testimoni: Jack Summer che dice di aver visto l’imputata accoltellare la vittima facendola cadere a terra: non ha visto nessuna pistola; Jim Tomarrow che dice di aver visto l’imputata entrare nella camera e sparare alla vittima ma il coltello era già conficcato nella testa; Mina Nine che ha visto l’imputata entrare nella stanza e chiudere a chiave la porta senza che nessuno entrasse: dopo è uscita con una pistola in mano; Prove: solo un divano macchiato di sangue, una pistola e un coltello”

“Ovvio, gli assassini sono Jack Summer e Jim Tomarrow” affermai.

Lui esclamò un forte: “Cosa?!”

Io mi misi a spiegare: “Ho detto che sono Jack Summer e Jim Tomarrow! Ti lavi le orecchie di mattina? Adesso ti spiego: il signor Summer dice di aver visto l’imputata accoltellare la vittima e per poi farla cadere a terra ma non ha visto la pistola e per questo... questa testimonianza contraddice quella di Mina Nine!”

Il mio collega esclamò nuovamente: “Cosa?! Va bene che ti vanti di essere la più intelligente però, non ti sembra di esagerare?”

“Nient’affatto! Il testimone dice di aver visto l’imputata accoltellare la vittima ma Mina Nine dice che la porta è stata chiusa a chiave dopo essere entrata! Riguardo a Jim Tomarrow vale la stessa cosa perché anche lui non avrebbe potuto vederla! Quindi possiamo concludere che la signora Nine ha visto entrare Jack Summer travestito dalla protagonista di “Stelle di Amore” mentre il signor Tomarrow era già nella camera nascosto dietro al divano e, quando l’ha accoltellata, è arrivato il signor Summer chiudendo la porta a chiave e ha lasciato il vestito a Jim Tomarrow il quale se n’è andato quando Summer ha sparato! Così Jim ha lasciato il suo complice lì che poteva fare da testimone. Ecco fatto il tuo caso “difficilissimo” risolto senza vedere né la foto dei testimoni o averli interrogati!” risposi.

Fill non aprì bocca e rimase di pietra. Io me ne andai dall’ufficio perché ormai si era fatta notte e dormii.
Mi svegliai di colpo alle 5:00 di mattina e chiamai Fill al telefono e gli dissi che era una cosa urgente e di svegliarsi, poi gli dissi che ci dovevamo incontrare alle 5:30 in ufficio.

All’ora data ci incontrammo: “Ci deve essere un motivo! Perché ha ucciso la vittima? Ci deve essere un movente...” esclamai preoccupata.

“Hai ragione ma, perché mi hai chiamato a quest’ora? Potevamo parlarne tranquillamente in ufficio alle 9:00!” replicò Fill.

“Non c’è tempo! Il processo in tribunale inizierà alle 8:00! E senza un movente il signor Summer e il signor Tomarrow non saranno dichiarati colpevoli! Ma che movente ci sarebbe...”

Lui mi rispose con aria incredula: “Scusa, solo perché non c’è un movente tutto il tuo ragionamento non avrebbe senso? Beh, forse lo so io il movente; ho cercato su internet e ho trovato questa...”

Fill mi passò un foglio su cui c’era scritto che la protagonista di “Stelle di Amore” aveva due fidanzati un tempo.

“Così si risolverebbe tutto, ovvero che i due fidanzati che aveva prima hanno saputo che si era fidanzata di nuovo e poi l’hanno uccisa.” Io mi rivolsi a lui dicendo con un sorrisetto: “Dopo tutto non sei male Fill: mi hai aiutata, grazie e da questo foglio alla difesa.”

Così io e Fill andammo nelle nostre case a dormire per sole 3 ore.

 

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Capitolo 2
*** Omicidio in Ufficio ***


Secondo capitolo: Omicidio in Ufficio

Secondo capitolo: Omicidio in Ufficio



Mi alzai alle 8:00 e andai subito in ufficio ma, con mia grande sorpresa il capo ci chiamò (ancora) nel suo ufficio: che cosa vorrà mai ancora quell’uomo di mezza età?
Io e Fill andammo in ufficio ma, questa volta il capo non ha sgridato Fill, anzi, ha dato una medaglia a me e a lui perché avevamo risolto il caso insieme e non come tutte le altre volte che risolvevo solo io i casi! Per me questa medaglia era la ventisettesima, per Fill, invece, la prima.
Fill saltava dalla gioia e andò nel suo ufficio e, ecco che vide un morto sopra la sua sedia.

Non si mise ad urlare di paura, fece finta di niente e, toccò l’arma del delitto. Così la polizia arrivò sulla scena del delitto e videro Fill con in mano l’arma. Qualcuno aveva chiamato la polizia e non era affatto lui.

Lo arrestarono, lui si spaventò a morte e, allora, si mise a urlare: “Noooooooooo! Non sono stato io! Lasciatemi, mi stavo per sedere; mi sono dimenticato di mettermi i guanti, volevo solo analizzare l’arma del delitto!”

Io guardai subito Fill; lo guardai da lontano e lo salutai lievemente con la mano sorridendo; lui ci rimase di sasso e non urlò più perché pensava che io l’avrei salvato invece l’ho solo salutato.
Cominciai le indagini mezz’ora dopo; prima di tutto iniziai a guardare la scena del crimine: l’ufficio dell’imputato.

All’inizio i poliziotti non mi fecero passare ma, quando mostrai a loro il mio distintivo, si scusarono e mi lasciarono andare a guardare i fatti. Analizzai prima di tutto l’arma del delitto: un pugnale, come immaginavo aveva le impronti digitali di Fill; ma la guardai meglio e vidi del sangue non sulla lama ma sul manico dell’arma. Io feci finta di niente e non dissi nulla alla polizia perché, altrimenti, avrebbero continuato a fare foto per mostrarla come prova e se la sarebbero presa tutta per sé, così possono prendersi loro il merito di averla trovata come prova: questo mi da sui nervi perché io l’ho trovata non loro.
Guardai in seguito vicino a dove era il cadavere e notai del sangue con una forma “strana”: aveva due ovali, uno in orizzontale e l’altro in verticale tutti e due attaccati.
Sulla scena del delitto per ora non trovai più nulla così andai al Centro di Detenzione a trovare Fill.
Arrivai al posto e chiesi a un poliziotto se potevo parlare con il signor Fill Jonson: un imputato non ancora colpevole; lui mi guardò e disse: “Oh, ma lei è la signorina Sun! Mi scusi per non averla riconosciuta subito! A proposito io mi chiamo Nigel Black, il poliziotto del Centro di Detenzione. Oh che scortese, non potrei mai rivolgergli la parola senza il suo permesso! Il fatto è che volevo chiederle: potrei chiederle un autografo?” Io annuì sorridendogli e gli risposi: “Certamente, perché no? Lei è molto gentile signor Black! E, come fa a conoscermi? Di solito nessuno mi riconosce dicono sempre “Ah, ma lei è quell’attrice famosa?” e io ogni volta gli rispondo che sono un’investigatrice non un’attrice.”

Lui si mi se a ridere: “Lei ha proprio il senso dell’umorismo signorina Sun! A proposito, vuole bere questa tazza di the verde? E’ molto buono e naturale!” Io gli risposi subito di sì e mi bevvi quella tazza di the, dopo il signor Black mi mostrò la strada per andare da Fill e io mi incamminai.
Arrivai da Fill e cominciai a parlargli: “Allora, in quale pasticcio ti sei cacciato questa volta? Lo so già: hai visto un cadavere, non hai reagito e ti sei messo a esaminare l’arma del delitto ma, ecco che arriva la polizia che tu non hai neanche chiamato, poi tu mi hai visto e io ti ho salutato sorridendo. Giusto? Adesso dimmi tutto quello che è successo che io non so” Fill mi guardò con aria molto strana, poi cominciò a parlare: “Allora... hai mancato dei piccoli particolari, l’arma del delitto, prima che io la prendessi in mano, era a terra e solo il manico era sul sangue della vittima-”

 Io lo interruppi facendogli vedere la mano che significava “Stop” e pensai: “Ecco la spiegazione della macchia di sangue con la forma “strana”!  poi gli feci cenno di continuare e lui riprese a parlare: “Poi la presi in mano ma, proprio quando mi accorsi di non avere i guanti, arrivò la polizia e mi prese vedendomi con il pugnale in mano. Fine della storia.”

Chiesi subito a Fill se dopo che aveva preso in mano l’arma del delitto l’avesse pulita, ma lui scosse la testa e affermò che la lama era già pulita.

Io pensai, pensai e ripensai, e, alla fine esclamai: “Fill! Ho capito chi è l’assassino ed è…” Stavo per dire il nome dell’assassino quando cominciò a girarmi la testa: continuava a girarmi poi sentii Fill gridare, lo vidi, poi cominciai a vedere la sua ombra, poi la forma e infine, svenni.

Mi svegliai in ospedale priva di sensi, vidi Fill accanto a me che mi guardava negli occhi; non lo riconobbi. Poi mi cominciò a spiegare tutto: chi ero, come si chiamava, il caso e tutte le altre cose.

Io capii subito di cosa stese parlando. Mi guardai un dito, lo misi sulla fronte, lo pigiai ed esclamai: “Accidenti! Non mi ricordo il nome dell’assassino! Devo subito capirlo!”

Andai vicino a un muro dell’ospedale e continuai a sbatterci contro la testa (apposta) per cercare di ricordarmi le cose. Fill cercò di fermarmi ma non ci fu verso. Dopo mezz’ora però smisi di farlo e diventai rossa in faccia pensando: “Stupida, stupida, stupida sono maledettamente stupida! Chi era?! Fino a 3 ore fa ricordavo tutto! Che scema! Ok, devo mantenere la calma; prima di tutto devo pensare: chi mi ha fatto perdere i sensi? Devo pensarci in fretta, perché da lui riuscirò a ricavare l’assassino. Mmh…”

Prima di tutto mi venne un’idea, un’idea stupida e iniziale, quella di andarmene dall’ospedale per indagare; mentre pensavo notai che Fill era scomparso: i poliziotti lo avranno riportato in carcere.

Per scoprire chi mi aveva fatto perdere i sensi era meglio andare al centro di detenzione visto che è lì che sono svenuta; arrivata, capii subito chi fosse stato: il signor Nigel Black, facendomi bere la tazza di the.

Ordinai subito alla polizia di arrestarlo ma, non lo trovarono: era scappato. Allora diedi un altro ordine alla polizia, quello di andare all’aeroporto di Londra, il più vicino.

Dopo due ore lo trovarono finalmente e lo sbatterono un prigione; andai da Fill e lui mi ordinò: “Quello è l’assassino! Su sbrigati a liberarmi!” Io gli feci notare il mio dito che si muoveva a destra, poi a sinistra per cinque volte mentre finiva la frase ed esclamai: “Quello era solo il complice, l’assassino sei tu ovviamente, non è vero…”

Andai vicino a lui e toccai la sua testa. Era morbida, troppo morbida, sembrava una maschera, infatti lo era!

“…Jack Summer?”

Lui ci rimase di sasso mentre io, intanto, gli tolsi la maschera sorridendo compiaciuta.

 

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Capitolo 3
*** Il mistero è risolto! ***


Terzo Capitolo: Il mistero è risolto

Terzo Capitolo: Il mistero è risolto!

 

La polizia venne appena le dieci il segnale prima che l’assassino fuggisse; lo presero e videro che era proprio il signor Summer vestito da Fill.

Dei giornalisti arrivarono (non si sa come) e mi fecero delle domande una di queste era: come avevo capito chi fosse il vero imputato.

“Prima di tutto quando ho saputo dell’omicidio, ho fatto delle ricerche dei criminali scappati. Vidi in prima pagina una foto di Jack Summer e mi ritornò in mente il precedente caso, così era il primo sospettato” Cominciai a rispondere.

“Quando i poliziotti mandarono Fill in prigione, c’era anche Nigel con loro che scambiò l’imputato con l’assassino.

Poi, quando andai a trovare Fill in prigione, un poliziotto di nome Nigel Black, mi fece un discorso su di me e, infine, mi ha proposto una tazza di the verde; sapevo con certezza che Nigel mi avrebbe fatto qualcosa, ma di sicuro non mi voleva far perdere i sensi: voleva uccidermi.

Per questo motivo prima di andare al centro di detenzione mi ero presa (per sicurezza), una pillola fatta apposta per non morire, così accettai e bevvi quel buonissimo the, inconsapevole di cosa mi sarebbe successo.

In seguito il poliziotto mi portò dall’imputato che mi raccontò tutto quello che era successo nei minimi dettagli; quando cominciai a svenire notai che, alla fine dell’urlo Fill aggiunse: […] Penso sia morta!

Così ebbi proprio la certezza che fosse il signor Summer, poi svenni.

All’ospedale feci finta di non ricordare niente quando il carcerato mi guardò negli occhi appena sveglia. L’ho fatto per ricavargli più informazioni, ovviamente.

Infatti mentre mi spiegava chi fossi e della mia indagine aggiunse testuali parole: […] Allora sei andata al centro di detenzione e hai incontrato un poliziotto…  mi feci questa domanda tra me e me: come faceva a sapere che avevo incontrato un poliziotto? Allora lì ho capito tutto quello che vi ho spigato.

Ovviamente feci finta di pensare cose del tipo “Stupida!” perché lui ci cascasse vedendo la mia faccia.

Sono sicura che Fill sia nello sgabuzzino del centro di detenzione, controllate e dopo portatelo a casa sua a riposarsi!

Un ultima cosa, se volete sapere il movente ve lo dico ora, il movente per uccidere la vittima era solo di farmi prendere quel caso così che dopo io andassi al centro di detenzione, prendessi la tazza di the e morissi.

Il movente per uccidermi? Ho sbattuto in carcere lo scorso caso il signor Summer per un altro omicidio.

Non ho altro da dirvi!”

Infine andai a casa a dormire: ormai erano le 3:00 passate.

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Un nuovo ragazzo, un nuovo nemico ***


Quarto Capitolo: Un nuova ragazzo, un nuovo nemico

Quarto Capitolo: Un nuova ragazzo, un nuovo nemico

 

Io ero nel mio ufficio, lì, da sola, seduta su una sedia a guardare fuori dalla finestra: ormai era mezzanotte passata.

Sentii dei passi e, pensando fosse Fill, non mi voltai a guardare ma domandai: “Cosa ci fai qui, di sera a tarda notte?”

Il presunto Fill non rispose, rimase in silenzio, avanzando.

“Ah, che scema, tu non sei Fill…” la persona si fermò di colpo e stette ferma ad ascoltare.

“…quando mai la smetterai di pedinarmi…” mi alzai dalla sedia e cominciai a camminare verso la persona, vidi un volto giovane e da teppistello, aveva dei capelli bruni ed era un ragazzo alto e anche un po’ carino, ma non era una persona come tutte le altre.

“…fratello?”

Il ragazzo mi guardò con aria imprecisa, sembrava che non sapessi chi fossi poi dopo si è messo a formulare frasi senza senso, per poco me ne stavo andando per quanto mi annoiassi.

“Sei sempre la solita, sorellina, io vengo qui e tu non mi saluti nemmeno? Molto scortese da parte tua”

“Vieni al dunque” replicai io.

Cominciò a spiegare: “Conosci la mia fidanzata? E’ morta

“Al mondo ci sono sempre persone che muoiono, ogni minuto che passa, non posso salvarle tutte” risposi.

“Non mi riferivo a questo, voglio che tu risolva un caso per me” “MAI” dissi io mentre parlava.

Lui si avvicinò e mi sussurrò qualcosa, qualcosa che mi terrorizzò. Stetti immobile, come se qualcuno mi avesse ghiacciata: mio fratello era l’unico che riusciva a farmi questo effetto.

Dopo caddi a terra con le gambe che non mi sentivo più, come se non facessero più parte del mio corpo.

“Che ne dici…ora ci stai?”

 

~~~~~~

 

Fill dormiva, nessuno avrebbe potuto svegliarlo dal quanto dormiva, tranne la sua sveglia che, proprio alle 8:00 in punto suonò.

Come tutte le mattine Fill si alzò dal letto, andò in bagno, fece colazione, si vestì e andò al lavoro perfettamente in orario ma, quando arrivò in ufficio, sentiva che c’era qualcosa di strano, di insolito: io non c’ero.

Dopo un’ora arrivai, Fill mi andò subito in contro per darmi la solita tazza di the mattutino ma, non ero sola: c’era mio fratello con me.

“Come va ragazzo? Io mi chiamo Jack, tu come ti chiami?” chiese mio fratello, rozzo come sempre; Fill mi guardò ma io, da quando ero entrata in ufficio guardavo il pavimento, quindi non ricambiai lo sguardo con lui.

“Io mi chiamo Fill, Fill Jonson, chiamami pure o Fill o J” rispose un po’ offeso visto che non lo degnai di uno sguardo, ma comunque sorrise.

Poi presi la parola e, sempre guardando in basso riferii: “Mi spiace Fill ma, tu non sarai più il mio collega da ora in poi.” Dissi io a Fill con aria fredda e indifferente.

“Ma, come mai così di colpo? Non mi guardi neanche in faccia, come faccio a sapere se stai dicendo la verità? Dai, non è che hai so-“ strinsi i pugni, quindi strinsi anche la mia gonna visto che ero con le braccia distese verso la schiena, delle lacrime mi scesero sulle guance e caddero sul pavimento, la mia testa guardava sempre lì e interruppi Fill urlando: “Se ho detto così è così! Non lo capisci?! Sono il tuo capo quindi devi eseguire i miei ordini se non vuoi essere licenziato quindi stai zitto per favore e accetta la realtà!”

Mi misi a piangere però non lo feci notare a nessuno perché appena finii la frase corsi in bagno e stetti lì per dieci minuti: cinque minuti per piangere e cinque minuti per non far vedere che avevo pianto, poi uscii dal bagno con la testa in basso e vidi Fill che mi aspettava.

“Jack ti aspetta nel tuo ufficio, se vuoi dopo discutiamo”

“Non chiamarlo per nome!” replicai alzando la voce. “Poi, non sono più una tua collega, smettila di parlarmi in modo amichevole, da adesso mi dovrai dare del LEI e chiamarmi per cognome!”

Fill mi guardò sbalordito mentre io, intanto, mi diressi verso l’ufficio, entrata in quella stanza vidi mio fratello: lo guardai, poi lo presi dalla maglietta senza guardarlo negli occhi e dissi sottovoce: “Perché… perché mi hai fatto fare quelle cose? Perché?! Poi ti chiedi perché ti odio?” Lui mi guardò come se dicesse Io sono il superiore, smettila di rompermi le scatole o finirà male, poi mi fece vedere una siringa ma non me ne fregò minimamente così gli diedi un pugno.

“Questo è per quello che mi hai fatto ieri sera” poi glie ne diedi un altro.

“Questo è per come mi hai trattata” poi gli diedi il terzo e ultimo pugno.

“E questo… questo è per avermi fatto comportare male con Fill!”

Stavo per correre via quando lui mi prese il braccio e esclamò: “Forse dimentichi qualcosa, il TUO caso” poi mi fece rivedere la siringa e questa volta me la infilò nel braccio e la pigiò.

Che stupida pensai.

 

~~~~~~

Un Salto nel Passato:

La sera prima

 

 Lui si avvicinò e mi sussurrò: “Se non lo fai finirai per farti del male, e io non voglio”

“Non me ne frega niente” risposi io sempre a sottovoce.

“Bene e se facessi del male anche a delle persone a te care?” replicò sempre anche lui sussurrando, poi mi pizzicò qualcosa: una siringa.

Stetti immobile, come se qualcuno mi avesse ghiacciata: mio fratello era l’unico che riusciva a farmi questo effetto con quella maledetta siringa.

Dopo caddi a terra sulle ginocchia, con le gambe che non mi sentivo più, come se non facessero più parte del mio corpo.

“Che ne dici…ora ci stai?” domandò di nuovo mio fratello.

Stavo tremando dalla paura, poi ripresi il comando delle gambe e mi alzai, la mia mente però, non apparteneva più a me, sembravo ubriaca, infatti, mi aveva drogata.

“Certo, Jack” risposi io, anzi, quella non ero io, era un’altra persona che si impadronì del mio corpo.

“Bene, allora che ne dici se magari…” cominciò a sbottonarmi la mia camicetta.

“Un suo desiderio per me è un ordine” risposi stupidamente io cominciando a fare la stessa cosa con lui.

Di notte mi svegliai, io, non drogata e vidi in che guaio mi fossi cacciata, all’inizio non capivo niente ma dopo ho preso gli abiti e me ne sono andata.

Per strada (era ormai tarda notte), mio fratello mi chiamò e mi comunicò: “Non ti ricordi cosa era successo prima?”

Io ripensai a cosa mi aveva detto prima di essere stata drogata: “Cosa dovrei fare?”

“Semplice, stai con me e non dire a nessuno che sei mia sorella e risolvi il mio caso” rispose.

“Non ci penso nemmeno! Non ti approfitterai più di me come hai fatto prima!” urlai.

Lui mi rispose che aveva messo una bomba in casa Fill, io gli chiesi come avesse fatto Segreti del mestiere rispose lui; allora di cambiai idea e accettai ma dopo lui aggiunse: “Ah, un ultima cosa, non devi più essere collega di Fill o gli succederà peggio di una bomba, una morte lenta e dolorosa” poi chiuse la chiamata.

Che stupida pensai.

 

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Capitolo 5
*** Il Segreto ***


Quinto Capitolo: Il Segreto

Quinto Capitolo: Il Segreto

 

Mentre io andavo in ufficio,

 prima che Jack mi infilò la siringa nel braccio

 

Fill, il mio collega, subito dopo la nostra litigata, andò fuori a fumarsi una sigaretta, cosa che non aveva mai fatto o pensato di fare cosa del genere, forse era solo sotto shock, molto probabilmente voleva licenziarsi.

Mentre percorreva la strada di casa sua vide una ragazza in bici che gli andò addosso.

“Scusi signore non vole-” la ragazza smise di parlare perché non era mica la prima volta che vedeva quella persona, infatti lei era sua sorella.

Era una ragazza con i capelli rossi, alta, fisico, seno e tutta la faccia sono perfetti; indossava dei pantaloni strappati e una tuta da ginnastica considerando che stava andando in bici, non poteva mettersi abiti scomodi, e chi può darle torto?

“Ah, ciao «J minuscola»” salutò Fill con il nomignolo che gli aveva dato perché lei era la sorella maggiore; sì, LA sorella maggiore, la sorella che faceva l’attrice e, guarda a caso, stava cercando proprio Fill.

“Mi puoi aiutare con un caso?” chiese lei.

“Stop” Fill interruppe la sorella.

“Primo, è così il modo di salutare per bene? «Ciao, mi aiuti con un caso?» che razza di sorella sei tu? E per l’ultima volta, non provare più a chiamarmi «J minuscola»! Poi, sei arrivata in ritardo, mi sono appena dimesso” rispose seccato.

Gli chiese il perché, lui le rispose tristemente dicendo che io non volevo più lavorare con lui.

“Sei cretino o cosa? Jane è molto intelligente e non prende iniziative senza senso. Era tutto normale oggi? Non ti sei accorto di niente di strano? Se la risposta è sì, corri subito in ufficio e chiedile insistente cosa c’è che la turba, fai l’uomo, Fill!”

Sì, per una volta, sua sorella lo chiamò Fill. Sembrava un miracolo visto che già da quando erano piccoli lo chiamava «J minuscola» quindi, per come si ricorda, era la prima e unica volta che disse il suo vero nome, non un nomignolo, il suo nome. Questo fece sollevare il morale a Fill però dopo neanche un secondo si rattristò perché non si ricordava niente di strano di oggi in particolare, solo che io ero strana, nient’altro, quindi, rispose facendo cenno di no con la testa.

Fill si rincamminò per la strada che stava percorrendo, la sorella invece, un po’ delusa, sollevò la bici con l’intento di andarsene quando Fill si ricordò di una cosa, o forse qualcuno, ora che ci pensava bene, quella mattina c’era qualcuno con me, qualcuno che non si era mai fatto vedere, qualcuno che era venuto solo prima d’ora e che non mi aveva mai fatto arrivare in ritardo. Quel qualcuno c’entrava sicuramente qualcosa, così, corse dalla sorella e la abbracciò.

Era un abbraccio che durò pochi secondi ma sua sorella capì che Fill aveva ricordato cosa c’era di strano in ufficio, ed era molto fiera di questo.

“Grazie” sussurrò Fill alla sorella, così dopo si incamminò correndo all’ufficio per seguire il consiglio di sua sorella.

Mio fratello è proprio innamorato pensò lei, guardandolo correre da lontano.

 

~~~~~~

 

Fill arrivò in ufficio, corse nella mia stanza ma, ormai era troppo tardi, vide Jack che mi infilava la siringa, essendo una stanza a vetri, senza entrare dalla porta, Fill spaccò il vetro, mi prese e si mise davanti a me.

“Come hai osato toccarla?” Chiese lui a Jack seriamente.

“Non posso? E’ la mia fidanzata dopo tutto, lasciala andare ora” rispose maleducato, mio fratello.

Un piccolo brivido mi salì sopra la schiena, stavo tremando.

Jack questa volta non mi aveva drogata ma mi aveva usata, mi aveva usata come cavia, infatti questa era una roga non ancora conosciuta e lui mi usava come cavia, ecco perché lo odio.

La sua fidanzata era morta per i suoi esperimenti, non perché è stata accoltellata o cosa, voleva che io incolpassi qualcun altro, per questo mi ha cercata.

Caddi a terra, continuavo a muovermi e fare cose strane, sentivo dolore, tanto dolore… urlai, per cinque minuti che per me durarono come un’ora.

“Jane, stai bene, Jane? Ritorna in te!” urlò Fill mentre io ancora mi muovevo, soffrivo e non era come la droga che non ero io, ero io eccome purtroppo, per questo era molto più doloroso; gli occhi mi cominciarono a diventare rossi, poi gialli e tantissimi altri colori, mi sentivo soffocare ma anche contemporaneamente pugnalare, e tutti altri possibile modi di uccidere una persona, mi faceva sentire morta troppe volte e continuavo a chiedermi E’ così che ci si sente quando si muore? E’ così doloroso?  era una sensazione di dolore, tanto, tantissimo dolore.

“Sta facendo effetto” disse mio fratello compiaciuto.

“Cosa le hai fatto lurido bastardo?” urlò Fill

“Stai calmo, tra poco finirà: è una droga che ho inventato io, l’ho inventata per far sì che i detective soffrissero, perché? Perché mi chiedi?” mio fratello cominciò come ad impazzire, era sempre stato così quando si innervosiva, ma questa volta era molto peggio, era alla ricerca di sete di sangue.

“Perché sono pazzo! Odio Jane, quindi odio i detective, questa droga l’ho fatta pensando a lei, perché odio Jane? Non lo so! Forse perché sono pazzo!?” quindi mi prese per i capelli e mi urlò nell’orecchio: “Hai capito?! L’ho fatta per te questa cosa! Solo per te! Non sei felice?!”

Fill lo prese e lo lanciò lontano da me.

Jack cominciò a fare a botte con Fill; ad un certo punto della battaglia Fill prese Jack e lo buttò giù dalla finestra.

Sì, giù dalla finestra.

Dopodiché non si fece prendere dallo shock ma mi andò in contro e mi portò subito in infermeria dove c’era un dottore.

“Curatela! Non so cosa le sia successo ma curatela!”

I dottori si misero all’opera.

Fill mi prese la mano e disse speranzoso: “Non mi lasciare, Jane, non mi lasciare!”

“Fill” mormorai io e la mia mano non strinse più quella di Fill, rimase molle, diciamo, come se fossi morta: in effetti Fill guardandomi, pensava che lo ero, e non aveva tutti i torti.

Vidi sfocato con lo sguardo la mia linea del battito del cuore: ormai era molto debole.

“Signore, se ne deve andare!” urlarono i dottori a Fill e lo spinsero fuori.

Una goccia mi scese sulla guancia, arrivò fino al mento  e cadde, volevo piangere ma, non ci riuscii, riuscii solo a far gocciolare una lacrima prima che Fill se ne andasse.

Quella fu l’ultima volta che vidi Fill, l’ultima in tutta la mia vita.

 

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Capitolo 6
*** Ritorno al Passato ***


Sesto Capitolo: Ritorno al Passato

Sesto Capitolo: Ritorno al Passato

 

“Cosa dite? E’ in coma? Questa non ve la faccio pagare! Come avete osato buttarmi fuori! Lasciatemi entrare almeno adesso!” Aprii poco gli occhi e vidi sfocato Fill che protestava, dopodiché, li richiusi perché non riuscivo più a tenerli aperti.

 

Ritorno al Passato:

Quando io e Fill ci conoscemmo

 

“Bene, cercate anche in discoteca, dove era andata la vittima la scorsa sera” dissi io al cellulare, stavo indagando su un caso, che però non riuscivo a capire: l’imputata è una ragazza di nome Susie Jonson, incolpata di omicidio per aver sparato ad una ragazzina, una sua fan per precisazione, dicono che è stata lei solo perché aveva in mano la pistola, chi li capisce i poliziotti.

Susie è un’attrice famosa, ha fatto molti Film, anche io sono una sua grande fan ma non così tanto da farmi uccidere.

Stavo camminando per strada quando vidi un ragazzo che sta rapinando una banca. Io entrai subito nell’edificio: “Sgomberare l’edificio, scappate, sono una detective!”

Poi puntai una pistola contro di lui e alzò subito le mani, non vidi il suo viso perché era coperto da una maschera.

Mi avvicinai a lui e gli tolsi la cosa che aveva in testa per vedere chi fosse ed era… il fratello di Susie Jonson! Ma che ci faceva lì a rapinare una banca?

Lui corse davanti a me e uscì dalla porta scappando con i soldi.

“Dove credi di andare?! Ritorna qui, non hai scampo!” Urlai io, poi mi misi ad inseguirlo sempre con la pistola in mano.

Lo raggiunsi, ero dietro a lui di pochi metri quindi gli sparai alla gamba; lui continuò a correre anche se più lentamente, però svoltò l’angolo e non lo vidi più, svoltai anche io l’angolo ma non lo vidi ancora, si era come dissolto nell’aria.

Presi il cellulare e comunicai: “Fuggitivo scappato, si è come… dissolto nell’aria.”

Poi chiusi la telefonata.

Come ho potuto farmi sfuggire un ladro con anche una gamba ferita? Sono proprio una scema pensai io, poi mi incamminai per andare in ufficio.

Arrivata in ufficio vidi una persona nuova, un uomo nuovo, chiesi al capo chi fosse, lui mi rispose che era un detective appena trasferito perché ha saputo della rapina in banca.

Un detective non lascerebbe un caso di omicidio per una rapina, questa persona non è un detective, peccato che però, tutti i miei colleghi di lavoro sono così cretini da non accorgersene.

Andai da lui per fargli delle domande: “Salve, io sono Jane Sun, immagino non mi conosca visto che è di un’altra parte, allora, come si chiama?”

“Ehm, no, non la conosco signorina, il mio nome è … ecco, mi chiamo Chris Wright!” Rispose lui insicuro.

Pensa che io me la bevvi? Questo qui è scemo più dei miei colleghi. Pensai io scocciata, lo fissai e notai che aveva un proiettile nella gamba che tentava di nascondere ma feci comunque finta di niente.

“Venga con me, le faccio vedere il suo nuovo ufficio Wright. Ah, e che lei lo sappia che se non verrà solo una volta qui in ufficio o tradirà l’associazione, il capo gliela farà pagare cara, ovvero lo potrebbe anche appendere i suoi piedi ad una corda per un intero giorno così lei starebbe a testa in giù, ma se lei verrà sempre, non c’è che da preoccuparsi” dissi io, poi mi voltai e mi misi una mano sulla bocca per non scoppiare nelle risate perché, dalla sua faccia, sembrava che l’avesse bevuta!

“Ok, confesso, sono io, sono il rapinatore della banca!” Urlò, poi continuò supplicando:

“Vi prego non appendetemi a testa in giù per un giorno!”

Basta, la mia bocca non ce la faceva più, non riuscivo a trattenere le risate e scoppiai a ridere, piansi pure per il ridere!

“Certo che sei proprio stupido…” continuai a ridere mentre lui mi fissò senza capire cosa stesse succedendo.

“Era tutta una cavolata! Era tutta fantasia, l’ho detto per farti sputare il rospo, la prossima volta, ricorderai di non fuggire da Jane Sun, mai più.”

Silenzio.

Poi tutti i miei colleghi si misero a ridere mentre il signor Jonson piangeva come un cane bastonato e io, per la prima volta, mi unì ai poliziotti.

 

~~~~~~

 

Entrai in una stanza: un interrogatorio.

Lì c’era Fill che mi aspettava seduto ancora in lacrime.

Cominciai ad interrogare.

“A parte la sceneggiata di prima, ora cominciamo con le domande.”

“Non parlerò” rispose prima ancora che finissi la frase.

“Signore, se lei parla, potrà servire a salvare sua sorella probabilmente.”

“No, peggiorerei solo le cose” replicò.

“Allora potrei metterle una buona parola per il tribunale.”

“Non mi importa della mia vita, ma quella di mia sorella, già da quando eravamo piccoli, eravamo orfani e senza casa, mi presi cura sempre di lei anche se è più grande di me, sono preoccupato per lei, non per me.”

Stetti zitta: stava confessando senza accorgersene.

Poi continuò: “Ho rubato quei soldi perché siamo al verde, una persona ci ha rubato i soldi, o almeno, se noi non glieli diamo, ucciderebbe mia sorella ma lei non lo sa, pensa il contrario.”

“Signore chi è quest’uomo?”

Le sue lacrime aumentarono.

“Non posso…”

“Signore, potrei aiutare molto sua sorella, mi creda, potrei arrestare quest’uomo.” Lo rassicurai io.

“No, la ucciderebbe!” Urlò.

Io mi alzai e cominciai ad urlare anch’io: “La terremo sott’occhio, ora, la prego, si fidi di me e la smetta di fare il bambino!”

Mi guardò con aria impressionata, poi smise di piangere.

“E’… Nick Blood, è anche l’assassino dell’omicidio, la prego, difenda mia sorella”

Sorrisi.

“Non si preoccupi, sorveglieremo anche lei Jonson, con sua sorella, ora, cominceremo le indagini.”

 

Angolino di preavvisi, domande & Co

Solo in questo capitolo ho fatto questo angolino, e credo che non lo faò altre volte.

L’ho fatto per chiedere scusa del ritardo, del super ritardo.

Spero che per il prossimo capitolo non ci metta molto, scusate di nuovo!

Ciao, Nana-chan ~♥

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Capitolo 7
*** Amici per sempre ***


Primo Capitolo: Omicidio fra le star

Settimo Capitolo: Amici per Sempre

 

 

 

Quando seppi dell’Assassino

Ricattatore da Fill…

 

Andai in ufficio dove lì, mi aspettava il capo.

“Ho sentito tutto il discorso, puoi anche non badare a quelle persone e lasciare il cas-“

“Mai!” risposi subito io urlando.

“Capo, mi scusi, non so cosa mi succeda, un attimo solo, per favore.” Poi mi diedi degli schiaffi in faccia: “Ora va tutto bene” dissi sorridendo.

Poi presi il telefono e cominciai a chiamare i rinforzi per proteggere Fil e sua sorella mentre il mio capo mi parlava sopra dicendo “Jane, non sei costretta a farlo, guarda, stai tremando.”

In effetti è vero. Stavo veramente tremando.

Blood è uno dei più spietati assassini di tutto il mondo, il secondo credo. Come faremo a prenderlo con le mani in sacco, non lo sapevo.

“Sarò io stessa a proteggerli: starò sempre con loro anche di giorno, e di notte, sarò come una sorella, cambierò nome, ma solo per questa indagine così che Blood non sospetti niente. Sarò la sorella più piccola che è andata in collegio per degli anni. Fate ora dei finti documenti, per favore. Intanto vado da Fill e gli spiego il programma, sua sorella sarà scagionata e le racconteremo tutto, ogni singolo dettaglio: deve sapere cosa sta succedendo, soprattutto, perché riguarda lei. Capo, non provi a fermarmi.”

Il capo mi guardò stupito, poi mi sorrise: “Sei sempre la solita Sun…”

Cominciai ad uscire dalla porta dell’ufficio.

“Chiami il signor Jonson per nome, è successo qualcosa fra voi due?”

Io poi, arrossii e urlai: “ASSOLUTAMENTE NIENTE, CAPO!”

Poi ritornai normale.

“Scusi di nuovo, sono un po’ strana in questi giorni, arrivederci!”

Poi uscì dalla porta salutando.

Ero spaventata ma non facevo conto della paura di Blood, ma, piuttosto, che una famiglia possa essere infelice: questo è il mio vero scopo, per questo ho fatto la detective!

 

~~~~~~

 

Il sole batteva forte mentre stavo mangiando un gelato con Fill e sua sorella; eravamo come una famiglia da una settimana, non accennavamo neanche una volta il caso e ci divertivamo, come se fossi veramente loro sorella.

All’inizio Fill non la prese bene, anzi, cominciò a protestare dicendo che non voleva essere controllato ventiquattro ore al giorno.

Al contrario sua sorella, quando le raccontai tutto, mi abbracciò forte e mi ringraziò: dopotutto, è colpa sua se sto indagando su questo caso.

Mi piacque interpretare il ruolo di sorella minore, era praticamente il sogno della mia vita vivere una vita normale, avere amici e stare con delle persone che ti vogliano bene; questo, però, è tutto quello che mi immaginavo, prima o poi me ne sarei andata da quella famiglia, quindi cercai di non affezionarmi troppo.

Quando un giorno mi svegliai in camera mia come ogni mattina, andai in salotto e… orrore.

Vidi un corpo sconosciuto per terra da cui traboccava sangue e sulla scena del crimine c’era anche un’altra persona, con i capelli rossi e corti, col viso femminile e le mani con del sangue che gocciolava sul pavimento.

Il volto della ragazza si girò notando una presenza che potesse rovinare il suo piano.

Era Susie.

Rimasi paralizzata per un attimo poi mi ripresi e cercai di tirare fuori la pistola dal pigiama ma la signora Jonson mi fermò puntandomi una pistola che nell’attimo si era tirata fuori da una tasca dei pantaloni.

“Se provi soltanto a muoverti di un altro passo ti uccido.”

Mi si avvicinò lentamente mentre caricava la pistola.

Il cuore mi batteva forte.

Eccola davanti a me, solo dieci centimetri ci distanziavano.

Mi puntò la pistola alla testa.

“Cosa intendi fare? Spifferare a tutti chi sono realmente o stare zitta zitta per poi quando hai tempo chiamare i rinforzi? In tutti e due i casi muori.”

Quel momento di terrore svanì.

Un sorrisetto mi si stampò sul viso.

“Grazie per avermi fatto ricordare una cosa”

La ragazza mi guardò con faccia interrogativa.

Mi misi a ridere.

“Per tua informazione…”

Le diedi un calcio sul mento e mi allontanai tirando fuori la pistola.

Lei cercò di sparami ma io schivai tutti i suoi colpi.

“…sono una detective…”

Sparai due colpi che la sfiorarono e la distrai, in quei pochissimi secondi corsi dietro di lei e le puntai  la pistola dietro la schiena.

“…e non sono sola.”

Da fuori la porta si sentivano dei calci forti e violenti e l’oggetto si spaccò lasciando entrare tantissime persone armate.

“Getti l’arma a terra e metta le mani dietro la testa!”

Urlò uno di loro puntandole un fucile insieme agli altri.

La ragazza ubbidì, un uomo armato la perquisì e infine se ne andarono portandosela dietro puntandole continuamente le pistole.

Presi il cellulare.

“Ospedale? Venite subito in via Millefoglie n° 198 è questione di vita o di morte!”

E chiusi la telefonata guardando il cadavere meravigliata.

Era la sorella di Fill!

Ma com’è possibile?! Era quella di prima la sorella!

Pensai per un po’.

Ed ecco l’illuminazione.

“Ovvio! Chirurgia plastica!” Esultai.

Guardando bene il viso della vittima e notando pure che Susie Jane aveva una voglia dalla nascita sul braccio e l’assassino non l’aveva e la vittima sì sembra che sia la signorina Jane quella che sta morendo.

“Un attimo, Susie sta morendo?!”

In quel momento Fill arrivò un po’ assonnato (in pigiama ovviamente) e chiese cosa stava succedendo; io non risposi e riamasi lì a pensare e guardare il corpo ormai praticamente cadavere finchè non si avvicinò Fill per vedere cosa mi teneva attenta.

Vide il corpo di sua sorella e non reagì, si morse solo il labbro.

“Ora arriva l’ambulanza” informai io il fratello della vittima rassicurandolo anche se ormai ogni speranza era perduta.

Le palpebre della sorella si aprirono e Fill si piegò subito per vedere cosa voleva dire.

“Nick…. Blood si è… travestito… ha fatto finta di essere me per far credere che fossi io l’assassino e… se non fosse stato per Jane mi avrebbe cambiato viso facendomi avere il suo…” disse Susie Jonson a suo fratello e nell’ultima frase mi guardò.

Finalmente arrivò l’ambulanza e la portarono in ospedale dove ci fu una grande attesa e in quei minuti io e Fill ci parlammo.

“Andrà tutto bene, tranquillo” dissi io sicura che era una bugia quel che dicevo.

“Grazie per mia sorella.” Mi disse lui in tono freddo.

“Sai, non è niente per noi detective…” guardai Fill senza prestare attenzione a quello che dicevo veramente.

Lui si buttò fra le mie braccia.

“Se lei se ne andrà, chi starà con me?”

Mi scese una lacrima dall’occhio che arrivò sulla spalla di Fill.

Gli accarezzai i capelli e confermai sincera.

“Io”

 

 

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