Terra Nova 1x14 - What Now? (E adesso?)

di TheWriter
(/viewuser.php?uid=151337)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ora et labora (1x14.1) ***
Capitolo 2: *** Il Valico (1x14.2) ***
Capitolo 3: *** Ospiti inattesi (1x14.3) ***
Capitolo 4: *** Sorprese (1x14.4) ***
Capitolo 5: *** Disastro (1x14.5) ***
Capitolo 6: *** Basi segrete (1x14.6) ***
Capitolo 7: *** Da capo (1x14.7) ***
Capitolo 8: *** La fine (1.14.8) ***



Capitolo 1
*** Ora et labora (1x14.1) ***


Una polena.

Questo cambiava tutto. Davvero tutto.

-“Mamma, cos’è una polena?”, chiese Zoe.

-“Tesoro, una polena è una specie di statua che si metteva come portafortuna sulle navi antiche”, spiegò Elizabeth alla figlia perplessa.

Zoe rimase a guardare la statua, vecchia e consunta, corrugando la fronte mentre passava incuriosita la manina sulle scanalature consumate del legno.

-“E’ fredda!”, esclamò.

-“Come hai detto, amore?!? Hai freddo?!?”, chiese la mamma accovacciandosi per avvicinarsi alla bambina.

-“No, la statua. Il legno è freddo. Senti?”, insistette Zoe.

Elizabeth passò allora la mano sul legno della polena, sotto lo sguardo perplesso di Jim che intanto si era avvicinato.

-“Ha ragione… E’… non è… non sembra legno…”

Jim passò i polpastrelli sulla superficie di ciò che restava della misteriosa nave, ma fu Malcolm a spiegare il mistero.

-“Questo non è legno. E’ roccia. Questa polena è fossilizzata.”

Tutti i presenti si voltarono a guardarlo, senza capire.

-“Fossilizzata???”, chiese Liz senza capire.

Il comandante Taylor e Jim si scambiarono un’occhiata d’intesa, mentre la verità si faceva strada contemporaneamente nelle loro menti.

-“Come può essere fossilizzata?!?”, intervenne allora Maddy, avvicinandosi anche lei alla polena. “La fossilizzazione è un processo con cui i minerali che circondano un corpo organico reagiscono per osmosi inversa sostituendo gli elementi organici con…”

-“Che ne pensi?”, chiese Taylor a Jim mentre Maddy continuava il suo sproloquio scientifico tra gli astanti che neanche sapevano di cosa stesse parlando.

-“Penso che se Malcolm ha ragione, abbiamo preso tutti un grosso abbaglio”.

-“Lo credo anch’io”, ribattè Taylor. “E’ buffo”, continuò poi.

-“Che cosa?”, gli chiese Jim.

-“ ‘Taylor’. E’ buffo che anche quel tizio si chiamasse Taylor, non trovi?”

-“… almeno 10 milioni di anni!”, concluse in quel momento Maddy.

-“Ragazzina, forse non ti è chiaro: è fisicamente impossibile che questo oggetto che abbiamo qui davanti abbia 10 milioni di anni! Ha al massimo 400 anni… cioè…”, ma Malcolm non riuscì a finire la frase, mentre intrecci temporali e teorie sul continuum spazio temporale gli affollavano la mente.

-“Perché, è fisicamente possibile fare un viaggio dal 2149 al -85 milioni?!?”, ribattè indelicatamente, anche se con un sorriso, Maddy, allargando le braccia.

-“Scusa Taylor ma non ti seguo”, continuò intanto Jim. “Quale tizio?!?”.

-“Ti faccio vedere. Lo farò vedere a tutti. Andiamo!”, disse poi rivolgendosi agli stanti. “E’ ora che vediate una cosa”.

 

----------------------

Le immagini finali del “Pianeta delle scimmie” scorrevano sul maxischermo etereo dell’Occhio. Le luci si riaccesero, illuminando facce perplesse e confuse, e un mormorio andò diffondendosi nella stanza, diventando dapprima un fitto chiacchiericcio e infine un gran baccano. Ognuno sembrava sicuro di avere una teoria che spiegava tutto, e deciso a convincere gli altri di avere ragione.

-“Signori…. SIGNORI!!!”, prese allora la parola Taylor stendendo le mani sulla piccola folla. “Capisco le vostre perplessità e i vostri dubbi, ma purtroppo i fatti parlano chiaro; sembra proprio che non ci sia altra spiegazione.” Il silenzio invase la sala come un’onda di piena. “Quella polena è per noi quello che i resti della Statua della Libertà erano per Taylor in questo antico reperto cinematografico: una prova”. Una dozzina di sguardi attenti e curiosi fissavano Taylor in attesa del resto della spiegazione.

-“Sei mesi fa vi ho dato il benvenuto su Terra Nova, la vostra nuova casa. Beh, signori, mi sono sbagliato. Avrei dovuto dire “bentornati”. Non siamo affatto nel Cretaceo, come sempre abbiamo supposto. E non siamo nel passato. Signori, questo è il nostro futuro. La razza umana si è estinta sulla Terra già da qualche milione di anni; e adesso che il portale è chiuso per sempre, restiamo soltanto noi. Ottocentotrentasette persone, per ricostruire l’intera razza umana e la sua civiltà. Credo che ci aspetti un po’ di lavoro, quindi è meglio cominciare da subito.” E così dicendo, uscì con passo deciso dalla stanza sotterranea. Non aveva un piano, ma era importante che gli altri credessero il contrario.

Fu Maddy la prima a trovare la forza per dire qualcosa.

-“Questo… beh, questo spiegherebbe come mai la Sonda non fu mai ritrovata. Non ho mai creduto alla faccenda della “linea temporale alternativa”, e questa ne è la prova. Se la Sonda fosse arrivata nel nostro passato, nel 2149 avremmo dovuto trovarne i resti, ma nessuno c’è mai riuscito. Allora abbiamo dedotto che si trovasse nel passato, sulla base dell’esame della composizione atmosferica e dei pollini che la sonda ci ha inviato attraverso il portale, che erano compatibili con quelli della Terra di 85 milioni di anni fa. “Compatibili”, ma non “identici”. “

Mentre parlava, stava con le mani giunte davanti allo schermo, a guardare e riguardare il fermo-immagine di George Taylor, astronauta del 1968, inginocchiato davanti ai resti della Statua della Libertà: tutto ciò che restava della civiltà umana migliaia di anni dopo che esa si era autodistrutta con una guerra atomica, per essere poi rimpiazzata dalla Civiltà delle Scimmie.

-“Dovremo ricominciare tutto da capo”, disse infine dando le spalle allo schermo e rivolgendosi alla platea ancora scioccata per la rivelazione di Taylor.

--------------------------

-“Non sapevo tu fossi un appassionato di cinema”, disse Jim rivolgendosi alle spalle di Taylor, mentre questi consultava la mappa di Terra Nova con le mani incrociate dietro la schiena. Jim pensava che non lo stesse ascoltando, la sua mente alla frenetica ricerca di una soluzione, di un piano, di un espediente per ridare fiducia a quello sparuto gruppo di persone perso nelle nebbie del tempo 10 milioni di anni dopo l’estinzione della razza umana, così gli si avvicinò. Taylor si voltò verso di lui.

-“E’ sempre stata una mia passione. A saperli guardare, dietro la facciata di spettacolarità e fantasia, i vecchi film raccontano moltissimo su come eravamo un tempo, su come siamo arrivati a… su come siamo riusciti a rovinare tutto. Tutto. “ Aveva gli occhi lucidi, come già prima quando, nonostante l’affettuoso abbraccio di Zoe, era rimasto per ore a pensare alla terribile fine della sua più valorosa compagna di avventure da quando era iniziata quella di Terra Nova. Per questo fino a un attimo prima voltava le spalle a Jim atteggiandosi a consultare la mappa.

-“Ognuno di questi cristalli di molibdenite”, disse osservando quello che stringeva tra pollice e indice “contiene migliaia di ore di fiction… o di storia, a seconda di come le guardi. Molto più istruttivo di qualunque libro scritto da chi in quel momento era al potere. Può sembrare assurdo, ma i vecchi film, in quanto “prodotti artistici”, non erano soggetti a nessuna restrizione politica, al contrario di libri e riviste, per cui raccontano quello che davvero pensava la gente 150 anni fa, quando ancora si poteva uscire di casa per fare una passeggiata con gli amici fino al cinema più vicino senza doversi preoccupare dell’autonomia della propria scorta d’aria”.

-“Cosa pensi di fare, ora?”, chiese allora Jim riportandolo bruscamente alla realtà. “Quanto dureranno le nostre scorte?”

-“Ho già incaricato Malcolm e tua moglie di fare un inventario dei medicinali, dei nuclei energetici, e di tutto ciò che periodicamente ci veniva fornito attraverso il portale.” Si sedette alla scrivania consultando il suo Plexpad. “Boylan e Durwin stanno passando di casa in casa a fare un inventario dei dispositivi elettronici disponibili nella colonia. Dovremo fare una stima di quanto potranno durare le nostre risorse tecnologiche facendo affidamento sui soli pezzi di ricambio che abbiamo disponibili, e capire da quando, invece, saremo costretti a contare solo e unicamente sulle nostre forze per andare avanti. Se siamo fortunati e centelliniamo le risorse”, concluse spegnendo il Plexpad e poggiandolo sulla scrivania, “credo che potremo arrivare a 6 mesi, non di più. Dopodichè dovremo farcela con le nostre gambe.”

-“Il corso di sopravvivenza tenuto da Washington, adesso, sarà più utile che mai” disse Jim con un sorriso dando una pacca sulla spalla a Taylor. “So che stava fatto un ottimo lavoro, è riuscita a insegnare a cavarsela nella giungla anche ai bambini!”

- “Era una grande persona.”, confermo malinconicamente Taylor. “Tutto quello che ha fatto per noi non andrà perduto, se i giovani del corso faranno tesoro dei suoi insegnamenti. I giovani: è su loro che dobbiamo contare, ora più che mai, per ricostruire il futuro di Terra Nova e dell’umanità”.

-“E Lucas?”

-“Nella fretta di andarsene ai Calanchi, i suoi compari ci hanno lasciato tonnellate di armi, munizioni, mine. Ce n’è a sufficienza per rendere Terra Nova impenetrabile come una fortezza, per anni. Per non parlare delle autoscavatrici a controllo remoto: hanno mollato tutto lì dov’era, insieme ad alcune tonnellate di ferro già scavato.” Riaccese il Plexpad per mostrare a Jim le riprese in diretta delle trivelle automatiche ancora intente ad estrarre minerali preziosi dal sottosuolo: ferro, bauxite, rame. Tutt’intorno a Terra Nova era una vera miniera di materie prime.

-“Non saremmo mai stati in grado di estrarre il minerale, se Lucas non avesse reso il portale abbastanza ampio da poter inviare anche macchinari pesanti. Quell’idiota è venuto qui per distruggerci, e invece ci ha fatto un favore”, concluse portandosi una mano sulla ferita al fianco ancora fresca.

-“Mi chiedo cosa diavolo ci sia nella regione dei calanchi da dover lasciare tutto in fretta e furia per andare lì di corsa. Cosa pensano di trovarci?!?”

-“Se devo azzardare un’ipotesi”, disse allora Taylor, “credo che quei banditi del governo pensino di trovarci una frattura temporale. Probabilmente credono che, se c’era la polena, vuol dire che c’è una frattura temporale che l’ha portata lì dal futuro, anche senza Portale e senza Hope Plaza. Non ci sono scienziati tra quella gente, solo soldati e uomini d’affari. E Lucas è solo un fisico, non sa niente di biologia, paleontologia, botanica… A proposito, ma c’e’ qualcosa che tua figlia NON ha studiato?!?”, si interruppe Taylor.

-“Credo di no”, rispose Jim sollevando le sopracciglia, “da quando le regalammo il suo primo Plexpad a 12 anni, non l’ho mai vista staccarsene per più di un’ora di seguito. Ha sempre qualcosa da leggere, da studiare, su cui ricercare… A 15 anni sapeva già più cose di quante ne ho imparate io in una vita. E il bello è che ho sempre pensato che fosse una perdita di tempo che le tenesse tutte a mente, visto che chiunque può richiamarle in un’istante sul suo Plexpad al tocco di un dito.”.

-“Già. Finchè ci saranno Plexpad da consultare. Partendo da dove siamo ora, non saremo in grado di fabbricarne uno da soli per i prossimi… non so… 30 anni? E sono estremamente fragili.”

-“Già, la famosa teoria della ‘non riparabilità’ “

-“Più una cosa si guasta facilmente, più presto una persona dovrà ricomprarsela”

-“ ‘ L’economia deve girare’ “, disse Jim ripetendo il tormentone che era diventato la Regola di Vita da 50 anni a quella parte, mentre si affacciava sulla piazza principale di Terra Nova, osservando gli abitanti indaffarati come formiche a far sparire dalla colonia ogni traccia della battaglia di poche ore prima. “

-“ ‘Ora et labora’ , dicevano una volta, altro che ‘rompi e spendi’ “, esclamò mentre Jim gli si affiancava.

-“ ‘Orat…’? “, chiese Jim perplesso.

-“E’ latino. Una lingua morta 1000 anni prima che Hope Plaza nascesse. Significa “prega e lavora”. Era la Regola di Vita dei monaci, gruppi di persone che centinaia di anni fa si addossarono l’ingrato compito di preservare lo scibile umano copiando e ricopiando, A MANO, migliaia di testi scientifici, nascondendoli in buie e polverose biblioteche, mentre nei paesi orde di soldati devastavano e distruggevano, saccheggiavano e uccidevano…

-“Mi sembra una scena già vista.”

-“Già. Con la differenza che qui a Terra Nova c’e’ poco da pregare, e molto da lavorare, se vogliamo sopravvivere.”

-“Comandante?”, li interruppe un soldato entrando per fare rapporto.

-“Che c’è soldato?”.

-“Abbiamo trovato qualcosa in un container. Qualcosa che dovrebbe vedere”.

Taylor sollevò un sopracciglio, scambiandosi uno sguardo con Taylor.

-“Non sono ancora finite le sorprese, oggi?!?”

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il Valico (1x14.2) ***


Il Valico

 
-“Sembrerebbero pezzi di un trasporto…”, mormorò Taylor esaminando gli apparati contenuti nel container in varie casse. “Ma non possono stare tutti in questo container, ce ne devono essere altri. Avete già controllato gli altri container?”, chiese Taylor al caporale.
-“I miei uomini stanno facendo l’inventario proprio in questo momento”, rispose accendendo il suo Plexpad, su cui si poteva vedere l’inventario aggiornato in tempo reale. “Sembra che ci siano altri due container contenenti quelli che sembrano pezzi di ricambio per un trasporto.”
“Da quella parte, signore”, lo informò poi il caporale prevenendo la sua domanda. “Chieda del soldato scelto Morrison”.
- “Ottimo lavoro”.
Taylor si incamminò verso il fondo della radura dove erano stati radunati tutti i container. Riconobbe il soldato scelto Morrison dalla fascia al braccio.
-“Soldato Morrison!”
-“Sissignore!”, rispose il soldato scattando sugli attenti.
-“E’ questo il container con gli altri pezzi del trasporto?”
-“Sì, signore. Abbiamo appena completato l’inventario e…”
L’attenzione di Taylor si acuì, al punto che inconsapevolmente il soldato fece un passo indietro, come per sottrarsi allo sguardo indagatore di Taylor.
-“…i pezzi ci sono tutti. Possiamo assemblarlo in una settimana.”
-“Vi do due giorni”, disse sbrigativamente Taylor voltandosi e tornando verso la colonia. “Lucas ha già abbastanza vantaggio, non voglio lasciargli altro tempo libero da dedicare alle sue follie”.
-“Sì signore!”, ammise impotente il soldato mentre Taylor si allontanava.
 
---------
 
-“Niente male…”, disse Jim perplesso strofinandosi il mento mentre guardava il trasporto.
-“Niente male?!? E’ fichissimo! Questo affare può viaggiare a 200 chilometri l’ora su qualunque terreno, e se ne infischia altamente di carnosauri dentuti e di brontosauri con la tendenza a farti diventare una pizzetta!”, esclamò entusiasta Josh, che sembrava trattenere a stento il desiderio di provare il mezzo.
-“Pa’, devi farmelo provare!!!”
-“Devo… che cosa?!? Tu dovresti essere ancora in punizione! Hai combinato più danni tu da quando siamo arrivati che…. O, bè, lasciamo perdere!”, si limitò a concludere Jim vedendo Josh improvvisamente scurirsi in volto.
-“Combinato io?!? Io almeno non mi metto a prendere a cazzotti i poliziotti per farmi sbattere in prigione!!!”
Jim si voltò verso di lui e gli si avvicinò, viso a viso, piuttosto contrariato, senza saper bene cosa dire, poi trovò qualcosa di un certo impatto:
-“Sembra che tu non abbia talmente niente da rinfacciarmi, da riuscire a rinfacciarmi sempre e solo la stessa cosa! Tu invece sei molto più vario, non riesci a stare una settimana di seguito senza fare almeno due danni diversi!”
Josh stava per dire qualcosa, ma preferì invece tacere, e fare un’uscita a effetto, voltando le spalle al padre e andandosene.
-“Dove diavolo credi di andare?!? Non ho ancora finito con te!!”
-“Gli faccio vedere io, gli faccio…”, mormorò tra sé e sé andandosene a testa bassa prendendo a calci ogni detrito che incontrava sulla sua strada.
-“Ehi, la smetti di usarmi per il tuo tiro al bersaglio?!?”, esclamò Skye con tono scherzoso mentre lo incrociava, dopo essere stata colpita da uno dei sassi che lui aveva scalciato.
-“Oh… Skye… scusami… è che…”, ma era troppo confuso e arrabbiato per sapere come terminare la frase.
-“Ancora tuo padre, eh? Ma come mai sei sempre tanto arrabbiato con lui?!? Cosa può averti mai fatto per odiarlo così tanto?!?”, gli chiese allora mentre si sedeva accanto a lui su una panchina.
-“Io non lo odio! E’ lui che è… che è…. Oh, non lo so che cos’è”, continuò stizzito, ”tutto quello che so è che non gli va mai bene niente di quello che faccio! Sta sempre a criticare! E questo non va bene, e quello è sbagliato, e ‘ma che cosa hai fatto?’…. Non lo sopporto più!”
-“Già. Dev’essere dura dover vivere ancora coi genitori a 20 anni. Qui a Terra Nova le cose vanno molto diversamente dal 2149; hai visto, noi a 16 anni già viviamo da soli, e da anni! A me mio padre manca moltissimo… eppure mi ricordo che quand’ero piccola, già a 12 anni iniziava a darmi fastidio che i miei mi riprendessero continuamente per quello che facevo. Probabilmente, se non fosse morto, adesso starei lì anch’io a lamentarmi perché mi dice sempre quello che devo fare…”
Josh lo guardò perplesso, mentre il sorriso le si spegneva a poco a poco e sollevava gli occhi al cielo, mentre si rendeva conto di aver detto una cosa non proprio bella.
Josh era rimasto incantato dal suo sorriso e dal suo sguardo fin dal primo giorno che l’aveva vista. Il viso ampio e luminoso, quel ciuffetto di capelli che le scendeva sempre ribelle sulla fronte ogni volta che voltava la testa nel parlare, tutto le piaceva di lei; ma soprattutto quel sorriso, che le illuminava il volto e gli faceva sempre stringere il cuore, facendolo pensare a Kara.
Kara.
Si era sentito morire dentro quando l’aveva dovuta lasciare nel 2149. Aveva passato tutte quelle settimane a cercare un modo per far venire anche lei, aveva imbrogliato, tradito…. ed era stato tutto inutile! Quel bastardo di Lucas l’aveva fatta saltare in aria!
Eppure, ora sembrava tutto così lontano.
Improvvisamente, qualcosa cambiò nella mente di Josh. Le sue prospettive cambiarono, i suoi programmi cambiarono. Nonostante tutto quello che aveva fatto, il padre si  era mostrato sempre comprensivo con lui; al massimo gli aveva tolto la chitarra o l’aveva chiuso in casa per qualche giorno.
E Skye gli era sempre stata vicino quando si sentiva giù.
E adesso Kara era morta.
E il portale era distrutto.
E la colonia isolata per sempre dal futuro.
Tutto era cambiato.
Sarebbe cambiato anche lui.
-“A cosa stai pensando?”, gli chiese Skye accostandosi a lui sulla panchina, vedendolo silenzio e pensieroso mentre con un piede disegnava ghirigori sul terreno.
Josh non rispose; si limitò a voltarsi verso di lei, a guardarla risolutamente negli occhi azzurri, sui quali però comparve a poco a poco un’espressione di dubbio.
Restarono così, a guardarsi negli occhi, per lunghi, interminabili secondi. Poi quando Josh avvicinò una mano al viso di Skye per spostarle dalla fronte il suo ciuffo ribelle, Skye abbassò lo sguardo, farfugliò qualcosa, e se ne andò via scusandosi.
Josh rimase con la mano ancora sospesa davanti a sé, dove poco prima c’era il viso di Skye.
Gli scappò un sorriso, mentre la guardava allontanarsi con quel suo corpo perfetto.
Non si sentiva di biasimarla. Probabilmente pensava che lui si interessasse a lei come ripiego per aver perso Kara, o in cerca di consolazione per il recente lutto… o qualcuna di quelle stupidaggini che si mettono sempre in testa le femmine quando non sanno quello che voglion.
Probabilmente ci sarebbe voluto del tempo, prima che la loro amicizia si potesse trasformare in qualcos’altro. Se mai sarebbe successo.
 
Proprio in quel momento, un ronzio sommesso ma deciso sopra la sua testa lo fece voltare di scatto.
-“Allora, vecchio brontolone, vuoi rimanere lì ad aspettare che lei torni, o preferisci venire a farti un giro con noi?!?”, gli chiese il padre, atterrandogli poi a due passi col trasporto aereo.
La mandibola di Josh sembrò sul punto di cadere, mentre il ragazzo si alzava dalla panchina. Il velivolo, lungo e affusolato, rifletteva con la sua cromatura il paesaggio circostante. Il ragazzo si avvicinò, facendo scorrere la punta delle dita sulla fusoliera sfavillante, come un adolescente davanti alla sua prima automobile di seconda mano.
Ma quella non era un’automobile, non era di seconda mano… e poteva volare!
Jim scese con un balzo, seguito dalla piccola Zoe, che aveva un sorriso che le andava da un orecchio all’altro e iniziò a riversare un fiume di parole sull’incredulo Josh.
-“…e abbiamo visto le cascate, ma poi c’erano i brontosauri e allora papà non voleva avvicinarsi, poi io gli ho detto che ci potevamo avvicinare perché non sono carnivori, poi la mamma da giù ci salutava e siamo scesi a prenderla, poi però…”
-“E ci siamo alzati solo di una ventina di metri per vedere se funzionava!”, disse Jim al figlio mentre Zoe continuava gesticolando entusiasta a descrivere il primo volo della sua vita.
-“Devo andare a fare un giro di ricongnizione con Taylor ai calanchi. Vuoi venire?”
Josh era ancora a bocca aperta da 5 minuti prima, e balbettò per qualche secondo prima di riuscire a dire qualcosa di sensato.
-“Beh… ma… tu… questo… io… Taylor”
-“ ‘io’ non sono arrabbiato, ‘questo’ mi è stato affidato da Taylor per il pattugliamento aereo, ‘tu’ puoi venire con me e ‘Taylor’ è d’accordo. Altre domande?”
-“Posso guidare?”, fu tutto quello che riuscì a dire.
Ma uno scappellotto fu tutto quello che riuscì a rimediare.
-“Adesso non esagerare!”, lo ammonì scherzosamente Jim. “Fila!”
-“Tu tesoro resta qui con mamma e Maddy”, disse poi Jim alla bambina, che stava ancora parlando, non si sa bene con chi, ma che ammutolì improvvisamente, e mise su un bel broncio, quando capì che non sarebbe risalita sul trasporto.
Con il visetto imbronciato, la testa bassa e le braccia conserte, era davvero adorabile, e Liz le si accovacciò accanto cercando di consolarla: “Non ti preoccupare, Zoe, vanno solo a fare un giretto qui intorno. Papà torna subito, e poi ti porta a fare un giro…”, disse Liz volgendo uno sguardo interrogativo  verso Jim come a chiedergli se stesse dicendo o meno una bugia alla figlia.
-“Se prometti di fare la brava qui  con mamma, quando torno andiamo a fare un giro alle cascate!”, le disse allora rassicurante Jim.
Il broncio scomparve dal viso della bimba come una nuvola temporalesca spazzata via dal vento lasciando comparire il sole dietro di lei, e il sorriso a 32 denti tornò a illuminare il viso di Zoe, che corse dal padre e gli saltò in braccio.
Jim la strinse forte per qualche secondo, poi le dette un bacio in fronte e la affidò alla madre.
 
Le tre donne della famiglia Shannon stettero lì, abbracciate insieme, a guardare il trasporto decollare, mentre Jim e Josh mettevano le cuffie di volo e si dirigevano al Comando a prelevare Taylor.
“Avete finito di giocare?”, disse serio Taylor appena atterrati.
Salì a bordo con un balzo, mentre Jim si spostava dietro cedendogli il posto, e si mise ai comandi.
“Tieni, ragazzo, questa è per te”, disse a Josh consegnandogli una pistola sonica.
“Josh la prese con le mani a coppa, guardando imbarazzato il padre, senza sapere cosa dire, mentre lo sguardo di Jim passava perplesso da Taylor a Jim a Taylor, che sapeva benissimo di essere osservato con perplessità”.
“Le cose sono cambiate qui a Terra Nova; e dovranno cambiare ancora. Non c’è più tempo per giocare, adesso ognuno di noi dovrà raddoppiare i suoi sforzi per dare il suo contributo alla colonia! A cominciare dalla sua difesa!”, e così dicendo regolò i comandi per portare in volo il trasporto alla volta dei calanchi.
-“Finora”, continuò, “dovevamo difenderci solo dagli animali, e da quegli spiantati dei Sixers a caccia di cibo e medicinali. Adesso la cosa è molto diversa: abbiamo contro un esercito di mercenari pronti a tutto, e siamo in inferiorità numerica.”
Il mezzo si stava ormai allontanando dalla zona conosciuta intorno alla colonia.
“Dovremo istituire un vero esercito. I soldati attualmente presenti a Terra Nova sono bene addestrati, ma sono pochi. Dovremo iniziare a istruire altro personale civile. Allevamenti e coltivazioni possono aspettare: se Lucas e i suoi riescono a superare il Valico, ci sarà ben poco da allevare e coltivare”.
Il terreno pianeggiante e coltivato della colonia interna aveva lasciato dapprima il posto a una fitta foresta, per poi passare a un terreno roccioso e scosceso. Adesso stavano sorvolando un’area in cui gli eventi atmosferici e geologici avevano evidentemente agito per poco tempo: era un territorio giovane, non ancora plasmato dalle forze della natura. Sembrava quasi un paesaggio lunare, non fosse stato per i rari cespugli qua e là.
-“Di che valico parli?”, chiese Jim incuriosito, mentre Josh era combattuto tra l’osservare lo spettacolare paesaggio e lo studiare la pistola sonica che aveva in mano.
-“Nei tre mesi che ho passato qui da solo girovagando come un disperato e facendo lo slalom tra i denti dei carnotauri, ho cercato a lungo un posto elevato da cui avere una panoramica del territorio. Ma quella giungla è così fitta che non lascia intravedere niente oltre i 10 metri di distanza. Mi imbattei in quel posto in modo del tutto casuale: camminai per giorni sempre nella stessa direzione – e ti assicuro che non è facile senza un machete – finchè la vegetazione iniziò a diradarsi. Alla fine scomparve quasi del tutto, lasciando il posto a pochi licheni abbarbicati su queste rocce.”
Così dicendo, virò su un lato per permettere una visione migliore del terreno.
All’interno di un lungo canyon tra le rocce, una lunga fila di persone procedeva faticosamente sul terreno sconnesso; due di loro sembravano reggere una barella.
-“Lucas!”, esclamò Taylor con voce atona ma con un’espressione accigliata.
-“Quel canyon è l’unico passaggio nel raggio di chilometri per raggiungere Il Valico. Almeno, se sei a piedi. Noi però adesso abbiamo una carta in più. Guardate. E’ laggiù che siamo diretti.”
E così dicendo puntò la prua verso una catena di montagne dritto davanti a loro.
-“Quanto pen si che distino?”, chiese Jim osservando le cime seminascoste tra le nuvole?
-“5 giorni di cammino tra rocce e sassi. Oppure 10 minuti di volo. Ma quello che ci interessa non sono le montagne. E’ quello che c’e’ dietro. Non dobbiamo permettere loro di arrivarci.”
Taylor non disse altro per tutto il breve viaggio, e Jim si limitò ad aspettare. Josh intanto faceva “prove di puntamento” della sua arma, immaginandosi già coinvolto in chissà quale battaglia contro “gli acerrimi nemici di Terra Nova”.
-“Stai attento con quella, ragazzo. Un colpo di pistola sonica dentro un ambiente in volo è un’esperienza che non consiglio a nessuno!”, gli disse Taylor, e Josh ritrasse subito a sé là pistola, assicurandosi imbarazzato che avesse la sicura.
-“Sì, signore. Mi scusi…”
Le vette erano ormai poche centinaia di metri davanti a loro.
-“Ecco, quello è Il Valico”, disse Taylor indicando il punto in terminava lo stretto sentiero in cui si trasformava il canyon, inerpicandosi fino al punto più basso tra due montagne affiancate. Iniziò la procedura di avvicinamento e atterraggio, mentre Jim e Josh osservavano incuriositi lo strano paesaggio che andava delineandosi via via che, abbassandosi di quota, le nubi andavano diradandosi.
Le montagne erano completamente prive di vegetazione, i loro fianchi dritti e scoscesi, striati di venature frastagliate parallele le une alle altre. Sembrava quasi che quelle cime fossero emerse dalle viscere della Terra solo pochi istanti prima, creando una specie di barriera tra la pianura sottostante e… qualunque cosa ci fosse oltre Il Valico.
Il trasporto atterrò dolcemente su una radura sassosa a pochi metri dalla parete della montagna. I tre balzarono a terra, Taylor in testa, dirigendosi verso uno stretto passaggio tra le rocce. Sembrava come se la montagna fosse stata tagliata in due da un enorme coltello, e l’allontanarsi dei bordi della “ferita” aveva creato uno stretto passaggio dai bordi così alti che la luce riusciva a penetrarvi solo per pochi metri. Ma in fondo al passaggio, in lontananza, nel buio, si scorgeva un puntino luminoso: l’uscita del tunnel.
Una serie di domande si affastellavano nelle menti di Jim e Josh mentre osservavano la strana formazione. Che cos’era? Dove conduceva il tunnel? Perché si trovavano lì?
Taylor tentò di indovinare quali fossero i loro dubbi, e cercò di chiarirli.
-“Alla fine di questo tunnel, c’è qualcosa…. qualcosa  di molto strano, che più tardi vi farò vedere. Il problema è che non so se possa esserci utile in qualche modo, o se costituisce solo una… curiosità storica”.
-“Storica?!?”, pensò Josh? “Credevo che qui la storia non sarebbe iniziata prima di qualche milione di anni…?”
-“Il fatto che gli uomini di Lucas abbiano deciso di dirigersi qui appena vista la mala parata, però, mi fa venire il dubbio che sappiano qualcosa di cui io non sono al corrente. Non sono più tanto sicuro di essere stato il primo a venire in villeggiatura da queste parti, 7 anni fa”, continuò. “Queste persone sanno troppo bene come muoversi e cosa trovare e dove trovarlo, per essere capitate qui per la prima volta…”
-“Vuoi dire che ci sarebbero stati altri pellegrinaggi prima del tuo?”
-“Voglio dire che probabilmente non sono affatto pellegrinaggi. Non più di quanto le guerre del XX secolo fossero missioni di pace”.
-“Non capisco, Papà. Ma di che parla?”, si inserì Josh. “Lo sanno tutti che ci sono voluti anni per riuscire a capire come controllare la frattura, prima di poter inviare il primo pellegrinaggio. Ce lo insegnano a scuola. Tutti gli anni. Ogni anno con qualche noiosissimo particolare in più…”, disse allargando le braccia, disfatto dalla noia al pensiero delle lunghissime lezioni di storia.
-“Proprio così, figliolo. Fin da piccoli cercano di ficcarvi in testa, in modo quasi ossessivo, la vera storia di Terra Nova. Vogliono essere davvero certi che tutti la conoscano bene, benissimo. In modo indubitabile.”
Si voltò verso di loro, dopo essersi affacciato nel buio del tunnel appoggiandosi con una mano alla sua entrata, e vide le loro facce confuse e perplesse.
-“Non capite? Non è importante cosa  sia successo, è importante cosa la gente crede che sia successo. E quello che la gente crede, è ciò che impara a scuola, quando non ha ancora abbastanza capacità di giudizio da dubitare di quello che gli si insegna, e poi quello che, da adulto, gli viene propinato dai media. Se le due versioni coincidono….allora è sicuramente vero.”
- “Stai parlando di manipolazione dell’informazione? Come nel XXI secolo? Credevo che i cervelloni positronici avessero reso impossibile questo tipo di manipolazione.”
-“Non finchè ci sarà qualche persona che quei cervelloni li programma, Shannon. E finchè resterà in vita qualcuno che ha visto coi suoi occhi le immagini inviate dai droni, Loro non potranno manipolare completamente la realtà. Ma quando questa generazione sarà passata, quando ne sarà passata un’altra ancora, tutto quello che la gente ricorderà sarà quello che è memorizzato nei cristalli di molibdenite. Vero o falso che sia. Ma basta con le chiacchiere. Dobbiamo far saltare questo posto.”
-“Saltare?”, chiese Josh.
-“Sì, figliolo. Un gran bel botto. Se il mio intuito non mi inganna, basteranno un paio di panetti di esplosivo, per disgregare queste rocce, così porose e fragili. Un bel botto alla base, e i chilometri di roccia che stanno sopra crolleranno sul passaggio, bloccandolo per sempre”.
-“ ‘ Passaggio’ per dove? Si può sapere cosa c’è dall’altra parte?!?
- “Lo vedrai. Ora prendi questi detonatori e appoggiali là”, gli disse Taylor passandogli del materiale.
Si avvicinò anche Jim, cui Taylor passò una perforatrice portatile.
 
--------------------
 
I due enormi branchiosauri masticavano pacificamente le cime di due alberi, quando d’improvviso fecero uno scarto a destra, spaventati dal sordo boato. Ma quando il loro piccolo cervello comprese che non c’era effettivo pericolo, ripresero a brucare placidamente come se nulla fosse accaduto.
Rocce e detriti di tutte le misure continuarono a piovere all’intorno per qualche secondo dopo l’esplosione. Ci vollero invece diversi minuti prima che la polvere si diradasse abbastanza da permettere di vedere il risultato.
-“Ottimo lavoro!”, disse poi Taylor, quando il mucchio di rocce comparve tra la polvere. Dove prima c’era il lungo passaggio, ora appariva solo un insormontabile, altissimo mucchio di rocce.
Jim tossiva e Josh si sbatteva i pantaloni per togliersi di dosso la polvere dell’esplosione.
-“Magari potevamo metterci un po’ più lontano…”, protestò.
-“Fa sempre così??”, chiese Taylor al padre.
-“Sempre. Potresti anche regalargli un milione di dollari, e probabilmente avrebbe qualcosa da ridire.”
-“Perché mai dovresti regalarmi un milione di dollari?!?”
-“Lo vedi?”, ammiccò Jim a Taylor sorridendo.
-“Andiamo brontolone”, lo apostrofò scherzosamente Taylor, “saliamo a bordo, devo farvi vedere questa cosa”.
Taylor notò che Jim guardava perplesso in direzione del canalone.
-“Che c’è?”.
-“Niente, pensavo alla faccia che faranno gli uomini di Lucas quando tra 5 giorni arriveranno qui e troveranno… la porta chiusa!”.
Un sorriso beffardo apparve sul volto di Taylor mentre chiudeva il portello.
 
----------------
 
Il paesaggio ora era in netto contrasto con le asperità rocciose viste prima. Oltrepassata la barriera di montagne, il trasporto si trovò a sorvolare una vastissima pianura che si estendeva fino all’orizzonte. Ma quello che più colpiva era il colore: completamente bianca, da un’estremità all’altra.
-“Da che parte per l’aeroporto di Salt Lake City?”, chiese ironicamente Jim al comandante.
-“Già”, si limitò a dire Taylor mentre riduceva la quota dai 7000 metri necessari a valicare le montagne, fino a poche decine di metri da terra.
Il paesaggio era a dir poco strano; a dirla tutta, incredibile. A pensarci bene, impossibile. Nessuno, nell’abitacolo, parlò fino a quando il mezzo fu atterrato.
I tre scesero sulla superficie salata, guardandosi in giro.
Tutto intorno a loro, innumerevoli detriti di ogni forma e dimensione, in legno consunto e invecchiato.
Legno lavorato.
Tramezzi e centine, impennaggi e portelli, alberature e sartiame. E àncore, timoni, scialuppe ancora perfettamente intatte, non fosse per gli squarci sul fondo.
Decine e decine di relitti di navi riempivano il paesaggio in ogni direzione.
Taylor si avvicinò alla polena sulla prua di una nave vicina.
-“Questa è Dorothy, la mia fidanzata”, disse poi sorprendendo tutti. A quanto Jim ricordava, era la prima volta che lo sentiva fare una battuta.
Dorothy era in realtà il nome della nave su cui si trovava la polena, scritto proprio accanto ad essa. Un bastimento lungo almeno 70 metri, valutò rapidamente Jim, con un lungo squarcio sulla fiancata di tribordo, ma per il resto completamente intatto, adagiato sull’altra fiancata come un gigante addormentato. Nel tempo il  vento aveva accumulato il sale intorno alla chiglia, fino a formare una sorta di scivolo che permetteva di camminare agevolmente fino alla falla sulla murata.
Sale.
Quell’immensa pianura era un immenso deposito salino.
-“Non credevo che avrei mai detto una  cosa simile in vita mia. Ma penso che qui ora ci vorrebbe quella secchiona di Maddy”.
-“Pensavo proprio di portarla qui a dare un’occhiata, infatti, dopo aver sistemato Il Valico. Ma una cosa di sicuro te la posso dire anch’io: molto tempo fa, qui, c’è stata una grande battaglia. Probabilmente due o tremila metri sopra le nostre teste.”
Si chinò per raccogliere una grossa conchiglia praticamente intatta.
-“Che effetto ti fa camminare sul fondo del mare senza nemmeno bagnarti le scarpe, figliolo?”, disse Taylor porgendo al ragazzo lo strano reperto.
Jim si era intanto incamminato sul breve pendio che conduceva alla falla sulla fiancata. Taylor prese tre torce da una sacca sul trasporto, ne passò una al giovane e ne tirò una a Jim.
-“Prendi!”, esclamò, “ti servirà”.
-“Stiamo cercando qualcosa di preciso?”, chiese Josh mentre provava se la torcia si accendeva, dirigendola verso lo squarcio oscuro.
-“Il giornale di bordo, naturalmente. Tutte le navi, fin dai tempi più antichi, ne tenevano uno. A volte passavano settimane o mesi, prima che una nave tornasse in porto, e ogni diario di bordo di una  nave è grosso quanto un libro di storia…”
Josh alzò gli occhi al cielo. “Oddio, ancora storia!”
-“Cos’è, ragazzo, non ti piace la storia?  Beh, sappi che gli errori più grandi della storia li ha fatti… beh, proprio chi la storia non la conosceva, o la ignorava deliberatamente. A Terra Nova adesso la storia è ricominciata dall’anno zero, e ho intenzione di fare tutto il possibile perché sia ben diversa da quella dell’ ’umanità 1.0’ “.
-“Capisco, signore. Mi scusi, signore. Cosa… com’è fatto un giornale di bordo? Cosa devo cercare di preciso? Non credo che su questi affari di legno i Plexpad andassero per la maggiore…”
-“E’ così, ragazzo. C’è stato un  tempo in cui l’unico modo per tramandare informazioni era prendere una penna e scriverle su carta.”
-“Carta?!? Che roba è?”
Taylor lo guardò, pensando a quanto era giovane quel ragazzino… o a quanto era vecchio lui, se ricordava ancora di aver letto libri di carta la sera prima di andare a dormire.
-“Quella roba veniva usata per conservare la memoria degli avvenimenti passati svariati secoli prima che venisse anche solo scoperta la corrente elettrica. Un libro, ragazzo, devi cercare un libro…”
Josh lo guardava perplesso, ma non volle chiedergli di cosa stesse parlando, gli sembrava già abbastanza contrariato. Si limitò a voltarsi e a sondare l’oscurità col fascio di luce. Muoversi su un pavimento inclinato di 50 gradi non era decisamente facile, ma era altrettanto difficile muoversi sulla parete; quanto a muoversi lungo l’angolo tra i due… beh, era completamente ostruito da tutto ciò che non era fissato a bordo e che vi si era ammucchiato quando la nave si era adagiato sul fondo.
Josh raccoglie da terra quello che sembrava un pezzo di legno.
-“Come può essere una roccia?!? Ha in tutto e per tutto l’aspetto di una tavoletta… ma è duro e pesante come un sasso!”
-“Dev’essere per via del sale; probabilmente tua sorella saprà spiegarcelo meglio, ma credo che il sale abbia in qualche in modo impregnato il legno, per poi cristallizzare…o qualcosa del genere, per cui alla fine non resta niente di quello che costituiva la nave originariamente, se non la forma. Tutto il legno è stato come ‘rimpiazzato’ dalla roccia…”
Taylor drizzò le orecchie, e guardò Jim nella semioscurità.
-“La carta!”
-“Cellulosa!”
-“Sarà fragile come un dolce di pastasfoglia!”
-“Di che diavolo state parlando?!?”, protestò Josh.
-“Figliolo”, gli disse allora il padre, “se trovi il giornale di bordo, chiamaci senza toccarlo”, spiegò. “Probabilmente anche le sue pagine sono cristallizzate, come tutto qui intorno”.
-“Tranquillo, tanto non ho la più pallida idea di cosa sto cercando. Anche se lo avessi sotto gli occhi adesso, non….”
Si interruppe, la sua attenzione attratta da un riflesso sul fondo della stanza.
-“Cosa?”, esclamo Jim.
-“Niente, voi andate avanti, adesso vi raggiungo”.
Mentre i due uomini si inoltravano faticosamente nei meandri della nave in cerca della cabina del comandante, Josh iniziò a spostare gli oggetti che si trovavano tra lui e l’oggetto che aveva intravisto. A terra c’erano degli strani oggetti rettangolari, composti di uno strano materiale a strati sottilissimi. Josh fece per prenderne uno per spostarlo, ma gli si sbriciolò tra le dita, lasciandogli in mano solo il contenitore degli strati: due strati più spessi, forse mezzo centimetro, uniti tra loro da una costola. Ce n’erano a decine. Incuriosito, Josh appoggiò la torcia su qualcosa, per poter maneggiarne uno con più cura usando entrambe le mani. Lo tirò su da terra, soffiò via la polvere, e riuscì a intravedere degli strani segni tracciati sulla copertina. Sembrava una scrittura, ma non riusciva a riconoscere i caratteri. Appoggiò il libro pietrificato su una cassa, e rimosse lo strato spesso che copriva i tanti piccolo strati sottili sotto di esso: era un libro, di un centinaio di pagine, grande quanto un Plexpad, ma molto più pesante. Josh capì che era un libro perché, pur dopo chissà quanti anni, sulle pagine erano ancora ben visibili lettere e parole. In qualunque lingua fossero scritte.
-“Papà?”
Jim si affacciò dalla porta dell’ambiente in cui era appena entrato.
-“Ho trovato qualcosa”.
-“Io continuo”, gli disse Taylor.
Jim si avvicinò allora al ragazzo, prendendo l’oggetto che gli porgeva.
-“E’ questo il giornale di bordo di cui parlavi? Un… libro? ”, chiese Josh al padre.
-“Beh, è sicuramente un libro, ma non è quello che cerchiamo”, rispose Jim studiando il reperto.
-“E la gente usava quelli per leggere?!? Dentro ci starà sennò un miliardesimo di quello che è memorizzato in un Plexplad vecchio di 10 anni!”
-“Forse anche meno, figliolo. Ma è così che si tramandava il sapere, una volta. Coi libri”
Intanto, anche Taylor era sbucato dalla porta da cui era tornato indietro Jim poco prima, e portava in mano qualcosa, con molta delicatezza.
-“Trovato”, si limitò a dire mentre si dirigeva all’esterno.
 
----------------
-“Ma quando tornano? Io voglio andare alle cascate!”, protestò Zoe dopo un’attesa di due ore. Anche Liz cominciava a impensierirsi per la lunga assenza. Proprio in quel momento, la radio in veranda gracchiò.
-“Elizabeth, ci sei?”
Liz si alzò di corsa, lasciando Zoe a giocare con le formine nella sabbia, e andò alla radio.
-“Liz, mi senti? Sono Jim. Rispondi.”
Prese il microfono e premette il pulsante come Jim le aveva insegnato.
-“Jim! Grazie al cielo! Avevi detto che mi avresti chiamato ogni mezz’ora!!”
-“Scusa, tesoro, ma tutte queste… queste cose che ho visto finora mi hanno un po’ stordito, e ho perso la cognizione del tempo!”
-“Cose, quali cose?”.
-“Più  tardi ti racconto tutto. Stiamo tornando, ci vediamo tra qualche minuto. Passo e chiudo.”
-“D’accordo. Ti amo. Passo e chiudo.”
 
Di lì a poco, il trasporto fu di nuovo sopra le teste del convoglio di Lucas.
-“Eccoli di nuovo. Sembrano proprio venire dalla direzione del Valico.”
-“Quei bastardi. Che diavolo ci saranno andati a fare??”
-“Non potevate mettere una dannata bomba in quei container? Ci siamo spezzati la schiena per caricare tutti i pezzi e portarli in questo posto dimenticato da Dio…. e adesso noi dobbiamo farcela a piedi, mentre loro si divertono a fare voli turistici avanti e indietro?!?”
-“Credo che dovremmo mandare un drone”, intervenne il maggiore. “Rischiamo di fare una marcia forzata di cinque giorni, e poi di scoprire, una volta arrivati lì, che Taylor ci ha giocato qualche tiro mancino!”
-“Hai ragione. Soldato!”, disse poi rivolto a uno della truppa. “Porta qui un drone e il suo telecomando”.
-“Signorsì”.
Pochi istanti dopo, un drone modello R781 stava poggiato su una roccia in attesa di istruzioni. Il maggiore terminò di programmarlo, e premette il pulsante di avvio.
Il piccolo velivolo si alzò silenziosamente, spinto dalle sue ventole magnetiche, e si allontanò in direzione del Valico.
-“E se ci stessero inseguendo?”, ipotizzò il sergente.
-“Inseguendo? E perché mai? Nessuno a Terra Nova sa del Valico, e se Taylor glielo raccontasse, dovrebbe anche ammettere di aver mentito a tutti per tutto questo tempo. Non lo farà. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo. E una volta arrivati lì, vedremo se è vera la teoria del cervellone.
-“Sempre se riusciamo ad arrivarci. Fossi in Taylor, andrei lì e farei saltare tutto…”
-“In questo caso, dovremo ricorrere al Piano B”.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Ospiti inattesi (1x14.3) ***


Ospiti inattesi

-"Eccoli! Eccoli!", esclamò Zoe entusiasta puntando il ditino verso il cielo, vedendo il trasporto avvicinarsi, con le lontanissime cascate sullo sfondo.
-"Papà! Papà!", disse correndo verso il trasporto che non era ancora atterrato. Il padre la vide arrivare di corsa dall'abitacolo e dovette fare una manovra evasiva per evitare di atterrare sopra la bambina, totalmente presa dall'entusiasmo del volo imminente.
-"Malediz…", imprecò Jim richiamando il trasporto all'ultimo istante.
-"Quant'è stupida! Ma com'è possibile???", esclamo Josh.
-"Non chiamare stupida tua sorella Josh!", esclamò allora il padre. "Piuttosto, apri il portello: le avevo promesso che l'avrei portata alle cascate, e non voglio certo dargli questa delusione".
-"Bah!", si limitò a dire il ragazzo, slacciando la cintura di sicurezza ed avviandosi verso il portello.
Taylor era già sceso, sorreggendo il suo prezioso carico.
-"Shannon, sai dove posso trovare la tua figlia più grande? So che è molto ferrata in storia, probabilmente può darci una mano a datare questo strano oggetto."
-"Credo che sia con quel… come si chiama? Raynolds?"
-"Raynolds! Sono già due volte che lo pesco a…", lasciò la frase a metà osservando Jim. "…a… fare cose che non c'entrano molto con le sue consegne.", concluse poi. "Io vado a cercarlo. Tu cerca di essere di ritorno prima che faccia buio: questi affari non sono così facili da pilotare di notte. Non immagini neanche quanto è buio là fuori, lontano dalla colonia!"
-"Ricevuto.", rispose. "E tu lì dietro? Sei pronta? Tua madre dov'è?"
-"Non lo so!", rispose eccitatissima Zoe. "Partiamo? Partiamo?"
-"Un momento Zoe! Vuoi lasciare qui tua madre?!?"
-"Eccola, sta arrivando! Dài, andiamo."
-"Tutto bene, amore?", disse Jim alla moglie appena salita sul trasporto.
-"Certo. Stavo prendendo qualche snack. E Raynolds ha insistito per darmi la sua torcia."
-"Raynolds era a casa nostra???", disse Jim non troppo contento.
-"Sì, era venuto a chiamare Maddy per invitarla… non so bene dove…."
Jim guardò di traverso la moglie. "Non so bene dove?!? Ma…"
-"Jim,rilassati… E' grande ormai…"
-"Sì, anche le bestie che sono da queste parti sono grandi! E quel tipo, Raynolds, non mi piace…"
-"Non ti piace?!? E perché?", chiese la donna a Jim mentre questi faceva decollare il mezzo.
-"Come perché? Perché… perché…"
-"Voglio dire, perché non ti piace, a parte il fatto che vuole uscire con nostra figlia?"
-"Beh… mi sembra sufficiente. Praticamente è ancora una bambina, e…"
-"Andiamo, Jim, ha 16 anni! Lasciale un po' di spazio. Dopotutto…"
Ma non potè terminare la frase, ammutolita davanti all'incredibile spettacolo.
-"Oh mio Dio. Jim..!!!"
Jim li scorse appena in tempo per evitare la collisione. Quasi completamente silenzioso grazie alla propulsione elettrica, il trasporto era passato pressoché inosservato dai tre animali, che solo per pochi metri non lo travolsero.
L'apertura alare di uno solo di essi superava la lunghezza del trasporto stesso, e l'enorme testa sormontata dalla cresta era grossa quasi quanto la cabina di pilotaggio, lunga più di 3 metri.
Lo spostamento d'aria prodotto da uno di quei bestioni fu persino sentito da Jim sui comandi del trasporto.
I tre enormi pterodonti cambiarono rotta dopo il mancato impatto, e sembravano intenzionati a seguire il velivolo.
-"Guarda papà, stanno tornando!"
-"Lo vedo, piccola", disse Jim con un tono che non piacque alla madre, che guardò Jim con sguardo preoccupato.
-"Jim…"
-"Non so se possono costituire un problema, ma sono grossi. Molto grossi. E questo non mi piace."
-"Mamma! Mamma! Sono vicinissimi", gridava Zoe non riuscendo a contenere l'entusiasmo saltando da un finestrino all'altro dell'abitacolo, prima a destra e poi a sinistra per vederli tutti.
-"Jim… ci hanno circondato…"
-"Sembrerebbe di sì", disse Jim gettando un occhio preoccupato agli schermi retrovisori. "Non capisco che cosa vogliano. Non mi sembra che gli assomigliamo molto… non credo possano averci scambiato per uno di loro. Forse ci vedono invece come una minaccia… ma immagino che in quel caso che ci avrebbero già attaccato…"
-"O forse si stanno preparando a farlo…", continuò Liz sempre più preoccupata, tirando  a sé la bambina.
-"Papi, dici che ci attaccheranno?", chiese Zoe improvvisamente preoccupata.
-"No, amore, andrà tutto bene, vedrai. Sono solo curiosi…", inventò Jim, sollevando le spalle allo sguardo critico della moglie, come per dire "non mi veniva in mente nient'altro".
Però sembrava che avesse ragione. Gli enormi animali non sembravano avere atteggiamenti ostili; si limitavano a volare in formazione col trasporto, senza avvicinarsi né allontanarsi. L'occhio del più vicino, sulla destra del velivolo, scrutava curioso nell'abitacolo. A un tratto emise un fortissimo grido aprendo l'enorme becco, poi voltò la testa verso destra, e virò in quella direzione: con le ali perfettamente tese, pensò Jim, sembrava proprio un aereo.
-"Forse se ne vanno", azzardò Zoe.
-"Forse", disse dubbioso Jim. "Comunque siamo arrivati. Ecco le cascate."
Mentre anche gli altri tre enormi rettili si allontanavano, infatti, davanti al grosso finestrino anteriore dell'abitacolo apparivano ormai ben visibili le cascate, che fino ad allora la famiglia Shannon aveva potuto vedere solo dalla colonia.
Alte almeno 700 metri, giudicò Jim, creavano una colossale nube di minutissime goccioline, che colpite dal sole formavano un grandioso doppio arcobaleno che le abbracciava nella totalità, attraversato da un gruppo di volatili che potevano anche essere quelli che avevano appena lasciato il velivolo.
Incastonato tra le cascate e la foresta, un vasto lago dalle acque limpidissime ospitava sulle sue sponde una grande varietà di fauna all'abbeverata; giganteschi brachiosauri piegavano il lunghissimo collo per raggiungere la superficie dell'acqua, mentre triceratopi relativamente piccoli - ma comunque grandi quanto un'automobile – si avviavano placidamente all'abbeverata, facendo bene attenzione a non farsi travolgere dalle possenti zampe dei brachiosauri. Erano gli unici due tipi di dinosauri che Jim riusciva a riconoscere, ma c'erano decine di varietà, alcune che gli sembravano note, altre mai viste prima – probabilmente da nessuna persona al mondo. Creste ossee, pinne terrestri, gozzi rigonfi, code lunghissime o corte e rinforzate da placche ossee, alcuni strisciavano, altri correvano, quello saltava, l'altro si trascinava faticosamente. Alcuni erano seguiti dai loro "piccoli" – grossi quanto un orso Grizzly adulto – altri sembravano impegnati in danze amorose dopo aver soddisfatto la loro sete.
Tutti sembravano incredibilmente tranquilli, nonostante solo poco più in là ci fosse l'altra categoria di animali: i carnivori. Si riconoscevano facilmente, alcuni perché più piccoli e più agili, altri comunque giganteschi, ma con le zampe anteriori piccole e dotate di possenti artigli con cui uccidere e smembrare le loro prede, con l'aiuto di grossi e affilatissimi denti.
Mentre Zoe elencava tutti i loro nomi uno dopo l'altro, come se per tutta la vita non avesse fatto altro che studiare paleontologia, Jim cercava un posto adatto per atterrare senza causare scompiglio tra gli erbivori ma al tempo stesso senza diventare il pranzo dei carnivori. Malcolm gli aveva chiesto di raccogliere dei campioni dell'acqua che alimentava l'acquedotto della colonia: ultimamente era stata infatti rilevata la presenza di sostanze estranee nelle acque della colonia, e bisognava capire quale ne fosse la fonte e localizzarla, prendendo dei campioni in vari punti del fiume che dalle cascate raggiungeva i pressi della colonia.
-"Qui mi sembra sicuro", disse infine dirigendo il velivolo su una cresta abbastanza lontana dalle cascate da consentire un atterraggio asciutto.
-"Signore", disse poi scherzosamente mentre disattivava il motore, 'Dino-Air' vi ringrazia per aver viaggiato con noi e vi augura una piacevole permanenza a Prehistoric Beach".
 
-------------------
Taylor girò la mappa appesa al muro per consultare quella che rappresentava i dintorni della colonia. Era piuttosto approssimativa, avendola compilata solo sulla base degli appunti mentali che aveva preso durante i primi mesi di permanenza solitaria nella giungla.
L'albero del pellegrino, il Canyon, le Cascate, il Punto di Arrivo - dove aveva avuto il suo primo incontro col Cretaceo –,  La Spiaggia, il Terminus.
Aveva determinato le posizioni di ogni luogo alla vecchia maniera, con la bussola e contando i passi – nessun Sistema di Posizionamento Globale, nel Cretaceo – ma ora avrebbe potuto definire con precisione le posizioni, e colmare le numerose lacune della mappa, grazie al trasporto aereo che inaspettatamente era entrato a far parte della dotazione della colonia. E anche le perforatrici nucleari e gli esplosivi sarebbero stati di grande utilità alla Causa: Lucas li aveva portati lì per distruggere tutto, e spremere come un limone quel territorio vergine, solo per soddisfare i capricci della corporazione che dominava il mondo del 2149 – e che ne stava causando la rovina.
-"Non lascerò che succeda di nuovo", mormorò deciso rivolto più a sé stesso che al soldato che dietro di lui attendeva ordini sulla porta.
-"No, signore", disse quello che non sapeva bene cosa rispondere.
-"Non lascerò che qualche vecchio riccone egoista porti i suoi bassi ideali qui a Terra Nova, distrugga tutto quello che abbiamo faticosamente costruito, e insinui il tarlo dell'egoismo e dello sfruttamento anche nelle giovani menti dei nuovi abitanti di Terra Nova!"
Si riferiva naturalmente ai 35 bambini "Noviani", quelli che non avevano mai conosciuto la bruttezza e la pesantezza di un mondo che stava soffocando nei suoi stessi rifiuti: loro erano nati qui, sotto un cielo azzurro e pieno di speranza, incarnando loro stessi la speranza di chi li aveva messi al mondo nella riuscita della Missione: un nuovo mondo, una nuova Terra,… Terra Nova.
Le cose non erano iniziate nel migliore dei modi: già coi primi inganni del generale XXXX TBW, il tradimento del figlio Lucas, i successivi ricatti e tradimenti… Taylor riflettè su quel punto: sembrava che, fino ad allora, tutta la vita di Terra Nova, segretamente, si fosse sviluppata intorno a quei due aspetti gretti e meschini dell'atteggiamento umano: gente che ricattava altra gente, persone che tradivano altre persone perché sotto ricatto; ricattati che tradivano altri ricattati per salvare i propri familiari. Persino la piccola Leah.
La ricordava, dolcissima, quando ad appena tre anni gli correva in braccio felice ogni volta che lui tornava da un'esplorazione fuori dai cancelli, ogni volta con un nuovo regalo per lei: un fiore grande quanto la sua testa, il guscio incredibilmente e inaspettatamente variopinto di un uovo di dinosauro, un sasso tondo che racchiudeva un geode, una foglia così enorme da potersi usare come ombrello. La piccola Leah l'aveva portata con sé per giorni, che piovesse o ci fosse il sole, fino a quando non fu talmente secca e stropicciata da non sembrare più nemmeno una foglia. Allora diventò un giaciglio, per i piccoli pupazzi a forma di dinosauro che Taylor scolpiva per lei nel tenero legno delle enormi felci che crescevano lì intorno.
A vederla giocare con quei rudimentali giocattoli, parlare con loro, prestar loro la voce, mostrarli orgogliosa agli altri bambini, non poteva non pensare a quello che si era lasciato dietro, nel 2149. La moglie prima, i bambini poi, non più bambini, ma diventati adolescenti ribelli prima, e adulti reazionari dopo. Fino all'ultimo aveva sperato che la figlia più piccola, crescendo, sarebbe riuscita a riportare sulla strada giusta Lucas, ma lei non ci aveva neanche provato: conosceva troppo bene il fratello, sapeva che qualcosa dentro di lui, nel suo cuore, ma più nella sua testa, si era rotto quando la loro mamma era morta nell'incidente. All'inizio le era sembrato solo arrabbiato, ma quando dopo giorni, dopo settimane, dopo mesi dall'incidente, quando lei andava a portare fiori sulla tomba di mamma mentre lui preferiva andare a ubriacarsi con gli amici, non ancora maggiorenne, si rese conto che quello ormai non era più suo fratello.
Anche Taylor se n'era accorto. Anche lui non era stato più lo stesso, dopo la morte della mamma, dopo la pazzia del figlio, ma soprattutto dopo la scoperta del portale. Taylor si rivedeva a farea tutti quegli "strani discorsi" ai suoi figli, quegli "assurdi progetti", come li definiva Caroline, eppure lui non si stancava mai di invitarla a seguirlo, ad andare con lui, ad aiutarlo nella ricostruzione. Ma lei non poteva farlo, diceva. Non avrebbe tradito il suo mondo morente. Aveva detto proprio così, "tradito". Ancora quella parola, "tradimento"; sembrava che nel mondo ormai non contasse nient'altro.
Le grida dei bambini che giocavano all'esterno lo riportarono alla realtà. Si affacciò, e vide che c'era anche lei, proprio Leah, che rincorreva scherzosamente il fratellino Sam, mentre lui cercava di non farsi acchiappare scartando continuamente a destra e a sinistra. Proprio come lui aveva insegnato a Leah, e come lei aveva evidentemente insegnato al fratellino.
"E' così che fanno i Gallimimus per sfuggire ai Carnotauri", le aveva spiegato tenendola sulle ginocchia ancora una volta. Lei lo ascoltava rapita, con gli occhioni blu fissi nei suoi, attenta a cogliere ogni sfumatura nella voce, ogni espressione del viso, mentre lui era intento a raccontarle un'altra "storia paurosa", come le chiamava lei, sobbalzando ogni volta che lui la sorprendeva con un colpo di scena nella storia, che ogni volta includeva immancabilmente un gigantesco Carnotauro che sbucava all'improvviso da qualche parte. Lei si lasciava sfuggire sempre un gridolino di paura, ma poi scoppiava a ridere quando la mano di lui, che fino a un istante prima mimava una bocca dentuta e famelica, diventava una inarrestabile "macchina del solletico" sulla sua pancia.
D'un tratto i bambini, che correndo erano arrivati fino al recinto, si arrestarono di botto, guardando fuori.
Taylor drizzò le orecchie.
Gli altri bambini raggiunsero Sam e Leah, e presto si formò un capannello davanti al recinto. Taylor si portò il binocolo agli occhi, ma lo slasher fu più veloce: un colpo di coda sfrecciò tra i pali del recinto, mancando di pochissimo uno dei bambini che, più coraggioso (o più scriteriato) degli altri, si era staccato al gruppo per andare a guardare quale fosse la fonte del ringhio che aveva sentito.
La temibile coda dello slasher aveva mancato il bersaglio, ma i compari dell'animale, intorno, avevano approfittato della distrazione delle prede per insinuarsi, inosservati, sotto la recinzione.
-"Leah!" Gridò allora Taylor. "Filate via di lì!"
I due bambini si voltarono verso di lui.
-"Subito! Non state lì impalati!"
Vedendo che il comandante aveva già puntato la pistola sonica, subito imitato dal soldato accanto a lui, non se lo fecero ripetere due volte: presi per mano i bambini più piccoli,sfrecciarono via, nascondendosi dietro l'angolo dell'abitazione più vicina, del tutto decisi a non perdersi la scena.
Taylor e il soldato spararono due colpi, ma andarono a vuoto: i due slasher li videro arrivare e li evitarono.
O almeno così sembrò a Taylor, che scambiò uno sguardo perplesso col soldato, che stava guardando incuriosito la sua pistola chiedendosi se non fosse invece guasta.
Puntarono di nuovo le pistole, dopo averne aumentato la potenza, ma si trattennero dopo aver visto che stava succedendo qualcosa di strano. Portarono le pistole al proprio corpo, mettendole in sicura, mentre si avvicinavano alla balaustra chiedendosi cosa stesse succedendo.
Quattro slasher si erano posizionati intorno a un loro compagno, quasi a sua copertura, dimenando minacciosi la coda. Ma questa non era la faccenda più strana. In una zampa, il quinto slasher teneva qualcosa; da quella distanza Taylor non riusciva a capire, sembrava un pezzo di legno. Ma sembrava che l'animale lo stesse impugnando. O forse era rimasto ferito da una freccia dei Sixers?!?
Quello che vide fu ancora meno chiaro. Lo slasher, coperto dai suoi, si era abbassato col muso vicino al terreno, e sembrava che stesse scavando, in cerca di qualcosa, aiutandosi con la freccia, o qualunque cosa fosse. Sembrò però non aver trovato quello che cercava, perché poi si rialzò, e per un attimo sembrò proprio che guardasse verso Taylor, anche se con un occhio solo, a mò di uccello.
Improvvisamente lanciò un grido, lasciò cadere la freccia, e si diresse verso la recinzione, scomparendo nella giungla, seguito subito dopo dai suoi compari che, non potè fare a meno di pensare Taylor, gli stavano coprendo la ritirata.
"Soldato, …" iniziò Taylor riponendo l'arma nella fondina.
"Sì, signore", rispose quello senza farlo nemmeno terminare e avviandosi di corsa verso il punto dove gli animali avevano  svolto quella strana manovra, cercando di raggiungerlo prima che lo facessero i bambini, che usciti dal loro nascondiglio già si stavano avvicinando, timorosi ma curiosissimi, a quel punto vicino al recinto.
"Da' qua, ragazzo", si trovò però a dire a Sam, che era stato più veloce di lui. Si stava avvicinando al bambino con la mano tesa per prendere la freccia, non capendo perché avesse fatto quel curioso giro per avvicinarsi al bastoncino, ma ben presto capì, e si fermò giusto in tempo, prima di fare un guaio irreparabile con  lo scarpone.
-"Comandante, forse è meglio che venga qui di persona…", gridò poi il soldato mentre il bambino gli porgeva il bastoncino con un'espressione indecifrabile sul volto.
Taylor non se lo fece ripetere due volte, e in un istante fu accanto al soldato, che si trovò a dover bloccare il comandante con la mano per evitare che camminasse su quel pezzo di terreno.
Taylor guardò sbigottito la mano del soldato che lo tratteneva, mentre quello balbettava uno "Stia attento, signore!", e nel farlo gli cadde lo sguardo sul terreno davanti a lui.
C'erano dei disegni.
Taylor guardò dapprima in viso il soldato, che non sapeva fare altro che passare lo sguardo continuamente da Taylor, ai disegni, al bambino, mentre si rigirava tra le mani il bastoncino.
Taylor se lo fece dare, e chiese al bambino:
"Sam, come mai hai fatto questo disegno proprio qui e proprio adesso?", gli chiese temendo la risposta.
"Non l'ho fatto io, signor Taylor. L'ha fatto lo slasher!"
"Che cosa mi stai raccontando, ragazzino?? I dinosauri non fanno disegni!... Non si dicono bugie al…", disse allora mentre duemila pensieri gli affollavano la mente.
-"Non sta dicendo bugie!", intervenne Leah in sua difesa. "E' stato lo slasher a fare quel disegno, con quel bastoncino!"
-"E' vero, l'ho visto anch'io!", confermò un altro bambino, che fece un passo indietro impaurito quando Taylor si volse verso di lui con la faccia truce di chi non vuole farsi prendere in giro da quattro mocciosi.
-"Soldato, porta via questi ragazzini. E voglio una recinzione intorno a quest'area entro 2 minuti!!"
-"Sissignore, comandante!", disse quello scattando sull'attenti.
-"Soldato! Sono già passati 10 secondi!!", gli disse allora Taylor vedendo che se ne restava lì impettito.
-"Sì, signore, scusi signore." Si portò allora una mano alla radio sulla spalla chiamando rinforzi, mentre cercava con difficoltà di allontanare quella che gli sembrava un'orda di bambini incuriositi.
------------
-"Che cosa???", disse Malcolm al soldato sulla porta, sicuro di aver capito male.
-"Forse… forse è meglio che si rechi direttamente lei sul posto, signore…"
-"Un dinosauro artistico! Ma dico io!!", sbottò Malcolm mentre oltrepassava il soldato uscendo dal laboratorio.
"Il soldato non riuscì a trattenere un sorriso".
"Lo trova divertente? Con tutto il lavoro che ho da fare, dover dar retta agli scherzi di un comandante esaurito?!?"
"No signore. Mi scusi signore", disse il soldato tornando serio. "Sto solo eseguendo gli ordini ricevuti, signore".
"Ordini…", borbottò Malcolm mentre usciva, e stava ancora borbottando qualcosa, quando arrivò in vista del capannello che si era formato vicino alla recinzione.
"Si può sapere chi è lo spiritoso che non ha niente di meglio da…", esordì facendosi largo nel gruppo avvicinandosi al terreno disegnato. Ma notò subito che nessuno stava ridendo.
-----------
Raynolds stava sfogliando senza leggerlo il Plexpad di Maddy in piedi accanto alla porta, mentre aspettava che la ragazza uscisse dalla doccia. La stava immaginando immersa in una nuvola di vapore bollente mentre usciva dalla cabina, una gamba affusolata che cercava a tentoni il tappetino su cui poggiarsi, subito seguita da un corpo sodo e ben tornito, le cui curve erano esaltate dalle goccioline d'acqua che vi scorrevano sopra. Sussultò quando sentì chiamare il suo nome, temendo per un attimo che fosse Jim Shannon, che lo sorprendesse a casa sua, mentre sua figlia era nella stanza accanto a fare la doccia, e lui lì che pensava a…
Tirò un sospiro di sollievo quando vide il soldato Harry affacciarsi alla porta mentre ripeteva il suo nome.
-"Raynolds, sei qui? C'e' nessuno?"
-"Sei tu, maledizione… Mi hai fatto prendere un colpo! Che… che vuoi?!?"
-"Il comandante Taylor ti vuole a rapporto."
"Subito!", aggiunse quando vide Maddy entrare dall'altra stanza, vestita solo dell'accappatoio e intenta ad asciugarsi i lunghi capelli neri.
Maddy restò per un attimo paralizzata, il suo sguardo che passava continuamente da Raynolds al soldato Harry, senza sapere cosa dire.
"Ci… ci vediamo più tardi, signorina Shannon", tirò corto Raynolds uscendo, per poi tornare indietro di qualche passo schiarendosi la voce, nel vedere che il soldato si tratteneva ad ammirare l'imbarazzatissima Maddy, che istintivamente portò le braccia a sé come per proteggersi.
"Complimenti, è proprio un bel bocconcino!", lo schernì poi Tom Harry uscendo, col quale nonostante la differenza di grado Raynolds era amico da lungo tempo.
-"Falla finita, Tom.",e gli assestò un pugno su una spalla. "E' già abbastanza complicato così. E tu non dirai una parola al signor Shannon, altrimenti…"
-"Di che ti preoccupi? Dopotutto, eri solo a casa sua mentre la figlia usciva nuda dalla doccia…", rise Tom, prendendosi un altro cazzotto da Raynolds, ma immediatamente entrambi si ricomposero quando da una curva sbucò una giovane coppia che teneva per mano un bimbo di pochi anni.
-"Grazie, soldato Harry", disse con voce impostata Raynolds per darsi un contegno.
"'Grazie'?!?", mormorò il ragazzo alla moglie mentre passavano oltre. "Credevo che i militari dicessero solo 'sissignore' e'agli ordini signore'!", ridacchiò passando un braccio intorno alla vita della donna.
Raynolds li osservò andare via, impettito ma al contempo pensieroso, nel vederli.
-"Ahi ahi, conosco quello sguardo! E non è quello da una botta e via!!", disse Tom interrompendo i pensieri di Raynolds. "Devi deciderti amico mio: te la vuoi fare o te la vuoi sposare?!?"
-"Taci, idiota!", gli disse, mentre intanto arrivavano sul piazzale. "Ma quello non è il comandante Taylor?!? Che sta succedendo??", disse poi, mettendosi d'improvviso in allerta ed estraendo la pistola all'unisono con l'amico, portandosi in un attimo a fianco di Taylor, l'uno a copertura dell'altro.
-"Signore, è tutto a posto?", chiese Raynolds pistola in pugno, fattosi largo tra la folla.
-"Sergente Raynolds! Rinfoderi la sua arma, non c'è nessun pericolo", disse allora Taylor. "Soldato Harry, è tutto a posto. Mi porti l'attrezzatura fotografica del laboratorio. Dov'è la tua… la figlia degli Shannon?", chiese poi a Raynolds.
-"E' al sicuro a casa da sola, signore…"
Taylor alzò un sopracciglio. "Molto bene, sergente. Vuole assicurarsi che tra poco si trovi al sicuro qui in nostra compagnia, invece?"
"Signorsì", rispose imbarazzato Raynolds facendo per andarsene.
Ma la ragazza, vedendo Raynolds andare via così di fretta, si era preoccupata, e si era vestita in tutta fretta per vedere cosa stesse succedendo. Arrivò che aveva ancora la lunga chioma bagnata che le incorniciava il viso facendola sembrare ancora più bella del solito, pensò Raynolds.
"Ah, signorina Shannon, molto bene.", disse Taylor vedendola, e guardando prima Raynolds e poi di nuovo la ragazza che cercava inutilmente di mettersi a posto i capelli. "Vorrei un suo parere su una cosa che c'è nel mio ufficio…. ", tagliò corto poi, "ma, già che è qui, anche su questo:", e si scostò per permettere alla ragazza di vedere i disegni tracciati sulla sabbia.
"…sono… disegni?", ipotizzò Maddy corrugando la fronte in quel modo che faceva impazzire Raynolds ogni volta.
-"Già.", confermò Taylor. "Che lei sappia, gli slasher hanno 'inclinazioni artistiche', per così dire?".
-"Non capisco, cosa c'entrino gli slasher… Be', però… sì,ci sono delle impronte, qui", disse poi accovacciandosi per osservarle meglio, "e.. be'…. arrivano proprio a poca distanza da… O mio dio, è rimasto ferito qualcuno?", domandò poi rialzandosi allarmata.
-"Ferito? Cosa intende?", chiese Taylor.
-"Sì… quelle impronte sono praticamenteattaccate ai disegni… credo che lo slasher… anzi, gli slasher - ne ho contati almeno quattro - abbiano aggredito chi ha fatto questi disegni…"
-"Erano cinque, a dire la verità. E non hanno aggredito nessuno", precisò Taylor colpito dall'abilità di Maddy nell'identificare le impronte. E le raccontò lo strano episodio.
----------------
La spiaggia su cui erano atterrati non era composta di sabbia, ma di piccoli ciottoli multicolori, per la felicità di Zoe che sembrava decisi a raccoglierli tutti, raccogliendone prima uno, poi scartandolo subito dopo per rimpiazzarlo con uno più bello.
-"Cristalli…", mormorò Liz accovacciandosi.
-"Cristalli?!?", le fece eco Jim, che sentendo parlare di cristalli immaginava pietre preziose, o quantomeno pietre sfaccettate.
-"Sì, anche se levigati dalla risacca del lago, questi ciottoli sono in realtà cristalli; o almeno, lo erano. Ma quello che è strano è che sono di minerali molto diversi, che normalmente non si trovano insieme, in natura. Anzi…"
Elizabeth osservò con più attenzione la superficie dell'insolita spiaggia, notando un altro aspetto curioso: i cristalli non sembravano disposti a casaccio, ma stranamente raggruppati per colore, anche se non per tipo. Sembrava quasi che ci fosse una logica.
-"Dov'è Zoe?!?", chiese d'un tratto Jim girandosi intorno, e allarmando subito Elizabeth che si alzò e si voltò verso di lui, anche lei guardandosi intorno.
-"Era qui un istante fa! ZOE!", gridò allora. Ma il vento aveva di nuovo spostato su di loro la nube della cascata, dopo quel breve momento di chiarore che gli aveva permesso di atterrare, e la visibilità non superava il metro.
-"ZOE!!", gridò Liz.
-"ZOE!!", ripetè Jim, ma non potevano allontanarsi troppo dal mezzo, ricordandosi del dirupo poco distante, al momento invisibile.
Il dirupo.
Liz sgranò gli occhi.
-"ZOE! RESTA LI' DOVE SEI!! NON TI MUOVERE!!", gridò Jim rivolto alla nuvola che l'avvolgeva.
-"PAPA'!", piagnucolò in risposta Zoe in lontananza. "Dove siete, non si vede niente!!!". Sembrava proprio sul punto di scoppiare in lacrime, se non l'aveva già fatto.
-"RESTA LI' DOVE SEI, TESORO. NON TI MUOVERE! SIEDITI A TERRA, PAPA' TI VIENE A PRENDERE!!"
La bimba, terrorizzata, era circondata da un biancore uniforme, e teneva stretto al corpo il mucchietto di sassi che aveva raccolto, girandosi attorno con le lacrime agli occhi, non riuscendo a vedere niente. Provò a muovere un passo, ma il suo piede non trovò dove appoggiarsi.
"ZOE!!!", gridò Jim sentendo l'urlo di Zoe, seguito da un acciottolio di sassi che franavano. Furono proprio il grido e il rumore dei sassi caduti a permettergli di capire in che direzione muoversi. Ma la piccola non era precipitata ne dirupo: Jim quasi inciampò su di lei, rannicchiata in un avvallamento del terreno, circondata dai suoi sassi, in lacrime.
"PAPA!", gridò saltandogli al collo e stringendolo forte.
-"E' tutto a posto, amore, sono qui", la rassicurò Jim. "Rimani sempre vicino a me. Questo posto è bello, ma è un po' pericoloso. Hai preso tutti questi sassi?", le sorrise poi, cercando di farle dimenticare il brutto momento.
La bimba tirò su col naso e si asciugò le lacrime con la manica del golfino. Era ancora un po' imbronciata, quando scese dalle braccia di Jim e iniziò a raccogliere i sassi da terra.
-"Sono tutti così belli…. Ma non ce la faccio a portarli tutti!", si lamentò, e sembrava sul punto di scoppiare di nuovo a piangere.
-"Beh… non vuoi lasciarne qualcuno anche per gli altri bambini?", le chiese mentre la aiutava a raccoglierne qualcuno. Zoe lo guardò perplessa.
-"Facciamo così: adesso ne raccogliamo uno per ogni colore… anzi, due, uno per te e uno per Leah…"
Un sorriso riaccese finalmente il viso della bambina, che già si immaginava a correre verso la sua amichetta con in mano quel bellissimo regalo per lei.
-"Liz, da questa parte!", disse poi, ricordandosi della moglie che sicuramente stava per impazzire per l'ansia, sebbene a pochi metri da loro. "Attenta a dove metti i piedi, il terreno è un po' sconnesso, ma non c'è pericolo."
Liz emerse dalla nebbia poco dopo, lo sguardo affranto, finchè non vide Zoe che sorridente correva verso di lei mostrandole il suo bottino, completamente ignara dello spavento che aveva fatto prendere alla madre, che prima guardò Jim stupita, e poi non potè fare altro che prendere in braccio la figlia e schioccarle un bacio sulla guancia.
-"Sono bellissimi!", le sorrise poi quando la bambina iniziò a decantarle le caratteristiche dei suoi sassi.
-"…questo è per Leah, e questo è per Jennifer, che il blu è il suo colore preferito…"
-"Credo che dovremmo avviarci", disse poi Jim. Là in mezzo agli alberi c'è una specie di sentiero, e le fronde dovrebbero ripararci un po' dal vapore, permettendoci di vedere dove mettiamo i piedi mentre scendiamo. Prendo i contenitori.
Così dicendo, si diresse al trasporto a prendere i contenitori in cui raccogliere i campioni d'acqua per Malcolm.
Poco dopo si avviarono lungo il varco tra gli alberi per scendere fino al lago, e Jim non potè fare a meno di notare che si trattava effettivamente di un sentiero, e non solo di un passaggio naturale tra gli alberi. Ma quello che più lo colpì furono i muretti che lo delimitavano da entrambi i lati. Liz sembrò non farci nemmeno caso, mentre teneva per mano Zoe che camminava in equilibrio su uno di essi.
-"Shannon, qui Taylor, mi ricevi?", gracchiò a un tratto la radio.
-"Qui Shannon, avanti", rispose Jim.
-"Shannon, avete raccolto i campioni?"
-"Negativo, Taylor, ci stavamo accingendo adesso a raccogliere il primo…"
-"Beh, fate in fretta e lasciate perdere gli altri, per il momento. Ho bisogno di te qui alla colonia".
Jim guardò perplesso la moglie, senza capire.
-"Ci sono problemi?"
-"Niente di serio, ma abbiamo bisogno sia di te che di tua moglie"
-"Entrambi? Ma che diavolo succede?", pensò Jim, limitandosi però a dare il ricevuto.
-"Roger, stiamo arrivando, passo e chiudo".
Si affrettarono a raccogliere il campione appena giunti al lago, e tornarono al trasporto, per poi dirigersi velocemente alla colonia.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Sorprese (1x14.4) ***






-"Elizabeth! Sei arrivata! Presto, vieni qui!", disse Malcolm entusiasta appena vide Jim e Liz sulla porta del laboratorio accompagnati da Taylor. Jim non si era ancora abituato a sentire Malcolm parlare con quel livello di confidenza con sua moglie, ma pensò Taylor a distrarlo, almeno un po'.
-"Malcolm sta analizzando al radio-carbonio il libro trovato sulla nave. A quanto pare la questione è molto complicata: sembra che quel libro non sia fatto di carta, o di pergamena, o di papiro, o che so io. In effetti, non è fatto nemmeno di materia organica."
Jim lo fissava perplesso. "Ho sempre odiato la chimica…"
-"E' un fossile. Quel libro è un fossile. Estremamente insolito, a base salina, dice Malcolm, ma in ogni caso un fossile."
-"E questo significa…."
-"Significa che quel libro ha almeno 1 milione di anni."
Jim si limitò ad ascoltare, gettando ogni tanto un occhio a Jim e Malcolm. "A quanto pare aveva ragione Zoe", disse poi ripensando a quando la figlia aveva detto che il legno della polena era freddo. "Invece Maddy cosa c'entra?", continuò vedendo poi la figlia sbucare dalla stanza vicina con un Plexpad in mano.
-"Le sue conoscenze di lingue antiche potrebbero esserci utili per tentare di decodificare la scrittura sul libro. E' stata all'occhio a caricare sul suo plexpad alcuni dati; il libro è troppo fragile per essere spostato,"
"Antiche…", mormorò Jim. Non ricordava se avesse mai sentito parlare di scritti vecchi un milione di anni. Ma, dopotutto, era solo un poliziotto. Guardava sua figlia parlare con Malcolm e Liz con tono così professionale, e parlando di argomenti per lui così complessi, da restarne piacevolmente colpito.
--------------------
-"Ecco. Ecco, è lì!", disse il maggiore indicando sul monitor le immagini del Valico trasmesse dal drone. Solo che non c'era nessun valico, solo un mucchio di pietre.
-"Ne sei sicuro? Io vedo solo sassi."
-"Sì, c'è quella spaccatura sulla roccia, lì, a forma di L, la riconosco. Avevi ragione, quei bastardi hanno fatto saltare tutto."
-"Sembra che dovremo usare le maniere forti. Come sta il nostro bello addormentato?", chiese poi riferendosi a Lucas che non aveva ancora ripreso i sensi, dopo essere svenuto subito dopo averli raggiunti dopo lo scontro col padre.
-"Il cicatrizzatore ha fatto il suo dovere, anche se ci è voluto un po' per via della gravità delle ferite. Dovrebbe svegliarsi a momenti."
Mira, che non aveva aperto bocca da quando erano partiti, stava sbocconcellando uno snack seduta su una roccia poco distante, osservando seria i due soldati, mentre analizzava le varie possibilità che gli si presentavano.
Col portale fuori uso e Hope Plaza distrutto, era davvero il lago salato dietro al Valico la loro unica speranza. A qualunque alternativa pensasse, l'unica sensata gli sembrava quella. Con tutti gli armamenti e le attrezzature che si erano lasciati dietro nella fuga, avevano reso Terra Nova in grado di resistere a qualunque loro attacco… e quelli non dovevano nemmeno fare i conti con la fauna locale. Mentre loro, da quando erano partiti,avevano già perso tre uomini, e credeva che anche allora un gruppo di slasher li stesse seguendo. Ma non capiva perché non avessero ancora attaccato. Il maggiore era sicuro di sé, e determinato a raggiungere io valico, attraversarlo, attivare i generatori una volta arrivati ai relitti e, a detta sua, era fatta.
Lei non ne era altrettanto sicura; tanto per cominciare, Taylor poteva aver eliminato il Valico… e per l'appunto era proprio quello che aveva fatto. Poi non era detto che la teoria di Lucas fosse corretta: avrebbero potuto sprecare la loro intera scorta di nuclei per nulla, se non avesse funzionato. Ma Mira aveva la sensazione che se avesse funzionato sarebbe stato peggio. Si chiedeva perché quegli idioti non ci avessero pensato. Ma credeva che la risposta fosse nella domanda stessa: erano degli idioti. Così aveva elaborato un piano: sarebbe bastato tenersi a più di 10 metri dall'equalizzatore di campo temporale, nel momento cruciale, per non essere investita dal suo effetto.
-"Che hai da guardare?", la apostrofò in malo modo il maggiore.
-"Non sto guardando", gli rispose con calma flemmatica Mira , "sto mangiando. Scusa se non te ne offro, sai com'è", continuò senza batter ciglio.


"Ma va' al diavolo. Ancora non ho capito perché dobbiamo trascinarcela dietro", disse poi rivolto al capitano.
"Perché altrimenti invece di vedere lei mangiare uno snack, vedrai un carnotauro mangiare la tua testa di cazzo, va bene?", gli ringhiò contro il Maggiore stando a un centimetro dal suo naso. "E ora smettila di rompere e vai a svegliare Lucas. Domani saremo al valico… o quel che ne resta, e non voglio perdere altro tempo in questo posto, voglio che la macchina per allora sia già pronta."
"E va bene", ringhiò poi congedandosi. "Ma una volta che saremo al lago salato, non ci saranno dinosauri a salvarti, stronzo!", pensò tra sé e sé.
Mira non si lasciò sfuggire il sorriso che covava dentro di sé.
 ---------------
-"E questo è il nostro pezzo forte", esclamò Taylor preannunciando a Jim quanto avrebbe visto di lì a poco nelle foto dell'Occhio.



I due si erano recati nella stanza-database sotto al Comando, e Taylor stava regolando la strumentazione mentre Jim si accomodava su una delle poltroncine.
-"Lasciami indovinare: 'Fuga dal pianeta delle scimmie'…?", ipotizzò schernendolo Jim.
-"C'è poco da scherzare, Shannon. Tua figlia ha mandato all'aria tutte le mie belle teorie cinematografiche.", continuò Taylor mentre strani segni sulla sabbia comparivano sull'aeroschermo, circondate da immagini più piccole prese da altre angolazioni. "Ricordi quella pioggia di meteore di qualche giorno fa? Non so come accidenti abbia fatto tua figlia a prevederla precisa al secondo, ma dice che se c'è riuscita è perché sa esattamente quando siamo, con precisione appunto del secondo. Casomai ti interessasse saperlo, ci troviamo 87 milioni, 625 mila 327 anni", gettò un occhio al suo plexpad per poter andare avanti, "7 mesi, 12 giorni, 3 ore e 18… diciannove minuti PRIMA della nostra stessa partenza per arrivare… qui."
-"…ma in una linea temporale alternativa…"
-"Tua figlia ci si è messa di impegno per mandare all'aria tutte le nostre teorie.", disse serio fissando Jim.
-"Vorresti dire…"
-"Voglio dire che se resto affacciato al balcone qui sopra per 87 milioni di anni e spicci, mi ritroverò probabilmente seduto alla mia scrivania a [New York TBC]. ".
-"Beh, questo… questo non è del tutto esatto…", disse Maddy entrando. "Per la precisione si troverebbe a un centinaio di chilometri a largo di San Francisco. Se… se volete, vi faccio vedere la simulazione che ho preparato…", disse timidamente Maddy.
Taylor fece un gesto un po' teatrale per lasciarle il posto ai comandi. La ragazza avvicinò allora il suo plexpad alla piastra di interfaccia video, impartì alcuni comandi, e la gigantografia della Terra nel 2149 prese il posto della foto sullo schermo.
-"Questo… questo grosso grumo giallastro che vedete sullo schermo e'… be'…"
Jim, che non aveva mai visto una foto satellitare della Terra, si avvicinò incuriosito alla proiezione, voltandosi poi verso Maddy in attesa di spiegazioni.
-"…il nostro pianeta. Il nostro povero pianeta, aggiungerei, visto come lo abbiamo ridotto. Sapete che i nostri antenati lo chiamavano "pianeta azzuro"? "
-"E perché mai? Se c'è un colore che manca in questa foto, è l'azzurro!", continuò dubbioso Jim.
-"Non è stato sempre così." Premette un punto sul plexpad, e l'immagine iniziò ad animarsi. Le nuvole si diradavano, si schiarivano, da gialle diventavano bianche. L'indicatore in basso a sinistra indicò prima 2100, poi 2050. Presto le nuvole si ridussero solo ad alcune chiazze qua e là, mentre il resto dello schermo era ormai dominato dall'azzurro degli oceani interrotto dal verde e dal marrone della terraferma. L'indicatore segnava 1950.
-"Ecco, questo… questo è come il nostro pianeta appariva circa 200 anni fa. Non era bellissimo?", disse Maddy con un sorriso velato di tristezza.
-"Chiedo scusa, signorina Shannon, ma in che modo questo ha a che vedere con la nostra situazione?", interruppe Taylor.
-"Ancora niente. Ma guardate cosa succede se faccio avanzare la simulazione, ma questa volta più velocemente".
Molto più velocemente: l'indicatore raggiunse in un attimo lo 0000 d.C. e continuò a diminuire, solo che gli anni, i decenni e i secoli non erano più distinguibili, perché ora il contatore si riavvolgeva al ritmo di centinaia di migliaia di anni al secondo. Gli astanti videro i continenti dapprima muoversi timidamente, poi il Sudamerica iniziò a puntare decisamente verso l'Africa, mentre la sperduta Australia sembrava voler gareggiare per raggiungere prima di lei la massa Eurasiatica.
Il contatore si fermò su -184.000.000: tutti i continenti erano ora ammassati in un unico supercontinente.

-"Vi presento Pangea - che in greco significa 'tutte le terre'; è così che appariva il nostro pianeta 100 milioni di anni fa. Quel puntino rosso che vedete è dove ci troveremmo noi se potessimo fare un viaggio a ritroso nel tempo di altri 100 milioni di anni senza muoverci da questa stanza."
-"Ancora uno? Grazie, per questa vita ho già dato!", esclamò Jim.
-"Adesso riporto avanti la simulazione di qualche milione di anni….", continuò Maddy manovrando il suo plexpad, "ecco, così.". Questa volta l'indicatore si fermò su -87.000.000 . Il puntino rosso si trovava in un punto sulla terraferma… alcune centinaia di click a largo di San Francisc0.
La simulazione si fermò.
Jim e Taylor pendevano letteralmente dalle labbra di Maddy, che sentendosi i loro occhi addosso ebbe un attimo di incertezza, non sapendo bene cosa dire. Poi continuò:
-"Se vi state chiedendo come mai non c'è traccia nel 2149 delle attività svolte qui – pale eoliche, recinzioni, la colonia stessa – beh, è perché si trova tutto al sicuro sul fondo del pacifico. E probabilmente si è conservato anche abbastanza intatto… come è già successo una volta. L'evoluzione geologica del pianeta è ciclica, e gli strati litografici…"
-"Maddy… credo che ci stiamo perdendo. Non avresti una…. una versione semplificata della tua teoria?", la interruppe Jim.
-"Teoria? Non è una teoria! Ho qui tutti i dati, ho riguardato tutti i calcoli una decina di volte, la pioggia di meteore, la distanza della Luna, e…"
-"Tranquilla, Maddy, non volevo mettere in dubbio i tuoi calcoli", la tranquillizzò Jim mettendole una mano sulla spalla. "Ti chiedevo solo di… beh, di arrivare al punto".
Maddy spense il suo plexpad e l'immagine del pianeta lasciò di nuovo il posto a quella dei misteriosi disegni sulla sabbia; ma al momento nessuno la stava guardando.
-"Il punto, papà… comandante Taylor… è che dove ci troviamo adesso c'era un oceano milioni di anni fa, e ci sarà di nuovo tra altri 87 milioni di anni. C'è solo un problema, in tutto ciò", aggiunse infine.
-"Chissà perché me lo sentivo", disse Taylor aggrottando la fronte e portandosi le mani ai fianchi mentre guardava Maddy attendendo che terminasse la sua esposizione.
-"I calcoli che ho fatto non sono complicati", continuò la ragazza, chiunque nel 2149 avrebbe potuto farli, persino con un vecchio con un plexpad modello T, se solo qualcuno qui da Terra Nova avesse inviato pochi semplici dati su qualche osservazione notturna del cielo. La costellazione del Gran Carro e l'eclittica del…"
-"Maddy…"
-"Sì, insomma", si affrettò a chiudere, "chiunque nel 2149 avrebbe potuto sapere che ci troviamo sulla stessa linea temporale e non su una alternativa".
-"Chiunque", ripetè Taylor guardando Jim.
-" 'L'informazione è potere', dicevano nel XXI secolo. Credo che questo detto resterà valido per… per molti milioni di anni ancora. Malcolm mi ha fatto vedere i registri", continuò Maddy; "col secondo pellegrinaggio sono arrivati a TerraNova due astronomi e quattro geologi. Quindi ci sono solo due possibilità: o non sanno fare il loro mestiere…", disse timidamente.
-"…oppure qualcuno ha…'dimenticato' di elaborare i loro dati. O di comunicare i risultati al mondo intero", finì per lei Jim.
-"Un piano perfetto", continuò Taylor. "Quando si sono resi conto che la Sonda era finita nella stessa linea temporale – a proposito, mi chiedo cosa ne abbiano fatto, dal momento che molto probabilmente l'hanno trovata eccome nel 2149! – quando hanno scoperto tutto, si sono resi conto che per loro sarebbe stato un grosso problema: nessuno avrebbe permesso loro di inviare persone nel passato, e addirittura di cercare di estrarne risorse, se si fosse saputo che si trovava nella nostra linea temporale: avrebbe significato devastare le risorse del pianeta… prima ancora che venissero scoperte nell'era moderna. Sarebbe stato un disastro di proporzioni immani."
"Probabilmente avrebbero compromesso la nascita stessa della civiltà", continuò Maddy immaginando un Homo Sapiens alle prese con un mondo già sfruttato anziché una terra vergine.
-"E così hanno insabbiato tutta la faccenda", disse Jim appoggiandosi allo schienale della sua poltroncina. "Hanno inventato la storia dei pionieri, dei pellegrini, della rinascita, per invogliare le persone a partire "verso una nuova vita" – come diceva la pubblicità? – E per i meno laboriosi, addirittura una vacanza premio in una Terra Nova già 'domata' dai pellegrinaggi precedenti. Un dannato capolavoro di marketing".
-"Beh… almeno una cosa positiva in tutto questo c'è…", azzardò Maddy.
-"Positivo? Non so cosa ci veda di positivo in tutto questo, figliola!", disse stizzito il comandante.
-"Beh… secondo uno scienziato poco conosciuto, il cosiddetto 'effetto farfalla' non è l'unica teoria possibile che può spiegare gli effetti delle 'manipolazioni temporali'. Ilo Issac – è il nome dello scienziato croato – ipotizza che esista piuttosto un 'effetto sasso nel fiume': per quanto grosso possa essere il sasso che si getta nel letto di un fiume, esso perturberà per un po' il moto dell'acqua, ma questa poi si riunirà, prima o poi, dopo il sasso, e una persona 100 metri più a valle non noterà nessuna differenza nel flusso dell'acqua."
-"A meno che il sasso non sia abbastanza grande.", obiettò Taylor.
-"Già", ammise Maddy. "Nel qual caso l'intero corso del fiume verrebbe deviato, a chi sta a valle se ne accorgerebbe eccome!"
-"E noi come possiamo sapere quanto è grande il nostro… 'sasso'?", chiese allora Jim.
-"Beh, dovrò fare dei calcoli più precisi, ma dal momento che questo posto è destinato a sprofondare nell'oceano, dovremmo avere un margine di manovra piuttosto ampio. Voglio dire, a meno che non causiamo l'estinzione di qualche specie animale o vegetale, non dovrebbero esserci ripercussione sul futuro che conosciamo."
-"Ilo Issac. Adesso è tutto chiaro. Mi ero sempre chiesto chi diavolo fosse, questo tizio che compare dappertutto", disse Taylor con un sorriso beffardo mentre si guardava pensieroso la punta delle scarpe.
-"Dappertutto?!?", chiese Jim.
-"Già, guarda la tua pistola sonica", rispose Taylor. "Sotto il regolatore di potenza. C'è un'incisione di fabbrica. C'e' in tutte le nostre armi, un po' come qualche secolo fa sulle rivoltelle del signor Colt."
Jim non potè che constatarlo.
-"Vuoi dire che è a questo misterioso signor Issac se dobbiamo usare armi soniche anziché pallettoni da tre quarti contro i carnosauri?"
-"Proprio così. A quanto pare, in qualche modo dev'essere riuscito a far fessi quelli del Phoenix Group, convincendoli che la cosa migliore da farsi era che i pellegrini non potessero uccidere dinosauri, ma solo scacciarli. O magari ha fatto loro credere che le pistole soniche possono essere usate anche come vanghe per estrarre minerali dal terreno, chi lo sa. In ogni caso è stato un vero genio: è riuscito a impedire lo sterminio preventivo  della razza umana".
In quel momento l'allarme risuonò all'interno dell'occhio.
-"Sembra che dovremo rimandare il resto della spiegazione!", disse Taylor riferendosi all'immagine sullo schermo e dirigendosi verso l'uscita seguito prontamente da Shannon.
-"Che succede?", chiese Taylor al primo soldato che incontrò sulle scale che conducevano al suo ufficio.
-"E' la nuova recinzione wireless. Ha rilevato un assembramento di persone a est della colonia."
-"Lucas?"
-"No, riteniamo di no. Tutti e 5 i segnalatori che abbiamo piazzato nelle loro armi li danno ancora alcuni click a nord-ovest dei Calanchi."
Taylor cercò di non tradire il fatto che solo lui sapesse come mai si dirigevano laggiù.
-"Soldato, non hai appena parlato di persone?", chiese accigliato Taylor.
-"Sì, signore…"
-"Tenente", continuò poi Taylor entrando nell'ufficio, "si può sapere cosa succede? Il soldato Gonzalez qui dice che c'è un assembramento di persone a est della colonia,ma che non sono gli uomini di Lucas".
-"E'così signore. Diciassette individui per la precisione. Si muovono in gruppo, e si dirigono da questa parte."
-"Come sa che non si tratta di un branco di gallimimus o di che so io?"
-"Beh, signore… stanno… stanno…", ma non riuscì a terminare la frase, così Taylor dovette guardare da sé l'immagine proiettata sulla scrivania.
Un rettangolo di 3x5 individui si dirigeva in formazione ordinata verso la colonia, capeggiata da una "persona", e seguita da un'altra a chiusura del convoglio.
"Raduni al cancello est tutti gli uomini non impegnati in servizi essenziali. E rinforzi i turni sugli altri cancelli. Questa volta non ci faremo prendere di sorpresa, mentre andiamo a controllare. Shannon, il trasporto".
Poco dopo i due uomini erano a bordo del velivolo, mentre truppe di soldati gli marciavano accanto a passo di corsa diretti al cancello.
Il velivolo si alzò, diretto verso est. Coprì in pochi secondi la distanza che li separava dall'avvistamento.
Né Taylor né Jim potevano credere ai loro occhi.
-"Possiamo abbassarci ancora senza che ci sentano?", chiese Jim a Taylor, che stava ai comandi.
-"Credo di sì. Imposto la propulsione su silenzioso." Il mezzo, già molto silenzioso di suo, sembrò spegnere il motore, quasi fosse mantenuto in aria da una forza misteriosa. Taylor si abbassò fino a 12 metri sulla verticale del gruppo, riuscendo ancora a non attirare la loro attenzione, e ormai la faccenda era inequivocabilmente chiara: i 15 individui erano menicosauri, e procedevano perfettamente allineati guidati dallo slasher. Fu però quello che chiudeva la fila a scorgerli per primi, dando l'allarme.
I musi di tutti i menicosauri si volsero verso il velivolo, e lo slasher in retroguardia si avvicinò a quello davanti. A Taylor sembrava davvero che si stessero consultando. Mentre il mezzo restava sospeso sopra il gruppo di creature, queste, in risposte ad alcune grida di uno degli slasher – "il comandante?", pensò Taylor - ruppero le file e si disposero sotto al velivolo a formare un cerchio di una trentina di metri di diametro. All'interno del cerchio, vicino al perimetro, stavano i due slasher, e tutte le creature guardavano verso il trasporto.
Jim e Taylor si guardarono.
-"Pensi anche tu quello che penso io?", chiese Jim.
-"Già". Taylor non disse esplicitamente che probabilmente erano attesi. Si limitò a manovrare i comandi in modo da perdere gradualmente quota.
-"Cerca… Cerca di volare disinvolto, non spaventarli…", azzardò Jim.
-"Ma certo Ian [Solo ;-)  ] ", rispose sarcasticamente Taylor, ancora perso nelle sue reminescenze cinematografiche.
Il mezzo toccò terra delicatamente, ma né i suoi occupanti né i dinosauri si mossero. Jim e Taylor si guardavano intorno senza saper bene cosa fare.
-------------------
-"Quell'idiota di mio padre pensa di averci sistemati per benino", disse Lucas sollevandosi faticosamente a sedere sulla barella. La testa ancora gli doleva, ma si sentiva in grado di camminare, come fece capire cacciando via bruscamente l'uomo che gli si era avvicinato per sorreggerlo.
-"Quanto tempo sono stato svenuto?", chiese poi al maggiore vicino a lui.
-"Più di due giorni. Siamo quasi al Valico, dovrebbe essere dietro la prossima cresta. Queste dannate carte non sono precise", imprecò spegnendo il plexpad.
-"Al Valico?", disse Lucas massaggiandosi la testa.
-"Sì, le cose si sono messe male alla colonia."
-"L'ultima cosa che mi ricordo è…. A dire il vero, non mi ricordo niente", disse confuso. "Che diavolo è successo?".
-"Quando sei  arrivato eri ferito gravemente, abbiamo dovuto darti un sedativo per poter usare dosi massicce di cicatrizzante. Sembra che tuo padre ti abbia aggredito… per la verità non sei stato molto chiaro, prima di svenire."
-"Svenire… Mio padre… Be', chi se ne importa di mio padre, adesso siamo qui. Al… al valico?!?"
-"Già. Ci avevi detto che se le cose si mettevano male, saremmo dovuti andare ai Calanchi, e di lì al Valico. Sfortunatamente, il Valico non c'è più, proprio come avevi previsto tu."
-"Non importa. Il materiale è a posto?"
-"Abbiamo controllato due volte ed è tutto ok; siamo anche riusciti a ricaricare due nuclei aggiuntivi con l'energia del sole, venendo qui"
Ottimo,avremo bisogno di tutta l'energia possibile. Quella barriera rocciosa è spessa almeno 200 metri, e dovremo conservare abbastanza energia per alimentare il terminus una volta arrivati dall'altra parte."
-"E… se non funzionasse?", azzardò il Maggiore
-"Funzionerà!", esclamò adirato Lucas dando le spalle al maggiore e dirigendosi alla testa del convoglio. "Oppure il mio caro paparino dovrà fare di nuovo i conti con me", mormorò tra sé e sé. "E stavolta non sarò tanto generoso."
----------------
-"Comandante Taylor, mi riceve? Passo"
Sia Taylor che Jim ricevevano forte e chiaro… ma non avevano nessuna intenzione di interrompere quello strano colloquio per rispondere alla radio.
-"Comandante Taylor!" "Niente, nessuna risposta", disse infine il marconista al soldato Raynolds.
-"Dove si trovano in questo momento?", chiese Raynolds.
-"Credo che siano sul luogo dell'ultimo rilevamento degli intrusi, ma non posso dirlo con certezza, finchè il trasporto resta a terra col distorsore magnetico acceso, crea troppe interferenze. Vedo solo un cerchio di macchie gialle sullo schermo…"
-"Vado a vedere cosa succede. Tienimi informato!"
-"Sì,signore". "Aspetti…", continuò poi.
-"Qui Taylor, mi ricevete?", si sentì d'improvviso tra le scariche della radio.
-"Forte e chiaro, comandante. Stiamo inviando la pattuglia a supporto…"
-"Non è necessario", lo interruppe Taylor sulla radio a doppio canale. "Si trattava di un falso allarme. Stiamo rientrando con due sensori danneggiati… o per meglio dire, masticati…"
Raynolds e il marconista si scambiarono uno sguardo. "Ricevuto. Passo e chiudo. Pattuglia 3 e 7, rientrare", disse poi rivolgendosi ai comandanti delle pattuglie schierate al cancello est, "allarme rientrato".
-"Ricevuto"
-"Ricevuto, passo e chiudo"
-----------
Taylor e Jim si trovavano di nuovo nell'Occhio, di fronte all'immagine dei segni sulla sabbia. Con loro c'era ancora Maddy, a cui si era aggiunta Elizabeth con Malcolm.
-"Quanto state per vedere è strettamente riservato", iniziò Taylor. "Nessuno alla base ne è al corrente, tranne noi. Queste sono le immagini girate dalle telecamere di bordo del trasporto", continuò.
Sullo schermo comparvero dapprima le cime degli alberi, poi la radura dove si trovavano i menicosauri. Le immagini ruotarono mentre il mezzo si disponeva in una posizione migliore per atterrare, poi i presenti videro i due slasher accorgersi del mezzo, e i menicosauri disporsi a cerchio, mentre questo atterrava tra di loro.
Le immagini seguenti erano così sorprendenti che nessuno disse un parola finchè il filmato non fu terminato.
Elizabeth guardò Jim sconvolta.
"Tu… tu stavi parlando con quegli animali??", trovò infine la forza di dire.
-"Non sono affatto animali… almeno non nel senso che comunemente intendiamo noi. Sono creature intelligenti quanto noi, più o meno… o forse quanto uomini vissuti 50 o 100 anni prima di noi. Abbiamo avuto solo una mezz'ora di tempo per 'parlare' con loro… ma ovviamente noi non capivamo la loro lingua, né noi la loro. Ci vorrà del tempo. Forse non riusciremo a capirci prima di altri 4 o 5 incontri, anche con l'aiuto dell'Occhio".
-"In… incontri?", disse stupita guardando ora Taylor, ora Jim.
-"E'una mappa", disse allora Malcolm osservando l'immagine sullo schermo. I presenti si girarono verso di lui.
-"Proprio così", gli rispose allora Taylor. "E' una mappa, che mostra i confini della colonia, e alcuni luoghi-chiave che la circondano. Ce l'ha spiegata più nel dettaglio quello che crediamo sia il capo… quantomeno, il capo del gruppo che abbiamo sorpreso all'esterno. Riteniamo che volessero farci intendere che non vogliono che ci spingiamo fino a un certo punto, qui a nord-ovest. Altrimenti ci saranno conseguenze… be', spiacevoli, su questo sono stai piuttosto chiari! Sono molto forti, oltre che intelligenti.", aggiunse il comandante massaggiandosi le costole.
-"Taylor ha cercato di protestare", spiegò Jim, "quando ha capito cosa intendevano. Uno di  quei cosi lo ha steso come fosse un pupazzo. E ho avuto la sensazione che stesse solo giocando con lui…"
-"Grazie per questo dettaglio folkloristico", disse Taylor fingendosi contrariato. "Ma torniamo a noi: adesso abbiamo due problemi. Una banda di mercenari guidati da un pazzo, con intenzioni che non sappiamo, e un gruppo di chissà quanti dinosauri apparentemente civilizzati, che non vogliono che ci rechiamo in un posto… che è proprio quello dove si sta recando il suddetto pazzo coi suoi"
-"E noi nel mezzo", concluse Malcolm.
-"Maddy, a che punto sei con la traduzione?", disse poi Malcolm alla ragazza.
-"Ci vorranno probabilmente dei mesi, per tradurre tutto. Ma qualche risultato lo abbiamo già", soggiunse poi armeggiando coi comandi dell'Occhio. Nelle ultime pagine del diario c'era una mappa", - la stavano vedendo adesso sullo schermo – "molto simile a quella tracciata dallo slasher nella sabbia, ma molto più dettagliata. Ci sono indicate, per esempio, varie sorgenti di acqua dolce, la forma esatta della formazione rocciosa che racchiude il lago salato, e altri dettagli della zona a nord ovest di Terra Nova. Non c'e' niente invece su questa zona, e su quella dove probabilmente vivono gli slasher."
La ragazza manovrò ancora i comandi, producendo uno zoom su un dettaglio del disegno sulla sabbia.
"Questo che vedete, invece, potrebbe essere un simbolo sacro. Ricorre varie volte nel diario, probabilmente a segnare l'inizio di un periodo di tempo – non so ancora se un giorno, o un anno, o cos'altro – ma è sicuramente un simbolo sacro"
-"Come fai a esserne così sicura?", chiese Malcolm?
-"Beh… qualche settimana fa sono andata fuori dei cancelli con Raynolds…", disse imbarazzatissima, consapevole delle occhiate stupite e accusatrici di Jim e Taylor, "…e abbiamo trovato uno strano posto, pieno di questi simboli, posti sopra dei mucchietti di terra. Pensavamo fosse una specie di cimitero dei Sixers… ma solo ora mi rendo conto che non era dei Sixers!!!"
-"Un culto dei morti!", azzardò Malcolm stupito.
-"Come vi dicevo, sono piuttosto evoluti. E se si preoccupano dei loro morti", continuò, "penso che si preoccupino ancor più dei loro luoghi sacri, per non parlare dei vivi"
-"La religione è la forza più distruttiva che l'uomo abbia mai inventato", disse Malcolm. "Si fonda sulla paura dell'ignoto e del misterioso, insita in ognuno di noi. E la paura è il sentimento più potente nell'uomo, può spingerlo a fare qualunque cosa. Per questo i capi religiosi di un tempo erano così abili nel dominare le persone: in quanto 'proprietari' delle religioni, potevano dominare e controllare le paure delle persone a proprio comodo, spingendole a fare ciò che volevano loro."
-"Già, ed è anche per questo che nel 2149 non abbiamo più religioni da più di un secolo", soggiunse Taylor.
-"Un traguardo che abbiamo raggiunto faticosamente… ma che probabilmente per questi individui è ancora di là da venire."
-"E ora che facciamo?", chiese Malcolm.
-"Voi niente", rispose Taylor. "Io e Jim andiamo ad allestire una missione per intercettare – e questa volta eliminare – Lucas e i suoi. Voi continuate a lavorare sul diario. Dobbiamo raccogliere più informazioni possibili su questa… questa gente", disse infine Taylor non ancora abituato a parlare degli slasher e dei menicosauri come se fossero persone.
-------------
 




-"Eccoli che escono, guarda. Lo vedi?!?", disse Josh a Skye molto contrariato, mentre in disparte con lei osservava il padre uscire con gli altri dall'occhio, diretti chissà dove.
-"Mi tiene completamente all'oscuro! Mi tratta come un ragazzino! E invece quella piccoletta di Maddy eccola là, che si pavoneggia e si atteggia come se fosse una grande scienziata! Da non crederci!"
In effetti Maddy sembrava davvero una ricercatrice professionista, vestita col camice bianco mentre era intenta a discutere alla pari con Malcolm e Elizabeth di cose… di cose che lui nemmeno riusciva a capire, riflettè Josh mentre passavano senza notareli dietro la siepe dietro cui si erano fermati ad osservare cosa succedeva sul piazzale.
-"Perché ti ostini tanto a trovare qualcosa che non va in tuo padre?", gli disse Skye guardandolo mentre prendeva a calci qualcosa mentre tornavano sul vialetto.
-"Cosa vorresti dire con questo?", disse Josh voltandosi stizzito.
-"Non ti arrabbiare, Josh, lo sai che sono dalla tua parte. E' solo che ho notato che ogni volta che parli di tuo padre, dici sempre cose tipo 'lui non fa questo', 'lui dice quello', 'lui,lui,lui…' . Forse… beh…" gli passò un braccio intorno alla vita per addolcire un po' il boccone amaro che stava per propinare al ragazzo, "…perché non provi a metterti nei suoi panni? A immaginare come lui vede te?"
Josh rimase piuttosto stupito di quel braccio, ma guardò Skye senza dire una parola, ricambiando invece il gesto d'affetto. Skye poggiò allora la testa sulla sua spalla.
-"Skye, che stai facendo??", si fermò allora di colpo Josh, togliendo il braccio e lasciando Skye basita.
-"Te l'ha detto mio padre? E' lui che ti ha detto di dirmi così, per vedere come avrei reagito? E' così? Stai facendo di nuovo il doppio gioco, non è così?"
Il ceffone arrivò tanto inatteso quanto potente, lasciando un clamoroso segno rosso sulla faccia di Josh, mentre Skye, dopo avergli lanciato uno sguardo bellissimo ma capace di incenerire un carnosauro, se ne andava senza dire una parola.
-"Skye! Skye! Scusa! Mi dispiace! Io… Oh, va' al diavolo!!"
Skye si fermò di scatto, si girò su sé stessa, perforando Josh con uno sguardo terribile, camminando verso di lui e fermandosi a un palmo dal suo naso.
Voleva essere arrabbiata con lui, ma aveva gli occhi lucidi, la fronte aggrottata, in un'espressione a metà tra la rabbia e la disperazione.
-"Ho un'idea migliore: invece di andare al diavolo, vado a vedere se trovo Hunter. Ho sentito che mi cercava!", fu tutto quello che disse prima di andarsene di nuovo, e questa volta fu Josh a rimanere basito.
Basito e sconvolto.
Sconvolto e arrabbiato.
Sentiva la rabbia montargli dentro, al pensiero di Hunter, di Skye con lui… tra le sue braccia…
-"Beh, che fai lì imbambol… uh.. oh…". Maddy, che era tornata indietro per cercare il fratello, era partita per dargli una pacca scherzosa sulla spalla, ma quando vide lo sguardò torvo di Josh, capì che non era decisamente il caso. "Ehi… Ma che è successo???"
-"Lasciami perdere! Non devi andare… in riunione… o in convegno, coi tuoi amici scienziati?!?", le disse scostandole brutalmente la mano che era ancora a mezz'aria dalla sua spalla.
-"Io…" Maddy non riusci ad arrabbiarsi con lui, perché aveva intravisto la scena con Skye avvicinandosi, e sapeva l'origine dell'arrabbiatura del fratello, e sapeva di non essere lei. Lo ricambiò invece con uno dei suoi sguardi da cerbiatto impaurito, a cui lui non sapeva resistere, ogni volta che lei gli chiedeva un favore.
-"Dobbiamo fare un sopralluogo alle colture", disse allora Maddy. "Malcolm dice che, ora che siamo scollegati dal 2149, dovremo modificare i nostri piani, ed affrettare l'indipendenza della colonia"
-"Non era prevista per il 20esimo pellegrinaggio?!?", chiese dubbioso Josh.
-"E' così", confermò Maddy, "ma, evidentemente, non ci saranno più pellegrinaggi!", esclamò tristemente la ragazza. "Perciò dovremo organizzarci…"
Ma Josh non ascoltava più, mentre lei continuava a parlare. Stava di nuovo pensando al futuro. Al suo futuro, a quello di Terra Nova: non più un avamposto del 2149, ora, ma una colonia del tutto indipendente, ormai. E autosufficiente. Autosufficiente?!? A scuola gli avevano insegnato che ci sarebbero voluti almeno 20 pellegrinaggi prima di poter rendere Terra Nova un minimo indipendente dal 2149 – a cui sarebbe stata comunque legata ancora per molto tempo per la fornitura di energia. Non aveva dato mai molto peso a tutte quelle chiacchiere, né prima, quando neanche sapeva che sarebbe entrato in un pellegrinaggio, né dopo, quando vedeva il ventesimo pellegrinaggio come una cosa lontanissima nel tempo, di cui non aveva di che preoccuparsi.
-"… e dovremo rafforzare i turni di lavoro alle pale eoliche, ai pannelli, all'estrazione… Un sacco di roba da fare, e poche persone in grado di farlo. Taylor sta cercando nuove persone in grado si svolgere ruoli organizzativi, e papà… beh, papà mi ha mandato a chiamare te…"
-"'organizzativi'?", chiese Josh incuriosito.
-"Sì, Taylor ha visto come te la cavavi con le spedizioni di bonifica qua fuori, e dice che hai la stoffa del capo. Ha detto proprio così. Ma ha detto anche che dovrai lavorare molto sulla disciplina… Ma dove stai andando?"
-"Hai detto che papà mi sta cercando, no? Allora andiamo. Dov'è?", disse Josh incamminandosi.
-"E' al campo eolico, con Taylor. Andiamo, ti accompagno", disse infine Maddy mentre si dirigevano al veicolo che li avrebbe condotti al Settore Energia della colonia.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Disastro (1x14.5) ***




Hunter stava rastrellando il giardino sul retro quando sentì singhiozzi. In principio non capiva da dove venissero, tanto che si affacciò sul vialetto antistante, e mosse anche qualche passo intorno, per capire da dove veniva il rumore che sentiva; ma, sentendo che si affievoliva man mano che si allontanava, tornò sui suoi passi. Guardò perplesso la soglia della loro casa. Possibile provenisse da dentro?!? Lui, Max, Tasha e Skye si erano stabiliti lì 3 anni prima, quando i genitori di Skye erano morti (o così almeno era sembrato). Loro tre non avevano affatto genitori; non lì a Terra Nova, almeno. Erano giunti lì insieme a quello strano tizio che li aveva accompagnati – nel quinto pellegrinaggio si viaggiava solo in gruppi di 4, famiglie o non famiglie, e che poi era sparito dopo la rivolta dei Sixers. Probabilmente era proprio uno di quelli che erano fuggiti… o forse no; a Hunter non interessava; tutto quello che gli importava è che il tizio aveva lasciato una stanza libera, dove lui e i suoi amici avevano potuto comodamente mettere la loro roba, senza dover affollare le loro stanze; e ben presto di roba aveva iniziato ad essercene parecchia, dopo che avevano iniziato a distribuire in giro il loro distillato.
All'inizio era poco più di un gioco: il gusto della trasgressione, le scappatella fuori dal recinto, la "Banda OTG"(OutTheGate) che avevano messo su con gli altri giovani della colonia… Poi qualcuno se n'era uscito con quella bislacca idea del distillato.
-"Che roba sarebbe?", aveva chiesto Hunter.
Bob, uno del quarto, stava per iniziare una lunga e dotta dissertazione sui metodi di distillazione dei tuberi, poi optò per una spiegazione più semplice:
-"Alcool! E di gran qualità!", disse ghignando e alzando le sopracciglia.
-"Alcool? Qualcuno ha parlato di Alcool?", si intromise Max. "Non ne posso davvero più di questi succhi ricavati da frutti impossibili! Qualcosa di più forte sarebbe decisamente una cosa interessante". Aveva 22 anni, e nel 2149 aveva già avuto modo di apprezzare l'alcool nelle forme più varie. Ora non toccava più un goccio da quando era arrivato a Terra Nova.
-"E come pensi di tirare fuori dell'alcool da questa roba?!?", chiese Hunter sollevando davanti agli occhi una grossa radice tonda come una rapa, ma dall'impossibile colore bluastro.
-"E' una lunga storia. Dovete aiutarmi a procurarmi dei tubi metallici e un fornello da campo, poi al resto penserò io".
Così era cominciata la loro carriera di "baristi non ufficiali" di Terra Nova, riuscendo così ad accumulare una discreta ricchezza da barattare con Kasehy in caso di necessità.
Anche Skye era stata subito dalla loro, in quella come in decine di altre occasioni. Si era sempre mostrata all'altezza della situazione, piuttosto che comportarsi come una femminuccia come invece lui si era immaginato la prima volta che l'aveva vista.
 
Si trovavano a qualche decina di metri dai cancelli di Hope Plaza, in attesa del loro turno. Lui e gli altri due ragazzi avevano vinto i loro biglietti della lotteria a poker, mentre Skye stava insieme ai suoi genitori; aveva appena undici anni, con due belle codine di cavallo ai lati della testa, e una borsettina rosa appesa alla spalla, mentre teneva per mano la madre, e il padre le stava facendo le ultime raccomandazioni. Skye aveva distolto lo sguardo annoiata, e aveva così incrociato quello di Hunter, che stava a pochi passi da lei. Lui l'aveva, chissà come, interpretato come un segno di assenso, non avendo idea che lei lo stesse guardando, ma non vedendo, la mente che già vagava con la fantasia oltre il portale, immaginando chissà quali avventure.
Da quel giorno, per Hunter, Skye era diventata una fissazione; l'aveva ritrovata, con non poche difficoltà, dopo l'arrivo a Terra Nova,  e ogni volta che poteva, quando Taylor non gli appioppava qualche nuovo lavoro, la andava a trovare al mercato, dove ogni giorno lei aiutava la madre alla bancarella delle arance primitive, come le chiamava lei. In realtà erano tutt'altro che arance, ma stranissimi frutti di ogni forma e colore, alcuni con la buccia dura come legno e l'interno giallo, dolce e succoso come mai niente Skye aveva provato prima. Altri erano morbidi al tatto, ma se si provava ad addentarli si rischiava di spaccarsi un dente con l'enorme nocciolo, grande quasi quanto il frutto stesso.
C'era voluto un po', ma alla fine erano diventati buoni amici. Trascorsi i primi mesi di assestamento, come li aveva definiti Taylor, e terminata la costruzione della recinzione esterna, finalmente i ragazzi erano stati un po' più liberi di muoversi per la colonia, territorio totalmente inesplorato per loro che fino ad allora erano stati autorizzati a spostarsi da casa a scuola, e sempre sotto la scorta armata dei militari.
Skye un giorno si era chiesta il perché di tutte quelle precauzioni, dal momento che da quando era arrivata non aveva mai visto nemmeno l'ombra di un dinosauro. Ma scoprì a sue spese che i dinosauri non erano l'unico pericolo di Terra Nova. Una mattina, andando a scuola, lei e Hunter si erano allontanati di nascosto dal gruppo di ragazzini, e, senza farsi notare dai soldati, si erano nascosti dietro una casa in costruzione e avevano aspettato che il gruppo si allontanasse. Poi si erano guardati negli occhi, avevano guardato il viale appena abbozzato che si dipartiva dalle case appena abbozzate, e si erano avviati verso gli arbusti che si trovavano al termine di esso.
Forse immaginavano di trovare chissà quale castello incantato, o misteriosa base segreta dei militari. Invece trovarono solo la turliensis variegata velenifera; del tutto sconosciuta nel 2149, quella pianta preistorica aveva le sembianze di muschio, ma quando veniva calpestata  emetteva, da piccole capsule nascoste sotto la superficie verde, una sostanza densa e giallastra che, a contatto con l'aria, si trasformava in un potente gas urticante.
Progettato dalla Natura per permettere alla pianta primordiale, altrimenti inerte, di uccidere i piccoli animali che passavano sopra di lei in modo da cibarsi delle sostanze percolanti dai loro corpi in decomposizione, il composto tossico non era abbastanza volatile da potersi sollevare a più di un metro dal terreno, ma abbastanza reattivo da penetrare i vestiti e raggiungere la pelle degli sventurati ragazzi.
Si ritrovarono così urlanti e in fuga, con le gambe che gli bruciavano fino al ginocchio, quando si imbatterono nella pattuglia di accompagnamento che era tornata indietro a cercarli.
Passarono le successive 3 ore, anziché a scuola, in infermeria, immersi fino alla vita in un liquido maleodorante che, a detta dei dottori, li avrebbe disintossicati "presto"; a lui non era sembrato affatto "presto", tra i tormenti dell'assurdo bruciore causato dalla tossina, e non potè fare a meno di stupirsi nell'osservare, invece, l'impassibilità di Skye, che nella vasca accanto a lui aspettava pazientemente, e pensierosamente, che quella strana forma di tortura finisse.
A quella seguirono altre avventure, insieme a Max e a Tasha, che invece era la classica femminuccia paurosa e ad Hunter non interessava affatto.
 
Adesso, a sentire quei singhiozzi, Hunter si stava chiedendo chi potesse essere, visto che Skye era fuori.
-"Skye…?", disse sottovoce quando, una volta entrato, sorprese Skye in camera sua, rannicchiata sul letto abbracciandosi le ginocchia con le braccia. La ragazza non rispose. Hunter le si avvicinò, accovacciandosi accanto a lei e scostandole i capelli bagnati di lacrime da davanti agli occhi. "Skye, che ti è successo?", chiese Hunter preoccupato.
-"E' quell'idiota di Josh", sbottò lei asciugandosi le lacrime con la manica della maglietta. Voi maschi siete davvero impossibili! Io stavo solo cercando di aiutarlo a fare la pace con suo padre… e lui se la prende con me! Quell'infame ha detto che stavo facendo ildoppio gioco!!", concluse la ragazza guardando Hunter con  gli occhi ancora umidi.
-"Io… posso fare qualcosa per… per aiutarti, secchiello?", la apostrofò amorevolmente Hunter, strappandole un sorriso.
-"Sì! Potresti andare da quel deficiente e spaccargli la faccia!", disse lei in un momento di impeto. "Anzi no, digli che è un cretino! Anzi no che io… che lui… digli che lo….", ma non riuscì a finire la frase, completamente confusa e frastornata.
Hunter restò lì a fissarla per qualche secondo. Spaccare la faccia a Josh sembrava un'opzione interessante… ma non c'era bisogno di aver studiato psicologia per capire che Skye era innamorata di quell'idiota… non di lui. E lui non avrebbe potuto fare niente per cambiare quella situazione.
Così si rassegnò a rendersi utile alla ragazza che amava, ma che non l'avrebbe mai amato.
-"Non preoccuparti, ci penso io!", disse Hunter risoluto alzandosi.
-"Non… non picchiarlo!", esclamò impaurita Skye nel vederlo così deciso.
Hunter si lasciò sfuggire un sorriso. "Non lo piccherò. Ci parlerò. Va bene?", le disse teneramente. "Ora però smettila di piangere, ok?", le disse infine togliendole delicatamente le lacrime dalla faccia, adesso che si era alzata e stava davanti a lui, con le mani giunte, come se volesse dirgli qualcosa, ma non trovasse le parole.
-"Io…"
-"Non ti preoccupare. Prima ci parlo, poi se continua a non capire, lo picchio", le disse Hunter scherzando mentre se ne andava. Skye sorrise tra le lacrime.



-------------

Il mezzo su cui si trovavano Josh e Maddy era diverso da quello usato dai militari; non avendo bisogno di resistere agli attacchi dei dinosauri, era stato alleggerito delle rolla e delle piastre corazzate, ed ora sembrava più una piccola spider che un mezzo nato per scavalcare fossati del cretaceo.
Lo speeder si muoveva agevolmente sulla strada in terra battuta che costeggiava le abitazioni; poi Maddy svoltò a destra, e si inserì nel corridoio ovest.
-"Cosa fai? Perché passi di qua?!? Lungo il perimetro è molto più breve…"
-"Sì, ma è molto più noioso", si limitò a rispondere la ragazza con un sorriso.
Josh la fissò per qualche istante. "Noioso. Invece immagino stiamo andando a non annoiarci…"
-"Proprio così. Ops… reggiti…"
Ma il mezzo entrò nella buca molto prima che Josh potesse anche solo voltarsi e vederla, altro che reggersi! Il sobbalzo fu così forte che il ragazzo sbattè la testa sul soffitto del mezzo.
-"Ma che diav…"
-"Te l'avevo detto di mettere la cintura!!!", disse Maddy ridendo e schivando un'altra grossa buca. "Nessuno passa mai da queste parti, preferiscono la strada noiosa, e così questa è molto maltenuta…"
Josh stava cercando di capire come si allacciava quella bislacca cintura a quattro punti che sembrava più quella di un pilota che quella di un passeggero, ma dovette rinunciarvi.
-"Lascia perdere, siamo arrivati!", disse entusiasta Maddy inchiodando… e mandando Josh quasi a sbattere contro il parabrezza.
-"Si può sapere che diavolo ti prende???", disse arrabbiatissimo, ma non continuò, vedendo lo sguardo di Maddy diretto verso… qualcosa dietro di lui.
Il ragazzo non era mai stato da quelle parti, per nulla interessato a cosa ci fosse dietro Terra Nova e le sue villette da Club Mediterranee. Aveva già i suoi grattacapi a pulire latrine per punizione o a lavare bicchieri al bar. Così, non sapeva niente né delle coltivazioni, né degli allevamenti.
Sette giganteschi brontosauri si stagliavano a pochi metri da lui in tutta la loro altezza di 6 piani, brucando le cime degli alberi appositamente trapiantati lì dalla foresta. Con la differenza che quelli, opportunamente trattati e curati, permettevano ai bronto, come si ostinava a chiamarli Maddy irritandolo non poco, di crescere non solo grandi, ma anche grossi e muscolosi.
-"Sono… sono enormi!", farfugliò Josh.
-"Già. Infatti ne basta uno solo per soddisfare i bisogni della colonia per tre mesi; almeno, dopo morto. Finchè sono vive, le femmine producono ognuna un quintale di uova al mese, nella stagione riproduttiva. Normalmente lasciano vivere le femmine per 5 anni, dopodiché vengono rimpiazzate dalle figlie più giovani, mentre loro…"
-"Maddy…", la interruppe il fratello perentorio, e preventivamente disgustato. "Non ho nessun interesse a sapere come quei… cosi diventano le bistecche nel mio piatto, ok? Sono squisite, e questo è tutto."
-"Guarda! I Trici!", cambiò allora discorso Maddy, indicando un punto in lontananza.
-"I che???".
-"Oddio, ma non hai studiato proprio niente del materiale che ci hanno dato?!?", esclamò la giovane sbattendosi le mani sui fianchi con fare rassegnato.
-"E perché?!? Studi abbastanza tu per tutti e due!", ghignò il ragazzo.




I due triceratopi più vicini erano davvero possenti. Abituato a vederli solo sullo schermo, Josh non immaginava quali fossero le loro proporzioni reali rispetto a un uomo. Era come guardare un camion… con le zampe e la coda. E le corna: due lunghissime, temibili corna; Josh giudicò che fossero lunghe almeno un metro. Josh guardò prima le corna di quello più vicino, poi il veicolo, poi di nuovo l'animale, con fare pensieroso.
-"Che c'è?", chiese incuriosita Maddy.
-"Hai detto che di là il viaggio era troppo noioso…. vediamo un po' se riusciamo a ravvivarlo"
-"Cosa?... Che vuoi fare?"
Josh aprì il bagagliaio della vettura e ne tirò fuori una grossa corda. Ne annodò una cima in modo da fare un cappio, e teneva quello in una mano e il rotolo di corda nell'altra, mentre si avvicinava lentamente alla recinzione interna. Ignorando le grida della sorella, si insinuò tra i pali, ed iniziò ad avvicinarsi a un animale da dietro.
-"JOSH ATTENTO, ATTENTO!!"
L'urlo della sorella fu provvidenziale, perché Josh, concentrato sul corpo dell'animale , non aveva minimamente notato la coda che stava sfrecciando verso di lui come un'auto in corsa. La schivò acquattandosi in un avvallamento nell'erba. E prima che la coda potesse tornare indietro, balzò fuori dal suo nascondiglio, approfittò del momentaneo arresto della coda prima che iniziasse il movimento di ritorno, e ci salì sopra, aggrappandosi con le mani alla pelle spessa dopo essersi passato la matassa di corda intorno al collo.
-"JOSH, SEI IMPAZZITO???", disse la sorella disperata passandosi una mano tra i capelli. "JOSH, VIENI GIU'!!!"
Ma ormai la parte difficile sembrava fatta. Dell'arrampicata, quantomeno. La linea della coda e le rughe della pelle costituivano un facile percorso per arrivare al dorso dell'animale. Il bello veniva dopo.
Per fortuna del ragazzo, la coda era l'unica parte del corpo che il grosso e goffo animale riusciva a muovere agilmente. Una volta sul dorso, era come stare su una barca, bastava assecondare i movimenti. Arrivato sulla parte più alta del dorso, Josh si rese conto che ora le cose si facevano un po' più difficili: perdere la presa avrebbe significato scivolare nello spazio tra il corpo della bestia e la cresta ossea della testa… e finire stritolati appena l'animale avesse voltato il muso a destra o a sinistra. Josh si fece un po' più indietro per stare più sicuro, poi si sfilò la matassa dal capo, prese con la mano il cappio e lanciò. Il primo tiro ovviamente non fu preciso, ma già al secondo ci andò più vicino. Col terzo riuscì finalmente nell'assurdo intento di inanellare entrambe le corna dell'animale, in modo da poter usare la corda come fossero redini.
Maddy neanche si accorse della partenza, intenta com'era a gridare frasi incomprensibili al microfono della radio del veicolo, sopraffatta dal terrore, dall'ansia, dall'agitazione.
-"Come dici Maddy? Non ho… non ho capito niente…Hai detto triceratopo?!?"
Ma Maddy non potè rispondere, il microfono che le cadeva di mano e sbatteva sul sedile, mentre lei si alzava a guardare la scena.
Quello svitato del fratello era riuscito nel suo intento: non sapeva come, ma in qualche modo era riuscito a smuovere quella bestia paciosa e tranquilla, e indurla persino a  correre. Veder correre un camion con le zampe non era cosa di tutti i giorni, e dovettero pensarlo anche gli altri triceratopi intorno, che iniziarono a muggire e a scappare da ogni parte mentre la povera bestia gridava terrorizzata correndo tra di loro.
In realtà adesso anche Josh era terrorizzato, anche se da lontano era ben difficile capirlo, essendo il ragazzo diventato un tutt'uno con il dorso dell'animale,  a cui si era aggrappato con tutte le sue forze in attesa che quel delirio preistorico cessasse.
Uno strusciare di gomme sul terreno e una nuvola di polvere accompagnarono l'arrivo di corsa del mezzo su cui si trovavano Taylor e Jim. I due uomini non credevano ai loro occhi, il secondo portandosi una mano tra i capelli, il primo non riuscendo a trattenere un sorriso.
-"Sembra che anche il tuo ragazzo abbia trovato un modo per spostarsi un po' più in fretta senza bisogno di veicoli…", sogghignò Taylor.
Jim lo guardò a bocca aperta, ancora le mani tra i capelli.
-"In quei 118 giorni, riuscivo a percorrere appena un paio di click al giorno, in quella foresta fittissima, finchè non scoprii un modo più comodo per spostarmi", disse guardando il triceratopo in lontananza
Anche Jim si girò di nuovo a guardarlo, mentre la ragazza terrorizzata gli si portava accanto senza saper che cosa dire.
Taylor si portò le mani alla bocca: "Tira dalla parte opposta di dove vuoi girare!!", gridò alla volta del ragazzo.
Josh all'inizio non capì, poi provò a sollevarsi un po' a sedere, adesso che l'andatura dell'animale era un po' rallentata, e guardò verso Maddy. Solo allora si accorse dei due uomini. Taylor gridò di nuovo. Josh questa volta sentì. Guardò la corda tra le sue mani, e disse tra sé e sé: "Beh, in un modo o nell'altro devo pur scendere di qui…". Provò allora a tirare la corda verso la sua sinistra. Così facendo tirò un po' a sé la testa  dell'animale, che per reazione cercò di voltare la testa dall'altra parte… e prese a muoversi verso destra! Josh provò allora nell'altra direzione, e di nuovo riuscì a far cambiare direzione all'animale. Decise allora di provare a puntare nella direzione da cui era venuto, visto che non gli andava di farsela a piedi. Incredibilmente ci riuscì… e la bestia iniziò a caricare in direzione di Maddy e gli altri, di nuovo infastidito dalla situazione.
-"oh… oh…", mormorò Josh prevedendo guai.
-"TIRA LE REDINI VERSO DI TE!!!", gridà allora Taylor.
-"Redini??? Ti ci metti anche tu?!?", lo redarguì Taylor.
-"Se non lo ferma in tempo, quello stupido animale  raggiungerà la recinzione e ci si schianterà contro!", rispose Taylor facendo un passo avanti tenendo le mani sulla vita, d'improvviso leggermente allarmato. "Forza, ragazzo!", disse tra sé, ma Jim non potè fare a meno di sentirlo.
Josh vedeva avvicinarsi sempre più le tre figure e la recinzione.
-"Indietro? Così…?". Il ragazzo tirò verso di sé la corda come suggerito da Taylor. L'enorme dinosauro, sentendosi tirare, alzò la testa piegandola all'indietro. Così facendo perse la visuale su ciò che aveva davanti, e, non sapendo dove stesse andando, semplicemente si fermò, scalpitando e sbuffando.
Josh non stette a pensarci due volte; lasciò la corda, scivolò verso la coda dell'animale, e quando fu abbastanza in basso si buttò di lato, accucciandosi e portandosi rapidamente fuori della portata della coda.
-"Da questa parte, ragazzo!", lo incitò Taylor, che intanto era entrato nella recinzione e adesso puntava la pistola sonica verso l'animale.
-"Ma che ti è saltato in mente? Sei completamente impazzito??", lo apostrofò il padre appena gli fu vicino. Maddy era quasi in lacrime, il viso coperto tra le mani.
Josh rideva.
-"E' stato grandioso!", disse al padre guardandolo con un sorriso beffardo. "Maddy ha detto che mi cercavi…", continuò.
Jim rimase senza parole, non sapendo se schiaffeggiarlo o complimentarsi con lui per la freddezza e l'abilità mostrata.
-"Sali…in…macchina!", gli disse con voce atona.
-"Il tuo ragazzo ha le palle! Ci sarà utile!", esclamò Taylor mentre saliva sul suo veicolo con Jim.

-----

-"E' inutile, signore, per rimuovere tutte le rocce ci vorrebbero dei mesi", disse l'uomo al maggiore. "Di qui non si può passare".
Il maggiore si aspettava quella risposta dopo aver ispezionato personalmente il Valico, ma aveva comunque inviato una squadra a controllare. Mentre gli uomini esaminavano da vicino la situazione cercando un eventuale altro passaggio, lui aveva discusso la questione con Lucas: l'ordigno era l'unica soluzione. Progettato originariamente per spianare una vasta area liberandola dalla vegetazione per permettere un più agevole sfruttamento minerario delle risorse di Terra Nova, collocato in prossimità della formazione rocciosa, aveva calcolato Lucas, avrebbe prodotto uno squarcio abbastanza ampio da permettere loro di raggiungere la Piana Salata, e di lì il 2149.
Era infatti ferma convinzione di Lucas che quelle navi non fossero altro che il risultato dell'incontro fortuito di una flotta del XVIII secolo con un'anomalia temporale simile a quella creata dall'acceleratore di particelle, formatasi però spontaneamente: le cronache dell'epoca avevano infatti registrato un evento insolito nei cieli. Il 17 maggio del 1732 una "nuova stella" si era accesa nel cielo, ed era rimasta visibile per alcuni giorni. Contemporaneamente, secondo i registro della Astronomic And Geologic Society, si era registrata una variazione più forte del normale nel campo elettromagnetico terrestre, normalmente soggetto a deboli fluttuazioni. La concomitanza dei due eventi aveva prodotto una stabilizzazione dell'anomalia, che ancora 4 secoli dopo perdurava, ed era nota agli astrofisici come "Anomalia del Pacifico": una vasta area al di sopra del Pacifico Meridionale al di sopra della quale, come ben sapevano i progettisti di sistemi spaziali, sonde, satelliti e navette erano soggette ad una irradiazione di raggi cosmici più intensa del normale, a causa della deformazione permanente subita dal campo magnetico. Ma aveva prodotto anche qualcos'altro: la scomparsa di un'intera flotta in missione esplorativa a largo delle coste del Cile. La scomparsa era rimasta inspiegata, ed era stata infine attribuita ad una tempesta che aveva sorpreso le imbarcazioni in quel tratto di mare inesplorato.
-"Al largo del Cile?", chiese dubbioso il maggiore. "E come pensi di andare dal Cile fino in California? A bordo di quei quattro canotti?!?"
Si riferiva alle due grosse imbarcazioni gonfiabili che al momento stavano stivate in due grosse case, in attesa di essere gonfiate una volta giunti dall'altro lato della formazione rocciosa.
-"Certo che no. Il propulsore elettrico di bordo ha un'autonomia sufficiente per portarci solo fin sulle coste del Cile; ma poi da lì sarà relativamente facile trovare un mezzo per tornare a casa. Abbiamo mezzi piuttosto persuasivi", concluse accarezzando la pistola sonica nella fondina.
-"Sarà, ma tutta questa storia non mi convince. Non potremmo…"
-"Preferisci metterti a fare la guerra a quel pazzo di mio padre? Sarebbe tempo sprecato, e anche se riuscissimo a passare il blocco, il terminus è gravemente danneggiato e non sappiamo quanto tempo impiegheremmo per ripararlo; sempre ammesso che sia possibile. Qui invece dobbiamo solo piazzare la carica, fargli fare piazza pulita, e poi in due passi - e 85 milioni di anni – saremo a casa. L'opzione-Taylor… beh, quella conserviamocela come 'piano C', eh?", disse infine dandogli una pacca su una spalla e allontanandosi con un ghigno mentre tirava una boccata dal suo sigaro.
-"Come andiamo, sergente?", chiese poi a un uomo che dirigeva le operazioni accanto all'ordigno.
-"Abbiamo appena ultimato la messa a punto. I calcoli di Lucas danno questo come il punto più favorevole. Abbiamo alleggerito la roccia con alcune perforazioni che dovrebbero incanalare…"
-"Non mi interessano i dettagli, soldato. Quando saremo pronti a detonare l'ordigno?"
-"Adesso, signore". Gli porse il telecomando e scattò sugli attenti.
-"Ottimo lavoro. Raduni gli uomini e li porti in un luogo sicuro."
-"Sissignore".
Dopo alcuni minuti tutto il convoglio si trovava a tre chilometri dal punto dell'esplosione, riparato dietro una cresta rocciosa.
Il maggiore premette il pulsante.
 
--------------


-"Questa è la situazione", stava spiegando Taylor a Jim e Josh, ai piedi dell'enorme aeromotore.
Alto più di 10 piani, era uno dei 4 aeromotori già montati. Per fornire energia agli 871 coloni di Terra Nova erano più che sufficienti, ma entro il 20mo pellegrinaggio – quindi entro 7-8 anni al massimo, doveva essere completata l'intera centrale eolica di 75 elementi: avrebbe dovuto fornire energia non solo a Terra Nova, ma anche ad almeno altre 7 colonie che sarebbero dovute sorgere nei dintorni nel frattempo.
-"I piani iniziali erano molto stringenti, perché si prevedeva che nell'arco dei primi 20 pellegrinaggi sarebbero arrivate qui almeno 280'000 persone"
-"Wow!", disse Josh grattandosi la nuca pensando all'enormità di quella cifra rispetto alle poche famiglie che al momento popolavano Terra Nova.
-"Già. Un bel po' di bocche da sfamare", constatò Taylor rivolgendo uno sguardo al ragazzo. "Ma soprattutto un sacco di persone da illuminare: i mezzi agricoli, i mezzi di trasporto, le armi, i macchinari dell'infermeria… tutto consuma elettricità. Molta elettricità. E adesso che siamo completamente tagliati fuori dal 2149, potremo contare solo sulle nostre forze per la produzione di energia. Anche chi verrà dopo di noi."
-"Pensi davvero che sia tutto finito? Che non ci sia più nessun modo di riattivare il portale? Lucas si è diretto in tutta fretta ai Calanchi, forse sa qualcosa che noi non sappiamo…"
-"Questo non è del tutto esatto: lui crede di sapere cose che noi non sappiamo. E' solo grazie a tua figlia e ai dati dell'Occhio che…"
-"A proposito, dov'è finita Maddy?", chiese Jim guardandosi in giro.
-"Credo… L'ho vista allontanarsi con quel militare… Raynolds?", disse timidamente Josh.
-"Tranquillo, Shannon. Quel Raynolds è un ottimo elemento", rassicurò Taylor un Jim non troppo convinto."Come dicevo, da queste strutture che vedete, e dalle piantagioni solari del settore successivo, dipenderà non solo il nostro futuro e quello dell'intera colonia… ma molto probabilmente quello dell'umanità intera: tra 100, o 500 anni, tutto ciò che vedete davanti a voi non esisterà più, o se esisterà, comunque non funzionerà. Quindi dobbiamo sfruttarlo a fondo fintanto che dura: dovremo sfruttare ogni briciolo di energia prodotta dagli impianti per gettare le fondamenta di una futura civiltà forte e prosperosa: i nostri figli e i loro figli dovranno essere in grado di fabbricare da soli nuove pale, nuovi pannelli solari, nuove case e nuove recinzioni, se vogliono sperare di sopravvivere".
-"Una bella mole di lavoro da fare!", esclamò Jim pensieroso.
-"Già, quindi è meglio che cominciamo subito! Ragazzo!", disse poi rivolgendosi a Josh. "Vedo che le attività pericolose non ti spaventano. Vediamo se lo hai fatto solo per impressionarci… o se ci sai fare davvero. Vedi quell'apertura lassù?", gli chiese schermandosi la luce del sole dagli occhi mentre indicava l'estremità superiore dell'aeromotore. "Quello è il vano di manutenzione dell'aeromotore. Il sistema wireless si è guastato, e dobbiamo affrettarci a ripararlo: finchè resta non operativo, le pale non sono in grado di autoregolarsi o disattivarsi in caso di vento eccessivo…"
-"E questo e… e' un problema?", chiese Josh, che immaginava che tanto più c'era vento, tanto meglio era per un generatore eolico.
-"Solo se è un problema veder girare le pale a 100 giri al minuto anziché i 10 nominali e vedere pale di 20 metri staccarsi e volare a 50 metri di distanza", rispose sarcastico Taylor.
-"Capisco…", disse pensieroso Josh.
I tre si avvicinarono all'aeromotore. Da lontano sembrava solo un grosso ventilatore… ma solo arrivando abbastanza vicino da poterlo toccare, ci si rendeva conto della sua enormità: il"gambo" era in realtà un vero e proprio edificio, con una base circolare di 10 metri di raggio, con all'interno abbastanza spazio per la sala di controllo, il magazzino, la tromba dell'ascensore e quella delle scale.
-"L'ascensore può portarti solo alla base del rotore. Ma per arrivare al ricetrasmettitore dei sensori sul rotore stesso, dovrai affidarti alla scaletta esterna. Te la senti,ragazzo?", gli chiese Taylor.
-"Ma certo, che ci vuole?", disse in tono canzonatorio Josh. Dopotutto, cosa può mai succedermi passeggiando a 30 metri di altezza?

--------------

-"Queste sono le piantagioni di Granaceum Apatensis", spiegò Maddy a Raynolds mentre passeggiavano mano nella mano tra i viottoli che separavano le piantagioni. "E'l'equivalente del nostro grano, ma in versione… 'locale'. Non abbiamo potuto portare nessun seme dal futuro", continuò a spiegare, "perché sarebbe stato impossibile sterilizzarli completamente da microbi e batteri senza uccidere i semi stessi, e già introdurre i soli semi in questo ambiente totalmente diverso dal loro, sarebbe stato ecologicamente pericoloso,…"
-"Mi piace quando non capisco niente di quello che dici!", gli disse di rimando Raynolds fermandosi e prendedole anche l'altra mano mentre si poneva davanti a lei.
La ragazza si schernì, guardandosi la punta delle scarpe.
-"Scusa… E' che mi affascina sempre pensare a tutto quello che c'è dietro questa apparenza di tranquillità e semplicità: campi verdi sconfinati, alberi da frutto,… tutto sembra così scontato. Credo che pochi a Terra Nova sappiano quanta fatica e quanti sacrifici sono costate queste coltivazioni ai primi pellegrini. Te lo immagini, vagare nella foresta in cerca di piante commestibili, stando attenti a non farsi mangiare o schiacciareda un dinosauro di passaggio?", gli disse guardandolo negli occhi e avvicinando il viso al suo.
-"Tutto quello a cui riesco a pensare quando sono con te, sei te", le disse teneramente.
Si scambiarono un bacio affettuoso, quando sullo sfondo, a poca distanza dalle cascate che da lì sembravano così vicine, successe qualcosa.
Fu Raynolds ad accorgersene per primo, quando riaprì gli occhi dopo il bacio. Lo sguardo esterrefatto sul suo volto indusse la ragazza a voltarsi preoccupata.
Una gigantesca nube rossa a forma di fungo si stava sollevando, in lontananza, dalla zona del Valico.
 
----------
 
L'ordigno tattico miniaturizzato aveva una potenza concentrata di pochi kilotoni, che gli davano un raggio d'azione di qualche centinaio di metri, e le coltivazioni presso cui si trovavano Maddy e Raynolds erano costituite solo di bassi cespugli e arbusti, per cui il vento atomico si limitò a far volare a qualche metro di distanza i due giovani. Ma l'impianto eolico era molto più vicino al punto dell'esplosione, molto più sensibile agli spostamenti d'aria, e solo una lunga vallata lo separava dal lontano lago salato; fu come spingere i gas dell'esplosione di un proiettile dentro la canna di un fucile.
L'ascensore, e con lui Josh, si trovava solo a metà percorso, quando la struttura fu investita dalla prima onda d'urto. Il gigantesco edificio-pilone vacillò, ma resistette al primo impatto. Ma poi arrivò il vento. Jim e Taylor furono sbattuti a dieci metri di distanza e piombarono dentro un canale di irrigazione, che li salvò provvidenzialmente dalla raffica di detriti che seguì.
I quattro aeromotori, che fino ad allora si erano limitati a muoversi pigramente sotto la debole brezza mattutina, furono investiti in pieno. Regolate sull'incidenza massima per sfruttare il poco vento, alcune pale agirono come vele, e furono strappate via come fuscelli dai rotori, volando per decine di metri prima di conficcarsi alla rinfusa nel terreno circostante alla centrale. Una prese il vento in modo strano, e per qualche istante svolazzò in aria come un foglio di carta, prima di piombare come un sasso sul veicolo che aveva condotto lì i tre uomini.
Altri due aeromotori, disattivati perché in manutenzione, avevano invece le pale regolate su incidenza minima ed erano perfettamente immobili.
Fino a qualche istante prima.
Il vento a duecento chilometri l'ora le "prese", e nel giro di pochi secondi esse si portarono a velocità ben superiori a quelle per cui erano state progettate. Neppure i freni automatici di emergenza riuscirono a contrastare la potenza del vento atomico, e l'enorme quantità di corrente generata in pochi istanti bypassò tutti gli isolamenti, trasformando i due rotori in palle di fuoco, da cui ben presto le pale, ormai agganciate solo a morbido metallo fuso, si staccarono volando in ogni direzione.
Josh si trovava in uno di questi aeromotori, quando si trovò improvvisamente al buio, e sballottato da ogni parte. Gli sembrava di essere una pallina da ping pong in una lavatrice. Dette tante di quelle testate contro le pareti che gli sembrava di avere un bernoccolo per capello, quando finalmente le acque si calmarono e la cabina si fermò.
Per poi cadere in picchiata lungo quei 10 metri che aveva appena percorso.
L'impatto fu violento, ma comunque gli ammortizzatori di emergenza fecero il loro dovere, e anzichè rompersi entrambe le gambe o l'osso del collo, il ragazzo rimase tutto d'un pezzo, anche se svenuto.
Si riprese dopo qualche minuto, per via del caldo soffocante. All'interno della cabina non si respirava più per il caldo, e c'era anche un disgustoso odore di circuiti elettronici bruciati. Josh era tutto un livido, ma trovò faticosamente la forza di aggrapparsi alle ante scorrevoli della porta e tentare di aprirla.
Inutile.
Poco dopo, quando la vista cominciò a snebbiarglisi, notò il cartellino giallo triangolare accanto alla porta: su un piccolo sportello c'era scritto "sblocco di emergenza porta". Aprì lo sportello, e trovò una maniglia con sopra scritto "tirare".
-"Tanto vale provare", disse poco fiducioso sul fatto che lì dentro funzionasse ancora qualcosa. Invece sentì la leva cedere, e un meccanismo scattare dentro la porta.
Provò di nuovo a far scorrere le ante, e questa volta, anche se dopo molti sforzi, a poco a poco cedettero, quel tanto che gli bastava per sgusciare fuori dalla cabina.
Si ritrovò a camminare sul prato antistante l'aeromotore, circondato dalla più totale devastazione. Un fumo acre che puzzava di plastica bruciata aleggiava ovunque, rottami incendiati erano sparsi qua e là; si voltò, e dietro di sé vide quello che restava dell'aeromotore: un troncone di edificio alto una decina di metri; tutto quello che c'era sopra era sparito.
-"JOSH!"
_"PAPA! DOVE SEI??"
I due, abbrustoliti a dovere, con i vestiti a brandelli e varie ferite che rigavano loro la faccia, si trovarono annaspando a tentoni nel fumo.
-"Tutto bene, figliolo?", chiese Jim prendendo il figlio per le spalle.
-"Non va bene per niente…. ho la testa che sta per esplodere, quasi non riesco a muovere una gamba, e…. che diavolo è questa puzza???", esclamò frastornato il ragazzo.
-"Sono i generatori. Quelli che non sono stati spazzati via subito dal vento, si sono vaporizzati producendo migliaia di watt di elettricità in pochi istanti. Così almeno ha detto Taylor."
-"E dov'è Taylor".
Ci fu una pausa.
-"E' messo male. Ha una gamba rotta, e un pezzo di metallo conficcato in un polmone. Dobbiamo portarlo subito in infermeria", rispose Jim dirigendosi col ragazzo verso il fossato.
-"Ho paura che non sarà un'impresa facile", esclamò atono Josh osservando i quattro pneumatici del veicolo spuntare grottescamente distorti da sotto ciò che restava del pilone di un aeromotore e del veicolo che stava sotto di esso.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Basi segrete (1x14.6) ***


Basi segrete

-“Dovrebbe essere da questa parte, le tracce sono più frequenti”, disse il soldato che guidava il gruppo, facendosi strada col machete attraverso le gigantesche felci.
Dietro di lui, i sette tecnici stavano raggruppati al centro del gruppo, circondati da soldati che sondavano con lo sguardo la giungla circostante, in guardia contro eventuali attacchi. Non temevano l’arrivo dei Sixers, che avevano abbandonato la zona, ma quello dei ben più temibili slasher. Di carnosauri, per fortuna, in quel settore non c’era traccia.
Stando al resoconto di Curran, la base segreta dei Sixers sarebbe dovuta essere pochi metri più avanti, ma evidentemente avevano mancato il sentiero usato dai ribelli, perché la giungla sembrava diventare sempre più fitta. L’ultimo colpo di machete non ebbe però l’effetto sperato: la liana che si parava davanti al soldato semplice Quiller non volle saperne di spezzarsi, neanche a un secondo tentativo; così il soldato decise di esaminarla più da vicino.
-“Ma che diavolo…?”
-“Che succede?”, chiese un suo commilitone avvicinandosi.
La liana era intrecciata con sottili fili metallici, che le conferivano una certa robustezza.
-“Credo che siamo arrivati”, rispose quello guardando in alto in cerca dell’attaccatura della liana.
Sopra di loro, la luce del sole non filtrava normalmente attraverso le foglie: era bloccata da grosse piattaforme circolari costruite intorno agli alberi più grandi, e da ognuna di esse pendevano una o più liane. Non c’erano scale o altre strutture fisse che permettessero di accedere alle piattaforme.
-“Molto astuto”, constatò il tenente sopraggiunto nel frattempo, guardando in alto. In caso di attacco, devono solo ritirare le liane, e nessuno sarebbe in grado di salire e raggiungerli “in casa”.
-“Dovremo arrampicarci su questi affari?!?”, chiese seccato un soldato. “Non sarà una cosa semplice portare giù il materiale che troveremo…”
-“Non ce ne sarà bisogno. Curran ha parlato di un sistema di contrappesi… vediamo..”
Il tenente si guardò intorno, osservando meglio l’estremità inferiore della liana, in cerca di qualcosa.
-“Ecco, dovrebbe essere questo”, disse poi infilando un piede in un anello agganciato alla liana, fino ad allora rimasto nascosto tra le foglie morte che ricoprivano il terreno.
-“E queso”, disse poi guardando alla sua destra, vicino al tronco, “questo dovrebbe essere il pulsante per la salita”; tirò un cordino di pelle, e subito la liana scattò verso l’alto, portando con sé il tenente e causando un momentaneo scompiglio nella truppa, con i soldati che tolsero le sicure alle armi e le puntarono in alto e intorno a sé.
-“Tranquilli, è tutto sotto controllo”, li rassicurò il tenente planando dolcemente sulla piattaforma grazie al sistema di palette rotanti che, collegato alla carrucola in cui scorreva il sistema di liane e contrappesi, rendeva dolce e meno brusco l’arresto del rudimentale ascensore.
Dall’anello agganciato alla liana pendeva ora un lungo cordino, che i soldati poterono utilizzare per ricaricare il meccanismo e salire uno ad uno sulla piattaforma.
Era la più grande tra tutte quelle intorno, larga 4 metri e lunga più di 20, circondando con le sue tavole non uno ma tre alberi adiacenti. Tra due alberi era stata costruita una struttura in legno, a formare una sorta di rozza abitazione, mentre lo spazio tra gli altri due era vuoto, ad eccezione di alcune casse disposte a cerchio. Probabilmente una sorta di rudimentale sala riunioni.
Alle estremità della piattaforma, alcuni ponti di corda la mettevano in comunicazione con le piattaforme circostanti, su ognuna delle quali sorgeva una rozza abitazione.
-“La città dei Sixers”, disse con stupore il tenente mentre si guardava intorno con le mani sui fianchi. “Diamoci da fare: radunate sul piazzale tutto il materiale che può essere utile alla colonia”, disse riferendosi con piazzale alla zona al centro del cerchio di casse. Cercate soprattutto nuclei energetici, sementi, e medicinali. Le apparecchiature elettroniche ammucchiatele tutte in questa stanza: dovremo prima esaminarle per vedere se sono funzionati ed eventualmente decidere di portarle con noi. Soldato Morgan”, disse poi rivolgendosi all’esperto di elettronica del gruppo, “sai cosa cercare”.
-“Sì, signore”.
Il suo compito era trovare il trasmettitore temporale che permetteva a Mira di comunicare col futuro; il problema era che nessuno sapeva come potesse essere fatto un trasmettitore temporale, si sapeva solo che doveva esistere, avendolo Mira mostrato di averlo usato in più di un’occasione.
In realtà, le cose stavano molto diversamente da quello che avevano immaginato.

-“E questo cosa diavolo è?”, si chiese un soldato gingillandosi con uno strano congegno trovato sotto una coperta. Grande quanto una scatola da scarpe, aveva un piccolo quadro di controllo su un lato, mentre sul lato corto aveva un foro circolare largo qualche centimetro, chiuso da una spessa lente.
-“Qua ce n’è uno uguale”, disse un altro soldato all’altro capo della stanza.
-“Funziona?”, chiese il primo soldato armeggiando col suo dispositivo finchè riuscì a trovare il pulsante di accensione.
Il secondo soldato armeggiò anche lui il congegno dopo aver osservato il compagno, e riuscì ad accenderlo. Improvvisamente una persona comparve in mezzo alla stanza, e i due soldati lasciarono cadere i dispositivi, imbracciando le armi e puntandole contro la ragazza comparsa dal nulla.
-“Oh, mio Dio, Josh, sei davvero tu! Mi manchi tantissimo...
-“Ma che diavolo…?”, esclamò uno dei soldati avvicinandosi alla proiezione.
-“Significa che e' vero... quello che mi stanno dicendo? Saro' nel prossimo Esodo?
-“Proiettori olografici??”, ipotizzò uno dei soldati abbassando l’arma.
-“Già. Non so come potranno esserci utili, comunque funzionano. Mettili insieme al resto”, disse infine il soldato.
-“Hai mantenuto la tua promessa.”, disse infine l’immagine tridimensionale di Kara,  un istante prima che l’altro soldato spegnesse il proiettore.

-“Tenente, qui soldato Morgan, mi riceve?”, gracchiò una voce alla radio.
-“Qui tenente Lewis, avanti”
-“Tenente, credo che dovrebbe venire a vedere questa cosa. Mi trovo sulla piattaforma più a est, a ridosso della montagna”, rispose quello.
-“Roger, Anderson, ti vedo”, confermò il tenente dopo aver dato uno sguardo e aver visto in lontananza il soldato che agitava un braccio per farsi individuare. “Forse ci siamo”, disse tra sé e sé riponendo la radio.
Qualche istante dopo, il tenente Lewis stava scorrendo una mano sul terreno fangoso alla base della piattaforma. Accanto a lui stava accovacciato il soldato che lo aveva chiamato per radio.
-“Che ne pensa? Cosa può significare?”
Dalla parete della montagna, ricoperta di fitta vegetazione rampicante, scendeva un piccolo rigagnolo d’acqua, che dopo aver attraversato le fronde e il muschio sulla parete stessa, cadeva in una grossa pozza dinanzi ai loro piedi. L’acqua ristagnava leggermente in un’area sabbiosa di una ventina di metri quadri, e non era più profonda di pochi centimetri; sui bordi della pozza c’era un’ampia zona melmosa.
Il luogo era raggiungibile solo calandosi dalla piattaforma soprastante, protetto com’era dalle alte rocce che lo circondavano, e l’acqua colava via dalla grossa pozzanghera da una piccola fessura nella roccia, cadendo poi fino a terra e formando un piccolo rigagnolo che scorreva sotto le piattaforme, fino al vicino ruscello.
Incise nella melma, spiccavano, sul bordo della pozzanghera, alcune strane scritte. Lewis non ebbe difficoltà a leggerle, essendo scritte in inglese.
-“Situazione precipita. Inviare rinforzi. Organico in diminuzione, necessita Azimeth.”

Contemporaneamente, 85 milioni di anni più tardi, l’uomo della Phoenix Group guardava la grossa tavola di pietra racchiusa nella teca del suo ufficio, illuminata da una luce radente che ne evidenziava le ombre. 
E le scritte.
-“Non riceviamo nessun messaggio da ore, ormai. Deve essere successo qualcosa anche lì, dopo che Hope Plaza è saltato”.
-“E adesso che facciamo?”
-“Inviamo una squadra di ricerca a El Quisco. Lucas diceva che quella era l’unica possibilità che avrebbero avuto, se fosse successo qualcosa al portale. Probabilmente sono già diretti ai Calanchi e al Valico.”
-“Ancora non ho capito come diavolo è possibile che compaia su questo pezzo di roccia quello che Mira ha scritto 80 milioni di anni fa”, disse poi il primo uomo accendendosi un sigaro e sedendosi sul divanetto dell’ufficio.
-“E’ molto semplice: quello che tu chiami pezzo di roccia, 85 milioni di anni fa era una massa di fango”. Si fece passare anche lui l’accendino e accese il suo sigaro, dirigendosi però alla sua scrivania. “Col passare dei millenni”, continuò, ”il fango si è dapprima solidificato, poi addirittura trasformato in roccia. Ed ha così conservato miracolosamente la forma che aveva milioni di anni fa”. “Passatemi il capo della squadra di ricerca”, disse poi al telefono. “Quando hanno ritrovato la Sonda conficcata nella roccia in quella cava alle porte di Los Angeles”, riprese, “i tecnici non ci hanno messo molto a capire come avremmo potuto sfruttare la cosa a nostro vantaggio: sapendo per certo che quella pozzanghera di fango è rimasta inalterata per milioni di anni fino a diventare la roccia della cava, potevamo usarla come una vera e propria lavagna per rendere possibili le comunicazioni intertemporali”.
“Sarà”, rispose l’altro poco convinto tirando una boccata dal suo sigaro e appoggiandosi allo schienale della poltrona. “Fatto sta che ora le comunicazioni sono interrotte.”
-“Dovete partire subito per El Quisco. Ci sono stati dei problemi. Fatemi rapporto appena arrivati.”, disse al telefono l’uomo alla scrivania. “Su questo, Lucas ha avuto ragione”, continuò poi.”Finora le informazioni di Mira sono sempre arrivate puntuali. Speriamo che abbia avuto ragione anche sulla frattura alla Piana Salata. Altrimenti, temo che dovremo dire definitivamente dirgli addio, e con lui anche ai nostri soldi. E’ l’unico a sapere come diavolo creare un nuovo portale”, concluse l’uomo riattaccando violentemente il telefono, e sedendosi sulla poltrona di pelle a guardare l’incredibile panorama notturno della cupola di cui si godeva dal 98esimo piano.

----------

-“Piano… così”, disse Jim mentre insieme. a Josh aiutava Taylor a sedersi a terra, appoggiandosi alla parete di quello che una volta era stato un gigantesco aeromotore.
-“Lucas!”, mormorò Taylor. “Quel pazzo! Ha fatto detonare un ordigno per riaprire il valico!”
-“Come faremo con le radiazioni?!?”, chiese preoccupato Josh rialzandosi.
-“Per quello non dobbiamo preoccuparci, gli ordigni tattici miniaturizzati non hanno fallout radioattivo”, precisò Taylor soffocando un gemito.
-“Cosa diavolo c’è di così importante laggiù da giustificare l’uso di un ordigno atomico?”, chiese allora Jim.
-“Probabilmente…”, disse affannosamente Taylor, “… probabilmente pensano che quelle navi si trovino lì perché c’è una qualche connessione col futuro, e sperano di poterla sfruttare per tornare indietro…”
Con uno stridore di gomme sul brecciolino sopraggiunse il mezzo con Raynolds e Maddy a bordo.
-“Comandante…?”, chiese il soldato dopo essere corso accanto a Taylor.
-“Fa’ presto, dobbiamo caricarlo sul mezzo e portarlo subito in infermeria”, gli disse allora Taylor.

Ad ogni scossone del mezzo, lanciato a gran velocità verso l’infermeria, Taylor reprimeva coraggiosamente un gemito.
-“Coraggio, ci siamo quasi!”, lo incoraggiava Josh, mentre Jim faceva del suo meglio per fare in fretta e allo stesso tempo cercare di evitare sballottamenti eccessivi.
-“Base, qui Shannon, mi ricevete?”
-“Signor Shannon, parla il soldato Ryan, avanti”.
-“Abbiamo un ferito grave a bordo, fate preparare l’infermeria. Il comandante Taylor è stato gravemente ferito da una scheggia in un’esplosione”.
-“Ricevuto, avviso subito la dottoressa”.

Quando arrivarono davanti all’ingresso dell’infermeria, due uomini erano già pronti con una barella, Elizabeth sulla porta ad attenderli. Guardò la ferita di Taylor, poi volse uno sguardo preoccupato a Jim.
-“Come è successo?”
-“C’è stata un esplosione al campo eolico. Un disastro. Anche Josh ha bisogno di medicazioni”, aggiunse indicando il figlio che scendeva dal mezzo sorreggendosi a Raynolds. La madre gli corse incontro preoccupatissima.
-“Josh! Presto, portate il comandante in sala operatoria!”, gridò agli inservienti, aiutando poi Raynolds ad accompagnare Josh in infermeria. Jim li seguì all’interno.
A parte la caviglia slogata, constatò Elizabeth, Josh non aveva ferite gravi, ma sarebbe dovuto rimanere in osservazione in infermeria per qualche giorno.
-“Tu come ti senti?”, disse infine a Jim, dopo aver lasciato il figlio alle cure degli infermieri.
-“Un po’ ammaccato, bruciacchiato e indolenzito, ma tutto sommato sto bene. Il problema non sono io…”
-“Cosa intendi?”
-“Il campo eolico. E’ completamente distrutto.”
-“Distrutto?!? Ma questo significa…”
-“Già. Siamo senza energia. Con il parco solare ancora da terminare, abbiamo solo l’energia delle batterie di riserva. E non durerà molto.”
-“Quanto tempo credi che abbiamo?”
Jim si collegò col plexpad dell’infermeria al computer principale dell’Occhio.
-“A quanto pare meno di 36 ore”, disse dopo qualche second,o “Forse possiamo arrivare a 72, se riduciamo i consumi alle sole strutture essenziali della colonia. Dopodichè dovremo cavarcela... be’, alla vecchia maniera”, disse Jim.
-“Quanto tempo ci vorrà ad attivare il parco solare?”
-“Era previsto che venisse terminato nel giro di una settimana. Se non ha subito danni anche quello con l’esplosione, dovremo comunque contare qualche giorno in più, per radunare e organizzare squadre di lavoro aggiuntive...”
-“Più di una settimana senza elettricità?!? Perderemo tutte le scorte di cibo congelato!”
-“Già. E l’inverno è alle porte. Per quanto tempo credi che ne avrà il comandante?”
-“Vado a sentire i dottori. Ti faccio sapere.”
-“D’accordo, io vado al comando ad informare gli altri ufficiali e a… cercare di fare un po’ di ordine in questo disastro!”
-“A dopo.”
Liz gli diede un bacio veloce, poi andò nell’altra stanza ad assistere Josh e il comandante.
Jim trovò un certo fermento al comando; un ampio gruppo di militari si stava radunando, guidato dai due tenenti in servizio, ma attendevano l’arrivo di Jim per organizzarsi.
-“Cosa è successo?”, gli chiese allarmato il tenete Lewis vedendolo arrivare. “Abbiamo visto il… il fungo…”.
-“Lucas”, spiegò Jim. “Devono aver fatto saltare il Valico con un ordigno tattico a bassa potenza. ‘Bassa’, ma non abbastanza da non devastare completamente il parco eolico.”
-“Il parco eolico?!? COMPLETAMENTE??”
-“Già. Secondo il computer, abbiamo 72 ore di autonomia riducendo i consumi all’essenziale. Dobbiamo organizzare una squadra che informi la gente che siamo in emergenza energetica: tutte le utenze elettriche dovranno essere disattivate al massimo due ore dopo il tramonto, e non riattivate prima delle 6.00 del mattino. Solo il Comando, l’infermeria e l’Occhio dovranno restare costantemente operativi.”
-“Lo consideri fatto”, disse mentre faceva un cenno al tenente Simmons perché li raggiungesse.
-“Tenente Simmons”, continuò Jim,”lei organizzi una squadra di ricognizione: è probabile che l’esplosione che ha devastato il parco solare abbia danneggiato la recinzione esterna. Presto potremmo avere compagnia”.

----------

Jim aveva più ragione di quanto sospettasse: l’onda d’urto causata dall’esplosione aveva causato una strage nel branco di carnosauri che vivevano nella zona a nord ovest della colonia, ma molti erano sopravvissuti, e ora si stavano riprendendo. Non ci misero molto a scoprire il varco nella recinzione, seguendo le grida dei triceratopi e dei branchiosauri degli allevamenti: rimasti feriti anch’essi dall’esplosione, alcuni giacevano inermi nei pressi delle colture, come un invito a pranzo per tutti i predatori della zona.
Dapprima timidamente, memori di precedenti esperienze nel campo minato, un primo carnosauro raggiunse il varco nella recinzione esterna: l’onda d’urto aveva innescato tutte le mine nella fascia che dalla vallata raggiungeva la colonia, e non c’era niente ora che impedisse agli animali selvaggi di entrare.
L’odore del sangue dei branchiosauri feriti metteva in agitazione i carnivori affamati, che ben presto, una volta resisi conto che non c’erano pericoli ad attraversare sia la recinzione esterna che quella interna, si diressero decisi verso la zona degli allevamenti.
La mole dei branchiosauri era imponente, e le corna dei triceratopi minacciose, ma le bestie ferite, incapaci di muoversi, furono facile preda dei carnosauri; le altre non poterono che scappare nella direzione opposta da quella da cui provenivano i predatori, dirigendosi verso le abitazioni.



Sam stava affacciato sulla veranda con sua sorella Leah, cercando di capire da dove fosse provenuto il suono dell’esplosione, quando aveva visto il terribile fungo atomico, che fino ad allora conosceva solo per averlo visto sul trivisore. Adesso l’eco dell’esplosione era ormai scomparso, e la grossa nube nera si era ormai quasi dissolta. Ma i due bambini sentivano distintamente un rombo sommesso, che andava via via aumentando, finchè le stoviglie sul tavolino iniziarono a tintinnare, sempre più forte. Le fitte fronde delle piante non permettevano loro di vedere niente, mentre guardavano verso il centro della colonia, ma l’istinto di Leah, affinatosi durante la permanenza nella giungla coi Sixers, prevalse.
-“Sam, andiamo via!. CORRI!”
Fece appena in tempo a prendere il fratellino per mano e trascinarlo letteralmente via dalla veranda, correndo forsennatamente verso il viale e di lì verso il Comando, che il luogo un attimo prima occupato dal fratellino fu schiantato da un possente pilastro di ossa e di carne e di pelle squamosa, seguito pochi istanti dopo dall’altra zampa del gigantesco branchiosauro. Ma era niente, in confronto a quello che fu capace di fare la coda lunga 15 metri quando passò sull’abitazione, radendola completamente al suolo. Il tetto aveva appena finito di cadere, che fu subito calpestato da una coppia di triceratopi in fuga terrorizzati.
La devastazione che gli animali in preda al panico lasciarono dietro di sé fu totale.
-“CORRI! CORRI!”, continuava Leah a incitare il fratellino, che dopo essere inciampato per un attimo mentre lei lo trascinava per la mano, si era subito rialzato e adesso correva come un missile per allontanarsi dalla carica dei dinosauri, Leah subito dietro di lui. Si fermarono solo quando non sentirono più il frastuono dietro di loro. Si trovavano infatti ora a più di 400 metri da dove pochi secondi prima si trovava casa loro – ora indistinguibile dal terreno stesso su cui sorgeva – e la curiosità aveva preso il sopravvento sulla paura. Leah era stata la prima a fermarsi e a voltarsi indietro, osservando con enorme stupore l’incredibile scena. “Sam!”, gridò al fratello che ancora correva come un razzo.
Lui le si avvicinò, e lei le prese la manina, mentre entrambi guardavano estasiati e terrorizzati i giganteschi animali calpestare le costruzioni della colonia e disintegrarle come fossero di carta.
-“Le mie trifigurine!”, esclamò a un tratto con tono disperato il bambino, facendo istintivamente un passo avanti, ma trattenuto dalla mano di Leah, che stette bene attenta a non farselo sfuggire.
-“Lascia perdere le tue figurine! Guarda che disastro! Dobbiamo correre ad avvisare il signor Taylor!”
Intorno a loro si erano intanto radunate altre persone, fuggite terrorizzate dalle loro abitazioni, e anche loro adesso incantate ad osservare la devastazione della colonia e la possenza delle enormi bestie, senza sapere bene cosa fare.
Muovendosi ormai a passo d’uomo anziché correndo, gli animali, esaurito lo spavento iniziale, si guardavano adesso intorno, e anziché proseguire dritti verso l’esterno del recinto, alcuni triceratopi avevano iniziato a vagare all’intorno. Uno si stava dirigendo proprio verso il capannello di persone, alcune delle quali fecero istintivamente un passo indietro. L’animale stava annusando il terreno, poi alzò la testa, messo in allarme da un qualche rumore. 


Un istante dopo, le possenti mandibole di un carnosauro spuntato dalle macerie della casa accanto lo afferravano tra le grida strazianti del povero animale, che ormai non poteva fare più niente per difendersi. Un rumore terribile raggiunse le orecchie di Sam e Leah quando le ossa del triceratopo si sbriciolarono sotto il morso mortale dell’enorme carnivoro, e fiumi di sangue iniziarono a scorrere fuori dalla carcassa dell’animale, scivolando lungo la mandibola del predatore affamato. Sam era inorridito e al tempo stesso affascinato alla vista di quella scena di indicibile violenza, e Leah gli portò istintivamente una mano davanti agli occhi per impedirgli di vedere quello strazio, girandosi poi lei stessa per non vedere. Ma la curiosità era troppa, e dopo poco tornò a rivolgere lo sguardo alla scena di caccia preistorica. Vide il carnosauro che teneva ferma con una zampa posteriore la carcassa dell’animale morto, mentre con la bocca ne strappava grossi pezzi. In quell’istante un possente ruggito annunciò l’arrivo di un suo simile, che cercò di affiancarlo per condividere con lui la preda, ma fu bruscamente scacciato da una possente testata, seguita da un ruggito ben poco accogliente. Il secondo carnosauro distolse allora la sua attenzione dal mancato banchetto… e la rivolse alle persone.
Dopo un istante di paralisi da terrore, tutti furono ridestati da un possente ruggito, che anticipò di pochi istanti la carica.
Leah stava di nuovo per gridare a Sam di correre via, quando si accorse di non avere più la mano del fratello nella sua, Sam era già schizzato via appena il secondo animale lo aveva - così gli era sembrato - guardato negli occhi.

Leah non aspettò certo di essere spronata a scappare: raggiunse in tutta fretta il fratello, e insieme presero a correre come forsennati, dapprima lungo il vialetto, ma subito dopo in altra direzione.
-“Di qua!”, esclamò Leah strattonando il fratello. “Conosco un posto…”, accennò, ricordandosi che, poco distante da lì, fuori dal recinto, c’era il luogo che aveva scoperto quando, qualche mese prima, stava cercando un modo di entrare, non vista, nella colonia.
-“Leah, sei impazzita?!? Dobbiamo scappare!!!”
-“Non ce la faremo mai, è troppo veloce, non è come i trici”, obiettò la ragazzina mentre si insinuava sotto la recinzione. “Vieni!”.
Alcune persone che stavano dietro di loro scoprirono a loro spese quanto aveva ragione: spinti dall’istinto, stavano cercando di sfuggire al carnosauro semplicemente correndo più che potevano; ma un carnosauro poteva raggiungere in pochi istanti una velocità di 50 chilometri l’ora.
La prima persona fu afferrata al volo per la testa, e sbattuta a destra e a sinistra come un topo in bocca a un gatto, prima di essere divorata come già prima il triceratopo. La seconda, probabilmente la moglie dell’uomo, accorsa in improbabile aiuto, soccombette sotto la possente zampa artigliata della bestia, che aveva deciso di assicurarsi in quel modo la prosecuzione del pranzo, mentre terminava l’antipasto che stava già mangiando. Le altre persone ebbero così il tempo di fuggire a gambe levate.
-“Da questa parte! NON TI FERMARE!”, gridò terrorizzata, quasi in falsetto, Leah al fratello,  che annaspava tra le fronde, il terreno irregolare e fangoso, e con la paura che gli faceva battere il cuore come un martello.
“Quassù!”, disse poi Leah, mentre si avviava ad arrampicarsi su un enorme albero. 


Alto più di 30 metri, aveva alcuni rami che arrivavano a toccare il terreno, rendendo relativamente facile per loro salire, ma impossibile fare altrettanto per i carnosauri – ammesso che fossero in grado di arrampicarsi – sotto il cui peso i rami avrebbero certamente ceduto.
-“Dammi la mano!”, gli disse aiutandolo a salire. Insieme salirono due, tre, dieci livelli di rami, spinti dalla paura e dai rumori orribili e dalle grida che sentivano ancora dietro di loro. I rami della pianta preistorica cadevano simili a quelli di un salice piangente, non fosse stato per la differenza che il più sottile di essi era spesso quanto un braccio, ma erano così fitti e intrecciati in certi punti da formare quasi delle scale naturali. Più in alto si diradavano un po’, e salire era più complicato, dovendo gattonare a cavalcioni dei rami stessi, che però avevano intanto raggiunto un diametro di alcune decine di centimetri, e fornivano un certo appiglio grazie alle varie sporgenze e rametti che da esse spuntavano. Una volta arrivati in cima alla curva formata dai rami, era poi facile ridiscendere verso il tronco al centro; lì, come aveva scoperto Leah, si trovava una specie di piccola radura, completamente sgombra di rami, all’interno della quale, nei mesi piovosi, ristagnava l’acqua, permettendo a una sorta di muschio di svilupparsi prosperoso; in quel periodo dell’anno, però, la calura asciugava completamente il muschio – spiegò Leah al fratellino – che così diventava un comodissimo nascondiglio, abbastanza morbido da poterci dormire comodamente, e completamente al sicuro dagli attacchi dei predatori.
-“Come sai tutte queste cose?”, chiese stupito il fratellino.
-“Me le ha spiegate Mira”, rispose. “Quando era ancora buona con me”, aggiunse poi con una velatura triste nella voce e nello sguardo. “Zitto!”, gli intimò poi. Avevano iniziato a sentire un rumore di rami rotti e di fronde provenire da sotto l’albero. Sam ammutolì e si rannicchiò addosso alla sorella, che lo abbracciò e lo tenne stretto a sé.
-“Ci hanno trovati!”
-“Non dire scemenze”, lo rimproverò Leah, non volendo dare a vedere quanto era impaurita. “I carnosauri sono troppo grossi per riuscire ad arrampicarsi fin quassù!”.
-“Ah sì?”, ribattè lui scettico e terrorizzato. “E gli slasher? Scommetto che è uno slasher che sta salendo, e adesso ci farà a pezzi, e…”
-“Smettila! Non hai visto che i rami erano così fitti che a momenti non riuscivamo a passare neanche noi?”, disse cercando di rassicurare lui e sé stessa. “Mira ha detto che nessun dinosauro può riuscire a passare tra i rami di un plotinus…”, continuò, il rumore di fronde sempre più vicino. I rami davanti a loro, ora, si stavano muovendo. Leah puntò i piedi a terra e si spinse con le spalle verso il lato opposto del letto di muschio, strisciando con la schiena a terra e stringendo a sé il fratellino.
-“CI MANGERA’!”, gridò lui terrorizzato.
-“Chi è che ci mangerà?!?”, chiese allora la testa appena spuntata dai rami, con un espressione terrorizzata sul volto a sentire una voce provenire da quello che credeva essere un luogo deserto.
-“TIMMY!”, gridò allora Leah, strabuzzando gli occhi.
Era il suo migliore amico, fin da prima che lei se ne andasse coi Sixers. Da quando era tornata, non era passato un giorno senza che stessero insieme a giocare, e a parlare, e a guardare i dinosauri che brucavano nei pascoli interni, e poi ancora a giocare e a scherzare, e a parlare. Ancora troppo piccoli per sapere di essere innamorati, passavano così tanto tempo insieme che più di una volta Sam aveva fatto qualche scenata di gelosia mettendo il broncio a Leah, che il più delle volte nemmeno capiva perché all’improvviso, a volte, Sam si arrabbiasse così tanto con lei.
Lo stupore sul viso della bambina lasciò il posto al rossore, le guance che le andavano a fuoco. Avrebbe voluto correre ad abbracciare l’amico, ma Sam la stringeva forte, terrorizzato, ricambiando il suo abbraccio di poco prima, e lei non sapeva cosa fare.
-“Cosa ci fate voi due nella nostra base segreta?!?”, chiese loro stupito Timmy, avvicinandosi.
-“Base segreta?!?”, chiese Sam stupito.
-“ ‘Vostra’?!?”, chiese invece Leah.
Dai rami dietro Timmy spuntò pochi istanti dopo una chioma color carota sopra una faccia paffuta e lentigginosa. Bobby.
-“Ehi!”, esclamo il bambino vedendo Leah e Sam, un po’ contrariato. “Che ci fanno loro qui?!?”, chiese a Timmy.
-“Sembra che la nostra base non sia più così segreta”, rispose sorridendo Timmy.
-“Da quando avete una base segreta?!? Non me lo hai mai…”, stava per obiettare Leah, improvvisamente arrabbiata all’idea che il suo migliore amico le avesse tenuto nascosta una cosa così fica.
-“Doveva essere una sorpresa…”, la interruppe Timmy corrugando la fronte.
-“Ah sì?!?”, disse lei ora decisamente contrariata, allentando l’abbraccio di Sam e alzandosi in piedi. “Beh, siamo arrivati prima noi, quindi se volete stare qui, dovete… dovete chiederci il permesso!”
Timmy e Bobby restarono allibiti.
-“Sì, siamo arrivati prima noi!”, le diede man forte Sam alzandosi, non sembrandogli vero di potersi mettere contro Timmy, e soprattutto di vedere Leah fare la stessa cosa.
-“Se volete rimanere qui, dovete…”, esitò pensando a una condizione da porre, “…dovete pagare!”
-“Pagare?!? A momenti veniamo spiaccicati da un bronto, infilzati da un tricio e mangiati da un dentone”, disse allora Timmy menzionando tutti i nomignoli con cui loro bambini si riferivano ai dinosauri, “e ora dovremmo anche pagare…?”
La tensione stava salendo, e Leah sentiva nel petto una sensazione che non capiva, e che credeva fosse rabbia, mentre fronteggiava il bambino decisa a non farlo restare.
-“Mangiare? E’ l’idea migliore che ho sentito negli ultimi 10 minuti!”, esclamò allora Bobby; si tolse dalle spalle lo zainetto, lo posò a terra, lo aprì sotto lo sguardo attento dei suoi amici, e un istante dopo addentò famelico un panino farcito.
-“Che c’è???”, farfugliò immobilizzandosi con in bocca il pezzo di panino appena azzannato, osservando tre paia di occhi che lo fissavano increduli, arrabbiati e affamati.
La pace fu immediata, e fu ora di merenda.

------

Quando finalmente la polvere si fu depositata, gli uomini di Lucas si mossero.
-“Andiamo!”, disse il maggiore.
Nella confusione che era seguita all’esplosione, Mira aveva approfittato per togliersi di mezzo. Era bastato qualche sguardo coi suoi uomini più fidati, e un inosservato passaparola tra gli uomini durante il tragitto fin lì, per organizzarsi per la fuga, e la pioggia di detriti e la nuvola di polvere che erano seguito all’esplosione erano stati il momento ideale.
Piuttosto che seguire il percorso del canyon, dove sarebbero stati facilmente individuabili dagli uomini di Lucas, decisero di arrampicarsi sui due costoni e dileguarsi sull’altopiano.
In realtà, Lucas e i suoi avevano ben altro a cui pensare: gli uomini erano ormai piuttosto tesi e preoccupati, all’idea di dover passare il resto della loro vita in quell’epoca, ed erano ansiosi di arrivare alla Piana Salata e porre fine a quella storia. Quando si resero conto che solo pochissimi degli uomini di Mira erano rimasti con loro, quindi, non se ne preoccuparono, e si attennero al piano: una volta raggiunta la Piana Salata, Lucas avrebbe attivato il generatore di distorsione temporale, e in un batter d’occhio si sarebbero ritrovati nel XXII secolo, con la squadra di recupero pronta ad accoglierli.
-“Disponete gli amplificatori su tre punti… così, equidistanti, perfetto”, disse Lucas incitando gli uomini che stavano posizionando i treppiedi che sostenevano gli amplificatori di campo. Altri stavano intanto effettuando le connessioni elettriche, mentre Lucas controllava sul suo plexpad che tutto funzionasse a dovere.
-“Credo che ci siamo”, disse poi, “i valori sono nella norma”.
-“E se non funzionasse?”, disse a un certo punto, dubbioso, il maggiore.
-“Funzionerà”, tagliò corto Lucas. “E in ogni caso, ovunque sarà meglio che in questo dannato posto”, concluse poi guardandosi intorno.
Il maggiore non potè non convenirne. Da quando erano arrivati, tra cibo disgustoso, piaghe e bolle che spuntavano nuove ogni giorno in ogni parte del corpo, animali terrificanti da cui difendersi, e tutto il resto, non vedeva l’ora di togliersi di lì: una volta ritirayo lo speciale compenso che gli era stato promesso per quella bizzarra missione, avrebbe potuto ritirarsi a vita privata, e aveva già messo gli occhi su un superattico di Las Vegas. Con tutti quei soldi forse avrebbe potuto anche togliersi lo sfizio di comprarsi un casinò tutto per sé.
-“Raduni gli uomini, ce ne andiamo!”, disse infine Lucas. Fece le ultime regolazioni, mentre il maggiore richiamava i suoi e li faceva raggruppare intorno a loro al centro del triangolo formato dagli amplificatori di campo.
Furono gonfiati sei battelli, ognuno dei quali poteva ospitare comodamente 20 persone, ma vollero tenersi comodi: ormai la missione era finita. Appariva piuttosto bizzarro stare a bordo di un battello gonfiabile sulla terraferma, ma Lucas aveva calcolato che quel punto, 87 milioni di anni più  tardi, si sarebbe trovato sull’oceano, e non sapevano quanto avrebbe impiegato la squadra di soccorso a raggiungerli. A bordo c’erano viveri sufficienti per una settimana.
Sullo schermo del plexpad campeggiva un grosso pulsante rosso con la scritta START.
Lucas lo premette.

-------

Il capitano scrutava l’orizzonte col termobinocolo elettronico, cercando di scorgere qualcosa che il radar poteva non aver visto. Ma sulla superficie piatta del mare non si scorgeva nessun battello.
-“Comandante, contatto visivo a babordo!”, gridò a un tratto il marinaio che lo affiancava, anche lui armato di binocolo. L’oggetto che aveva individuato non era però un battello di salvataggio, ma qualcosa che galleggiava a fianco della nave.
Un marinaio gettò fuori bordo una corda con un rampino fissato in cima, e tirò a bordo l’oggetto: un grosso telo di plastica, arancione fosforescente, con una lunga corda bianca che lo percorreva lungo tutto il perimetro, fissato a vari anelli di gomma nera. Portò il telo sul ponte, dove il comandante lo esaminò accuratamente. Non ci mise molto a trovare il logo della Phoenix Group, identico a quello che campeggiava enorme sul fianco della nave.
-“E’ uno dei nostri battelli. Allerti gli uomini, monitorate tutti i dintorni in cerca di naufraghi, il battellino deve essersi ribaltato, o forato…”
-“Sissignore!”, rispose il marinaio andando a istruire gli uomini.
-“Qualcosa è andato storto…”, mormorò tra sé.
-“Contatto visivo a babordo!”, esclamò una delle vedette.
-“Contatto visivo a prua!”, gridò un’altra.
Altri marinai stavano ripescando dalla superficie dell’oceano resti di altri battelli e oggetti vari. Nessun corpo.
-“Ma che diavolo è successo, qui?”, si chiese il comandante.

Il dispositivo di emergenza creato da Lucas aveva funzionato alla perfezione; i suoi calcoli erano stati precisi. L’intera squadra era stata trasportata istantaneamente dal -87 milioni al 2149, proprio nel punto dell’Oceano Pacifico che Lucas aveva predetto. 
Sul fondo dell’Oceano Pacifico, a 4000 metri di profondità.
Non c’era stato nessun sopravvissuto.








Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Da capo (1x14.7) ***


Da capo

-“Tenente Lewis, qual è la situazione?”
Jim si era fatto rapidamente medicare le escoriazioni rimediate al campo eolico, dopodichè si era prontamente recato al comando per essere ragguagliato sulla situazione. Taylor sarebbe stato fuori combattimento per un bel po’, gli aveva detto Elizabeth. Aveva un polmone collassato e due costole rotte, senza contare le varie ferite, escoriazioni e contusioni. Ne avrebbe avuto almeno per un mese. Un mese che si prospettava piuttosto complicato.
-“Le squadre hanno rilevato danni ingenti sia alla recinzione esterna che a quella interna, nei quadranti nord-ovest e sud-est. Ci sono gravi danni anche alle strutture abitative in entrambi i settori, e si contano fino ad ora 6 vittime, 3 feriti gravi e 19 feriti lievi, più 4 dispersi.”
Prima le perdite dovute allo scontro con la Phoenix Group, ora questo; gli eventi stavano decimando la già sparuta popolazione della colonia, riflettè Jim.
-“Ci sono state numerosi intrusioni di carnivori e conseguenti perdite agli allevamenti. Due brachiosauri morti nell’esplosione, 7 triceratopi divorati dai…”
L’elenco della devastazione era lungo.
-“Chi sono i dispersi?”, interruppe Jim.
-“Prego?”
-“Ha detto che ci sono 4 dispersi, ha i nominativi?”
-“Sì, certo.” Il tenente Lewis consultò rapidamente un’altra sezione del plexpad. “Sono Timothy Slanders, Robert Stray, Samuel Marcos e Leah Marcos…”
-“Leah?!? Ha detto ‘Marcos’?? Ne è sicuro??”, chiese allarmato Jim, avvicinandosi al tenente per vedere di persona il suo plexpad.
-“Sì, signore. Sembra che si tratti di quattro minori…”
-“Già.”, lo prevenne Jim. “Bambini. Leah, il fratellino e, probabilmente, i loro amici. A Taylor questo non piacerà.
“Dove sono stati visti l’ultima volta?”, continuò poi.
-“Vediamo… Nel settore sud-est, quadrante L3. La famiglia Lorentz che ha in custodia i due Marcos abitava proprio in una delle strutture abitative andate distrutte. Non ci sono sopravvissuti, ma i vicini…”
-“La famiglia Lorentz… tutti morti?!?”, chiese allora Jim, pensando alla povera, sfortunata Leah.
-”..sì, signore… io… posso far controllare di nuovo, se vuole…”, disse imbarazzato il tenente abbassando gli occhi e armeggiando col plexpad.
Ci fu una breve pausa, mentre Jim rifletteva sul da farsi.
-“No… No, va bene così, state facendo un ottimo lavoro”, disse poi. “Organizzi una squadra di ricerca per i quattro ragazzini.”
-“Signore, ci sono molti carnosauri in libertà, e probabilmente ormai…”
-“Faccia come le ho detto!”, lo gelò all’istante Jim.
-“Sissignore!”, obbedì il tenente, congedandosi per andare a organizzare la squadra.
-“Signore?”, disse un soldato entrato subito dopo l’uscita del tenente.
-“Che altro c’è?”, chiese rassegnato Jim.
-“Abbiamo una strana lettura sui segnalatori radio dei Sixers”, disse quello. “O meglio, non abbiamo più nessuna lettura: d’un tratto tutti i segnali sono spariti.”
-“Come può essere?”, chiese Jim più a sé stesso che al soldato, avvicinandoglisi per osservare lo schermo del localizzatore. “Dove risultano gli ultimi rilevamenti?”
-“In questa posizione”, indicò il soldato sullo schermo. “A nord-ovest della colonia, oltre le montagne. E’ una zona inesplorata”, concluse il soldato.
-“Inesplorata”, pensò tra sé e sé Jim, ricordando la spedizione di qualche giorno prima con Taylor alla Piana Salata. “Nessuno deve saperlo”, aveva detto Taylor. “Né della piana, né degli slashers”. Come poliziotto, Jim sapeva bene l’importanza del tenere segrete certe informazioni alle “persone qualunque”, o meglio, non addestrate. Persone che non hanno ricevuto una particolare formazione su come reagire alle situazioni di crisi, di emergenza o di pericolo, tendono ad avere reazioni inconsulte ed irrazionali di fronte ad esse, con la conseguenza di aggravare le situazioni stesse, per cui il più delle volte conviene non informarle affatto, se non sono direttamente interessate o minacciate. “Occhio non vede, cuor non duole”, si diceva una volta.
-“Abbiamo personale sufficiente per una ricognizione sul posto?”, chiese Jim, non ancora del tutto consapevole dell’ammontare delle risorse militari della colonia in quella situazione di emergenza.
-“Le vado a chiamare il tenente Lewis, signore?”, chiese il soldato, il cui grado semplice non gli consentiva di essere a conoscenza dell’organizzazione logistica della colonia.
-“Sì, per favore.”
-“Signorsì!”, scattò sull’attenti il soldato per poi uscire.
Poco dopo il tenente Lewis si trovava di nuovo davanti alla scrivania di Taylor, dietro la quale stava però seduto Jim,  contemplando il grosso teschio di carnosauro che la sorreggeva.
-“La squadra di ricerca è partita, signore”.
-“Molto bene. Qual è la situazione delle altre squadre?”
-“Oltre quella impegnata nella ricerca dei dispersi, ci sono sei squadre di scorta agli operai che stanno ripristinando le recinzioni, tre squadre di ricerca impegnate a individuare animali ostili ancora in libertà nella colonia, mentre è appena rientrata quella in ricognizione presso la base dei Sixers”
-“La base dei Sixers! L’avevo quasi dimenticata. E’ stata individuata?”
-“Sì, signore. Ero io stesso a capo della squadra, e abbiamo effettuato dei ritrovamenti molto interessanti. Trova tutto nel mio rapporto…”
-“Non ho avuto ancora tempo nemmeno di accenderlo, il plexpad di Taylor. Mi faccia un riassunto.”
-“Sì, signore. L’accampamento era situato… E’ situato a pochi click a nord-est. Abbiamo trovato moltissima attrezzatura elettronica – qualcosa anche in buono stato – ma niente che possa assomigliare a un trasmettitore temporale. Almeno, il soldato Morgan, il nostro tecnico, non ha trovato niente che possa essere secondo lui utilizzato per comunicare col 2149 a portale chiuso.”
-“Eppure Mira aveva un modo per comunicare col futuro…”
-“Sì, signore. Il soldato Morgan ha una sua teoria, in merito. Glielo vado a chiamare”, lo prevenne il tenente.
-“Molto bene. C’è altro?”.
-“Sì, signore. Abbiamo trovato uno strano congegno; in un primo momento avevamo pensato che potesse essere quello, il trasmettitore, ma il soldato Morgan ritiene di no.”
-“Sembra proprio che dovrò parlarci alla svelta, con questo Morgan, tenente…”
-“Sì, signore.”
Il soldato salutò e uscì, lasciando Jim alle sue riflessioni sul futuro della colonia. Tracciò sulla mappa a parete delle linee che contrassegnavano i vari danni alla colonia: le recinzioni abbattute, le case distrutte, il  campo eolico… L’arrivo del soldato Morgan interruppe i suoi pensieri.
-“Signore.”, disse quello, sugli attenti sulla porta.
-“Entri pure”, gli disse Jim. Il soldato si mise sugli attenti davanti alla scrivania.
-“Riposo, soldato”. Il ragazzo si rilassò un po’. “Mi dicono che lei ha un sacco di cose da dirmi sulla spedizione al campo dei Sixers.”
-“Sì, signore.”
-“Cominciamo dal comunicatore temporale. Mi dicono che non ne avete trovati…”
-“No, signore”
-“… ma che lei ha una sua teoria…”
-“Sì, signore”, rispose quello non riuscendo a celare del tutto un po’ di orgoglio. “Credo che… credo che anziché della tecnologia, si siano serviti della natura”.
Il soldato Morgan spiegò a Jim come ciò che in quell’epoca era fango, dopo 85 milioni di anni poteva essersi trasformato in roccia, e come qualunque segno impresso sul fango sarebbe rimasto inalterato fino al giorno del ritrovamento, nel futuro, della roccia stessa; e di come questi segni potessero essere modificati a piacimento nel presente, risultando automaticamente e immediatamente cambiati anche nel futuro, permettendo così di inviare messaggi.
-“Ma non di riceverne”, obiettò Jim.
-“No, signore, con questo sistema, le comunicazioni sono a senso unico.”
-“Quindi evidentemente Mira inviava in questo modo i suoi messaggi, e poi periodicamente, ad ogni pellegrinaggio, riceveva i materiali richiesti, ed eventualmente le informazioni che le servivano…”, disse più a sé stesso che al soldato.
-“E’ quello che ho pensato anch’io, signore”, confermò però lui. “Abbiamo però trovato anche uno strano oggetto…”
-“Il tenente Lewis me l’ha accennato. Vada avanti.”
Il soldato fece un cenno a un commilitone rimasto fuori con in braccio alcuni oggetti, e quello entrò e li depose accanto al soldato, mettendosi poi subito dopo sull’attenti per salutare Jim. Dopodichè uscì, senza dire una parola.
-“Questi”, disse il soldato Morgan, “sono gli oggetti che abbiamo trovato”.
Ne prese in mano uno, e premette il pulsante di accensione, poi appoggiò il dispositivo in un angolo della stanza. Fece poi lo stesso con l’altro. L’ologramma di Kara comparve al centro della stanza, ripetendo di nuovo la stessa frase:
-“Oh, mio Dio, Josh, sei davvero tu! Mi manchi tantissimo...”
-“Che diavolo significa?!?”, chiese allora Jim girando intorno all’ologramma per osservarlo meglio.
-“Significa che e' vero... quello che mi stanno dicendo? Saro' nel prossimo Esodo?”
-“Si tratta di proiettori olografici, signore. Quella che vediamo è una registrazione fatta nel 2149…”
In quel momento sopraggiunse Josh, che dopo essere stato medicato era stato inviato da Taylor a chiamare Jim.
-“Papà…”, disse entrando, ma ammutolì nel vedere la scena.
Hai mantenuto la tua promessa.”, stava dicendo la ragazza. Poi continuò, voltando lo sguardo da una parte.
-“Va bene così?”, chiese rivolto a qualcuno fuori dall’inquadratura.
-“E’ più che sufficiente”, disse una voce fuori campo, dopodichè la trasmissione si interruppe e l’ologramma scomparve.
-“Che diavolo significa, questo?!?”, chiese incredulo Josh.
-“Josh, che diavolo ci fai tu qui?!?”, gli chiese di rimando il padre.
-“Io…”, rispose il ragazzo avvicinandosi al padre, ma restando con lo sguardo fisso sul punto in cui un istante prima c’era la sua ragazza. “Taylor mi ha mandato a chiamarti. E’ rinvenuto per qualche minuto, e ha detto di chiederti come stanno andando le cose… ma la mamma lo ha messo di nuovo sotto sedativi, non so quando potrai parlarci. Che diavolo è successo, qui?”, gli chiese poi bruscamente voltandosi verso di lui.
-“Lo hanno trovato nell’accampamento dei Sixers. E’ un registratore olografico. Tu ne sai niente…?”
-“E’ la registrazione di… di quello che ho… di quello che mi ha detto Kara quando… cioè…. Quando andai al campo dei Sixers”, cercò di continuare Josh guardando Jim un po’ impaurito, “mi fecero parlare con Kara… o almeno, a me sembrò di parlare con lei, ma…”
-“Hai parlato con Kara nel futuro?!?”, gli chiese il padre.
-“Credo… credevo di sì. Quei bastardi mi hanno imbrogliato fin dal principio! Era una registrazione! Una sfottuta registrazione!”, sbottò poi, rifiutando un gesto di consolazione del padre. “Sono in camera mia, se avete bisogno di me”, disse infine, e se ne andò. Jim rimase lì a fissare il soldato Morgan, senza saper bene cosa dire.

-------

-“State tutti bene??”, gridò Mira quando si fu attenuato l’eco dell’esplosione e il rumore delle scheggie di roccia che ricadevano.
-“Sì!”
-“Sì…”, risposero i suoi uomini da varie parti intorno a lei.
Prima che l’ordigno esplodesse, erano riusciti a raggiungere l’altopiano sopra al canyon che conduceva dai Calanchi al Valico. La distanza e la posizione rialzata li avevano riparati dagli effetti diretti dell’esplosione, ma alcuni frammenti di roccia ricaduti avevano rischiato di ferire seriamente alcuni di loro. Per fortuna, però, erano tutti incolumi.
-“Quegli idioti!”, sbottò Mira, inespressiva come sempre. “Far saltare il valico con un ordigno atomico! E per cosa, poi?!? Per finire tutti annegati!”. Si lasciò sfuggire un ghigno.
-“Che intendi dire?”, le chiese uno dei suoi.
-Quel Lucas è talmente accecato dall’odio per suo padre, che ha perso completamente il cervello. Ha fatto studi, grafici e calcoli, e poio… bah!”
I suoi continuavano a non capire.
-“Ricordate cosa vi dissi a proposito della Piana Salata, e della battaglia che si era svolta 4000 metri sopra di noi, quando siamo stati lì?”
I suoi la guardavano aspettando che continuasse, mentre si rialzavano e si spolveravano i vestiti.
-“Be’, si dà il caso che dai calcoli che ha fatto Lucas, alla Piana c’è una frattura temporale che gli permetterà di tornare nel 2149…”
-“Cosa?!?”, esclamò uno di loro. “E perché diavolo non li abbiamo seguiti???”, sembrava sul punto di colpire Mira.
-“Perché quell’idiota di Lucas”, continuò portandosi la mano destra al machete mentre continuava la spiegazione, “ha calcolato perfettamente i tempi, ma non gli spazi”, andò avanti Mira. Il portale di Hope Plaza utilizza metà della sua energia per posizionare i pellegrini nel posto giusto, oltre che nel tempo giusto. Se Lucas sperava di poter fare altrettanto col suo giocattolo tascabile”, continuò riferendosi ai generatori con cui Lucas aveva attivato il varco, “si sbaglia di grosso: non appena attiverà la frattura col generatore di raggi gamma… si troverà sul fondo dell’Oceano Pacifico del 2149!”
I suoi uomini, che ormai formavano un capannello intorno a lei, restarono allibiti.
-“Vuoi dire che se fossimo rimasti con loro…”
-“Adesso saremmo tutti cibo per i pesci, proprio così”.
Alcuni degli uomini guardarono verso il luogo dell’esplosione, immaginando gli uomini che, convinti di stare per tornare a casa, stavano invece per fare una fine orribile.
-“Se la sono voluta. Ne ho le palle piene di stare agli ordini di Lucas e della Phoenix. Avranno quello che si meritano: Lucas ci resterà secco, e la Phoenix perderà i suoi uomini, il collegamento col passato, e tutto il resto.”
-“Già… ma anche noi!”, protestò uno.
-“Anche noi cosa?!?”, disse accigliata Mira.
-“Anche noi abbiamo perso il collegamento. Come faremo a tornare nel 2149? Avevi promesso che…”
-“Le cose sono cambiate, caro mio!”, lo interruppe Mira. “Farai bene a iniziare ad abituarti. Questa”, e sottolineò la parola con un gesto che includeva tutti i dintorni “è la tua nuova casa. Che ti piaccia o no. Inutile stare a rimuginarci sopra. Andiamo”, tagliò corto.
-“Andiamo dove?!?”, protestò un altro.
-“Non so, tu che dici? Vuoi restare qua sulle rocce a bollire sotto il sole, preferisci tornare a fare la scimmia tra gli alberi, oppure vorresti avere quattro mura intorno, tanto per cambiare?”
I suoi uomini la guardarono perplessi, mentre si avviava verso la colonia.
-“Pensi che ti faranno entrare così? Ti accoglieranno a braccia aperte?!?”, la schernivano.
-“A braccia aperte o no, non fa nessuna differenza. Per quanto mi riguarda, la guerra è finita: non vedrò mai più la mia bambina”, disse cercando di non far trasparire la sua disperazione di madre, “e quello era l’unico motivo per cui facevo la guerra a Taylor. Quello, e la promessa di tornare a casa. Adesso, non posso avere nessuna delle due cose. Quindi, ne resta una sola da fare.”, concluse incamminandosi.
-“E che cosa faremo una volta lì?!?”, chiese uno perplesso, rassegnandosi a seguire il suo capo – o forse il suo ex-capo?
-“Fate quello che volete. Per quanto mi riguarda, forse mi metteranno per un po’ di tempo a spaccarmi la schiena alle piantagioni, o a scavare latrine, ma a Terra Nova non ci sono prigioni, lo sapete meglio di me. Salderemo il nostro debito con la loro società… dopodichè vedremo”
-“Vedremo?!?”, ripeterono alcuni , iniziando a borbottare tra di loro mentre si incamminavano anch’essi, parlottando e discutendo sul da farsi.
-“Capo…?”
-“Capo?!? Non sono più il tuo capo, Lester. Ognuno per sé, adesso.”
-“E va bene… ‘Mira’… cioè….”
Erano tutti confusi e indecisi sul da farsi, ma tutti sapevano dove stavano andando: al cancello principale di Terra Nova.

-----------

-”SIXEEERS!!”, gridò il soldato di vedetta.
Subito l’allarme passò da un soldato all’altro, a voce e via radio, e ben presto l’intera colonia fu in allarme. Jim si affacciò al balcone del Comando, come era solito fare, normalmente, Taylor.
-“Naturalmente!”, pensò, “come se non avessimo abbastanza guai!”
Jim si recò nei pressi del cancello affiancato da Raynolds e con vari soldati a supporto, osservando la scena che si svolgeva dall’altra parte. Un folto gruppo di Sixers – forse una trentina – se ne stava lì, immobile, Mira davanti a tutti, in una posa di sfida a gambe larghe e con le mai sui fianchi.
A un suo cenno del capo, gli uomini, uno ad uno, sfilarono davanti a lei, deponendo ognuno tutte le sue armi a terra, alcuni guardando storto verso la colonia, e ben presto si formò un’alta catasta. Una volta disarmati, gli uomini si misero in fila per 3 al fianco di Mira, mani dietro la nuca, in attesa di istruzioni.
-“Che sta succedendo, la fuori?!?”, mormorò perplesso Jim avvicinandosi al cancello.
-“Sembra… sembra che si stiano arrendendo!”, suggerì Raynolds.
-“Già. Come no”, disse di rimando Jim. “Rafforzate i controlli agli altri cancelli e alla recinzione, potrebbe essere di nuovo un diversivo!”
-“Non credo, signore. Conto almeno una trentina di persone… cioè probabilmente tutti i Sixers, se contiamo le probabili perdite che hanno subito in questi anni”.
-“Continua”, lo esortò Jim senza staccare gli occhi dall’insolito movimento davanti ai cancelli.
-“Il comandante Taylor le ha già raccontato del giorno della divisione e della fuga dei Sixers. Forse non le ha detto che erano una cinquantina di persone, all’epoca. Sono passati molti anni da allora, e la vita là fuori è piuttosto dura. Non mi stupirei se fosse sopravvissuta solo la metà di loro.”
-“Forse”, disse Jim non ancora del tutto convinto. “Aprite il cancello!”, ordinò alle guardie.
I pesanti tronchi di legno si sollevarono lentamente, lasciando a poco a poco libera la visuale sul gruppo di uomini con le mani alzate, capeggiati da Mira.
La donna fece per avvicinarsi imbracciando un fucile automatico, suscitando l’immediata reazione dei soldati a copertura di Jim, che tolsero la sicura alle armi. Mira, con gesti calmi e misurati, si tolse il fucile da tracolla, lo prese con due mani disponendolo orizzontalmente davanti a sé, e fece qualche altro passo verso Jim, che aveva nel frattempo estratto la sua pistola sonica e la puntava in faccia a Mira.
-“Taylor?”
-“Non è qui.”
-“Questo lo vedo.”
-“Che cosa vuoi?”
La donna lo fissò negli occhi per qualche secondo senza parlare. Poi lasciò cadere il fucile a terra, e indietreggiò di un passo, suscitando lo stupore di Jim, che però restò con gli occhi fissi su di lei. Un soldato alle spalle di Jim si affrettò a raccogliere il fucile.
-“E con questo cosa pensi di fare?”, gli chiese Jim.
-“Funziona ancora il bar di Boylan? Ho ancora la bocca piena di polvere!”, disse inespressiva. Guardò ancora per qualche secondo Jim fisso negli occhi, poi lo aggirò e si diresse con passo deciso verso il cancello, seguita con attenzione dagli sguardi dei soldati in attesa di ordini, e dai collimatori dei loro fucili.
Jim ci pensò su qualche secondo, guardando prima lei, poi i suoi uomini, poi di nuovo lei, e la colonia.
-“Tenente!”, ordinò poi rivolgendosi a Lewis che gli stava accanto. “Faccia raccogliere le armi, e scortare questi uomini fino all’infermeria!”, disse abbassando la sua pistola.
-“Che significa?”, chiese lui perplesso, abbassando anche lui la sua arma e rimettendola in sicura.
-“La guerra è finita. Andiamo dentro.”

--------

-“Come sta?”, chiese Jim sottovoce alla moglie, sulla soglia della stanza dove Taylor era ricoverato.
-“E’ ancora sotto anestesia. L’operazione è andata bene, è fuori pericolo. Tra qualche ora potrai parlarci… ma non farlo stancare troppo. Era una brutta ferita, ha perso molto sangue, e ci metterà un po’ a rimettersi del tutto”, rispose Elizabeth un po’ preoccupata.
-“Capisco.”
-“E tu?...”, gli chiese poi la donna, riferendosi non a lui personalmente, ma agli affari della colonia di cui si stava ora occupando. “Riesci a cavartela?”
-“Gli uomini sono molto ben addestrati e sanno il fatto loro. Ma sono pochi, e i danni sono molto ingenti. Anche noi ci metteremo un po’ a ‘rimetterci del tutto’… Dovrai concentrare le attività che richiedono gli apparati elettronici più complessi alle ore di luce; dopo le 22.00 dovremo ridurre al minimo i consumi, se vogliamo che le batterie durino almeno il tempo necessario ad attivare i pannelli solari. Quantomeno, una parte. Per completare l’intero campo solare ci vorranno ancora settimane.”
-“E gli aeromotori?”
-“Quelli non so nemmeno se riusciremo mai a ripararli. Probabilmente sarà più semplice abbandonarli del tutto, e costruire i nuovi col materiale che è ancora nei magazzini.
“Adesso devo andare”, disse infine dandole un bacio veloce. “Fammi sapere quando si sveglia!”.
-“Ma certo.”

--------

Il biorivelatore che il soldato in testa alla colonna teneva tra le mani non dava nessun segnale; questo significava che nel raggio di 50 metri dalla squadra di ricerca, non erano presenti forme di vita più grandi di un gatto – o qualunque cosa ci fosse grande quanto un gatto in quello strano ambiente.
-“Proviamo da quella parte”, disse il tenente Lewis, “il terreno mi sembra più sgombro, forse sono passati di lì.”
Poco dopo erano ai piedi dell’enorme salice, ma non potevano vedere nulla oltre tre metri sopra di loro, a causa degli intricatissimi rami. Il biorilevatore non segnalava niente.
-“Tenente!”, lo chiamò un soldato. “Qui c’è qualcosa.”
A circa un metro di altezza, su un lato del tronco, c’erano delle escoriazioni sicuramente fresche, ma erano troppo larghe e poco profonde per essere state causate da artigli o denti. Il tenente ci passò sopra i polpastrelli, pensieroso. Guardò verso l’alto, senza scorgere niente.
-“Crede che si siano arrampicati lassù?!?”, chiese il tenente al suo sottoposto.
-“Se è così, non sarà facile scoprirlo. Questi rami sembrano impenetrabili. Almeno, per un adulto.”
-“E a maggior ragione per i dinosauri…”
-“Già. Soldato Mendez!”, disse poi il tenente rivolgendosi all’unica donna della squadra. Di origine messicana, era muscolosa ma minuta, ed era forse la più adatta per cercare di insinuarsi tra i rami. Il tenente stava appunto per affidargli l’ingrato compito di strisciare tra i rami in cerca dei ragazzini, ma fu interrotto da un rumore tra le fronde dietro di lui.
-“Che succede?!?”, esclamò un soldato voltandosi e impugnando la pistola sonica.
-“Tenente, 3 segnali sul biorivelatore!”, comunicò il soldato Quiller.
-“Quanto sono grossi?”
-“Almeno 6 metri, signore.”
-“Carnosauri?”
-“Credo di sì signore.”
-“Disponetevi su due gruppi! Mendez, vai col primo. Gonzalez, a destra con me. Armi su stordimento, distanza 30 metri.”
Mentre il tenente Lewis impartiva gli ordini agli uomini, al fruscio si aggiunse un possente ruggito.
-“40 metri!”, avvisò Quiller.
-“Gonzalez, lanciate qualche colpo di avvertimento.”
La sua squadra lanciò una serie di colpi sonici in direzione dei ruggiti. Le fronde si aprirono al passaggio delle onde soniche, e rivelarono i bersagli un istante prima di colpirli. Non erano carnosauri, ma si trattava comunque di quattro grossi carnivori. Lewis non seppe riconoscerli, ma riconobbe i denti lunghi venti centimetri e fu sufficiente.
-“Mendez, aprite il fuoco. Voglio un fuoco incrociato dissuasivo”.
Anche l’altra squadra aprì il fuoco, e i possenti ruggiti che arrivarono in risposta rivelarono che alcuni colpi erano andati a segno.
Ma non tutti.
Il più arretrato degli animali, protetto dai loro corpi dalle onde soniche, non aveva risentito dei colpi, e mentre i suoi simili barcollavano storditi, esso si era portato su un lato aggirandoli, e si apprestava ora ad attaccare i soldati su un fianco.
La fitta giungla non permetteva agli uomini di vedere la manovra della grossa bestia, e Quiller, impegnato anche lui a sparare, non vide il puntino spostarsi sul visore.
Si accorsero della manovra evasiva del Gigantosauro solo quando il suo enorme muso, grande quanto un uomo, spuntò alle spalle del soldato Lesley. La bestia non emise un suono, si limitò ad afferrare il malcapitato e frantumarne le ossa con un solo morso, per poi gettare i resti da una parte e, allora sì, sottolineare l’impresa con un possente ruggito.
I soldati, fino ad allora intenti a guardare e sparare davanti a sé, si voltarono terrorizzati, e si videro sovrastati dall’enorme animale carnivoro. Tentarono di sparare, ma le armi già surriscaldate dalle raffiche precedenti avevano bisogno ancora di qualche secondo per tornare operative.
Fu una strage.
Alcuni di loro furono semplicemente schiacciati dalle grosse zampe, ma i più sfortunati furono fatti a pezzi dai denti e dagli artigli della bestia infuriata. L’altra squadra inizialmente si trattenne dallo sparare, perché avrebbe colpito i compagni, ma quando il sangue iniziò a scorrere a fiumi, non stettero più a pensarci, e aprirono il fuoco. E le armi non erano regolate su stordimento.
La potenza di otto fucili sonici regolati su uccisione concentrata su un solo punto ebbe un effetto devastante: il corpo dell’enorme dinosauro esplose dall’interno, l’enorme testa dentuta volando via ad alcuni metri di distanza e atterrando a pochi passi dal tenente Mendez a capo della seconda squadra. Gli sembrò di vedere per qualche istante ancora qualche barlume di vita negli enormi occhi del Gigantosauro, prima che la testa restasse del tutto immobile.
-“Che botto!”, esclamò uno dei soldati superstiti. Si voltò verso i rimanenti tre dinosauri, che però vista la situazione avevano deciso saggiamente di darsela a gambe.
-“Bel colpo!”, gli disse di rimando un altro soldato, ridendo e dandogli una pacca su una spalla.
Fu tutto un susseguirsi di pacche sulle spalle e risate per qualche secondo; giusto il tempo di ricordarsi della sorte toccata invece alla squadra meno fortunata. Le risate cessarono.
-“Basta così”, disse il sergente Wesley, passato ora al comando della spedizione con la morte del tenente Lewis. “Soldato Mendez!”
-“Sì, signore.”
La ragazza iniziò ad arrampicarsi, con non poche difficoltà, sui primi rami, ma ben presto si dovette fermare, trovandosi davanti al naso due grossi occhioni blu, impauriti e incuriositi allo stesso tempo.
Leah gridò e fece un salto all’indietro, quasi perdendo l’equilibrio, ma riuscì a rimanere aggrappata a un ramo, grazie anche all’aiuto di Timmy che l’aveva prontamente afferrata per i vestiti vedendo che stava per cadere. Leah era di nuovo tutta sporca e arruffata come la prima volta che era arrivata a Terra Nova. Ma questa volta non aveva paura di essere scoperta; al contrario, era ben contenta di essere stata trovata, e ripresasi dallo spavento saltò al collo della donna, che la abbracciò con una mano mentre con l’altra cercava di mantenersi aggrappata all’albero.
-“Sergente, li ho trovati!”, gridò poi al suo capo sotto di lei.
-“Tu devi essere Leah, vero?”, disse poi a bassa voce alla bambina, scostandosela dal petto.
La bambina annuì, muta, poi aggiunse: “Lui è Timmy. Sam e Bobby sono rimasti su, perché Sam è troppo piccolo e Bobby… beh… lui”
-“Lui… cosa è successo al tuo amico, Leah?”, chiese la donna preoccupata.
-“Beh… quando abbiamo sentito le vostre voci, abbiamo iniziato a scendere, ma poi avete iniziato a sparare, e quei cosi ruggivano, così ci siamo spaventati, e volevamo tornare indietro, e Bobby…”
-“Sì, insomma, quel ciccione è rimasto incastrato!”, concluse per lei Timmy ridendo, “E così non potevamo più risalire! Quindi siamo scesi giù!”
Mendez non riuscì a non scoppiare a ridere.
-“Su, adesso non c’è più pericolo, i Gigantosauri se ne sono andati e…”
-“Erano Gigantosauri???”, chiese Leah mentre gli occhi le diventavano grandi così per la sorpresa. “Non… non ne ho mai visto uno, sono… sono grandissimi! Papà diceva che la testa è grande quanto una persona, e quando morde….”, continuò la bambina al tempo stesso entusiasta, incuriosita, impaurita e inorridita, al pensiero dell’enormità della bestia e di quanto cruenta era la scena che stava immaginando.
-“Be’, non posso fartene vedere uno per intero”, le disse con un sorriso sornione la donna, “ma… se sei abbastanza coraggiosa….”
La bambina, a bocca aperta, pendeva dalle labbra della donna.
-“… ne abbiamo ucciso uno. Non ne è rimasto molto… soltanto… beh, la testa…”
-“La testa?!? Ma che schifo!”, disse con una smorfia di disgusto Timmy.
Leah invece rimase ancora per qualche secondo in silenzio a bocca aperta. Cercava di dire qualcosa, ma le parole non le uscivano dalla bocca.
-“Posso… posso vederla?”, riuscì poi a mormorare a bassa voce.
-“Sei sicura?”, le chiese perplessa la donna. “Non è che poi te la sogni di la notte? Guarda che è davvero brutta.”
Ma la piccola Leah sembrava decisissima a farlo, e scosse la testa vigorosamente, seppur senza fiatare e rimanendo con le labbra serrate. Ma i suoi occhi parlavano più della sua bocca.
Quella signora aveva ragione, pensò Leah, la testa era davvero enorme; gigantesca; era più alta di lei, e le ci voleva una mano intera per coprire un occhio dell’animale. La bambina passo i polpastrelli sulla pelle rugosa dell’animale, scorrendo lungo il muso, arrivando a pochi centimetri dai denti, ma si ritrasse impaurita, quando si rese conto che il rosso che vedeva tra i denti era sangue, e che non era sangue dell’animale. Scappò via, ma andò immediatamente a sbattere contro Mendez, che la marcava stretta. Leah le si abbracciò alle gambe, ma non riusciva a distogliere lo sguardo dall’enorme testa mozzata. Era uno spettacolo troppo affascinante nella sua crudezza.
-“Oddio!”, gridò Bobby facendo un salto all’indietro subito dopo essere arrivato accanto a Leah e aver visto la scena. Cadde per terra all’indietro, e scalciò all’impazzata tra le foglie nel tentativo di scappare e contemporaneamente rialzarsi. Poi si rese conto che era l’unico che stava facendo quella scenata, e diventò così rosso in faccia che le lentiggini sembrarono trasformarsi in una polvere dorata sulle sue guance. Fermò appena in tempo Sam che sopraggiungeva con Timmy, e gli mise una mano sugli occhi per impedirgli di vedere quella scena raccapricciante.
-“Adesso andiamo, tesoro”, disse Mendez alla bambina prendendola per mano e allontanandola mentre si ricongiungeva alla squadra.
I bambini al centro, il gruppo si avviò in direzione della non lontana recinzione.

------

I cristalli colorati erano cosi’ tanti e così diversi e così belli che Zoe non riusciva a decidersi su come riordinarli. Aveva iniziato a disporli in ordine di grandezza, poi aveva cambiato e li aveva raggruppati per colore, ma anche così non era soddisfatta e aveva iniziato a dividere quelli disegnati da quelli lisci.
Su alcuni cristalli apparivano infatti delle striature, delle linee, e delle cose che assomigliavano vagamente a caratteri.
Finalmente Zoe fu entusiasta della sua catalogazione.
-“Mamma, vieni a vedere che belli!”
Liz stava riordinando nell’altra stanza, ed entrando nella camera della bambina la vide accovacciata per terra, intenta a esaminare scrupolosamente tutte le pietre.
-“Cosa stai facendo, tesoro?”
-“Guarda, mamy, guarda che belli! Ho messo da questa parte tutti quelli dipinti, e dall’altra tutti quelli lisci. Questi poi sono tutti rossi, e quelli…”
-“Dipinti?!?”, mormorò Liz accovacciandosi per guardare meglio, mentre la figlia la erudiva sul complesso metodo di catalogazione che aveva inventato.
Prese in mano uno dei cristalli “dipinti”, e notò che in effetti c’erano degli strani segni incisi su di esso. Non aveva idea di cosa fossero, ma era più che evidente che non erano di origine naturale.
-“Posso… tesoro, posso far vedere questo a Papà?”, chiese alla bambina.
-“Questo è anche più bello! Guarda, ci sono delle scritte e anche dei disegni!”.
La bambina le porse un sasso giallo traslucido venato di verde, grosso quanto un palmo, e curiosamente leggero. Su un lato di esso c’erano varie incisioni che ricordavano in effetti dei caratteri, ma Liz non sapeva riconoscerli.
-“E’ bellissimo!”, sorrise Liz alla bambina. “Sono sicura che a papà piacerà moltissimo!”.
Un velo di preoccupazione attraversò il viso della bambina, ma subito la madre la rassicurò:
-“Non ti preoccupare, glielo faccio vedere, e poi te lo riporto subito. Sennò lui sicuramente lo perde, come suo solito!”, sorrise Elizabeth.
La bimba si tranquillizzo, e salutò la madre che usciva per andare al comando a far vedere lo strano sasso al marito.
Nel frattempo anche Madison si era incuriosita nel sentire quei discorsi, e stava esaminando i sassi con fare pensieroso.
-“Ehi, è mio!!”, protestò Zoe quando Maddy ne prese uno e lo portò con sé nella sua stanza. “Ridammelo!”, le disse arrabbiata la bambina. “Lo dico alla mamma!!”
-“Smettila, Zoe, adesso te lo restituisco. Ma prima devo controllare una cosa.”
-“No! E’ mio! JOSH!! La vedi Maddy???”
-“Che diavolo succede?!?”, disse il ragazzo uscendo dalla sua stanza. “Non si riesce a stare un momento tranquilli in questa casa?!?”
-“Maddy mi ha rubato un sasso…”, iniziò a piagnucolare Zoe.
-“Non ti ho rubato proprio niente, l’ho solo preso in prestito, ho detto che adesso te lo restituisco”.
Maddy stava con difficoltà cercando di scattare qualche foto al sasso e contemporaneamente tenere lontana la bambina che voleva riprenderselo, poi fortunatamente intervenne Josh a trattenerla, giusto il tempo necessario per permettere a Maddy di scattare le sue foto… e a Zoe di iniziare a piangere.
-“No! E’ mio!! Me lo rovini!!!”, piangeva la bambina.
-“Smettila, Zoe. ZOE! BASTA!”, le disse allora Josh prendendola per le spalle e guardandola negli occhi. “Ha detto che adesso te li ridà. Aspettiamo. Se non te li ridà… be’, la picchio, va bene?”, disse Josh non sapendo cosa inventarsi. Però funzionò, perché la bambina smise di piangere,  tirò su col naso, ma mise su un tale broncio mentre se ne stava lì con le braccia conserte a guardare Maddy, che Josh non riuscì a trattenere un sorriso.
-“Hai finito?”, sollecitò poi la sorella.
-“Sì, ecco. Tieni, piagnisteo!”, disse alla sorella porgendole il sasso, che lei afferrò prontamente scomparendo poi nell’altra stanza.
-“Si può sapere che succede?!? Ti ci metti pure tu ora a far piangere la piagnucolona?!?”
-“Guarda!”, si limitò a dire la ragazza, mostrando al fratello lo schermo del Plexpad.
Sul display si vedeva la foto appena scattata al sasso giallo, e accanto un particolare di una foto scattata a una pagina del diario di bordo trovato da Taylor.
Contenevano gli stessi simboli.

----

-“Che ne pensi?”, chiese Liz al marito, che si rigirava tra le mani lo strano sasso.
-“Sembrano davvero delle scritte. Ma non capisco… non sembra inglese… Non sembra neanche una lingua conosc….”. Lasciò la frase a metà, guardando la moglie. Anche lui era arrivato alla stessa conclusione della figlia, e volle avere conferma accendendo il suo plexpad, su cui Maddy aveva copiato i risultati parziali delle sue analisi sul diario di bordo.
-“Penso che dovremmo informare Taylor”, disse poi una volta sicuro della somiglianza.
-“A proposito, mi hanno chiamato dall’infermeria per dirmi che si è svegliato. Ero venuta anche per questo. Dicono che ha chiesto di te.”
-“Andiamo.”
Uscirono dal comando, e in breve furono nella stanza di Taylor.
-“Allora, vecchio mio, ancora tra di noi?”, scherzò Jim.
-“Ci vuole altro per farmi fuori, caro Shannon!”, esclamò stringendogli la mano, e soffocando un gemito nel farlo.
-“Faccia piano, comandante, il rimarginatore elettronico non ha ancora finito di lavorare, potrebbero riaprirsi i punti!”.
Taylor la ignorò. “Come siamo messi, Shannon?”.
-“Non bene. Anzi, direi decisamente male: siamo al razionamento dell’energia elettrica, e probabilmente, se non riusciamo a finire in tempo il campo solare, dovremo razionare ben altro: se i congelatori si fermano, possiamo dire addio alle scorte per l’inverno, e allora s’ che saranno guai.”
Jim ragguagliò il comandante su tutti gli altri guai che la colonia stava affrontando. Sembrava un elenco interminabile, pensò Taylor.
-“Leah?!?”, chiese poi quando Jim arrivò a quel punto del racconto.
-“Sembra di sì. I tuoi ragazzi la stanno cercando, e…”
Fu interrotto dalle scariche della radio.
-“Signor Shannon? Qui sergente Wesley, mi riceve?”
-“Parli, sergente.”
-“Li abbiamo trovati. Abbiamo avuto delle perdite. Stiamo rientrando”
Un lampo di sconforto attraversò gli occhi di Taylor, che aveva associato le perdite al fatto che avessero trovato i bambini.
-“I bambini stanno bene”, concluse però poi il sergente. Jim e Taylor si accorsero di aver trattenuto il fiato. “Passo e chiudo”, concluse il sergente.
-“Ricevuto, sergente, passo e chiudo”
-“Ancora vittime!”, mormorò il comandante Taylor. “Quando finirà?”, chiese poi adirato a Jim, che non sapeva cosa rispondere. Le macchine a cui era collegato Taylor iniziarono a lampeggiare e a suonare.
-“Comandante, la prego, non si agiti!”, esclamò Liz avvicinandosi agli apparati, messi in allarme dall’agitazione di Taylor. “Jim, ora è meglio se vai, il comandante non deve affaticarsi troppo!”, lo ammonì.
-“D’accordo…”, disse a malincuore Jim. “Ma ti voglio a rapporto da me tra due giorni!”, scherzò Jim col comandante mentre usciva.
Taylor sorrise.
Qualche ora più tardi, Taylor sonnecchiava, quando dalla porta sbucò la testolina di Leah, subito seguita da quella di Sam e dalla dottoressa Shannon.
-“Vedete? Sta dormendo?”, disse sottovoce Liz. “Potete ripassare più tardi.”
Ma Leah si divincolò dalla mano della dottoressa, e corse vicino a Taylor, che dormiva supino con due cuscini dietro la schiena. La bambina guardava pensierosa la fasciatura, e il volto familiare e rassicurante del comandante.
Taylor  dovette sentire qualcosa, o intuire la sua presenza, perché socchiuse un occhio e si voltò verso di lei. Li aprì entrambi e quando ebbe messo bene a fuoco, fu ben contento di quella visita.
-“Leah! La mia bambina! Sam! Ci sei anche tu!”
Anche Sam si liberò dalla stretta di Liz e corse fino al letto di Taylor, mentre Leah quasi saltava al collo del comandante e lo abbracciava quasi fino a soffocarlo. Taylor ricambiò l’abbraccio, estendendolo anche al bambino, e rassicurò entrambi sul suo stato di salute.
-“Tranquilli, bambini miei, ci vuole altro per far fuori lo zio Nat! Domani sarò fuori di qui, e voglio che mi raccontiate cosa diavolo avete combinato. Me ne hanno raccontate davvero di cotte e di crude, su voi due!”
Leah sorrise orgogliosamente ripensando alla sua avventura sull’albero e con la testa del gigantosauro. Poi Liz prese per mano i due bambini, disse loro di salutare il comandante, e li condusse fuori con sé.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** La fine (1.14.8) ***


La fine

 

L’operaio stava faticosamente stringendo i bulloni che avrebbero mantenuto in sede il grosso palo di due metri. Sotto di lui, un collega manteneva salda la scala, mentre intorno altri operai armeggiavano con pali, corde e montacarichi, intenti a ripulire la zona dai resti della vecchia recinzione e ad installare quella nuova.

A qualche metro da loro, sia fuori che dentro la recinzione, due squadre di soldati tenevano d’occhio la vegetazione e l’interno della colonia: al momento si segnalavano ancora vari carnivori all’interno del perimetro, per cui la minaccia poteva provenire da ogni lato.

La ricostruzione procedeva a fatica: le batterie dei mezzi si stavano rapidamente esaurendo, e il razionamento dell’energia non permetteva di ricaricarli. Due trasportatori, con le batterie già scariche, giacevano a poca distanza dall’area delle operazioni, in attesa di una ricarica che al momento non poteva arrivare.

-“Fate presto con quei pali!”, gridò il capocantiere, “ci restano solo tre ore di luce, e dobbiamo completare almeno la recinzione esterna!”

Ma il lavoro era lento e difficile: solo per trasportare i nuovi pali a piedi dal magazzino, per risparmiare energia, occorrevano 30 minuti per ciascuno, impiegando quattro uomini. Ma non si poteva fare diversamente, perché il sollevamento dei pali fino a 10 metri di altezza non poteva invece essere fatto a mano, occorreva per forza servirsi dei mezzi a batteria, quindi bisognava centellinarne l'energia.

Le cose al campo eolico non andavano meglio.

-“Non ne caveremo niente”, esclamò rassegnato l’ingegnere dopo aver ispezionato i resti delle torri eoliche. “Sono troppo danneggiate, non possono essere riparate. Dovranno essere ricostruite da zero. Ci vorranno mesi.”

-“Non possiamo lasciare la colonia senza energia per mesi!”, protestò fiaccamente l’uomo accanto a lui.

-“Non posso farci niente. Andiamo al campo solare”, tagliò corto.

Si sistemarono sul mezzo e partirono alla volta del campo solare.

Largo 400 metri e lungo 800, il campo solare poteva contare su una potenza di 30 Megawatt; ma si trattava solo di teoria: al momento, una buona parte dei pannelli giaceva ancora nei magazzini, pronti ad essere installati sulle impalcature già montate. Mentre di quelli già installati, solo un 10% era già collegato al sistema di batterie.

L’auto si arrestò davanti alla nuvola di polvere che aveva creato correndo lungo il viale. I due uomini ne scesero e si avviarono verso una delle impalcature.

Il mezzo con gli operai li raggiunse poco dopo.

Per una volta, la fortuna sembrò essere dalla loro: un enorme rotolo di cavo elettrico avvolto su quello che sembrava il rocchetto di filo di una gigantesca sarta giaceva appoggiato all’impalcatura, ed alcuni metri di cavo già installato erano ben visibili. Almeno 20 kW, giudicò ad occhio l’ingegnere capo, erano già disponibili per essere erogati alle batterie.

-“Faccia collegare queste quattro stringhe all’impianto”, ordinò l’ingegnere al capo cantiere. "Dovrebbe bastare almeno per poter fornire energia al Comando e all’Infermeria."

Johnson, il capo cantiere, diede le direttive ai suoi uomini.

-“Il resto degli uomini lo metteremo ad installare i cavi e i pannelli mancanti. Se tutto va bene, dovremmo riuscire a rendere disponibili almeno 100 kW al giorno dei pannelli già installati. Per installare i rimanenti potremmo cavarcela in una settimana”

-“Molto bene”, disse Johnson, e si avviò verso i suoi uomini a diramare ulteriori ordini.

-“Mi tenga informato, sono sul canale 2”, disse infine l’ingegnere risalendo sul mezzo e allontanandosi.

 

---------

 

-“Questa birra fa schifo proprio come la ricordavo”, esclamò Mira prendendo un sorso dal boccale.

-“Per la verità, tecnicamente non è nemmeno ‘birra’: vuoi sapere con che cosa la faccio?”, ribattè ghignando Boylan in piedi accanto a ley col vassoio in mano.

-“No grazie. Preferisco fingere che sia di puro malto…”

Gli uomini al tavolo vicino rivolgevano sguardi torvi alla donna, intenti a bere le loro pseudo-birre preistoriche.

-“Che hanno da guardare quelli là?”, chiese mira a Jim davanti a lei, senza guardare gli uomini.

-“Credono che tutto questa confusione degli ultimi giorni sia unicamente colpa tua”, spiegò. “E non gli va molto a genio di vederti a bere tranquillamente al bar, mentre dovresti startene al fresco”

-“E dove? Non ci sono prigioni, a Terra Nova!”, lo schernì la donna.

-“Già. Sembra che dovremo riportare in auge quell’antica tradizione dei lavori forzati…”, ribattè Jim.

Se Mira era preoccupata all’idea di doversi mettere a fare lavori pesanti per ripagare il suo debito con la società, non lo diede a vedere.

-“Già”, si limitò a dire prendendo un altro sorso e scrutando i segni incisi sul tavolo da molti uomini pensierosi prima di lei, immersa nei suoi pensieri.

-“Lo sai che non posso lasciarti libera di andare dove ti pare, dopo tutto quello…. tutto quello che hai causato alla colonia! La gente…”

-“Tu dimmi solo che cosa devo fare, e lasciami in pace!”, ringhiò quella sbattendo il boccale sul tavolo.

-“Bisogna fare piazza pulita di carnivori nella colonia”, rispose allora brusco Jim. “E anche se non mi va a genio che tu e i tuoi uomini ve ne andiate in giro armati per Terra Nova, Taylor dice che siete i più qualificati a farlo, vista l’esperienza che avete accumulato nella giungla in questi anni.”

Quel nome riscosse Mira dai suoi pensieri fatti di giornate passate a spaccarsi la schiena nei campi sotto il sole, a scavare latrine, a cacciare carnotauri in giro per la colonia, e guardò Jim negli occhi.

Ci fu qualche secondo di silenzio mentre i due si scrutavano senza dire una parola.

Poi Mira abbassò di nuovo lo sguardo e tornò alla sua birra.

-“Vado a radunare i miei uomini”, disse poi facendo per alzarsi, per tagliar corto.

-“Sta bene”, le disse allora Jim osservandola perplesso mentre si allontanava. “Almeno, considerando quello che gli è successo. Mia moglie dice che ha un fisico molto forte: invece che in un mese, forse si rimetterà in un paio di settimane”

Mira si rimise a sedere, fissando Jim negli occhi, e prendendo di nuovo il boccale tra le mani, scrutandone il fondo come se cercasse di leggere il futuro nei fondi di una tazza di tè, corrugando le sopracciglia.

-“Cosa gli è successo?”

-“L’esplosione l’ha un po’ sballottato. I cicatrizzatori lo hanno dovuto ricucire per benino. Perché ti interessa? Credevo che lo odiassi.”

-“Io non odio nessuno. Ho fatto quello che dovevo fare”, disse ripensando alla sua bambina e al ricatto. “Anche se non è servito a niente.”

-“Già. Taylor dice che tu fai sempre quello che si deve fare. Sembra quasi che ti ammiri…”

Lasciò quelle parole in sospeso, cercando di interpretare l’enigmatica espressione di Mira. Ma non riuscì a cogliere niente.

-“Dov’è?”, chiese con voce atona.

-“E' all'infermeria. E la dottoressa – mia moglie – ha detto che non deve affaticarsi, altrimenti potrebbero volercene ben più di due settimane”

-“E così adesso comandi tu.”

-“Qualcosa in contrario?”

-“Non mi interessa chi comanda. Mi interessa solo sapere quali sono i miei compiti.”

-“Ti accontento subito: intanto stanami quei mangia-persone; poi, una volta che tu e i tuoi uomini avrete finito, mi riporterete le armi, e le scambierete con vanghe e badili. C’e’ da ricostruire mezza colonia.”

-“Tutto qui.”

-“Non mi servi a niente seduta su un divano a mangiare pane e acqua. Abbiamo bisogno di tutte le risorse possibili. L’inverno si sta avvicinando, e avremo sempre meno luce a disposizione per lavorare, senza contare il calo delle temperature. Entro un mese, due al massimo, Terra Nova dovrà essere completamente operativa.”

-“Io so usare le termoscavatrici elettroniche”.

-“Cosa?...”

-“Quegli affari che Lucas ha portato per spremere come un limone questo posto. Possono essere programmate per lavorare automaticamente, ma possono anche essere controllate manualmente, con risultati molto migliori – i computer passano troppo tempo a fargli setacciare la roccia alla ricerca della più piccola particella di minerale.”

-“Ti stai offrendo di partecipare agli scavi alle miniere?”

-“Partecipare? Io sono un ufficiale: sarò io a dirigere gli scavi.”

-“Tu… E se io non fossi d’accordo?”, chiese Jim sulla difensiva appoggiandosi allo schienale a braccia conserte.

-“Puoi sempre pilotarle tu e dire ai tuoi uomini dove scavare e come usarle.”

A Jim non piaceva essere ricattato… ma si stava mettendo male per la colonia, e qualunque aiuto in più sarebbe stato prezioso.

-"Dovrò parlarne con Taylor"

-"Fa' come vuoi", e fece di nuovo per alzarsi.

-"E adesso dove stai andando?", chiese Jim.

 Mira si fermò, dandogli le spalle. Non le era stato ancora assegnato nessun alloggio. Jim si diresse verso la porta passando vicino alla donna.

-"Seguimi", le disse senza voltarsi.

 

----------

 

Josh incontrò Hunter mentre prendeva a calci i sassi del viale tornando nel suo alloggio.

-"Ehilà", gli disse Hunter vedendolo arrivare.

"Ehi", rispose Josh senza troppo entusiasmo e continuando per la sua strada.

-"Beh? Cos'è quell'aria da funerale?", gli chiese Hunter sorridendo.

-"Lasciamo perdere, Hunter, non è aria", gli rispose bruscamente il ragazzo.

-"Uho uho, pace fratello!!", scherzò Hunter alzando le due dita in segno di pace. "Io devo solo portarti un messaggio!"

-"Che messaggio?!?", disse allora Josh fermandosi.

-"Skye. Da quando la conosco, non l'avevo mai vista piangere… finchè non sei arrivato tu!". Quella "coincidenza" era venuta in mente ad Hunter solo in quell'istante, prima non aveva realizzato bene la gravità della situazione.

-"Piangere… Ma io…?"

-" 'Tu' sei un idiota, dice lei. E io non posso che darle ragione.", insistette Hunter punta dogli un dito in faccia.

-"Non so cos'hai nel cervello, per non essertene accorto, amico. Tu le piaci", continuò puntandogli ancora contro quel fastidiosissimo dito molto accusatorio.

-"Ma io…. Dov'è adesso?"

-"Te l'ho detto: se ne sta lì a piangere, a casa nostra. Le ho detto che ti avrei parlato… e che se non avessi capito, ti avrei picchiato", lo ammonì Hunter. "A quanto pare purtroppo hai capito", continuò, "quindi non ti posso picchiare… per ora. Ma se la fai soffrire ancora…". Il silenzio di Hunter fu minaccioso ed eloquente.

-"Soff… No, io… Grazie, amico mio!".

Gli diede una pacca su una spalla e corse da lei.

La trovò inginocchiata in giardino che sistemava quello che sembrava un piccolo orto. Lei sentì i suoi passi sul brecciolino e si voltò. Aveva la faccia tutta sporca di terra, il che metteva ancora più in  risalto il fatto che avesse pianto.

Si alzò in piedi, tentando di pulirsi le mani terrose sul grembiule che indossava, non sapendo bene cosa dire mentre guardava Josh, e cercava di asciugarsi gli occhi con le maniche della maglietta.

Tentò di assumere un'espressione distaccata e indifferente, ma le lacrimavano gli occhi ed era costretta a sbattere le palpebre ripetutamente per non darlo a vedere.

Josh non disse niente: si limitò ad avvicinarsi, a passarle la mano destra dietro i fianchi torniti nascosti sotto la veste "da giardino", e ad avvicinarla a sé. Poi la baciò teneramente sulla bocca.

Lei si lasciò andare ed assaporò quel momento che aspettava da tanti mesi. Si sentì improvvisamente abbandonare, per la prima volta da molto tempo, da quel senso di solitudine e di abbandono che l'aveva presa quando i suoi erano morti, e che non l'aveva mai abbandonata del tutto nemmeno quando aveva scoperto che invece sua madre era ancora viva.

-"Ti… ti ho sporcato questa bella felpa…", balbettò poi sorridendo tra le lacrime dopo che l'ebbe baciato. Con le mani terrose aveva lasciato delle grosse macchie sulla felpa del ragazzo, che invece di rispondere sorrise, e la baciò di nuovo. Poi la prese in braccio. Lei mandò un gridolino, colta alla sprovvista, e le se aggrappò al collo, mentre lui saliva le scale.

-"Che fai???", sorrise lei, capendo in realtà benissimo quali erano le sue intenzioni. Ma non protestò, mentre lui entrava in casa e la adagiava sul letto.

 

----

 

-"Non c'è niente da fare, gli indizi portano tutti nella stessa direzione… per quanto assurda possa sembrare!", concluse Malcolm.

Era in riunione nel suo laboratorio insieme a Jim, Taylor e Maddy. Ancora zoppicante e costretto a camminare sorreggendosi ad un bastone, il comandante non aveva voluto sentir ragioni, quando la dottoressa gli aveva detto che sarebbe dovuto restare a letto per un'altra settimana.

-"Non se ne parla", aveva tagliato corto. Si era letteralmente strappato di dosso i sensori, era sceso dal letto, e aveva tentato di alzarsi… ma sarebbe caduto a terra, se non ci fosse stata la dottoressa a sorreggerlo.

-"Comandante!...", aveva detto lei, ma lui l'aveva zittita con un'occhiataccia. "Questa andrà benissimo", disse poi lui afferrando una stampella lì vicino, destando lo stupore del signor Lester che giaceva nel letto accanto. Liz cercò di giustificarsi con un'espressione di rassegnazione, mentre Taylor, facendo leva sulla stampella, si alzò e andò a vestirsi.

-"Comandante, come suo medico sono obbligato a raccomandarle nel modo più assoluto di tornare a letto e di restarci fino a quando le avremo dato il permesso di andarsene…"

-"Molte grazie, dottoressa, lo terrò a mente", disse mentre si vestiva dietro al paravento. Due ore dopo era in riunione nel laboratorio.

Taylor aveva visto giusto: la situazione era strana, inconsueta e anche grave, e c'era bisogno di tutte le menti migliori della colonia per uscirne. Per questo si trovava lì riunito con i suoi esperti.

-"Una razza evoluta e civilizzata di dinosauri, con un culto dei morti, una scrittura,… e addirittura una tecnologia?!?", chiese Taylor sbalordito a Malcolm.

-"Forse non 'tecnologia' come la intendiamo noi – non hanno ancora scoperto l'elettricità – ma sono abbastanza evoluti da… bè, da aver iniziato anche loro ad inquinare l'ambiente in cui vivono. A quanto pare la fonte della contaminazione dell' East River non è altro che lo scarico fognario della Città Degli Slasher!"

-" 'Scarico fognario'??? 'Città!?!"", chiese incredulo Jim.

-"Proprio così papà", confermò Maddy armeggiando sul plexpad per mostrare sullo schermo della sala le varie immagini.

-"Queste sono le registrazioni del trasporto fatte quando siete andati alle cascate. Vedete?", si rivolse poi agli altri. "Quei 'sassi colorati' che Zoe ha raccolto, non sono naturali, e non erano lì per caso."

Le immagini dall'alto mostravano una composizione di linee e colori che nulla lasciavano al caso; sembrava una sorta di quadro, ma anziché fatto di colori ad olio era composto da milioni di sassetti colorati disposti a formare dei disegni, una sorta di enorme mosaico. Le foto ravvicinate scattate al momento dell'atterraggio mostravano che i sassi erano di varie dimensioni, e su quelli più grossi, come era stato possibile constata tre grazie ai "campioni" raccolti da Zoe, erano incise delle parole e dei segni, del tutto analoghi a quelli trovarti scritti nel diario di bordo trovato nella nave fossile.

-"Queste invece le hanno scattate i droni che abbiamo mandato in esplorazione"

Le immagini sullo schermo cambiarono: ora mostravano quello che sembrava un villaggio di capanne; un grosso villaggio: stando alla scala indicata sullo schermo, si estendeva su una superficie di 4 click per 3. Si riuscivano a distinguere capanne rettangolari, tonde e triangolari, alcune grandi, altre più piccole, e un'intricata rete di strade che le metteva in comunicazione. L'intero villaggio era circondato da quella che sembrava una recinzione, ma che ad un esame più ravvicinato si rivelò essere una boscaglia fittissima e impenetrabile.

-"Quelli cosa sono? Sembrerebbe… sembra un altro villaggio…?"

-"Quello è l'accampanento dei Sixers", spiegò Jim. "Si trova solo a un paio di click dall'accampamento degli slasher, ma a quanto pare non ne sapevano niente: il fatto che quegli strani esseri abbiano deciso di riparare il loro villaggio mediante un recinto di alberi anziché di pali, probabilmente è stato il motivo per cui non sono mai stati scoperti finora. A parte questo ingresso a sud-est", disse Jim indicando un punto sulla mappa, "non ci sono altre vie di accesso visibili alla città. Probabilmente sia i sixers che i nostri si sono imbattuti più di una volta nel 'recinto', ma lo avranno semplicemente scambiato per vegetazione troppo fitta, e si saranno limitati ad evitarla."

-"Davvero geniale".

-"Già. Ma c'è dell'altro…", annunciò Maddy, attirando su di sé gli sguardi di tutti. "Il computer ci ha lavorato su per diversi giorni, ed ha tirato fuori un'ipotesi che, secondo lui, è probabile dall'87%"

-"Un'ipotesi a proposito di che??", chiese Taylor, guardando stupito anche Malcolm, che però lasciò che Maddy continuasse.

-"Be' ", disse lei mostrando nuove immagini sullo schermo. Adesso si vedeva un'immagine presa da almeno 1000 metri di altezza, che mostravano tutta la "zona conosciuta" intorno alla colonia, dalla Piana Salata fino alla spiaggia. "In sostanza il computer dice questo: le navi dove abbiamo preso il diario di bordo sarebbero state pilotate, in tempi molto antichi, da antenati degli stessi slasher. Proprio così.", continuò tra lo stupore degli astanti, "Sono una civiltà molto antica, anche se non molto progredita. Probabilmente la loro evoluzione non è stata rapida come la nostra perché non lineare, ma ha avuto alti e bassi. L'ambiente attuale è molto più ostile di quello del XXII secolo, e lo era ancor di più in tempi passati. Credo che, studiando la loro storia, troveremo tracce di molteplici cadute e rinascite di varie civiltà."

-"Studiare la loro storia?", interruppe Jim.

-"Già", intervenne Malcolm. "Adesso che sappiamo gli uni dell'esistenza degli altri, difficilmente potremo andare avanti ignorandoci: potremmo finire, involontariamente, per entrare in conflitto, come già abbiamo rischiato recandoci alle cascate, che per loro sono un luogo sacro e inviolabile. Se vogliamo convivere pacificamente, dovremo imparare a conoscerli, e dovremo fare in modo che loro conoscano noi. Forse potremo addirittura allearci con loro: mettendo insieme le loro conoscenze dell'ambiente e le nostre tecnologie, potremmo forse permettere alla prossima civiltà di continuare ad evolversi in modo più lineare, quindi più in fretta."

-" 'La prossima civiltà", ripetè Maddy mormorando. "Sembra così irreale…"

-"Invece è reale e concreto, ragazza mia. Siamo venuti qui per ricreare la civiltà umana. Invece creeremo una civiltà nuova, unendo gli aspetti migliori di ben due civiltà. Se è vero che risolvere un problema è più facile osservandolo da due punti di vista diversi, affrontare il mondo mediante due civiltà diverse non potrà che portare dei vantaggi per tutti."

Tutti quanti guardavano ora Taylor, che agli occhi di tutti appariva ora di nuovo come gli era apparso la prima volta che erano giunti su Terra Nova: la loro unica guida, l'unico che potesse dire loro come fare e cosa farlo per garantire la prosecuzione della civiltà. Sarebbe stato un compito ben difficile amalgamare due civiltà e farle vivere in pace ma, lo sapevano, con Taylor alla loro guida ci sarebbero riusciti.

E sarebbero forse riusciti, tutti insieme, a raggiungere un livello di evoluzione tale da permettere loro di diventare padroni del loro destino di lì a 20 milioni di anni, quando li attendeva l'irrevocabile appuntamento con l'asteroide del destino.

 

-----------

 

Leah correva sul prato del vasto giardino inseguendo il fratellino, che le aveva rubato il pupazzo a forma di triceratopo regalatole da Zoe. La bambina riuscì con uno scatto ad afferrarlo per i piedi, realizzando un vero e proprio placcaggio. Il bambino rovinò a terra, perdendo la presa sul pupazzo che andò a rotolare fino ai piedi della veranda. Mira si chinò a raccoglierlo e lo guardò sorridendo, mentre Leah correva da lei, seria e arrabbiata, lamentandosi che il fratello gli rubava sempre le cose.

-"Su, non litigate", disse Mira mentre sopraggiungeva Taylor e le cingeva la vita con un braccio. "Chiederemo a Zoe se vuole farne un altro anche per te Sam, va bene?", disse Mira rivolta al bambino.

Il sole stava ormai tramontando, sull'alba di una nuova umanità.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=898807