So Sick

di char18
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Salve a tutti!
Questa è la mia prima FF che pubblico, e spero che vi piaccia.
Ogni commento e/o consiglio sarà ben accetto, soprattutto se potrà servirmi a farmi crescere!
Questa storia è dedicata a delle persone molto speciali che, anche se non lo sanno, hanno contribuito molto e mi hanno regalato moltissimi spunti e idee e che mi sono vicine ogni giorno. Grazie davvero, vi voglio bene.
Ringrazio anche NiNieL82 che mi ha sopportato per mesi e che ha letto ogni singolo capitolo di questa FanFiction consigliandomi e correggendomi. Hai visto alla fine ce l'ho fatta a pubblicarla!!!!
Spero che questa storia possa emozionarvi tanto quanto ha emozionato me nello scriverla.
Adesso basta, iniziamo! ^^


ATTENZIONE: Il personaggio di Orlando Bloom e di tutte le altre persone famose che verrano menzionate in questa storia non mi appartengono, il resto dei personaggi compresa la protagonista sono tutti oggetto della mia fantasia.

 


 

CAPITOLO 1



 

Londra, 20 settembre 2005

Il cielo di Londra quella sera era coperto da un fitto strato di nubi grigie e in lontananza si sentivano i rombi dei tuoni che squarciavano il silenzio delle strade deserte. Sembrava proprio che la città si fosse spenta insieme a lei.

Nicole Leinghton, appoggiata al davanzale della finestra, aspirava lentamente la sua Camel con aria assente.
Il suo umore era come il tempo: cupo, grigio e triste.
Com’era possibile? In fondo lei aveva tutto dalla vita. Era bella, ricca e intelligente. Era la figlia di Robert Leinghton, proprietario della Leinghton Inc., una casa di produzione cinematografica che negli ultimi dieci anni aveva riscontrato molto successo. Essere una Leinghton era capace di aprire molte porte e poteva davvero renderti la vita in discesa, ma Nicole odiava essere accostata al nome del padre, con il quale non andava d’accordo. Anzi, per non andare d’accordo vuol dire che due persone per lo meno si parlino, mentre tra lei e Robert i dialoghi si fermavano al “buongiorno” e “buonasera”.

Lui e sua sorella Charlotte erano l’unica famiglia che aveva. La madre di Nic, come la chiamavano tutti, era morta quando lei aveva solo cinque anni. Si chiamava Elisabeth ed era un avvocato molto in gamba, uno dei migliori in quegli anni. Era perfetta per quel lavoro: intelligente, carismatica e incredibilmente determinata, proprio come Nicole.
La causa della sua morte prematura fu un incidente stradale. Stava andando a lavoro quando un furgone carico di legna guidato un uomo completamente ubriaco, le tagliò la strada e mandò la donna contro un muro. L’impatto fu molto forte, ed Elisabeth morì sul colpo. Le immagini del cadavere della madre avvolto in un lenzuolo bianco erano ancora impresse nella mente di Nicole, così come il ricordo di quando la polizia comunicò il decesso alla sua famiglia. Quella stessa mattina verso le 9.00 Nic e Charlotte si precipitarono in salotto, incuriosite dal frastuono che si sentiva dal piano superiore. Quando scesero le scale di legno della loro casa, videro davanti alla porta d’entrata due poliziotti in divisa che parlavano con il padre. Poi un’immagine sfocata di Robert seduto sul divano con la testa tra le mani.

Lei aveva guardato Charlotte sbarrando gli occhi curiosa.

 “- Perché papà sta piangendo? -“ le aveva chiesto.

La sorella maggiore le rispose con un’alzata di spalle.
Cosa ne poteva sapere lei? Non che fosse molto più grande di Nicole, all’epoca la sorella aveva otto anni.

Quei ricordi erano difficili da scansare, certe cose sono impossibili da scordare. Sembra che siano scomparse, volate via, o semplicemente messe da parte in qualche angolo remoto della tua memoria, ma quando meno te lo aspetti, proprio nei momenti in cui sei più vulnerabile, essi risaltano fuori e ricominciano a bruciare. Frasi, immagini, suoni e sensazioni, finiscono tutti nello stesso turbine infinito di emozioni, tutti nel bagaglio che Nicole si trascinava dietro da anni e anni.

Dalla morte di Elisabeth, tutto le cadde addosso, come una valanga che per anni si era ingrandita sempre di più, acquistando sempre più velocità, poi in un attimo, se l’era ritrovata addosso, senza poter fare nulla per evitarla.
Se prima erano una famiglia felice degna delle pubblicità che si vedono in TV, dopo “il fatto”, come amava chiamarlo Robert, si era creata una spaccatura tra lei, sua sorella e suo padre.
Mentre Charlotte, la bellissima primogenita, era soffocata dalle attenzioni del capofamiglia, che le faceva regali, la iscriveva alle migliori scuole inglesi, la portava orgogliosamente a lavoro con lui presentandola ai colleghi come l’orgoglio di famiglia, Nicole era sempre stata affibbiata alla governatrice, vestita con gli abiti che alla sorella non piacevano più ed era trattata come un problema, un’ennesima pecca di quella famiglia tanto perfetta. Mai una carezza, una dimostrazione d’affetto o un complimento per aver fatto bene qualcosa.
Questa situazione, ovviamente, andò a influire oltre che sul rapporto con il padre, anche con quello con la sorella. Così ora Charlotte, la figlia perfetta e affidabile, laureata a pieni voti ad Oxford, lavorava nell’impresa di famiglia ed era destinata a prendere il timone dell’azienda quando il vecchio Robert si fosse fatto da parte, ed invece Nicole, la ribelle ragazza che aveva sempre stonato con il loro impeccabile stile di vita, gestiva un piccolo negozio d’intimo. Ecco, l’unica cosa che suo padre si era limitato di darle era il suo delizioso negozio.

Nicole l’aveva chiamato “Black Diamond”. Il Diamante Nero. Il suo Diamante Nero. Si, quel nome gli calzava a pennello, il negozio era il gioiello più prezioso che possedesse.
Aveva pensato a questo quando andò a scegliere i mobili per arredarlo. Dipinse le pareti di bianco e sul muro di fronte alla porta d’entrata, fece scrivere a lettere cubitali il nome nel negozio in corsivo. Il bancone, i cassetti e le mensole erano grigie con tutti brillantini che luccicavano armoniosi .
Il BD era situato a Charing Cross, nel centro di Londra, e, grazie alla sua posizione favorevole, nel tempo era diventato sempre più conosciuto e stava andando alla grande.
Questo naturalmente faceva andare su tutte le furie Robert. Era stata Nicole a chiedere quel regalo al padre, l'unico vero della sua vita. Robert lo fece per non sfigurare, ma dentro di se sperava che le cose per Nic andassero male, al fine di vederla tornare da lui con la coda tra le gambe.


La sua piccola attività rappresentava la sua via di fuga, il mezzo per il quale era riuscita ad acquistare la sua libertà. Grazie al suo lavoro poteva avere tutto ciò che desiderava: una casa tutta sua, l’indipendenza economica dalla sua famiglia e ogni tanto poteva togliersi anche qualche sfizio personale. Poteva sentirsi soddisfatta del proprio lavoro ed in soli sei anni era riuscita a comprare una casa ed a tirare su un’attività, e se lo doveva a qualcuno, quel qualcuno era se stessa.

Ma allora perché ora si sentiva così vuota?
Osservò il fumo della sigaretta salire con movimenti fluidi verso l’alto per poi dissolversi contro il soffitto.
Spense la Camel nel portacenere e chiuse la finestra. Il vento autunnale che entrava dalle imposte cominciava a farla rabbrividire. Si guardò intorno e il suo umore, se possibile, peggiorò.
Guardando la sua enorme casa nel centro di Londra si sentì tremendamente sola.  
Appena ebbe raggiunto la maggiore età, come da tradizione, Nicole ereditò il suo patrimonio. Elisabeth aveva lasciato alle figlie un ingente somma di denaro, e la ragazza usò la sua parte per comprare il suo delizioso appartamento.

Quando una mattina di agosto del 1998 l’agente immobiliare le mostrò la casa, situata nel quartiere di Kensington, la ragazza non dovette pensarci molto: i soffitti alti, le grandi vetrate del salone che illuminavano la stanza e l’enorme terrazzo che dava sull’Hyde Park, la convinsero che era la casa per lei. Quel giorno evidentemente la fortuna era dalla parte della giovane: l’appartamento apparteneva a una coppia che si era appena divorziata e che non vedeva l’ora di liberarsi dell’immobile il prima possibile ad un prezzo decisamente abbordabile, considerando anche che Kensington era uno dei quartieri più ricchi di tutta Londra.
Nicole allestì l’appartamento a suo gusto e, al contrario della casa in cui aveva vissuto per diciotto anni, la arredò con mobili moderni e usando colori vivaci, il mix diede alla casa un aspetto armonioso e luminoso.

Nic ora aveva ventiquattro anni e, mentre le sue amiche erano tutte felicemente sposate o fidanzate con tanto di progenie al seguito, lei era sola.
La sua ultima storia era stata con Mike, un ragazzo di buona famiglia, educato, dolce, gentile e romantico. Erano stati insieme per cinque mesi, dopo settimane di corteggiamento da parte del ragazzo, e Mike l’aveva fatta stare veramente bene insieme a lui. La trattava come una regina e la riempiva di regali. Nicole, però, non era fatta per questo tipo di storie, lei non desiderava una relazione platonica, fatta di coccole e dichiarazioni d’amore, lei voleva un uomo che la facesse sentire viva, desiderata e amata, e lui, per quanto la facesse stare bene, non le faceva accendere quella passione che la ragazza desiderava.
Così, con grande dispiacere di Mike, Nicole preferì chiudere la storia.

– Ma come fai a non trovare il ragazzo giusto? – le chiedevano tutti – Sei perfetta, la donna che tutti vorrebbero avere accanto! -

Nella sua vita, a detta di tutti, perfetta e invidiabile, di così perfetto lei non ci vedeva proprio un bel niente, anzi. Tutte le mattine quando si guardava allo specchio vedeva in lei una giovane donna carina e affascinante ma, inspiegabilmente, vuota dentro.

Forse le mancava qualcosa. Il problema era: che cosa?

Guardò l’orologio appeso sopra il divano di pelle e sospirò. Erano le 17.00 e tra poche ore sarebbe iniziato un altro di quegli stupidi eventi a cui era stata obbligata a partecipare da Will.  
William Boockers, il suo migliore amico. Sua sorella, Hannah, quella sera avrebbe festeggiato i suoi ventidue anni e Will l’aveva pregata di accompagnarlo alla festa. Nicole, con riluttanza, aveva accettato. Solo dopo averle fatto giurare che sarebbe andata alla festa, l’amico sganciò la bomba: alla festa avrebbe partecipato anche Orlando Bloom. La ragazza odiava prendere parte a quel tipo di feste dove la star di turno era al centro dell’attenzione e tutte le galline scalpitavano per essere anche solo degnate di un suo sguardo.
Tanto sapeva già come sarebbe andata a finire. Le amiche Hannah sapevano che Orlando era un vecchio amico di famiglia per i Boockers e non aspettavano altro che una festa come quella, dove lui sarebbe stato sicuramente presente, per cercare di abbordarlo. Risultato? La star della festa sarebbe stato lui e la festeggiata, famosa per la sua egocentricità, sarebbe andata su mille furie.
A questo andava aggiunto il fatto che quell’Orlando Bloom non le era mai piaciuto. Certo, non lo vedeva da un paio d’anni, forse anche di più, ma quella sua aria di superiorità l’aveva sempre infastidita. Ora poteva solo immaginarsi come si sarebbe gonfiato il suo ego vedendo la sua faccia su ogni cartellone pubblicitario ed essere definito “l’uomo più sexy del mondo” o cose del genere. Solo il pensiero di doverlo rivedere la fece innervosire.
Quando si parlava di Orlando Bloom lei si innervosiva sempre, da quando era bambina.

Lei, Will e Orlando andavano a scuola insieme fino a che la madre della futura superstar non lo ritirò per iscriverlo a una scuola più prestigiosa. Ma lei se lo ricordava ancora il pupillo della famiglia Bloom quando la umiliò davanti a tutta la scuola. Fu proprio quel giorno che lei e Will divennero amici. Dopo che Orlando la canzonò davanti a tutti quanti e lei fuggì in lacrime, Will andò a consolarla e per farla sorridere le regalò una collanina che aveva sottratto di nascosto alla sorella quella mattina stessa. Da quel giorno Nicole non se la tolse più. Ricordando il fatto, si toccò distrattamente il ciondolo che portava al collo ormai da quasi quindici anni.


Andò nella stanza da letto, aprì l’armadio e cominciò a scegliere svogliatamente cosa avrebbe potuto indossare a questa stupida festa, sperando che sarebbe finita presto. Molto presto.
Alla fine, dopo aver sparso tutto il suo guardaroba sul letto scartando ogni vestito con una smorfia di disapprovazione, optò per un semplice vestito nero al ginocchio senza spalline, scarpe nere con tacco, orecchini con due piccoli diamanti e un filo di trucco per valorizzare i suoi bellissimi occhi azzurri. Legò i suoi lunghi capelli neri in uno chignon e lo fermò con un po’ di lacca.
Si guardò allo specchio girandosi e ammirando la sua figura da ogni lato. Era pronta. Will sarebbe passato a prenderla a momenti.

Mentre tentava di ricordarsi dove aveva lasciato le chiavi di casa, il citofono suonò e, per miracolo, le trovò all’ultimo momento, le infilò subito nella borsetta coordinata alle scarpe e uscì da casa.
 


- Orso! - Gridò Nicole non appena salì in macchina chiamando il suo amico con il nomignolo che ormai da tanto tempo gli aveva affibbiato.

Per quanto si ricordasse, Will era sempre stato così. Alto, con i capelli rossi sempre lunghetti e spettinati e con quelle buffe lentiggini sul naso che Nic amava tanto. Vederlo le faceva sempre tornare il sorriso. Per questo che era il suo migliore amico. Era il suo confidente, la sua protezione, la spalla su cui piangere e il suo compagno d’avventura. Era il fratello che non ha mai avuto e che aveva sempre desiderato.

- Ehi Nic! - rispose dopo che la ragazza lo lasciò andare dal suo abbraccio stritolante - Che eleganza, sei uno schianto! Devi rimorchiare qualcuno per caso? –

- Ma dai, smettila! - rispose Nicole divertita dandogli un pugno sulla spalla.

- Dico sul serio! -

- Finiscila! Piuttosto, come vanno i preparativi della festa? -

- Lasciamo perdere - rispose il ragazzo mettendo in moto la macchina e gettandosi nel traffico serale – Hannah è nervosissima. Non fa altro che agitarsi e sbraitare, peggio del solito. Il che è tutto un dire! -

Nic conosceva talmente bene Hannah da potersi immaginare quello che aveva fatto passare in quei giorni a chiunque le fosse passato sotto tiro. Al contrario di Will era sempre stata una bambina molto viziata e con il tempo non era cambiata. Era una ragazza a posto in fin dei conti, simpatica e molto dolce, ma quando non riusciva ad avere quello che desiderava diventava davvero insopportabile.

- Mi dispiace per te. – disse la ragazza - Allora quest’anno la star si degnerà di venire al compleanno di una comune mortale? - domandò la ragazza scettica. Fece una smorfia e attese la risposta dell’amico.

- E dai Nic, non essere dura con lui. Neanche lo conosci! -

- E menomale! Ma chi lo vuole conoscere quel pallone gonfiato? -

- Non è così male come sembra. E’ simpatico e in fin dei conti è un tipo apposto. –

– Sarà...ma spero proprio che dia buca all’ultimo momento. -

- Si, già m’immagino la faccia di mia sorella. Spero proprio che non accada! -

I due amici si guardarono e scoppiarono a ridere.

Quando Nicole si girò a guardare fuori dal finestrino gli venne quasi un colpo.

– O…mio..dio…-

Il locale che Hannah aveva affittato per il compleanno era completamente addobbato con palloncini di ogni misura e forma con tanto di striscioni con su scritto “Buon Compleanno!” con la sua faccia raffigurata in ogni manifesto. Le foto erano tutte rigorosamente diverse, nemmeno uno striscione era uguale all’altro, e calcolando tutti gli scatti, contando anche i palloncini, saranno stati un centinaio. Seduta, sdraiata, in piedi, sorridente e seria, la faccia di Hannah Boockers osservava gli invitati da ogni direzione. Tutto ciò era molto inquietante.

- Lo so… - disse sconsolato Will rispondendo all’amica. – e non hai ancora visto i piatti! -

- Non dirmi che ha messo la sua faccia anche li! – disse sbarrando gli occhi Nic.

- Anche sui bicchieri se è per questo. – rispose l’amico con una risata.

Nicole si fece trascinare dentro il locale sempre più scandalizzata. La festa stava andando anche peggio di come l’aveva immaginata.
Qualche ora più tardi dopo aver fatto gli auguri alla festeggiata e aver chiacchierato con i signori Boockers, stava cercando Will tra gli invitati quando lo vide seduto al bancone degli alcolici mentre parlava con una ragazza mora. Gli andò vicino e si sedette affianco a lui.

- Eccoti finalmente, ti avevo persa di vista! Allora raccontami tutto è tanto che non ci vediamo. Come va il negozio? - gli chiese l’amico quando la vide.

- Tutto bene per fortuna. Sto pensando alla collezione primavera-estate e devo dire che quest’anno la cosa è molto più complicata delle stagioni scorse. -

- Lo so che ormai dovrei essermi abituato ai tuoi ritmi, ma è stranissimo immaginare che stai lavorando a dei costumi da bagno quando qui fuori si gela- -

- Questi sono gli affari! - rispose Nic con un’alzata di spalle l’occhio - Invece a te come va il lavoro? –

Will lavorava in una piccola testata giornalistica da qualche mese. Il suo sogno, da quando era bambino, era quello di diventare un grande reporter. Il padre lo aveva convinto a laurearsi in Economia, sperando che seguisse le sue orme e diventasse un commercialista. Will aveva fatto tutti i tirocini necessari, aveva passato gli esami e, dopo aver preso la laurea, si era iscritto all’albo. Ma, con grande dispiacere del padre, Will gli aveva detto chiaro e tondo che non avrebbe mai fatto quel mestiere.

- Benone, non posso lamentarmi. Diciamo che ora faccio il tuttofare, sai com’è la gavetta, sono l’ultimo arrivato, e mi devo arrangiare. - rispose afflitto il ragazzo.

- Lo so ma dai, resisti e pensa a quello che verrà dopo! -

- Non so... Lo sai ho sempre sognato questo lavoro, ma ora che ci sono dentro capisco che non ci sono tagliato. Perlomeno non come giornalista. Jack, il grafico del
giornale ha lasciato il lavoro qualche settimana fa. Magari potrei provare a fare richiesta. Mi affascina molto quello che faceva.


- Provaci, non si può mai dire… –

- Vedremo. Altrimenti mi ritroverò a fare il lavoro di mio padre e quando avrò la sua età sarò un vecchio ciccione con la barba lunga e sarò completamente andato a forza di fare conti su conti! -

Nicole si mise a ridere, ma poco dopo la sua attenzione fu attirata da uno strilletto di gioia. Si voltò per vedere chi fosse quell’oca dalla vocetta stridula quando vide Hannah andare verso l’entrata a salutare un nuovo invitato. Non gli ci volle molto per capire di chi si trattasse.
Dalla porta d’ingresso vide entrare Orlando Bloom che sfoggiava il suo miglior sorriso e che abbracciava calorosamente Hannah la quale, lieta dell’attenzione che tutta la sala le stava dando, non la smetteva di sorridere e di lanciare gridolini di esultanza.

Era cambiato molto dall’ultima volta che Nic lo aveva visto. Anzi sarebbe più appropriato intravisto, dato che da quando l’attore si divideva tra Los Angeles e Londra, preferiva posti più in, luoghi che sicuramente Nicole non frequentava.

Dopo questa scenetta le ragazze salutavano la star del momento come fossero tutte vecchie amiche e mano a mano la gente ricominciò a parlottare tra se. Quando vide che il ragazzo si stava avvicinando ai suoi genitori, Will si scusò con l’amica per andare a salutare Orlando.

Eccolo lì mentre parlavano insieme, aveva la stessa espressione di quando aveva dieci anni. Arrogante, presuntuoso ed idiota.
Mentre lo stava fissando piena di rancore, la signora Boockers le fece cenno di avvicinarsi. Se avesse potuto Nicole si sarebbe sotterrata. Non doveva fissarli. Se non lo avesse fatto ora non si troverebbe a dover conversare con la persona che odiava di più.
Indossò un sorriso tirato e si incamminò verso il gruppetto.  Camminava lentamente, cercando di ritardare il più possibile quel momento. Quando si avvicinò ad Helena e Frank, i genitori di Will e Hannah, il signor Boockers s’illuminò.

- Oh cara eccoti finalmente! Stavamo giusto parlando di te! Orlando ti ricorderai Nicole Leinghton, era in classe con te e William! –

Nicole con riluttanza alzò lo sguardo verso l’attore che la fissava a bocca aperta. Infastidita da quella situazione, si morse nervosamente il labbro.
Lui continuava ancora a guardarla imbambolato e mentre Frank stava per dire qualcosa lui rispose - Si, mi ricordo. Accidenti ne è passato di tempo!-

- Si, e a quanto vedo sei sempre lo stesso!- replicò fredda Nic beccandosi un’occhiataccia da Will che, conoscendola come le sue tasche, sapeva che quando voleva la ragazza poteva essere molto tagliente.

Se Orlando colse il sarcasmo nel tono della vecchia compagna di scuola non lo diede a vedere e risposte tranquillo sorridendo – Tu invece sei cambiata molto. Se non mi avessero detto il tuo nome, non ti avrei riconosciuto. La bambina con le trecce e gli occhiali ora ha lasciato posto ad una bellissima ragazza. –

Nicole lo fissò gelida e prima di aver tempo di ribattere il signor Boockers interruppe la conversazione - Wow cominciano i lenti! Con permesso, vi porto via la mia dama. –

L’uomo prese la moglie sottobraccio e la portò al centro della pista da ballo.

- Allora Orlando, come vanno le cose? – chiese Will interrompendo il silenzio.

- Piuttosto bene grazie, non posso lamentarmi. – rispose lui con gentilezza.

Nicole nascose un colpo di tosse dietro una sorsata del suo drink e guardò l’attore a sua volta sorridendo sarcastica e disse - E’ strano che tu sia riuscito a trovare il tempo per una festa del genere. –

- Ogni tanto ne sento il bisogno di staccarmi dalla vita frenetica che ho in America per passare un po’ di tempo a Londra, il posto in cui sono nato. Vedere la mia famiglia, i vecchi amici, insomma fare le cose che facevo prima. –

- Beh, immagino come sia stancante la tua vita frenetica, davvero non so come fai! – continuò lei imperterrita.

- Nic, che ne dici di un ballo? – si intromise Will prendendola per un braccio prima che la situzione si sia fatta troppo complicata da gestire.
 





 
Orlando tornò nel suo appartamento a Chelsea, gettando la giacca sul divano.

Quella festa, con tutte quelle ragazze che gli giravano sempre intorno ammiccando e cercando di attaccare bottone con lui, cominciava a infastidirlo. Così aveva salutato velocemente Hannah e la famiglia Boockers e lasciò il party in fretta.

Era di una stanchezza pazzesca, ma prima di andare a dormire doveva fare una cosa.
Si diresse nel ripostiglio, prese uno sgabello e vi si arrampicò sopra. “Eccola lì”,  pensò allungando il braccio sul ripiano più alto. La schiena, a causa di quello sforzo, cominciò a farsi sentire, ma lui la ignorò.

Qualche anno prima, quando aveva vent’anni, cadde da un tetto e rischiò di rimanere paralizzato. Mentre i medici lo davano per spacciato e destinato ad una sedia a rotelle, dopo un’operazione e dopo mesi e mesi di riabilitazione, Orlando riacquistò completamente l’uso delle gambe. Di quel brutto periodo ne portava ancora i segni, ma rispetto al futuro che gli si prospettava davanti, avere impiantati sei bulloni e due placche metalliche nella spina dorsale non sembrava poi granché. Quell’esperienza gli aveva cambiato il modo di vedere molte cose, e gli aveva insegnato che era importante vivere e godersi ogni minuto della propria vita, perché da un momento all’altro tutto può cambiare, inaspettatamente.

Allungò ancora di più la mano e prese la scatola verde impolverata. Su un lato era stata dipinta una scritta arancione con su scritto il suo nome. Quella era la sua scatola dei ricordi dove Orlando ci custodiva gelosamente tutte le sue memorie, belle e brutte, divertenti e tristi, ma in fondo se oggi era diventato l’uomo che era, lo doveva a tutto quello che aveva passato e che aveva segnato il suo carattere, nel bene e nel male.
Si mise seduto a gambe incrociate sul tappeto e aprì la scatola.

Vide subito Toby, il suo orsacchiotto bianco che, quando era bambino, portava sempre con se. Lo poggiò a terra e vide una cravattina nera, a stessa che aveva indossato quando aveva quattro anni, al funerale di suo padre Harry. Quando ebbe dieci anni poi scoprì che il vero padre, quello biologico, non era lui ma Colin, un vecchio amico di famiglia. Invece di avere la reazione che la maggior parte dei bambini avrebbe avuto di fronte ad una simile reazione, lui si dimostrò un bimbo maturo, come lo era sempre stato. Affrontare una cosa del genere da piccolo, aveva fatto sviluppare in Orlando una maturità sorprendente: quando fu cresciuto abbastanza da essere indipendente, si prendeva cura della madre e della sorella comportandosi da uomo a soli dodici anni.

Anche se tutta la faccenda lo aveva sconvolto profondamente, lui non lo diede mai a vedere. Da quando era morto Harry, Colin era stato molto vicino a sua madre Sonia e alla sua famiglia, e lui glie ne sarebbe stato sempre grato per questo.

Sospirò e tirò fuori alla scatola quello che stava cercando. Aprì il vecchio album fotografico e cominciò a sfogliarlo arrivando ad una foto delle elementari.
Decine di bambini sorridevano contenti al’obiettivo, dietro di loro gli alberi del giardino della scuola. Orlando, con il suoi capelli ricci e ribelli, stava nell’ultima fila essendo uno dei più alti della classe. Cercò tra i volti dei suo ex compagni di classe la ragazza che aveva incontrato poco prima alla festa.
Eccola lì. Bassa, con gli occhiali e con i suoi capelli neri raccolti in due lunghe trecce, lo sguardo vispo e dolce. Abbracciava un bambino dai folti capelli rossi e con il viso pieno di lentiggini, Will. Pochi giorni prima aver scattato quella foto, durante la ricreazione Orlando l’aveva canzonata, prendendola in giro a causa dei suoi occhiali rotondi che le davano un’aria un po’ buffa. All’inizio nessuno sentì le battute che stava facendo Orlando a quella bambina, fino a che lei non si mise ad urlare, attirando l’attenzione di tutti i presenti. Il bambino, arrabbiato per il fatto che tutti stavano guardando Nicole che gli sbraitava contro, sbottò e cominciò a deriderla, facendo ridere tutti quanti. La bambina scappò via piangendo e si nascose per la vergogna.
Orlando si sentì subito in colpa per quello che aveva fatto, ma i suoi amici stavano ancora ridendo e da quel giorno diventò molto popolare.

Rimise tutto nella scatola e la rimise al suo posto.

Non voleva ammetterlo neanche a se stesso, ma Londra gli era mancata tanto.
Quando aveva nove anni, la sua famiglia decise di trasferirsi a Canterbury, nel Kent, luogo dove ancora vivono sua madre e sua sorella. Per lui fu un trauma dover lasciare la sua casa e i suoi amici, così cominciò ad essere sempre scontroso e aggressivo con tutti, fino a quando Sonia gli aveva spiegato che il trasferimento era una cosa davvero importante, e che doveva farlo per il bene della famiglia. Così il bambino aveva messo tute le sue cose negli scatoloni ed era salito in macchina, diretto in un posto nuovo dove non voleva andare.

Ora Orlando viveva a Los Angeles, principalmente per lavoro, ma, più per uno sfizio personale che per altro, si era comprato una casa anche a Londra dove ci andava appena poteva. Stare lì, nel suo appartamento, lo faceva sentire a casa, e gli faceva tornare in mente la sua infanzia e i pochi ricordi che aveva di Harry.
Lasciare la sua famiglia in Inghilterra fu una delle cose più difficili che ebbe mai dovuto fare.
Come avrebbe fatto senza la colazione che Sonia gli preparava ogni mattina? Chi avrebbe controllato la sua rivoluzionaria sorella Samantha? Chi si sarebbe assicurato che entrambe stessero bene? Quando arrivò nella calda e soleggiata città degli angeli, rimpianse perfino il tempo tetro e grigio di Londra, non era abituato a stare in un luogo dove c’era perennemente un sole caldo e asfissiante. Man a mano però, grazie anche all’appoggio del suo migliore amico, nonché agente, Brad, si cominciò ad ambientare e non gli sembrò più poi così male.
Per il suo amico le cose presero una piega abbastanza bizzarra. Ad un anno dal loro trasferimento, Brad, donnaiolo e amante incallito del gentil sesso, incontrò una ragazza di nome Mary Cooper, classica californiana bionda, abbronzata e terribilmente sexy, per la quale perse la testa. Tra i due schioccò subito la scintilla e, dopo qualche mese, l’amico lasciò la casa che divideva con Orlando, per andare a convivere con la fidanzata. Un anno dopo i due innamorati comunicarono all’amico che Mary era incinta e che volevano sposarsi, ma non era finita qui. Dissero ad Orlando che non solo volevano che fosse il best man di Brad al suo matrimonio, ma che fu scelto anche come padrino del bambino. L’attore rimase allibito, così chiese all’amico perché avessero scelto proprio lui, e Brad gli rispose dicendo semplicemente che lui era il suo migliore amico e l’unica persona sulla terra che avrebbe voluto che crescesse suo figlio al posto suo.
Orlando, per la prima volta in vita sua, pianse davanti a lui, e lo abbracciò commosso.
Così dopo nove mesi, cinque mesi dopo il loro matrimonio, nacque Matthew Jonathan Miles, un bambino splendido e che l’attore amava con tutto se stesso.
Ora, a distanza di tre anni, Orlando si ritrovava tutte le domeniche a pranzo a casa Miles-Cooper, giocando e ridendo con il suo figlioccio che, tutte le volte che lo vedeva, si illuminava e gli diceva “-Zio Orlie! Che gioco facciamo oggi? -“.
Il ragazzo sorrise pensando alle guanciotte morbide del bambino.

Chiuse la porta dello sgabuzzino e si mise a letto. Mentre cercava di prendere sonno, ripensò al viso di Nicole. Quella ragazza lo aveva incuriosito e non poco. Doveva e voleva rivederla.
Ma come?

Ad un tratto gli venne in mente il discorso che aveva fatto con il signor Boockers poco prima.

“- Will dov’ Nicole? – disse Frank al figlio – Volevo farla incontrare ad Orlando, sicuramente gli farà piacere rivederla! –

- Nicole chi? – aveva risposto confuso l’attore.

- E’ una vecchia amica di William che andava a scuola con lui, da piccola. Gestisce un delizioso negozio d intimo a Charing Cross. Come si chiama tesoro? – disse Helena.

- Black Diamond – rispose Will alla madre.

- Ah eccola lì, ci sta giusto guardando. – disse la signora facendo segno a qualcuno, che Orlando non riuscì ad individuare, di raggiungerli.”
 
Black Diamond a Caring Cross. Ecco come l’avrebbe trovata. L’indomani sarebbe passato in negozio e l’avrebbe inviata ad uscire. Lei avrebbe accettato sicuramente.

In fondo lui era o non era Orlando Bloom!?

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Secondo capitolo... ^^
Lo so che magari ora la storia può sembrare un po' stupida e banale, insomma di quelle già sentite e risentite, ma fidatevi questo è solo l'inizio!
Spero comunque che continuerete a seguirmi e soprattutto a COMMENTARE! Davvero ho un disperato bisogno di consigli che mi aiutino a migliorare!
Grazie per chi leggerà anche questo capitolo e grazie a chi legge ma non commenta!
Un bacio!!

 

CAPITOLO 2

 

Londra, 26 settembre 2005

La settimana dopo la festa di compleanno di Hannah, andò avanti normalmente. Nic andava tutti i giorni al negozio, chiamava i fornitori, serviva i clienti e cercava spunti per la nuova collezione.

Il lunedì, dopo il suo mattutino frappuccino allo Starbucks, Nicole entrò al BD, come lo chiamavano tutti, e salutò Alice.
La giovane ragazza dai capelli rosso fuoco era la commessa che Nic aveva assunto un anno fa e che le dava una mano in negozio. Ben presto si era rivelata una persona efficiente ed affidabile e pian piano erano diventate anche amiche. Avere Alice in negozio era stata veramente una benedizione per Nicole. Non solo la ragazza le apriva e chiudeva il negozio tutti i giorni permettendole di potersi programmare le giornate a suo piacimento, ma grazie alla sua incredibile cerchia di conoscenze aveva portato al negozio molti clienti abituali.
Più passava il tempo più, ne era sicura, non poteva scegliere di meglio.

Nicole andò nel retro e posò la borsa nel magazzino. Stava giusto andando a prendere tutti i documenti necessari per stilare un grafico dei guadagni del mese precedente quando i riccioli rossi di Alice fecero capolinea sulla porta.

- Nic c’è qualcuno di là che chiede di te! - disse la commessa con un tono di voce strano, troppo strano.

Sicuramente era sua sorella. Tutte le volte che Charlotte veniva a trovarla in negozio, e fortunatamente accadeva di rado, Alice era in soggezione. Aveva provato più volte a dirle che era un comportamento sciocco, ma lei rispondeva sempre che non poteva farci nulla, era così e basta.

Uscì svogliatamente dal magazzino cercando di capire cosa diavolo potesse volere da lei quell’arpia, quando si ritrovò davanti l’ultima persona che si aspettasse di vedere.
Appoggiato al bancone del suo negozio c’era Orlando Bloom che sfogliava il catalogo dei capi esposti in negozio. Indossava una giacca di pelle nera sopra una T-shirt bianca e dei semplici jeans. Nic non poté fare a meno di notare la sua bellezza.

Ma a cosa stai pensando? Ti sei rimbambita? Stiamo parlando di Orlando Bloom!” si ammonì subito.

- Bloom, cosa ci fai qui? – chiese la ragazza continuando a fissare l’attore.

- Ehi ciao Nicole come stai? – rispose lui chiudendo il catalogo.

- Bene, grazie. Se eri venuto qui per fare acquisti mi dispiace doverti informare che vendiamo solo intimo femminile. Ma sono sicura che ci saranno decine di altri negozi che ucciderebbero per averti come cliente. –

Stava per andarsene quando lo sentì ribattere – No, non ero passato qui per delle compere. Ero passato solo a salutarti. I signori Boockers mi hanno parlato del negozio, così ero curioso di vederlo e magari con l’occasione avrei potuto invitarti a bere qualcosa con me una di queste sere… -

- Mi stai chiedendo di uscire con te? – rispose Nic nascondendo lo stupore.

- Si, ma solo se non mi chiami più Bloom! – disse l’attore sorridendo sornione.

- Ascolta Bloom, - disse sottolineando l’ultima parola – tanto vale dirtelo così non sprechi il tuo tempo, io non sono una di quelle ragazzine che fanno la fila per dartela quindi ti conviene trovartene un’altra perché con me cadi male. E ora torno a fare il mio lavoro visto che non ho la fortuna di guadagnare milioni di sterline solo per farmi fotografare il bel faccino. -

Detto questo tornò nel retro lasciando un sorpreso Orlando a fissare il vuoto.

Era ancora furibonda quando Alice le disse scioccata – Ma dico sei forse impazzita? Hai appena trattato a pesci in faccia Orlando Bloom? Tu sei fuori! Non solo non hai accettato un appuntamento con lui, ma lo hai anche attaccato! Ma cosa ti dice il cervello!? -

- Senti Alice, non ti pago per dei consigli amorosi, quindi fammi il piacere di tornare di là che è appena entrato un cliente. - rispose seccata la ragazza.

Mentre sentiva la voce della commessa nella stanza affianco, Nic provava a concentrarsi inutilmente selle carte che doveva compilare.

Come si era permesso di presentarsi al BD senza preavviso?

- Magari avrei potuto invitarti a bere qualcosa con me una di queste sere -”. Mah, ridicolo! Ma chi si credeva di essere?
 
 

Cinque ore dopo era ancora seduta dietro la scrivania del negozio sommersa da grafici, schemi e da fogli pieni di calcoli. Prima che Alice se ne fosse andata, Nic si era scusata con lei per come l’aveva trattata, a volte sapeva di essere odiosa.

“- Non ti preoccupare cara, ormai mi ci sono abituata ai tuoi sbalzi d’umore ! -“  le aveva risposto lei scherzando.

Si erano fatte le otto, così spense le luci, chiuse la serranda e si fermò sulla strada per fermare un taxi.

Mentre la macchina sfrecciava per le vie del centro Nicole osservava le bagliori della città che si mescolavano. Londra di sera era uno spettacolo meraviglioso. Fuori dai pub si vedevano dei ragazzi che scherzavano e che sorseggiavano i loro drink in compagnia.
Anche lei conduceva quella vita qualche anno fa’. Poi con l’apertura del Black Diamond , che si impossessava di gran parte delle sue energie, e l’avanzare del tempo le uscite serali erano via via diminuite, fino a che non sono cessate del tutto. Gli amici e le amiche con cui usciva a divertirsi si erano sposati, avevano fatto dei bambini oppure, come lei, erano totalmente presi dal lavoro. Gli unici amici con cui era rimasta in contatto di quel gruppo erano Will e Nathalie.

Era davvero molto tempo che non sentiva più Nat, ora che ci pensava.
Era una ragazza molto dolce e solare, una delle poche persone a cui confidava tutto. Era un ottima ascoltatrice ed era sempre pronta ad offrire ottimi consigli. Prese il suo iPhone e le scrisse un messaggio:
 “Ehi Nat, come stai? E’ davvero tantissimo tempo che non ci sentiamo! Che ne dici di andare a cena insieme sabato sera? Conosco un posto molto carino e sarebbe bello poterti riabbracciare! Un bacio. Nic.”

Pagò il tassista e salì le scale di casa. Gettò la borsa sul divano e sentì suonare il cellulare.

“Sarebbe fantastico, anche io ho tanta voglia di rivederti! Scrivimi l’indirizzo e l’ora. Ci vediamo sabato. Notte. Nat.”

Le scrisse l’ora e l’indirizzo dell’appuntamento si infilò il pigiama e si buttò sfinita nel letto. Ci mise poco ad addormentarsi ma il sonno fu molto travagliato.
Quella fu la prima volta che sognò Orlando Bloom.
 
 
 



Orlando si svegliò presto quel martedì mattina. In cielo brillava un sole meraviglioso, che fu interpretato dal bell’attore come un buon presagio.
La sera aveva avuto un’idea geniale e l’aveva comunicata subito a Brad. Lui, quando aveva sentito cosa aveva in mente di fare Orlando, era scoppiato in una risata fragorosa. 

“- Questa ragazza ti ha dato alla testa. – gli aveva detto in tono divertito– Vale davvero tutto quello che stai architettando? Insomma amico tu sei Orlando Bloom, puoi avere tutte le ragazze che vuoi, perché ti stai fissando proprio su un’isterica del genere? –“

Lui aveva pazientemente risposto alla domanda per la decima volta: come diceva l’amico lui era Orlando Bloom e nessuna ragazza sana di mente lo avrebbe rifiutato.

“- E poi lo sai come sono fatto Brad, - disse ridendo – non sono abituato a sentirmi dire di no! -“.

Da quella sera non aveva fatto altro che pensare a quella bella ragazza che ogni volta che si girava per guardarlo, gli lanciava occhiate di fuoco. Non era solo una
questione di orgoglio, Nicole lo aveva veramente spiazzato.

A volte non si sa perché una persona sia attratta da un’altra, succede e basta. Una parola, un gesto, uno sguardo e click, scatta la scintilla. Non dipende da nessuno, è una cosa incontrollabile, totalmente insensata e priva di logica, ma inspiegabilmente tutti cadono nel tranello.
Dopo l’ultimo periodo, Orlando si era ripromesso di non iniziare storie serie, perlomeno per un po’, il tempo necessario per ritrovare se stesso e schiarirsi le idee su tutto quello che era successo, e non aveva cambiato idea. Voleva solo rivedere quella ragazza e capire il motivo per cui ne era così attratto, e sapeva come fare. Aveva bisogno solo del consenso del suo agente e avrebbe passato talmente tanto tempo con Nicole che lei si sarebbe ricreduta e avrebbe imparato ad apprezzare il suo vecchio compagno di classe.
Quel pensiero fece accrescere ancora di più l’impazienza nel giovane attore che, troppo eccitato da poter aspettare anche un minuto di più, digitò il numero che ormai sapeva a memoria e attese di ottenere una risposta dall’altro capo del telefono.

- Pronto? – rispose Brad con la voce impastata dal sonno.

- Ehi amico! Che ti ho svegliato? –

- Tu cosa dici? – chiese sarcastico schiarendosi la gola.

- Mi dispiace. Allora che ne pensi del progetto? –

Dopo un lungo silenzio rispose – Cioè, fammi capire, tu mi chiami alle 6.00 di mattina per chiedermi del tuo fottuto progetto? –

- Cavolo, il fuso orario! Me ne ero completamente dimenticato. Comunque, per me il piano è davvero geniale, e se devo metterlo in atto devo cominciare da subito. Tra poco meno di un mese devo tornare a Los Angeles ricordi? –

- D’accordo, d’accordo. – disse sbadigliando rumorosamente – Ho preso appuntamento domani con David Monthes, ti ricordi di lui?-

- Ma chi quel tizio che mi ha fatto quelle foto per Vanity Fair lo scorso inverno? –

- Si lui. Ora è molto quotato in Inghilterra e voglio proporre a lui il posto da fotografo per questo progetto, sempre ammesso che vada in porto. – aggiunse scettico - Quindi questo vuol dire che entro domani mattina ho bisogno di una risposta. Fammi sapere se la pazza è d’accordo o sennò proporrò un altro servizio fotografico a Monthes, e poi lo venderemo a qualche testata giornalistica. -

- Entro domani mattina? – rispose Orlando scioccato – Ma sei impazzito? Ventiquattro ore sono troppo poche per convincere Nicole ad accettare. Non so se hai capito di chi stiamo parlando! –

- Orlando non potevo fare altrimenti, – rispose cauto Brad – Monthes sarà in Inghilterra ancora per una settimana, poi partirà per le Bahamas per fare un servizio fotografico per un calendario. Quindi tu e la Leinghton avrete a disposizione un paio di mesi per svolgere il progetto, magari anche qualcosa in più se ci riesco, e poi dovrete essere pronti. -

- Un giorno per convincere Nicole e due mesi per svolgere tutto? Ma è impossibile è… -

- Ehi, questo è tutto quello che sono riuscito a fare. Convincila e fammi sapere appena puoi. – disse l’agente con un filo d’impazienza – Buona fortuna amico, ti servirà.- e senza aspettare una risposta attaccò.

L’attore rimase a fissare il telefono.
Sono nella merda” pensò prima di buttare il cellulare sul divano.
 
 
 
 


Quel giorno Alice aveva chiamato a casa di Nicole verso le 7.00 e aveva comunicato all’amica che per una settimana sarebbe dovuta rimanere a casa. L’uomo con cui era stata insieme fino a due settimane prima le aveva lasciato come ricordo non solo un cuore spezzato, ma anche il morbillo, e la ragazza era costretta a rimanere a casa.
Così Nic si era catapultata giù dal letto e si era vestita di tutta fretta.

Arrivò al negozio con il fiatone e tirò su la serranda del Black Diamond con un ora e mezza di ritardo rispetto agli altri giorni.
Aveva appena finito di servire una cliente quando vide entrare nel suo negozio Orlando Bloom. Di nuovo. Due volte in una settimana, stava diventando un’abitudine.

Alzò gli occhi al cielo e sbuffò – Bloom, ancora qui. -

- Ciao Nic. – Chiese togliendosi i suoi Ray-Ban neri a goccia e infilandoseli in tasca.

Per la prima volta Nicole guardò attentamente quei due occhi color cioccolato che la scrutavano con interesse. Distolse in fretta lo sguardo e tornò a prestare attenzione al registratore di cassa.

- Cosa vuoi ancora? – chiese facendo finta di non aver sentito la domanda.

- D’accordo sei una che va dritta al punto eh?! – sorrise appoggiandosi al bancone.

La ragazza lo guardò con un filo d’impazienza e alzò le sopracciglia. L’attore capì che doveva andare dritto al nocciolo della questione, senza troppi giri di parole.

- Ho un affare da proporti. – iniziò lui sondando il terreno.

- Un affare? – disse Nic dopo una risata – Tu vuoi proporre un affare a me? –

- Si, esatto. Io ed il mio agente stiamo cercando di fare qualcosa che attiri l’attenzione su di me visto che ultimamente le cose non vanno granché bene. Ma volevamo fare qualcosa di diverso. Niente uscite in pubblico con altri personaggi famosi, niente tradimenti eccetera, ma qualcosa di nuovo, qualcosa che stupisca le persone. - si fermò per accentuare il concetto e continuò con un sorrisetto - E qui entri in gioco tu. -

-Io? – rispose scettica la ragazza.

- Si. Quando sono entrato in questo negozio tu mi hai detto che non vendevi intimo maschile, e questo ho pensato che ti porti via un bel numero di clienti. Oggi sono venuto qui per proporti un affare. Disegna una linea maschile per il tuo negozio ed io la pubblicizzerò. Pensa quante persone saranno incentivate a comprare nel tuo esercizio. Uomini ma anche donne. Insomma non per vantarmi ma ho molte fan. – rispose soddisfatto.

La ragazza rimase in silenzio per qualche secondo. Gli stava proponendo un affare abbastanza ghiotto per lei. Ma lui cosa ci avrebbe guadagnato?
Qui c’era qualcosa che non tornava.

Nicole lo guardò ancora per qualche secondo poi scoppiò in una risata, scuotendo la testa.

- Perché ridi? Guarda che sono serio. –

- Perché è assurdo. Io e te in affari e poi tu cosa ci guadagneresti? – gli chiese guardandolo divertita.

- Te l’ho detto. – rispose Orlando cercando di essere convincente – Prova ad immaginare a cosa penseranno. Una star di Hollywood che ritorna nella sua città natale e sponsorizza un negozio d’intimo di una sua vecchia amica d’infanzia. Un ritorno alle origini. Penseranno che l’ho fatto per amicizia perché cosa potrei trarne di profitto? Ma è qui che si sbagliano. Ne trarrò molta visibilità, e la visibilità porta soldi, molti soldi. -

- E perché hai scelto proprio il mio negozio? Perché proprio me? – chiese sinceramente curiosa.

L’attore rimase in silenzio. Non si era preparato a quella domanda.
Che cosa doveva rispondere? Ho scelto te perché voglio conquistarti? Ho scelto te perché sei l’unica ragazza, da quando sono diventato famoso, che mi ha dato un due di picche?
Si passò una mano tra i capelli, come faceva sempre quando era nervoso.

- Perché tu hai un negozio d’intimo. E alle donne piace vedere il loro attore preferito in boxer. – disse con semplicità, come se fosse la cosa più ovvia.
Nic lo scrutò in silenzio, era combattuta. L’idea era molto buona e poteva solo immaginarsi i clienti che avrebbe portato in negozio.

- E se io dovessi accettare, attenzione è un se, - disse alzando un dito – chi si occuperebbe di tutte le spese, del servizio fotografico, della pubblicità eccetera? E quant’è la percentuale che trarresti dagli incassi? –

Orlando sorrise – Al servizio fotografico e alla pubblicità penserò io. Tu dovrai solo occuparti di disegnare la linea, della produzione dei capi e della vendita. La percentuale la fisseremo insieme accordandoci. -

- D’accordo ma devo pensarci su. Ho bisogni di tempo. -

- Ecco, anche di questo volevo parlarti. - disse Orlando nervoso. Stava andando tutto alla perfezione ed odiava dover toccare questo punto – Il mio agente ha fissato un incontro con David Monthes, uno dei migliori fotografi in circolazione, e l’unico appuntamento che ha potuto avere prima che lui parta e ritorni tra due mesi è per domani. Quindi... -

- Quindi devo darti una risposta entro domani? – lo interruppe Nicole sbarrando gli occhi.

- Si, temo di si. - disse Orlando in tono di scuse.

- Tu sei matto! –

- Lo so, lo so, ti sto chiedendo tanto e mi dispiace. -

Nic sospirò e si arrese – Va bene, ne parlerò con il mio…ehm...commercialista e ti farò sapere entro domani mattina. –

Orlando si mise una mano intasca e tirò fuori un biglietto da visita. - Questo è il mio numero di telefono, quando hai deciso chiamami. –
Detto questo le sorrise per l’ultima volta e uscì dal negozio senza dire nient’altro.
 




Due ore dopo la conversazione con Orlando, si trovò a pranzo con Will in un ristorante vicino al BD e stava addentando una patatina fritta quando l’amico, con gli occhi che brillavano, disse – Ti ricordi di quella domanda che avevo fatto per il posto da grafico? –

- Si, certo che mi ricordo. – rispose lei curiosa.

- Beh…mi hanno accettato! Comincio da lunedì! –

La ragazza quasi si strozzò e lanciando uno strilletto disse – Orso ma è fantastico! Lo sapevo che ce l’avresti fatta. Sono davvero, davvero contenta per te. -

- Anch’io sono molto felice, – ribattè compiaciuto – Non vedo l’ora di iniziare… –

Nic sorrise e lo guardò sospirando.

- D’accordo, spara. – disse l’amico capendo al volo che c’era qualcosa che la turbava.
Nicole gli raccontò dell’incontro con Orlando e del progetto. Will ascoltava annuendo di tanto in tanto e facendole domande interessato.

- Beh è un gran colpo per il negozio. – esclamò quando l’amica ebbe finito di parlare – Dov’è il problema? –

- In verità non c’è nessun problema, è solo che mi servirebbe un grande favore. – disse lei facendo gli occhi dolci.

- Ecco fatto. Quando fai quella faccia non è mai niente di buono, perlomeno non per me. – fece Will esasperato.

- Orso è una cosa da niente. Davvero è una sciocchezza... -

- Allora dimmi... ti ascolto. -

- Beh, - disse la ragazza esitando – sai che io ho sempre rifiutato un commercialista perché non ne ho bisogno, me la cavo bene da sola con la contabilità. Ma ecco quando mi presenterò all’appuntamento voglio essere accompagnata da un’altra persona, dal mio commercialista. Insomma voglio fare bella figura. –

- Va bene, non è un problema. Chiederò a mio padre, ne sarà contento. – disse l’amico sollevato.

- Ecco... veramente io pensavo ad un'altra persona. Insomma non ho niente contro tuo padre ma sarei veramente in imbarazzo a parlare di affari davanti a lui... vorrei accanto a me qualcuno che conosco bene, qualcuno di cui mi fido ciecamente. -

- E chi avevi in mente? – chiese Will perplesso

Nicole lo guardò e fece labbruccio.

L’amico ci mise un po’ a capire ma quando intese cosa voleva fare Nic disse – Oh no, no, no. Scordatelo. No, non mi guardare così. E’ inutile. Sono irremovibile. Toglitelo dalla testa. No, punto e basta. -
 
 
 
- Questo è il mio commercialista, William Boockers. – disse Nicole presentando l’amico all’agente di Orlando tre giorni più tardi.

La mattina dopo aver parlato con l’attore del progetto, gli aveva telefonato ed insieme avevano deciso di incontrarsi a pranzo per discutere dei dettagli e per firmare il contratto.
Il ristorante scelto da Orlando Bloom era L’ivy, a Soho.

- Ehi Will! – disse Orlando stringendogli la mano – Non sapevo che facessi il commercialista. –

- Beh si. Ma la mia unica cliente è Nicole. - rispose in imbarazzo guardando storto l’amica.

- Molto piacere – disse l’uomo stringendo anche lui la mano al ragazzo – Io sono Bradley Miles. –
Voltandosi poi verso Nic disse – Lei deve essere Nicole Leinghton, Orlando mi ha parlato molto di lei. –

Nicole guardò Orlando che era diventato rosso per l’imbarazzo e rispose a disagio – Si, sono io. –

Dopo aver ordinato aspettarono che la cameriera si allontanasse. Fu Brad a prendere parola per primo.

- Allora come penso che lei già sappia, signorina Leinghton, due giorni fa ho avuto un colloquio con il signor Monthes che ha accettato con entusiasmo l’incarico. –

- Bene, questo è già un buon inizio. Ma la prego mi chiami Nicole. – rispose lei sorridendo 

- C’è solo una complicazione. Il margine di tempo che abbiamo a disposizione è molto tirato. Si parla di un paio di mesi, massimo tre. -

Nicole annuì, già Orlando glielo aveva accennato, ma prima che potesse rispondere Will disse - Possiamo farcela. Qui si parla di un progetto importante e noi ce la metteremo tutta per rispettare i tempi, ha la mia parola signor Bradley. Ora parliamo della percentuale che trarrete dal guadagno dei capi. Quanto volevate proporci? –
Orlando, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, prese parola – Volevamo proporvi il 45 % del prezzo del cartellino. -

Nicole lo guardò con aria di sfida e rispose – 45%? Non se ne parla. Il 20% -

- 40% - disse Orlando avvicinandosi con il viso alla ragazza.

-25% - rispose Nic avvicinandosi anch’essa e reggendo il suo sguardo.

-35% -

-30% ed è la mia ultima offerta – disse Nic alzando le sopracciglia.

Si ritrovarono a pochi centimetri l’uno dal viso dell’altra. Gli occhi azzurri di Nicole dentro agli occhi color cioccolato di Orlando. Will e Brad li guardavano senza dire una parola.

Dopo qualche secondo fu Orlando a cedere.

- D’accordo, il 30% ma ho una condizione. Nel nome della collezione voglio che ci siano le mie iniziali, e su questo sono inflessibile. –

Tutti e tre i ragazzi guardarono l’attore perplessi, come se avesse detto chissà quale baggianata.

- Che c’è? – chiese lui offeso vedendo gli sguardi degli amici.

- D’accordo, affare fatto. – rispose Nicole alzando le spalle e osservandolo.

In quell’istante arrivò la cameriera.

- Spaghetti alla bolognese? – chiese tenendo in equilibrio i piatti.

- Miei – rispose Orlando senza mai staccare gli occhi da quelli di Nic.

- Hamburger? – chiese ancora la cameriera.

- Mio – dissero in coro Nicole e Will.

- Insalata? –

- E’ per me – disse Brad ancora divertito dalla scenetta.

Finalmente i ragazzi, dopo quella che sembrava un eternità, staccarono gli occhi l’uno dal viso dell’altra e si concentrarono sul loro pranzo.

- Nicole – disse all’improvviso Brad dopo qualche minuto di silenzio – ho qui il contratto che lei ed Orlando firmerete, ma per essere valido ho bisogno che mi comunichi il nome della collezione. -

Nicole ci pensò su. Un nome che doveva comprendere le iniziali di Orlando ma allo stesso tempo anche con qualche riferimento al negozio. Orlando Bloom. OB. OB Diamond. Si, suonava bene.

- OB Diamond Collection. – disse guardando prima Brad poi Orlando.

- OB Diamond Collection. Mi piace – disse soddisfatto Orlando.

- D’accordo – disse Brad prendendo dei fogli prestampati e una penna. Aggiunse le informazioni mancanti e diede un blocchetto di fogli a Nicole e ad Orlando – mi servono le vostre firme su entrambi i documenti – aggiunse.

A prendere il foglio di Nicole fu Will. Scambiò uno sguardo d’intesa con l’amica e cominciò a leggere.
Dopo un minuto buono Will alzò gli occhi dal foglio e disse a Brad.

- C’è una parte che non è molto chiara. “La percentuale che verrà detratta dal prezzo del cartellino di ogni singolo capo – lesse ad alta voce -e che spetterà al Sig. Bloom sarà del 30%. L’invio della somma di denaro in questione sarà effettuato mensilmente dalla Sig.ra Leinghton tramite bonifico bancario con allegati i relativi dettagli della merce venduta al c.c…” e via dicendo. Qui non è indicato da nessuna parte che Orlando riceverà i soldi dai guadagni solo dell’OB Diamond Collection. Per come è scritto in questo contratto sembra che Nicole debba inviare il 30% del prezzo del cartellino di ogni singolo capo venduto in negozio, cosa che naturalmente non è così. Giusto? –

- No, certo che no. – si affrettò a dire Brad – Ma, insomma, non complichiamoci la vita. Noi lo sappiamo, non è sufficiente? Questo è solo un pezzo di carta.-

- No, signor Bradley. Questo non è solo un pezzo di carta, questo è un contratto e se un giorno sfortunatamente dovessimo ritrovarci davanti ad un giudice, la mia cliente passerebbe molti guai. E noi non vogliamo questo, giusto? –

- No, certo che no. – dopo un attimo disse - D’accordo William, mi dia il foglio e specificherò questo particolare. -

Will osservò Nicole sperando che non si fosse arrabbiata per quello che aveva appena fatto ma fortunatamente vide che l’amica lo stava guardando piena d’orgoglio. Le sorrise per un attimo per poi tornare subito serio.
Brad passò il foglio corretto a Will che lo lesse attentamente e poi, dopo aver annuito all’agente dell’attore, lo passò a Nic. Dopo che sia la ragazza che l’attore ebbero firmato le loro copie si scambiarono i fogli e firmarono anche l’altra copia.
Nicole infilò soddisfatta i suoi documenti nella borsa. Era fatta. Finalmente avrebbe fatto vedere alla sua famiglia che poteva farcela anche da sola.

Dopo aver pagato il conto si alzarono dal tavolo e si strinsero le mani a turno. Quando quella di Nic strinse quella di Orlando un brivido le percorse tutta la schiena. Sentendosi ridicola tolse subito la mano da quella del ragazzo e dopo aver promesso di informarli non appena gli schizzi della collezione fossero pronti, salì su un taxi insieme a Will.

Quando la macchina svoltò a sinistra per immettersi su una via principale, la ragazza saltò al collo dell’amico.

- Dimmi che è tutto vero, dimmi che ho veramente appena firmato il contratto che probabilmente cambierà per sempre il mio piccolo negozio! -

- E’ vero Nic, ce l’abbiamo fatta. - esclamò Will felice

- Sei stato grande Orso. Non so come avrei fatto senza di te. -

- Ma dai, non ho fatto niente! – risp
ose l’amico facendo il modesto ma, dentro di se, era profondamente compiaciuto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Altro capitolo... Buona lettura!!!! ^^




 

CAPITOLO 3
 


Londra, 28 settembre 2005

Era sabato sera e Nicole era uscita a cena con Nathalie.
Le due amiche stavano sedute su una meravigliosa terrazza all’ultimo piano di un palazzo a due passi dal Tamigi. Alla loro destra s’innalzava imponente il Tower Bridge illuminato, che era messo in risalto dai toni scuri della notte. Sotto di loro le coppiette passeggiavano tranquille tenendosi per mano, fermandosi ad ammirare lo spettacolo del ponte luminoso.

Mentre mangiava la sua insalata, Nicole stava aggiornando l’amica delle ultime novità compreso il contratto con Orlando.

- Non sai quanto ti sto invidiando in questo momento. – le confessò Nathalie – Insomma ti lascio per qualche settimana e guarda cosa combini, sei in affari con Orlando Bloom! Io invece in tutto questo tempo ho seguito sempre la solita routine. Casa, lavoro, casa, lavoro. -

Nicole rise e poi rispose – Nat, non ti riconosco più! Dov’è la temeraria bionda che mi coinvolgeva sempre in nuove avventure? –

- Guarda la bionda è ancora davanti a te – disse toccandosi una ciocca di capelli che le arrivavano alle spalle – la temeraria è sepolta da qualche parte dentro di me. –

-Ti ricordi quando cinque anni fa mi hai convinto a seguirti in giro per l’Europa per seguire gli U2? – disse Nicole dopo un po’.

Nathalie scoppiò a ridere – Si certo che me lo ricordo. E’ per caso quando ti sono dovuta venire a prendere in quella piazza di Madrid perché ti eri addormentata su un leone di pietra? Quella sera eri proprio ubriaca... -

- Prima di tutto non era Madrid, ma eravamo a Dublino – disse Nic che non riusciva a smettere di ridere – e poi non è vero non ero ubriaca, ero un po’ brilla! –

- No mia cara, eri proprio ubriaca, altro che brilla! –  puntualizzò l’amica indicandola con una forchetta.

- E che mi dici di quando a Milano tu ci hai fatto finire su un treno diretto a Roma? Non sapevi una sola parola di italiano ma eri convinta che quello era il treno per andare all’aeroporto. Per fortuna un tizio che parlava inglese ci ha fatto andare al binario giusto! Non hai scusanti mia cara, io perlomeno ero ubriaca, tu invece eri perfettamente sobria! -

- E’ stato un piccolo, piccolissimo errore! – rispose fingendosi offesa - Però ci siamo divertite davvero tanto quell’estate! –

- Si, è vero. E ora guarda come ci siamo ridotte, siamo qui sedute a parlare dei vecchi tempi ricordandoci aneddoti divertenti. Sembriamo come quelle donne di mezza età che si riuniscono per rammentare quando erano ancora belle e giovani. –

- Noi siamo ancora belle e giovani, e poi non siamo messe così male! – disse Nathalie scherzando – Anzi sai che ti dico? Non voglio lasciar passare i miei ultimi anni di spensieratezza così. Tra qualche anno chissà, saremo sposate e magari avremo dei bambini, e molte cose non le potremo più fare. Non voglio fare la fine di quelle donne che rimpiangono la gioventù. Un domani voglio guardarmi indietro e non rimpiangere nulla. –

- Ben detto! – rispose Nic annuendo.

- Per questo, devi promettermi che rifaremo una delle nostre pazzie, magari questa volta in giro per l’America. -

- D’accordo. – acconsentì l’amica guardandola negli occhi – Te lo prometto. Anzi te lo giuro solennemente. –

- Bene, qui ci vuole un brindisi allora! – esclamò la bionda guardandosi intorno.

Nathalie richiamò l’attenzione di un cameriere e disse – Potrebbe portarci due gin tonic? –

Nicole la guardò stupita – Nat! E’ un eternità che non ti sento ordinare un alcolico! –

Dopo che il ragazzo servì i drink richiesti Nathalie rispose – Si, ma oggi è una serata speciale. Alle serate tra amiche come questa, come quelle che abbiamo passato e come quelle che passeremo! Cin! –

- Cin! –

Piegarono i bicchieri e li svuotarono in un solo sorso.

- Allora dimmi, come va il lavoro? - chiese Nicole dopo un po’ tornando seria.

- Abbastanza bene. Da quando io e Daniel abbiamo aperto il ristorante lavoriamo come matti, ma non posso lamentarmi. Abbiamo aperto l’attività da pochi mesi e già ci siamo fatti molti clienti. Sono davvero felice per questo. –

- Spero davvero che vada sempre meglio per voi. – disse Nic allungandosi sul tavolo per accarezzarle la mano – E, dimmi un po’… è carino questo Daniel? –

- Nic! Sei sempre la solita! Ma ti pare che mi metto con il mio socio? – disse Nathalie scandalizzata.

- Sbaglio o non hai risposto alla mia domanda? Cavolo Nat, non dirmi che già sei partita in quarta! –

- No, niente affatto! E’ carino, d’accordo, ma non è poi niente di così speciale. –

- Oh andiamo, chi vuoi prendere in giro? – disse Nicole con la faccia di chi la sa lunga.

Quante volte aveva visto quell’espressione sul viso dell’amica? Ormai Nat era un libro aperto per lei. Avevano passato troppe cose insieme, cose che le hanno tenute legate in tutti questi anni, anche quando sembrava che la loro amicizia stesse per crollare da un momento all’altro, avevano tenuto duro ed erano riuscite sempre ad affrontare la tempesta. Si erano piegate, certo, ma non si erano mai spezzate.
La verità è che loro due erano nate per essere migliori amiche. Erano un po’ come Telma e Luoise, o come Starsky e Hutch. Da quando si erano trovate, non avevano potuto fare altro che iniziare a costruire la loro amicizia mattone per mattone.
 
Ad un tratto squillò un telefono.  Nic prese l’iPhone dalla borsetta e guardò il display che lampeggiava con la scritta “Charlotte calling” alzò gli occhi al cielo, si scusò con Nathalie e rispose.

- Pronto? – disse per niente amichevole.

- Nicole sono io. Papà ha detto che lunedì vuole vederci a pranzo. – rispose Charlotte sbrigativa. Evidentemente neanche a lei faceva piacere parlare con la sorella.

- Digli che non posso. Ho un’attività da mandare avanti io, non posso assentarmi solo per... -

- Ha detto che è importante. Ogni tanto non pensare solo a te stessa, pensa anche alla tua famiglia, Nicole. So che a te non importa niente, ma per noi è importante.
Cerca di esserci, anzi vieni e basta. Ci vediamo lunedì. – e senza aspettare una risposta attaccò.

Ma come si permetteva di parlarle così? “- Ogni tanto non pensare solo a te stessa, pensa anche alla tua famiglia, Nicole. So che a te non importa niente ma per noi è importante.-“ A lei non importava niente ma a loro si? Ma per favore! Nicole sapeva benissimo che la sua famiglia si radunava a pranzo tutti i lunedì per passare del tempo insieme, ma da quando lei era andata via di casa, ovvero sei anni prima, non era stata mai invitata. Le rare volte in cui lo avevano fatto era perché dovevano dirle qualcosa, solitamente niente di piacevole, perlomeno non per lei.
Cosa volevano questa volta?

Guardò Nathalie ma non ci fu bisogno di spiegarle niente.

- Sei stata invitata a uno dei pranzi del lunedì? – disse l’amica pulendosi la bocca con il fazzoletto di stoffa abbinato alla tovaglia.

Nicole annuì.

- E tu hai intensione di andarci? – continuò lei guardandola.                             

- Non ho altra scelta. Dovrò resistere solo un paio d’ore e poi me ne andrò. –

- Sai cosa vogliono stavolta? -

- No, ma sicuramente non sarà una cosa bella, come al solito. -

- Come farai con il negozio ora che Alice non c’è? – chiese Nat dopo averci pensato.

- Lo chiuderò prima… – disse Nicole giocando nervosa con la cannuccia della sua coca-cola.

- No, non ti preoccupare. Ti sostituirò io. Un paio d’ore posso allontanarmi dal ristorante. -

- Cosa? No, no. Non c’è bisogno. -

- Si invece. Dalle 12.00 alle 16.00 ci sarò io e se dovrai trattenerti ancora di più chiuderò il negozio. –

- No, davvero. Non importa. –

- Si invece. Insisto. Anzi sono irremovibile. -

Nicole fissò in silenzio l’amica per qualche secondo.

- Non so cosa dire. – disse dopo un po’ – Solo...grazie. Mi sdebiterò. –

- Nic, tranquilla. Prima o poi anche io avrò bisogno di un favore! –

Dopo averle sorriso Nicole le disse sinceramente - Sai, se non avessi te e Will credo che potrei anche impazzire. Praticamente la mia famiglia siete voi, e non so cosa ci
guadagniate a perdere il vostro tempo con me. -

- Oh Nic, falla finita, tu per me sei come una sorella, lo sai che ci sarò sempre. – le sorrise dolcemente e quando vide che l’amica contraccambiò aggiunse – Ora basta parlare di cose tristi però. –

- Giusto, mi ci vuole un altro drink però. – annuì la ragazza facendo segno al cameriere di riempire i bicchieri.

- Come sta Will? E’ tanto che non lo sento – disse dopo un po’ Nathalie.

I due ragazzi erano stati insieme molti anni prima. Avevano su per giù diciannove anni ed erano belli, giovani e spensierati. Poi, con i rispettivi impegni e lavori che prendevano tutto il loro tempo, avevano deciso di finirla lì ed erano rimasti amici.
Da quando avevano chiuso come coppia, si trovarono inaspettatamente ad essere perfettamente uniti e si volevano un bene dell’anima, un affetto diverso da quello che provavano l’uno per l’altra quando stavano insieme, il loro era un affetto fraterno.
Non si erano trovati come fidanzati, ma si scoprirono due ottimi amici.

- Sta bene. Lo sai com’è fatto è preso dai suoi sogni e da mille progetti… – rispose la mora gesticolando con una mano – Insomma, è sempre lo stesso. -

Il cameriere si avvicinò e servì nuovamente i due drink richiesti.

- Grazie. – dissero in coro le ragazze guardandolo andare via.

- A cosa brindiamo questa volta? – domandò Nic alzando il suo bicchiere.

- Agli amici, quelli veri. – rispose Nathalie guardandola dolcemente.

La mora annuì e fecero tintinnare i bicchieri.

Due giri dopo Nicole si ritrovò su un taxi mentre ancora rideva a crepapelle per una battuta di Nathalie che, ormai, aveva dimenticato.
 




 
 
Il lunedì successivo Nicole era davanti allo specchio e si stava osservando attentamente. Dopo essersi fatta la doccia aveva indossato un tubino grigio, molto semplice. Aveva infilato dei decolté neri, si mise intorno al collo un filo di perle e finì l’opera con un paio di orecchini abbinati. Si truccò appena gli occhi e si mise due gocce di profumo dietro le orecchie.
I segni della bravata di sabato sera erano passati. Un bel sonno aveva cancellato tutti i dolori post-sbornia che le ricordavano di quanto non fosse più abituata a fare la vita che faceva qualche anno prima.
Si diede un’ultima guardata, si lisciò il vestito nervosa e finalmente si decise ad uscire di casa.

Mentre scendeva dal taxi davanti alla lussuosa casa dei Leinghton a Primrose Hill, si strinse nel giubbotto. Ottobre ormai era arrivato e con sé aveva portato un vento gelido che faceva sembrare Londra in pieno inverno.

Venne accolta alla porta da Camila, la governatrice che da più di 10 anni lavorava per la sua famiglia e che era stata la figura più vicina ad una madre che Nic ebbe mai avuto. Lei era l’unica persona che rimpiangeva di aver lasciato in quella casa.
Era sempre uguale: i capelli castani, ormai rigati di grigio, erano legati in una crocchia stretta, il suo viso stanco e paffuto era accentuato ancora di più dalle rughe che le segnavano i lati della bocca.
Quando la vide gli occhi le si riempirono di lacrime.

- Salve signorina Nicole.- disse a voce alta per farsi sentire da Robert. Poi quando le fu vicina la prese e l’abbracciò con calore. - Non sai quanto mi sei mancata tesoro.
– le sussurrò piano per non farsi sentire.

- Anche tu Camila, tanto. – disse Nic ricacciando indietro le lacrime.

- Guarda come sei cresciuta! E come sei dimagrita! Ma stai mangiando? – le disse allarmata.

- Si, si. Stai tranquilla mangio anche troppo! –

La governante continuò a guardarla - Sei la fotocopia della tua povera madre, più cresci e più le assomigli. – le disse dolcemente.

Nicole abbassò lo sguardo. Tutti le dicevano sempre che assomigliava alla madre e tutte le volte era come una coltellata. Sapeva che era questo il motivo per cui suo padre non poteva guardarla. La ragazza, alta, mora, con la pelle sempre abbronzata e con due splendidi occhi azzurri, ricordava Elisabeth non sono fisicamente, ma anche nel modo di parlare, di gesticolare. Anche caratterialmente erano uguali: ribelli, testarde e dure come la pietra, ma anche dolci, solari, gentili e generose.
Ogni volta che alzava lo sguardo su di lei, Robert rivedeva la sua amata moglie che, nonostante fossero passati vent’anni dalla sua morte, amava ancora con tutto il cuore.
Charlotte invece di Elisabeth non aveva niente, lei era la classica Leinghton. Piccolina, ossuta, dalla pelle diafana e dai lisci capelli biondi. Sembrava il padre da giovane, soltanto al femminile.

- Vieni cara, la tua famiglia ti sta aspettando in sala da pranzo. – le disse Camila guidandola verso il corridoio illuminato.

Alla parola “famiglia” la ragazza fece una smorfia.
Famiglia? Quella di certo non era la sua famiglia.

La governante la rimproverò con lo sguardo e Nic si mise a ridere. Le sembrò di essere tornata indietro, quando passava i pomeriggi a piangere nel letto della sua camera, mentre Camila le accarezzava i capelli sussurrandole frasi carine, per farla stare meglio. Solo lei la capiva, solo lei la conosceva veramente bene e probabilmente fu solo per merito suo che non impazzì in quella gabbia fatta di oro e di ricchezza, di finta tranquillità.

Nicole ticchettò fino alla sala da pranzo dove trovò il padre, la sorella e il suo fidanzato Pierre.
Il ragazzo stava con Charlotte da quasi otto anni e lei non capiva proprio perché quel bel giovane si stava buttando via così. Era carino, affascinante e divertente, cosa ci faceva ancora con quella strega di sua sorella? Il ragazzo veniva da una buona famiglia francese, trasferitasi in Inghilterra quando lui aveva undici anni. Adesso aveva quasi del tutto perso il suo accento così raffinato ma fino a qualche anno fa, Nicole amava sentirlo parlare.
Quando vivevano ancora tutti sotto lo stesso tetto, Pierre passava tutti i giorni a casa loro, restava a pranzo e a cena e, mentre Robert e la sua adorata figlia parlavano di cose incomprensibili come economia e affari, Nic e Pierre ridevano e scherzavano tra di loro ed erano diventati ottimi amici.  Nelle feste organizzate dall’azienda dove tutti parlavano di business, i due ragazzi si divertivano nascondendosi nel giardino per bere rum come se fosse acqua.
Tra di loro c’era quella complicità che, purtroppo, il giovane non trovava con la composta Charlotte, che non poteva fare movimenti bruschi per paura di rovinarsi la manicure o rischiando di strappare i suoi preziosi vestiti.
Nicole invece non era così. Era avventurosa e divertente, amava le cose semplici e sorrideva sempre. Nonostante non fosse di classe come la sorella, era tremendamente sexy ma non se ne rendeva conto. Forse era proprio questo che la rendeva così affascinante. La sua bellezza stava proprio nel suo viso acqua e sapone, nei suoi vestiti sportivi ma sempre adatti all’occasione, nei suoi movimenti calmi e ben impostati, nel suo modo in cui parlava presa delle sue passioni.

Un giorno, poi, mentre stavano vedendo un film da soli nella sala da pranzo buia dei Leinghton, accadde l’impensabile.
Mentre Nic aveva infilato la mano nella ciotola dei popcorn, sfiorò per sbaglio le dita di Pierre con le sue. La ragazza imbarazzata le allontanò subito e finse di prestare attenzione alla pellicola. Poco dopo le loro mani si sfiorarono di nuovo ma stavolta Nicole non si tirò indietro. Il ragazzo si girò e la guardò negli occhi, le loro dita ancora intrecciate. Un attimo dopo si avvicinarono e si baciarono intensamente, sempre con più passione, accarezzandosi a vicenda. Si trovarono sdraiati sul divano e, illuminati dalla luce della televisione, fecero l’amore. Per Nic fu la sua prima volta.
Il giorno dopo Charlotte fu insospettita dai due ragazzi che, invece di scherzare e stare sempre insieme come al solito, si evitavano e cercavano di non ritrovarsi mai troppo vicini. La sorella, che di certo non era una stupida, intuì quello che era successo, e dal quel giorno fece attenzione a non lasciarli mai da soli.
Da quel momento in poi la spaccatura che si era creata tra Nicole e Charlotte non fece altro che peggiorare e diventò sempre più profonda.

- Ciao papà. – disse Nic sedendosi a tavola al suo solito posto.

- Buongiorno Nicole – le rispose freddo lui.

- Guarda un po’ chi si rivede… – disse la sorella facendole un segno di saluto con la testa.

- Charlotte – rispose lei nello stesso modo – Ciao Pierre –

- Ciao Nicole – disse lui abbassando lo sguardo ma, quando Charlotte si fu voltata, la guardò intensamente. La sua fidanzata non lo sapeva ma Pierre era ancora attratto da sua sorella e quello era il segreto che cercava di tener nascosto da anni. Era innamorato della sua fidanzata, questo si, ma in fondo sapeva che la ragazza ribelle e intraprendente le sarebbe rimasta sempre nel cuore.

Tutti quanti cominciarono a mangiare in silenzio, gli unici rumori erano quelli del prezioso servizio di posate che tintinnavano contro i piatti candidi e immacolati.

- Ti abbiamo fatto venire qui perché dobbiamo dirti una cosa, Nicole – disse Charlotte gelida guardando la sorella.

- Sono tutta orecchie. – rispose lei reggendo il suo sguardo.

- Venerdì prossimo ci sarà una festa della Leinghton Inc. – disse la sorella maggiore mentre fissava il piatto che aveva davanti – Abbiamo firmato un contratto
importante e ci saranno molte persone famose che verranno da tutta l’Inghilterra e dagli Stati Uniti e papà vuole che ci sia tutta la famiglia al completo.-

- Ah, – rispose Nic con finta leggerezza – mi fa piacere sapere che ora vengo contata anch’ io nella famiglia. Quando ci sono questi eventi e dobbiamo fare la scenetta della famigliola perfetta allora salta fuori che sono anche io una figlia di Robert Leinghton. Bene. -

- Ma come ti permetti – disse Charlotte furiosa – come ti perme..-

- Io mi permetto. – la interruppe Nicole – Mi permetto perché io qui dentro non ho mai contato nulla. Non mi avete mai trattato come una di famiglia, ma come un’estranea. E ora mi venite a dire che dovrei fingere che tutto vada bene davanti a mezza Hollywood? -

- Ah si, ti abbiamo emarginata? Ti ricordo che tutto quello che hai ti appartiene solo grazie alla nostra famiglia! –

- No Charlotte, è qui che ti sbagli. Tu hai avuto tutto grazie ai soldi di papà. Io no. Quello che ho me lo sono sudato, l’ho difeso con le unghie e con i denti e se devo ringraziare qualcuno, quel qualcuno sono io! TU sei nella società di papà grazie al nome che porti, TU hai una laurea grazie all’iscrizione all’università che papà ti ha pagato, TU viaggi per il mondo grazie ai soldi che papà ti da’ tutti i mesi, non io. –

Charlotte la fissava come se le avesse appena tirato un secchio d’acqua gelata in faccia.
- Non ti permetto di parlarmi così. -
replicò fredda la sorella - Se sono nell’azienda vuol dire che me lo merito. Io, al contrario tuo, ci tengo a mandare avanti l’industria che da anni porta il nome della nostra famiglia, che ci ha permesso di vivere in questa casa, e che ci ha permesso di vivere senza mai un problema economico. –

- No, no Charl, – disse chiamandola con il nome con cui l’aveva soprannominata quando erano bambine – sbagli di nuovo. Io non sono nell’azienda di famiglia non perché voglio rinnegare il mio nome, ma semplicemente perché io non sono mai stata parte della famiglia, ero semplicemente una coinquilina. Una persona con cui avete condiviso la casa per diciotto anni, niente di più. Ed ora perché dovrei preoccuparmi della Leinghton Inc.? Spiegamelo tu perché io non riesco  a capirlo. –

Pierre, che aveva seguito la scena restando in silenzio, guardò Nicole ammirato. Nessuno era mai riuscito ad azzittire così Charlotte, lui compreso.

- Una coinquilina? Una persona con cui abbiamo condiviso la casa per diciotto anni? Ma come puoi dire delle cose del genere. -

- Sai benissimo che da quando è morta la mamma… -

- Nicole, vieni a quella maledetta festa e finiamo qui il discorso. Che tu lo voglia o no sei una Leinghton e venerdì tutta la famiglia andrà a quel party. Punto. – la interruppe Robert con un tono che non ammetteva repliche. Aveva continuato a mangiare il suo tacchino al forno ignorando la discussione tra le figlie per tutto il tempo, ma quando ebbe capito che il discorso si stava spostando verso sua moglie, come al solito, chiuse subito il discorso.

La ragazza addentò una forchettata di fagiolini e rispose – D’accordo, verrò. Volete che finga che va tutto bene? Che siamo la famiglia perfetta? Lo farò. Ma quando mi guarderete fingere di essere una di voi, non potrete prendervela con nessuno tranne che con voi stessi. L’unica cosa che la famiglia mi ha dato è il cognome, e lo sapete bene, non fingete che non sia così. –

Nic sapeva di essere stata dura, ma non gli importava di averli offesi. Loro neanche s’immaginavano quante volte era stata lei quella ferita.
Finì di pranzare e si alzò da tavola.

- Ci vediamo venerdì sera allora – disse e, dopo aver atteso una risposta o un saluto che non arrivò, lasciò la camera da pranzo mettendosi quasi a correre.

Camila le venne incontro la abbracciò forte e le sussurro - Sei perfetta così come sei, - le sussurrò dolcemente - sono loro che non se ne rendono conto. –
Nicole sorrise velocemente e lasciò piangendo la casa.
 
 




 
Dopo il pranzo in famiglia Nic tornò in negozio. Nathalie era stata di parola e quando entrò nella sua attività la trovò dietro il bancone. Si sfogò con lei e le raccontò della discussione. Lei la ascoltò senza dire una parola e quando ebbe finito l’abbracciò e la consolò, poi la salutò e se ne andò per tornare al ristorante.
Verso le 18.00 come ciliegina sulla torta di quella giornata da dimenticare, Nic venne interrotta dalla lettura del suo quotidiano preferito. Non si era accorta che era entrato un cliente.

- Mi scusi non l’avevo sent…Bloom.- disse mentre usciva dal magazzino – Cosa ci fai qui? –

- E’ un piacere anche per me vederti, socia – disse Orlando sarcastico.

- Ti avevo detto che mi sarei fatta viva io. – disse fredda.

- Già, ma è passata una settimana e ancora non lo hai fatto! –

- Bloom, non puoi pretendere che faccia gli schizzi di un’intera collezione in una sola settimana! – disse lei esasperata. “Si vede proprio che è abituato ad avere tutto e subito”  pensò.

- No ma perlomeno potevi farmi vedere quello che avevi idea di fare, spiegarmi un po’ come intendevi realizzare la collezione. –

- Ma chi me l’ha fatto fare a mettermi in affari con te? – disse più a se stessa che a lui

– Avanti, vieni nel retro, ti faccio vedere le prime bozze ma ti avverto: questa sarà la prima e l’ultima volta. Odio la gente che mi sta con il fiato sul collo. Quando sarò pronta ti farò vedere io il lavoro che voglio produrre. Intesi? –

- D’accordo. – disse Orlando passando dietro al bancone ed entrando nel magazzino.

Orlando Bloom nel magazzino del mio negozio” pensò Nic “chi l’avrebbe mai detto?”.

Accese il computer, aprì il programma che usava per creare degli schizzi per l’intimo che disegnava e gli fece vedere le prime bozze. Slip, boxer e pigiami tutti di colore bordeaux, verde militare grigio e blu navy. Ogni capo aveva in basso all’angolo tre lettere nere in corsivo: OBD. Mentre scorreva la galleria delle immagini per farle vedere al ragazzo gli spiegava come era arrivata a fare quelle scelte.

- Ho pensato alla OB Diamond Collection come una collezione fresca e giovanile, ma allo stesso tempo virile e forte. Ho scelto questi colori perché non volevo fare il solito intimo maschile nero e bianco, ma volevo dare alla linea un po’ di vivacità rimanendo allo stesso tempo nello stile classico e sobrio. Le cuciture le ho messe in evidenza in modo da dare al capo una forma ben precisa. Vedi qui? Questo punto l’ho fatto apposta in modo che… -

Orlando dovette ammettere che Nic ci sapeva fare. Spiegava le cose con enfasi e con passione, credeva davvero in quello che diceva. Era una ragazza che sapeva perfettamente quello che voleva e come lo voleva e il risultato era davvero strabiliante. Era questo che rendeva Nicole così affascinante: la sua sicurezza e la sua determinatezza. Era dannatamente sexy, ma non lo avrebbe mai detto ad alta voce.

- Mi stai ascoltando? – disse Nicole facendolo tornare alla realtà.

- Si, stavo pensando a una cosa. Pigiami? Pigiami da uomo? Nessun uomo indossa pigiami a letto, io non lo faccio! Tutti gli uomini dormono in mutande. – disse poi ridendo.

- Già ma tu non sei “tutti gli uomini”. – disse Nicole mimando le virgolette – Il mondo non gira intorno a te, Bloom! –

- Il mio mondo gira tutto intorno a me! – disse provocandola, ma lei fece finta di non sentire. – Ad ogni modo, credo che possa andare. Lo stile non è niente di che, è molto semplice, anche i colori sono passabili. Ma d’altronde a noi uomini piace la semplicità, al contrario di voi donne! – continuò Orlando prendendo un perizoma fucsia di pizzo da uno scatolone con su scritto “ESTATE 2004” e mostrandoglielo per sottolineare quello che aveva appena detto. – Noi non saremo mai capaci di indossare una cosa così scomoda con tutti questi fronzoli sapendo che sarà nascosta tutto il giorno sotto i pantaloni. -

La ragazza gli strappò di mano il perizoma e lo rimise nello scatolone. Ma come si permetteva di mettere le mani nel suo magazzino?

“-Credo che possa andare. Lo stile non è niente di che, è molto semplice, anche i colori sono standard. Ma d’altronde a noi uomini piace la semplicità –”  
Veniva nel suo negozio e criticava le cose che lei aveva fatto con superiorità? Al diavolo!

Con il viso contratto dalla rabbia gli mise un dito sul petto e sbottò – Ma chi ti credi di essere? Non mi sbagliavo su di te, mr. Pallone Gonfiato! Sei un presuntuoso viziato del cazzo! Tornatene nel tuo mondo dove tutti sbavano dietro di te e lasciami lavorare. Quando avrò finito ti farò vedere il lavoro, e se non ti piacerà pagherò la penale e mi tirerò indietro dall’incarico ma fino a quel giorno tieni il tuo culo fuori da qui! Chiaro? –

Orlando, ora più arrabbiato che mai, scansò via con forza il dito della ragazza e rispose - Io sarò anche un presuntuoso viziato del cazzo, ma tu sei la più nevrotica, lunatica e pazza donna che abbia mai conosciuto! –

- Ah si? Sarei io quella lunatica e nevrotica? Questa è buona! Apri gli occhi Bloom e scendi dal piedistallo. Non bastava la giornata che ho avuto, ci mancavi solo tu! –

- Quella che sta sul piedistallo sei tu, mia cara. Tratti tutti con superiorità come se davvero ti sentissi una prima donna. Ma smettila di puntare il dito contro la gente! -

Detto questo spostò sgarbatamente Nicole da davanti a lui e uscì di fretta dal negozio.

Fa la dura” pensò mentre camminava a passo sostenuto sul marciapiede “ma ha trovato pane per i suoi denti. Mia cara Nicole Leinghton farò cadere molto presto il suo muro di pietra, fosse l’ultima cosa che faccio.”

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***



Grazie a tutte le persone che leggono la mia FF, anche a quelle che non recensiscono!!
Spero che anche questo capitolo vi piaccia.
Un bacio!!!


CAPITOLO 4


Londra, 3 ottobre 2005

Dopo la sfuriata con Orlando di quasi una settimana prima, la ragazza non lo aveva più sentito. Si era comportata male ed aveva esagerato, lo sapeva bene, ma quando si parlava di Orlando Bloom ogni minima cosa la faceva arrabbiare e non poteva fare a meno di inveirgli contro.

Per il resto della settimana aveva lavorato sodo: aveva passato dalla mattina fino a notte fonda in negozio a servire clienti, fare le ordinazioni della merce che stava terminando, sistemando quella che era appena arrivata e, dopo l’orario di chiusura, rimaneva in magazzino a disegnare la nuova linea fino a notte inoltrata.

Arrivò al fatidico venerdì della festa della Leinghton Inc. più stanca che mai e si sforzò di tenere gli occhi aperti.
Il peso della settimana di duro lavoro si poteva notare benissimo dalle occhiaie e dal colore spento della sua carnagione. Provò a salvare il salvabile con del fondotinta e del correttore e, una volta completato l’opera, poteva ritenersi soddisfatta se si paragonava alla sua immagine da struccata.
Indossava un lungo abito bianco stile impero che scendeva giù morbido fino ai piedi accarezzandole le curve. Sotto il seno aveva una cinta dorata che si intonava con le scarpe nuove, anch’esse dorate, e alla pochette. Si raccolse i capelli in uno chignon tirato, si mise un po’ di rossetto rosso, definì le ciglia con il rimmel e aspettò che la limousine, prenotata con insistenza dalla sorella, la venisse a prendere.

Tutti i giornali parlavano di questa festa come una dei più importanti eventi dell’inverno. Alla festa avrebbero partecipato molte personalità importanti del mondo dello spettacolo, e i paparazzi erano appostati con le loro macchine fotografiche all’entrata del locale, aspettando di immortalare gli ospiti uno per uno. Suo padre aveva fatto un bel colpo, doveva ammetterlo.
 


La limousine svoltò a destra e si fermò a Piccadilly Circus, il locale aveva l’entrata principale sulla famosa piazza londinese. Quando scese dalla macchina per dirigersi verso l’entrata fu invasa da decine di flash che arrivavano da ogni direzione. Quando i paparazzi capirono che con era nessuno di particolarmente famoso la lasciarono stare, concentrandosi su un’altra donna fasciata da uno sfarzoso vestito che era appena arrivata.
Nicole si guardò intorno alla ricerca di qualche volto amico tra le dozzine di invitati che si apprestavano ad entrare nella sala quando Charlotte avvicinarsi nel suo lungo abito nero.
Nero e Bianco. Bionda e Mora. Pelle diafana e carnagione sempre abbronzata. Bassa e Alta. Non potevano essere più diverse.

La sorella la prese sottobraccio e le bisbigliò all’orecchio – Lo so che è difficile per te quanto per me, ma facciamo finta che vada tutto bene. Non farlo né per me né per papà. Fallo per l’azienda e per tutto il lavoro che è costato alla nostra famiglia per farla diventare quello che è ora. –

Era il discorso più lungo che aveva sentito rivolgerle da molto tempo. Nicole annuì e le sorrise come se le avesse detto qualcosa di divertente.
Le mise un braccio attorno alla vita sottile e si girò verso i fotografi che capirono all’istante di aver davanti a loro le sorelle Leinghton in posa e cominciarono a scattare centinaia di foto.
Nic e Charlotte sorridevano ad ogni angolazione e ogni tanto si voltavano per scambiarsi dei sorrisi di finta intesa. Dopo qualche minuto si voltarono ed entrarono nel locale camminando armoniosamente sui loro tacchi alti.
Una volta dentro si staccarono dall’abbraccio a disagio e presero a camminare in due direzioni opposte. Charlotte andò verso Pierre che la salutò con un cenno e Nicole andò verso il banco degli alcolici.
Le due sorelle una da una parte e una dall’altra, tutto era tornato alla normalità.

Mezz’ora più tardi e ne stava seduta a sorseggiare il suo Cosmopolitan guardandosi intorno cercando di riconoscere qualche volto. Vide in un angolo gli attori di una delle serie più in voga tra i teenager americani: The O.C. Riconobbe Ben Mckanzie, Mischa Barton, Rachel Bilson e Adam Brody che ridevano tra di loro. Poco più in là riconobbe Justin Timberlake che era avvinghiato ad una giovane ragazza incredibilmente alta, probabilmente era una modella. Dall’altro lato della sala vide Johnny Depp con la sua compagna Vanessa Paradis mentre parlava con Sandra Bullock ed un altro uomo che Nicole non riconobbe.

Stava ancora guardando in giro per la sala quando sentì una voce familiare dietro di se.

- Non ci credo. Ti devo incontrare anche alle feste ora? –

Si voltò e si trovò davanti ad Orlando Bloom.

- Bloom – disse sorpresa – cosa ci fai qui? –

Possibile che nell’ultimo mese ho  pronunciato sempre più spesso questa frase?” pensò Nic.

Orlando sorrise e quasi avendole letto nel pensiero disse – Mi sembra che tu ultimamente non sappia dire altro. –

- Forse perché non ho niente altro da dirti! – rispose sentendo quella familiare ondata di rabbia che provava tutte le volte che si sentiva stuzzicata da Orlando.

- Spinosa come al solito eh? – disse con un ghigno – Comunque sono qui perché l’azienda che ha dato questa festa ha curato la produzione del film di Marton Csokas, e si da il caso che sia anche un mio amico. Così visto che si tratterrà per poco tempo a Londra mi ha invitato a questa festa. E tu cosa ci fai qui? –

- Secondo te? – domandò scettica Nic.

Orlando parve non capire.

- Mio padre da una festa del genere e io dovrei mancarvi? – disse Nicole scettica.

- Tuo... Robert Leinghton è tuo padre? – domandò Orlando sconcertato.

Appena ebbe pronunciato quella frase si sentì un idiota. Nicole Leinghton. Robert Leinghton.

Possibile che non ci aveva pensato prima?

- Mi stai prendendo in giro o cosa? – disse Nic voltandosi di scatto.

- No, non lo sapevo. Sul serio. Non ci ero arrivato. –

- Chissà perché ma la cosa non mi stupisce affatto. – esclamò ridendo sarcastica.

- Non sei divertente, per niente. – la rimproverò serio e poi pensò ad alta voce - Sono in affari con la figlia di Robert Leinghton, wow! –

 - Strabiliante vero? – disse canzonatoria.

Eravamo alle solite. Ora non sarebbe stata più Nic, ma Nicole Leinghton, era un classico.

- Ti va di ballare? – le chiese Orlando dopo un po’ rompendo il silenzio.

Le stava chiedendo di ballare? Davvero?

- Lo stai chiedendo a Nicole o alla figlia di Robert Leinghton? –

- Dipende… Chi delle due ha voglia di ballare? – rispose lui sorridendo.

La ragazza sorrise anche lei e afferrò la mano che l’attore le stava porgendo.

Poco dopo si ritrovò a ballare abbracciata alla persona più odiosa ma allo stesso tempo più affascinante che conoscesse.

Si potevano provare tutte queste emozioni per un solo individuo?

 Mentre giravano in cerchio Nic inspirò il suo profumo. Odorava di pulito e di dopobarba. Sentire il suo corpo caldo che l’avvolgeva le provocò un brivido, era la prima volta che ri ritrovavano così vicini.

- Posso chiederti una cosa? – le disse lui con le labbra vicine al suo orecchio.

Quando sentì il suo alito sulla base del collo, lo stomaco della ragazza si contorse, ma lei non si scompose.

– Dimmi pure –

- Perché lavori in un negozio di intimo e conduci una vita di una persona normale quando la tua famiglia è milionaria? –

Nicole non seppe come replicare. Come rispondere alla domanda senza dare troppe informazioni ad uno sconosciuto sulla sua vita privata?

- Mi comporto una persona normale, perché sono una persona normale, Bloom – disse pensando di aver chiuso la questione – Ti sembro per caso un alieno? -

Ma Orlando era duro a cedere.

- Dai, hai capito quello che intendevo – insistette l’attore alzando le sopracciglia.

- Perché il mio cognome pesa. – disse con un sospiro.

Sarebbe bastato ad archiviare l’argomento? Ovviamente no.

- E perché mai? – Continuò Orlando.

Ma cosa voleva? Tutto d’un tratto voleva conoscerla?

- Perché vuoi saperlo? – domandò a sua volta guardinga.

Orlando si irrigidì –  Così, stavo solo domandando. Perché tutte le volte che provo a parlare con te, tu ti chiudi a riccio e pungi chiunque ti si avvicina? –

- Perché forse non voglio raccontare fatti privati al primo che incontro?! – rispose lei acida.

L’attore esitò. – D’accordo, – disse ad un tratto – forse sono andato troppo sul personale. Posso cambiare domanda? –

Nicole si rilassò e annuì.

- Perché un negozio d’intimo? –

– Non lo so, perché mi piaceva. E tu come mai hai scelto di fare l’attore? –

- Non lo so, perché mi piaceva. – disse staccandosi un po’ per sorriderle.

Nic non poté fare a meno di sorridergli di rimando.

- Perché sei tornato a Londra? – chiese Nicole dopo un po’.

Per la seconda volta la ragazza sentì il corpo di Orlando irrigidirsi contro il suo.

- Diciamo che io voglio rispondere a questa domanda quanto vuoi tu rispondere al perché odi il tuo cognome. – disse dopo averci pensato.

- D’accordo. Posso cambiare domanda? – chiese imitandolo.

Orlando rise ed annuì.

- Quanto ti fermerai? –

- Ancora tre settimane, poi devo tornare a Los Angeles. Ritornerò per il servizio ma non so quanto mi fermerò. Ecco perché sono passato in negozio l’altro giorno, non volevo metterti fretta ma ho davvero poco tempo per restare a Londra. –

Nic si sentì una stronza per averlo attaccato ora che sapeva il motivo per cui era venuto a farle visita e decise che in qualche modo doveva farsi perdonare.

- Allora sono felice di dirti che ho quasi finito. Questa settimana ci ho lavorato tutte le notti e credo che martedì posso mostrarti finalmente la collezione completa. Credi di potercela fare a passare in negozio nel pomeriggio? – chiese cercando di essere gentile.

- Si. Non credo di aver nulla da fare martedì. – disse Orlando con noncuranza.

Ora tocca a te stare sulle spine mia cara”  pensò tra sé.

- Va bene. Vedrai ti piaceranno. – continuò lei tranquilla.

La canzone finì.
Non sapevano quanto fossero stati lì a ballare abbracciati ma quando si staccarono Nicole provò una strana sensazione. Mancanza? Tristezza? Possibile che Nicole voleva stare ancora tra le sue braccia?

- Devo tornare dai miei amici, o si chiederanno che fine abbia fatto – disse indicando con il pollice dietro le spalle.

- Ah, si certo. Devo andare anche io. – disse a disagio.

Andare da chi? Nessuno la stava aspettando in quella sala.

- Allora ci vediamo martedì pomeriggio. – disse lui per congedarsi.

-Si, va bene – rispose Nicole a disagio.

Detto questo si voltò e si rimise seduta al bancone ordinando un altro drink.

 Si sentiva stranamente debole senza il contatto con il suo petto. Desiderava ancora poter ballare abbracciata a lui e poter sentire di nuovo il suo profumo che le inebriava il naso.

Ma no, era ancora il rimorso a parlare. Aveva capito di essere stata una stronza ed ora voleva farsi perdonare. Si, doveva essere così.
 

 

Non sapeva, però, che Orlando in quel preciso momento mentre fingeva di essere interessato ad una storiella divertente di Elijah, suo amico e collega, stava provando la sua stessa sensazione.

 

Nicole poco dopo notò un bel ragazzo che si era seduto affianco a lei. Si girò a guardarlo e sentendosi osservato, anche lui si girò nella sua direzione.
Nic gli sorrise e tornò a prestare attenzione al suo drink.

- Fammi indovinare. – le disse lui squadrandola – Fisico statuario, 1.80 circa, bellissimi occhi azzurri. Sei una modella vero? –

La ragazza si mise a ridere e rispose – No mi dispiace, non sono una modella. –

- Ah, peccato. Avresti tutti i requisiti per farlo! –

- Fammi indovinare – disse imitandolo e squadrandolo a sua volta – Bella presenza, bel fisico e un bugiardo niente male. Sei un attore vero? –

- Indovinato. – disse ridendo – Ma comunque prima non ho detto una bugia! Comunque piacere mi chiamo Jake. Jake Gyllenhaal. –

- Piacere mio. Mi chiamo Nicole – disse stringendo la mano che il ragazzo le aveva allungato.

- Nicole...? – disse alzando un sopracciglio.

- Nicole e basta. – disse sorridendo. Era troppo presto per i cognomi.

Jake Gyllenhaal. Lo aveva già visto da qualche parte. Forse in tv? Al cinema?

- Allora Nicole e basta, – disse lui ammiccando – se non sei una modella, cosa fai? –

- Non sono nel mondo dello spettacolo. Sono una libera professionista. –

- E come ci è finita una libera professionista ad una festa del genere? – chiese lui bevendo un sorso del suo drink.

Nic per la prima volta notò uno strano accento, sicuramente americano.

- Diciamo che ho buoni agganci. – disse guardandolo.

I suoi profondi occhi azzurri la scrutarono.

- Non sei inglese vero? – chiese la ragazza

- No, si sente? – disse sorridendo.

- Si. Stati Uniti? –

- California. – disse annuendo – Precisamente Los Angeles. –

Un altro? Ultimamente doveva essere diventata una calamita attira-californiani sexy e affascinanti.

Rimasero a chiacchierare per un’ora. Jake le disse dei nomi di alcuni film a cui aveva lavorato e le parlò del suo mestiere in generale.
Scoprì di averlo visto nel film  I segreti di Brokeback Mountail  , pellicola per il quale era stato anche candidato all’oscar.
Nic venne a sapere che si era lasciato da poco con una certa Kirsten, anche lei attrice, e che ora era single. Quest’ultima notizia la rese particolarmente felice.

Per tutto il tempo Nicole non fece altro che flirtare con lui, ridendo alle sue battute e mordendosi il labbro di tanto in tanto. Anche se si sentiva un po’ oca e un po’ impacciata, fece colpo lo stesso e il bell’attore non fece molto per nasconderlo. La ragazza si sentiva molto attratta da quei due occhi blu che spiccavano grazie alla camicia nera che indossava e dalle sue labbra carnose, rese ancora più sexy da quel piccolo neo che si intravedeva vicino al labbro superiore.

Dopo un po’ Nic guardò l’orologio e annunciò che sarebbe uscita a prendere un taxi. Jake propose di accompagnarla e insieme uscirono sul marciapiede.

Nicole fermò una macchina e si girò per salutare il ragazzo da poco conosciuto.

- E’ stato un piacere conoscerti – disse sorridendo Nicole.

- Anche per me. – rispose Jake – Potrò incontrarti di nuovo? –

- Chissà, magari un giorno ci rincontreremo. – disse guardandolo provando a fare un vago tentativo di essere misteriosa.

Subito dopo aver detto quella frase scoppiò a ridere imbarazzata.

- Questo è un modo carino per dirmi che non vuoi lasciarmi il tuo numero di telefono? – domandò l’attore sorridendo gentilmente.

- No, questo è un modo carino per dirti che, si mi piacerebbe lasciarti il mio numero di telefono, ma viviamo in due città diverse, in due continenti diversi, con un fuso orario diverso. Quindi non sarebbe una cosa fattibile, purtroppo. –

- Hai ragione – disse facendo una smorfia – è un vero peccato. –

- Già, te l’avrei lasciato molto volentieri il mio numero. -

L’attore la prese per le spalle e la tirò a se. Nicole gli strinse le braccia intorno alla vita e avvicinò le labbra alle sue. I due ragazzi si scambiarono un semplice e casto bacio.

Quando si staccarono Jake disse – Allora buonanotte Nicole, spero di rivederti presto. –

- Buonanotte Jake. – gli sorrise per l’ultima volta e salì sul taxi, salutandolo dal finestrino.

Curioso, pensò la ragazza mentre osservava le luci della notte scorrere veloci fuori dal vetro, per tutto il tempo che aveva passato con Jake non aveva pensato neanche un attimo ad Orlando.

 

- Jake – disse un uomo uscendo dalla porta.

- Orlando! – disse voltandosi verso di lui – Non sapevo ci fossi anche tu stasera! -

- Come stai? – rispose dandogli una pacca sulla spalla.

Era geloso, lo doveva ammettere.
Quando aveva visto Nicole flirtare con quel bell’imbusto appoggiata bancone e poi dirigersi verso l’uscita con lui, con la scusa di avere voglia di una sigaretta, li aveva seguiti. Proprio mentre stava uscendo dalla porta li aveva visti baciarsi e, un attimo dopo, Nicole era andava via a bordo di un taxi.

- Benone, tu? – ribatté l’attore sorridendo.

- Bene. – rispose cordialmente – Ho visto che hai conosciuto Nicole Leinghton. –

Jake rimase interdetto.

- Leinghton? – esclamò sbarrando gli occhi.

- Si, non sapevi che è la figlia di Robert? –

- No, non ha voluto dirmi il suo cognome. – disse l’attore sovrappensiero.

Orlando era colpito. Cosa aveva da nascondere quella ragazza sulla sua famiglia?

Il modo in cui aveva sviato prima la sua domanda l’aveva incuriosito. Aveva sentito il suo corpo irrigidirsi, e aveva cominciato a mordersi il labbro, cosa che faceva sempre quando era nervosa.

- Probabilmente avrà avuto i suoi buoni motivi – disse Orlando tornando a guardare Jake.

- Probabilmente. – annuì lui ancora con la testa altrove.

- Comunque, un consiglio da uomo a uomo: lasciala stare a quella! –

- Perché? Non mi era sembrata così male. –

- Fidati di me, amico. – gli disse Orlando mettendogli una mano sulla spalla per guidarlo di nuovo all’interno della sala – Entriamo, ti spiego dentro. -

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Come al solito ringrazio chiunque sia arrivato a questo capitolo! Grazie davvero, sono veramente ONORATA! :D
La storia continua ad evolversi... Come? Basta solo leggere!!
Bando alle ciance allora, buona lettura!!!!! :)



 

CAPITOLO 5


Londra, 6 ottobre 2005


Il lunedì arrivò in fretta. Troppo in fretta.

Stranamente in quei giorni non pensò quasi per niente a Jake. Forse perché sapeva che non avrebbe mai funzionato o forse perché non aveva avuto neanche il tempo di farci un pensierino. Fatto sta che conservò il ricordo nella sua memoria e sapeva che tutte le volte che lo avesse visto il tv o al cinema, lo avrebbe ricordato con un sorriso, in fondo non era mica da tutte baciare Jake Gyllenhaal.

La bella notizia era che Alice finalmente si era rimessa e sarebbe tornata a lavoro. Questo la aiutò ad affrontare meglio una settimana che sarebbe stata molto movimentata.
Quando arrivò in negozio con il suo frappuccino di Starbucks in mano, infatti, la trovò dietro al bancone più in forma che mai. Le due chiacchierarono per qualche minuto e la commessa fu aggiornata delle ultime novità del negozio. Continuarono a parlare fino a quando Nic andò dietro al magazzino per finire gli ultimi disegni della OB Diamond Collection. Per fortuna, avendo Alice che si occupava dei clienti, poteva dedicarsi interamente al progetto e il giorno dopo avrebbe potuto mostrarlo ad Orlando. 

Mentre lavorava su un paio di slip il cellulare squillò.

- Orso! – rispose Nic appena vide il nome sul display.

- Nic! - le rispose l’amico sorpreso - Ma non posso lasciarti un attimo da sola che mi appari su tutti i giornali nazionali? –

Per poco non le venne un colpo.
Giornali nazionali? Ah si, le foto con Charlotte la sera della festa.

- Mia sorella mi ha obbligato a posare con lei davanti ai paparazzi. – replicò la giovane alzando gli occhi al cielo – Dovevi vederla come si atteggiava davanti a… -

- Si ma non sto parlando della foto con tua sorella. – la interruppe Will tagliando corto -Non lo hai ancora letto il giornale oggi? –

- No – disse Nic allarmata – Se non è quella, di che foto stai parlando? –

- Prendi il giornale e vai a pagina otto. –

Nicole si alzò e cominciò a armeggiare con la borsa finchè non trovò la copia del “The Sun” ancora immacolata. L’aprì e sfogliò le pagine fino ad arrivare alla numero otto.

Il titolo diceva a caratteri cubitali “La serata dei Leinghton”.  In basso c’erano quattro foto. La prima raffigurava Nicole, Charlotte e il padre mentre applaudivano il discorso di Jhonny Depp, uno degli invitati della festa. I fotografi che erano riusciti a fotografarli tutti insieme dovevano ritenersi fortunati visto che le occasioni per trovarli tutti e tre nella stessa stanza erano molto rare, figuriamoci in pubblico.
Nella seconda c’erano Nicole e Charlotte in posa all’entrata del locale. Nell’inquadratura le due sorelle si guardavano mentre ridevano per qualcosa che si erano appena dette. Naturalmente faceva tutto parte del copione della “famiglia perfetta” in cui Nicole era stata obbligata a partecipare.
Più in basso c’era un altro titolo con scritto “Le sorelle Leinghton felicemente accoppiate”.
Quella a destra ritraeva Charlotte e Pierre che stavano seduti sui divanetti abbracciati mentre sorseggiavano un drink. Nella foto a sinistra, con grande orrore di Nic, c’erano lei e Orlando mentre ballavano un lento. La foto era stata scattata mentre Orlando le stava sorridendo mentre le sussurrava qualcosa all’orecchio.

Nicole, ancora in piedi con i cellulare in bilico tra spalla e orecchio e il giornale aperto davanti a lei, sbarrò gli occhi e lesse il piccolo paragrafo sotto l’ultima foto.

Nella fotografia di destra sono raffigurati Pierre Jacqueline e Charlotte Leinghton in un momento di affetto della coppia che ormai è legata da otto anni. Lui è un giovane avvocato di origini francesi; lei lavora invece con il padre nell’azienda di famiglia. Fonti vicino ai due fidanzati dichiarano che il matrimonio sia già fissato da tempo e che i due aspettino solo il momento giusto per annunciarlo alla famiglia.
Nella fotografia di sinistra, invece, sono stati immortalati Nicole Leinghton e Orlando Bloom. La secondogenita di Robert Leinghton ha un’attività propria nel centro di Londra, mentre il bel giovanotto con cui sta ballando è un noto attore di Hollywood famoso per aver interpretato film come Pirati dei Caraibi – La maledizione della prima luna e Il Signore degli Anelli. Che stia nascendo una storia tra i due? Dal sorriso malizioso di lui, si direbbe proprio di si.”


Nicole rimase a fissare la sua immagine abbracciata ad Orlando.

- Nic ci sei ancora? – chiese Will dall’altro capo del telefono. Si era dimenticata che l’amico stava aspettando che lei dicesse qualcosa.

-Si…si ci sono – rispose ancora spaesata – Questi idioti… non sanno a cosa attaccarsi per avere dei stupidi scoop e proprio da me dovevano venire! -

“Che stia nascendo una storia tra i due?”  Scacciò subito quel pensiero.

- Dai non è la fine del mondo! – esclamò l’amico - Chiama Orlando e vedrai che si sistemerà tutto. Ora devo andare, mi stanno aspettando in redazione. Ci sentiamo dopo. -

Nic chiuse la chiamata e vide che le era arrivato un messaggio. Era di Nathalie.

Menomale che non lo sopportavi, bella mossa, non ho mai approvato così tanto una tua nuova conquista. Devo ritenermi fortunata ad essere l’amica di una che si ritrova la sua foto su un quotidiano nazionale! P.s: sei proprio fotogenica! Ti voglio bene. Nat.”

Nicole le riscrisse subito.

Orlando ed io non stiamo insieme. Sono nella merda. Mi vergogno anche solo a farmi vedere in negozio. Ti voglio bene anch’io. Nic.”

Forse era un po’ malinconico, ma rendeva bene l’idea di come si sentisse in quel momento.

Si rimise dietro la scrivania e ricominciò a lavorare. Così, almeno, si sarebbe distratta.
 



Il giorno dopo stava aspettando Orlando appoggiata al bancone. Non voleva che ci fosse anche Alice perché voleva poter parlare tranquillamente, così le aveva dato mezza giornata libera.
Erano le 17.00 e di Orlando neanche l’ombra. Ma in fondo cosa si poteva aspettare da un pallone gonfiato del genere? Che fosse in orario che tutti gli esseri umani?  

 La porta si aprì e vide entrare l’attore con un cappuccio in testa e gli occhiali da sole nonostante il brutto tempo.

- Bloom, finalmente! - disse con un tono tra lo scherzoso e il serio - Lo sai che non è carino fare aspettare le signore? –

- Dovevo essere sicuro che nessuno mi seguisse. Sai dopo l’articolo…- rispose lui  a disagio

- Si, hai ragione. Bella seccatura eh? –

Orlando alzò le spalle – Io ci sono abituato. Mi dispiace che abbiano tirato in ballo anche te. In più tutta questa pubblicità per la collezione non è un bene. Ora la gente sa che ci conosciamo, quindi l’effetto sorpresa è bruciato. –

Nic ci pensò su – Io credo di no invece. Ora la gente sa che ci conosciamo, ma non sa ancora nulla della linea. Anzi, questa cosa accrescerà la curiosità quando lanceremo la collezione. -

- Potresti anche avere ragione, ma non possiamo ancora saperlo. – chiuse il discorso levandosi gli occhiali e il giubbotto con fare sexy.

La ragazza non poté fare a meno di notare il suo fascino.

- Allora sei pronta per farmi vedere il lavoro finito? – domandò Orlando con un sorriso.

- Si. Vieni, – disse ritornando al presente e facendogli strada – manca solo la tua approvazione poi invierò l’ordine alla fabbrica di produzione. –

- Veramente io avevo in mente un'altra cosa. Che ne dici se stasera andiamo a cena fuori tu, io, Brad e Will? Così facciamo vedere il progetto a tutti quanti un'unica volta. –

Nicole fu presa in contropiede. – D’accordo, ma non so se Will ha già impegni per stasera. Insomma sono già le sei magari ha… -

- Ho già chiamato William ed ha detto che è libero, e anche Brad. Anzi, probabilmente stanno già in macchina per andare al ristorante. – ribatté sorridendo
furbamente.

- Quindi ero l’unica a non saperlo. E se io fossi stata impegnata stasera? – chiese Nic scocciata.

- Ma per fortuna sei libera no? Su dai prendi tutto quello che ti serve per farci vedere il tuo lavoro. – disse Orlando sbrigativo.
 
 

Dopo quasi tre settimane dalla firma del contratto si ritrovarono di nuovo nello stesso ristorante. In poco meno di venti giorni passarono dalle basi di un contratto ancora astratto, al guardare con i propri occhi quella che sarebbe stata la loro nuova linea.

-Allora, – cominciò Nic – come ho detto poco tempo fa ad Orlando ho pensato alla OB Diamond Collection come una collezione fresca, giovanile e semplice. Ho scelto colori come il blu navy, verde militare, grigio e bordeaux perché volevo dare alla linea un po’ di vivacità rimanendo allo stesso tempo nello stile classico e sobrio. Ho fatto incidere le iniziali OBD su ogni capo. Il tessuto sarà il cotone: è fresco, facilmente lavabile e non si appiccica alla pelle. Le taglie saranno quelle standard: dalla S alla XL. Ora vi faccio vedere i modelli che ho stilato. – prese i fogli su cui aveva stampato poco prima i modelli dal pc e li passò ai tre uomini che le sedevano intorno – I capi saranno composti da slip o boxer, T-shirt e pigiami – guardò con aria di sfida Orlando soffermandosi sull’ultima parola, alludendo alla loro ultima discussione, ma lui fece finta di niente.

Dopo che ebbero visto i modelli Brad chiese a Nicole.

- Ha fatto un bel lavoro Nicole, non c’è che dire, ed anche in poco tempo. Le faccio i miei complimenti. –

- La ringrazio Brad – rispose Nic compiaciuta.

- Si è già rivolta ad una fabbrica per la produzione? –

- Si, ho chiesto informazioni alla fabbrica a cui mi rivolgo da quando ho aperto il negozio. Mi ha assicurato la spedizione dei capi per il servizio fotografico a quaranta giorni dall’invio dei modelli, quello dei capi destinati alla vendita invece a cinquanta.–

- Cinquanta giorni?! – esclamò Orlando sbarrando gli occhi – No si possono ridurre i tempi? –

- Devo inviare dei modelli che non hanno mai visto, devono studiarli, elaborarli, produrli e inviarli. Direi che cinquanta giorni sono il massimo a cui possiamo aspirare – rispose Nic acida.

- Tanto grazie alla velocità di Nicole con cui ha svolto il lavoro siamo anche in netto anticipo. – intervenne Will – Se riusciremo ad inviare il modello e la somma di denaro necessaria entro domani tra meno di due mesi potremo mettere in commercio la linea. Considerando che questo progetto nemmeno un mese fa ancora non esisteva, direi che è un grande traguardo. –

- Si, è vero. – disse Orlando annuendo – Ottimo lavoro. –

- Domani stesso chiamerò David Monthes e fisserò il servizio fotografico a metà dicembre. – disse l’agente dell’attore - Dopodiché chiamerò l’agenzia pubblicitaria e farò appendere le foto sui cartelloni pubblicitari di tutta Londra. Questa linea sarà una benedizione per tutti noi. –

- Lo spero Brad, lo spero davvero. – esclamò Nicole sospirando.
 
 


Erano le 05.30 di giovedì mattina quando l’iPhone di Nicole iniziò a vibrare. La ragazza si giro su un fianco e mugugnando cercò a tastoni sul comodino il suo cellulare. Lo prese e senza guardare nemmeno chi era, lo portò all’orecchio contrariata.

- Pronto? – biascicò con la voce rauca.

Ma chi diavolo era a quell’ora del mattino?

- Ciao Nicole, sono Orlando – rispose una voce familiare dall’altro capo.

Orlando? Ha detto Orlando?”  Nicole ebbe un tonfo al cuore.

– Scusami se ti ho svegliata, ma volevo solo dirti che Brad mi ha fissato all’ultimo momento un’intervista per Vanity Fair per domani, quindi tra un ora andrò all’aeroporto, torno a Los Angeles. –

Nicole si mise seduta sul letto – Come all’aeroporto. Te ne vai di già? – disse lamentandosi.

Nel momento esatto in cui pronunciò quelle parole, ebbe l’istinto di attaccargli in faccia il telefono e sparire dalla circolazione.

Si stava lamentando del fatto che Orlando Bloom partisse? Sul serio? Doveva essersi veramente impazzita.

- Si, ma non piangere. – rispose l’attore divertito e compiaciuto allo stesso tempo - Lo so che ti mancherò ma ci vedremo per il servizio fotografico. –

- Mancarmi? Ma chi, tu? Ma non farmi ridere! – cercò di riprendersi Nic - Sono contenta che vai così almeno non ti ho più tra i piedi, Bloom! –

Sentì la risata di Orlando dall’altro capo del telefono – Va bene, va bene. Ma mi raccomando, tienimi aggiornato sulle novità della collezione, il mio numero ce l’hai!-

- D’accordo, lo farò. Tienimi aggiornata anche tu se ci sono complicazioni per il servizio. -

- Ok. Allora…a presto Nicole. – concluse lui con tono sexy.

- Spero di no, Bloom! Dopo tre settimane con te intorno ho bisogno di molto più tempo per sentirti di nuovo! –

- Ma dai, ammettilo che non saprai come fare per due mesi senza di me! –

Nicole si bloccò. Poteva sentire le sue guancie andarle a fuoco, menomale che la loro conversazione era telefonica o non sapeva come avrebbe fatto.

- Ma per favore! – disse ignorando il battito accelerato del suo cuore – Ritornerò a respirare senza tutto quel dopobarba che ti spruzzi addosso! –

- Le tue cattiverie non mi sfiorano nemmeno. Lo so che non vuoi ammetterlo ma ti mancherò da pazzi. –

- Non ti sento! – fece lei ridendo

- Mi senti benissimo invece! – rispose l’attore divertito.

- Non ti sento! Fai buon viaggio, Bloom! – e chiuse la chiamata.

Così come era venuto se ne sarebbe andato, si sarebbero rivisti solo due mesi dopo e lei sperava solo che tutto quel tempo passasse in fretta. Ma cosa stava dicendo? Da quando in qua faceva la sentimentale?

Si alzò e mandò un sms a Will e a Nat. Doveva svagarsi per levarsi dalla testa tutte quelle smancerie.
 
 
 
Ultima chiamata per il volo AB556Y3 diretto a LAX delle ore 07.25.”

Orlando salì sull’aereo e si mise seduto al suo posto. Osservò un’hostess che stava passando per i sedili dell’aereo sorridendo a tutti. Quando arrivò il suo turno, lei gli sorrise soffermandosi davanti a lui un po’ troppo. Il ragazzo fece finta di niente e cominciò a sfogliare la rivista che aveva davanti a se.

Non voleva lasciare Londra. Voleva godersi gli ultimi giorni come si era già pregustato di fare, ma soprattutto, anche se non voleva ammetterlo neanche a se stesso, odiava il dover avuto lasciato Nicole. Quella ragazza in tre settimane non solo era stata capace di fare colpo, ma era riuscita anche ad entrargli nel cuore. L’attore aveva capito che doveva aver sofferto non poco e voleva sapere cos’era che la tormentava così tanto. Voleva ascoltarla e consolarla. Voleva accarezzarla e dirle che andava tutto bene, che avrebbero superato tutto insieme e che tutto prima o poi sarebbe passato, come era successo a lui.

Potevano bastare tre settimane per perdere la testa per una donna? Evidentemente si.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***



Eccomi qui con un nuovo capitolo, spero che vi piaccia!
Un ringraziamento super-speciale va alle due persone che hanno messo questa FF tra le preferite e le seguite! Grazie, grazie e graziee!!
Buona lettura!!

CAPITOLO 6

 

Londra, 17 dicembre 2005


Erano passati due mesi dall’ultima volta che aveva visto Orlando, e in quei due mesi le cose non erano cambiate granché.
Qualche giorno prima erano arrivati in negozio i capi per il set fotografico. La ragazza aveva aperto lo scatolone emozionata e aveva cominciato a scartare i pezzi dalla carta con cui erano impacchettati, guardandoli da ogni angolazione e accarezzando il tessuto morbido. Aveva sorriso soddisfatta del suo lavoro come mai prima e si era sbrigata a rimettere tutto apposto. Poi richiuse lo scatolone con del nastro adesivo e aveva lo inviato all’indirizzo dello studio fotografico che Brad le aveva mandato per e-mail.

Nicole pagò il tassista e scese davanti ad un grande palazzo bianco nella periferia di Londra. Come tutto il testo della città, anche quel quartiere era decorato per Natale e l’atmosfera che si respirava, insieme all’odore di dolci appena sfornati di una pasticceria poco più in là, la mise decisamente di buon umore.

Nic salì fino al 3° piano e, una volta dentro lo studio, trovò ad accoglierla una ragazza molto carina seduta dietro al bancone.

- Buongiorno. – le disse Nicole per attirare l’attenzione.

- Buongiorno – le rispose la ragazza squadrandola.

- Sono venuta qui per il servizio fotografico del signor Bloom. Il signor Monthes mi sta aspettando – fece ancora lei sollevando un sopracciglio.

La segretaria la guardò al di sopra dei suoi occhiali da vista all’ultima moda e infine ribatté un semplice - Mi segua – appena udibile.

Nic camminò dietro la segretaria dalle gambe incredibilmente lunghe ed arrivò in una stanza completamente bianca. Dentro c’erano decine di persone che correvano di qua e di là chi con dei fogli in mano, chi trasportando scatoloni dall’aria pesante, chi strillando e sbraitando nervoso. La ragazza notò i capi della sua collezione su un appendiabiti e delle giovani apprendiste intorno che li guardavano e li sistemavano.
Stava giusto guardando quelle belle ragazze, che potevano passare benissimo per delle modelle, quando un uomo sulla trentina, intento a studiare un documento, le andò a sbattere contro e si dileguò alla velocità della luce senza nemmeno scusarsi. Un’altra modella le passò accanto e la squadrò alzando le sopracciglia.

Perché tutti la guardavano in quel modo?

Si sistemò il collo della sua camicia blu e, irritata e imbarazzata dalla situazione in cui era stata catapultata, si guardò in cerca di qualche volto amico quando finalmente scorse Brad che stava parlando con un uomo davanti ad una macchina fotografica professionale poggiata su un treppiedi.

- Salve Brad. – lo salutò Nic avvicinandosi.

- Nicole! La stavamo giusto aspettando. – le disse lui sorridendo - David questa è Nicole Leinghton, la disegnatrice della linea. – disse rivolgendosi all’uomo e indicando Nic.

- Molto piacere, io sono David Monthes – si presentò allungandole la mano.

- Piacere mio. – rispose Nicole stringendogliela.

- Secondo me questi boxer sono troppo stretti. – fece qualcuno poco più in là parlando con la sua solita voce sensuale e profonda.

Nicole si voltò e vide davanti a lei Orlando con indosso solo il paio di mutande che fino a qualche giorno fa teneva lei tra le mani.

Lo guardò senza riuscire a dire nulla. Aveva un fisico perfetto, muscoloso e definito al punto giusto. Notò un tatuaggio vicino all’ombelico, un sole colorato. I capelli ribelli che portava sempre sciolti, erano legati in un codino basso che, doveva ammetterlo, era proprio la ciliegina sulla torta.
Non aveva mai capito perché quell’attore avesse così tante fan, in fondo si era carino e se non gli fosse stato così antipatico avrebbe potuto perfino ammettere che ci sapeva fare, ma addirittura definirlo uno degli uomini più sexy del mondo… Beh, adesso qualche idea le iniziava a venire.

- Nicole! – le disse guardandola da capo a piedi.

- Bloom – lo salutò lei facendogli un cenno con la testa.

- Che ne pensi? – domandò Orlando facendo un giro su se stesso – Io gliel’ho detto che per me sono un tantino stretti. -

- Be…bene – tartagliò Nic imbarazzata. Poi per ricomporsi aggiunse – Ma comunque la misura mi sembra quella giusta. –

- Orlando dai mettiti davanti al pannello bianco e siediti a terra. - cominciò David facendo mettere in posa l’attore e scattandogli decine di foto - Ok, così. Toccati il mento con la mano destra e con la sinistra… -

Nicole non riusciva a staccare gli occhi da quel sole che sorgeva tra i suoi addominali muscolosi. Dopo qualche secondo scosse la testa e tornò a guardarlo mentre ammiccava alla macchina fotografica.

- Ok, bravo. Passati una mano tra i capelli. Perfetto. Ora non guardare l’obbiettivo, guarda un punto fisso come se stessi sovrappensiero. –

Orlando si girò e guardò Nicole. Gli occhi di lui indugiavano troppo nei suoi e la ragazza si morse un labbro nervosa. Provò a spostare lo sguardo verso due ragazze che parlottavano poco più in là, ma dopo qualche secondo i suoi occhi scattarono come una molla verso l’attore.

Mentre lui continuava a guardarla, Brad le disse qualcosa che Nic non capì.

- Cosa? – fece lei avvicinandosi per sentirlo meglio.

- Vedrà Nicole, questa sarà la miglior cosa che le sia mai successa in tutta la sua carriera. – disse l’agente guardandola felice.

- Lo spero Brad, – rispose Nicole sospirando e tornando a guardare Orlando – lo spero davvero. –
 
 
 


Dopo il servizio Nicole aveva proposto ad Orlando e a Brad di pranzare insieme. Orlando accettò contento, il suo agente invece disse che non poteva fermarsi perché a casa dell’attore lo stavano aspettando la moglie ed il figlio.
Allora i due ragazzi si ritrovarono per la prima volta a pranzare da soli in un ristorante poco distante dallo studio fotografico.

- Così Brad ha un figlio. – disse Nic guardando Orlando che le sedava davanti.

- Si. – le rispose sorridendo – Si chiama Matthew ed è uno spasso. Amo quel bambino e lui ama me, devo ammettere che è stato amore a prima vista. Ma d’altronde non poteva che essere così, sono il suo padrino! –

- Davvero? – ribatté Nicole piacevolmente sorpresa - Non sapevo che foste così amici. Voglio dire, pensavo che oltre il vostro rapporto lavorativo non ci fosse nient’altro. –

- Ci conosciamo dai tempi del liceo e praticamente siamo inseparabili dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti. Negli ultimi anni ho condiviso con lui praticamente tutto: il lavoro, la casa… una volta anche una donna. – aggiunse lui ridendo.

Nicole alzò gli occhi al cielo e scosse la testa divertita.

- Non ricordo più neanche di aver passato un Natale senza di lui. – concluse infine l’attore prendendo una forchettata di pasta al pesto.

- Ti fermerai a Londra per le feste? – gli chiese Nicole con noncuranza, nascondendo la curiosità.

- Non lo so, dipende da quali sono i programmi. – rispose Orlando guardandola intensamente.

- Ma come, una star come te non ha nulla in programma per il cenone di Natale? Niente festini privati? Niente vacanze ai Caraibi? – scherzò la ragazza con il suo solito umorismo tagliente.

- No, – rispose Orlando sorridendo – niente di tutto questo. –

- Io lo passerò nella casa a Manchester di Will con alcuni amici, se vuoi puoi venire con noi. Certo, non è invitante come una vacanza ai Caraibi, ma ci divertiremo. –

- Mi piacerebbe molto, ma non posso lasciare da soli Brad e la sua famiglia. –

- Porta anche loro! Non credo che ci siano problemi, per Will più siamo meglio è. –

- D’accordo. – rispose Orlando in un brodo di giuggiole – E quanto avete intenzione di fermarvi a Manchester? –

- Partiremo il ventidue e torneremo il ventotto. Ma se ci va potremo fermarci anche per Capodanno. –

- E’ perfetto, ne parlerò con Brad e ti farò sapere. – annuì lui sorridendo.

Poi all’improvviso, come se se ne fosse ricordato solo in quel momento, controllò l’orologio e disse – Beh si è fatto tardi, devo tornare a casa o penseranno che mi sono perso. –
 
 
 


Dopo aver litigato con Orlando perché lui voleva pagare il conto del ristorante a tutti i costi, Nic si ritrovò seduta nella sua macchina dopo che l’attore l’aveva obbligata a non prendere un taxi visto che, a parer suo, visto che lui aveva l’auto parcheggiata proprio qualche traversa più lontano dello studio fotografico, era una cosa stupida lasciarla andare in taxi da sola.

La ragazza guardava l’attore con la coda dell’occhio. Il vento che gli scompigliava i capelli e il modo con cui teneva stretto il volante canticchiando una canzone alla radio, gli davano un’aria molto sensuale e si rese conto che, solo nell’arco di poche ore, quella era già la seconda volta che gli addossava quell’aggettivo.

Una volta arrivati sotto casa sua Nicole si voltò verso di lui e gli disse – Grazie per il passaggio… e per il pranzo –

- E di che, è stato un piacere – le rispose l’attore con il suo sorriso ammaliante.

Senza pensarci un attimo, Nic si allungò e gli diede un bacio sulla guancia. Mentre posava le labbra sulle sue guancie leggermente ruvide per la barba che stava ricrescendo, annusò il suo profumo. Era proprio come lo ricordava.

Orlando rimase interdetto da quel gesto e si sentì bollire la guancia nel punto in cui lei lo aveva baciato. Senza dire nient’altro la ragazza prese la borsa, che aveva appoggiato ai suoi piedi, scese dalla macchina ed entrò nel portone.
In tutto questo, però, non si accorse che la sua agenda rossa, dove segnava praticamente tutta la sua vita, era rimasta sul tappetino della macchina di Orlando.
 

Quando era sicura di non essere vista, Nicole fece un sorriso a trentadue denti e stava giusto per cominciare a salire le scale, quando vide nella sua buca delle lettere una bustina bianca che spuntava fuori.

Con lo stomaco ancora sottosopra prese la busta e l’aprì. Quando lesse il contenuto dovette appoggiarsi al muro.

“Charlotte Marie Leinghton e Pierre Louis Jacqueline sono lieti di invitarla al loro matrimonio che si terrà il 19 giugno 2006 nella cattedrale di St. Paul alle ore 10.00”

Non ci credeva. Era stata invitata al matrimonio di sua sorella come un comune invitato.

Nicole non sapeva nemmeno che Pierre le avesse fatto la proposta o che i due stessero pensando di sposarsi. Sembrava una cosa stupida visto che erano fidanzati da quando erano adolescenti ed era quasi scontato che prima o poi questo sarebbe accaduto, ma era possibile che Charlotte non le avesse comunicato, neanche per sbaglio, che sarebbe convolata a nozze nel giro di qualche mese? Nessuna telefonata, nessuna visita. Era sicura che non aveva comunicato a Robert che si sposava con un’anonima lettera mandata per corriere, sicuramente avranno dato un pranzo e fatto un brindisi passando ore e ore a congratularsi con loro. A dire la verità,
Certo, lei non si aspettava di essere scelta come sua damigella d’onore, ma perlomeno essere avvertita anche solo con una chiamata al cellulare, credeva che fosse il minimo.
Invece no, si ritrovava a tenere stretta tra le mani quella busta.

Salì le scale ed entrò in casa. Senza sapere il perché cominciò a piangere come una fontana.

Eravamo alle solite: la bella e perfetta Charlotte sposava l’altrettanto bello e perfetto Pierre, e lei avrebbe dovuto beccarsi tutti gli sguardi di disapprovazione degli invitati che la criticavano per il suo vestito troppo scollato o per il suo temperamento così sbagliato.

Andò alla cristalliera e prese una bottiglia di rum, la stappò e cominciò a berla.

Avrebbe rivisto tutte e tre le sorelle di suo padre che portavano un giro di perle al collo anche quando portavano i figli a giocare al parco, tutti i dipendenti della Leinghton Inc, tutti i cugini che non vedeva da anni e di cui non si ricordava neanche i nomi. Avrebbe dovuto ancora una volta indossare un sorriso di circostanza e magari anche farsi scendere qualche lacrima al momento del “si”, giusto per dimostrare quanto si volessero bene in quella famiglia così disastrata.

Quando il petto le faceva troppo male per continuare a scolarsi la bevanda alcolica, Nicole si gettò sconsolata sul divano e iniziò a singhiozzare fino a che non si addormentò sfinita.


 
Dopo qualche minuto il citofono la svegliò. Si alzò con la testa che le pulsava e senza nemmeno chiedere chi fosse, aprì il cancello. Lasciò la porta accostata e si ributtò sul divano. Era ubriaca e arrabbiata, chi cavolo era a quell’ora?

- E’ permesso? – chiese incerto Orlando entrando per la prima volta nell’appartamento di Nicole.

Quando era arrivato a casa, aveva notato il rosso dell’agenda che spiccava sul tappetino nero della sua Audi. L’attore sorrise, lo raccolse e se lo rigirò tra le mani. Quello era un tipico gesto delle donne, pensò, lo facevano apposta. Lasciavano di proposito qualcosa nella macchina o a casa degli uomini, così loro le avrebbero chiamate per restituirle l’oggetto dimenticato e si sarebbero dati appuntamento da qualche parte, magari a cena.
Ma perché erano così complicate? Perché non andavano dritte al punto?

Fatto sta che poco dopo, si ritrovò di nuovo sotto casa della ragazza.

- Orlando? – chiese Nic alzandosi di scatto dal divano.

Grave errore: la stanza cominciò a girare vorticosamente e lei fu costretta a risedersi per non rischiare di cadere a terra.

- Nicole! Ma che è successo? – domandò l’attore preoccupato. Solo mezz’ora prima l’aveva lasciata sorridente ed ora la ritrovava spettinata, con il trucco colato e con gli occhi rossi e gonfi di pianto. – Ero venuto per riportarti l’agenda che avevi lasciato nella mia macchina ma…ti senti bene? –

Nicole provò a parlargli. Voleva dirgli che le dispiaceva farsi vedere in quel modo e che lo ringraziava per avergli riportato l’agenda, ma l’unica cosa che riuscì a fare fu quella di scoppiare di nuovo in lacrime.
Orlando attraversò la stanza di corsa e le andò vicino mettendole dapprima una mano sulla spalla e poi, mandando al diavolo le buone maniere, la prese e la tirò a sé. Sentì l’odore dell’alcol che gli pizzicò il naso mischiato al profumo della ragazza.
Nicole si abbandonò contro il suo petto e lo abbracciò a sua volta. Si sentiva una stupida a piangere addosso a un ragazzo che conosceva appena e che ora sicuramente la stava scambiando per una pazza, ma non poteva farci niente. Dopo i mesi di duro lavoro e di rancore verso la sua famiglia, questa era stata la goccia che fece traboccare il vaso.

- Shh… - le disse Orlando accarezzandole i capelli – Va tutto bene, va tutto bene. –

Dopo qualche minuto i respiri della ragazza si fecero più regolari e l’attore capì che si stava calmando.

Nicole si asciugò gli occhi e disse – Mi dispiace, davvero. Non dovevo farmi vedere in queste condizioni. Ma sono venuta a sapere da un’insulsa lettera che mia sorella si sposa. Da una lettera capisci? E mentre lei si sta facendo una vita, io sto qui a piangere come un’idiota e sono anche ubriaca, per di più! –

- Nic… – iniziò Orlando e poi si bloccò. Cosa poteva dirle per consolarla? Lui non la conosceva, non sapeva cosa avesse scatenato questa reazione.

- La verità è che... – ricominciò lei sentendosi spavalda grazie all’alcool – La verità è che dovrò andare al matrimonio di mia sorella da sola, senza uno straccio di fidanzato. E mentre tutti penseranno a quanto sia bella e fortunata Charlotte, io sarò la figlia sfigata, zitella ed emarginata! Tutti penseranno che mi ritroverò a sessant’anni in qualche casa di periferia piena di gatti e di servizi da tè da collezione. –

Orlando trattenne un sorriso – E’ veramente questo il problema? Andiamo Nicole questo è una stupidaggine. Che t’importa di quello che dicono gli altri? –

- M’importa, invece. – disse con il tono da bimba capricciosa – Ho dovuto sopportare i sguardi esasperati della mia famiglia per tutta la vita. Mi dicevano“Perché non puoi essere come Charlotte?”. Ero sempre troppo alta, troppo mascolina, troppo ribelle o troppo maleducata. E a quel dannato matrimonio tutti penseranno “Io lo sapevo che sarebbe finita così. Sola e fallita. Charlotte invece no, lei è tutta un’altra pasta” e altre malignità del genere. E io sono stufa, STUFA! – disse ricominciando a piangere.

Orlando non credeva che quella donna seduta davanti a lui fosse la stessa che lo faceva arrabbiare per il suo caratteraccio. Vederla così vulnerabile e triste per lui era una cosa impensabile.

- Se proprio ti fa stare male possiamo fare una cosa, – le disse mettendole una mano intorno alle spalle – facciamo un patto. Quando è questo matrimonio? –

Nicole aggrottò la fronte e lo guardò interrogativa.

L’attore sorrise dolcemente e lesse la data sulla lettera gettata ai piedi del divano - Se entro il 16 giugno non avrai trovato un fidanzato che ti accompagni al matrimonio, ti accompagnerò io. E ti giuro che farò il fidanzato perfetto, in fondo sono un attore, so calarmi bene nella parte. –

La ragazza sbottò a ridere e disse – Questa è la cosa più divertente che tu mi abbia mai detto. Sembra proprio una scena da film come… aspetta come si chiamava? Ah si, The wedding date! -

Nic lo guardava come aspettandosi che da un momento all’altro lui le dicesse che la stava prendendo in giro, che era uno scherzo, ma non lo fece. Al contrario,

Orlando la stava guardando con estrema dolcezza e lei non sapeva se lo stava facendo solo per aiutarla o perché le stava facendo pena. Il sorriso divertito di Nicole pian piano si spense e arrossì.

- Davvero? Lo... lo faresti sul serio? – disse guardandolo con la faccia da cane bastonato.

- Ma certo. Ti prometto che lo farò. – rispose Orlando mettendosi una mano sul cuore.

Nic lo guardò ancora e poi abbassò lo sguardo sul pavimento. A quel punto l’alcool parlò nuovamente per lei – Rimani con me stanotte? Non voglio rimanere sola. –

Orlando la guardò sbigottito – Io... io non posso. Non credo sia una buona idea. –

- Ti prego, ti prego Orlando. – insistette lei stringendogli la mano.

Vederla così distrutta e ubriaca lo fece desistere.

- D’accordo. – disse arrendendosi – Andiamo, ti porto a letto. -

Si alzò e la prese in braccio e si accorse che era sorprendentemente leggera. Non sapendo dove fosse la camera da letto, iniziò ad aprire le stanze una ad una, Nicole intanto stringeva forte il suo collo e diceva cose senza senso. Una volta aperta la porta giusta, le tolse le scarpe e la sdraiò sul letto. Una volta ricoperta realizzò che, non potendole chiedere dove fossero delle lenzuola pulite o dove tenesse dei cuscini in più, gli si prospettava davanti una bella nottata sul divano senza nemmeno una coperta.
Nicole mugolò qualcosa e lo tirò per una manica, incitandolo ad andare accanto a lei. L’attore sorrise e si infilò sotto le coperte.

Mentre la osservava prendere sonno, lei si girò e poggiò la testa sul suo petto. Orlando rimase interdetto per qualche secondo e poi, sentendo il suo respiro che gli accarezzava la pelle diventare regolare, capì che si era addormentata.
Chiuse gli occhi e, accarezzandole la spalla morbida e liscia, si addormentò anche lui.
 
 
 


Quando si svegliò Orlando non si ricordò di non essere a casa sua. Con gli occhi ancora chiusi si girò su un fianco e allungò la mano per prendere il suo telefono ma, sentendo sotto le dita una superficie estranea, aprì gli occhi e i ricordi della notte precedente gli affiorarono alla mente. Ma dov’era Nicole?

Mise i piedi giù dal letto e si alzò stiracchiandosi la schiena intorpidita. Andò verso la porta per uscire dalla camera da letto quando il fianco andò a sbattere dritto sul comò. Trattenendo un’imprecazione si toccò la parte dolorante, si voltò per guardare l’oggetto contro cui aveva sbattuto e notò al centro del mobile una grossa cornice d’argento con la foto di una donna che assomigliava in modo impressionante alla ragazza. Doveva essere sua madre, dedusse l’attore osservando la foto. Sapeva che era morta quando la figlia era molto piccola ed ora capiva da chi Nic avesse ripreso la sua bellezza.

Distolse lo sguardo e andò a cercare la ragazza cucina, trovandola seduta sul tavolo con un bicchiere di latte in mano.

- Buongiorno. - le disse lui entrando nella stanza illuminata. Istintivamente socchiuse gli occhi e fece una smorfia infastidita.

- Buongiorno – le rispose Nicole sobbalzando. Ricomponendosi poi chiese indicando la tazza fumante – Ne vuoi una? –

- No grazie, non bevo mai il latte la mattina. – le rispose sedendosi di fronte a lei e iniziandosi a stropicciare il viso.

- Senti, – disse Nic guardandolo imbarazzata – mi dispiace per ieri sera, ero veramente fuori di me. Grazie per essere rimasto e… per tutto il resto, è stato molto carino da parte tua. Per quanto riguarda il “patto” – disse mimando le virgolette – ti tolgo subito dall’imbarazzo. So che lo hai detto solo per consolarmi e non ti devi preoccupare, non mi aspetto nie…-

- No. – la interruppe Orlando – Il patto è ancora valido, davvero ci tengo. Insomma, spero che a giugno tu abbia trovato un fidanzato, ma se così non fosse verrò, ormai l’ho promesso. Un patto è un patto. – concluse con un sorriso.

- D’accordo. Devo imparare a non fare più ne patti ne contratti con te, Bloom! – disse lei scherzando e prendendo un sorso di latte caldo.

Lui si mise a ridere, era tornata la solita, vecchia, stronza Nicole Leinghton. Il pensiero di stare lì seduto con lei a fare colazione dopo aver passato tutta la notte a dormire abbracciati, gli fece venire le farfalle allo stomaco. Lei era bellissima anche struccata e con i capelli arruffati.

Quando finì di bere e abbassò il bicchiere, Orlando trattenne a stento una risata che camuffò con un colpo di tosse: la ragazza aveva due baffetti bianchi di latte sopra il labbro, come i bambini.

 Nicole quando si accorse che l’attore la stava fissando ridendo sotto i baffi, chiese – Cosa c’è? –

Orlando si allungò sul tavolo e tese una mano verso di lei. Nicole lo guardò senza capire. Le dita del ragazzo si avvicinarono ancora di più fino a quando le accarezzarono il labbro superiore, pulendolo dal latte. Quando Nicole capì quello che stava facendo diventò tutta rossa per due motivi: 1. Per il gesto di Orlando che le fece mettere a dura prova le sue coronarie. 2. Perché aveva fatto una colossale figura di merda davanti a lui.
Ma sei tornata alle elementari quando ti lasciavi i baffi di latte dopo la colazione?! Sono una perfetta idiota”, pensò ammonendosi.

Impose a se stessa di darsi un contegno e, dopo aver borbottato un “grazie” molto imbarazzato si alzò, aprì un cassetto e tirò fuori un pacchetto di sigarette. L’aprì, se ne portò una alla bocca e l’accese. Tenendo il pacchetto ancora aperto disse – Ne vuoi una? –

- Grazie. – disse Orlando sinceramente riconoscente – Non sapevo che fumassi. -

Gli porse il pacchetto e il ragazzo sfilò una Camel chiedendole con lo sguardo da accendere. Nicole fece il giro del tavolo, avvicinò l’accendino al viso dell’attore e fece scattare la fiamma dall’apparecchio.

- Infatti non fumo, mi accendo una sigaretta ogni tanto. –

Lentamente Orlando aspirò e la sigaretta si accese.

- Scommetto che lo fai quando sei nervosa. – disse l’attore alzando le sopracciglia malizioso.

- Nulla di te mi rende nervosa Bloom. – rispose lei sarcastica e, dopo averlo guardato dall’alto con i suoi meravigliosi occhi azzurri, si allontanò fin troppo velocemente dalla stanza.

- Certo, certo. – borbottò lui compiaciuto.
 
 
 



Due ore dopo Orlando uscì dalla casa di Nicole con la scusa di dover andare a casa per cambiarsi e per dare ai suoi ospiti una motivazione sul perché li avesse lasciati soli tutta la notte.

Appena ebbe girato la chiave nella toppa della sua porta di casa, si ritrovò davanti Brad ancora in pigiama.

- Eccoti finalmente! Mary è tornato. – disse l’amico chiamando la moglie sollevato – Ma dove diavolo sei stato tutta la notte? –

- Orlando! – disse Mary andandolo ad abbracciare – Per l’amor del cielo! Eravamo preoccupati per te. –

- Mi dispiace avervi fatto stare in pensiero, – rispose Orlando rammaricato – ma un’amica stava poco bene e sono rimasto da lei. –

- Per caso questa “amica” si chiama Nicole-gambe-statuarie Leinghton ? – domandò Brad tornado improvvisamente a sorridere.

- Si. – ammise Orlando ridendo. A volte Brad era peggio di una donna. Potevi anche averlo offeso nel peggiore dei modi, ma se gli offrivi uno scoop, potevi considerarti perdonato.

- Allora diciamo che per questa volta te la sei scampata. Piuttosto…come è andata? – disse con aria di chi la sa lunga.

Mary se ne andò in camera da letto sbuffando esasperata qualcosa del tipo “Uomini! Valli a capire”.

- Brad, pensi che sia così senza ritegno da approfittarmi di una donna ubriaca? –

- Hai ragione, sei un perfetto gentleman –

- A Natale ci ha perfino invitato a passare qualche giorno a casa di Will, ti ricordi è il suo commercialista. Ha invitato anche voi e… non so. Che ne dici? Vi va di unirci a loro? –

- Amico, - gli disse Brad appoggiandogli una mano sulla spalla – ne parlerò con Mary, ma consideralo già un si! –

- Come manager non sei granché, ma come amico sei il migliore! – disse Orlando dandogli un pugno scherzoso sul braccio.

- Ma come ti permetti star del cazzo?! – rispose l’amico fingendosi offeso. Dopo aver sentito la risata dell’amico tornò serio – Devo dirti una cosa. Una bella e l’altra brutta. Quale vuoi sapere per prima? –

- Quella bella. – disse subito.

- D’accordo. Poco fa mi ha chiamato lo studio fotografico. Visto che erano indietro con un altro lavoro, hanno accelerato i tempi per la pubblicità della OB Diamond  Collection  eentro questa settimana, massimo la prossima, ci invieranno i cataloghi della linea e i manifesti promozionali. Ho già chiamato l’agenzia per i cartelloni pubblicitari e ha detto che se domani gli faccio avere le immagini, entro il prossimo mese potrà esporli su tutta Londra! –

-Fantastico, quando lo saprà Nicole impazzirà. – disse l’attore contento.

- Le ho già mandato una e-mail, dovrebbe rispondermi a momenti. Ora devo dirti l’altra cosa, questa è un po’ più seria. Odio doverlo fare ma è meglio che lo venga a sapere da me. –

- Cosa è successo? – chiese improvvisamente allarmato Orlando.

- Si tratta di Karen. Sembra che sia stata vista in un locale di Las Vegas con un tizio completamente sballata. Le testate giornalistiche stanno facendo di tutto per accaparrarsi gli scatti ma finora sembra che ancora non si sappia chi se li sia aggiudicati. –

- Brad te l’ho detto. Quello che fa Karen non mi riguarda più ormai. Ho chiuso con lei. –

- Lo so, amico ma non si tratta solo di questo. Sembra che qualche settimana fa’ abbia rilasciato un’intervista dove parlava della sua esperienza nella clinica di disintossicazione, delle cure, insomma di come era uscita dal tunnel della droga e di come ora ci era ricascata. Ed ha dato la colpa a te, in poche parole. Dice che, invece di starle accanto quando lei aveva più bisogno di te, tu l’hai mollata e lei non ha resistito ed ha ricominciato a farsi. –

- Che cosa? – disse Orlando arrabbiato. – Chi ti ha dato l’informazione? –

- Il solito. Josh Dinamel di “Ok Magazine”. Tutte le informazioni che ci ha passato fin’ora si sono sempre rivelate vere. –

- Ma come ha potuto fare una cosa del genere? – sbottò mettendosi le mani nei capelli arrabbiato – Dopo tutto quello che ho fatto per lei. Le ho pagato la clinica, l’ho affidata in mano ai migliori dottori di tutta la California! Ho buttato quattro anni della mia vita dietro a lei e alle sue bugie. Mi diceva che sarebbe cambiata, che ne sarebbe uscita, ma tutte le volte era sempre la stessa storia! Dopo quattro anni ho avuto il coraggio di lasciarla e lei cosa fa? Butta merda su di me per sembrare più pulita! Non ci credo. – disse esasperato buttandosi a peso morto sul divano.

Lui e Karen erano stati insieme per molto tempo, e lei è stata il suo primo vero grande amore. La ragazza era una modella molto famosa nel suo giro ed era molto richiesta da grandi stilisti come Valentino e Giorgio Armani. Fu proprio in occasione di una delle sue sfilate a Parigi che s’incontrarono e tra i due scoppiò subito la scintilla. Karen era una donna strabiliante: bella, carismatica, solare e dinamica, il sogno di ogni uomo. Dopo qualche mese dall’inizio della loro relazione, Orlando si era accorto che qualcosa non andava: i continui sbalzi d’umore, le ore di pianti disperati seguiti subito dopo da una fragorosa risata, la strana e continua eccitazione lo avevano insospettito ma, si sa, quando si è innamorati a volte si fa finta di niente. Un giorno però, mentre tornava a casa da un viaggio in Europa, trovò la sua fidanzata nella vasca in un lago di sangue. Spaventato la portò di corsa al pronto soccorso e dopo qualche ora venne informato dai medici che Karen aveva tentato il suicidio tagliandosi le vene. Scioccato dalla rivelazione e, consigliato dai dottori, pagò una clinica psichiatrica per averla in cura e, nello stesso tempo, si assicurò di non fare uscire la notizia.
In poco tempo Karen guarì e promise ad Orlando di aver chiuso con ogni tipo di droga. La loro storia proseguiva a gonfie vele e quei giorni brutti erano diventati solo un ricordo lontano e sfocato. Dopo due anni Karen gli comunicò di essere incinta e lui fu al settimo cielo, il pensiero di avere un bambino con la donna che amava lo rendeva veramente felice e pensò di non potere desiderare nient’altro di così speciale. Mentre era sul set di un film venne chiamato da Brad e Orlando corse di nuovo all’ospedale: la sua fidanzata era andata in overdose e aveva perso il bambino. Stare seduto su quelle sedie del pronto soccorso aspettando notizie sulla sorte del suo amore per la seconda volta in due anni e mezzo, gli portarono via le ultime forze che aveva in corpo. Quando Karen fu dimessa era distrutta e cominciò ad attaccarsi al cibo e ai tranquillanti per riuscire a superare le giornate, così cominciò a prendere peso e pian piano uscì dal giro della moda. In tutto questo Orlando continuò a starle accanto dicendosi che era solo un momento e che sarebbe finito presto e a volte, arrivava persino ad incolpare se stesso di non essere troppo comprensivo con la sua fidanzata. Karen, consciamente o inconsciamente, stava trascinando nell’oblio con sé anche Orlando.
La loro relazione finì soltanto dopo un paio di anni, quando Karen minacciò l’attore con un coltello in mano dopo una loro consueta lite furibonda. Dopo averla tranquillizzata la ragazza si era accasciata a terra ed aveva cominciato a piangere dicendo che era un mostro e che era colpa sua se si era ridotta così. Vedendo per la prima nei suoi bellissimi occhi verdi che l’avevano fatto innamorare una scintilla di follia, si decise ad accettare la realtà delle cose e la lasciò prima di ridursi anche lui in quello stato. Pagò di nuovo una delle migliori cliniche e troncò ogni rapporto con la compagna.
Fu in quel momento che ricominciò a respirare di nuovo e, questo stato di benessere, si ripercuoteva anche sul suo lavoro dove era diventato più brillante e professionale. Così lentamente la vita di Orlando riprese il suo corso lineare e si lasciò alle spalle definitivamente la vecchia immagine di un uomo stanco e consumato.

Karen era una delle principali cause del suo ritorno a Londra. Lui aveva bisogno di riprendere fiato e di passare un po’ di tempo con la sua famiglia, nel posto in cui era nato.

Brad, che aveva visto quella sua smorfia che gli comparve sul viso, capì che stava ricordando i tempi passati con Karen e poggiandogli la mano sulla spalla disse – Non è colpa tua, Orlando. Sai che hai fatto il possibile per quella donna. In molte occasioni se non era per te ci avrebbe lasciato la pelle, amico. –

- Lo so, lo so. Lo sapevo che Karen era molto debole e fragile, ma non credevo che fosse così cattiva, evidentemente la droga l’ha portata anche a questo. D’accordo ho bisogno di un bagno caldo. Ci vediamo fra poco. – disse sconsolato e se ne andò chiudendosi la porta del bagno dietro di se, lasciando l’amico da solo.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***



Eccomi di nuovo qui!!
Scusate la mia latitanza ma è stato un periodo davvero strano e complicato... ma va bene!
Blando alle ciance, eccovi qui un nuovo capitolo! Spero davvero che vi piaccia!
Mi raccomando come al solito COMMENTATE per favore, per me sarebbe davvero importante sapere cosa ne pensate!!

Buona lettura e a presto! ;)

CAPITOLO 7


Manchester, 22 dicembre 2005

Dopo quattro estenuanti ore di viaggio Nicole, Orlando, Brad, Mary e Matthew arrivarono alla bellissima villa immersa nel verde dei Boockers, una vecchia stalla ristrutturata negli anni settanta ed ora diventata una residenza estiva. La struttura dipinta con colori caldi, gli interni completamente in legno scuro e l’odore di camino che si espandeva per tutta la casa, rendevano il soggiorno rilassante e accogliente.
Durante il tragitto i quattro ragazzi parlarono per quasi tutto il tempo della nuova linea e il piccolo Mat sonnecchiava tranquillo al suo posto. Dopo le feste natalizie i cartelloni pubblicitari avrebbero invaso tutta Londra, e Nicole si stava già preparando psicologicamente alle giornate di fuoco che si prospettavano, non riuscendo a nascondere un pizzico di euforia durante l’attesa.

Quando scesero dalla macchina, trovarono Will che gli mostrò dove parcheggiare e li aiutò a scaricare le valigie. Poco dopo uscirono in giardino anche Nathalie e Daniel che negli ultimi mesi, oltre che essere comproprietari del ristorante, erano diventati una coppia. Nicole si accorse che da quando Nat aveva trovato l’amore era diventata un’altra persona.

Le due amiche si abbracciarono e, una volta fatte le presentazioni della famiglia Miles, prima che si gelassero a causa dell’aria invernale che presagiva un Natale molto freddo, entrarono nell’accogliente casa che odorava di legno bruciato.

- Allora, – esordì Will – credo che dopo il viaggio non vorrete fare altro che un bel bagno caldo e sistemarvi nelle vostre stanze. Nella casa ci sono quattro camere da letto, tre matrimoniali ed una con un letto a castello. Io credo che la soluzione migliore sia questa: Brad, Mary ed il bambino nella camera blu che è la più spaziosa, così potete metterci tranquillamente anche il box di Matthew; poi Nathalie e Dan nella stanza rossa che è la più appartata delle camere così la notte non sentiremo strani rumori – disse ammiccando alla coppia e provocando le risate di tutti – ed infine io, Nicole ed Orlando potremo metterci nella stanza verde. Va bene? –

Dopo che tutti annuirono ognuno andò nella direzione della loro camera.

Quando i tre ragazzi entrarono nella propria stanza Nic ed Orlando si bloccarono, si girarono verso l’amico e dissero in coro – Dobbiamo dormire in un letto matrimoniale? –

Will li guardò e disse – Beh, si. Non penso che nessuno dei tre voglia dormire da solo nella stanza arancione. Dai non sarà poi così male. In questa stanza ci dormiva sempre mio nonno e, siccome pesava tantissimo, gli hanno fatto un letto matrimoniale leggermente più grande del normale. Non staremo stretti, vedrete. –

I due ragazzi guardarono il letto riluttanti e poi cominciarono a disfare le valigie.

- Scusa – disse Orlando un’ora dopo guardando seccato Nicole – hai invaso il bagno con le tue creme e con tutti i tuoi prodotti del cavolo, per informazione, dove pensavi di farci mettere le nostre cose? –

Nic lo guardò infastidita – Ah, io eh? E che mi dici dei tuoi vestiti sparsi in giro per la camera? Siamo qui da un’ora e già sembra di essere in un accampamento! –

- Non starebbero in giro i miei vestiti se solo avessi un posto dove metterli, visto che ti sei portata tutto l’armadio per stare qui una settimana! –

Nicole stava per ribattere quando Will, uscendo dal bagno disse – Basta, vi prego basta. Siete insopportabili. Se continuate così me ne vado in un'altra stanza, a costo di dormire da solo per tutta la notte. Ed ora sbrigatevi che ci stanno aspettando in salotto – poi prese e se ne andò lasciandoli da soli.

I due si guardarono intorno imbarazzati e nello stesso momento si diressero quasi correndo verso la porta per poi fermarsi quando videro che l’altra persona stava facendo lo stesso movimento. Credendo che l’altro gli stava dando la precedenza fecero un altro passo incerto verso la porta per poi bloccarsi di nuovo sul posto.

Nicole guardò esasperata Orlando e disse sollevando le mani in aria – Vai prima tu! –
 
 
 
Quando scesero di sotto trovarono le donne che armeggiavano in cucina e gli uomini che stavano apparecchiando la tavola in sala da pranzo. Nicole andò a dare una mano per la cena.

- Eccola! – disse contenta Nathalie quando entrò nella stanza – Credevi di sfuggirci eh? Mi dispiace, ma quelle patate stanno aspettando te per essere capate! –

- Agli ordini chef! – scherzò l’amica prendendo un grembiule.

- Allora Mary, – disse Nat accendendo il fornello – dicci un po’. Come cambia la vita quando si è madri? –

- Cambia, cambia. Eccome se cambia! – rispose con un sospiro la ragazza – Da quando è nato Mat tutto gira intorno a lui: le uscite, le cene, i pasti, le relazioni... Ma è la cosa più bella che mi sia mai capitata. La più bella e la più impegnativa. –

- Brad ti aiuta? – chiese Nicole interessata.

- Si, lavoro permettendo. Quando è a casa passa il tempo a giocare con Matthew e quando può mi aiuta anche con le faccende domestiche. E’ veramente un buon marito. –

- Com’è Orlando come padrino? – chiese ancora Nic con noncuranza.

- E’ molto affettuoso e disponibile, Mat l’adora. Si inventa i giochi più strani e quando stanno insieme non so chi si diverte di più tra i due. Ci sa fare con i bambini e penso che un domani sia un buon padre. E pensare che ci era andato così vicino… - di colpo si interruppe e si accorse di aver parlato troppo. Dopo essersi immobilizzata tornò a tagliare le verdure con un po’ troppa forza.

Nicole aggrottò la fronte. “E pensare che ci era andato così vicino…”. Orlando stava per diventare padre? Sicuramente qualcosa dev’essere andata storta. Ma chi era la donna con cui stava per mettere al mondo un bambino?

Stava pensando a questo quando il diretto interessato entrò in cucina tenendo in braccio Matthew - Mamma? – disse Orlando riferendosi a Mary – Qui c’è qualcuno che ha fame. –

- Davvero e chi sarebbe questo qualcuno? – rispose lei guardando amorevolmente suo figlio.

- Io! – disse Mat con la sua voce da bimbo.

- La vuoi una carota? – disse facendogliela vedere. Il bambino annuì entusiasta e la prese cominciandola a mordicchiare contento.

Nicole lasciò stare per un attimo le patate e si diresse verso Matthew.

- Quanto ha? – chiese dolcemente accarezzandogli una guancia liscia.

- Tre anni. – dissero contemporaneamente Mary e Orlando, che si sorrisero a vicenda.

- Assomiglia davvero tanto a Brad! – continuò Nic sorridendo al bimbo.

- Si, purtroppo. – disse Mary con un’aria di finta delusione – Speriamo che non abbia ripreso dal padre anche il suo modo di fare con le donne altrimenti tra qualche anno dovrò correre dietro con un bastone a tutte le sue fidanzatine! Vero amore? –

Orlando rise – Non ti preoccupare Mat, ti insegnerà lo zio a fare conquiste! –

- Allora siamo freschi! – disse Nicole scherzando.

Orlando la guardò fingendosi offeso – Così mi ferisci. Forse non è arrivata voce a Londra, ma a Los Angeles ho una certa reputazione... - disse ammiccando.

- Certo, certo – dichiarò esasperata la ragazza.
 
 

Dopo aver cenato e chiacchierato fino a notte fonda, gli amici si diedero la buonanotte e ognuno si ritirò nelle proprie camere.
Ben presto Nicole si ritrovò sdraiata supina tra Will, che russava interrottamente, ed Orlando che, infastidito anche lui dal rumoraccio, si rigirava nel letto.

- Bloom! – sussurrò ad un tratto la ragazza.

- Cosa c’è? – rispose scocciato l’attore.

- Vieni a farti una passeggiata con me? – disse con fatica dopo un attimo. Il suo orgoglio le imponeva di comportarsi sempre in un certo modo con Orlando, ma quella notte lei aveva bisogno di risposte. L’affermazione in cucina di Mary, l’aveva lasciata di stucco, e lei doveva capire, doveva sapere la verità.

- Fuori? Ma si gela! – rispose dopo un po’ l’attore, non nascondendo lo stupore.

- D’accordo. Non fa niente. – replicò lei alzando le spalle - Vado a farmi una cioccolata calda in cucina. –

Si alzò lentamente, cercando di non svegliare Will e scese al piano inferiore. Trafficando con i fornelli sentì dei passi e sorrise sotto i baffi. Lo sapeva che lasciandolo così, senza insistere ancora e senza una spiegazione, Orlando l’avrebbe raggiunta presto.

Non aveva resistito molto, pensò compiaciuta.

- Di cosa volevi parlarmi? – disse il ragazzo sedendosi su una sedia.

- Mah, niente di che… – disse Nicole con noncuranza sorridendo tra sé – Volevo togliermi un dubbio a proposito di una cosa... – concluse rimanendo vaga sapendo che così avrebbe avuto la sua totale attenzione.

- Quale cosa? –

“Ci sa fare con i bambini e penso che un domani sia un buon padre. E pensare che ci era andato così vicino..“

Come avrebbe potuto avere la risposta che cercava senza mettere nei guai Mary? In fondo lei non lo aveva fatto apposta, le era scappato e non voleva che Orlando se la prendesse con la moglie del suo migliore amico.

“ Perché sei tornato a Londra?”
“Diciamo che io voglio rispondere a questa domanda quanto vuoi tu rispondere al perché odi il tuo cognome.”
Possibile che le due cose fossero collegate?

- Perché a settembre sei tornato a Londra? – chiese dandogli ancora le spalle.

A giudicare dal suo silenzio capì di aver fatto centro.

- Mi hai già fatto una volta questa domanda, e ti avevo già risposto che preferivo non parlare di questa cosa. – disse seccato Orlando.

Ma Nicole non si arrese. Si voltò e lo guardò intensamente negli occhi.

- Se ti ricordi di quella sera, allora ti ricorderai anche della frase che mi hai detto mentre ballavamo. Mi hai chiesto perché tutte le volte che cercavi di capirmi, io mi chiudevo a riccio. Ora ti faccio la stessa domanda: perché non ti apri con me? –

- Perché, tu lo fai? – disse scettico l’attore.

- Si, l’ho fatto. Ti ricordi quella sera che hai dormito a casa mia? Io quella volta mi sono confidata, mi sono aperta a te. Ora ti prego, fallo anche tu. –

- Perché vuoi saperlo? Perché ti interessa così tanto? –

- Perché voglio capirti, voglio conoscerti. – disse allungandosi verso di lui.

Per un istante sembrò quasi che il ragazzo stesse per parlare quando all’improvviso si sentì l’urlo di Mat che, dal piano superiore, cominciò a piangere.

Per Orlando fu come uno schiaffo e si riprese dal suo stato di trance. Avere Nicole così vicina non lo faceva pensare lucidamente.

- Non ora – disse alzandosi – e non qui. –

Nic lo seguì con lo sguardo aprire la porta a vetri della cucina e sparire nell’oscurità. Quando il rumore dei suoi passi cessarono capì che si era messo a letto.

Dopo qualche minuto lo seguì a ruota e si mise a dormire, dandogli le spalle.
 
 


 
25 dicembre 2005 

Passare il cenone di Natale radunati a casa Boockers fu una delle serate più belle dell’intero 2005 per Nicole. La tavolata era piena di cibi deliziosi che avevano preparato poco prima tutti insieme, anche il piccolo Matthew aveva contribuito. Dopo aver finito di mangiare si scambiarono i regali e, quando fu il turno di Nicole, ricevette doni da tutti tranne che da Orlando. Lei gli aveva regalato un maglioncino nero con lo scollo a “V” e non si aspettava in cambio grandi cose, ma perlomeno un pensiero, cavolo, credeva di riceverlo.
Dopo aver finito il giro dei regali, gli amici si dispersero per la casa.

Nicole stava parlando con Nathalie delle ultime novità che l’amica le stava raccontando, quando sentì qualcosa che le toccava la mano che ricadeva giù a penzoloni dalla testiera del divano. Prima ancora di avere il tempo di vedere chi fosse, sentì nel palmo un pezzo di carta e la mano che avvolgeva la sua sparì. Si scusò con l’amica e, con la scusa di prendere altro champagne, si appartò in un angolo per leggere il bigliettino.

Ci vediamo alla casetta degli attrezzi tra 10 minuti. Stai attenta che nessuno ti segua. Orlando.”

Ma che razza di scherzo è mai questo? Ora si metteva a fare anche gli scherzetti idioti? Nicole, però, si era incuriosita e fece come le aveva detto.
Mentre si allontanava dalla casa illuminata, avvolta nel suo giubbotto, si sentì come una liceale che al ballo di fine anno che si appartava con il suo fidanzato.
Si avvicinò ed aprì la porta della casetta degli attrezzi.

- Bloom? – disse incerta.

- Sono qui. – le rispose vicino all’orecchio facendola sussultare.

- Ma sei impazzito? Mi hai fatto prendere un colpo! – disse mettendosi una mano sul petto.

- Scusa! – rispose lui sorridendo mortificato.

- Ma cos’è tutto questo? – disse indicandosi intorno – Se è uno scherzo non è divertente. –

- Non è uno scherzo. Volevo darti il mio regalo di Natale e volevo dartelo in privato. – disse allungandole un pacchetto.

Nicole lo prese e lo guardò in viso. Con la luce fioca che veniva dalle finestre e le nuvolette di vapore che gli uscivano dalla bocca quando parlava, Orlando era molto
affascinante. Mentre lo guardava fissarla con quell’aria tremendamente sexy, si sentì le gambe molli.
Guardò il pacchetto e cominciò a scartarlo. Quando aprì la scatolina per poco non gliela tirò dietro: il pacco conteneva cinque piccoli sassolini.
Sentì la rabbia cancellarle dalla mente tutte le cose belle che aveva pensato di lui fino a quel momento.

- Ti sembra divertente Bloom? – gli disse arrabbiata.

- Aspetta, non è come sembra. –

- Ah no?! E come sarebbe? Tu mi hai fatta venire qui, mi hai fatta… -

- Puoi stare zitta solo un secondo e sentire quello che ho da dirti? – domandò Orlando mettendole due dita sulle labbra per farla smettere di parlare – Per favore? –

Nic incrociò le braccia e annuì riluttante.

- Ieri mi hai fatto una domanda ed io non ti ho dato una risposta. Visto che oggi è Natale e si sa, a Natale siamo tutti più buoni, ti offro la mia completa sincerità per cinque domande. Potrai chiedermi quello che vuoi, su qualunque cosa, ed io ti risponderò onestamente. – disse Orlando. Poi si mise seduto su uno scatolone impolverato, incrociò le braccia a sua volta e continuò – Spara! –

Nicole, che era rimasta fino a quel momento piacevolmente sorpresa, si sedette accanto a lui e senza pensarci chiese – Perché a settembre sei venuto a Londra? –

Orlando rise, poi disse – Lo sapevo che mi avresti posto questa domanda per prima. Sono venuto a Londra perché dovevo lasciarmi alle spalle una vecchia storia che mi ha molto ferito. – poi vedendo lo sguardo di Nicole che lo stava fissando come per dire “Avevi detto che rispondevi onestamente”, aggiunse – Si trattava di una donna. Il suo nome è Karen. Soddisfatta della tua prima domanda? –

La ragazza annuì contenta.

Orlando prese un sassolino dalla scatola e lo lanciò lontano.

- Ok, seconda domanda. Perché questa storia ti ha ferito molto? – chiese stringendo le gambe al petto.

- Perché… perché Karen era una eroinomane. E nella nostra relazione la droga era un componente che non mancava mai. E con lei tutte le conseguenze che portava.
– disse lasciando intendere che quello era quanto che c’era da sapere, niente di più. Prese il secondo sassolino e lo lanciò, come aveva fatto con quello precedente.

- E’ per colpa della droga che non sei diventato padre? – disse senza il coraggio di guardarlo in faccia.

Dopo un lungo silenzio Orlando disse – Come fai a sapere del bambino? –

- Credevo che toccasse a me fare domande… – disse Nic con un mezzo sorriso.

- Si. Lo ha perso al quarto mese di gravidanza a causa di un’overdose. Appena una settimana prima ci avevano detto che era un maschietto. – disse amaramente.

Una volta ricomposto prese il terzo sassolino e gli face fare la fine degli altri due.

- Come ti senti da quando hai chiuso con Karen? – chiese Nic tornando a guardarlo.

- Mi sento… vivo. Ho riacquistato la voglia di vivere che avevo perso. Voglio recuperare gli anni che ho buttato via e voglio fare quello che mi piace. Voglio divertirmi e stare bene e voglio vivere la vita senza pensare troppo al futuro, voglio vivere giorno per giorno, godendomi ogni attimo. –

Stavolta fu Nicole a lanciare via il sassolino e gli sorrise.

- La mia ultima domanda non voglio fartela ora. Posso tenermela per un altro momento? –

- Certo, è il tuo regalo e puoi farci quello che vuoi. – disse sorridendogli a sua volta.

- Rientro prima io, va bene? – disse Nic dopo un po’.

- Ok. Non voglio che ci vedano. Questa è una cosa tra me e te. –

Nicole si alzò, si chinò e, per la seconda volta, lo baciò sulla guancia.

Prima di sparire dietro la porta si girò gli disse – Buon Natale, Bloom! E, per la cronaca, non potevi farmi un regalo migliore. –

- Buon Natale anche a te, Leinghton. –
 
 
 

 
31 gennaio 2005 

23.30

- Alla salute! – disse Brad

- Alla salute – ripeté Orlando facendo tintinnare il bicchiere contro quello dell’amico. Era il loro quarto brindisi e cominciavano a sentire gli effetti del Whisky.

L’attore si voltò e cercò con lo sguardo Nicole. La trovò seduta sul divano mentre rideva con Will, Nathalie e Dan, tendendo in mano un bicchiere con un liquido ambrato dentro.

La studiò bene: indossava un abito rosso paillettato con una sola manica, che le arrivava al ginocchio e scendeva più lungo da una parte. I capelli erano legati in una coda tirata alta, che le metteva in risalto i lineamenti del viso.
Quando si accorse che qualcuno la stava guardando, Nicole fissò a sua volta Orlando.
ed alzò il bicchiere nella sua direzione, facendogli un cenno con la testa, il ragazzo la imitò ed insieme vuotarono i rispettivi bicchieri.
 
23.50

- Mancano 10 minuti al 2006! – disse contendo Daniel guardando l’orologio.

- Cominciamo a preparare lo spumante, ma dov’è Will? – domandò Nathalie guardandosi intorno.

- E’ andato a prendere i bicchieri per il brindisi – ripose Brad entrando nella sala da pranzo tenendo in braccio Matthew.

Nicole si guardò intorno divertita. Il salone della villa dove alloggiavano da più di una settimana era addobbato a festa, con striscioni con su scritto “Buon 2006!” . Gli amici, un po’ troppo esuberanti grazie all’alcool, indossavano dei cappellini colorati e soffiavano contenti nelle loro trombette.
Un nuovo anno sarebbe iniziato nel giro di pochi minuti e con se, avrebbe portato via i vecchi problemi. Le domande di rito che ogni persona si poneva l’ultimo dell’anno, invasero i pensieri di Nic. Avrebbe trovato l’amore? Avrebbe passato il 2006 in salute e in felicità? Che bilancio poteva fare dell’anno passato? Cosa si sarebbe riproposta di fare?

Mentre la ragazza pensava a questo si guardò intorno: Mary, Nathalie ed Orlando stavano sistemando i bicchieri sul tavolo, Matthew strillava eccitato vedendo tutti quanti che correvano per casa preparando il necessario per festeggiare il Capodanno, Daniel e Brad chiacchieravano tra di loro delle rispettive squadre preferite di calcio. Will? Dov’era Will? Lo vide seduto su una poltrona color porpora mentre fissava il suo bicchiere pieno.

- Orso? Che succede? – disse Nicole andandogli vicino.

- Non so, sai com’è il Capodanno. Si pensa all’anno passato, a quello che deve venire.. – disse l’amico vago. Nic capì subito a cosa stava pensando.

- Pensi ancora a Jennifer, vero? –

- Si, cioè non in quel senso. Penso solo che, dalla fine della nostra storia, non ho avuto più nessun interesse per un'altra donna. –

- Will, vedrai che troverai quella giusta. Ma non pensarci ora, non rovinarti la festa! –

- Lo so, hai ragione! – disse e, svuotando il bicchiere in un sorso disse – Vado a parlare di cosa da uomini – l’abbracciò velocemente e si diresse verso Brad e Dan.
 
23.55

- Meno cinque minuti! – disse Mary guardando lo schermo della TV.

Tutti fecero un gridolino di eccitazione, un po’ perché erano brilli, un po’ per il clima di festa, sembravano tutti quanti essere tornati bambini.
 
23.59

- Un minuto! – gridò Will.

Orlando fece il giro del tavolo e si sedette affianco a Nicole. Le loro braccia si sfiorarono e un brivido percosse la schiena dei due ragazzi.

- Bilancio dell’ultimo anno? – chiese Orlando avvicinandosi.

- Buono. – rispose Nic alzando le spalle - Il tuo? –

- Anche, mi sono successe molte cose interessanti. –

- Tipo? – chiese con innocenza la ragazza.

- Quaranta secondi! – urlò qualcuno.

- Ho fatto incontri molto proficui. – rispose con noncuranza.

- Davvero? –

- Si -

- Ad esempio? – disse Nicole avvicinando il viso a quello di Orlando.

Tutti gli amici iniziarono il conto alla rovescia, urlando impazienti.

- Poi te lo dirò. – rispose Orlando strizzando un occhio.

Nicole sorrise debolmente e spostò lo sguardo sulle persone intorno a lei che sorridevano e contavano all’unisono.
Dopo un’occhiata complice, i due si alzarono in piedi e si unirono anche loro ai festeggiamenti. Dopo qualche altro secondo scoppiarono tutti in un urlo fragoroso che si mescolò al suono delle bottiglie di spumante stappate.

Nicole si sentì acchiappare da dietro – Auguri Nic!! – le disse Will abbracciandola forte.

- Auguri anche a te Orso! – gli disse stringendolo a sua volta.

Ci fu un tripudio di baci, abbracci e felicitazioni di buon anno nuovo. Riempirono i bicchieri con lo spumante e fecero il brindisi. Tutti quanti ridevano felici e si scambiavano dimostrazioni d’affetto.

Uscirono tutti fuori e cominciarono ad accendere i loro fuochi d’artificio.
Mary, Brad e Matthew si abbracciavano tra di loro, Daniel e Nathalie si stavano baciando appassionatamente, Will, Orlando e Nicole scherzavano felici. A un tratto Brad e Will andarono a procurarsi gli accendini e così i due ragazzi rimasero soli.

Nicole, un po’ troppo spavalda grazie al suo amico Alcool, prese per mano Orlando e gli disse dolcemente – Vieni con me. –

Lo condusse lontano dagli amici, e lo portò di nuovo nella casetta degli attrezzi.
La ragazza perse l’equilibrio a causa dei tacchi alti e della sbronza ma Orlando la tirò a se prima che potesse cadere.
Si ritrovarono con i loro visi pericolosamente vicini, il fiato di uno che accarezzava dolcemente il volto dell’altro. Gli unici rumori erano i fuochi d’artificio in lontananza ed il suono dei loro respiri affannati.

Nicole prese coraggio e affondò le sue labbra in quelle morbide di lui e, per la prima volta, si baciarono. Fu un bacio lento e dolce, che sapeva di spumante e felicità, le mani accarezzavano ogni parte del loro viso.
Quando si staccarono Orlando le sorrise, le toccò il mento con un dito e la condusse fuori. Si appoggiarono su una ringhiera che delimitava la proprietà dei Boockers e che dava su uno strapiombo. Da lì c’era una meravigliosa vista dall’alto su tutta la città di Manchester, illuminata dei colori accesi dei fuochi d’artificio.
Rimasero lì abbracciati a guardare lo spettacolo senza dire una parola fino a che, lentamente finirono anche gli ultimi botti e il cielo tornò ad essere soltanto una grande distesa nera.
 
03.30

- Sei stanco? – disse Nicole alzando gli occhi per guardare quelli di lui.

- Si. – rispose lui prendendole la testa tra le mani – Ma non rientriamo dentro, non ancora. –

- E dove vuoi dormire? –

- Qui! – rispose il ragazzo con ovvietà dopo averla baciata.

Si sdraiò per terra e allargò le braccia verso di lei.

- Bloom, si vede proprio che sei ubriaco. Se fossi stato sobrio non avresti mai fatto una cosa del genere. – rispose Nic ridendo e cercando di mantenere l’equilibrio – Tu, uno così schizzinoso, una star del tuo calibro, non si sarebbe mai sdraiato a terra in quel modo. -

Orlando sorrise e disse – Primo, non sono uno schizzinoso, secondo non sono ubriaco ma sono leggermente brillo! –

- Si, come no! Tu sei sobrio come io sono bionda. –

- Ma tu non sei bionda! – disse Orlando dopo un attimo, con aria confusa.

- Appunto, idiota! – rispose la ragazza ridendo. Si buttò accanto a lui e appoggiò la testa sul suo petto.

Si coccolarono ancora per qualche minuto e poi si addormentarono.

“Si”, pensò poco prima di assopirsi, “questo 2006 inizia proprio bene.
 
 


La mattina Nic dopo si svegliò con un grande mal di testa e, quando aprì gli occhi si ritrovò sdraiata con il corpo intrecciato a quello di Orlando, che dormiva ancora.

Come ci era arrivata la fuori? E cosa ci faceva lì con Orlando?

I ricordi della sera precedente le passarono davanti agli occhi: il rum, il bacio, i fuochi d’artificio... Aveva baciato Orlando Bloom? Ma era impazzita?
Sgusciò fuori dalla morsa delle braccia di Orlando, recuperò le scarpe, e si alzò. Facendo quelle azioni non tenne conto di essere nella fase post-sbronza e così ricadde per terra atterrando di sedere.

- Merda! – disse massaggiandosi la parte dolorante.

- Nicole… – disse confuso Orlando. Dalla sua faccia Nicole capì che stava passando anche lui dalla fase “Cosa cavolo di faccio qui” al “Oh cazzo, che cosa ho combinato?”

- Lo so… – disse la ragazza leggendogli nel pensiero e provando ad alzarsi, stavolta con più calma.

- Io… - replicò imbarazzato Orlando grattandosi la testa – Non so proprio cosa mi sia preso ieri sera… -

- Neanch’io. Eravamo ubriachi e un po’ troppo esuberanti, tutto qui. – disse Nic con semplicità.

- Sono d’accordo. Allora… facciamo finta che non sia mai accaduto? –

- Andata – acconsentì la ragazza.

Nicole lo aiutò ad alzarsi e, barcollando, si avviarono verso la villa.

- Certo che non hai proprio contegno eh? Hai aspettato che fossi ubriaco e fuori di me per saltarmi al collo, non è così? – fede Orlando sghignazzando divertito.

La ragazza si voltò verso di lui spalancando la bocca e dandogli una botta con le sue prezione decoltté abbinate al suo vestito che ancora teneva in mano.

- Ma falla finita! -
 
 

Quando l’attore fu sotto la doccia si abbandonò ai suoi pensieri.
Che cosa aveva fatto? Lo sapeva che anche se avevano deciso insieme di far finta di niente, le cose tra di loro erano cambiate.
Cosa gli era preso? Tra pochi giorni lui sarebbe tornato in California e chissà quando avrebbe potuto mettere piede in Inghilterra. Era un bel casino. Ma perché lo attraevano sempre le storie impossibili? Questa volta era anche peggio. Lo sapevano tutti che non bisognava mai mischiare il lavoro con la vita privata.

Ripensò alle labbra calde di Nicole che si muovevano sulle sue, ripensò alla sensazione del suo tocco leggero sulla sua schiena. Ripensò al suo viso illuminato dal bagliori dei fuochi d’artificio, al suo profumo incredibilmente vicino, ai suoi occhi di cristallo.

Basta” si ammonì subito “Non fare lo sdolcinato. Ora tornerai a L.A. e ti troverai qualche ragazza che ti farà dimenticare questa storia”.

 Si, così andava meglio.
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8



Londra, 16 maggio 2006


Nicole era seduta su una sdraio fuori al suo terrazzo. Quando era primavera amava starsene lì godendosi le rare giornate di sole della capitale inglese, leggendo un buon libro o sorseggiando una spremuta d’arancia. Amava sentire il vento fresco che le accarezzava il collo accaldato, ascoltare in lontananza i rumori della metropoli e sentirsi totalmente isolata da essi, come in una bolla di sapone, in un mondo dove esistevano solamente lei e il suo libro. Le piaceva pensare che, insieme al suo sudore, il vento trascinasse via con se anche alcuni dei suoi problemi o che, perlomeno, lui potesse alleviare il dolore che ne portavano.
La sua parte razionale, invece, era perfettamente a conoscenza del fatto che questi ultimi non possono essere spazzati via così facilmente.
I Problemi sono dei piccoli demoni che rendono la vita un po’ più movimentata e creano gli ostacoli che ogni persona è costretta a oltrepassare per non bloccarsi a metà strada. Questi demoni purtroppo sono molto furbi e meschini. Sono esseri opprimenti, che ti tartassano e che ti seguono ovunque vai, come un’ombra. Ti avvolgono tra le loro braccia taglienti e ti stringono, togliendoti il fiato. I Problemi, però, sanno essere anche molto pazienti. Sono molto abili nel nascondersi e nel trovare il momento giusto – che di solito è quello più sbagliato – per venire fuori e scatenarti addosso il finimondo. Aspettano tranquilli, appartati in qualche angoletto chissà dove, pregustando già il sapore della vittoria e, quando meno te lo aspetti, sono pronti a scagliarti addosso tutta la loro potenza. Nicole lo sapeva bene.
 
Quei mesi erano stati particolarmente intensi. Dall’uscita dei cartelloni pubblicitari della linea, l’OB Diamond Collection fortunatamente andava alla grande, anche meglio delle loro previsioni. I clienti arrivavano a frotte da tutta Londra per acquistare i capi nel Black Diamond  spendendo somme allucinanti solo perché quella marca era stata sponsorizzata dal loro mito.
Un giorno un gruppo di ragazzine era venuta in negozio con tanto di magliette con su scritto “Orlando we love you” credendo nelle loro menti da bambine che avrebbero trovato Orlando dietro al bancone che vendeva l’intimo come se fosse un normale commesso di un negozio del centro della città.
Quando Nic spiegò pazientemente che lui non sarebbe venuto oggi - e no, neanche domani e no, neanche nei prossimi giorni – finalmente demorsero.
Come aveva previsto l’attore, non solo le donne venivano per acquistare la linea per i loro fidanzati, ma anche gli uomini in negozio aumentavano sempre di più.
L’unica cosa che di certo non aiutava Nic, era la gigantografia di Orlando in mutande e in tutta la sua bellezza che doveva tenere esposta in negozio. Tutte le volte che entrava la mattina nella sua attività, lo sguardo si posava puntualmente sul cartellone, soffermandosi un po’ troppo sui suoi addominali scolpiti e sul suo sole tatuato accanto all’ombellico.
Inutile dire che, oltre a lei, tutte le clienti di sesso femminile lo apprezzavano molto.
 
Stava appunto godendosi uno dei suoi momenti di tranquillità sulla terrazza, quando sentì squillare il suo telefono. Lasciò andare la testa all’indietro e sospirò dolentemente. Allungò svogliata la mano e prese il suo Iphone. Quando lesse il nome, per poco non le venne un colpo.

Orlando? Cosa voleva? Erano mesi che non si parlavano, l’ultima volta era stata a Capodanno, quando era successa… quella cosa.

Accettò la chiamata e portò il cellulare all’orecchio.

- Pronto? – rispose fingendosi tranquilla.

- Nicole! – guizzò lui dall’altro capo – E’ una vita che non ci sentiamo. Come stai? –

- Molto bene, grazie. E tu? – domandò lei con il suo stesso tono.

- Benone. – ribatté l’attore. Anche dal telefono, Nicole capì che stava sorridendo. – Allora… giugno è quasi arrivato eh? –

- Già… - fece la ragazza non capendo dove volesse andare a parare.

Il tono di Orlando si fece un po’ più imbarazzato. - Cosa hai deciso alla fine? Guarda che io non mi sono mica dimenticato… -

Nic fissò il panorama davanti a se e corrugò le sopracciglia – Cosa dovrei aver deciso? –

- Il matrimonio di tua sorella… -

La ragazza rimase in silenzio cercando di fare mente locale. Nonostante il suo sforzo non riusciva proprio a trovare il nesso tra il matrimonio di Charlotte e Orlando.

- Dai hai bisogno ancora di un finto fidanzato o sei riuscita a trovarne uno vero? – domandò lui ridendo nervosamente.

- Non posso credere che te lo sia ricordato veramente. -

- Cosa credevi Leinghton, io sono un uomo di parola. Ma non hai ancora risposto alla mia domanda, hai trovato un ragazzo da portarci si o no? –

- Veramente no. – ammise lei sorridendo a suo malgrado.

- Bene. Mi fa molto piacere – disse l’attore tornando al suo tono felice e tranquillo che lo caratterizzava  – Puoi ricordarmi quando sarebbe di preciso? –

- Ah, beh, le cose si sono complicate. –

- In che senso? –

- Beh, mia sorella e le sue manie di protagonismo… Ha spostato il luogo del matrimonio. Ora lo festeggerà a Parigi, e offrirà tre giorni agli invitati in un residence. Se non puoi non fa niente… Insomma lo capisco… Tre giorni…  A Parigi.. - disse cominciando a dire frasi di circostanza

– E poi questa era uno stupido patto che avevamo fatto quando io ero ubriaca e tu eri preso dal… -

Ma Orlando non la stava ascoltando.

Tra tante città perché proprio Parigi?”  pensò l’attore tra se. Non era questione di tempo, aveva appena finito di girare un film, ed avrebbe avuto un mese libero da poter passare come voleva. Il fatto era che, dalla fine della storia con Karen, non poteva più sentire nominare quella città. Il luogo dove era cominciato tutto, dove si erano conosciuti, dove si erano innamorati. Tornare in quei luoghi avrebbe significato riaprire quella ferita che ci aveva messo tanto a rimarginarsi. Una vocina però gli disse che l’obiettivo che si era prefissato era quello di lasciarsi alle spalle il passato e iniziare a godersi il presente. A lui piaceva passare del tempo insieme a Nicole e gli avrebbe fatto veramente piacere passare tre giorni insieme a lei. A dirla tutta, ne aveva veramente bisogno, un bisogno quasi fisico, doloroso, ma questo naturalmente non lo avrebbe mai ammesso.

- No, posso. Per me non c’è problema, amo Parigi. – mentì lui interrompendo il monologo della ragazza – puoi dire i giorni precisi? –

- Davvero? – domandò Nicole stupita.

- Certo. Te l’ho detto, quando prometto, mantengo! –

Nicole sorrise ancora di più e si strinse le gambe al petto come un’adolescente in balia della sua prima cotta.

– Dal 18 al 20 giugno. Ti mando per e-mail le informazioni precise su come raggiungere il residence. –

- D’accordo. Allora ci vedremo il 18 giugno. Ah, – disse all’ultimo prima di riattaccare -raccomandazioni particolari sull’abbigliamento? –
 
 
 
 
 

Parigi, 18 giugno 2006


- Bloom! Hai fatto? Sbrigati o faremo tardi! – disse Nicole saltellando su un piede solo, cercando di infilarsi una scarpa con il tacco argentata.
Quando era arrivata al meraviglioso agriturismo, situato tra due colline della periferia parigina, sentiva di non voler essere in nessun altro posto al mondo. Il rosso mattone dei muri della vecchia struttura da poco ristrutturata, si mescolava armoniosamente con il giallo delle colline, e con i colori vivaci dei fiorellini che crescevano intorno al residence. L’agriturismo “Le Petit Chaquerie” odorava di baguette appena sfornata e del profumo del glicine che ricopriva la maggior parte della veranda esterna. Gli unici suoni che si potevano avvertire erano il dolce cinguettio degli uccellini e il lento scrosciare del piccolo ruscello che scorreva poco più in là. Niente traffico, niente clacson che suonavano all’impazzata.

Quando arrivò alla reception per fare il check-in, trovò Charlotte circondata dalle sue solite amiche oche e svampite che ridacchiavano tra loro.

- Oh Nicole, eccoti qui! Credevo che ti fossi persa! – fece la sorella agitando una mano come faceva una donna dell’ottocento.

- Ho trovato un po’ di traffico per uscire da Parigi. Devo dare i miei dati alla ragazza? – disse indicando l’addetta al front office.

- No, ha già i dati di tutti, devi solo firmare. Ma… dimmi un po’… non mi avevi detto che saresti venuta con Orlando! – disse lei avvicinando il suo viso con aria da pettegola.

- Già, beh, devo essermi scordata! – rispose Nic nervosa e facendo istintivamente un passo indietro.

- Ma… state insieme? – chiese la sorella abbassando la voce.

- Cosa? No! – si sbrigò a rispondere quasi schifata. Poi, vedendo la faccia perplessa della maggiore, aggiunse – Non ufficialmente per lo meno!
– e sorridendo imbarazzata andò alla reception per sistemare le faccende burocratiche del soggiorno.
 


- Va bene signorina Leinghton, il suo fidanzato la sta aspettando nella vostra camera, la numero 218. Le auguro un buon soggiorno. – disse la ragazza in un perfetto inglese ma sporcato dal suo accento francese.

Alla parola “fidanzato” Nicole ebbe una stretta al cuore.

- A che ora dobbiamo scendere per la cena? - disse voltandosi verso Charlotte.

- Alle 19.00 in piscina per l’aperitivo – le disse meccanicamente, quasi come se facesse parte di un copione.
 
Nic uscì sul vialetto cercò la sua camera. Quando vi si trovò davanti bussò e dopo un attimo la porta si aprì.

- Ben arrivata, ti stavo aspettando. – le disse Orlando sorridendo.

Si, decisamente non c’era un altro posto dove voleva essere, se non lì.
 
 


Quattro ore e venticinque minuti dopo era lì a sbraitare, come al solito, contro Orlando.

- Ancora senza camicia? Ma ti vuoi muovere? Tra dieci minuti dobbiamo essere in piscina o Charlotte mi ucciderà! – disse Nicole nervosa sistemandosi allo specchio il lucidalabbra sulla sua bocca carnosa.

- Sono indeciso – disse il ragazzo facendole vedere due camicie appese alle stampelle - Nera e elegante… – domandò sollevando quella nella mano destra – oppure bianca e casual? – chiese alzando quella che teneva nella sinistra.

- Nera, decisamente – rispose lei guardandolo dallo specchio.

La ragazza indossava un abito blu notte monospalla, scarpe alte argentate, cerchi alle orecchie anch’essi argento e i capelli che le ricadevano morbidi sulla schiena.

- Per immedesimarmi nel personaggio ho bisogno di alcune dritte – disse Orlando abbottonandosi la camicia.

- Oh andiamo, quale personaggio Orlando? Non siamo a Hollywood e io non sono il tuo regista. – vedendo poi la faccia truce dell’attore, alzò gli occhi al cielo e aggiunse - Niente cose sdolcinate in pubblico, niente sorrisi da ebete e niente nomignoli come “piccola”, “amore” o “tesoro”.
Molti sguardi d’intesa, battute divertenti e… non so, sii te stesso! –

- D’accordo. Facile. – disse passando ai bottoni dei polsini.

- Voglio che le persone mi invidino, soprattutto le amiche di mia sorella che mi hanno sempre trattato con superiorità. Voglio che diventino verdi dalla gelosia, quelle racchie! –

Orlando ridacchiò – Ho capito, sono perennemente circondato da persone così. So come fare, ma tu devi lasciarmi carta bianca e devi reggermi il gioco, ok? –

- Va bene, anche se l’idea mi preoccupa. –

Dopo qualche secondo di silenzio, Nicole spostò a disagio il peso da un piede all’altro, si fece coraggio a si decise a dire la frase che, entrambi sapevano, doveva essere detta.

– Senti Orlando, io devo davvero ringraziarti. Qualsiasi cosa tu abbia bisogno in futuro, dimmelo, mi sdebiterò. Questa non è una cosa che avrebbero fatto in tanti, soprattutto senza aspettarsi nulla in cambio o senza farmelo pesare più di tanto. –

- Dai, - disse il ragazzo sorridendo leggermente compiaciuto – andiamo o faremo tardi. –
 
 

Un’ora e mezza più tardi, Nicole guardava sorpresa Orlando che chiacchierava beatamente con il padre.
Suo padre.
Robert Leinghton in persona.
I due sembravano andare molto d’accordo e parlavano dei prossimi film in uscita e di quelli che, secondo loro, avevano fatto la storia del cinema mondiale. Nic non diceva niente per paura di rovinare tutto. Le poche volte che era intervenuta nella discussione era per assentire alle esternazioni di Orlando o per elogiare il lavoro svolto da un regista di cui non si ricordava più nemmeno il nome.
Era la prima volta quella sera da non sapeva neanche quanti anni, che vedeva finlmente suo padre starsene tranquillo, non dico felice, ma sereno e in pace con il mondo. Dalla rabbia rotvailer alla calma di un Sanbernardo.

- Le dispiace, Signor Leinghton, se ballo con sua figlia? – disse ad un tratto Orlando prendendo la mano di Nicole.

- No, – disse Robert guardando da un'altra parte, improvvisamente a disagio – fate pure. –

L’attore la trascinò a bordo piscina, dove le coppie ballavano lentamente ai piedi di un palco su cui cantava una band francese ingaggiata apposta per la serata.

- Sta andando bene, no? – domandò Orlando vicino al suo orecchio.

- Direi di si – annuì Nic.

Il loro corpi si muovevano lenti ma precisi, sciolti al punto giusto.

- Ridi. – disse poi il ragazzo tirandosi leggermente indietro per guardarla negli occhi.

- Cosa? – domandò Nicole perplessa.

- Fa finta che ti ho detto qualcosa di divertente e ridi. Ci stanno guardando. –

 Nicole buttò indietro la testa e scoppiò in una risata cristallina e molto più civettuola del normale.
Si voltò nella direzione che Orlando le aveva indicato con lo sguardo e vide le amiche di Charlotte che la guardavano con invidia, parlottando tra loro.

- Ben fatto – si complimentò la ragazza.

- Grazie – disse compiaciuto, poi aggiunse – non ti arrabbiare ora… –

Prima di aver tempo di ribattere, Orlando si riavvicinò e le diede un bacio sulle labbra. Nicole si irrigidì d’impulso colpa di sorpresa, ma se ne sarebbe accorto solo il ragazzo che stringeva tra le braccia.

- Dopo facciamo i conti. – le disse lei tra i denti sorridendo amabile.

- Lascia fare, fidati. – replicò l’attore sicuro di sé.
 
 
Poco dopo i futuri sposi annunciarono che era ora di salire nelle proprie camere visto che, l’indomani mattina, ci sarebbe stato il matrimonio.

Nicole ed Orlando raggiunsero la loro stanza e cominciarono a prepararsi per la notte.

- Tuo padre sembra un uomo a posto. – disse Orlando entrando nel letto.

Perché ci hai parlato per soli 10 minuti” pensò la ragazza.

- Già… – rispose lei aggiustandosi i cuscini dietro la testa.

- Perché ce l’hai tanto con lui? – domandò l’attore guardandola.

Nic sospirò e si sistemò meglio il lenzuolo.

– Perché non è stato un buon padre, perlomeno non con me. –

- Cosa vuoi dire? – insistette lui voltandosi su un fianco. Il suo viso era concentrato così tanto a decifrare le espressioni di Nicole che non si
accorse di aver assunto un tono forse troppo invadente.

- Da quando è morta mia madre ha fatto di tutto per consolare Charlotte, scordandosi che c’era anche un’altra figlia che aveva bisogno di lui e delle sue attenzioni. Ma evidentemente era troppo occupato ad elogiare mia sorella per accorgersene. – fece la ragazza sorridendo sarcastica.

L’attore tornò a stendersi supino e portò le mani dietro la testa con aria pensierosa. Aveva così tante domande da porgli, ma non voleva sembrare troppo curioso o ficcanaso.

- Ti manca tua madre? – disse dopo un po’ con una nota di dolcezza.

- Si. Cioè, è complicato. – rispose l’altra impacciata guardando a sua volta il soffitto bianco - Io ho pochi ricordi di lei, visto che quando è morta ero molto piccola. Quindi non so come sarebbe stato crescere con una madre accanto che, non so, ti spazzola i capelli prima di andare a dormire, che ti ascolta mentre parli del tuo primo fidanzatino o che ti spiega come mettere bene il trucco. Penso spesso al fatto che, oltre ad essersi persa molte cose di me e della mia infanzia, non mi starà accanto nei momenti più importanti della mia vita o non vedrà mai i suoi futuri nipotini, tanto per citarne solo alcune. Ma credo che queste cose le pensino un po’ tutte le persone che hanno perso un genitore quando erano piccoli. Tu ci pensi mai? –

- Si. Ci penso sempre anche io. –

- Com’è stata la tua infanzia? – chiese dopo un po’ Nicole.

- Nonostante tutto non posso lamentarmi. – disse l’attore alzando le spalle – Mia madre non mi ha fatto mai mancare niente. E’ stata sorprendente, non si è lasciata abbattere, ha ripreso in mano la sua vita ed è riuscita ad andare avanti crescendo due figli da sola. A volte penso che sia una roccia che cammina, davvero! –

La ragazza sorrise e poi sbadigliò sonoramente.

- D’accordo Bloom non ce la faccio più a sentirti blaterare. – disse facendolo ridere - Sono davvero stanca. Buonanotte. –

- Buonanotte. – rispose Orlando.

Voltò il viso sul cuscino e prese a osservare i tratti al buio della ragazza che era accanto a lui, o perlomeno quelli che riusciva a mettere a fuoco. Il pensiero andò subito al suo amico Brad, sicuramente una volta tornato a Los Angeles lo avrebbe preso in giro fino alla fine dei suoi giorni per il fatto che era rimasto a dormire con una ragazza del genere per tutta la notte senza andarci a letto.
Le linee del corpo di Nicole coperte solamente da una coperta leggera, lasciavano immaginare le forme del suo corpo così snello e equilibrato che l’idea di possederlo solamente per una notte come un oggetto, non gli attraversò la mente nemmeno per un secondo. Nic non era quel tipo di ragazza, lei si meritava molto di più di quel trattamento.

- Bloom…- ciancicò la giovane con la voce impastata dal sonno.

- Si? – rispose lui amabile.

- Se continui a fissarmi così, non riesco a dormire. –

- Scusa - rise allora voltandosi dall’altra parte.

Orlando non potè vederla ma Nicole, con il viso affondato nel cuscino profumato, stava sorridendo anche lei.
 
 
La mattina seguente Nic uscì dalla doccia stringendosi l’asciugamano intorno al corpo. Con la mano spannò lo specchio che, a causa del vapore, si era annebbiato. Guardò il suo riflesso e si passò una mano tra i capelli bagnati. Si infilò il completo intimo color carne preso dal suo negozio apposta per l’occasione ed uscì dal bagno in mutandine e reggiseno, cominciando a rovistare nell’armadio.

Orlando guardava divertito la ragazza mezza nuda che cercava in fretta il suo vestito imprecando sottovoce.

- Dove diavolo è andato a finire? Ieri sera era proprio qui… -

- Nicole – le disse l’attore ridendo e indicando il letto a baldacchino – se cerchi il tuo vestito, cosa facilmente immaginabile visto che ti aggiri in intimo per la stanza, è prorpio lì… –

La ragazza si girò e, vedendo il suo abito appeso sano e salvo, sospirò sollevata.

Mentre l’attore si stava sistemando la cravatta allo specchio, lei gli domandò tenendosi l’estremità del vestito sulle spalle - Puoi aiutarmi con la chiusura lampo per favore? –

Orlando si avvicinò, le spostò i capelli su una spalla e le tirò su la zip, lentamente. Nicole si voltò imbarazzata, gli mormorò un grazie appena udibile e si diresse verso lo specchio,  mettendosi un orecchino.
L’attore guardò attentamente la ragazza che aveva davanti e la trovò bellissima. Indossava un lungo vestito verde smeraldo che rimaneva attillato fino alla vita e poi si allargava fino ai piedi, una collana elaborata di varie sfumature di verde e bianco valorizzava il bustino con lo scollo a cuore, i lunghi boccoli neri ricadevano fino a sotto il seno e gli occhi erano truccati con un po’ di eye-liner.

- Sei bellissima – le disse guardandola.

- Grazie, anche tu. – gli rispose lei scrutandolo dallo specchio.
 


Un’ora più tardi i due erano seduti sulle seggiole coperte dal tulle bianco del giardino dell’agriturismo. Le sedie erano tutte rivolte verso un altare immerso tra gigli e rose bianche dietro il quale il prete osservava sorridendo gli invitati. Pierre stava in piedi e stringeva di tanto in tanto le mani nervoso.
Ad un tratto si sentì la marcia nuziale e tutti quanti si alzarono in piedi, guardando verso l’inizio del tappeto bianco che era stato steso di fronte all’altare. Sfilarono prima i paggetti, poi la damigella d’onore e infine comparve Charlotte, che sorrideva radiosa verso il suo futuro marito. Era stretta in un abito candido e attillato, con le spalline ornate da piccole roselline anch’esse bianche. Percorse il tragitto fino a che la sua mano incontrò quella di Pierre, che la guardava estasiato.
Il prete iniziò la messa ed entrambi si scambiarono le loro promesse di rito.

Nicole, per tutta la durata della funzione, stringeva la mano di Orlando e guardava con la coda dell’occhio suo padre che le sedeva accanto.

Dopo la cerimonia e le felicitazioni ai neosposi, gli ospiti si spostarono nel giardino del fienile nel retro dell’agriturismo.
Il buffet era stato allestito all’interno della costruzione e i tavolini erano stati sistemati tutt’intorno al recinto. Sui lunghi tavoli disposti a ferro di cavallo, erano stati appoggiati vassoi pieni di cibi deliziosi e bevande di ogni tipo, serviti da camerieri vestiti con gilet e papillon che cuocevano gelati al flambé.
Al centro del giardino era stata allestita una pista da ballo circondata da vasi pieni di fiori freschi e profumati, abbinati al bouquet della sposa.
Sul palco presente anche il giorno prima, suonava una band inglese e i musicisti, vestiti elegantemente, suonavano musica soft. Dietro di loro era stato appeso uno striscione con su scritto a lettere d’oro  “Pierre e Charlotte” e sotto più piccolo “19 giugno 2006” .

Lei ed Orlando erano stati messi al tavolo insieme a Robert, i signori Jacqueline, la graziosa Minette, la sorella dello sposo, ed altri parenti. Stranamente c’era un’aria di tranquillità e tutti quanti ridacchiavano divertiti alle battute di un alticcio Jacques, il padre di Pierre e Minette. Anche Robert sembrava divertirsi e Nicole faticava a riconoscere suo padre dietro a quella facciata di strana pacatezza.

Dopo le miriadi di foto di famiglia e le conversazioni tirate con i parenti del suo nuovo cognato, Nicole per la seconda volta in due giorni, si ritrovò abbracciata ad Orlando al centro della pista da ballo, osservando Charlotte e Robert che si muovevano lentamente nel loro ballo padre-figlia.

- Come va? – le sussurrò Orlando in un orecchio.

- Bene – disse Nicole sospirando e stringendo appena più forte il collo dell’attore.

Anche il ragazzo la strinse più saldamente e le diede un bacio sui capelli.

- Grazie per essere qui. – gli disse ad un tratto Nic poggiando la testa sulla sua spalla.

- Grazie a te per avermi fatto venire. Sono contento che tu abbia scelto me come tuo finto fidanzato. – rispose lui ridendo.

- Sei il migliore finto fidanzato che abbia mai avuto… - replicò lei sorridendo – oltre che l’unico! –

Pierre intanto bussò alla spalla di Robert chiedendogli il permesso di prendere il suo posto per il ballo con la sua neo moglie.

- Stasera ti voglio portare in un posto speciale per me. – disse l’attore dopo qualche secondo per interrompere il silenzio imbarazzato che si era creato tra di loro – In questi giorni sto conoscendo molte cose su di te, ed è ora anche tu sappia qualcosa in più su di me. –

- Non sei obbligato a farlo. – disse Nicole infilando la bocca nell’incavo tra il collo e la giacca di Orlando.

Il ragazzo fu scosso da un brivido di piacere – Ma lo voglio fare, – disse chiudendo gli occhi – soprattutto dopo che tua zia Tina mi ha raccontato tutte quelle graziose storielle di quando eri piccola. Diciamo che devo bilanciare la cosa o sarebbe troppo facile per me prenderti in giro mia cara Leinghton. -

- D’accordo allora… – disse lei sorridendo contro la sua pelle.

La musica fu interrotta per lasciare spazio al discorso del best man di Pierre, suo cugino Philippe, che imbarazzò il novello sposo raccontando aneddoti divertenti su di lui e le sue figuracce durante il college. Poi fu il momento del taglio dell’enorme torta a tre piani, decorata da fiori bianchi e rosa e da una copertura di panna montata. Pierre e Charlotte brindarono felici e affondarono un coltello d’argento tracciando il primo taglio della torta, come da tradizione.

La festa andò avanti fino a notte inoltrata, quando gli invitati furono tutti ubriachi o troppo stanchi per continuare a festeggiare. Così dopo un ultimo saluto agli sposi, ognuno si ritirò nelle proprie stanze.

- Auguri ancora Charl… – disse Nicole baciando entrambe le guancie della sorella.

- Grazie – le rispose sorridendo la ragazza avvolta nel suo meraviglioso vestito.

- Voglio darti il mio regalo. – le disse aprendo la pochette e porgendole un piccolo pacchetto.

La sorella la guardò sorpresa e lo aprì.

- Apparteneva alla mamma. – disse Nicole con gli occhi lucidi – Glie la regalò papà il giorno prima delle nozze. Quando tornò dalla luna di miele, la diede a Camila e le disse di metterla nella cassaforte, confidandole che avrebbe voluto donarla alla prima figlia che si sarebbe sposata. Quando morì e le sue proprietà furono spartite, la collana fu aggiunta al mio testamento, così la presi io ma credo sia giusto che la tenga tu, come voleva la mamma. Portala con te in Messico e sarà un po’ come averla ancora vicina. –

Charlotte si asciugò una lacrima e abbracciò la sorella.

- Grazie, – disse tirando su col naso – è il regalo più bello che potessi farmi. Avrei tanto voluto che fosse qui, oggi. –

- Anch’io Charl. Manca a tutti quanti. -

Dopo essersi separate Nicole baciò entrambe le guancie di Pierre e si felicitò anche con lui.

Invece di andare in camera come gli altri ospiti, Orlando e Nicole presero un taxi, e si diressero verso l’indirizzo indicato dal ragazzo all’autista in un francese perfetto.

Quando, una mezz’ora più tardi, Nicole scese dalla macchina, restò di stucco. Erano arrivati su una meravigliosa terrazza che dava sulla città illuminata. Di fronte a loro la Tour Eiffel si innalzava imponente e incredibilmente vicina. Dietro di loro c’era una piazza con al centro una grande fontana di marmo, circondata da panchine di legno e da lampioni che emanavano luci soffuse. All’angolo c’era un piccolo caffè dalle tende tirate a righe bianche e rosse, con un’insegna di legno con su scritto “Bistrot” .

La ragazza si sporse dalla ringhiera in ferro battuto e aspettò che Orlando la raggiungesse.

- Ma è splendido! – gli disse con gli occhi che brillavano.

L’attore rispose sentendo lo stomaco che si contorceva. Quel luogo gli riportava a galla troppi ricordi dolorosi. - Si, qui è magnifico. –

- Perché è un posto speciale per te? – chiese curiosa la ragazza continuando a guardarsi intorno come una bambina al lunapark.

- Perché qui è dove io e Karen ci siamo dati il nostro primo bacio. – rispose lui dopo un po’.

Le iniziò a raccontare tutta la storia, dal loro primo appuntamento all’ultima volta in cui l’aveva vista. Nicole ascoltava in silenzio. Quando ebbe finito di raccontare Orlando aveva gli occhi lucidi. Era la prima volta che lo diceva a qualcuno, Brad e Mary sapevano tutto perché lo conoscevano da una vita, non perché glie lo avesse raccontato lui. Nic gli strinse la mano e poggiò il mento sulla sua spalla, lasciandogli un lieve bacio. Quel gesto bastò, non ci fu bisogno di dire le solite frasi di circostanza.

Ad un tratto si ricordò di una cosa e cominciò a rovistare nella borsetta.

- Un attimo – disse continuando a cercare – Eccolo! – tirò fuori dalla pochette un sassolino, lo stesso che sei mesi prima le aveva dato Orlando.

- Se non ricordo male ho ancora una domanda da porti. – disse sorridendo compiaciuta.

- L’hai conservato! – esclamò lui incredulo – Non ci credo! -

- Certo Bloom, come potevo perdermi una simile occasione? E poi devo finire di ricevere il mio regalo di Natale, non scherzare su queste cose!
– disse scherzando.

- D’accordo – rispose lui dopo una risata – Sono pronto. Spara. –

Tenendo il sassolino sospeso in aria tra pollice e indice disse guardandolo negli occhi – Mi hai raccontato la tua storia e la domanda mi è sorta spontanea. Questo posto ha un significato molto importante per te. Ora io ti voglio chiedere una cosa. Perché mi hai portato qui? Voglio dire, questa storia potevi raccontarmela anche in camera oppure durante una passeggiata per le colline intorno all’agriturismo. Qual è il vero motivo per cui mi hai portata qui? –

- Ti ho portata qui perché mi piaci Nicole Leinghton. – disse serio - Mi sei piaciuta dalla prima volta che ti ho visto. Dalla volta in cui mi hai dato del “viziato del cazzo” nel tuo negozio e mi hai strillato contro puntandomi il dito sul petto. Mi piaci dalla prima volta in cui ti sei confidata con me piangendo e poi ti sei addormentata sul mio petto. Mi piaci da quando ho capito di essere geloso di te vedendoti flirtare con quel Gyllenhaal alla festa di tuo padre. Mi piaci dal nostro primo bacio a Manchester, nella villa dei Boockers a Capodanno. Ecco perché ti ho portata qui, perché voglio farmi conoscere da te, perché voglio che tu sappia tutto su di me, perché so che non sfruttare ogni singolo istante che ho a disposizione con te sarebbe un grande sbaglio. –

- Come fai a saperlo? – chiese guardandolo a sua volta quasi ipnotizzata.

- Lo so e basta, lo sento. Quando sono con te mi sento diverso, sereno come non mi capitava da un po’. E so che per te è lo stesso, so che anche se non lo vuoi ammettere tu provi le stesse cose, lo avverto, lo vedo. –

Fecero un passo avanti e azzerarono le distanze tra loro. Le labbra si incontrarono di nuovo, ma stavolta erano perfettamente coscienti di quello che stavano facendo, non erano spinti dall’alcool ma semplicemente dal loro cuore. E la differenza si sentiva, si sentiva eccome. Quando si staccarono Nicole sospirò felice, sentendo il cuore che batteva così forte che le sembrava stesse per uscirle dal petto da un momento all’altro. Poi, come nella notte di sei mesi prima, lanciò il sassolino lontano e sorrise ad Orlando.
Gli passò la mano dietro al suo collo, lo tirò a se e lo baciò ancora, e ancora, e ancora.

Lì, sulla terrazza di Parigi in una notte di primavera del 2006 vestiti ancora con gli abiti eleganti della cerimonia ormai finita, si scambiarono il loro primo vero bacio, e quello fu il vero inizio della loro storia. Quello fu il punto in cui le loro vite viaggiavano su un solo binario e puntavano verso una direzione ignota. Non sapevano dove li avrebbe portati, ma volevano scoprirlo insieme.
In quel momento, abbracciati nella brezza fresca parigina, non sapevano ancora cosa aveva in serbo il destino per loro, ma lo avrebbero scoperto presto. Molto presto.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Ciao a tutti, eccomi qui con un nuovo capitolo!!!
Lo so che sono ripetitiva ma, vi prego, commentate e fatemi sapere cosa ne pensate, per me sarebbe davvero molto importante e mi aiuterebbe tantissimo! Quindi vi prego,
RECENSITERECENSITE RECENSITE!!!! Ci vuole davvero un minuto contato e significherebbe tantissimo!!!

 



CAPITOLO 9

 

 

Parigi, 17 maggio 2006

La mattina quando aprì gli occhi svegliato dalla luce che entrava dalle persiane avorio lasciate aperte la sera precedente, Orlando trovò una chioma di capelli neri e boccolosi sparsi sul suo petto e la mano di Nicole intrecciata alla sua. Sorrise dolcemente ripensando alle ultime ore passate insieme e aspirò profondamente l’odore di camomilla dello shampoo della ragazza.

Dopo quel bacio sulla terrazza, erano andati ad un bar li vicino e si erano  presi due croissant alla marmellata ciascuno. Avevano preso il sacchetto profumato di dolci appena sfornati ed erano andati a mangiarli sulla fontana di marmo al centro della piazza. Nicole si era tolta le scarpe alte e aveva immerso i piedi doloranti nell’acqua fredda, facendo un sospiro di sollievo. Orlando si era arrotolato i pantaloni e l’aveva imitata. Rimasero lì seduti per un’ora, forse di più non lo sapeva, e, dopo aver finito i loro cornetti, il ragazzo era andato a comprare due frappè al cioccolato che avevano trangugiato in un attimo.
Dopo essersi strafogati di dolci avevano camminato mano nella mano per Rue de Rivoli, arrivando a Place de la Concorde e proseguendo per Avenue des Champes Elysées.
Mentre passeggiavano si scattarono centinaia di foto nelle pose più buffe e strane, divertendosi come matti. Le persone che passavano di lì, li guardavano divertiti e se ne andavano via. Ma loro erano troppo presi per curarsi degli sguardi dei sconosciuti, avevano altro a cui pensare.
Si misero seduti sui gradini del Palais de la Découverte, con le gambe di Nicole stese su quelle di Orlando, parlando della loro infanzia e del liceo. Scherzarono sui loro gusti musicali di quel tempo e sui loro miti da adolescenti.

Verso le 04.00 presero un taxi e tornarono a “Le Petit Chaquerie” che nel frattempo era diventato buio e silenzioso.
Dopo essere tornati in stanza, avevano continuato a chiacchierare sdraiati sul letto fino a che non si erano addormentati esausti.


In quel momento, mentre le accarezzava i capelli, l’attore non poteva fare a meno di pensare a quanto fosse fortunato ad averla accanto.
L’idea che Nicole voleva dare di se stessa, non coincideva alla realtà. Lei era dolce, sensibile e gentile, tutto il contrario della scontrosa e cocciuta ragazza che aveva incontrato nove mesi prima alla festa di Hannah Boockers. Quando le aveva raccontato di Karen, lei non aveva cercato di compatirlo, né lui aveva visto un lampo di pena nei suoi occhi, al contrario lei gli aveva stretto la mano facendogli capire che gli era vicino. Non gli aveva detto frasi di circostanza come “ Mi dispiace” oppure “Vedrai che passerà tutto quanto”, ma gli aveva fatto capire, con quel gesto, che lei lo avrebbe aiutato non a dimenticare, ma ad accettare la cosa e imparare a conviverci.

Le accarezzò una spalla lasciata scoperta dalla canottiera e si meravigliò di quanto potesse sembrare liscia al suo tocco. Allungò lo sguardo verso la sveglia sul comodino e sbuffò. Era ora di andare. Si divincolò dalle braccia della ragazza ancora addormentata e andò in bagno per farsi una doccia abbandonandosi al tocco caldo dell’acqua sulla pelle. Quando uscì dalla stanza con solo un asciugamano legato in vita, guardò il corpo ancora immobile della ragazza che non si era mosso di una virgola da quando lo aveva lasciato. Si appoggiò sul letto e diede un bacio sul naso di Nic facendola svegliare.

- Ehi! – disse lei stropicciandosi gli occhi come una bambina – Buongiorno -

- Buongiorno a te. – le disse carezzandole una guancia – Sono le nove, tra quaranta minuti dobbiamo essere a colazione per salutare Charlotte e poi potremo ributtarci sul letto per tutto il tempo che vuoi. Abbiamo la stanza tutta per noi fino a stasera. –

Nicole sorrise e si alzò per baciarlo sulle labbra. - A che ora hai il volo? – disse mettendosi a cavalcioni su di lui.

- Alle nove e un quarto. – disse lui sorridendole maliziosamente – Tu? –

- Alle cinque –

Restarono ancora così per qualche secondo quando all’improvviso Orlando le lasciò un bacio sul collo e la scostò da sè.

- Dai Leinghton, su muoviti o faremo tardi – disse poi alzandosi dal letto.

- D’accordo. Mi sto alzando. – rispose lei biascicando. Detto questo si girò dall’altra parte e ricominciò a dormire.

 

Dopo che si vestirono, scesero giù e cominciarono a fare colazione parlando del più e del meno con gli invitati. Si poteva vedere benissimo chi il giorno prima aveva esagerato. Quasi la metà degli ospiti di Pierre, fissava con sguardo vacuo il piatto che avevano davanti, il volto segnato da due profonde occhiaie scure. Nicole conosceva troppo bene quello stato di malessere per non sorridere contenta di averla scampata per quella volta.

I due ragazzi salutarono i neosposi che sarebbero partiti di lì a poco per la luna di miele. Della piccola dimostrazione d’affetto che le aveva dato la sorella il giorno prima, ormai ne era rimasto solo il ricordo. La fredda e calcolatrice Charlotte aveva ripreso il suo posto e,  quando Nicole si avvicinò per augurarle buon viaggio, salutò la sorella con molto distacco.
Dopo aver salutato anche gli ospiti che avrebbero lasciato Parigi nel pomeriggio, Nic e Orlando tornarono nella stanza 203.

- Cosa faremo ora? – disse ad un tratto la ragazza mentre ripiegava il vestito della cerimonia per metterlo in valigia.

- Ora staremo un po’ qui e poi verso le 15.30 andremo all’aeroporto per fare il tuo
check-in. – disse Orlando mettendo nel suo beauty case i suoi prodotti.

- Non intendevo quello. – rispose la ragazza andandogli vicino e incrociando le braccia improvvisamente insicura – Cosa ne sarà di noi? –

Orlando lasciò la valigetta sul comò e si sedette sul letto, facendo segno a Nicole di raggiungerlo.
- Stanotte ci stavo pensando e... voglio chiederti una cosa. – disse lui prendendole le mani.

- Cosa? –

- Perché non vieni a stare da me a Los Angeles? Casa mia è grande e staremo benissimo in due. Non ti sto chiedendo proprio di vendere il tuo appartamento e la tua attività in Inghilterra, ma, non so, affidarli per qualche tempo a qualcun altro e vediamo come vanno le cose. Magari, parlo pensando ad un futuro più lontano, potresti aprire una filiale nesli Stati Uniti. –

Nicole si bloccò. Chiuse gli occhi e rispose – Non posso Orlando. Vorrei, ma non posso. Come faccio con il negozio? Non posso lasciarlo così al primo che capita, soprattutto proprio ora che va bene. Non posso lasciare Londra. Se me lo avessi chiesto, non so, tre o quattro anni fa avrei accettato senza nemmeno pensarci su un attimo, ma… non posso. Quella è la mia vita, capisci? –

- Lo sapevo che avresti risposto così, ma volevo provarci lo stesso – rispose lui alzando le spalle e sorridendo leggermente triste.

- Però potresti venire tu da me – fece Nicole raddrizzando la schiena – In fondo tu sei inglese, hai vissuto per una vita a Londra, sarebbe come tornare a casa. E poi il tuo lavoro ti fa sempre stare in giro per il mondo, non credo che possa cambiare molto se abiti a Los Angeles o a Londra! –

- Nic la mia vita adesso è a Los Angeles. I miei affetti, il mio lavoro, ho tutto lì. Come tu non vuoi lasciare la tua vita, non voglio farlo neanche io.  –

Nicole annuì e tornò a curvarsi su se stessa, appoggiando le braccia sulle ginocchia. - Orlando voglio essere sincera con te. Non voglio avere una storia a distanza, io non credo in queste cose. All’inizio soffriremo, passeremo tutto il tempo attaccati al telefono a chiamarci e a mandarci messaggini. Poi ci stancheremo di questa situazione e cominceremo a tradirci a vicenda. Tu non sai quello che faccio io a Londra, ed io non saprò quello che farai tu in California, e inizieremo a farci divorare dalla gelosia. – disse guardandolo negli occhi – Ecco, io non voglio fare questa fine. Non voglio passare i pomeriggi a sfogliare riviste di gossip per vedere se ti hanno beccato ad uscire con una top model o chicchesia. Non puoi chiedermi questo. –

- E allora cosa vogliamo fare? – domandò dopo un secondo – Tu non sei disposta a lasciare la tua vita, io nemmeno. Forse perché non ci sentiamo di mandare all’aria anni di progetti per qualcuno che a malapena conosciamo o forse perché siamo semplicemente troppo orgogliosi per essere proprio noi quelli a cedere. A questo punto mi chiedo se tra di noi ci sia veramente qualcosa destinato a durare. Stanotte ho davvero pensato che potesse esserci. –

Orlando si fermò un secondo per dare il tempo a Nicole di controbattere, o perlomeno sperava che lo facesse. Sperava che smentisse quello che aveva detto che le dicesse che la loro storia non era così come lui l’aveva descritta, che valeva la pena di rischiare per costruire un qualcosa insieme.
Ma lei non lo fece. Al contrario rimase in silenzio, ferita da quelle parole da non riuscire a dire nulla.

- Quindi? Finiremo così? Andremo all’aeroporto, ci saluteremo e faremo finta che non sia successo niente? – continuò l’attore iniziando ad alterarsi leggermente.

- Vediamoci ogni tanto, quando tu vieni a Londra o, chissà, se io verrò a Los Angeles. Passiamo il tempo che abbiamo a disposizione insieme e poi ognuno continuerà per la sua strada. Credo che sia la cosa migliore. Poi si vedrà. –

- E’ veramente questo quello che vuoi? – rabatté cercando di nascondere l’amarezza – Una “non relazione”? Vederci ogni tanto, magari andare a letto insieme e poi dire “grazie è stato bello, alla prossima”? –

Nicole si guardò intorno a disagio. – Cos’altro possiamo fare Orlando? –

L’attore la guardò con una stretta al cuore. Le prese il viso tra le mani e l’avvicinò a se. - Non voglio lasciarti andare – disse sfiorando il naso con il suo.

- Nemmeno io. Vorrei poter restare in questa stanza per i prossimi dieci anni. Solo tu ed io, nessun altro. – Spostò il viso sulla sua spalla e lo strinse forte a sé, sentendo poi che lui fede lo stesso.

Rimasero così per alcuni minuti chiedendosi a vicenda se avrebbero mai potuto davvero mandare avanti una “non relazione”, come l’aveva definita poco prima l’attore.

- Dobbiamo fare i bagagli. – disse dopo un po’ Nicole ma senza staccarsi dal loro abbraccio – Non si faranno da soli e faremo tardi per il volo. –

- Mmmh no. Ancora cinque minuti – disse cercando con le labbra quelle della ragazza.

- No Bloom. – disse lei scansandolo divertita – Hai oziato anche troppo! –

- Ah si? D’accordo. L’hai voluto tu! – disse imbronciato prima di alzarsi e prenderla in braccio, mettendola sulla sua spalla a testa in giù.
 
 


- Eccoci qui – disse l’attore mettendosi di fronte alla ragazza.

Avevano fatto il check-in per il volo di Nicole diretto a Londra, avevano imbarcato i suoi bagagli, ed ora si sarebbero dovuti salutare.

Nic si voltò a guardare i metal detector che doveva passare per imbarcarsi, per poi tornare a fissare il volto di Orlando cercando di imprimersi ogni particolare nella memoria. Chissà tra quanto avrebbe potuto rivederlo e chissà, quando quel momento sarebbe arrivato, se tutto sarebbe rimasto come lo era in quell’istante.

Strinse le braccia attorno al collo di lui e nascose il volto tra la spalla e il mento, inspirando il suo odore. - Mi mancherai – gi disse triste.

- Anche tu. Posso chiamarti quando atterro? –

Nic chiuse gli occhi come per prendere coraggio e rispose - Meglio di no, per un po’ sarà meglio non sentirci. –

- Hai ragione - annuì Orlando.

- Quando arrivi a L.A. salutami Brad, Mary e il piccolo Mat –

- D’accordo –

- E non rimorchiare troppe californiane bionde atletiche e abbronzate. –

- Va bene. –

- E pensami ogni tanto. –

- Sempre. -

Si baciarono per l’ultima volta e Nicole si diresse verso il suo aereo.

Il ragazzo afferrò il suo bagaglio e guardò l’orologio al polso. Aveva ancora qualche ora da spendere prima di andare a fare il suo check-in. Decise di tornare indietro per andarsi a prendere un caffè al bar e magari andare a leggere il libro che si era portato con se dagli Stati Uniti e che ancora non aveva iniziato. Si voltò per l’ultima volta verso il metal detector e trovò Nicole girata verso di lui, anche lei lo stava guardando. Alzarono la mano imbarazzati, si sorrisero e continuarono a camminare ognuno nella propria direzione, ognuno per la sua strada.
 


Mentre Nicole stava recuperando la sua borsa dal nastro trasportatore si chiese se stava facendo la cosa giusta. Aveva fatto bene a lasciare Orlando per tornare alla sua vita di tutti i giorni? Qualcosa, anche se a malincuore, le diceva di si. Una lacrima le rigò la guancia e le andò a finire nello scollo della sua t-shirt verde militare. Sarà stato anche giusto, ma cavolo se faceva male!
 
 

Orlando era seduto al bar dell’aeroporto e stava al telefono con Brad. Con una mano teneva il telefonino all’orecchio e con l’altra girava nervosamente il caffè ormai tiepido. La gamba piegata sull’altra si muoveva freneticamente e gli occhi si alzavano al cielo ogni volta che l’amico al telefono cercava di confortarlo.

- Te l’ho detto, non ce la faccio! Continuo a vederla in tutte le donne more che mi passano accanto. Sono convinto che da un
momento all’altro la vedrò correre verso di me, dicendomi che verrà anche lei a Los Angeles e che stava scherzando quando mi ha detto che non potevo chiamarla “perché è meglio così”! –

- Orlando lo so che è difficile, ma vedila così: avete passato tre bei giorni insieme e vi siete dichiarati. Ma la vita normale non è come quella che hai passato a Parigi. Quella non è la tua vita, è stata solo una vacanza. Sai che facciamo? Quando tornerai partiremo per qualche posto ok? Perché non andiamo in quella città dell’Argentina che volevamo vedere? Dai, sarà divertente! –

- Non mi interessa nessuna fottutissima città dell’Argentina Brad, va bene? –

- E allora cosa vuoi? – sbuffò lui impaziente.

- Voglio lei. –

- E allora vattela a prendere. – rispose l’agente con ovvietà.

- Non posso! –

- Si che puoi, puoi fare tutto quanto Orlando, puoi anche mollare tutto e seguirla a Londra. La domanda che devi porti è soltanto una: lo vuoi davvero? –

L’attore sospirò e si scompigliò con la mano i capelli già disordinati.
 
 

Londra

Quando il suo aereo atterrò, Nicole recuperò la sua valigia e fermò un taxi. Doveva distrarsi, pensò cercando il telefono, doveva tenere la mente occupata o sarebbe crollata, lo sapeva bene.

- Ciao Nat! – disse alla cornetta camminando fuori dall’aeroporto trascinandosi dietro il bagaglio – Si sto bene e tu? Bene, bene, sono contenta. Si sono appena atterrata. No, non ora, ti racconterò quando ci vedremo. Ascolta ti ho chiamato perché voglio proporti una cosa. Ce la fai a passare da me stasera per cena? D’accordo ci vediamo tra… diciamo un paio d’ore. Ok, a dopo! –
 
 
Come d’accordi, qualche ora più tardi era a cena sul terrazzo di casa sua insieme a Nathalie, la quale stava ascoltando rapita il  racconto dell’amica.

- Che storia! – disse quando lei ebbe finito – E quindi ora quando vi rivedrete? –

- Non lo so – rispose l’altra sospirando e alzando le spalle – Comunque non ti ho fatto venire fin qui per ascoltare le mie pene amorose. Voglio parlarti di una cosa. –

- Dimmi – rispose Nat bevendo un sorso d’acqua.

- Ti ricordi quando quest’inverno ti avevo fatto quella promessa? –

- Parli del viaggio in America? –

Dopo aver inghiottito una forchettata d’insalata Nicole ribatté - Si, esatto. Beh che ne dici di farlo davvero? Per 15 giorni negli states. Andremo per le maggiori città come Chicago, Miami, New York, Las Vegas, Boston, Los Angeles – nel pronunciare l’ultima città, le vennero le lacrime agli occhi.

- Parli sul serio? Io e te da sole? – disse l’amica con gli occhi che brillavano.

- Si, io e te da sole. Come ai vecchi tempi! –

- Ma è fantastico! Si, si certo che si! Mille volte si! –

Nicole si mise a ridere – Ne ho davvero bisogno. Devo staccare un po’, con tutta la storia di Orlando e lo stress in negozio ho bisogno di tenere la mente rilassata. –

- Anche io ho bisogno di svagarmi. Ultimamente non ho fatto altro che lavorare e litigare con Dan. –

- Le cose non vanno più bene tra di voi? – chiese Nic improvvisamente allarmata. Le piaceva Daniel era divertente e anche abbastanza carino. E soprattutto amava tantissimo Nathalie, era questa la cosa che più gli piaceva di lui.

- No, vanno bene ma ultimamente litighiamo per delle stupidaggini. Un piatto non lavato bene, o uno scontrino perso e si scatena il finimondo. Ma credo che sia normale per una coppia che passa 24 ore su 24 insieme sia a casa che a lavoro. –

- Credi che ti faccia problemi? Insomma dovrai lasciarlo a gestire il ristorante per due settimane da solo. -

- No. Mia sorella Kate sono settimane che insiste per farmi fare una vacanza, dicendo che mi sostituirebbe lei a lavoro. Quindi direi che non ci sono problemi e che possiamo tranquillamente acquistare i biglietti. – disse sorridendo contenta ed eccitata come non la vedeva da tanto tempo.

- Allora dobbiamo cominciare a programmare tutto. Che ne dici di partire dalla seconda all’ultima settimana di luglio? – disse Nic eccitata.

- Per me va bene! –

- Ok allora domani andiamo in agenzia per vedere i voli e gli hotel più convenienti. Se ci sparano cifre troppo alte dovremo eliminare un po’ di città però. Temo che il nostro budget sia un po’ limitato–

- Si, beh vedremo domani! – disse Nat liquidando la cosa – Non sai quanto sono eccitata! Mi sembra di tornate indietro, quando quasi dieci anni fa organizzavano il nostro primo vero viaggio. Ma te lo ricordi? Sembra una vita fa! –

Nicole rise. Nathalie era senz’altro la soluzione migliore alla sua situazione, la miglior cura al suo mal d’amore.
 
 
 

Los Angeles

Orlando entrò nella sua casa e si diresse subito al bagno per farsi una rapida doccia, sperando che si fosse lavata via anche la morsa che gli teneva stretto lo stomaco. Anche se l’aveva lasciata da poche ore, aveva già voglia di rivederla, di sentire la sua pelle liscia contro la sua, ruvida e fredda, aveva voglia di sentire di nuovo il suo profumo, di vedere quelle fossette che si formavano ai lati della bocca quando sorrideva o di vederla mentre si mordeva il labbro quando era nervosa. Aveva voglia di sentire il suono melodioso della sua risata, di cogliere la scintilla nei suoi occhi quando capiva che la stava prendendo in giro, di vederla girare per la stanza in accappatoio e con i capelli lunghi ancora bagnati, o di vedere la faccia buffa che aveva quando dormiva.

Sorrise a quella visione. Quella sarebbe stata senz’altro una delle cose che avrebbe ricordato sempre di quel loro soggiorno a Parigi.
Vedere Nicole con la bocca sporca di cioccolato mentre scherzavano seduti sulla fontana; passeggiare bevendo un frappè tra le vie parigine ridendo come matti; prenderla in giro quando Nic gli rivelò che, da ragazza, era matta per Jason Priestley, l’attore che interpretava Brandon Walsh in “Beverly Hills 90210”  e far finta di essere offeso quando invece era stata lei a canzonarlo perché da teenager, aveva appeso al muro della sua camera un poster di Pamela Anderson, allora famosa per aver partecipato al telefilm “Baywatch” ; cercare inutilmente di far capire al commesso del negozio di dolci, che Orlando non voleva il cornetto alla ciliega ma alla crema, finendo con il doversi arrendere ed accettare quello alla marmellata. Quelli erano tutti ricordi che Orlando avrebbe sempre portato con sé anche se per chiunque altro non avrebbero significato più di tanto.

Assalito da quei ricordi, due lacrime scapparono via e si mescolarono al getto dell’acqua calda. Possibile che l’aveva salutata solo da poche ore e già le mancava così tanto?

 

 

Londra

Nicole era seduta al suo computer fumando una Camel appena accesa. Una finestra si aprì all’improvviso sul suo desktop e l’informò che aveva scaricato tutte le fotografie presenti nella macchinetta. Aprì la cartella e cominciò a vedere le foto scattate a Parigi.

C’era una sua foto vestita di verde sotto l’insegna dell’agriturismo, una sua e di Orlando che sorridevano abbracciati, Charlotte che camminava vestita da sposa verso l’altare, una che ritraeva il momento del “si”, il primo bacio dei sposi, una dove posavano davanti all’obiettivo lei, Robert e la sorella, le foto del pranzo, della pista da ballo piena di persone che voletggiavano felici..
Prese una boccata di fumo e la inspirò profondamente.
Scorse le immagini fino a che non arrivò a quelle che stava cercando. Un brivido improvviso la fece tremare.

Una foto di lei e Orlando abbracciati sotto l’obelisco di Place de la Concorde. Avanti. Una che li ritraeva mentre si baciavano. Avanti. Una mentre ridevano. Avanti. Una mentre facevano una faccia buffa. Una mentre guardava storto Orlando che stava starnutendo. Una mentre bevevano il loro secondo frappè al cioccolato. Una mentre Nicole gli stava mordendo una guancia. Una mentre Orlanto teneva una ciocca dei suoi capelli sotto il naso, fingendo che fossero i suoi baffi. Una mentre si tenevano per mano. Avanti. Avanti. Avanti.

Guardò la sua sigaretta, arrivata ormai al filtro. La spense nel posacenere e tornò a guardare lo schermo. L’album fotografico si era fermato ad un’immagine di Orlando con la giacca appoggiata alla spalla e con la cravatta sbottonata, che ammiccava all’obiettivo.
All’improvviso la vista le divenne sfocata e tremolante. Nicole si portò le mani al viso e cominciò a piangere, sempre più forte. Il cuore di una persona poteva spezzarsi in mille pezzi? Poteva ridursi in tanti piccoli pezzettini da non riuscire più a capire da dove poter ricominciare per provare a ricomporlo?

A lei sembrava proprio che stesse accadendo in quel preciso istante.

 

 

Due settimane dopo Nicole bussò alla porta a vetri dello studio di Robert.

La sera prima l’aveva chiamata e le aveva detto di passare a casa nel pomeriggio, aveva una cosa importante di cui parlargli.

- Avanti – lo sentì dire attraverso il muro.

- Ciao papà. – disse Nicole freddamente, richiudendosi la porta alle spalle – Volevi vedermi? –

- Si. Siediti per favore. –

Dopo che la figlia si mise seduta su una della due sedie di pelle davanti alla sua scrivania, Robert continuò guardando su un foglio di chissà quale vecchia fattura pur di non guardare gli occhi azzurri della ragazza – Ho un favore da chiederti. –

- Che tipo di favore? – chiese lei guardinga.

- Ho bisogno che tu porti una busta ad una festa a Los Angeles, ho saputo che tra pochi giorni andrai lì, così ho pensato che potessi consegnare questa – disse allungando una grande busta gialla – ad un invitato che sarà presente ad una premiere che si svolgerà in quei giorni, 14 luglio precisamente. –

- Come hai fatto a sapere che andrò in America? – rispose Nic guardando il padre.

Vedendo che lui non rispondeva capì tutto quanto – Ti sei messo a controllare la mia carta di credito, non ci credo! –

Doveva essere per forza così, nessuno oltre a lei, Will, Nat e Dan sapevano del viaggio, e di sicuro non glie lo sarebbero andati a dire a Robert.

- Non è così, Nicole. Non ti stavo controllando, ti stavo solo... -

- Spiando! – lo interruppe la figlia arrabbiata – Mi stavi solo spiando! Non puoi farlo, nessuno ti da il diritto di impicciarti delle mie cose, tantomeno dei miei conti bancari! –

- Comunque non è di questo che dobbiamo parlare – rispose calmo Robert, liquidando la faccenda – Ho qui due biglietti per la prima di “Paradiso+Inferno”  e mi serve che questa busta arrivi al Signor Frank Moobes il prima possibile. Non posso affidarlo ad un corriere, sarebbe troppo lento e potrebbe andare perfino perso, e qui dentro ci sono cose molto importanti. – disse indicando la busta.

Nicole non voleva accettare, si era impicciato delle sue cose per anni alle sue spalle, e ora le chiedeva anche un favore! Questa era bella, aveva proprio toccato il fondo quella volta.
Stava proprio per andarsene e sbattere la porta talmente forte da far rompere anche i cardini quando pensò ai due biglietti della prima. Sapeva che, se non avesse accettato perdendo così quei due biglietti per una festa piena di vip, Nathalie non glie lo avrebbe mai perdonato e, in fondo, anche a lei non sembrava poi così tanto male l’idea. Ogni tanto era anche un suo diritto usare le conoscenze di suo padre a suo favore no?

Si alzò, prese dalla scrivania la busta e i due biglietti e se li infilò nella borsa.

- Come farò a riconoscere questo Signor Moobes? – chiese guardandolo fredda.

- Quando arriverai all’entrata del locale e darai al buttafuori i biglietti, digli che sei la figlia di Robert Leinghton e lui i porterà da Frank. –

- Va bene – disse poi lasciando la stanza senza nemmeno salutare.

 

- Pronto? – disse Nathalie qualche minuto dopo tenendo il telefono tra la spalla e l’orecchio cercando di mettere la tovaglia ad un tavolo – Nic lo sai che ti voglio bene, ma hai scelto il momento sbagliato per telefonarmi. –

- Lo so che mi vuoi bene, ma penso che dopo averti detto quello che ho da dirti, mi farai una statua e mi dichiarerai eterno amore! –

- D’accordo spara – rispose con un fremito di eccitazione lasciando tutto quello che aveva in mano.

- Ho qui, proprio nella mia borsa, due biglietti di una premiere che daranno a L.A., il film non è molto conosciuto ma ci saranno un sacco di persone famose. –

- Come si chiama il film? – disse Nat sentendo il cuore batterle forte.

- Paradiso+Inferno – disse leggendo il biglietto che le aveva dato il padre – con due tizi di nome Abbie CornishHeath Ledger. –

- Heath Ledger? Stai dicendo sul serio? O MIO DIO! Non ci credo! – disse l’amica cominciando a saltellare.

- Nat ma chi diavolo è questo Ledger? –

- Ma stai scherzando? E’ il protagonista di “I fratelli Grimm e l’incantevole strega”! Non è tanto per il film, ma lui è veramente un figo! –

- Allora sei contenta? – chiese sorridendo.

- Si! Ti giuro che se non fossi chissà dove e se io non fossi felicemente fidanzata, verrei lì e ti bacerei subito! –

- Nat, senza offesa, sei una bella ragazza per carità, ma io ho altri gusti! Ti ringrazio comunque per il complimento. –

Nathalie rise e salutò l’amica. Si guardò intorno e scorse Daniel che puliva dei bicchieri con un panno. Non vedeva l’ora che arrivasse il 2 luglio.
Lei lo amava con tutto il cuore, ma aveva veramente paura che la crisi che andava avanti da qualche mese, li dividesse sempre di più. Questa vacanza avrebbe fatto bene ad entrambi, ne era convinta. 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


CAPITOLO 10



Los Angeles, 15 luglio 2006

Nicole si rigirò nel letto e si mise su un fianco tirandosi il lenzuolo che copriva il suo corpo nudo.
Il sole caldo della California le bruciava sul viso ma lei cercò di non pensarci e affondò il viso nel cuscino profumato. Avvertire i capelli arruffati sul collo e le spalle intorpidite le ricordarono gli avvenimenti della notte precedente che gli sfilarono nella mente all’improvviso. Quando sentì un braccio abbronzato posarsi sulla sua pancia nuda e un lieve accenno di barba che la solleticava dietro l’orecchio si ricordò subito dov’era. Le labbra si aprirono in un sorriso malizioso e fece appena in tempo a voltare la testa che incontrarono subito quelle calde dell’attore sdraiato accanto a lei.
 

New York, 7 luglio 2006

- Dai chiamalo! – disse Nat bevendo la sua Soda seduta a gambe incrociate a Central Park.

- Non so. Non vorrei sembrare una disperata che non riesce a non pensare a quello stupido week-end. – rispose Nic sbuffando.

- Nicole, – disse l’amica con tono autoritario – io se venissi a sapere che la persona con cui voglio stare ma che vive dall’altra parte del mondo è venuta nella mia città senza dirmi niente, ci rimarrei proprio di merda. –

La ragazza ci pensò e, in fondo, Nathalie non aveva tutti i torti.

Prese il telefono e compose il numero, quello che aveva digitato decine di volte ma che non aveva mai avuto il coraggio di chiamare. Un peso sul petto non la faceva respirare bene. Era tanto, troppo tempo che non sentiva la voce calda e sensuale di Orlando e doveva ammettere che le era mancata eccome.

- Pronto? – lo sentì rispondere dalla cornetta.

Nicole boccheggiò. Che cosa doveva dirgli?
Guardò l’amica in cerca di sostegno e lei le diede un buffetto sul braccio esortandola decisamente.

- Ciao Orlando, sono Nicole – fece lei meccanicamente.

Orlando, immerso fino alla vita nella piscina del suo lussuoso albergo di Cordoba, si pietrificò e sbatté le sue folte ciglia sbigottito. - Ehi, ciao. Come stai? – disse dopo un secondo riacquisendo il dono della parola.

- Sto bene, e tu? –

- Anche. Dove sei di bello? – domandò cercando di essere vago. Iniziò a giocherellare distrattamente con l'elastico del suo costume sentendo un crampo alla bocca dello stomaco.

Dal suo lettino Brad abbassò la rivista con una bella ragazza in copertina che era intento a leggere e l’osservò con curiosità. “Chi è?” mimò con le labbra l’amico alzando appena la testa dal lettino.

“Nicole”  gli rispose l’attore imitandolo e facendogli segno di avvicinarsi.

- Sono a New York. – disse Nic sentendo il cuore batterle forte.

In un attimo Brad fu accanto all’amico e con una mano chiese di sapere cosa gli stava dicendo la ragazza al telefono.

- A New York!? – esclamò Orlando quasi strozzandosi.

- Si, ti ho chiamato per questo. Nathalie ed io siamo venute in vacanza negli Stati Uniti e tra cinque giorni saremo a Los Angeles. Mi chiedevo se potevamo vederci per un caffè quando sarò in città. – disse con naturalezza Nicole, guardando l’amica per come per chiederle se stava andando bene.

Nat alzò il pollice, in segno di approvazione.

Orlando, dall’altro capo del telefono, era pietrificato. Proprio in questi giorni doveva venire in California? Quanto poteva essere sfortunato da uno a dieci? - Beh, veramente io non sono a Los Angeles – disse a fatica chiudendo gli occhi. Avrebbe voluto mettersi ad urlare ma si sforzò di mantenere un tono naturale. – Io sono in Argentina e tornerò a casa solo tra dieci giorni. –

- Ah – disse Nicole colta allo sprovvisto. Non aveva considerato l’idea che anche Orlando fosse andato in vacanza. Si sentì subito una completa idiota: lui era un attore famoso ed era normale che girasse il mondo di continuo, come aveva fatto a non pensarci?

Nathalie e Brad guardarono i rispettivi amici aggrottando le sopracciglia. La conversazione stava prendendo una brutta piega.

- Mi dispiace, se lo avessi saputo prima non sarei partito. Ho voglia anch’io di vederti. – disse dispiaciuto ma con un tono di rimprovero nella voce. Perché lei non lo aveva avvertito prima?

- Dai ricapiterà sicuramente l’occasione. Magari rifarò un salto a Los Angeles tra qualche mese. – improvvisò la ragazza. La verità è che voleva chiudere il più presto possibile quella conversazione che oramai stava diventando imbarazzante.

- D’accordo – disse Orlando guardando l’amico – Allora… ci sentiamo, ok? –

- Va bene. Divertiti a… - lasciò in sospeso la frase per sapere dove si trovava di preciso.

- Cordoba. Sono a Cordoba. Con Brad – rispose lui balbettando.

- Cordoba. Salutami Brad. Ciao Orlando. –

- Ciao. – disse lui ed insieme attaccarono.
 



- Che cosa è successo? – chiese Brad non appena l'amico ebbe chiuso lo sportellino del suo cellulare.

- Nicole tra cinque giorni sarà a Los Angeles. – fece l’attore guardando l’acqua trasparente della piscina.

- Davvero? – disse fissandolo stupito.

Orlando annuì e sospirò agitato.

Brad continuò a guardare fisso l’attore. Non se la sarebbe cavata così, voleva i particolari e lui lo sapeva bene.

- Voleva vedermi per un caffè. – si arrese l'altro dopo qualche secondo - Ma io sono a quasi diecimila chilometri di distanza da lei, per la miseria! –

- Se vuoi, prendiamo il primo aereo che troviamo e torniamo indietro. –

Orlando si girò a guardarlo e rispose, come se fosse ovvio, – No non lo faremo invece! Non voglio sembrare così disperato e poi se aveva così tanta voglia di vedermi me lo avrebbe detto prima. Possibile che non me ne vada mai una giusta, per la miseria?! –

- Va bene. - disse l’amico alzandosi. Sapeva che doveva lasciarlo da solo in quel momento o avrebbe preso a pugni anche lui se lo avesse contraddetto.

L’attore tolse il peso dalle gambe e si lasciò sprofondare nell’acqua fresca godendosi per qualche istante la piacevole sensazione che si ha sott'acqua. Era come essere in una bolla, isolato dal mondo e dai suoi rumori esterni. Questa non ci voleva proprio.
 
 



- Allora? – disse Nathalie in attesa che l’amica le dicesse cosa era successo.

- E’ a Cordoba. – fece lei guardando un bambino che giocava con un frisbee poco più in là.

- A Cordoba? – ripeté l'altra scioccata.

- Si, con Brad. Torna tra dieci giorni. -

- Cavolo Nic, mi dispiace – disse stringendole una mano – Questa è proprio sfiga! -

La ragazza sorrise. – La mia solita fortuna, no? - poi sospirò e si ricompose cercando di allontanare il pensiero, non avrebbe permesso a niente e a nessuno di rovinarle quella vacanza. - Dai su non facciamone un dramma lo rivedrò prima o poi, non è mica morto. Ti va un po’ di shopping? – propose poi alzandosi e tirando per un braccio l’amica.

- Un attimo, fammi finire la Soda! – protestò Nathalie.

- No, non c’è tempo la berrai camminando! –

Non ci poteva credere di essere nella Grande Mela insieme alla sua migliore amica. Nonostante la delusione che aveva appena avuto, voleva tenere occupata la mente e non pensare a niente di brutto. Quella era la sua vacanza, organizzata apposta per staccare qualche giorno dalla routine e dai vari problemi che le due ragazze si accollavano per tutto l’anno, ora era il momento di godersi i giorni liberi che le erano rimasti.
Si stava divertendo come una matta, d’un tratto le sembrava di essere tornata indietro di dieci anni. Mentre faceva la turista tra Times Square, la Statua della Libertà, l’Empire State Building e Central Park, si era dimenticata di tutti i problemi che aveva lasciato a Londra.
Il negozio, la sua famiglia, Orlando, le bollette da pagare e la difficoltà di arrivare alla fine del mese, erano solo un ricordo sfocato tra le luci dei grattacieli di Manhattan. Avrebbe pensato a tutto questo una volta tornata alla sua vita reale in Inghilterra, non prima. Era questo il patto che avevano Nathalie e lei il 2 luglio sull’aereo diretto in America. Anche l’amica aveva deciso di lasciarsi alle spalle la pausa momentanea che aveva preso di comune accordo con Dan. Quando lo comunicò all’amica, quattro giorni prima della partenza, Nic era rimasta di stucco, ma lei le disse che era la cosa migliore da fare e avevano deciso di non toccare l’argomento fino al loro ritorno a casa.

Erano state per tre giorni a Chicago, poi avevano passato un week-and a Boston, da dove avevano preso il treno e si erano dirette appunto a New York.
Quella città era la preferita delle due amiche. Avevano passato tutti e due i giorni a fare shopping ed avevano acquistato talmente tante cose che avevano dovuto comprare anche un’altra valigia per contenere tutti i loro nuovi vestiti. Nicole non si scorderà mai le risate insieme a Nathalie per chiudere i borsoni. Sedersi sopra non bastava a far chiudere la zip delle valigie strapiene. Alla fine, sudate fradice, avevano guardato i loro bagagli appoggiati alla porta della loro stanza ed erano scoppiate a ridere abbracciandosi contente.
La sera del giorno dopo le due amiche, trascinandosi dietro il peso delle borse e con addosso una maglietta con scritto “I love NY”, si diressero all’aeroporto. La prossima meta sarebbe stata Miami. Una volta arrivate nella calda città della Florida, si sistemarono in hotel, si infilarono il costume e si diressero verso la spiaggia dalla sabbia fina e bianca. Per le due amiche quella città sembrava il loro paradiso: ragazzi muscolosi e abbronzati che passeggiavano per le strade in costume o giocavano a beach volley, surfisti sudati ovunque e paesaggi bellissimi. Anche quei due giorni passarono in fretta tra drink alla frutta sorseggiati mentre prendevano il sole e nuotate in piscina. L’ultima sera Nathalie rimorchiò perfino un bel pallavolista che, mentre le due ragazze scherzavano leggermente brille in un pub, le si era avvicinato proponendole, con il suo accento americano, di seguirlo in camera sua. Dopo una risata Nat aveva reclinato la sua offerta, e il ragazzo si era allontanato dal loro tavolo scoraggiato.
Per le due amiche fu dunque la volta di Las Vegas. Quando arrivarono nella “città del peccato” si guardarono intorno sbalordite. Era veramente magnifica con i suoi alti grattacieli pieni di luci colorate. Spesero molti, molti soldi giocando alla roulette, perdendoli quasi tutti. Mentre entrambe camminavano per il casinò, avvolte nei loro vestiti lunghi ed eleganti stile Jessica Rabbit, osservavano i giocatori accaniti giocare al Black Jack. La sera tornarono in hotel con i piedi doloranti, a causa delle loro scarpe alte. La loro camera era stupenda e, scoprirono con gioia le ragazze, aveva anche una Jacuzzi nel bagno.
Dopo aver speso i loro soldi alla roulette, andarono a Los Angeles, la loro ultima meta. Sarebbero rimaste in California tre giorni, e la mattina del quarto sarebbero tornate in Gran Bretagna.

Nicole e Nathalie salirono sul treno e si sedettero al loro scompartimento.

- Pronta per L.A. baby? – disse la rossa imitando tremendamente l’accento americano.
 
 


15 luglio 2006

Los Angeles

Stare nella “città degli angeli” per Nicole fu la parte più difficile di tutto il viaggio. Non poteva fare a meno di pensare che quella era la città dove abitava Orlando, ma lei non poteva incontrarlo. Per fortuna Nathalie capì quello che stava provando, e cercò di distrarla in tutti i modi possibili: la coinvolgeva in mille attività e proponeva cose divertenti in modo da farla stare sempre con la testa altrove.

Arrivò così la sera della fatidica premiere, e Nathalie era tutta eccitata. Continuava a ripetere che non poteva credere che stava per incontrare l’uomo dei suoi sogni e Nicole le ricordava di tenere a freno i suoi ormoni.

- E come faccio? E’ impossibile! Avere Heath Ledger nella stessa stanza, mi manda in fibrillazione. – disse sistemandosi il lungo vestito nero senza spalline.

- Ma se nemmeno lo hai mai visto! – disse l’amica con un’aria stupita ma allo stesso tempo divertita.

- Si ma già lo so che sarà così. – rispose lei liquidando la questione.

Nicole alzò gli occhi al cielo e scosse la testa sorridendo incredula. Era proprio questo che le aveva fatte diventare amiche, pensò tornando con la testa indietro di quella che le sembrò un'eternità, quando avevano iniziato a frequentarsi all'inizio come conoscenti e si erano rese subito conto che sarebbero diventate molto di più. Quanto era passato? Cinque anni? Sei? Forse anche di più.

- Sbrigati o faremo tardi – si raccomandò Nathalie per la decima volta aiutando a chiudere la zip dell’abito grigio dell’amica – hai preso la busta che devi dare a quel tizio e, soprattutto, i biglietti per entrare? –

- Si,si tranquilla! Dai andiamo. – rispose Nic per l'ennesima volta ed insieme uscirono di casa.
 
Per tutto il viaggio in macchina con tanto di autista che le due ragazze si erano prese il lusso di affittare, la bionda non aveva fatto altro che muoversi agitata sul sedile in pelle scura della Lincoln bianca, chiedendo all'autista per ben tre volte quanto mancasse all'arrivo.
L'amica invece guardava fuori dal finestrino le strade illuminate della Città degli Angeli scorrerle velocemente accanto meravigliandosi di quanto la vita sembrasse diversa in confronto a quella di Londra. Le persone apparivano molto più rilassate, in forma e, naturalmente, abbronzate di quelle della capitale inglese. Riusciva perfettamente a capire il motivo per cui Orlando amasse quella città, in effetti le sembrava molto più affine alla personalità così aperta e espansiva dell'attore. Spesso Nicole stentava a credere che lui fosse davvero londinese.

La macchina svoltò per Hollywood Boulevard e dopo pochi metri si fermò. Il separé nero che divideva l'autista della due passeggere si abbassò lentamente e l'uomo sulla cinquantina che sedeva al volante della limousine voltò appena la testa sopra la spalla per comunicarle che erano arrivate a destinazione.

- Eccolo, è lui! – disse l’amica mezz'ora dopo prendendo la mano di Nicole una volta entrati nel locale della premiere.

Gli attori, dopo aver fatto le foto e autografi alle fan, entrarono nel locale di Hollywood dove avrebbero fatto un aperitivo, prima di entrare nella sala cinematografica per la prima del film. Dappertutto intorno a loro camminavano sui loro tacchi vertiginosi e strette nei loro abiti succinti donne di ogni genere ed età, sorridendo civettuole ad ogni giovane di bell'aspetto.

Nicole si alzò in punta di piedi e seguì la direzione indicata dall’altra, cercando di guardare oltre le steste degli altri invitati. - E’ quello? – disse indicando un ragazzo biondiccio.
- Si è lui! – rispose Nat con un sospiro – Lo sapevo che dal vivo sarebbe stato anche meglio. -

Ma lei non la stava più ascoltando e si trovò a fissare il ragazzo che stava accanto alla star. - Oh mio Dio! – disse strozzandosi con il suo drink e voltandosi istintivamente dall'altra parte per non farsi riconoscere.

- Che succede? –
- Non mi uccidere però. – si giustificò subito Nicole con un tono lamentoso – Lo vedi quel ragazzo che gli sta accanto? –

- Ma chi Jake Gyllenhaal? – domandò l’amica prendendo un sorso del suo cocktail.

- Beh, io… Ecco… Noi… -

Nathalie la guardò sbarrando gli occhi come se avesse appena confessato un omicidio.

- No. – la fermò subito la ragazza – Non andare avanti con la fantasia. Solo un semplice bacetto, tutto qui. –

- Tutto qui? Tu hai baciato quel pezzo di figo di Jake Gyllenhaal e non mi hai detto niente? –

- Ti posso dire tutto dopo, in hotel? – domandò facendo gli occhi dolci.

- Sei proprio una stronza Nicole Leinghton – disse fingendosi arrabbiata l’amica. Più tardi, vedendo Nicole che continuava a guardare l’attore da lontano mordendosi un labbro nervosa, sbottò – Ed ora che fai, non vai? –

- Dove? – domandò l'amica spaesata.

- Da lui! Dai su sbrigati prima che te lo rubi qualche modella del cazzo! –

- Dici sul serio? – disse lei incredula.
-
Ma certo! Io ho già adocchiato quel ragazzo seduto a quel tavolo e che mi sta fissando da mezz’ora. Per stasera non voglio pensare a Dan, voglio divertirmi e godermi la serata. Chissà, magari riesco a scambiare due parole anche con Heath! –

Nicole la guardava con gratitudine ed era molto tentata ad andare dal bell’attore, ma non voleva lasciarla da sola ad una festa dove non conosceva nessuno.

- Vai! E stasera non voglio vederti tornare in hotel prima delle sei del mattino. – la esortò Nathalie dandole una spintarella.

Nicole si alzò lentamente e, dopo aver sorriso a Nathalie, si diresse verso Jake che era seduto al bancone del bar.

- Un Margarita per favore – ordinò al barista appoggiandosi al bancone tirato a lucido. Poi voltandosi “per caso” verso il ragazzo gli disse – Jake! –

Due occhi di un azzurro inteso la guardarono illuminandosi. La ragazza lo vide far sparire all’istante la felicità dal suo volto, trasformandola in una smorfia di concentrazione. - Ehi ciao! Nicole… vero? – chiese portandosi una mano sul mento.

- Oh andiamo, ti ricordi benissimo come mi chiamo! – rispose lei accavallando le gambe.

Ma perché tutte le volte che lo vedeva non riusciva a fare a meno di flirtarci? Saranno state le sue labbra o quella sua aria da mascalzone, fatto sta che ogni volta che lo vedeva non riusciva a non provare quella voglia violenta di sbatterlo addosso al muro.

- E’ vero, si mi ricordo come ti chiami Nicole Leinghton –

Il sorriso di Nic diventò una smorfia. Come faceva a sapere il suo cognome? Si ricordava benissimo che non aveva voluto dirglielo proprio per non essere vista come la “figlia di Robert”.

Leggendogli nel pensiero l’attore replicò – Ho i miei informatori… Piuttosto dimmi, cosa ci fai qui? –

- Ho dovuto portare una cosa al Signor Moobes. – disse Nicole prendendo il suo drink appena servito dal barista.

- E glie l’hai data? – domandò malizioso Jake.

- Si, la busta si – disse Nicole sorridendo.

- Sei venuta qui da sola? –

- Veramente no, sono con un’amica. Ma è molto impegnata al momento. – disse guardando Nat che flirtava con un ragazzo poco più in là.

- E tu sei impegnata? – domandò l’attore sempre alludendo a qualcos’altro.

- Beh al momento si, sto parlando con te! – disse Nicole sviando la domanda che le aveva posto l’attore tra le righe.

Jake rise e accettò la sconfitta. Poi avvicinò lo sgabello al suo e le sussurrò - Vuoi davvero rimanere qui alla proiezione del film o vuoi venire a fare un giro con me? –

- Scelgo il giro con te, odio queste feste mondane. –

- Vado ad avvertire il mio amico. – rispose lui contento della scelta fatta dalla ragazza - Ci vediamo all’uscita, ok? –

- D’accordo. –

Nicole si diresse verso l’amica e le fece segno di raggiungerla. - Sei davvero sicura che non ti dispiace che vada via con Jake? – le domandò in un orecchio una volta vicine.

- No vai pure tanto stanotte sarò impegnata anche io. Michael mi piace, e gli ho detto che sto in camera da sola, quindi…-

- Peers – disse la ragazza fingendosi scandalizzata e chiamando l’amica per cognome – mi stai per caso sfrattando dalla mia stanza per andare a fare del volgare sesso occasionale? –

- No ti sto semplicemente spingendo nelle braccia di un bel giovanotto. Un giorno mi ringrazierai! – disse e poi ammiccò tornando al tavolo con Michael.
 


Quando uscì dal locale, Nicole trovò un Jake sorridente e tremendamente sexy appoggiato ad una Audi grigia perfettamente tirata a lucido. Le fece segno di entrare ed aprì la portiera.

Una volta dentro la macchina la ragazza chiese – Dove mi porti allora? –

- Dove vuoi andare? –

- Andiamo a bere qualcosa – propose Nic dopo averci pensato su.

- D’accordo, - rispose lui divertito e accarezzandosi la barba appena accennata - allora ti porto in un posto dove fanno il miglior Mojito di tutta la California –

- Bene, – disse Nicole sorridendogli di rimando e sistemandosi meglio sul sedile – e dove sarebbe questo posto? –

- Nella cucina di casa mia – disse guardandola per un attimo, per poi tornare a guardare la strada.

- Gyllenhaal, siamo al primo appuntamento e già mi porti a casa tua? –

Jake rise ma non rispose.

Stavano percorrendo Sunset Boulevard e Los Angeles era solo un mucchio di lucine bianche e rosse che correvano veloci affianco a lei. In lontananza si vedeva la famosa scritta a lettere bianche di Hollywood sulle colline della città. Pian piano lasciarono il distretto, andando verso quello di Beverly Hills.
Arrivarono ai piedi di una villetta bianca con le persiane di legno. Affianco alla bella abitazione si vedeva una grande piscina illuminata contornata da una grande e secolare palma e una serie di lettini disposti in fila ordinatamente.

L’attore parcheggiò sul vialetto e spense il motore dell’auto.

- Siamo arrivati nella tua modesta casetta? – ironizzò la ragazza guardandosi intorno stupita.

- Si – le disse sorridendogli e prendendola per mano guidandola dentro il portone.

La casa all’interno era arredata con colori chiari e con mobili moderni. Nic seguì l’attore nella spaziosa cucina con un grande bancone al centro della sala e una portafinestra che dava sulla piscina. Sembrava una di quelle case che si vedono nei film americani, solo che questa era vera.

Nicole lo osservò mentre preparava gli ingredienti e prendeva due bicchieri. - Allora, – gli disse appoggiandosi sul bancone di fronte a lui – dove hai imparato a fare il Mijito migliore di Los Angeles? –

Jake sorrise e rispose – Nello stato dove è stato inventato, a Cuba. –

- Notevole – disse la ragazza colpita e divertita allo stesso tempo – sei andato lì per un film? –

- No, quando ho finito il liceo sono andato in un po’ di posti. Mi piaceva viaggiare. –

La giovane si fermò un secondo per ammirare l'aspetto così trasandato ma sensuale dell'attore intento a cercare qualcosa all'interno di un cassetto con una mano e allentandosi la cravatta con l'altra. La barba appena accennata sul mento e i capelli in disordine creavano il giusto abbinamente con il formale smoking nero che aveva indossato per la premiere. Si ricordò di essere nel bel mezzo di una conversazione e domandò - Ed ora no? – 

- Beh, ora per lavoro viaggio spesso e ogni tanto desidererei non lasciare la mia casa, la mia famiglia, i miei amici per mesi interi. Pian piano ti accorgi che ti perdi molte cose stando sempre via per lunghi periodi. –

- Certo – rispose lei annuendo e portandosi una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio - E cosa hai fatto in questi mesi? – 

- Mmm vediamo. Sono stato a San Francisco per girare un film che uscirà nel 2007, si chiama Redenction, e poi niente, sono stato in città. Tra sei mesi devo partire per il Canada per girare un'altra pellicola. Tu invece? – disse mescolando la menta con lo zucchero ed il lime.

- Niente di che. Ho mandato avanti il negozio, sono andata al matrimonio di mia sorella a Parigi, e poi sono venuta qui negli Stati Uniti per girare qualche città. –

- Che città hai visitato? – chiese l’attore concentrato nella preparazione dei drink.

Nicole gli raccontò del viaggio tralasciando la vera motivazione che l’aveva spinta principalmente ad andare in America: Orlando.

- Ecco fatto, vieni andiamo in salone – gli chiese porgendole il cocktail che aveva terminato.

I due ragazzi si sedettero sul divano di pelle bianca e sorseggiarono il Mojito.

- Se è il migliore di Los Angeles non lo so, ma è davvero buono. – disse Nicole alzando il bicchiere.

- Grazie – rispose l’attore sorridendole.

Rimasero a guardarsi negli occhi per alcuni istanti, poi Nicole si avvicinò a lui e affondò una mano nei suoi capelli morbidi. Jake chiuse gli occhi e si godé per qualche secondo il suo tocco leggero poi la prese e la attirò a se baciandola con passione. Questo fu molto diverso dal bacio lieve e casto che si erano scambiati a Trafalgar Square, in questo c’era molta più passione e attrazione.
Senza nemmeno accorgersene si ritrovarono sdraiati sul letto dell’attore con vestiti sparsi in tutta la stanza. I loro corpi erano scossi da fremiti di piacere e di desiderio, e loro mani accarezzavano ed esploravano il corpo dell’altro senza freno né paura. Mentre si muoveva sopra di lei, lui le baciava il collo e le spalle e la chiamava per nome.

Non poteva desiderare niente di meglio per terminare questa vacanza, pensò Nic un’ora dopo abbracciata al corpo nudo di Jake.
 
 



La mattina seguente, Nicole si rigirò nel letto e si mise su un fianco tirandosi il lenzuolo che copriva il suo corpo nudo.
Il sole caldo della California le bruciava sul viso ma lei cercò di non pensarci e affondò il viso nel cuscino profumato. Avvertire i capelli arruffati sul collo e le spalle intorpidite le ricordarono gli avvenimenti della notte precedente che gli sfilarono nella mente all’improvviso. Quando sentì un braccio abbronzato posarsi sulla sua pancia nuda e un lieve accenno di barba che la solleticava dietro l’orecchio si ricordò subito dov’era. Le labbra si aprirono in un sorriso malizioso e fece appena in tempo a voltare la testa che incontrarono subito quelle calde dell’attore sdraiato accanto a lei.

- Buongiorno – le disse Jake sfiorandole la bocca con un dito.

- Buongiorno – rispose lei sorridendo ancora leggermente assonnata.

Si mise seduta e controllò la sveglia sul comodino accanto al letto. - Cavolo sono le nove, Nathalie sarà furiosa. – disse precipitandosi giù dal letto in cerca dei suoi vestiti.

- Se cerchi i pantaloni credo che siano rimasti in salone – disse divertito il ragazzo guardandola appoggiato alla testiera del letto con le braccia incrociate dietro la testa.

- Grazie – disse Nic sorridendogli e infilandosi intanto la maglietta.

Stava andando verso la porta quando si bloccò e tornò indietro – Senti saltiamo tutta la parte in cui ci scambiamo i numeri di telefono promettendoci di chiamarci, tanto lo sappiamo entrambi che non lo faremo. E’ stata una bella serata, sono stata bene, ma credo che sia meglio finirla così. –

- Non ci credo! Ragioni come un maschio! – esclamò l’attore colpito - Sei il sogno di ogni uomo. –

- Allora puoi ritenerti fortunato  – ribatté lei facendogli l’occhiolino

Jake rise di gusto – Puoi dirlo forte! Allora è stato un piacere rincontrarti, Nicole. – disse porgendole la mano.

- Anche per me – rispose lei stringendogliela.

Rimasero un attimo a guardarsi, le mani ancora strette, poi l’attore la tirò sul letto e gli montò sopra baciandola.

- Gyllenhaal devo andare, Lasciami! Ci tengo ancora alla mia pelle e se voglio continuare a vivere devo andarmene, ora. – si lamentò la ragazza sorridendo.

Jake sbuffò e la lasciò andare via controvoglia.
 
 


Quando Nicole tornò al “Los Angeles Bester” ed entrò nella sua stanza trovò Nathalie in accappatoio intenta a cercare qualcosa nella sua valigia.

- Alla buon’ora! – disse la rossa mettendosi le mani sui fianchi ed assumendo un’espressione seria.

- Scusami ma non mi ero accorta dell’ora. – si giustificò Nic.

- Fa niente! Tanto Michael è andato via da poco. – rispose Nat sorridendo e scoutendosi con una mano i capelli ancora bagnati.

- Cosa? – disse ridendo l’amica buttandosi sul letto.

- Dai racconta prima tu e poi ti dico io! –

- E perché prima io? Sentiamo… –

- Io non sono mica andata a letto con un divo di Hollywood! Fidati la mia serata sarà stata sicuramente molto meno eccitante della tua…. In tutti i sensi!–

- D’accordo. – si arrese Nicole girandosi su un fianco e tenendosi la testa con una mano.

Così iniziò a raccontarle tutto quanto come, d’altronde, faceva da molti anni.
 

Cordoba

Orlando si svegliò in una stanza d’albergo, che non era la sua, con un cerchio alla testa allucinante. Un odore di incenso e di uno strano profumo al narciso gli fece pizzicare il naso. Si stropicciò gli occhi e si mise seduto guardandosi intorno. Una ragazza mora dalla pelle ambrata dormiva voltata dall’altra parte dal letto, il lenzuolo che le copriva solamente una parte del corpo ancora nudo. Si sentiva il collo e la schiena completamente zuppi a causa del caldo soffocante e della mancanza di aria condizionata nella camera. Forse la tecnologia non era ancora arrivata da quelle parti. Le tempie gli facevano malissimo e lo stomaco era in subbuglio. La bottiglia vuota di Jack Daniels lasciata sul comodino gli ricordò il perché.

Si passò una mano tra i capelli bagnati di sudore e guardò di nuovo la bella ragazza sdraiata accanto a lui. L’aveva rimorchiata in quel bar proprio fuori il suo albergo. Lei ballava in modo provocante e lui non seppe resisterle.
Com’è che si chiamava? Clara? Monica? Amelia? Non se lo ricordava più. Sapeva solo che quella notte, mentre faceva l’amore con quella donna sconosciuta, aveva pensato per tutto il tempo a Nicole.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO 11


Londra, 25 ottobre 2006

- Will, ti prego, dammi retta, Alison non è giusta per te. Fidati di chi ti conosce da una vita e che conosce molto bene anche il mondo femminile… – disse Nicole sistemando i nuovi arrivi nei cassettoni del Black Diamond.

Era una normalissima giornata autunnale di fine ottobre e la ragazza continuava la sua routine senza strani incidenti di percorso. Fuori il negozio, le persone camminavano velocemente, chi parlando al telefono, chi sentendo la musica nel loro mp3 e di tanto in tanto gettavano uno sguardo alla vetrina per poi riprendere la loro frenesia.

- Ma tu non lo sai, non la conosci bene. – rispose Will seduto dietro al bancone. Si tese in avanti e porse all’amica una pila di canottiere da uomo.

- No hai ragione, ma l’ho vista un paio di volte e non mi è mai piaciuta. – continuò lei prendendo l’intimo e iniziandolo a sistemare al suo posto.

- Lo so che a volte può sembrare una stronza, ma ti giuro che non è così. Lei è divertente e solare quando è con me, parliamo di un sacco di cose e abbiamo tanto in comune. –

- D’accordo Will, fa come vuoi. – fece poi liquidando la questione alla svelta - In fondo deve essere la tua ragazza, non la mia. –

- Non sei contenta che finalmente sia riuscito a girare pagina e abbia finalmente trovato un’altra ragazza con cui sto bene? –

- Ma certo Orso, certo che si. – disse avvicinandosi al ragazzo e mettendogli una mano sulla sua – Ho solo paura che tu soffra di nuovo. –

- Lo so, ma non posso continuare a non impegnarmi solo perché ho paura di soffrire. –

Nicole addolcì lo sguardo e sorrise - Hai ragione. Te lo dico subito però, se questa Alison fa qualcosa che non deve fare, sarò felice di dargli un bel pugno in faccia. -

- D’accordo – disse Will alzando gli occhi al cielo e poi guardando l’orologio – Sono le sette e mezza, direi che è arrivato il momento di chiudere baracca. Dai andiamo ti accompagno a casa. –

- Sissinore. - rispose Nic andando a prendere la borsa nel retro.
 
 
 



La ragazza salutò con la mano l’amico, che si allontanava con la sua auto, e salì per le scale fino al suo appartamento. Ultimamente aveva abusato troppo delle sigarette ed ora si vedevano i risultati. Nemmeno un'anziana di settant'anni avrebbe avuto il suo fiatone.

"D'ora in poi niente più Camel" si appuntò mentalmente.

Stava giusto pensando a cosa aveva in frigo da poter mettere insieme per racimolare un pasto quasi decente quando si pietrificò con il piede a mezz'aria sull'ultimo scalino e con le chiavi di casa in mano. Non poteva crederci.

Lui era lì in carne ed ossa, appoggiato alla sua porta e con la sua aria dannatamente sensuale, forse ancora più bello di come lo aveva visto l’ultima volta ovvero quattro mesi prima.

- Ciao - le disse Orlando passandosi una mano tra i capelli, anche lui stranamente sorpreso di vederla.

Nicole aprì la bocca due volte, ma non riuscì a dire nulla.

- Mi dispiace, dovevo avvisare lo so. – continuò l’attore guardandosi intorno a disagio.. - Avevo un po' di tempo libero così ho pensato di venire a Londra per... insomma ho pensato che potevamo vederci. Sempre che a te vada. - si affrettò poi a specificare.

Nic raccolse un briciolo di lucidità, lo sorpassò ed andò ad aprire il portone di casa. Dopo di che lanciò la borsa e le chiavi sul pavimento e tornò sul pianerottolo da Orlando.

- Non sai quanto mi sei mancato - gli disse saltandogli al collo.

Senza dire altro i due cominciarono a baciarsi ed entrarono nell'appartamento. Ben presto i giubbotti dei due giovani finirono a terra così come la maglietta di Orlando e i pantaloni di Nicole poco dopo.
Accarezzando le spalle e la schiena forte dell'attore, Nic si sentiva in completa pace con sé stessa. Non era la sensazione che aveva provato con Jake qualche mese prima, no era diverso. Non era solo piacere fisico ed emotivo, era come se loro due si appartenessero, come se le loro braccia e i loro corpi fossero stati creati apposta per unirsi alla perfezione. Come se ogni volta che le labbra di Orlando si muovevano sulle sue, ogni volta che lo sentiva rabbrividire insieme a lei, ogni volta che lo guardava negli occhi, lei si sentiva completa, come se in quel preciso istante non avesse bisogno di nient'altro al mondo. Lo stringeva tal temente forte a sé di aver quasi paura di fargli male, ma non poteva farci nulla per evitarlo.
Fecero l'amore tra le lenzuola candide del letto di Nicole per una vita, gli sembrò.


Verso notte ormai inoltrata Nic era accoccolata al petto dell'attore, mentre Orlando accarezzava la sua schiena. Dopo quei minuti di passione pian piano erano tornati in sé stessi e avevano riacquisito il controllo della situazione, tornandosi a comportare come due persone normali senza la continua voglia di saltarsi addosso in continuazione.

- Quando comincerai a girare il tuo film?– gli chiese lei disegnando dei cerchi immaginari con l’indice sul suo petto.

- Tra poco più di un mese. – rispose Orlando mettendosi la mano libera dietro la testa.

- Quindi per il momento hai un mese libero? – chiese ancora la ragazza poggiandosi su un gomito per guardarlo meglio.

- Direi di si -

- Ti va di passarlo qui con me? – propose subito Nicole contenta - Non hai scuse. La tua famiglia è a qualche ora di distanza da qui, e Brad, Mary e Mat li vedi praticamente ogni giorno quindi potrai abbandonarli per qualche settimana. Dai rimani con me. - disse strusciandosi contro la sua guancia.

Il cuore di Orlando perse un battito. L'attore sbatté le palpebre una, due volte prima di decidersi a dire qualcosa. - Davvero vorresti avermi a casa tua per un mese intero? - domandò guardandola.

- Scherzi? Tu non hai idea di quanto mi sei mancato. Certo che lo voglio. –

- E il nostro accordo sul vedersi di tanto in tanto ma senza impegno? – continuò lui accigliandosi.

- Non abbiamo firmato nessun foglio in cui c’è scritto che abbiamo del tempo massimo da passare insieme. Quel “di tanto in tanto” può durare anche giorni interi. – continuò lei maliziosa.

- Allora va bene. Rimarrò. – accettò lui con nonchalance.

Nicole gli saltò sopra contenta e cominciò a lanciare urletti come una bambina a cui avevano regalato la bambola che tanto desiderava. Non poteva credere in come fossero cambiati nel giro di poche ore i suoi piani per i prossimi giorni. Da settimane stereotipate e monotone che aveva messo in previsione, erano diventati trenta giorni da passare insieme ad Orlando.

- Che non mi venissero a dire poi che non so come far felice una donna! – esclamò l’attore compiaciuto cercando di divincolarsi dall'abbraccio stretto della ragazza.
 
 
 
 


Qualche ora più tardi Orlando guardava la ragazza che le dormiva accanto senza poter fare a meno di sorridere come un ebete. Non poteva credere di essere lì insieme a lei.

Quando aveva comunicato a Brad che avrebbe preso il primo volo per andarla a trovare, l'amico aveva appoggiato l'iniziativa con una sonora pacca sulla spalla proponendosi per accompagnarlo all’aeroporto. Mentre stava sull’aereo era stato pervaso da una strana sensazione di tranquillità, come se fosse perfettamente a conoscenza di star facendo la cosa giusta, di stare per raggiungere esattamente il posto in cui doveva stare.

In quel momento non poteva desiderare di meglio: un mese intero con la donna che amava. Si, l'amava,l’aveva capito guardandola dirigersi verso l'aereo che l'avrebbe portata a chilometri di distanza da lui. In quel momento aveva sentito il cuore svuotarsi, una sensazione che aveva continuato a provare in tutto quel tempo passato lontano da lei. Aveva provato a colmarla in ogni modo, ma non ci era mai riuscito, quel senso di mancanza lo aveva continuato ad assillare fino a quel momento. Mentre la baciava, la sentiva accanto a lui, aveva sentito quel vuoto colmarsi ed era tornato a sentirsi vivo come non si sentiva da molto tempo. Poi ne aveva avuto la conferma quando se l’era ritrovata davanti poco prima, quando il suo cuore aveva iniziato a fargli le capriole e non aveva capito più niente.

Nicole sorrise nel sonno, sospirò e pronunciò il suo nome. L’attore strabuzzò gli occhi e la guardò stupito.
Lo stava sognando. Lei lo stava sognando ed aveva sorriso pensando a lui.

Allungò un dito e le tolse una ciocca di capelli che era caduta sul viso e guardò il suo corpo meravigliosamente bello sparire tra le lenzuola bianche. Non poteva sentirsi più fortunato.
 
 
 
 


La mattina dopo si svegliarono e fecero colazione, felici come entrambi non lo erano da tempo. Era come se il tempo si fosse fermato, come se al di fuori di quell’appartamento non ci fosse nient’altro.
 
Verso le otto e mezza, però, ci pensò Nicole a riportarli alla realtà annunciando che sarebbe dovuta andare al negozio.

- Perché non vieni con me? - disse guardando l'attore da sopra il bicchiere di spremuta d'arancia.

- Cosa? - fece Orlando sovrappensiero.

- Si dai, sarà divertente. Così possiamo passare più tempo insieme, altrimenti ci rivedremo solo stasera! -

- D'accordo – concordò lui finendo in un sol boccone il toast al formaggio.

- Bloom, sembra che non mangi da una settimana! – esclamò sarcastica Nic.

- Si beh, l'amore mi mette appetito! - rispose lui con la bocca piena, sporgendosi per darle un bacio.
 
 




- Salve signora Hewites - salutò educata Nicole la cliente abituale del negozio.

La grassoccia signora fissava a bocca aperta Orlando, impegnato nella lettura del "Times" . L'attore, chino dietro il bancone totalmente concentrato su chissà quale articolo, si stava mordicchaindo distrattamente il labbro inferiore.

- Come posso aiutarla? - insistette la ragazza leggermente irritata sporgendosi con la testa per attirare la sua attenzione.

- Ah si, vorrei un paio di slip neri contenitivi, quelli che prendo sempre. - rispose la signora prestando finalmente attenzione a Nic.

- Di solito la serviva Alice? -

- Si, non c'è oggi? – disse noncurante guardando a turno l'attore e il cartellone pubblicitario grandezza naturale che lo raffigurava in boxer in una posa ammiccante e fin troppo sexy. La proprietaria del negozio si maledì per averlo appeso.

- No, oggi ha chiesto una giornata di permesso. E' questo il modello che acquista di solito nel nostro negozio? - le domandò facendole vedere un paio di slip.

- Si, si è questo. Una XL andrà bene. -

- D'accordo. Sono 30 sterline. -

Mentre Nic armeggiava con il registratore di cassa continuò ad osservare la signora con la coda dell'occhio. Se non avesse smesso nel giro di qualche secondo di fissare Orlando con la sua aria da vecchia gattamorta in menopausa, gli avrebbe sicuramente sbottato in faccia.

- Arrivederci - disse invece la ragazza amabilmente dopo aver emesso lo scontrino.

- Arrivederci – rispose la signora indugiando con lo sguardo sul ragazzo per l'ultima volta per poi finalmente lasciare il negozio.

Quando ebbe chiuso la porta Orlando finalmente accantonò il giornale e sorrise dolcemente a Nicole. Non si era accorto di nulla.





Tre ore dopo la voce che Orlando Bloom era presente in negozio si sparse nei dintorni, e il Black Diamond fu invaso da un mare di donne e ragazze urlanti che scattavano foto a raffica. Orlando cercava di gestire la situazione, ma senza successo. Dopo tre quarti d'ora, Nicole decise di allontanare le fans e di chiudere il negozio. Chiamò un taxi e, facendosi spazio tra le ragazzine trascinandosi dietro l'attore, riuscì ad allontanarsi dalla folla.

- Ok, vediamo il lato positivo della faccenda, abbiamo imparato una lezione! - disse Nicole cercando di sdrammatizzare.

- E quale sarebbe? - rispose Orlando alzando un sopracciglio.

- Che non puoi passare una giornata intera a lavoro con me. -

- Già, - disse sconsolato - le cose da persone normali sono escluse per me. -

La ragazza gli accarezzò i riccioli. - Andiamo non fare così… Che ne dici di un bel cinemino? -

- No, voglio andare a casa. Non mi va di andare in giro... Cosa c'è? - domandò quando si accorse del modo in cui lei lo stava guardando.

- Niente, è solo che... è bello sentirti chiamare "casa" il mio appartamento. -

L'attore si chinò e la baciò sulle labbra. Come poteva essere triste o arrabbiato se l'aveva accanto?


Tornarono nell’appartamento e passarono il pomeriggio sul divano guardando film e mangiando popcorn. La sera andarono a cena in un delizioso ristorante di Soho e poi tornarono a casa tardi.

Il giorno dopo Orlando disse alla ragazza che sarebbe andato a Canterbury, visto che era da tanto tempo che non vedeva sua madre e sua sorella. Così l’attore l’accompagnò con la macchina al BD e la salutò dicendole che si sarebbero visti la sera a casa.

Nicole si diresse raggiante verso il retro del negozio, sentendosi addosso lo sguardo curioso di Alice.

- Qui qualcuno ci ha dato dentro stanotte! – scherzò la commessa seguendo con lo sguardo il suo capo.

Nicole non rispose e alzò le sopracciglia con aria misteriosa.

- Andiamo, lo sappiamo entrambe che è solo questione di tempo prima che tu venga da me raccontandomi tutti i particolari! –


La giornata sembrò non passare mai, forse perché guardava ogni mezz’ora l’orologio, ansiosa di tornare a casa. Era da tanto tempo che non si sentiva in quel modo, forse l’ultima volta era stata quando si era presa una cotta per Pierre. Ricordava di sentirsi le gambe molle ogni volta che lui la sfiorava e quegli sguardi d'intesa che si scambiavano riuniti a tavola insieme a Robert e Charlotte le provocavano sempre una fitta di piacere allo stomaco.

Scosse la testa per allontanare quel pensiero e guardò di nuovo l'orologio digitale del competr sul bancone. Era passato solo un minuto dall'ultima volta.



La sera aprì raggiante la porta dell’appartamento e disse – Orlando? Sei rientrato? –

Dopo un  po’ giunse la sua voce moggia dalla cucina – Sono qui. –

La ragazza sorrise ed entrò nella stanza. - Finalmente a casa, non ce la facevo più! – disse prendendo un succo di frutta dal frigo – Non vedevo l’ora di staccare dal lavoro. Saperti qui ad aspettarmi e non poter fare nulla per far passare il tempo più in fretta è stato un martirio. Forse potrei tenere chiuso il negozio per due giorni così potremo stare insieme, che ne dici? -

L’attore non rispose, in compenso chiuse di scatto la rivista che aveva davanti a sé e si passò una mano sulla barba che ancora non si era rasato.

- Com’è andato il viaggio? Stanno tutti bene? – domandò Nic guardandolo preoccupata.

Orlando annuì, con lo sguardo fisso nel vuoto.

- Cos’hai? – insistette la ragazza andandogli vicino.

Orlando gli indicò la rivista e lei la guardò confusa. Sulla copertina c’era la foto di una ragazza bellissima, forse una modella, con una scritta affianco. “Karen Toothey e la sua tempesta. L’articolo completo con tutti i retroscena della storia d’amore della modella americana e il suo ex fidanzato Orlando Bloom a pagina 14.”

Nicole osservò il giornale quasi impaurita senza avere il coraggio di toccarlo. Guardò il volto del giovane seminascosto dalle sue mani e si decise ad allungare una mano per afferrarlo sapendo che sicuramente non conteneva nulla di buono. Sfogliò la rivista sempre più preoccupata e cominciò a leggere l’articolo con il cuore a mille.

Ero riuscita ad uscire dal tunnel della droga e dal 2003 ero pulita. Le cose andavano bene, anche per quanto riguarda il lavoro, poi un giorno torno a casa da un set fotografico e Orlando mi dice che non ce la faceva più, che voleva cambiare aria, che non ero abbastanza per lui e che non provava più niente per me. Così fa le valigie e se ne va, lasciandomi a casa da sola, nonostante i medici gli avessero più volte ripetuto che non dovevo essere sottoposta a nessun tipo stress psicologico perché sarebbe stato facile per me ricadere in tentazione. Ma Orlando è famoso per il suo egoismo e ha fatto di testa sua, come sempre. Io quella sera ero talmente fuori di me che ci sono ricaduta e ho ricominciato a farmi. Così, dopo qualche settimana, appena ho capito che stavo ridiventando dipendente dall’eroina, sono riandata in clinica e ho ricominciato le sedute daccapo. Ma ora voglio voltare pagina e riprendere la vita da dove l’ho lasciata voglio farmi una famiglia...”

Nic smise di leggere e passò una mano tra i capelli dell’attore.

Orlando si girò a guardarla con gli occhi lucidi. - Ma come ha potuto farlo? Dopo tutto quello che ho fatto per lei, dopo tutto quello che ho sacrificato. Gli ho pagato le cliniche di disintossicazione più costose, gli sono stato vicino anche quando ha praticamente ammazzato nostro figlio, l’ho perdonata anche quando mi ha minacciato con un coltello in mano. Cos’altro dovevo fare? Dovevo lasciarmi trasportare nell’oblio insieme a lei? – disse sbattendo i pugni sul tavolo e camminando per la stanza avanti e indietro – Dovevo mandare all’aria tuta la mia vita per cercare di salvare la sua? –

- No Orlando, non pensarlo nemmeno. Lo so che quest’articolo ti fa incazzare, ma tu lo sai che sono solo baggianate. Lo sai che la verità non è quella che è scritta in quella rivista. Tu hai la coscienza pulita ed è questo l’importante. – disse attraversando la stanza e andandolo ad abbracciare.

Lui non disse una parola e si abbandonò addosso a lei.

- Hai dato anche troppo a questa storia ed è ora che ti riprendi la felicità che meriti – gli sussurrò all’orecchio accarezzandogli la schiena.

- Io sono felice solo quando sono con te, Nicole – rispose l’attore tra le lacrime dopo qualche secondo di attesa.

- Non dire così –

- E’ la verità. – replicò l’attore deciso, staccandosi per guardarla in viso.

Nic lo scrutò e scelse con cura le parole da dire. - Orlando lo sai che stiamo andando a finire in una storia che non ha ne capo ne coda. Lo so io come lo sa tu, solo che non facciamo niente per evitarlo, anzi più adiamo avanti più la situazione si sta complicando. Voglio solo che tu capisca quello che ti sto dicendo. Voglio che tu capisca che solo stando qui, insieme, stiamo peggiorando le cose. Ci stiamo affezionando e ci stanno andando di mezzo anche i sentimenti. Come credi che ci sentiremo quando tra un mese ci separeremo per chissà quanto altro tempo? –

- Non lo so. L’unica cosa che so è che io voglio stare con te. Adesso. E sarei uno stupido ad andarmene solo perché ho paura di quello che potremo o non potremo diventare. –

Nicole ricambiò il bacio di Orlando ma dentro di lei, in quel momento, si accese una piccola scintilla chiamata “dubbio”, una scintilla che anche se minuscola è capace di divorare le persone come un fuoco. All’improvviso non era più sicura di stare facendo la cosa giusta, non era più sicura che stare lì insieme a lui avrebbe migliorato le cose. Quando a Parigi aveva detto di volere iniziare con lui quel tipo di relazione, non aveva messo in conto che ogni attimo passato insieme non avrebbe fatto altro che aumentare i loro sentimenti e sarebbe stato sempre più difficile separarsi per riprendere le loro vite.

Orlando si staccò e si rifugiò con il viso tra il suo collo e la sua spalla. Mentre continuava ad accarezzarlo, Nicole non poté controllare una lacrima che le scappò dall’occhio.
 





I giorni seguenti, passarono velocemente. Dopo l’articolo, Orlando chiamò Brad e rimasero per molto tempo al telefono. L’amico ascoltò con pazienza il suo sfogo e gli disse che avrebbe chiamato il giorno stesso l’avvocato e avrebbero proceduto per vie legali. Inoltre disse all’attore di preparare una lettera di risposta al giornale dove avrebbe raccontato tutta la verità sul loro rapporto.

Orlando, però, non riusciva a stare sereno e a godersi il periodo che aveva a disposizione con Nicole, nonostante i ripetuti sforzi della ragazza per consolarlo e per farlo sentire meglio. Un sabato sera lo aveva sorpreso con una deliziosa cena a lume di candela, ma lui si era liquidato dicendo che non si sentiva molto bene. Nic prese tutte le pietanze che aveva preparato con tanto amore, e le gettò nella pattumiera.

La ragazza continuava a ripetersi che era solo un periodo e che sarebbe passato presto. Un giorno però Orlando sbottò e rovesciò la sua frustrazione su di lei. La malcapitata, colpevole solo dell'aver fatto cadere un bicchiere di vetro a terra facendolo rompere in mille pezzi, si era dovuta sorbire la sfuriata dell'attore e lo aveva visto uscire di casa sbattendo la porta. Nicole rimase in cucina, ancora con la scopa in mano per raccogliere i pezzi di vetro, a fissare la porta chiusa davanti a lei sperando che tutto quello fosse solo uno scherzo. Quella sera rimase ad aspettarlo sveglia fino a che non si addormentò sfinita sul divano. Era terribilmente preoccupata, Orlando era fuori di se e chissà cosa avrebbe potuto combinare. Verso l'una sentì suonare al citofono ed aprì la porta. Quando lo vide entrare nel salone stanco e completamente bagnato dalla pioggia, Nicole non disse niente e andò in camera. Poco dopo lo sentì entrare nel letto, ma fece finta di dormire. L’attore capì lo stato d’animo della ragazza e la lasciò perdere, avrebbero chiarito tutto la mattina seguente. Ma non fu esattamente così.
Quando si svegliò, Orlando non trovò nessuno nel letto accanto a lui. Si alzò e controllò tutta casa ma di Nicole non c’era traccia. Il ragazzo sapeva che era andata sicuramente in negozio, ma per lo meno poteva lasciargli un biglietto, così prese il cellulare e chiamò il BD. Al telefono rispose Alice, che imbarazzata gli comunicò che Nic quel giorno aveva avvisato che non sarebbe passata. Dov’era andata allora? Qualche ora più tardi, l’attore era seduto sulla poltrona a casa della ragazza. D’un tratto capì quello che Nicole gli stava comunicando. Voleva farlo sentire come si era sentita lei la notte scorsa, voleva fargli capire cosa significasse stare a casa senza sapere dove e con chi era la sua compagna. Orlando sapeva di aver sbagliato, e se lei ci fosse stata quella mattina, lui si sarebbe scusato e tutto sarebbe tornato a posto. Ma, come al solito, l’istintiva e orgogliosa Nicole aveva fatto di testa sua. Perché doveva essere sempre così testarda?

La sera sentì girare le chiavi nella toppa. Uscì di fretta dalla cucina e rimase in piedi davanti alla porta. Nicole, con le buste della spesa in mano, lo sorpassò e cominciò a sistemare le cose nel frigorifero.

- Così hai deciso di ignorarmi? – disse arrabbiato l’attore.

- Si, esattamente come mi hai ignorato tu. – rispose lei con nonchalance.

- Ma hai idea di come sono stato io oggi? Ero preoccupato, non rispondevi alle mie chiamate, non eri al negozio, non... -

- E come pensi che sia stata io invece ieri sera? – lo interruppe Nicole, stavolta alzando la voce anche lei – Capisco che hai dei
problemi e che sei nervoso, capisco tutto Orlando. Ma non ci sto a farmi trattare male e a farmi sbattere la porta in faccia da te, in casa mia per giunta! Io ho cercato di aiutarti in tutti i modi, credimi l’ho fatto. Ma non ce la faccio ad andare avanti così. –

Orlando la scrutò senza dire niente, la mascella indurita dalla rabbia.

- Se tu stamattina ci fossi stata, io ti avrei chiesto scusa. Ma non capisco proprio perché tu debba fare sempre come ti pare. Non t’importa niente delle persone che ti stanno intorno. Ho sbagliato, lo so, ma tu non mi dai modo di scusarmi. Tu... – disse cercando di controllare la voce.

- Tu, tu, tu sempre e solo tu. Sai solo puntare il dito contro le persone. Si Orlando hai sbagliato e la gente non sta dietro ai tuoi sbalzi d’umore. Ed io che dovrei fare? Dovrei stare buona buona in un angolo aspettando che ti sia calmato? Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? Io non passerò il resto della mia vita aspettando il momento giusto per parlare. – rispose continuando ad alzare la voce.

- Il resto della tua vita? – rispose ridendo amaramente – Io non ti ho chiesto di passare il resto della tua vita con me! –

- Forse è proprio questo il punto. Stiamo insistendo su una storia campata per aria, su una storia impossibile. –

- Ti ricordo che sei stata tu a propormi di vederci senza impegno, e sei stata sempre tu poi a rimangiarti tutto per chiedermi di restare qui per un mese. Ed ora che fai? Cambi idea un’altra volta? Adesso la nostra è diventata una “storia campata per aria”? Fai pace con il cervello Nicole. –

La ragazza lo guardò truce e assunse una faccia schifata. Non fece in tempo a rispondere che l’attore sbottò spazientito - Vado a prendere una boccata d’aria, un'altra! –

- No! Non ci provare. Ti avverto, se esci di nuovo da quella porta, non ci rientrerai Orlando. Sono seria. – minacciò Nicole seguendolo in salone.

Lui si voltò e per un attimo si scrutarono con durezza. - Forse sono io a non voler più tornare qui dentro. – disse poi spezzando il silenzio.

Per la ragazza fu come una secchiata d’acqua fredda, ma sarebbe morta piuttosto di ammetterlo. - Allora prendi le tue cose e vattene. Io non obbligo nessuno a stare con me – disse gelida ed uscì fuori in terrazza. Non ce l’avrebbe fatta a vederlo fare i bagagli e lasciare casa sua.
 

Orlando la guardò qualche minuto dopo dalla portafinestra della stanza da letto che dava sul balcone. Nicole si stava fumando una sigaretta appoggiata alla ringhiera, mentre fissava il panorama davanti a sé.

Distolse in fretta lo sguardo e tornò a svuotare il cassetto che gli aveva liberato la ragazza nel suo comò solo pochi giorni prima. Dopo essersi accertato di non aver lasciato niente lasciò le valigie davanti alla porta e uscì sul balcone.

- Nicole. – la chiamò facendola voltare lentamente – Non volevo andarmene senza salutarti. – vedendo poi che la ragazza non trovava le parole per rispondergli continuò – Forse avevi ragione tu, non era destino. Forse non avrebbe mai funzionato o forse non siamo fatti per stare insieme. Ma credo sia meglio finirla qui. – inghiottì la saliva ignorando il groppone che sentiva in gola.

- Sono d’accordo – disse lei guardandolo ed incrociando le braccia.

- Tanto vale dirtelo subito, Brad a giorni ti chiamerà per decidere le modalità per la nuova collezione, come dal nostro accordo. –

- Credo che rescinderò il contratto. – disse seria guardandosi le scarpe – Ormai non è più il caso di andare avanti in queste condizioni. –

Orlando si guardò intorno a disagio. Anche l’ultima cosa che li teneva uniti stava per andare in mille pezzi, così come la loro storia d’altronde.

 – Allora ci vediamo per la rescissione del contratto – disse esitando.

- Va bene. Ciao Orlando. – rispose voltandosi per non fargli vedere le lacrime che stavano rigando le sue guance.

L'attore tornò in salone e prese le valigie dirigendosi verso la porta, quando sentì la voce della ragazza.

- Orlando? – lo chiamò appoggiandosi alla portafinestra.

- Si? – rispose lui voltandosi.

- Voglio dirti una cosa prima che te ne vada. –

- Cosa? –

- Io... avrei voluto che funzionasse tra di noi, davvero. – disse Nic con la voce tremolante. Stava trattenendo le lacrime e la gola le faceva male dallo sforzo.

- Anche io. – rispose avvicinandosi a lei.

- No, ti prego non possiamo farlo. – disse lei indietreggiando – Dopo sarebbe tutto più complicato. –

- Più di così? – disse prendendogli il viso tra le mani.
 
 



Dopo aver fatto l’amore, Nicole osservò Orlando mentre si rinfilava la camicia. Sapeva che cedere alle sue carezze e ai suoi baci era sbagliato, ma era stato più forte di lei. Averlo accanto la faceva andare in tilt.
Senza dire nulla l’attore raccattò le sue cose, la guardò per l’ultima volta e uscì di casa, e dalla sua vita.

Non appena sentì la porta chiudersi Nicole lasciò scappare un singhiozzo. Si abbandonò sul letto e si rannicchiò, stringendo le ginocchia al petto. Se ne era andato. La loro breve convivenza si dimostrò essere stato un fiasco totale. Sapeva benissimo che tra di loro non ci sarebbe potuto essere niente di più di quello che avevano ora. Non si aspettava di tornare da lavoro e di ritrovarlo ad aspettarla nella loro casa, non si aspettava una convivenza, niente del genere, ma non si aspettava neanche che la loro storia finisse in questo modo: una lite furiosa, del sesso e poi più niente. Forse però era meglio così, pensò dopo un po’. In fondo se avessero continuato a vedersi, tutte le volte che si sarebbero separati, avrebbe dovuto passare giorni e giorni a piangere nel suo letto. Per cosa poi? Per qualche giorno, massimo una settimana, di piacere? Alla fine era andata così e non ci poteva fare niente.

Prese il cellulare e compose il numero di Nathalie, in quel momento solo lei poteva tirarla su col morale.
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


CAPITOLO 12


12 novembre 2006
Los Angeles


La giornalista, seduta su una poltrona del lussuoso bar dell’hotel “Royal”, accavallò le sue gambe magre e abbronzate e si sistemò meglio gli occhiali squadrati sul naso. Fece un segno d’intesa all’attore e premette il tasto di registrazione sul suo apparecchio elettrico.

- Allora, cominciamo la nostra intervista. – disse poi prendendo dei fogli tra le mani curate - Innanzitutto, devo confessarle che quando il telefono ha squillato nella nostra redazione siamo rimasti piuttosto sorpresi. Perché ci ha deciso di rilasciare una dichiarazione? –

- Perché voglio rispondere all’articolo della mia ex fidanzata raccontando la verità sulla nostra storia. – rispose Orlando mettendosi comodo sulla poltrona posizionata di fronte a quella della donna. La sua gamba piegata sopra all’altro ginocchio tremava nervosamente.

- Quindi lei smentisce tutte le dichiarazioni che ha fatto la signorina Karen nella sua intervista? – domandò lei ancora scribacchiando qualcosa sul suo taccuino.

- Si, esatto. – si allargò il colletto della camicia con due dita. Era una sua impressione o si moriva dal caldo lì dentro?

- D’accordo. Allora mi racconti la sua versione della storia. –

- La relazione con Karen per me è stata molto importante. Rappresenta una grande fetta della mia vita, un po’ perché siamo stati insieme per molto tempo, un po’ perché questa storia mi ha dato tante cose, belle e brutte, ma me ne ha tolte altrettante. –

- Cosa le ha tolto esattamente? – chiese la giornalista cogliendo al volo l’occasione di una dichiarazione succulenta.

- Molte cose, ma non voglio scendere nei particolari. Io non sono come Karen, non svendo la mia vita privata solo per avere più visibilità o per andare in prima pagina. Posso dire che mi ha tolto tempo, salute e benessere. –

- Signor Bloom, se non vuole svendere la sua vita privata, come dice lei, perché ha deciso di rispondere a questo articolo con un’altra intervista? –

- Perché io non so starmene con le mani in mano a guardare la mia ex fidanzata che dice baggianate sulla nostra storia in una delle principali testate giornalistiche americane. Signorina Wayne, io potrei dirle cose che farebbero vendere molte più copie in una settimana rispetto a quelle che il suo giornale ha venduto negli ultimi due mesi. Quella donna mi ha fatto passare talmente tante pene che chiunque l’avrebbe lasciata dopo soli tre mesi di relazione. Io non l’ho fatto. Io le sono stato vicino, l’ho aiutata e supportata per quattro lunghi anni, perdonando e passando sopra a molte cose gravi. Non sto rinfacciando niente a nessuno, per carità, nessuno mi ha obbligato a farlo, io l’ho fatto semplicemente perché l’amavo. Ma un giorno ti rendi conto che essere innamorati non basta più, ti rendi conto che non puoi fare niente per farla diventare una persona che non è mai stata. Così sono riuscito a dire basta, per l’ennesima volta l’ho affidata ad una clinica di disintossicazione e ho deciso di andare avanti, di voltare pagina. –

- Come si è sentito quando ha letto l’articolo dove, come ha detto lei, Karen ha raccontato molte bugie sulla vostra storia? –

- Ho provato molte emozioni tutte insieme. Rabbia, delusione, stupore e incredulità. Non pensavo che la donna con cui ho vissuto per quattro anni fosse stata capace di fare una cosa del genere. Ha rigirato la frittata e mi ha incolpato di cose che, come lei sa benissimo, io non ho mai fatto. E per cosa poi? Per destare scalpore a mio discapito? E’ stato un colpo basso, basso anche per lei. –

La signorina Wayne annuì e scribacchiò un appunto con la sua penna costosa. - Questo articolo che conseguenza ha dato alla sua vita? Intendo sia quella professionale che privata. –

- Per quanto riguarda quella professionale non c’è stato nessun cambiamento, grazie a Dio. Continuo a seguire i miei progetti e continuano ad arrivare telefonate al mio agente esattamente come prima. Quindi almeno in questo ha fallito. Per quanto riguarda la mia vita privata… ho perso anche troppo. –

Terminò la frase e poggiò il mento sulla mano. Quella donna era riuscita a portargli via la voglia di amare di nuovo, di rimettersi in gioco, di dare il suo cuore ad una persona per paura di ritrovarselo di nuovo in mille pezzi.
All’improvviso tutto era chiaro nella sua testa. Non era la distanza, il lavoro o la differenza di fuso orario che lo avevano bloccato, il vero problema erano le sue paure che lo bloccavano e gli impedivano di essere felice di nuovo.
 
Quante volte si era fermato ad incolpare Karen per avergli rovinato la vita? Invece non si era mai reso conto che lo stava facendo lui stesso, da solo, con le sue mani.
Come aveva fatto a non pensarci prima?
Come aveva potuto non accorgersi che il timore e l’insicurezza gli stavano portando via l’unica cosa che negli ultimi mesi gli aveva fatto tornare il sorriso?
Magari in quel momento era troppo tardi, magari lei stava già tra le braccia di qualche stupido uomo d’affari londinese. Oppure era ancora in tempo, poteva fare ancora qualcosa per riuscire a salvare il salvabile. Una strana ansia gli pervase il corpo e gli impedì di pensare lucidamente.

Con lo sguardo della giornalista ancora puntato su di lui, in attesa ancora di una risposta ad una domanda che lui non aveva nemmeno sentito, capì esattamente cosa doveva fare. - Tutto. Ho perso tutto. Ed ora, se permette, vado a riprendermelo. – disse alzandosi in piedi e prendendo la giacca poggiata sullo schienale.

La ragazza rimase confusa a guardare l’attore recuperare i suoi effetti personali sparsi sul tavolo. - Cosa intende dire con… -

- Intendo dire che vado, ora – la interruppe lasciando velocemente e con mani tremanti qualche banconota sul tavolo. - Mi dispiace. Se vuole lo metta pure nell’intervista, dica pure che sono un maleducato, un cafone o tutto quello che vuole, ma io devo andare. – attraversò a grandi passi il bar dell’hotel dirigendosi verso la grande porta fatta di vetro.

- Oh non si preoccupi signor Bloom, stia certo che lo farò. Nessuno, in tutta la mia carriera mi aveva mai lasciata così, a metà intervista. – rispose mettendo nella borsa tutto il necessario che aveva tirato fuori per l’articolo.

Orlando però non la stava più ascoltando. Le chiese scusa ancora una volta e uscì dall’hotel velocemente. Mentre si camminava a passo spedito sul marciapiede aprì la sua macchina scura con il telecomando. Salì aprendo lo sportello e chiamò Brad al telefono sfrecciando per le strade del centro.

- Hai già finito l’intervista? – domandò l’amico rispondendo al cellulare.

L’attore sorrise eccitato guardando dallo specchietto retrovisore. - Io si l’ho finita, la giornalista non era d’accordo però. –



 
 
 
Quaranta minuti più tardi, i due amici sfrecciavano sull’autostrada in direzione dell’aeroporto. Orlando guardava fuori dal finestrino assorto nei suoi pensieri, Brad di tanto in tanto staccava gli occhi dalla strada per guardarlo con aria di approvazione.

- Ho fatto prenotare a Mary un volo per Londra a tuo nome. Tieni, – gli disse l’agente rompendo il silenzio e passandogli un foglio di carta stampato al computer – hanno detto che basta presentare questo ed è come se avessi comprato un biglietto in agenzia. -

- Grazie – rispose Orlando rigirandoselo tra le mani – ti restituirò i soldi non appena arrivo in Inghilterra. –

- Ma lo hai già fatto! Il biglietto è stato pagato con la tua carta di credito! – sorrise l’altro guardandolo con la coda dell’occhio.

- Che cosa? – esclamò sconcertato il ragazzo.

- Allora dimmi, l’intervista sarà così tremenda? – disse Brad cambiando discorso con aria innocente, guardando a destra per potersi immettere nell’altra corsia.

- Beh, credo di si. La giornalista era davvero arrabbiata quando me ne sono andato. – rispose l’attore dopo avergli rivolto un’ultima occhiata di finto risentimento – Credo che non sarà tanto gentile con me nell’articolo. -

- Orlando, Orlando… – sospirò l’amico scuotendo la testa – Lo sai questo cosa vuol dire per me? –

- Fammi indovinare. Mille telefonate per risolvere la questione e un ordine dal fioraio? –

- Esatto. Ma l’ordine di un meraviglioso mazzo di fiori colorati per la signorina Wayne saranno a carico tuo amico! – rispose scherzando.

- Ora ti metti anche ad avvisare quando addebiti le spese a carico mio? Oh non ti devi mica disturbare a farlo! – rise l’attore prendendolo in giro.

Brad sorrise e domandò - Hai già in mente cosa dire a Nicole? –

- No, veramente no. Credo che improvviserò. –

La macchina si fermò davanti all’aeroporto frenando dolcemente. Orlando scese frettolosamente e si sporse dal finestrino. - Grazie Brad, di tutto. Mi hai salvato il culo, amico! –

- Voglio che tu sappia una cosa. – rispose l’altro allungandosi sopra il sedile del passeggero – Ti conosco e già lo so’ come andrà a finire la vostra discussione. Sappi che lasciarti andare a vivere in un’altra città per me è molto difficile. Voglio dire, ne abbiamo passate così tante insieme e tu ormai sei come un fratello per me. Ma è la cosa giusta da fare e quindi non ti ostacolerò. Amico, non lasciare che niente e nessuno te la porti via, vai e riprenditi quello che ti fa’ felice. –

L’attore annuì riconoscente e sorrise a trentadue denti.

- Cosa stai facendo ancora qui? Vai, sbrigati! – lo esortò Brad facendogli segno con la mano

L’attore lo guardò un’ultima volta e si precipitò verso l’entrata della struttura sbattendo di qua e di là il borsone che aveva riempito di fretta passando da casa sua.
Doveva sbrigarsi o il prossimo volo sarebbe solo partito la mattina dopo e lui non poteva più aspettare. Fece un calcolo mentale veloce. Sarebbe atterrato a Londra intorno alle sette di sera, era perfetto.
 
 
 
 
 

Londra

- Sei pronta? – chiese Nathalie uscendo dalla cucina.

- Si, devo solo chiudere questa valigia – rispose Nicole indaffarata con la chiusura lampo di un trolley nero che sembrava stesse per esplodere da un momento all’altro.
 
Con non poca fatica le due riuscirono a chiudere la zip e guardarono il risultato con aria fiera.

Nicole si voltò verso la bionda e disse – Non posso credere di andare a Milano senza di te! Insomma, l’ultima volta che siamo state in Italia eravamo appena maggiorenni e stavamo inseguendo la nostra band preferita per tutta Europa. Ed ora guardami, – disse indicandosi  con i palmi aperti – indosso un tailleur e sto andando a fare un corso di aggiornamento, portando nella mia valigia altri abiti da donna in carriera come questo! -

Nat rise e rispose – Oh andiamo, stai andando a fare una di quelle riunioni pallose dove si studiano i tessuti più in voga in 
Europa! Mi ci vedi a venire con te? Probabilmente scoppierei a ridere appena entrata nella sala riunioni. –

- Quante volte dovrò spiegartelo? E’ un corso sulle nuove tendenze e sui nuovi modelli di produzione ed è molto importante. –

- Si, si. Immagino. – rispose Nathalie liquidando la questione - Comunque sbrigati altrimenti Will inizierà a sbraitare perché sono già venti minuti che aspetta in macchina e poi chi se lo sente! – disse prendendo una valigia e cominciandola a portare vicino alla porta.

- Ma sono solo le cinque e un quarto e il mio volo non partirà prima delle nove! – rispose esasperata Nicole.
 
 
 


 
 
 
Orlando uscì dall’aeroporto di Londra e si sporse sul marciapiede per cercare un taxi. Guardò il suo orologio: erano le sette e venti minuti, dove poteva essere Nicole? Era ancora a lavoro o era già tornata a casa? Magari, però, poteva essere a cena fuori con Nathalie o con qualche altra amica. 
Forse era meglio chiamarla. No, non gli avrebbe mai risposto. Ma poteva chiamare Will! Si, lo avrebbe chiamato.

Prese il telefono e scorse velocemente la rubrica fino a trovare il nome del ragazzo.
 Attese uno, due, tre squilli. Perché diavolo non rispondeva?






 
Nicole attendeva pazientemente in fila il suo turno per imbarcarsi stringendo compulsivamente i suoi biglietti aerei in una mano e la sua borsa nell'altra. Con gli occhiali tirati su nei capelli e con quell'abbigliamento serio, quasi faceva fatica a riconoscersi. Eppure era proprio lei, Nicole Leinghton, pronta a partire per il suo primo viaggio di lavoro, eccitata come una scolaretta.
Ah, se Robert l’avesse vista in quel modo! Forse si sarebbe tolto dalla faccia quell’espressione delusa che faceva tutte le volte che parlavano della sua attività.

- Nicole! – si sentì chiamare a squarciagola da dietro le spalle.

La ragazza aggrottò la fronte. Bene, adesso si immaginava anche la voce di Orlando che la chiamava in aeroporto.
Scosse la testa sorridendo tra sé e fece un passo avanti nella fila.
 
- Nicole! – la chiamò ancora l’attore allungando il collo per oltrepassare le persone che camminavano indaffarate trascinandosi dietro le loro valigie pesanti.
 
La giovane voltò e, quando lo vide, sbarrò gli occhi. Lo squadrò da capo a piedi restando a bocca aperta.

L'attore la raggiunse, sorrise e si poggiò su un ginocchio per riprendere fiato dopo la corsa. - Credo di non aver mai corso così velocemente in tutta la mia vita. - vedendo poi che tutti gli altri turisti li stavano fissando sghignazzanti continuò - Devo parlarti, puoi venire un attimo? – 

Nicole si allontanò dalla fila guardandosi intorno ancora sbalordita dalla sorpresa e lo seguì poco più in là. - Che ci fai qui? – disse con l’espressione stupita ancora stampata in volto. Lo stupore e la felicità mescolati assieme le impedivano di pensare lucidamente e così non poteva fare altro che sorridere inerme. Cavolo, quanto gli stava bene quella camicia chiara appena sbottonata sul petto.

- Sono venuto qui perché devo dirti una cosa. – disse lui con il fiatone ma tentando di ricomporsi.

- E non potevi dirmela per telefono? – domandò Nic scettica.

- No, dovevo dirtela di persona. - tagliò corto lui chiudendo gli occhi - Nicole, ho capito che non m’interessa dove vivere o cosa devo lasciare alle spalle per iniziare una nuova vita insieme a te. Non m’interessa semplicemente perché stare con te è più importante di tutto quanto, perché ogni volta che mi fermo a pensare a come potrebbe essere, a come noi potremmo essere, tutte le mie preoccupazioni spariscono all'istante. Solo tu sai rendermi felice ed è solo con te che voglio stare. Se ancora mi vuoi, io verrò a vivere qui, a Londra. Anzi, praticamente già lo sto facendo. – disse sorridendo.

Nicole lo fissava allibita. Non sapeva se la stava prendendo in giro o se diceva sul serio.

Vedendo che lei non rispose, l’attore le prese il viso tra le mani e continuò sorridendo - E poi sono venuto perché devo dirti un’altra cosa – 

- Che… che cosa? – rispose la ragazza sentendo le gambe molli. Quello sguardo, quegli occhi. Non nl'aveva mai guardata in quel modo prima di quel momento. Nessuno l'aveva mai guardata così prima di quel momento.

- Ti amo Nicole Leinghton. – disse Orlando facendo aderire la fronte contro la sua e chiudendo gli occhi per imprimersi nella mente quell'istante - Ti amo con tutto me stesso e qolo questo ha importanza adesso. -

La giovane dopo un attimo di smarrimento e confusione, gli mise le mani intorno al collo e lo baciò con trasporto scatenando risate e esclamazioni di stupore nella gente intorno a loro che li guardavano con curiosità. Qualcuno scattò anche qualche foto. In fondo non era da tutti i giorni vedere Orlando Bloom fare una dichiarazione d’amore in aeroporto ad una ragazza comune.
Ma a loro due non importava e non se ne curarano affatto. Avrebbero pensato a tutto più in là.

Quando si staccarono Nicole si rifugiò tra le sue braccia e inspirò il suo odore. Quanto le era mancato. Non se ne era mai resa contro prima. Sorrise sfiorandogli il collo con le labbra e rispose – Ti amo anch’io Bloom, e certo ti voglio ancora! –

- Questa è un ottima notizia! – esclamò Orlando ridendo felice e spensierato come non gli capitava da tempo. Ora che era riuscito a dirle veramente cosa provava e la stava stringendo tra le sue braccia, si sentiva decisamente meglio e seppe che era prorpio lì il suo posto: accanto a lei.


 
 
 
Londra, 20 dicembre 2006
- Questa casa è molto spaziosa – disse l’agente immobiliare ticchettando sul pavimento lucido di un delizioso attico ad Oxford Street – E’ stato ristrutturato da poco. Nella mansarda di sopra abbiamo ricavato una stanza da letto con bagno in camera, e qui, al piano di sotto, abbiamo un salone, una cucina e un bagno. –

- E’ molto bello, vero Nic? – disse Orlando guardandosi intorno e seguendo la donna con le braccia dietro la schiena.

- Mmmh… si, è veramente delizioso. Ci penseremo d’accordo? – rispose lei rivolgendosi alla signora dell’agenzia.

- Certo. – rispose spaesata la donna aggrottando la fronte. Tutte le persone che aveva portato in quella casa se ne erano innamorati, ma poi per il costo troppo elevato, a malincuore avevanodovuto rinunciare. Quella ragazza non aveva problemi economici, cavolo stava con Orlando Bloom, ma aveva scartato subito l’appartamento, senza neanche guardarlo. Doveva essere pazza.

- Le faremo sapere – disse Nicole stringendole la mano.

Quando uscì dal palazzo rinforcò i suoi occhiali da sole e si avviò sul marciapiede trafficato.

Orlando la raggiunse. - Perché questo non andava bene? – chiese indicando l’attico sopra di loro con il pollice.

- Non mi piaceva e basta. – replicò lei continuando a camminare.

- Nicole, questo era il quinto appartamento che abbiamo visto in questa settimana, possibile che non ne piaccia nemmeno uno? –

- Non so, Orlando mi sembra tutto così stupido! –

- Cosa ti sembra stupido? – disse l’attore confuso.

- Il fatto che abbiamo già due case a Londra e ne stiamo per comprare un’altra! –

- Avevamo detto che io avrei venduto la mia, e tu avresti affittato la tua così con il ricavo dell’appartamento che venderò qui e quello che ho venduto a Los Angeles, ne compreremo un altro tutto per noi. – rispose l'attore baciandola dolcemente.

- Si, lo so che abbiamo detto così, ma non mi sembra un’ottima idea. Insomma, perché non posso semplicemente trasferirmi da te e affittare casa mia? –
-
D’accordo. – cedette Orlando – Tanto ho capito che alla fine, in un modo o nell’altro, farò sempre quello che vuoi tu, quindi... perchè perdere altro tempo? –

- Ma è per questo che ti amo! – esclamò Nic abbracciandolo da dietro – Perché tu sei sempre buono con me. –

L’attore rise e poi tornò subito serio e disse – Stavo pensando a una cosa. –

- Davvero? – rispose lei fingendosi scioccata – Da quando hai iniziato a pensare? –

L’attore la fissò sbalordito – Leinghton non sei affatto divertente! –

- Dai, ora sono seria. Cosa volevi dirmi? –

- Voglio portarti a casa mia a Natale. – disse guardandola speranzoso.

- Orlando abbiamo appena detto che verrò a stare da te. Mi vedrai a casa tua a Natale, a Capodanno… -

- No, non intendevo a casa mia qui in città. Voglio portarti a Canterbury, da mia madre e mia sorella. –

La ragazza s’immobilizzò sul marciapiede, strabuzzando gli occhi.

- Oddio Nicole, sapevo che sarebbe stato un duro colpo per te, ma così è troppo! Vedrai, non sarà così male, anzi ti divertirai moltissimo, ne sono sicuro! –

- A casa tua? Con la tua famiglia? – esclamò inorridita.

- Si. Mamma e Samantha muoiono dalla voglia di incontrati! –

- Vogliono incontrarmi? –

- Si. Gli parlo spesso di te e dicono che non vedono l’ora di conoscerti. – disse con naturalezza entrando in macchina.

- Gli parli spesso di me? –

- Nicole, la smetti di ripetere tutto quello che dico? E’ solo un pranzo in famiglia, sembra che ti voglio portare al patibolo! –

La ragazza sospirò. Aveva una paura tremenda di andare a conoscere la sua famiglia, non sapeva perché ma diventava ansiosa solo a pensarci. Guardò Orlando mentre guidava la macchina e pensò che non era giusto pensare solo e sempre a se stessi, infondo al suo ragazzo faceva piacere e lei lo avrebbe fatto per lui. Avrebbe indossato il suo sorriso migliore, fatto un grosso respiro e sarebbe andata a pranzo con la famiglia Bloom.

- D’accordo. Verrò. –

Orlando s’illuminò – Dici sul serio? –

- Si – “purtroppo” pensò tra se.

- E’ fantastico! – disse baciandole la mano e portandosela sulla sua guancia.

Nicole sorrise e dopo qualche secondo cambiò argomento. - Quando posso portare le mie cose da te? – 

- Quando vuoi, per me anche domani. – disse guardandola per un attimo, per poi tornare a guardare la strada di fronte a sé.

- Allora domani. – decretò lei sorridendo.

- Perfetto. – replicò l’attore felice.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Eccomi qui con un nuovo capitolo di questa ormai storia d'amore tra Nicole e Orlando.
Spero che vi piaccia e che, come sempre, non deluda le vostre aspettative.
Questa è stata la mia prima FF in assoluto e quindi ha un valore incommensurabile per me. Mi farebbe molto piacere ricevere delle recensioni che esprimano la vostra opinione, brutta o bella che sia, quindi per favore COMMENTATE! E' un piccolo gesto ma per me ha un grande significato.

Ma ora blando alle ciance e diamo il via alla lettura di questo nuovo capitolo!
A presto! :)



CAPITOLO 13

Canterbury, 25 dicembre 2006

- Sei pronta? – domandò Orlando a Nicole, spengendo il motore della sua Audi davanti alla casa in cui era cresciuto.

Si voltò a guardare la sua fidanzata, quasi non credeva di poterla chiamare così, e la vide giocare nervosamente con le cuciture del suo cappotto a doppiopetto. Trattenne a stento una risata, la sua faccia contratta dall’ansia era veramente buffa. Sembrava quasi una bambina. Vederla così vulnerabile e insicura era ancora una novità per lui che era abituato a vedere sempre e solo il suo lato deciso e tremendamente testardo.

Nicole prese un profondo respiro. - Pronta. –

I due ragazzi scesero dalla macchina e rabbrividirono al cambio di temperatura. Il caldo della comoda automobile lasciò il posto al vento freddo e penetrante di quella cittadina inglese ad un’ora e mezza di viaggio da Londra.
Orlando tese la mano per cercare quella di Nicole che trovò poco dopo. La strinse forte e insieme si avvicinarono alla villetta color mattone circondata da un delizioso giardino curato circondato da una staccionata bianca. Accanto al vialetto in mattoni che conduceva al portone d’ingresso erano state piantate piante rigogliose di rose rosse che coloravano l’ambiente.

L’attore si avvicinò con il dito al campanello e fece per suonare.

- Aspetta! – disse Nic afferrandogli il braccio per bloccarlo – Lo so che voi di solito non ci scambiate regali a Natale, ma mi sembra davvero scortese presentarmi a mani vuote. Siamo ancora in tempo per cercare qualcosa. Magari troviamo qualche negozietto che è aperto anche oggi o magari… -

- Tesoro, – la interruppe lui mettendo due dita sulla bocca della ragazza – andrà bene, vedrai. Mantieni la calma e sono sicuro che gli piacerai subito, come sei piaciuta a me. –

- E se invece non andasse così? –

- In quel caso fuggiremo via a gambe levate – concluse con un’alzata di spalle facendo sorridere la ragazza. Le diede un bacio frettoloso sulle labbra e suonò il campanello.

Mentre aspettavano che qualcuno venisse ad aprirgli, la ragazza spostava nervosamente il peso da un piede all’altro. Si sistemò meglio i capelli dietro le orecchie e si lisciò al cappotto. Quell’attesa, che durò solo pochi secondi, le sembrò interminabile.

Ad un tratto si sentì scattare la serratura e comparve il viso di una giovane ragazza dal viso rotondo. - Orlie! – gridò gettandosi al collo del fratello.

- Sam! Che bello vederti! – rispose Orlando ridendo e ricambiando calorosamente l’abbraccio.

Quando si staccarono la bionda si rivolse a Nic mantenendo sempre il sorriso stampato sulla sua faccia paffuta incorniciata da corti capelli scuri. – E tu devi essere la famosa Nicole. – Abbracciò di slancio anche lei come se si conoscessero da sempre.

La ragazza rimase all’inizio impacciata, poi ridestandosi ricambiò l’abbraccio. - Si. – rispose sorridendo – E tu devi essere la fantastica sorella maggiore Samantha! -

- Ah si? Sarei la fantastica sorella maggiore? – domandò staccandosi da lei per rivolgersi ad Orlando

- Questi particolari li ha aggiunti lei di sua spontanea volontà. – specificò l’attore portando Nicole per il corridoio .

Nic, mentre veniva trascinata via dal fidanzato si voltò verso Samantha e mimò con le labbra “Non è vero”, facendola ridere.

La casa era molto grande ed accogliente. Era arredata in stile classico, con i pavimenti in parquet, divani e tappeti di tessuti con motivi floreali e su ogni mobile, rigorosamente in legno scuro, erano appoggiate decine di foto che raffiguravano la famiglia sorridente in vacanza, a qualche evento elegante o semplicemente appoggiati al muretto davanti della loro proprietà. La villa odorava di pulito e di dolci appena sfornati dando quel tocco di familiarità che da sempre Nicole aveva apprezzato in una casa. La stessa che lei non aveva mai avuto nella grande e dispersiva abitazione della famiglia Leinghton dove tutto doveva essere in perfetto ordine, un ordine quasi maniacale, e al suo posto. E poi Robert odiava sentire puzza di cucinato quando varcava la porta d'ingresso e quindi l'odore della casa era quello del deodorante d'ambienti preferito della cameriera che lo spruzzava.

- Mamma! – esclamò il ragazzo entrando in cucina. Si diresse verso i fornelli e abbracciò la donna dai capelli color miele indaffarata nella preparazione del pranzo.

- Orlando, tesoro, che bello riaverti a casa! –

- E per me è bello tornare. – rispose il figlio dolcemente per poi voltarsi verso la sua ragazza. - Mamma, lei è Nicole –

- Oh ciao cara, è un piacere conoscerti – disse Sonia andandola ad abbracciare, come aveva fatto poco prima Samantha.

Questa volta Nicole fu più preparata e ricambiò subito il gesto d’affetto della donna - Anche per me è un piacere signora Bloom. –

- Sonia. – la corresse l’altra guardandola quasi severamente.

- D’accordo, Sonia. –

Il suono del campanello interruppe la discussione nella cucina della famiglia Bloom. Tutto il gruppetto di persone si azzittì e fino a quando Orlando non spezzò il silenzio- Deve venire qualcun altro? –

- Deve essere Chad – disse Samantha scappando via tutta elettrizzata.

- Chi è Chad? – chiese infastidito l’attore alla madre.

- E’ il suo fidanzato. – rispose lei con naturalezza girando il sugo nella pentola.

- Sam ha un ragazzo? –

- Tesoro, Samantha ha trentun’anni, è anche ora che cominci a mettere su famiglia. Va bene che non vive più a casa da anni, ma è giusto che s’impegni seriamente con una brava persona e che inizi a sfornare anche qualche nipotino. Questa casa è vuota da troppo tempo oramai e a me manca avere dei piccoli diavoli che scorrazzano in cortile. –

Orlando contrasse la mascella. Il discorso della madre non faceva una piega ma, cavolo, era o non era sua sorella quella lì?
Nicole, che capì all’istante cosa stava frullando nella testa dell’attore lo ammonì subito con lo sguardo.
Orlando tirò su le mani e fece una faccia da innocente, come per dire “ E’ inutile che mi guardi così. Io sono perfettamente d’accordo”. Vedendo che la ragazza continuava a guardarlo sospettosa, alzò gli occhi al cielo e annuì arrendendosi.

- Eccoci, - disse Samantha portandosi dietro un ragazzo alto e pallido dalla faccia simpatica – lui è Chad. –

A turno si presentarono ed iniziarono a chiacchierare tranquillamente, fino a che Sonia annunciò che il pranzo era pronto. Si radunarono tutti quanti intorno al grande tavolo di legno al centro del salone e cominciarono a servirsi delle deliziose pietanze che aveva cucinato la donna che osservava con fierezza a capotavola tutte quelle persone mangiare ingordi le sue prelibatezze.
Nicole guardò la famiglia Bloom e non poté non notare le differenze con i Leinghton. Il modo con cui parlavano, le continue dimostrazioni di affetto, le bellissime foto che li ritraeva spontanei e sorridenti, tutta un’altra storia rispetto all’atmosfera che si respirava nella sua villa del prestigioso quartiere londinese. Si chiese se anche Orlando avrebbe notato quelle differenze se mai un giorno lo avesse invitato a pranzo con Robert e Charlotte. Sorrise e scosse la testa prendendo un’altra forchettata di insalata, certo che le avrebbe notate.

Spostò l’attenzione sui due ragazzi che sedevano uno alla sua destra e l’altra di fronte a lei. Tra Orlando e Samantha c’era veramente poco che potesse far intuire che fossero fratelli. Sam, bassina e paffutella, non aveva niente a che vedere con il fisico slanciato e snello di Orlando. Appena la giovane era andata ad aprire la porta, Nic aveva stentato a credere che quella ragazza dai lineamenti così dolci e delicati fosse la rivoluzionaria sorella Bloom che Orlando le aveva disegnato. Eppure parlandoci un po’ Samantha si rivelò essere esattamente come l’attore l’aveva descritta: energica, carismatica e divertente.
Sonia invece aveva il tipico aspetto di una madre di famiglia. Il suo viso gentile emanava amore e dolcezza da ogni poro e non smetteva mai di guardare i suoi figli come se fossero un tesoro prezioso. Allo stesso tempo però, si potevano notare nelle piccole rughe apparse precocemente sul suo viso minuto la forza di una donna che aveva mandato avanti una famiglia da sola. Nei suoi occhietti vispi si vedeva la forza di volontà che l’aveva spinta a dare ai suoi bambini un futuro migliore del suo e la determinatezza che solo una madre può avere.
Tornò a prestare attenzione a quello che stava dicendo Chad. Il povero ragazzo era impegnato nelle domande di rito che i genitori porgono di solito ai nuovi fidanzati/e dei loro figli ma lui se la stava cavando piuttosto bene alternando la serietà a battute divertenti che fecero ridere di gusto l’intera tavolata.
Scoprirono ben presto che il ragazzo era un avvocato, che aveva trentatré anni e che era un tipo apposto. Anche Orlando, che era rimasto irrigidito per la maggior parte del pranzo, parve ammorbidirsi un po’. Chad veniva da una brava famiglia di Bristol, ma lui si era trasferito a Londra a vent’anni per studiare giurisprudenza alla University College London.
 Fu poi il turno di Nicole nel dover rispondere alle domande sul lavoro, sulla sua famiglia e sulla sua vita in generale. Sam rimase davvero entusiasta quando Nic rivelò che era proprietaria di un negozio d’intimo e le disse che sarebbe andata presto a trovarla. Quando Sonia le chiese della sua famiglia Nicole si bloccò per un istante e poi, salvata da Orlando che capì subito l’imbarazzo della ragazza, riuscì a rispondere in maniera vaga, per poi sviare la questione. Non era ancora pronta per parlare di quell’argomento e era sicura che ce ne sarebbe stato tutto il tempo un po’ più in là. Molto più in là in effetti.

Dopo che si furono essersi rimpinzati di dolcetti e cibi tipici natalizi, le donne di casa iniziarono a sparecchiare lasciando i due uomini a parlare animatamente dell’ultimo torneo di hockey su ghiaccio.
Nicole, Samantha e Sonia si ritrovarono a scherzare in cucina sui due poveri ragazzi che, ignari di tutto, parlavano tranquillamente nella stanza accanto. Passarono la maggior parte del tempo a raccontare a Nic aneddoti divertenti di quando Orlando era bambino o adolescente. La giovane scoprì che il suo fidanzato era una vera peste da piccolo e che ne aveva fatte passare alla madre di tutti i colori, facendole fare avanti e indietro dal pronto soccorso ogni tre mesi. Colse però anche una vena d’orgoglio quando la signora le raccontò di come era stato capace di prendersi cura della famiglia nei momenti di bisogno, andando a lavorare in un cantiere, oppure servendo ai tavoli giorno e notte, permettendo a Sonia di avere soldi necessari a pagare tutte le bollette.
In quel momento Nicole si sentì profondamente fiera dell’uomo che aveva accanto.

Ad un tratto Samantha tornò in sala da pranzo per finire di sistemare le ultime cose, lasciando così Nicole e Sonia da sole.

La ragazza stava gettando gli avanzi del pranzo nella pattumiera, quando sentì la donna parlarle dolcemente da dietro la schiena. – Cara, posso parlarti di una cosa ora che siamo da sole? –

- Ma certo – rispose curiosa ma allo stesso tempo spaventata lasciando i piatti sul bancone e pulendosi le mani con un canavaccio.

- Io non ti conosco ancora molto bene, – iniziò Sonia continuando a sciacquare i piatti nel lavandino – ma da quello che ho visto oggi mi sei sembrata una ragazza alla mano e molto simpatica. Si vede che ami Orlando e si vede che lui ama te. Non ho visto mio figlio così felice da molto tempo e sono contenta che finalmente sia tornato a sorridere come faceva una volta. So che non sono affari miei ma, da madre, non voglio più vedere quel ragazzo soffrire ancora. L’ho visto consumarsi dal dolore quando è successo quel che è successo con Karen, l’ho visto spengersi lentamente e chiudersi in se stesso isolandosi dal mondo intero e, credimi, ho faticato a riconoscere che quell’uomo svuotato era il mio Orlando, il ragazzo sempre sorridente e intraprendente che ho cresciuto. Ora invece, dopo anni, l’ho visto di nuovo sorridere e guardare una persona con gli occhi pieni d’amore e quella visione mi ha scaldato il cuore. Volevo solo ringraziarti perché rendi felice mio figlio e, oltretutto, per averlo riportato a casa, in Inghilterra. Non gliel’ho mai detto ma averlo così tanto lontano era una vera e propria tortura per me. –

- Grazie Sonia, le parole che hai detto significano molto. – rispose Nicole avvicinandosi a lei – Stai tranquilla, far soffrire Orlando è l’ultima cosa che desidero in questo momento. Lui è una persona meravigliosa, mi fa stare bene e anche lui mi ha fatto tornare il sorriso dopo tanto, troppo tempo. Diciamo che ci siamo guariti a vicenda. –

La donna le sorrise e le toccò una mano dolcemente lasciandole un po’ di sapone per piatti sul dorso. - Lo so questo, lo vedo che il tuo sentimento è sincero, ma le cose possono cambiare. Magari un giorno ti rendi conto che non è la persona che vuoi accanto per il resto della tua vita, che non è fatto per te o che non lo ami più. Ecco, se capiterà, ti chiedo solo di non prenderlo in giro. Sii sempre sincera e digli sempre quello che pensi, vedrai che lui lo apprezzerà. Dopo una relazione fatta di bugie e sotterfugi, non vuole nient’altro che la sincerità, credimi. –

Nicole annuì sovrappensiero. Sonia aveva ragione, anche lei al posto di Orlando avrebbe voluto accanto solo una persona limpida, che non le nascondesse niente. Come biasimarlo? Quella donna doveva avergli fatto passare proprio le pene dell’inferno.

- Posso confidarti un segreto? – disse la donna sorridendo e guardandosi intorno per vedere che nessuno le stesse ascoltando. - Quella Karen non mi è mai piaciuta! Con quell’aria schizzinosa! – esclamò facendole il verso con una mano.

La ragazza si mise a ridere sonoramente poggiandole una mano sulla spalla.

Orlando, che proprio in quel momento era entrato in cucina, si nascose dietro la porta per non essere visto. L’immagine di Nicole mentre rideva di gusto con sua madre era la cosa più bella che potesse ricevere a Natale. Ricominciare daccapo una nuova vita per lui, poco incline ai cambiamenti, era stato un grande sacrificio, ma passare quella giornata insieme la sua famiglia e la sua fidanzata, svegliarsi la mattina sentendo le braccia di Nicole attorno al suo corpo e vederla camminare per casa in pigiama, era più di quanto avesse mai chiesto dalla vita.
 
 
 
 
 



- E’ stato un piacere avervi qui – disse Sonia sulla porta di casa, salutando i due ragazzi che dovevano tornare a Londra.

La notte ormai aveva tinto di nero il cielo sopra Canterbury e il gruppetto di persone era illuminato solo da un lampione situato sul marciapiede davanti alla villa. Un cane abbaiò qualche isolato più in là.

- E’ stata un piacere anche per noi – rispose Nicole abbracciandola.

- Ciao mamma – disse Orlando baciando la madre quando fu il suo turno.

- Ciao tesoro, stammi bene – rispose Sonia ricambiando il saluto.

Dopo aver salutato anche Chad e Samantha, entrarono in macchina e andarono via, salutando ancora una volta la famiglia Bloom dallo specchietto.
Le ruote dell’Audi scura di Orlando correvano veloci sulla strada buia illuminata dai fari anteriori dell’auto. Una musica blues in sottofondo incuteva ai due un senso di tranquillità e di pace.

- E’ andata bene, no? – chiese Orlando poco dopo voltandosi a guardare il viso della ragazza.

- Si, alla grande. Hai davvero una famiglia splendida. – rispose Nic osservando il paesaggio fuori dal finestrino.

- Te l’avevo detto che non c’era motivo di essere preoccupata. Ero sicuro che gli saresti piaciuta subito. –

La ragazza sorrise e si passò una mano tra i capelli scuri. - Come ti pare Chad? – gli domandò dopo un attimo di silenzio.

- E’ a posto – rispose lui semplicemente alzando lo sguardo sullo specchio retrovisore – sembra un bravo ragazzo e spero che si comporti bene con mia sorella o sarà peggio per lui. –

- Non dirmi che sei geloso di Samantha! – esclamò l’altra dandogli un pizzico sul braccio.

- Ahi! – protestò l’attore toccandosi il punto offeso – Certo che sono geloso! E’ di mia sorella che stiamo parlando. –

- Ma andiamo! Sei patetico. E’ abbastanza grande da badare a se stessa. Lasciala in pace. –

- Lo so, ma per me sarà sempre la mia sorellina e l’età non cambierà le cose. –

Nicole scosse la testa sconsolata. - Sei una causa persa. –

Orlando si voltò a sorriderle incrociando i suoi occhi azzurri. - Lo so. –

Alla radio terminò la canzone che stavano ascoltando e lo speaker annunciò quella seguente, un po’ più movimentata della precedente.

- Hai sentito Brad per gli auguri? – chiese Nicole mettendosi meglio sul sedile e allungando una mano per carezzargli la guancia.

- Si. Oggi hanno passato il pranzo a casa dei genitori di Mary. –

- Ti mancano? –

- Si, tanto. –

La ragazza ci pensò su un attimo, poi saltò dal sedile e spalancò gli occhi. - Ho un’idea. Che ne dici se passiamo il Capodanno a Los Angeles? Possiamo chiamare anche Will, Nat, e quel tuo amico… come si chiama, ah si Garrett! Così potremo stare tutti insieme, sarebbe grandioso! –

- E’ una buona idea! – disse l’attore facendo un sorriso a trentadue denti.

- Allora è deciso. Ho sentito proprio ieri sia Will che Nat e mi stavano chiedendo di organizzare qualcosa per il primo dell’anno, tu non puoi vedere se tra le tue amiche star qualcuna ci può imbucare in qualche party esclusivo che le persone altezzose come vuoi sono solite frequentare? – gli domandò poi prendendolo in giro.

- Si potrei. Ma ora che mi hai offeso non ci penso affatto! –

- Oh andiamo, stavo scherzando! – si lamentò la giovane piagnucolando Ti prego, ti prego, ti prego. -
 
 






- Si…certo…si, ti richiamo appena so qualcosa…grazie anche a te…Ciao Garrett. –

- Che ha detto? – chiese Nicole buttandosi sul divano accanto a lui non appena il ragazzo ebbe chiuso la chiamata. Lo guardò dal basso con i suoi occhioni chiari in attesa di una risposta.

- Ha detto che lui e la sua ragazza Hilary sono stati invitati ad una festa a Santa Monica e se gli facciamo sapere quanti siamo di preciso ci metterà in lista. Ma non credo che sia una buona idea. –

- Perché? – domandò Nic perdendo all’istante la felicità dal suo viso.

- Perché stiamo andando in California per permettermi di rivedere Brad, Mary e Mat, giusto? Altrimenti potevamo benissimo passare il Capodanno a Londra… -

- Si, ma potevamo andare tutti  a Los Angeles, così potevamo passare la serata insieme. -

- Ma se andiamo a quella festa, Brad e Mary dovranno fare qualcos’altro. Mat è ancora troppo piccolo per partecipare a party del genere. –

- Hai ragione – ammise la ragazza – non avevo pensato al bambino. –

- Però potremo andare lì lo stesso e lo passeremo in un’altra maniera. Magari possiamo organizzare qualcosa a casa di Brad e poi, quando Matthew comincerà a fare storie perché è troppo stanco e dovremo andar via, potremo andare da qualche altra parte. Un posto dove imbucarsi all’ultimo si trova sempre. –

- Fantastico! – disse lei tornando a sorridere – Chiamo subito Nat e ci mettiamo d’accordo –

- Ottimo. Io chiamo Brad e sento se per lui va bene. – Si alzò e raggiunse il mobile che era stato messo davanti alla porta d’ingresso e prese il suo cellulare, poggiato accanto a una foto raffigurante i due ragazzi mentre si abbracciavano contenti.

La casa ora era piena di foto come quella. Orlando le diceva sempre che da quando era arrivata a casa sua non aveva fatto altro che rivoluzionare l’appartamento e lei non poteva dargli torto.
Da quando è andata a vivere da lui aveva aggiunto una scarpiera tutta per lei in bagno, si era presa metà dell’armadietto per i suoi prodotti e aveva sparpagliato le sue cose in giro per tutto l’appartamento. Per non parlare poi dell’armadio. Aveva praticamente sfrattato l’attore anche da quello.
Sorrise ripensando a quando, tornando a casa da una visita a sua madre, Orlando l’aveva trovata in salone a martellare un chiodo su un pezzo di legno, cercando di montare la scarpiera che aveva acquistato poco prima. Lei aveva sbuffato esasperata controllando per l’ennesima volta il manuale d’istruzioni di quel mobile dell’Ikea tanto difficile da montare e alla fine disse che ci avrebbe rinunciato. L’attore si era messo pazientemente affianco a lei e, un’ora dopo, l’aveva vista mettere i suoi amati decolté di Prada nella scarpiera stipata accanto alla cesta dei panni sporchi tutta contenta e soddisfatta.

- Orlando? – lo chiamò posando per un attimo il telefono sul mobile.

- Si? –

Fece qualche passo e lo raggiunse di nuovo sul divano mettendosi a sedere sulle sue gambe. - Stavo pensando ad una cosa. – continuò mettendo le mani sul petto dell’attore.

- A cosa? –

- Ti ricordi il Capodanno scorso? –

- Certo che me lo ricordo – rispose lui continuando a non capire dove voleva andare a parare la ragazza.

- Beh, quello è stato il giorno del nostro primo bacio. –

- Si, in effetti è stato quello. Ma, se devo dirtela tutta, il ricordo è piuttosto sfocato. Direi che è stato molto meglio il secondo, quello sulla terrazza a Parigi, e quello dopo, e quello dopo ancora… –

- Lo penso anch’io. – rise la ragazza spostando le labbra di lui che si erano posate sul suo collo – Diciamo che quella notte eravamo un tantino ubriachi. –

- Direi più che un tantino! – la contraddisse Orlando alzando le sopracciglia – Se non mi ricordo male poi ci siamo sdraiati sull’erba e ci siamo addormentati come due idioti. –

Nicole lo guardò con dolcezza. Chi avrebbe mai detto che si sarebbe innamorata del ragazzo che odiava e che non poteva neanche vedere? Poco più di un anno prima lo stava guardando con gli occhi pieni di risentimento, ed ora era lì con lui, nella loro casa, a ricordarsi il giorno del loro primo bacio.
A volte la vita è proprio imprevedibile, pensò.

- Sai credo che le telefonate che devo fare posso rimandarle anche a domani. – disse iniziando a sbottonare la camicia di Orlando.

- Si, credo che le rimanderò anche io. Infondo oggi è Natale…-

- Ho una cosa da darti - rispose lei chiudendo gli occhi e lasciando cadere la testa all’indietro perdendosi nei basi che lui le stava lasciando sul collo e sulle spalle.

- Me lo puoi dare domani… –

- No. – disse allontanandolo di scatto, di nuovo – Domani non sarà più Natale. Te lo voglio dare adesso. –

- D’accordo – rispose lui ricadendo di peso sullo schienale imbottito del divano – sappi però che sei una guastafeste. –

Nic sparì per il corridoio lasciandolo da solo per qualche minuto. Piegando meglio le gambe, l’attore sentì la scatola di velluto nera che teneva in tasca premere sulla sua coscia, come se gli stesse ricordando della sua presenza. La tolse da lì temendo che potesse essere scovata e la nascose dietro un cuscino che la ragazza aveva comprato, insieme a mille altri gingilli, per abbellire la casa.

- Eccomi. – disse Nicole tornando nella stanza e sedendosi a gambe incrociate affianco a lui.

Orlando la osservò tirarsi su le maniche del suo maglione di lana, troppo lungo per lei, e porgergli un pacchetto rosso. Era proprio quando la vedeva in quella mise da casalinga, che la trovava sexy. Anche struccata, con i capelli raccolti in uno chignon spettinato e coperta da un solo maglione che le arrivava a malapena sotto il sedere era sempre bellissima.

Aprì il regalo della sua fidanzata e la guardò sorridendo – Un orologio! E’ stupendo – disse lasciandogli un bacio sulle labbra. - E’ proprio quello che mi serviva – esclamò poi indossandolo sul polso.

Nic congiunse le mani sotto il mento sorridendo soddisfatta della sua scelta.

- Ora però tocca a me – disse Orlando infilandosi una mano dietro il cuscino di pizzo e tirando fuori una scatoletta sottile e lunga appartenente ad una famosa gioielleria di Oxford Street.

Nicole sbarrò gli occhi, la prese in mano senza lasciarsi sfuggire un gridolino di impazienza e una volta aperta rimase di stucco. - Orlando! Ma è…è….è bellissimo! – disse balbettando e guardando la scatola aperta - Non posso accettarlo, è troppo. –

L’attore sorrise prendendo il braccialetto di oro bianco e diamanti e allacciandoglielo intorno al polso. - Ma certo che puoi! Appena l’ho visto ho capito che era il regalo fatto apposta per te e non mi sbagliavo. Un diamante al diamante più brillante di tutti. –

Nicole guardò strabiliata il gioiello brillare sul suo braccio e saltò sopra ad Orlando. - Grazie, grazie, grazie! E’ stupendo! – disse mentre gli lasciava baci su tutto il viso.

- Sai, io ho un’idea su come potresti ringraziarmi – rispose quando Nic si era finalmente calmata.

- E come? – disse la ragazza guardandolo con finta confusione.

- Te lo faccio vedere. – disse prendendola in braccio e portandola in camera da letto. Non che ci fosse poi molto da far capire.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***



CAPITOLO 14

Los Angeles, 31 dicembre 2006

- Che bello essere di nuovo tutti insieme! – disse Mary abbracciando felice Nathalie e Nicole.

- Hai ragione – disse Nat ricambiando l’abbraccio.

Quella deliziosa casa californiana non aveva mai visto così tanta gente ridere e scherzare così fraternamente anche se tutti si conoscevano solamente da un anno o poco più.

- Quanto manca? – chiese Alison entrando nel salone di casa Cooper con una scorta di tramezzini al tonno traballando, leggermente brilla, sui suoi tacchi alti.

- Venti minuti – rispose Orlando controllando l’orologio che Nic gli aveva regalato.

- Allora bisogna preparare i fuochi d’artificio – propose Brad intento a portare una pila di piatti sporchi in cucina.

- Si, hai ragione. Veniamo ad aiutarti noi – rispose Will tenendo in braccio Matthew, che applaudì entusiasta.

Alison si avvicinò al gruppo di amiche che parlavano dei rispettivi fidanzati e che chiedevano a Nathalie particolari in più riguardo alla sua rottura con Daniel.
La nuova arrivata si era inserita subito nel gruppo, e aveva guadagnato già la simpatia di tutti, tranne ovviamente quella di Nic. C’era anche da dire che Ali, di certo, non faceva nulla per far ricredere la ragazza.
Tra di loro c’era quel clima freddo e distaccato tipico di chi non vuole rivedere la sua posizione, ma aspetta che sia l’altro a sventolare la bandiera bianca. Così, come due leonesse, si guardavano senza dire una parola e cercavano di starsi lontane solo per il bene di Will.
Non era un segreto il fatto che Alison era gelosa di Nicole perché c’era qualcosa di speciale tra lei e il suo migliore amico, e la ragazza era sicura che non sarebbe mai riuscita ad avere quel feeling e quell’alchimia particolare che c’era tra i due. Ogni volta che il suo ragazzo le parlava di Nic, lei non poteva fare a meno di essere invidiosa.
Nicole, dal canto suo, temeva che la gelosia di Alison un giorno potesse spingere l’amico ad allontanarsi da lei solo per evitare di mettere a rischio il rapporto con la sua fidanzata. E questo non se lo sarebbe mai perdonato. Non poteva permettersi di perdere Will, lui era troppo importante.
Le rispettive paure e gelosie, fecero si che tra le due nascesse un’inevitabile ostilità.

Nicole si staccò dal gruppo e raggiunse il suo fidanzato, seduto sul divano a guardare il programma televisivo che tutti gli anni mandavano in onda con, all’angolo dello schermo, un grande orologio che scandiva i minuti alla mezzanotte. L’attore prese un altro sorso dalla sua birra e si concentrò sulla televisione a schermo piatto.

- Cos’hai? – gli chiese Nic sedendosi accanto a lui appoggiando la testa sul suo petto.

Orlando le accarezzò distrattamente i capelli e sorrise. - Niente, è solo che mi sta facendo male la schiena e non ce la faccio ad aiutarli a posizionare le cose a terra. Quindi me ne sto qui buono buono a sorseggiare questa. –

- E’ tutta colpa mia se ti fa male. Lo sapevo che non dovevo insistere per farti montare quella dannata mensola in bagno. –

- No, non dire così. – disse l’attore sarcastico – Infondo l’altra settimana sei andata in erboristeria e hai comprato tre creme per il viso, una per il corpo, un fondotinta senza troppi elementi chimici che danneggiano la pelle, un olio da spalmarsi sul corpo dopo la doccia e un bagnoschiuma alle erbe. Dovrai pure appoggiarli da qualche
parte no? Considerando che il mobiletto al bagno è completamente occupato dagli asciugamani ricamati che hai portato a casa… -

La ragazza lo guardò storto – Mi sembra che li usi lo stesso, però, i miei asciugamani ricamati. –

- Non ho altra scelta, quelli che utilizzavo prima non so nemmeno che fine hanno fatto. –

Nicole sviò subito il discorso. Non poteva di certo dirgli che li aveva fatti sparire lei perché erano orrendi e consumati. - Vado a prendere qualcosa da bere. Tu cosa vuoi? – chiese lei alzandosi.

- Niente. Sono apposto. – rispose lui alzando la sua birra.

Nicole attraversò il salone e andò al tavolo. Nathalie, intenta a versarsi un bicchiere d’acqua, le sorrise e le diede una botta amichevole con i fianchi. La ragazza ricambiò il gesto, le porse il bicchiere e l’amica glie lo riempì.

- Grazie – disse Nic dopo averne preso un sorso.

- Di niente. Dove abbiamo intenzione di andare dopo? – chiese l’altra lisciandosi il suo vestito rosso che le fasciava il corpo snello.

- Ancora non lo so. Dopo dico a Orlando di chiamare qualcuno e di organizzare qualcosa. –

- Leinghton, approfitti del cognome del tuo ragazzo per avere via libera ai party più in di Los Angeles? – rispose Nat divertita.

Nicole assunse una finta espressione scocciata. - Sai com’è, cercare sempre di non destare scalpore per strada, trovare ogni mese la tua foto sui giornali scandalistici, abituarmi all’idea di dover stare da sola per mesi perché il mio compagno è chissà quale parte del mondo, è senz’altro una cosa normale da sopportare. Potrò anch’io godere di uno pei pochi benefici dell’essere la fidanzata di Orlando Bloom, no? –

L’amica rise e gli buttò le braccia al collo – Povera la mia migliore amica, come farai a destrarti in mezzo a tutti quei tiranni? –

Nicole storse il naso e ricambiò la stretta. Nathalie aveva decisamente bevuto troppo.
 
 






- Cinque…quattro…tre…due…uno…WOOOOOOOOOOOO!!!!! –

Le voci felici dei ragazzi riempirono la stanza. Il tappo dello spumante sbatté sul muro, per poi cadere a terra. Gli amici si abbracciavo contenti, augurandosi un buon anno nuovo e tutta la felicità che esso avrebbe portata nelle loro vite.

Nicole baciò Orlando che sorrideva entusiasta come un bambino. Uscirono tutti fuori in giardino e si unirono anche loro ai festeggiamenti di tutti gli altri abitanti della metropoli. I due ragazzi si abbracciarono rimanendo a guardare i fuochi d’artificio che coloravano il cielo buio della città degli angeli.

Rimasero a festeggiare fino alle 2.00, fino a quando Matthew non iniziò a piagnucolare, stropicciandosi gli occhi con le manine paffute.
Brad guardò gli invitati con aria di scuse e tutti capirono al volo che la prima parte della serata era terminata. Presero le loro cose, salutarono i padroni di casa facendogli ancora gli auguri, e si avviarono verso la macchina.

- Dove andiamo ora? – chiese Alison.

- Intanto saliamo in macchina. Siamo in cinque, possiamo prenderne una sola. –

Mentre aprivano gli sportelli Orlando ricevette una chiamata. - Elijah, amico auguri di buon anno nuovo!... grazie, grazie mille…non indovinerai mai dove sono adesso…si, sono a Los Angeles. Tu dove sei? Magari passo a farti gli auguri di persona…A Venice Beach? – disse guardando Nicole che era seduta affianco a lui, sul sedile del paseggero. Vedendo che la ragazza annuiva energicamente continuò – D’accordo allora passo con qualche amico, ti dispiace? Va bene, a fra poco. –

- Allora? – chiese Nic.

- Ha detto ch è ad un party a Venice Beach e che ci può far mettere i nostri nomi sulla lista. Vi va di andare lì? –

- Ma è uno di questi party pieni di persone famose? – chiese Nat speranzosa.

- Nat, non incontrerai Heath tutte le volte che metti piede a Los Angeles – disse Nicole girandosi a guardare l’amica seduta sul sedile posteriore.

Orlando rise ed accese il motore della macchina.

- Non puoi saperlo, mia cara. – rispose lei facendole una linguaccia.
 

Una volta arrivati davanti al locale proprio sul lungomare della famosa spiaggia che Elijah gli aveva indicato, girarono per mezz’ora prima di trovare un parcheggio.
Arrivarono all’entrata del locale e dissero al buttafuori che erano ospiti del signor Wood, lui controllò sulla lista e li fece entrare.
La sala era piena di persone che ballavano ubriache sui tavoli, con intesta un cappellino di carta a punta e una trombetta in bocca. Orlando fece segno agli amici di uscire sulla terrazza. Fuori, l’ambiente era decisamente più calmo e quando uscirono, tirarono tutti un sospiro di sollievo, contenti di essersi tolti dal caldo asfissiante del locale.

- Orlando! – disse ad un tratto un ragazzo dagli occhi azzurri.

- Elijah, da quanto tempo! – disse abbracciandolo e dandogli una sonora pacca sulla spalla – auguri, amico! –

- Anche a te! – disse poi guardando la ragazza che teneva per mano – E lei deve essere Nicole! –

- Si, piacere – disse stringendo la mano dell’attore.

Ad un tratto si avvicinò una ragazza sorprendentemente bella e magra, che mise una mano attorno al collo di Elijah – Ah eccoti, lei è Hilary, la mia fidanzata e quasi moglie – disse lui guardandola.

- Moglie? Ma che fai ti sposi e non mi dici nulla? – disse sorpreso Orlando.

- Volevo dirtelo di persona e non per telefono. E poi la data ancora non è stata fissata! –

- Auguri allora! – disse Nicole sorridendo alla coppia.

Hilary sorrise e si rivolse alla ragazza – Ti va di andarci a prendere un drink? Così lasciamo gli uomini a parlare da soli. –

- Si, volentieri – rispose lasciando la mano di Orlando che intanto parlava animatamente con il suo amico.

Mentre si stava dirigendo con Hilary al banco degli alcolici, vide Nathalie da sola che si guardava intorno. Probabilmente Will e quell’arpia della sua fidanzata si erano appartati da qualche parte. Attirò l’attenzione dell’amica e le fece segno di raggiungerla.

- Nathalie, Hilary. Hilary, Nathalie. – disse facendo le presentazioni in modo sbrigativo.

Le tre ragazze presero i loro drink e si sedettero su un tavolo che si era appena liberato. Nicole scoprì presto che la nuova ragazza era molto simpatica e alla mano, al contrario di quello che poteva dar a vedere al primo impatto. Anche Nathalie sembrò dello stesso avviso e la vide chiacchierare con naturalezza.

- Di cosa ti occupi? – chiese ad un tratto alla ragazza.

- Sono una truccatrice scenica, è per questo che ho conosciuto Elijah. Eravamo sul set di Sin City  a Austin, in Texas, e stando tutti i giorni insieme per sei mesi… alla fine è scattato l’amore e ci siamo messi insieme. – disse orgogliosa guardando l’anello di diamanti che teneva sull’anulare sinistro.

- Chissà quante persone famose hai truccato…- disse Nat sroddidendo - posso farti una domanda? –

Nicole alzò gli occhi al cielo, già sapeva dove voleva andare a parare l’amica.

Hilary rise vedendo la faccia della ragazza e rispose – Certo! Dimmi. –

- Non è che per caso ti è capitato di truccare…non so… Heath Ledger? – domandò facendo finta di nulla.

- No, truccato mai. Ma lui e Elijah sono amici, ogni tanto viene a casa da noi. E’ un tesoro quel ragazzo. –

Nathalie rimase a bocca aperta, incapace di rispondere e guardò l’amica come per dire “Ho sentito bene?”.

Nicole scosse la testa con aria disperata e si mise a ridere. Ad un tratto sentì il peso di uno sguardo su di se, e si voltò per vedere da chi provenisse.

Tra i volti sconosciuti trovò quello di Orlando che stava parlando con un altro suo collega che però lei non riconobbe. Se non era lui, allora chi la stava fissando?
Improvvisamente il suo sguardo fu attratto da una mano che si agitava qualche tavolo più in là e, senza neanche accorgersene, le sue labbra si aprirono in un sorriso.
- Scusate – mormorò alle ragazze sedute accanto a lei continuando a guardare da lontano quei due bellissimi occhi di un azzurro penetrante che l’avevano fatta invaghire quasi sei mesi prima.

Si alzò dal tavolo, sentendosi addosso anche gli sguardi incuriositi delle due ragazze che aveva appena liquidato, e si diresse ticchettando davanti al ragazzo.

- Jake! – disse sorridendo – Non ci credo, io e te dobbiamo incontrarci sempre a qualche festa! –

- Così pare! – rispose ricambiando il sorriso. Quando vide quelle due fossette comparire sulle guance la ragazza si sciolse “Nicole falla finita. Sei felicemente fidanzata con Orlando. Non fare l’idiota.”  si ammonì “torna immediatamente al tuo tavolo.” Scartò quest’ultimo pensiero e gli si sedette affianco.

- Sei venuta qui di nuovo con la tua amica? – chiese toccandosi il mento. Perché doveva essere così dannatamente sexy?

- Si, ma questa volta si sono aggiunti anche un’altra coppia di amici e… il mio fidanzato. –

- Ah giusto. Ora stai con orlando Bloom, vero? –

Lei lo guardò con circospezione. - Come fai a saperlo? – domandò lei confusa.
- Beh, siete su tutti i giornali, è un po’ difficile non saperlo. - rispose l'altro con una risata - Eri la sua vecchia amica con la quale ha creato una linea d’intimo, poi sei diventata la sua ragazza e infine l’hai addirittura fatto tornare a Londra. E non dimentichiamoci che sei la figlia di Robert Leinghton. Diciamo che la vostra storia ha attirato un po’ d’attenzione. –

Nicole rise e scosse la testa incredula. – Giusto. Devo ancora abituarmici a queste cose. –

- Chi l’avrebbe detto che da quella sera tutto sarebbe diventato come lo è ora – sospirò dicendolo più a stesso che a lei.

- A quale sera ti riferisci? – domandò giocando con la composizione di conchiglie che era stata messa sul tavolo.

- La sera che ci siamo conosciuti. Quando poi te ne sei andata ho incontrato Orlando all’uscita del locale. E’ stato lui che mi ha detto chi eri veramente. In quel momento voi non stavate ancora insieme, anzi ti eri appena baciata con me. Ed ora eccoti qui, sei tornata nella città dove Orlando ha vissuto per molto tempo, come la sua fidanzata. E per caso incontri me che…-

Nicole non stava più ascoltando. “E’ stato lui che mi ha detto chi eri veramente”. Perché Orlando non glie lo aveva mai detto? E soprattutto era uscito dal locale nel momento esatto in cui lei se ne era andata, che coincidenza!

- Scusami un attimo – disse Jake rispondendo al telefono.

In quel momento Nicole si sentì avvampare e si voltò a guardare il suo fidanzato, mentre sentiva in lontananza la voce dell’attore che parlava al suo cellulare. Quando posò gli occhi sul volto tirato di Orlando, incrociò il suo sguardo. Lei lo guardò arrabbiata, lui contraccambiò l’occhiata risentita.

Cosa sta facendo la mia ragazza accanto all’uomo che ha baciato un anno fa?” pensò l’attore infuriato. Quel Gyllenhaal era davvero uno tosto. Sperava che, una volta avergli rivelato il cognome della ragazza, lui l’avesse lasciata in pace. E dalla faccia che aveva fatto dopo la sua rivelazione, sembrava proprio che la sua supposizione fosse stata giusta. Ma allora cosa ci facevano lì a chiacchierare? Perché Nicole aveva tirato fuori quel sorriso e quell’atteggiamento che, come lui sapeva bene, utilizzava quando flirtava con qualcuno?

La ragazza si voltò e tornò a prestare attenzione al ragazzo che la guardava seduto di fronte a lei. 

- Posso dirti una cosa? – domandò Jake senza staccare gli occhi dai suoi.

- Cosa? – rispose lei sentendo quella famigliare sensazione di vuoto allo stomaco che aveva quando percepiva il suo sguardo bruciargli la pelle. 
Si odiava per questo, era più forte di lei. Era una sensazione che non poteva controllare.

- Se fossi il tuo fidanzato, adesso non ti lascerei qui a parlare con un ragazzo che ti ho visto baciare, soprattutto con un ragazzo come me. – disse guardando le gambe accavallate, lasciate nude dal vestito corto che portava, per poi passare al seno e poi salire ancora più su, fino a incontrare di nuovo i suoi occhi.

- E perché? – disse lei nonostante la vocina dentro alla sua testa le continuava a strillare di andarsene via da quel tavolo e da quella situazione il più velocemente possibile.

- Perché sei una donna fantastica e perché sei tremendamente bella. –

Nicole non fece in tempo a replicare che tutto precipitò in pochi secondi.
Vide Orlando arrivare di fianco a loro e tirare un pugno sul viso di Jake che cadde dalla sedia finendo sdraiato a terra.

- Orlando, smettila! – gridò Nicole afferrandolo per un braccio.

Jake, dopo un attimo di smarrimento, scagliò un altro pugno ad Orlando, che continuava a sbraitare contro l’attore.
Ad un tratto apparvero Will, Elijah e qualche altra persona presente alla festa e li divisero. Orlando cercava di liberarsi dalla stretta di Will e continuava a guardare arrabbiato Jake, che intanto si stava asciugando il sangue che gli colava dal naso.
Nicole rimase in piedi, vicino al tavolo che era stato rovesciato, a guardare incredula i due ragazzi ancora furiosi e la gente che nel frattempo si era radunata intorno a loro, per vedere cosa fosse successo.

Orlando scansò Will bruscamente, scese i gradini che collegavano la terrazza del locale alla spiaggia, e sparì correndo via.

Nicole si avvicinò a Jake chinandosi per poter esaminare meglio i danni. – Stai bene? – gli chiese alzandogli il mento con due dita.

- Si, si sto bene. –

- Io… mi dispiace Jake, non volevo che…- provò a dire mortificata.

- Non è colpa tua. – la interruppe lui facendo una smorfia quando si toccò il naso – Credo che sia rotto - disse arrabbiato rivolgendosi ad un suo amico che anche lui si era avvicinato.

- Andiamo al pronto soccorso. – gli rispose lui porgendogli un fazzoletto.

L'attore si alzò con fatica e si voltò a guardare la ragazza. - Ciao Nic. Vorrei dirti che è stato un piacere rivederti ma…- disse tentando di sdrammatizzare.

Nicole sorrise e corse via, seguendo la stessa strada che aveva fatto poco prima Orlando.
Cominciò a cercarlo lungo la spiaggia non riuscendo a vedere altro che la distesa scura dell'oceano di notte. Dopo che gli occhi si furono abituati al buio riuscì a scorgere il ragazzo vicino alla riva.
Sentendo l’adrenalina scorrergli nelle vene, si tolse le scarpe e corse nella sua direzione. Era talmente agitata che il petto si alzava e si abbassava velocemente e le mani quasi le tremavano per il nervosismo.

Sentendola arrivare, lui si girò di scatto e sentì la mano della ragazza colpire la sua guancia con forza.

- Cosa cazzo ti è saltato in mente? Ti è andato per caso di volta il cervello? Ora ti metti anche a prendere a pugni la gente davanti a tutti? – gridò arrabbiata Nicole.

L’attore si toccò la guancia fissando la ragazza a bocca aperta. Gli aveva appena dato uno schiaffo. Lei lo aveva appena schiaffeggiato.

Vedendo che lui non rispondeva, Nic continuò – Ma ti rendi conto di quello che hai appena fatto? Lui potrebbe denunciarti. Sei... Sei…-

- Sono cosa? – sbottò improvvisamente Orlando – Dillo Nicole, sono cosa? Sono stato per caso io quello che ti ha visto fare la gattamorta con la persona che ho baciato un anno fa? Neanche la furbizia di farlo di nascosto... L'hai fatto davanti a me, davanti ai nostri amici. -

-Tu lo hai preso a pugni perchè io l'ho baciato quando ancora neanche stavamo insieme. Quella è stata la sua unica colpa e tu gli hai messo le mani addosso come un pazzo! Piuttosto vogliamo parlare del fatto che tu mi hai spiato quella notte? Non ne avevi il diritto, non dovevi permetterti di... –

- Non capisci Nicole? Non capisci perchè ti stavo spiando? – disse ancora più arrabbiato mimando le virgolette sull’ultima parola.

- No, non lo capisco proprio. Iilluminami Orlando! –

- Perchè già mi piacevi, perchè già non riuscivo a pensare altro che a te. Quando ti ho detto che mi sono innamorato di te dalla prima volta che ti ho vista pensavi che stessi scherzando? –

Nicole rimase interdetta. Se ne stette a fissare l’attore che la guardava con il labbro inferiore sanguinante e con il petto che si alzava e abbassava ritmicamente seguendo i suoi respiri.
-
Io… io…- balbettò incapace di dire nient’altro.

- Voglio sapere cosa c’è stato tra di voi. Anzi lo pretendo. – continuò Orlando provando a riacquistare la calma. Si passò una mano sulla faccia e spostò nervosamente il peso da un piede all'altro.

Nicole inghiottì a vuoto e indurì la mascella. Gli occhi le si ricoprirono di lacrime e non riuscì a trattenere un leggero tremore al labbro inferiore.

- Ci sei andata a letto? – domadò lui con un groppo alla gola. Era sicuro che ora lei avrebbe scosso la testa con orrore e che gli avrebbe detto che non doveva neanche pensare una cosa del genere, che non avrebbe mai pensato far sesso con lui. Stava per caso scherzando?

Invece lei abbassò lo sguardo e vide due lacrime silenziose solcarle il viso.
Per Orlando fu come una coltellata allo stomaco. Chiuse gli occhi e disse con voce bassa – Quando? –

- Quando sono venuta a Los Angeles con Nathalie – rispose con la voce rotta dalle lacrime.

- Tu sei andata a letto con lui quando mi hai chiamato per dirmi ce eri in ciità e che volevi vedermi? Quando mi hai detto che volevi passare del tempo con me? – domandò sbarrando gli occhi e tornando a gridare.

Nicole si mise le mani nei capelli – Orlando, cosa dovevo fare? Tu non c’eri e io stavo malissimo per…-

- Ho visto quanto stavi male! Stavi talmente male che ti sei buttata nelle braccia, diciamo così, del primo che ti è capitato! E io che pensavo che ti mancassi... che idiota. Immagino che a te manchino un po' tutti quando ti fa comodo. –

La ragazza si immobilizzò e strinse i pugni. – Mi stai dando della puttana? – grugnì parlando a denti stretti.

- Hai per caso la coda di paglia? -

I due rimasero a scrutarsi per qualche secondo, ognuno ferito dalle parole dell'altro.

- Ma come ti permetti? - sbottò infine Nicole facendo due passi avanti minacciosamente. I suoi occhi, però, tradivano il dolore che iaffliggeva il cuore. - Ora dimmi che tu durante la tua vacanza a Cordoba non sei andata con nessuna donna. Voglio che mi guardi negli occhi e che mi dica che tu non l’hai fatto. – 

Questa volta fu Orlando a guardarla in silenzio.

- Sei patetico – disse ridendo amaramente – TU vieni a fare la paternale a ME quando hai fatto solo Dio sa cosa, con chissà quale donna. Ti ricordi perlomeno che viso aveva? –

- Io perlomeno non ci ho flirtato davanti a te. – disse inarcando le sopracciglia.

- Non lo hai fatto solo perchè non ti ricordi nemmeno come si chiama! –

I due ragazzi rimasero a fissarsi ancora un attimo, prima che Nicole tornò indietro velocemente e sparì nella notte.

Orlando aspettò ancora qualche altro minuto e poi tornò sulla terrazza anche lui. Will gli venne incontro e gli disse che le ragazze erano andate in hotel con un taxi.

Durante il tragitto, Orlando guardò per tutti il tempo fuori dal finestrino, fino a che Will non si fermò davanti al lussuoso hotel Royal e consegnò le chiavi dell’automobile al parcheggiatore, che augurò un buon inizio dell’anno ai due clienti con un sorriso.

Proprio niente male questo 2007”  pensò entrando nello stesso hotel in cui solo pochi mesi prima, aveva preso una delle decisioni più importanti che avesse mai preso. Era lì quando, durante l’intervista con la signorina Wayne, aveva capito di voler stare solo con Nicole. Non voleva nient’altro al mondo.

Fece un cenno alla receptionist che lo riconobbe e gli fece gli auguri. Ma perché tutti quanti non facevano altro che ricordargli che stava passando un capodanno di merda?

Salì su in camera e bussò alla porta. Aspettò qualche secondo e si ritrovò davanti due occhi gonfi e arrossati. Nicole non lo degnò neanche di uno sguardo, si voltò e si mise a letto, dandogli le spalle.
L’attore si spogliò velocemente e si sdraiò accanto a lei, stando attento a non sfiorarla.
Passarono dieci minuti e Orlando si rigirava nel letto nervoso perché non riusciva a prendere sonno. L'orologio sul suo comodino scandiva inesorabilmente lento i secondi. Tutte le volte che chiudeva gli occhi si ritrovava davanti la faccia arrabbiata di Nicole che gli urlava contro. A volte gli sembrava quasi di sentir bruciare ancora il punto in cui lei lo aveva schiaffeggiato. Per non parlare poi dello spacco sul labbro che pizzicava sempre di più, come per ricordargli di quanto era stato idiota.

- La finisci di rigirarti nel letto? Non riesco a dormire. – disse scocciata la ragazza.

- Scusami, lo so che preferiresti avere Gyllenhaal accanto a te, ma credo che dovrai accontentarti di me, perlomeno per stasera. Chissà magari quando mi sarò addormentato ce la farai a sgattaiolare fuori dall’hotel per un paio d’ore. – rispose lui sarcastico.

- Basta, non ce la faccio più.. – fece Nic accendendo la luce e scattando giù dal letto.

Orlando si tirò su con i gomiti e si appoggiò alla spalliera del letto. - Dove stai andando? – 

- Da Jake. Hai ragione preferirei stare con lui. –

Orlando rimase basito. Stava dicendo sul serio?

- Sei veramente un idiota. Ti pare che farei una cosa del genere? Ah,– disse lei facendo finta di ricordarsi una cosa - già è vero, infondo sono una puttana, giusto? –

- Sai che non intendevo dire…-

- Quello che hai detto? Ma purtroppo lo hai fatto, quindi…- Prese il cuscino e gli diede le spalle – Vado a dormire nella stanza di Nathalie – disse dirigendosi verso la porta.
Fece scattare la serratura e si girò per guardarlo negli occhi – Ah, Orlando buon 2007! –

Uscì sul corridoio e chiuse la porta.

L’attore si buttò sui cuscini e fissò il soffitto – Buon 2007 anche a te – disse sospirando.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Salve a tutti! :)
Chiedo umilmente perdono per la mia assenza ma purtroppo c'è stato qualche imprevisto. Comunque l'importante è che sia tornata ad aggiornare no? :D
In questo nuovo capitolo vedremo come sta andando avanti la vita di Nicole dopo la sfuriata con Orlando. Siamo sicuri però che non ci sia niente di peggio? Direi che dovrete prima leggere il nuovo aggiornamento prima di rispondere a questa domanda... Ah cara Nic, le tue pene non sono ancora finite!
Come al solito un commento sarebbe più che gradito!

Ma ora blando alle ciance... BUONA LETTURA!




CAPITOLO 15

Londra, 8 gennaio 2007

 

With or without you
With or without you

Through the storm we reach the shore
You give it all but I want more
And I'm waiting for you

With or without you
With or without you
I can't live
With or without you

 
Bono Vox cantava nelle cuffie di Nicole che correva tra gli alberi ormai spogli dell’Hyde Park.

Quando abitava nel suo appartamento andava spesso a correre nel parco che amava tanto, soprattutto in primavera, quando il verde dei prati era più acceso che mai. Correre mettendo i piedi a terra uno dopo l’altro, mantenendo sempre lo stesso ritmo, la sua musica preferita che suonava armoniosa nelle sue orecchie, i viali alberati e gli uccellini che cinguettavano, erano tutte cose che la rilassavano molto e la aiutavano a calmarsi.

Quel piovoso giorno d’inverno, anche se il clima non era dei migliori, la ragazza si era avventurata lo stesso tornando alla sua vecchia abitudine perché doveva sfogarsi. Erano da poco finite le vacanze natalizie e tra pochi giorni sarebbe stato il compleanno del suo fidanzato, il primo da quando si erano messi insieme, e la situazione non era di certo delle migliori. Da quando avevano litigato a Los Angeles, i due non si erano quasi più rivolti la parola. Avevano passato tutto il resto del soggiorno in America e il volo di ritorno cercando di ignorarsi il più possibile. Anche a casa la situazione non era migliorata affatto, ognuno entrava e usciva dall’appartamento senza dire dove andava o quando sarebbe tornato, e la sera quando si coricavano insieme, facevano attenzione a non sfiorarsi nemmeno per sbaglio.
Nicole aveva sbagliato a flirtare con Jake davanti all’attore, e Orlando aveva sbagliato a darle della prostituta, umiliandola profondamente, ma tutti e due erano cocciuti come muli e tutti e due aspettavano un passo indietro dall’altro. Così ormai da giorni la situazione tra i due era tesa ed entrambi non sapevano come fare per risolvere la questione.
 

And you give yourself away
And you give yourself away
And you give
And you give
And you give yourself away

With or without you
With or without you
I can't live
With or without you

 
Avvertì una gocciolina di sudore scenderle giù per la spina dorsale, sotto il giubbotto, fino a che non fu ostacolata dall’elastico dei pantaloni della tuta. Nonostante la temperatura bassa, sentiva le guancie andarle in fiamme e il dolore alla milza, che la ragazza aveva cercato di ignorare negli ultimi dieci minuti, si fece ancora più intenso.

Decise di finire il suo giro e concludere così il suo allenamento.
 


Quando fu a casa aprì la porta e sentì un insolito silenzio fare da padrone in tutto l’appartamento, segno che Orlando era uscito. Probabilmente era andato fuori con i suoi ex compagni del corso di recitazione.

Andò in cucina e prese dal frigo una bottiglia d’acqua, bevendola si accorse che era davvero assetata. Ma quanto tempo era stata a correre? Guardò l’orologio e vide che erano le 12.00. Cavolo aveva corso per due ore!
Si spogliò velocemente e s’infilò sotto la doccia. Quello era il momento che più adorava del suo ritorno a casa dopo una corsa al parco. La sensazione dell’acqua, leggermente più fredda del normale, sul suo corpo bollente era una delle cose che più amava dopo la stremante fatica. Si abbandonò sotto il getto e lasciò che la sua testa vagasse lontano e che si perdesse in un mare di pensieri.
Dopo quella che le sembrava essere un’eternità uscì a malincuore dalla doccia e si avvolse intorno un asciugamano pulito. Andando in camera per prendere il pigiama, notò la spia della segreteria lampeggiare minacciosamente. Si avvicinò all’apparecchio e premette il tasto play.

- Primo messaggio – disse la voce registrata – Ciao Orlando sono Brad. Qui in America hanno pubblicato su una rivista le foto della tua lite con Gyllenhaal. Appena senti il messaggio chiamami, dobbiamo parlare. –

Dalla stanza da letto Nicole udì un bip, segno che il messaggio era finito.

Così avevano pubblicato le foto su un giornale. Ottimo, quando il suo fidanzato ascolterà quel messaggio sarà ancora più arrabbiato di quanto già non lo fosse.

- Secondo messaggio – annunciò ancora la voce registrata – Ciao Nicole sono papà. Senti lo so che te lo sto dicendo all’ultimo momento ma mi chiedevo se potevi venire a pranzo da me oggi, senza Orlando. L’ho detto anche a Charlotte. E’ importante, cerca di esserci. Ciao. –

Suo padre che le lasciava un messaggio in segreteria? Doveva essere qualcosa di veramente grave. Cosa voleva da lei stavolta?
Si rivestì in fretta, lasciò un bigliettino a Orlando per informarlo che non sarebbe stata a casa per pranzo e si avviò per strada alla ricerca di un taxi.
 
 
 

Venti minuti più tardi suonò il campanello di casa Leinghton e salutò con un abbraccio Camila, ritrovando per un momento l’odore di casa sua. Cavolo, quanto le mancava quella donna. Soprattutto in quel momento aveva dannatamente bisogno delle sue carezze e delle sue parole confortanti che riuscivano sempre a tirarla su di morale.

Si diresse in camera da pranzo ticchettando sulle sue decolté di pelle nera indossate di fretta per essere all’altezza dei soliti pranzi dei Leinghton e trovò suo padre e sua sorella seduti intorno al tavolo, come sempre, elegantemente apparecchiato.

- Ciao – disse sedendosi e guardando i membri della sua famiglia.

Charlotte, bella ed elegante come al solito, sfoggiava al suo esile dito la sua scintillante fede nuziale. I capelli biondi non erano più lunghi come prima, ma erano stati tagliati in un taglio sfilzato che le incorniciava alla perfezione il suo bel viso.
Robert invece era più sciupato di come Nicole lo ricordasse e notava anche qualche ruga in più sul suo volto stanco e pallido. Aveva proprio un’aria malsana.

Come da copione, Robert e Charlotte passarono i primi venti minuti a parlare dell’azienda di famiglia ignorando completamente Nicole che si stava concentrando sullo squisito pollo al forno che aveva fatto sicuramente Igor, il loro cuoco. La ragazza si ricordava ancora del fantastico piatto che il cuoco, in accordo con Camila, le faceva trovare in tavola quando la ragazza passava uno dei suoi momenti tragici. Quello, insieme ai fantastici dolci che erano i punti forte dell’uomo dell’est ma che aveva studiato cucina in Italia, erano la migliore cura ad ogni tipo di problema.

Mentre stava pensando all’alto e grosso omone dai folti baffi neri, Robert prese parola guardando il suo piatto ancora pieno. - Oggi vi ho fatte venire qui perché devo dirvi una cosa importante. – disse con aria grave ma allo stesso tempo imbarazzata.

Le due figlie lo guardarono prestandogli attenzione.

- E’ qualche mese che… so una cosa. – continuò lui - E non ho voluto dirvela per non farvi preoccupare inutilmente. Insomma, credevo che si potesse risolvere ma, a quanto pare, non è così. –

- Papà cosa succede? – disse Charlotte preoccupata posando una mano su quella del padre.

Passò qualche secondo carico di tensione, fino a che l’uomo continuò. - Io ho un cancro. – disse guardando a turno le figlie – Ho un cancro al polmone. -

Le due ragazze rimasero immobili. Un silenzio pieno di stupore e incredulità calò sulla tavola. Nessuno dei tre osava dire qualcosa e, anche volendo farlo, nessuno dei tre ne era in grado.
Nicole se ne stava lì a fissare imbambolata il volto incavato del padre che guardava in basso, incapace di reggere quei due sguardi addolorati. Ci volle qualche secondo prima che la figlia minore comprendesse a pieno il significato di quelle parole e, quando accadde, il suo cuore perse un battito.

Il primo a spezzare il silenzio fu Robert che ancora una volta, vedendo che le figlie non dicevano nulla, continuò – I dottori me l’hanno diagnosticato qualche mese fa’. All’inizio sembrava una cosa recuperabile, mi hanno detto che se avessi fatto delle sedute di radioterapia il tumore poteva ridursi. Però poi i medici hanno scoperto che ho anche delle metastasi al fegato e alla colonna vertebrale e quindi la situazione è peggio di quanto pensassero. -

Charlotte si portò una mano alla bocca e gli occhi le si riempirono di lacrime.

- Mi hanno consigliato una clinica a Zurigo, - andò avanti ancora Robert - dicono che lì sono specializzati in casi come il mio. Ma non credo che ci andrò, insomma è inutile lottare per combattere una cosa che ha già vinto in partenza… -

Nicole non voleva piangere. Sentiva dentro di sé un turbine di emozioni: stupore, incredulità, inutilità e rabbia. Si, era veramente arrabbiata. Era arrabbiata con tutti, soprattutto con suo padre. Non sapeva bene il perché, ed era troppo sconvolta per chiederselo, ma ce l’aveva con lui. Anzi non era arrabbiata, era furiosa. Dopo venticinque anni della sua vita in cui suo padre non c’era mai stato, ora la chiamava a pranzo e le comunicava che stava per morire. Qualche altro pranzo come quello, e poi arrivederci e grazie, è stato bello finché è durato.
In quel preciso istante fu come se il mondo le cadesse addosso. Quando era morta sua madre l’unica consolazione fu’ pensare che a lei rimaneva sempre suo padre come genitore. Se non poteva farlo Elisabeth, ci sarebbe stato lui il giorno del suo matrimonio, avrebbe controllato lui i suoi figli mentre lei era a lavoro, ci sarebbe stato lui durante la celebrazione della consegna dei diplomi a dirle che era orgoglioso di lei, avrebbe presentato a lui con felicità il suo futuro marito.
Invece ora Robert se ne stava andando e non aveva ne avrebbe fatto niente di tutto questo.

Il padre si sporse e abbracciò la figlia maggiore che piangeva disperata al suo fianco, sussurrandole parole dolci all’orecchio.

Nicole abbassò lo sguardo e sentì una fitta al cuore così dolorosa che sembrava stesse esplodendo. - Da quanto lo sai? – chiese sentendosi gli occhi lucidi.

- Da tre mesi. – rispose l’altro guardandola.

Lui lo sapeva che avrebbe reagito così. Poteva sembrare un padre snaturato, un padre che ha dato sempre tutto ad una sola figlia togliendo sempre all’altra, e probabilmente era anche così, ma lui le conosceva come le sue tasche. Nonostante tutto, sapeva che Nicole era quella più forte e che, al contrario della sorella, avrebbe preso di petto la situazione. Non era un tipo che si piangeva addosso, non lo era mai stata, ed era proprio per questo che in parte si sentiva sollevato. Sapeva bene che sarebbe stato proprio grazie a lei che Charlotte sarebbe riuscita ad andare avanti.
La morte non lo spaventava, l’unica cosa che gli dispiaceva era lasciare da sole le sue donne che aveva sempre amato con tutto il cuore, lasciarle andare avanti per le loro vite senza poterle vedere creare una famiglia tutta loro. Infondo, loro due erano la sola e unica cosa che gli aveva permesso di andare avanti in tutti questi anni.

- E quanto…- domandò di nuovo la ragazza senza riuscire a finire la frase.

- Non molto. – rispose Robert guardandola da sopra la testa bionda dell’altra sua figlia.

Charlotte cominciò a piangere ancora più forte stringendosi un po' di più al suo petto. - Papà… – disse con la voce rotta dal pianto – Io… ti voglio bene. –

- Anche io piccola – ribatté l'uomo accarezzandole i capelli e chiudendo per un attimo gli occhi – Ve ne voglio ad entrambe – si staccò dalla ragazza che ancora piangeva e le prese la mano. Si voltò verso Nicole e strinse forte anche la sua.

La ragazza rimase immobile. Era la prima volta che il padre le faceva una dimostrazione d’affetto simile. Osservò la sua mano in quella grande e ruvida di Robert, per poi posare gli occhi in quelli del padre che la guardavano carichi d’amore. Nicole non sapeva cosa fare né cosa dire, quel tocco l'aveva lasciata sbigottita e commossa al tempo stesso. Il suo cervello non riusciva più a connettere lucidamente talmente fu travolto da quella valanga di notizie e novità. Le mancava l'aria.

- Voglio solo stare con voi e godermi il tempo che mi è rimasto da passare insieme. Ci sono tante cose che vorrei fare con voi, e tante cose che ancora non vi ho detto. Voglio recuperare tutto il tempo perso e che sono consapevole di aver buttato dalla finestra per concentrarmi su delle cose futili. Mi dispiace solamente essere arrivato ad un passo dalla morte per capirlo. -

Nicole sentì che improvvisamente quei venticinque anni passati ad odiarlo e tutto il dolore che ne aveva tratto da quella situazione non erano niente, neanche una briciola rispetto a quello che provava ora. Vedere la sua famiglia attorno ad un tavolo che si teneva per mano e l'espressione addolorata di suo padre  fecero svanire completamente quel rancore che aveva covato dentro in tutti quel tempo.
Forse era proprio così che doveva andare. Forse quegli anni di sofferenza  erano serviti a farle capire quanto valesse uno sguardo del genere e qual è il vero significato della frase “ti voglio bene”. Si sentiva finalmente libera e svuotata da quel grande peso che si era portata dietro per tanto, troppo tempo. Aveva sprecato più energie a cercare di odiarli che quelle che avrebbe normalmente utilizzato per amarli.
In quel momento tutto le apparse chiaro ma, un’istante dopo, quando la mente riformulò bene la frase che il padre aveva pronunciato poco prima, sentì il cuore stringersi ancora di più nella sua morsa dolorosa.

E’ inutile lottare per combattere una cosa che ha già vinto in partenza.”


Suo padre stava morendo, entro pochi mesi se ne sarebbe andato via. Che senso aveva, allora, capire tutto questo quando in poco tempo dopo sarebbe comunque finito? Perché aveva aspettato tutto quel tempo per dirgli finalmente che le voleva bene? Perché non aveva fatto in modo che tutti quegli anni non andassero sprecati? Infondo lui se ne sarebbe andato. Che ne sapeva poi del dolore che avrebbe lasciato dietro di sé?

- Io…devo andare. – disse d’un tratto sottraendosi velocemente dalla stretta del padre come se la stesse toccando con un ferro ardente – Mi dispiace ma ho bisogno... ho bisogno di pensare. Ci vediamo domani, ok? –

- Nicole, ti prego resta. Io non ho finito di spiegarti cosa…-

- Domani. Mi spiegherai tutto… domani. Io devo andare…devo pensare…- non sapeva neanche lei quello che stava dicendo. Aveva troppe cose per la mente per pensare ad un discorso sensato e lì dentro faceva caldo. Troppo caldo.

Robert la guardò sgranando gli occhi. - Nicole, per favore. Aspetta un attimo. –

- Io devo pensare... ho bisogno d’aria… ci vediamo domani. - farfugliò ancora con la mente annebbiata. Prese la borsa e si diresse di tutta fretta verso l'uscita, scansando le braccia di Camila che tentavano di fermarla. O di abbracciarla?

Corse letteralmente via per la strada, fregandosene della gente che urtava e che le gridava dietro di guardare dove andasse. La giacca gli era scesa sulle spalle e le ostacolava i movimenti, le scarpe alte la facevano barcollare e i capelli scompigliati dal vento le ricoprivano gli occhi non facendole vedere dove mettesse i piedi. Andò a finire contro un uomo e la botta la fece indietreggiare appena. Lui le disse qualcosa con un tono arrabbiato ma lei non riuscì a capire neanche una prola. Riprese a correreor più veloce che potè fino a che, esausta, non si appoggiò ad un muro.
Si sentiva le gambe molli e una fitta lancinante alla milza mischiata alla stretta al petto che avvertiva già a casa del padre. Rivide davanti a sé la faccia di Orlando che le gridava contro, sentiva la mano di Robert stringere la sua e poteva udire perfino i singhiozzi disperati di Charlotte.
Stava per perdere anche Robert. L’ultimo pezzo della sua famiglia stava per andare in frantumi.
Si piegò in avanti appoggiandosi una mano sulla fronte.
Sua sorella che piangeva interrottamente. Suo padre che le diceva di volerle bene.
Ad un tratto sentì la testa pesante e la vista si appannò. Avvertiva delle voci intorno a lei che le parlavano, che la chiamavano, e sentì qualcosa tenerla per le spalle.
“ Mi hanno detto che se avrei fatto delle sedute di radioterapia il tumore poteva ridursi. Però poi i medici hanno scoperto che ho anche delle metastasi al fegato e alla colonna vertebrale.
Vide il viso di un signore che le parlava, ma non capiva cosa le stava dicendo. Poi il buio.
 
 






Nicole era seduta in cucina e girava distrattamente la sua camomilla oramai fredda. L’unico rumore era la lancetta dell’orologio che segnava le 20.00.
Il suo sguardo era perso nel vuoto e nella sua mente passavano lentamente i ricordi della giornata. Il pranzo con suo padre, l’attesa interminabile in ospedale, la faccia del medico che le disse di aver avuto solo una perdita dei sensi dovuta all’eccessivo stress fisico che aveva subito in quel giorno. Le aveva chiesto se doveva avvertire qualcuno per farla venire a prendere. Lei aveva risposto di no, avrebbe preso un taxi. Se avesse avuto mal di testa persistenti, nausee o altre strane sensazioni sarebbe dovuta tornare al pronto soccorso, si raccomandò ancora quel dottore dall'aria severa. Nic aveva annuito ed era uscita dalla struttura tirando un sospiro di sollievo.

Ad un tratto sentì la serratura scattare e la porta si aprì per poi richiudersi poco dopo.

Orlando entrò nel salone e vide la borsa della ragazza sul divano. Per fortuna era a casa. Si diresse furioso verso la stanza da letto. Non c’era. Allora tornò indietro ed andò in cucina.
Stava giusto per sbraitarle contro che era stata una stupida a sparire così per tutto il giorno e le stava per chiedere dove cazzo era stata e perchè non lo aveva chiamato. Le stava per dire che l’aveva cercata per tutto il pomeriggio, che aveva telefonato a tutti quelli che la conoscevano e che nessuno sapeva dove diavolo si era cacciata. Stava appunto per dirle tutto questo quando vide lo sguardo vacuo, i capelli arruffati e un cerotto sull’incavo dell’avambraccio. La vide girare sovrappensiero la camomilla senza prestare attenzione a cosa stava accadendo intorno a lei. Sembrava veramente sconvolta.

Fece qualche passo avanti ma lei sembrava ancora non essersi accorta della sua presenza. - Nicole? – la chiamò incerto. Vedendo che non lo aveva sentito la richiamò, stavolta a voce più alta. Finalmente la vide alzare lo sguardo verso di lui. - Cosa è successo? – disse guardandola preoccupato. Non l’aveva mai vista in quelle condizioni. Sembrava una matta.

Ad un tratto l’espressione vacua e stordita della ragazza si contrasse un una smorfia di dolore, per poi diventare un pianto. Si portò le mani al viso e cominciò a singhiozzare disperatamente nascondendosi dietro le dita. Le sue spalle si alzavano e si abbassavano a ritmo dei suoi singhiozzi.

Orlando sbarrò  gli occhi dalla sorpresa e attraversò la stanzaper andarla ad abbracciare. -Shh… – le disse accarezzandole i capelli e stringendola forte contro di sé – Andiamo non fare così. Se è per via della nostra litigata, non ce n’è bisogno. Già mi è passato tutto era solo un momento di rabbia, non credevo che stesis così male. Non voglio che ti riduca in queste condizioni per me. –

- No…- provò a replicare Nicole contro la sua maglietta.

- Facciamo finta che non sia successo niente e tutto tornerà come prima. – continuò imperterrito l'attore sovrastandola.

- No Orlando…-

- Ti dico di si invece. Davvero la stai facendo più grossa di quanto in realtà non sia, capita che due persone litighino. Vedrai andrà tutto bene. –

- Non è questo. - riuscì finalmente a dire la ragazza staccandosi da lui.

- E cos’è allora? – chiese lui aggrottando la fronte.

- Si tratta di mio padre… sta… sta morendo Orlando! – disse tra i singhiozzi. Si portò una mano alla bocca e pianse in silenzio per qualche istante. - Ha il cancro. Non è curabile. Ha solo... ha solo pochi mesi di vita. -

Il ragazzo non riuscì a fare nient'altro che non fosse starsene lì come un idiota a fissarla con la bocca spalancata.

- Non guarirà.  Orlando lo sto perdendo, proprio come ho perso la mamma. Devo stare lì a guardare mio padre che lentamente si consuma sempre di più. Io… non ce la faccio. Non può chiedermi una cosa simile. Non sono forte abbastanza. –

Orlando la prese di nuovo tra le braccia e la strinse forte cercando in qualche modo di proteggerla da tutto quel dolore. Chiuse gli occhi e premette una guancia sopra alla sua testa restando in silenzio fino a che i singhiozzi di Nicole pian piano non si calmarono e la ragazza riuscì a tornare a respirare regolarmente.

- Io non voglio perderlo – disse Nicole stringendo le braccia attorno al corpo del suo ragazzo ancora più forte.

- Lo so…- fece l'altro dopo un po'.

- Non voglio. Non ce la faccio. – si lagnò ancora lei cercando di mandare giù un groppo alla gola.

Orlando la fece scostare appena per prenderle il viso tra le mani. La costrinse a guardarlo negli occhi e disse - Invece so che ce la farai, Nicole. Sei più forte e coraggiosa di quello che pensi, anzi, sei la persona più coraggiosa che conosco. –

- Non è vero. - rispose lei scuotendo la testa quasi terrorizzata all'idea - Io non posso farlo. –

- Si che puoi. Anzi devi farlo, per tuo padre, per tua sorella, ma soprattutto per te stessa. Fidati, se non andrai da lui e lo lascerai… andare via senza neanche avergli detto tutto quello che vuoi dirgli da sempre, per tutta la tua vita sarai consumata dal rimorso. E non puoi permettertelo. Devi stargli accanto e godertelo finchè puoi. –

Nic scoppiò di nuovo in un pianto disperato. - Io… lo odio. –

- Non è vero. –

- Si, invece. –

- No. Tu gli vuoi bene, è per questo che ora sei a pezzi. Nonostante tutto gli hai sempre voluto bene ed ora devi stargli vicino. Fidati di me Nicole. Dopo avrai tutto il tempo a tua disposizione per piangere, per odiarlo, per sentirti persa e per disperarti. Ma ora goditi tuo padre. Fallo Nicky, o ti perderai la tua ultima occasione. -

La ragazza non riuscì a replicare, e si abbandonò di nuovo sul petto di Orlando.

- Vieni, andiamo a letto. – le disse passando un braccio intorno alla sua vita e l’altro sotto le gambe. La prese in braccio con delicatezza e la portò in camera.

Si tolsero i vestiti e, quando rimasero in intimo, si infilarono insieme sotto le coperte unendo i loro corpi in un unico abbraccio.
Incredibile come tutta la rabbia che l'attore aveva covato durante quella giornata e in quella settimana si era sciolta come neve al sole appena l'aveva vista seduta in cucina in preda alla disperazione. Semplicemente era diventato tutto così futile e sciocco che Orlando non poté fare a meno di chiedersi perché avesse sprecato tutto quel tempo a rodersi dentro per un motivo così stupido. Se solo fosse stato a casa ad aspettarla invece di andare in giro a fare il matto, magari avrebbe potuto consolarla prima. Chissà quanto tempo aveva passato da sola, in quelle condizioni.

- Non sarai da sola, ci sarò io affianco a te. – le sussurrò dandole un bacio sulla testa.

- Ti amo. – rispose semplicemente lei con la voce ancora rotta dal pianto.

- Anche io piccola. -
 





Il giorno dopo lei ed Orlando andarono mano nella mano a casa di Robert. Una volta arrivati davanti all'uscio Nicole si bloccò sentendo di nuovo quella fitta al cuore aumentare spaventosamente dentro al petto. L'attore le diede una piccola strattonata un po' per smuoversa, un po' per ricordarle che non era da sola.
Quando entrarono Camila li informò che Charlotte non era ancora arrivata.

- Ciao papà – disse Nicole entrando nel grande e luminoso salone.

- Ciao Nicole. Orlando, è un piacere rivederti. – disse l'uomo sorridendo al ragazzo.

- Anche per me, Robert. – rispose l'altro sorridendo di rimando. Poi si rivolse a Nicole – Esco un attimo di fuori. Devo fare una telefonata. – le fece uno sguardo d’intesa e sparì dietro la porta.

La ragazza fece un respiro e ricacciò indietro le lacrime. - Io volevo scusarmi con te per come mi sono comportata ieri. – 
disse sedendosi accanto a lui sul divano - Avrei voluto avere una reazione migliore, per te, ma purtroppo è stato tutto così... -

- ... improvviso. - concluse il padre sorridendo dolcemente - Non ce n’è bisogno che ti scusi, è stata una reazione comprensibile. – 

- Ma come fai? – domandò Nicole perdendo per un attimo le staffe – Come fai ad essere così tranquillo? A parlarne come se stessi discutendo del tempo? –

Robert sembrò non essere toccato affatto dal repentimo cambio di tono della figlia e rispose - Questa malattia mi ha fatto riflettere molto, mi ha fatto capire tante cose. Quello che prima reputavo importante mi sono accorto che invece non lo era affatto. I soldi, il potere e la bella vita, non sono le cose per lui vale la pena vivere. I valori fondamentali sono la famiglia, l’amore e la salute, valori che ho sempre trascurato per concentrarmi su quelle sciocchezze. Ed ora che l’ho capito, ora che ho la possibilità di non dico dimenticare tutti gli errori che ho fatto ma perlomeno di farmi perdonare, ora mi sento sereno. –

- Si ma tu te ne stai andando – continuò lei sentendo gli occhi inzupparsi di lacrime.

- Lo so. Ma in fondo ho sempre vissuto sapendo che un giorno sarei morto. Certo, pensavo di vivere un altro po’, ma è il ciclo naturale della vita. E me ne vado sapendo che tu e Charlotte siete in buone mani, accanto a uomini che vi sanno fare felici e che vi sanno proteggere ma soprattutto sapendo che insieme potrete superare tutto questo. Questo è l’importante, il resto non conta. – Come il giorno prima, Robert allungò la mano e strinse quella della figlia – Ora che siamo da soli voglio dirti una cosa Nicole. Io con te non mi sono mai comportato da padre…-

- Non dire così. – lo interruppe Nicole avvertendo una lacrima scendergli giù su una guancia.
 
- E’ così invece, non cerchiamo di negarlo solo perchè sono malato. Se te lo sarei venuto a dire qualche settimana fa' tu mi avresti sbraitato contro di quanto fossi coglione per essermene accorto solo dopo vent'anni. -

La figlia si lasciò scappare una risata sentendo per la prima volta suo padre dire una parolaccia.

- La cosa peggiore è che l’ho sempre saputo, ma non ho mai avuto il coraggio di fare niente per rimediare. So che non è una valida motivazione ma io non ce la facevo. Più crescevi e più diventavi simile ad Elisabeth, ogni volta che mi guardavi negli occhi rivedevo davanti a me la mia amata moglie. Crescendo hai persino acquistato il suo carattere: schietta, testarda, coraggiosa, intelligente. Persino il suono della tua risata è uguale a quello di tua madre. –

- Davvero? – 

- Davvero. Mi ricordo ancora la faccia di Elisabeth quando ti ha preso in braccio appena nata. Quando ha visto i tuoi capelli neri e la tua carnagione leggermente più colorita rispetto alle altre neonate. Si era illuminata, felice che almeno questa figlia avesse ripreso i suoi tratti visto che Charlotte era identica a me. So che non è carino dirlo ma tu eri la sua preferita. Già da piccola si vedeva che eri di un'altra pasta rispetto a tua sorella, eri più sveglia e vispa, già capivi molte cose e i tuoi progressi erano sorprendenti. Tutte le volte ti guardava estasiata e mi ripeteva che tu sicuramente saresti stata sempre un passo avanti a tutti. E così è stato, infatti. Lei vi amava con tutta se stessa. Sono sicuro che in questi anni non avrà fatto altro che odiarmi per come mi sono comportato. –

- Oh papà. – disse crollando a piangere sulla sua spalla – Non dire così, tu non ci hai fatto mai mancare niente. Ci hai fatto avere sempre il meglio e ci hai fatte vivere una bella infanzia. –

- Grazie Nicole, ma questo non cambierà le cose. Vi ho privato della cosa più importante per un bambino: l’amore dei suoi genitori. –

- Ma ce lo stai dando ora, e questo è l’importante. - chiuse per un istante gli occhi prima di pronunciare la frase che non si ricordava mai di aver detto in tutta la sua vita. - Ti voglio bene papà. –

- Anche io tesoro – rispose l'uomo dopo qualche secondo accarezzando la schiena di sua figlia, la sua voce decisamente commossa. Probabilmente anche lui stava pensando alla stessa cosa.

Non le importava del tempo perso, non le importava se aveva dovuto aspettare per venticinque anni quel momento e non le importava per quanto tempo sarebbe durato. Lei era lì, al sicuro tra le braccia di suo padre e tutto il resto non contava. Finalmente lo aveva ritrovato e se lo sarebbe tenuto stretto. Fino alla fine.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

Londra, 21 febbraio 2007

Nicole e Robert passeggiavano sottobraccio per i viali alberati dell’Hyde Park che la ragazza amava tanto. Il medico aveva consigliato all’uomo di andare spesso a camminare, soprattutto in luoghi dove l’aria era sana e pulita. Certo, quel parco non era proprio l’idea che i dottori avevano di “posto salutare lontano dallo smog e dai gas tossici della città” ma visto che Robert non aveva la minima intenzione di lasciare la città per andare in spiaggia o in montagna, quello era sempre meglio di niente.
Dopo aver capito la situazione del padre Charlotte e Nicole decisero di farsi vedere forti, perlomeno davanti a Robert, per non far pesare la situazione ancora di più. Non era facile stare accanto a lui e mostrarsi sempre sorridenti e felici quando invece dentro di loro sentivano lo stomaco contorcersi tutte le volte che guardavano la smorfia di dolore che compariva sul viso dell’uomo quando tossiva, ma dovevano farsi forza e indossare un sorriso di circostanza.
Avevano stabilito dei turni in modo che, alternandosi, potevano stare insieme al padre per assisterlo e tenergli compagnia senza mai lasciarlo solo. Charlotte visto che ora toccava a lei mandare avanti la Leinghton Inc., con grande disappunto di Robert che voleva a tutti i costi tornare a lavoro nonostante le sue condizioni, andava dal padre il pomeriggio. Nicole invece stava con lui la mattina, lasciando il negozio nelle mani fidate di Alice che si era mostrata molto collaborativa e comprensiva verso l’amica.

Tutti i giorni quando tornava a casa, Nic si chiudeva in bagno e scoppiava in lacrime. Dopo un’intera giornata passata a soffrire in silenzio e a trattenere le lacrime che puntualmente venivano a galla occhi ogni volta che guardava in faccia Robert, la sera queste inevitabilmente sgorgavano fuori dai suoi occhi senza controllo.
Orlando faceva di tutto per starle accanto e per darle la forza di cui aveva bisogno, ma non capiva perché Nicole avesse paura di piangere davanti a lui. Sentiva i singhiozzi sommessi della ragazza che provenivano dal bagno e quando lui si avvicinava per chiederle se stava bene lei usciva dalla stanza e gli sorrideva come se niente fosse, chiedendogli cosa voleva per cena.

I giorni passarono con la loro lentezza inesorabile e così arrivò anche il giorno del compleanno di Orlando. I due ragazzi avevano deciso di non festeggiare, vista la situazione, e così l’attore pensò di passarlo a Canterbury con la sua famiglia. Nicole si dimostrò veramente dispiaciuta al riguardo, ma l’attore le disse che andava bene così e che lei in quel momento doveva rimanere accanto a Robert.
Quel giorno, quando la ragazza si svegliò, lo trovò davanti al letto intendo ad infilarsi i pantaloni. Lei gli fece gli auguri e dopo essersi baciati velocemente lui scappò via dicendo che se non si fosse sbrigato avrebbe passato il suo compleanno in mezzo al traffico.
Si rividero solo verso l’ora di cena, quando Nicole entrò dalla porta d’ingresso portando un muffin in mano con sopra una candelina accesa. Nonostante la semplicità di quel gesto, Orlando apprezzò comunque lo sforzo e le andò incontro prendendola in braccio e baciandola felice.

Gennaio lasciò il posto al freddo e piovoso febbraio. La situazione di Robert peggiorò, e così anche l’umore di Nicole. Adesso il padre faceva fatica anche ad alzarsi e quando camminava ogni tanto doveva fermarsi a prendere fiato completamente esausto. Sul suo viso due occhiaie scure occupavano abitualmente il loro posto sotto gli occhi spenti dell’uomo, segno che la notte non riusciva a dormire, e in quel mese perse molto peso. Nicole vedendolo peggiorare di giorno in giorno mentre lei non poteva fare nulla per evitarlo, diventò molto aggressiva e irascibile e a farne le spese era il povero Orlando che, una sera si e una no, si ritrovava a dormire sul divano dopo una sfuriata con la sua fidanzata.
 
 - Possiamo sederci un attimo? – chiese Robert indicando una panchina. Quella mattina, approfittando della bella e rara giornata di sole, erano andati a passeggiare all’Hyde Park.

- Ma certo. – rispose Nicole aiutando il padre a sedersi.

Lui si lasciò accompagnare e una volta seduto sospirò come se avesse fatto chissà quale sforzo. - Sembro un vecchio di ottant’anni. – disse sorridendo amaramente.

- Fregatene di quello che sembri o non sembri. – ribatté la figlia mettendogli una mano sul ginocchio.

- Dovrei essere un po’ come te. Chi ha detto che i genitori non possono imparare nulla dai propri figli? – disse poi facendo sorridere la ragazza – Dovrei proprio imparare ad essere forte come lo sei tu. Sei sempre stata così coraggiosa, sicura di te, molto più di Charlotte. Ti ricordi quando è successa quella cosa con Annabel
Means? –

- No – rispose Nicole incuriosita.

- Tua sorella aveva dieci anni e tu solo sette. In giorno Annabel lanciò un diario addosso a Charlotte solo perché aveva preso un voto più alto del suo, cosa che fece andare la bambina in mille furie visto che le due erano sempre in competizione. Charl si mise a piangere e a ricreazione ti raccontò tutto quello che era successo dicendoti che non sarebbe più voluta tornare a scuola. Tu allora andasti da Annabel e mentre eravate solo tu e lei nel bagno le dicesti che se si sarebbe azzardata a sfiorare di nuovo tua sorella anche solo con un dito, tu glie lo avresti fatto mangiare quel diario. –

Nic scoppiò a ridere e si mise una ciocca di capelli dietro le orecchie. – Non posso credere di aver fatto una cosa del genere. -

- Eccome se lo hai fatto! La scuola mi ha anche chiamato per un colloquio con il preside per questo. – disse poi tornando serio – Sei sempre stata tu a proteggere tua sorella, anche se eri la più piccola. Charlotte era fragile e ha sempre avuto bisogno del tuo aiuto per superare la perdita di vostra madre, anche se non vuole ammetterlo neanche a se stessa. Aveva ragione Elisabeth, tu hai sempre avuto una marcia in più rispetto agli altri. –

- Ma è Charlotte quella laureata, la figlia perfetta che segue le orme del padre e che porta avanti il nome della famiglia, non io. Ricordi? Io sono la ribelle, testarda e cocciuta Nicole. Se le cose sono andate così, evidentemente quella che ha una marcia in più è lei. –

- Non fraintendermi, io amo Charlotte con tutto me stesso ma non posso negare l’evidenza. Lei ha sempre cercato di essere la prima in tutto perché aveva bisogno di essere al centro dell’attenzione, di sentirsi importante e invidiata. Tu invece hai passato la sua stessa situazione ma hai reagito molto meglio di lei. Tu non ti sei messa in competizione, ma sei andata avanti per la tua strada senza contare sull’aiuto di nessuno. Sei stata forte e determinata, proprio come tua madre. –

Nic si mosse agitata sulla panchina, prendendo a giocare con un filo della sua sciarpa di lana bianca. - Posso chiederti una cosa? –

- Certo, dimmi pure –

- Come vi siete conosciuti tu e la mamma? – domandò con un groppo in gola.

In casa loro Elisabeth e la sua morte erano un argomento tabù, solo a nominarli le conversazioni già abbastanza tirate divenivano un completo imbarazzo fatto solo di monosillabi e risposte appena accennate. Per quanto si ricordasse loro non ne avevano mai parlato. Le uniche volte erano quando andavano alla messa per l’anniversario della sua morte, evento che in vent’anni tutta la sua famiglia non aveva mai saltato.

Robert fece una risatina e si appoggiò meglio contro lo schienale della panchina abbandonandosi ai ricordi. - Ci siamo conosciuti ad una festa nel 1969, avevamo entrambi 18 anni. Io l’avevo notata subito, alta, mora e bella, tutti come me le giravano intorno ma lei in quel periodo era fidanzata con un altro ragazzo, un certo Peter. Quella sera mi avvicinai e cominciai a scherzare con lei cercando di attaccare bottone. La sua sicurezza e quei bellissimi occhi azzurri mi fecero andare fuori di testa. Nelle settimane successive andai quasi tutti i giorni ad aspettarla all’uscita della scuola fino a che un giorno Peter mi colpì in faccia con un pugno dicendomi che dovevo stare alla larga dalla sua ragazza e lei si arrabbiò tantissimo. Lo lasciò e non volle più vedere né lui né me. Ma tu lo sai come sono fatto, se voglio una cosa la ottengo, così alla fine riuscii a strapparle un appuntamento e una settimana dopo ci mettemmo assieme. Finimmo l’ultimo anno di liceo e io cominciai a lavorare con mio padre nella Leinghton Inc., che allora non era quella che conosci adesso, lei invece andò a Cambridge dove si laureò cinque anni dopo con il massimo dei voti. In quegli anni che passammo divisi noi litigavamo in continuazione ma abbiamo sempre resistito e siamo rimasti insieme nonostante tutto. Dopo la laurea di Elisabeth andammo a vivere insieme e un anno dopo ci sposammo. Dopo due anni di matrimonio nacque Charlotte e tre anni più tardi nascesti tu. – concluse con un sorriso – In tutti questo tempo non ho mai smesso di amarla. Non ho mai neanche pensato di innamorarmi un’altra donna che non fosse lei. –

Nicole rimase in silenzio ad ascoltare le parole del padre. Eccole lì, le lacrime stavano di nuovo venendo su minacciando di sgorgare fuori come un fiume in piena. - Sai ti invidio. – gli confessò cercando di non far trasparire l’emozione dalla voce - Vorrei vivere anch’io un amore del genere. Non mi fraintendere, amo Orlando, ma non so se lo amerò per tutta la vita come tu hai amato la mamma. –

- Neanch’io all’epoca sapevo che l’avrei amata per tutto questo tempo, neanche quando ci siamo sposati. Non puoi esserne completamente certo, non sai mai come possono cambiare le cose da un giorno all’altro. L’importante è sapere che in quel momento la o lo ami con tutto te stesso. Tu provi questo per lui adesso? –

Nicole ci pensò un attimo fissando un punto indefinito del prato. - Si, ne sono sicura. –

Robert si aprì in un sorriso dolce e spontaneo. - Questa è l’unica cosa che conta. –


- E’ la prima volta che io e te parliamo così apertamente della mamma e dell’amore. – gli fece notare la figlia accoccolandosi sulla sua spalla.

- Stiamo facendo molte prime volte in questi giorni, - rispose il padre battendogli qualche colpetto affettuoso sulla schiena – e direi che era anche ora. Hai venticinque anni e lo so che è un po’ tardi ma ci tenevo a dirti tutte queste cose. Non me lo sarei mai perdonato se me ne fossi andato prima di parlarti di questo. -

Nic approfittando di non essere vista si lasciò scappare una lacrima e l’asciugò velocemente strusciando il viso sul tessuto pesante della giacca di Robert. Oh, quant'era difficile far finta di niente quando dentro di te hai un turbine d'emozioni che ti lascia senza fiato. Fece un sospiro per riassestarsi e si staccò da lui. - Avanti, - disse poi alzandosi dalla panchina – ci siamo riposati abbastanza, dobbiamo continuare il giro. –
 
 




La sera tornò a casa e trovò Orlando che leggeva un libro sdraiato sul letto a pancia in giù. Era talmente concentrato sulla sua lettura che nemmeno si era accorto del suo arrivo.

“L’importante è sapere che in quel momento lo ami con tutto te stesso”

Era sicura di amarlo. Non poteva neanche immaginare di poter affrontare quella situazione senza il suo appoggio, senza trovare la sua faccia sorridente quando apriva la porta di casa o senza le sue battute che la aiutavano a tirarsi su di morale. Era dal loro viaggio a Los Angeles che non passavano una serata tranquilla solo loro due, magari a cena fuori in qualche ristorante carino del centro o a passeggiare mano nella mano per un mercatino. Non erano riusciti a farlo neanche per il suo compleanno.
Si sentì all’istante una pessima fidanzata. Nelle ultime settimane non aveva fatto altro che buttare la sua rabbia e la sua angoscia su di lui, allontanandosi sempre di più e facendolo dormire sul divano solo perché magari al suo ritorno aveva trovato una padella sporca nel lavandino.
L’attore aveva ascoltato pazientemente e senza dire una sola parola la sfuriata di Nicole, che lo accusava di poca collaborazione e di poco interesse nei suoi confronti. Il silenzio che ne ricevette in cambio la fece andare su tutte le furie ancora di più. Così era andata in camera da letto, aveva preso il cuscino su cui di solito dormiva il suo fidanzato, glielo aveva lanciato e si era chiusa a chiave nella stanza.

In tutto questo, non aveva messo in conto il fatto che Orlando usciva tutti i giorni per fare la spesa, non aveva messo in conto che si occupava lui di mantenere in ordine la casa, di fare il bucato e di preparare la cena, tutto senza mai smettere di sorriderle e offrirle una spalla su cui piangere.

“In tutti questi anni non ho mai smesso di amarla. Non ho mai neanche pensato di innamorarmi un’altra donna che non fosse lei.”

Mossa da un impeto d’affetto e di riconoscenza si buttò all’improvviso sul corpo del ragazzo che si contrasse all’istante dallo spavento.

- Nicole! Mi hai fatto prendere un accidente! – esclamò questo chiudendo il libro. Dopo un primo momento di stupore finalmente tornò a rilassarsi e sorrise godendosi
quell’insolita contentezza della ragazza. - Come mai sei così raggiante? –

- Perché mi sono resa conto di quanto sono fortunata ad averti accanto. – rispose con nonchalance alzando le spalle – Cosa stavi leggendo? –

- Bentornata, – disse baciandola e ignorando il tentativo della ragazza per cambiare discorso – finalmente la mia Nicole è tornata a casa. Non ti nego che stavo giusto cominciando a sentirne la mancanza. -

La giovane rise e nascose il viso nell’incavo del suo collo. - Lo so che negli ultimi mesi sono stata intrattabile, distante e acida. Me ne rendo conto e mi dispiace tanto. –

- Non fa niente, è comprensibile. – rispose l’attore accarezzandole i capelli morbidi.

- No, smettila. - lo interruppe Nicole con decisione - Smettila di diferndermi sempre e comunque. Tu non te lo meriti, non ti meriti affatto questo trattamento. Voglio che tu capisca quanto ti sia riconoscente e quanto sei fondamentale, soprattutto adesso. Non ti merito, davvero, e non so cosa ti trattenga ancora qui con me quando potresti avere praticamente chiunque tu voglia, magari qualcuno di meno complicato e contraddittorio. -

Orlando le alzò il viso con sue dita e la guardò teneramente negli occhi con aria di ammirazione. - Io sono esattamente dove voglio essere Nic e non mi interessa di trovare qualcuna meno complicata o meno contraddittoria. Io voglio solo te. -

Nicole si rifugiò nel suo abbraccio e si lasciò andare per qualche minuto accoccolandosi al suo corpo. Come si stava bene lì dentro, avrebbe voluto rimanerci per tutto il giorno chiudendosi in quella stanza per estraniare tutto il mondo all'esterno. - Ti va di andare a cena fuori stasera? – propose poi alzando la testa – Magari potremmo andare in quel ristorante carino dove siamo stati un po’ di tempo fa… come si chiamava? –

- Intendi il Black Jack?

- Si, proprio quello! –

- Dico che è un ottima’idea! Mi vesto e usciamo tra un minuto ok? –

- Si, fai pure. – rispose lei sfiorandogli il naso con la punta del suo.

Un ora e mezza più tardi i due fidanzati stavano cenando a lume di candela in un tavolo appartato nell’elegante e raffinato ristorante dall’aria intima e appartata.

- Vuoi assaggiarne un po’? – chiese Nicole indicando il suo salmone affumicato.

- No, – rispose Orlando guardando la pietanza – lo sai che non vado matto per il pesce. –

- Ma come fa a non piacerti? Non c’è cosa più buona al mondo! – replicò con occhi sognanti la ragazza.

- Parli proprio tu che non ti piace la frittata alle cipolle! –

- Certo che non mi piace! Primo, fa schifo. Secondo, quando hai finito di mangiarla hai un alito che potrebbe uccidere un bue! –

Orlando si fermò lasciando la forchetta sospesa in aria. - Stai dicendo che ho l’alito che potrebbe uccidere un bue? –

- Quando mangi quella frittata si! –

Scoppiarono a ridere insieme. Ad Orlando non gli sembrò vero di essere a cena fuori con Nicole a ridere e scherzare come una coppia normale. Non poteva credere di essersi lasciato alle spalle, anche solo per qualche ora, lo stress delle ultime settimane.
Guardò il viso rilassato di Nicole e si trovò a pensare a quanto fosse bella quando rideva, quando non aveva la testa piena di mille angoscie e preoccupazioni, quando si comportava come una normale donna poco più che ventenne.

Ad un tratto squillò il telefono della ragazza che interruppe quell’atmosfera così serena e rilassata.

Nic guardò la sua borsetta e tornò a mangiare il salmone nel suo piatto facendo finta di nulla.

- Puoi rispondere se vuoi. – le disse l’attore indicando la borsa con la forchetta.

Lei sembrò combattuta sul da farsi, poi sorrise furbamente e si voltò a prendere il telefono nella borsetta. - Ci metterò un secondo, promesso. –

Orlando alzò le sopracciglia e tornò a concentrarsi sulla cena.

Nicole guardò lo schermo del cellulare e vide che la chiamata veniva dal telefono di Robert. - Papà? – rispose ansiosa sentendo già un magone chiuderle la bocca dello stomaco. - Camila cosa è successo? –  La ragazza indurì la mascella senza accorgersi di non star più respirando. - Sto venendo lì. Aspettatemi. – concluse chiudendo la chiamata e alzandosi dal tavolo.

Orlando la stava guardando confuso ma dalle poche parole che le aveva sentito pronunciare e dell’espressione spaventata che aveva subito preso il sopravvento sul suo viso fino a cinque secondi prima sereno e disteso, capì che dovevano lasciare il ristorante e anche di fretta.

- Papà è all’ospedale. – spiegò semplicemente la fidanzata prendendo il giubbotto e la sciarpa dallo schienale della sedia.

- Esci e ferma un taxi, - rispose l’attore cercando il portafogli nella tasca dei suoi pantaloni scuri - io intanto pago il conto. –
 


Il taxi si fermò davanti all’edificio e la ragazza schizzò fuori dallo sportello senza dire nulla al tassista. Entrò nei lunghi corridoi bianchi e cercò con lo sguardo Camila o Charlotte, ma non vide nessuno. Così allora fermò un infermiere e gli disse chi stava cercando. Sentì arrivare Orlando dietro di sé e seguirono l’uomo vestito di blu nelle corsie dell’ospedale che sembravano far parte di un labirinto.
Passarono una porta e si ritrovarono in un altro reparto. Nicole corse da Charlotte, rannicchiava contro il petto di Pierre che le accarezzava una spalla. Camila, poco più distante, si asciugava gli occhi con un fazzoletto.

- Charlotte! Come sta papà? – disse agitata accovacciata davanti a lei.

- E’ ancora dentro, gli stanno facendo una radiografia. Possiamo solo che aspettare – rispose l’altra asciugandosi una lacrima.

Dovevano aspettare. Ancora.
La ragazza si mise seduta sulla panchina di plastica e si nascose il viso tra le mani. Perché doveva essere così difficile? Insomma, aveva trovato una stabilità, un uomo con cui convivere, gli affari andavano anche piuttosto bene, perché doveva capitare adesso? Cosa aveva fatto per meritarsi tutto questo?

Il tempo passava inesorabilemnte lento su quelle panchine scomode in quell'ambiente così sterile e poco ospitale ma dopo dieci minuti la porta bianca che avevano davanti si spalancò e ne uscì un uomo sulla quarantina. - Siete i famigliari del signor Leinghton? – domandò tenendo in mano una cartellina.

- Si. – dissero in coro Nic e Charlotte alzandosi di scatto dalla panchina. - E’ nostro padre – aggiunse la sorella maggiore.

- Ora sta bene, ma dovremo tenerlo in osservazione per qualche giorno. Il tumore si sta allargando e le metastasi sulla colonna vertebrale sono aumentate. Penso che sia il caso di avvertirvi, è possibile che nel giro di poco tempo vostro padre possa perdere l’uso delle gambe. –

Nicole si portò le mani alla bocca e sentì le gambe diventare molli sotto il suo peso. Il grande e forte Robert, quello che da piccole le prendeva tutte e due utilizzando un solo braccio, che aveva due spalle larghe come un armadio, presto sarebbe dovuto andare in giro su una sedia a rotelle.

- Se in questi giorni lo vedrete più affaticato o sonnolente sarà del tutto normale, abbiamo dovuto aumentare il dosaggio degli antidolorifici per cercare di diminuire il dolore. Gli abbiamo prescritto delle nuove pillole che deve prendere due volte al dì per aiutare il fegato visto che questo non funziona come dovrebbe. Per il resto niente sforzi e niente fumo, deve condurre una vita tranquilla. – Visto che le sorelle non riuscivano a rispondere, ma se ne stavano lì impalate a fissare il medico, quest’ultimo guardò Orlando e Pierre come per chiedere se ci fossero altre domande.

- Quando potremo vederlo? – chiese Pierre andando vicino alla moglie.

- Tra qualche minuto gli assegneremo una camera in reparto. Quando si sarà sistemato potrete entrare a salutarlo, ma non potrete trattenervi a lungo. –

- Certo. La ringrazio Dottore. – rispose il ragazzo annuendo.

Camila tirò su col naso e si risedette sulla panchina.

Nicole stette per qualche secondo in piedi nel punto in cui fino a pochi secondi prima stava dialogando con il dottore. Aveva così tanti pensieri che le stavano offuscando la mente che allo stesso tempo non riusciva a riflettere lucidamente. Si sentiva persa e non aveva assolutamente idea di cosa fare. Si voltò verso sua sorella e in un attimo scoppiò a piangere facendo finalmente coinvolgere tutte le sue emozioni in un’unica via di sfogo.

Charlotte la seguì a ruota e si gettò di slancio tra le sue braccia nascondendosi nel suo abbraccio.

Solo quando si ritrovò stretta in quella dimostrazione d'affetto si rese conto di quanto in realtà ne avesse bisogno. - Lo so che tra di noi le cose non sono mai andate bene – singhiozzò la più giovane contro la sua spalla - ma in questo momento ho bisogno di sentirti vicino a me. Non ce la faccio ad affrontare tutto questo da sola. Solo tu puoi capire quello che sto provando ora, perché è quello che provi anche tu. Ho bisogno di mia sorella, la stessa che ho difeso dalle grinfie di Annabel Means e con la quale sono cresciuta superando mille difficoltà. – concluse con un sorriso.

Gli occhi struccati e gonfi della sorella maggiore si sgranarono profondamente colpiti. - Te lo ricordi ancora? – domandò allora con una voce tremante.

- No, veramente no. – confessò Nic con una risata mentre con una mano si asciugò una guancia bagnata - Me l’ha raccontato papà questa mattina. –

- Io invece lo ricordo come se fosse ieri. Mi sono sentita veramente fiera di te, sapevo di avere le spalle coperte sempre e comunque. – Charlotte sciolse il loro abbraccio e le strinse una mano con tutta la sua forza. - Sai che sono una stronza a volte e che sono dannatamente orgogliosa, ma anche io ho bisogno di te e del tuo appoggio. –

Le due ragazze si abbracciarono di nuovo e piansero insieme, non seppero nemmeno dire quanto tempo, l’una sulla spalla dell’altra, tenendosi strette e condividendo quel dolore insopportabile.
 
 
 


Il giorno dopo, Nic entrò nell’ospedale e si diresse verso il corridoio dove si trovava il reparto di suo padre. Stavolta, a differenza della sera prima, conosceva bene la strada. Mentre stava camminando per raggiungere il suo vecchio, incontrò con un grande stupore il viso gentile di Pierre che avanzava in direzione opposta alla sua.

- Ciao. – lo salutò con un sorriso quando si incontrarono.

- Ehi, non ti avevo visto. – rispose lui andandole vicino.

Nicole osservò i suoi vestiti come sempre classici e costosi che gli donavano quell’aria da uomo vissuto che in realtà non gli apparteneva affatto. - Sei appena stato da papà? –

- Si, Charlotte mi ha mandato a vedere come stava visto che lei era in azienda e può passare solo il pomeriggio. Ti va di prendere un caffè insieme? Tanto devo aspettare una decina di minuti, le infermiere lo stanno aiutando a lavarsi e dovevano cambiargli non so cosa. – rispose sorridendo.

- Va bene. – accettò la ragazza tornando indietro sui suoi passi per andare verso il bar dell’ospedale.

Dopo qualche secondo di silenzio, Pierre fu il primo a parlare. – E’ stato bello rivedervi così unite ieri sera, era da molto tempo che non vi vedevo così vicine. -

- E’ vero, e ne sono davvero felice. –

- Anche lei lo è te l’assicuro. Una volta tornati a casa non ha fatto altro che dire quanto gli fosse mancato il rapporto che avevate prima. –

- Anche a me è mancato. Sai io e lei non abbiamo mai avuto un rapporto stretto, ma quando stavamo insieme… stavamo bene. Eravamo sempre sorelle dopotutto.
Poi da quando è successa quella cosa… – disse guardando Pierre con la coda dell’occhio senza avere il coraggio di guardarlo dritto in faccia – quel sottile legame si è spezzato. –

- Lo so e mi dispiace, infondo è anche colpa mia. – ribatté il cognato abbassando lo sguardo sul pavimento bianco e sterile del Mary’s Hospital.

- Tu devi sentirti responsabile solo se questo ha rovinato la vostra relazione. Se il rapporto tra me e Charlotte è cambiato devo sentirmi io dispiaciuta e in colpa, non tu. Infondo non è che tu mi abbia obbligata a fare quello che abbiamo fatto, io ero perfettamente consenziente. –

I due arrivarono al bar, ordinarono le loro consumazioni e si misero a sedere in un tavolo all’angolo della grande sala.

- So’ che non sono nella posizione di chiedertelo ma ho sempre voluto porti questa domanda. – disse Pierre guardandola negli occhi per la prima volta dopo molto tempo e inchiodandola sulla sedia con i suoi che come sempre erano magnetici e profondi. - Lo rifaresti? –

Nicole si prese del tempo per rifletterci iniziando a giovare con la zip del suo giacchetto di pelle nero. - Non so. Da una parte no, così ci sarebbero stati molti meno casini e soprattutto avremmo potuto evitare di far soffrire una persona che entrambi amiamo con tutto il cuore. Dall’altra si, infondo se sono come sono ora è anche grazie a quell’episodio e non vorrei cambiare il mio passato per niente al mondo. Può anche essere stato difficile e doloroso, ma mi ha portato ad essere quella che sono ora. – rispose infine alzando le spalle – E tu? Lo rifaresti? –

- Si. – rispose semplicemente il ragazzo senza interrompere il loro contatto visivo – Lo rifarei. –

Nicole aveva paura di domandare il perché di quell’affermazione, così non glie lo chiese preferendo di restare in dubbio piuttosto che ricevere una risposta che non voleva sentire. Ora che si stava riavvicinando a Charlotte non era il caso di inoltrarsi in discorsi pericolosi con il marito della sorella.

- Allora? Come va il lavoro? – chiese Nicole per sviare il discorso.

Lui sorrise del repentino e banale cambio d’argomento della cognata e cominciò a raccontare dei nuovi progetti che stava per iniziare, di quelli che aveva finito e di quello al quale stava lavorando. Pierre era un architetto e lavorava per una grande azienda da ormai qualche anno.
La ragazza, però, non lo stava ascoltando.
Mentre vedeva lo guardava spiegare dettagliatamente quello che tanto amava fare, le rivenne in mente il suo viso che la guardava con intensità dieci anni prima. Rivide il suo sorriso quando insieme uscivano dalle feste organizzate da Robert per bere e per fumare. Era stato lui il primo a farle fare uno spinello, era stato lui il primo ad accompagnarla a casa dopo la sua prima sbronza ed era stato lui il primo con cui aveva fatto l’amore. Si ricordò dei pomeriggi interi passati a chiacchierare sul dondolo nel giardino mentre Charlotte era con il padre a qualche importante colloquio, oppure la vacanza che avevano passato insieme a Maiorca nella casa di famiglia dove, quando la ragazza era piccola, passava ogni estate. Tutte le mattine lei e Pierre si alzavano all’alba e silenziosamente si avviavano verso Cala Mesquida, una della spiagge più belle dell’isola, e restavano lì seduti sulla sabbia bianca e fina ad ammirare i splendidi colori emanati dalla luce del sole a quell’ora.
Nicole aveva sedici anni e Pierre ne aveva ventuno. Era proprio l’età e la sua maturità che rendevano il ragazzo così attraente agli occhi della ragazzina.
La scena cambiò.
Rivide il volto di Pierre mentre la baciava con trasporto, illuminato solo dal bagliore della luce fioca della televisione. Il corpo che si muoveva sopra di lei mentre con le mani le accarezzava i fianchi e le cosce. Riprovò il senso di colpa nei confronti di Charlotte che si mescolava al piacere che sentiva dentro di sé.

Sorrise e scosse la testa per tornare con la mente al presente. Quello era il passato e sarebbe rimasto dietro di sé, non avrebbe permesso di farlo tornare rovinando le basi del nuovo rapporto che lei e la sorella stavano costruendo. Così ritornò a prestare attenzione alla discussione che stava avendo con Pierre e gli fece delle domande giusto per fargli capire che era interessata, poi si scusò con lui e si avviò verso la stanza di suo padre lasciandosi alle spalle ogni traccia e ricordo della vecchia Nicole.

Si così era decisamente meglio, l’unica direzione che la sua vita avrebbe preso sarebbe stata quella che la portava verso la sua famiglia, quella che finalmente aveva ritrovato.
 
 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***




CAPITOLO 17


Londra, 28 maggio 2007

L’inverno era passato e la primavera aveva portato con sé un po’ della sua energia e felicità. A quanto pareva, però, l’inverno sembrava essersi portato via anche la tranquillità di Nicole che, negli ultimi mesi, era diventata ancora più isterica di prima.

Come i medici avevano previsto, Robert verso la metà di marzo perse pian piano l’utilizzo delle gambe e, dopo aver abbandonato definitivamente il suo bastone, aveva accettato con riluttanza l’idea di passare i suoi ultimi giorni su una sedia a rotelle. Suo padre cominciò anche ad avere difficoltà nel parlare così fu costretto al dire il minimo e indispensabile. Come Nicole lo aveva sentito dire ad un medico durante una visita di controllo, ogni volta che pronunciava una parola era come se sentisse un coltello rigirarsi nel petto. Aveva perso anche la voglia di mangiare ed aveva iniziato a dimagrire a vista d’occhio. La fede, che Robert non aveva mai smesso di portare, gli stava troppo larga a causa del peso che aveva perso, così come il suo orologio e i soliti pantaloni che indossava. Del corpo forte e robusto che la ragazza ricordava il padre avesse sempre avuto, ora non ce ne era più traccia.
Vedere Robert così fragile e vulnerabile aveva smosso un qualcosa dentro Nicole, non sapeva precisamente cosa, ma non riusciva ad accettare quel cambiamento radicale. Quando era piccola credeva che suo padre sarebbe morto come un supereroe, salvando una città dall’invasione aliena che minacciava di distruggere la Terra, salvando una donna che stava per essere investita da un camion, insomma in una impresa eroica, e tutti quanti lo avrebbero ricordato con onore e solennità.
Invece ora lo stava vedendo morire lentamente, si stava spengendo come una candela: pian piano la cera si stava sciogliendo e, si sa, quando la cera finisce la candela si spegne. Ma quanto ci avrebbe messo?
La malattia si era portata via tutto: la sua energia, la sua determinatezza, il suo carattere, la sua voglia di andare avanti e di progettare le cose come al suo solito, le sue amate sigarette e, soprattutto, stava portando via anche la sua vita.
 
Orlando, dopo cinque mesi di continuo stress, continuava a giustificare la sua fidanzata dicendo che era normale reagire così quando una persona deve veder morire suo padre, ma un giorno anche lui arrivò al limite della sopportazione e sbottò.
Fu il giorno prima della sua partenza per Tokyo, dove tutto il cast de “I Pirati dei Caraibi” doveva andare per prendere parte alla prima mondiale del film. Mentre stava finendo di fare le valigie, Nicole lo stava guardando dalla soia della porta con aria diffidente borbottando di tanto in tanto di quanto fosse egoista e stupido solo a pensare di poterla lasciare da sola in quel momento. Cosa gli era saltato in testa? Lei non loi avrebbe mai fatto se ci fosse stato lui al suo posto. Lei non lo avrebbe mai lasciato per volare dall’altra parte del mondo.
L’attore non ce la fece più a sopportare il carattere irascibile e insopportabile che la ragazza aveva da mesi e mesi, così, anche se sapeva che era sbagliato e ingiusto, le vomitò addosso tutto quello che avrebbe voluto dirgli in questi mesi e finirono per litigare pesantemente. La mattina seguente, dopo aver passato la notte sul divano, Orlando prese le valigie e se ne andò senza dire una parola. La sera, quando il ragazzo la chiamò per avvertirla di essere atterrato, si chiesero scusa a vicenda e si promisero di essere più comprensibili verso la situazione dell’altro.
Quando Orlando tornò dal Giappone, Nicole lo stava aspettando con ansia e, per la prima volta dopo tanto tempo, fecero l’amore con passione. Così le giornate ripresero il loro naturale percorso e i due cercarono di essere più calmi e aperti al confronto per non rischiare di litigare ancora.
 
 
Quella mattina Nicole andò a casa del padre e lo trovò in giardino, come sempre da quando erano iniziate le belle giornate, seduto sulla sua poltrona preferita mentre si godeva una bellissima giornata di sole. Come da manuale aveva appoggiato il suo adorato libro di poesie sul tavolino basso di legno e stava aspettando la figlia perché glielo leggesse. Il libro preferito di Robert era di un famoso scrittore inglese dei primi anni del'900, Joseph Rudyard Kipling. Un genio, secondo il padre.

- Ciao papà. – lo salutò Nicole sedendosi sulla sedia di vimini accanto alla sua poltrona.

Lui alzò hli occhi all'improvviso, come se non si aspettasse minimamente di vederla lì a quell'ora, e poi lentamente si allargò in un sorriso radioso. - Ciao tesoro. – Era più pallido e stanco del solito quel giorno.

- Come ti senti? – domandò la figlia studiandolo con apprensione.

Robert sospirò e fece morire appena il suo sorriso. - Stanco –

Nicole fece finta di non aver notato il suo repentino cambio d'umore. - Allora, cominciamo subito con le poesie? – domandò poi prendendo il libro dal tavolo e fingendo come al solito di essere raggiante nonostante il suo evidente e progressivo peggioramento.

- Si. Oggi voglio dedicartene una in particolare. E’ a pagina 218. –

Nic lo guardò stupita e si sbrigò ad andare alla pagina da lui indicata inumidendosi l'indice con la punta della lingua. - “Se”? – chiese leggendo il titolo della poesia.

- Si, è proprio quella. Ho sempre voluto fartela leggere. 
 In qualche modo esprime tutto quello che avrei voluto e dovuto insegnarti in questi anni e sono sicuro che ti aiuterà nei momenti in cui sarai in dubbio, con me l’ha fatto. Quando un giorno me ne sarò andato e ti sentirai persa, rileggitela, così è come se ti fossi sempre vicino. –

Nel sentir pronunciare quelle parole, lo stomaco della ragazza si contrasse dolorosamente. “Quando un giorno me ne sarò andato” . Non poteva ancora accettare una cosa simile.
Ricacciò indietro le lacrime con un sospiro e iniziò a leggere la poesia. –“Se riesci a tenere la testa a posto quando tutti intorno a te l'hanno persa e danno la colpa a te.
Se puoi avere fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te, ma prendi in considerazione anche i loro dubbi.
Se sai aspettare senza stancarti dell'attesa, oessendo calunniato, non ricambiare con calunnie, o essendo odiato, non dare spazio all'odio, senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo da saggio.
Se puoi sognare, senza fare dei sogni i tuoi padroni.
Se puoi pensare, senza fare dei pensieri il tuo scopo.
Se sai incontrarti con il Successo e la Sconfitta e trattare questi due impostori allo stesso modo.
Se riesci a sopportare di sentire la verità che hai detto, distorta da imbroglioni che ne fanno una trappola per gli ingenui, o guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte, e piegarti a ricostruirle con strumenti usurati.
Se puoi fare un solo mucchio di tutte le tue fortune e rischiarlo in un unico lancio di una monetina, perdere, e ricominciare daccapo senza mai fiatare una parola sulla tua perdita.
Se sai costringere il tuo cuore, nervi, e polsi a sorreggerti anche quando sono esausti, e così resistere quando in te non c'è più nulla tranne la volontà che dice loro: Resistete!
Se riesci a parlare alle folle e conservare la tua virtù, o passeggiare con i Re, senza perdere il contatto con la gente comune.
Se non possono ferirti né i nemici né gli amici affettuosi,
Se per te ogni persona conta, ma nessuno troppo.
Se riesci a riempire ogni inesorabile minuto dando valore a ognuno dei sessanta secondi,
Tua è la Terra e tutto ciò che contiene,
E, cosa più importante, sarai un Uomo, figlio mio!” –  


Quando ebbe terminato la poesia, Nicole alzò lo sguardo commosso dal libro e guardò il padre.

- Magari cambia l’ultima frase mettendola al femminile, ma in sostanza è quello che voglio dirti sulla vita: tieni duro, resta sempre te stessa, goditi ogni minuto, sogna e progetta ma rimanendo sempre con i piedi per terra, sii sempre pronta a metterti in gioco e a ricominciare daccapo se perdi tutto quanto. Sono tutte lezioni di vita che ho dovuto imparare a mie spese perché non ho avuto nessuno che me le dicesse quando ero giovane. Ora, anche se so che hai venticinque anni e che magari è un po’ tardi, io voglio dirle a te. Sono cose davvero importanti. – le disse guardandola negli occhi.

Nicole mise da parte il libro e abbracciò forte l’uomo davanti a lei. - Grazie papà. Ti voglio bene. -

Robert ricambiò stancamente la dimostrazione d’affetto - Te ne voglio anche io, tanto. -  aspettò che si staccarono per parlare di nuovo. - Ora mi puoi leggere le poesie dal punto in cui ci siamo fermati ieri? – disse appoggiando la testa allo schienale della poltrona e chiudendo gli occhi, come faceva sempre. Diceva che ascoltare le poesie ad occhi chiusi lo aiutava a capirne meglio il senso.

- Va bene. – acconsentì l’altra asciugandosi con un dito la lacrima che le era scappata da un occhio. Sfogliò le pagine fino ad arrivare a quella che il padre le aveva chiesto e cominciò a leggere le poesie lentamente e scandendo bene le parole, come piaceva a Robert. Cercò di intonare le frasi meglio che poté, come se le stesse recitando.

Aveva ragione suo padre, quell’uomo era un genio. Sapeva cogliere il senso delle cose, anche quello più profondo o difficile e riusciva a trasformarlo in poesia. Le sue frasi creavano una melodia deliziosa e si intersecavano tra di loro come in una danza perfetta.
Non seppe dire per quanto tempo rimase lì seduta a leggere ad alta voce, alzando di tanto in tanto lo sguardo per vedere se il padre la stava ascoltando. Quando si sentì la gola secca guardò Robert e, vedendo che non aveva ancora iniziato a lamentarsi dell’improvvisa interruzione, Nicole capì che si era addormentato. Chiuse il libro, lo appoggiò sul tavolino e si avviò verso casa. Andò in cucina e chiese a Igor, dopo essere stata travolta da uno degli abbracci travolgenti dell’omone che odorava come al solito di cucinato, un bicchiere di tè ghiacciato.
Trangugiò assetata la bevanda, ringraziò il cuoco e cominciarono a chiacchierare, proprio come facevano di solito quando Nicole abitava ancora in quella casa e senza neanche accorgersene passarono quaranta minuti.
Dopo essere uscita dalla cucina tornò in giardino e vide che suo padre stava ancora dormendo. La ragazza preferì non disturbarlo e aspettò che arrivasse Charlotte per darsi il cambio e poter tornare a casa da Orlando. Quel giorno le era mancato davvero tanto. Voleva tornare a casa loro, baciarlo e raccontargli delle belle cose che gli aveva detto il padre, descrivendogli la sensazione di gioia e calore che le aveva avvolto il cuore e che non aveva mai provato prima. Chi lo avrebbe mai detto che il rigido e composto Robert Leinghton si sarebbe rivelato un padre così affettuoso e dolce?

- Nic. – disse Charlotte entrando nel salone e interrompendo i pensieri della sorella.

L'altra la guardò sorridendo. - Charl, ciao! –

La sorella maggiore posò la borsa e il cappotto su una sedia e domandò ravvivandosi i capelli - Dov’è papà? –

- E’ fuori. Mentre gli leggevo il libro si è addormentato e non volevo svegliarlo. Oggi sembrava particolarmente stanco. –

Charlotte annuì distrattamente.

- Tutto bene Char? - le chiese la sorella piegando la testa da un lato - Ti vedo strana. -

- No, sto bene. E' solo che in questo periodo è tutto così... difficile. -

Nicole le prese una mano e la strinse forte tra le sue. - Lo è per un po' tutti. -

Lei sorrise debolmente e si diresse verso la porta-finestra. - Vado a salutarlo. –

- Si, vengo anche io, sto andando via. –

Le sorelle scesero dalla veranda e camminarono sul prato perfettamente tagliato fino a raggiungere il gazebo sotto il quale dormiva il padre. Seduto sulla sua poltrona, con la bocca aperta e nella sua posizione rilassata era davvero buffo. Le due repressero a stento una risata e si guardarono complici.

- Papà? – lo chiamò dolcemente la figlia maggiore mettendogli una mano sulla spalla, la sua voce però era ancora divertita.

Robert parve non sentirla.

- Papà? – ripeté lei scuotendolo con delicatezza.

Niente, era profondamente addormentato e non dava nessun segno di sentire la voce della figlia che lo chiamava.
Nessun segno di vita.

Nicole rimase immobile e all’istante gli occhi gli si riempirono di lacrime. Si portò una mano alla bocca e aprì le labbra senza emettere alcun suono. 

- Papà? Mi senti? Rispondimi. Papà? – stavolta la voce di Charlotte era preoccupata, ansiosa. Probabilmente i suoi pensieri avevano preso lo stesso corso di quelli dell’altra.

Nicole cominciò a piangere in silenzio e si lasciò cadere in ginocchio accanto alla poltrona beige. Un senso di nausea e di confusione si insinuarono dentro di lei. Era un sogno. Non poteva essere vero. Ora si sarebbe svegliata e avrebbe capito che si trattava solo di un orribile e stupido incubo. Doveva essere così, per forza. Non poteva essersene andato così, di punto in bianco.

- NO! Papà no, ti prego. Non ora! Papà! Rispondimi, ti supplico, Papà! PAPA’! – il pianto di Charlotte era straziante. Nicole avrebbe voluto tapparsi le orecchie per non sentirlo più.

La ragazza rivide il viso sorridente del padre mentre raccontava del primo incontro con Elisabeth, rivide la sua grande mano che si posava sulla sua, rivide la sua espressione stanca quando era in ospedale dopo la sua crisi, lo rivide da giovane mentre piangeva disperato dopo la scoperta della morte della moglie, rivide le sue sopracciglia aggrottate quando Orlando lo aveva battuto per la prima volta a scarabeo in quella domenica pomeriggio di fine marzo, rivide la sua faccia orgogliosa mentre guardava sua figlia che si sposava.

Charlotte continuava a chiamare il padre senza ottenere risposta ma non si dava per vinta, quasi sperando che stesse scherzando. Nicole le tolse di forza la mano dalla spalla del padre e le bloccò entrambe le braccia stringendola a sé. Lei continuava a dimenarsi ma dopo qualche secondo demorse e si abbandonò contro la sorella.

Lui se ne era andato.
 
 
 

Londra, 30 maggio 2007

Nicole stringeva il braccio della sorella mentre guardava la lapide che aveva di fronte a sé con uno sguardo vacuo.

Robert Eric Leinghton
1951 – 2007


Robert sorrideva posato all’obiettivo, stretto nel suo smoking nero firmato Armani. Quella foto era stata scattata il giorno del matrimonio di Charlotte, a Parigi, quando ancora non sapevano a cosa sarebbero andati incontro. Quando ancora non si erano ritrovati. Quando ancora non sapevano cosa voleva dire unirsi in un unico abbraccio e affrontare insieme quello che la vita gli avrebbe riservato.
Come aveva espresso il padre, lo avevano sotterrato accanto alla moglie così sarebbero stati insieme per sempre. Sia in vita che in morte.  Finalmente Robert aveva potuto raggiungerla e si erano potuti ricongiungere dopo più di vent’anni di separazione.

Nicole voltò lo sguardo e osservò la foto della meravigliosa donna che le somigliava tanto.

Elisabeth Victoria Leinghton
1951 - 1985


Un’altra calda lacrime le solcò una guancia andando a sparire nella scollatura dell’elegante vestito nero che aveva scelto di indossare quella mattina. La mano di Orlando andò a cercare la sua e la strinse forte facendole sentire la sua presenza.
Dio, non ce l’avrebbe mai fatta ad affrontare tutto quello senza di lui. Non sapeva immaginarsi senza lui al suo fianco che la sosteneva e le stava accanto come aveva promesso di fare mesi prima, il giorno che avevano scoperto della malattia di Robert.

Gli invitati alla cerimonia oramai se ne erano tutti andati. Ci avevano pensato Pierre e Orlando a raccogliere tutte le condoglianze e i fiori che le persone volevano rivolgere alle due ragazze. Liquidarono le strette di mano e gli abbracci commossi dicendo che avrebbero riferito tutto quanto a Charlotte e Nicole, dicendo che ancora non erano pronte per affrontare decine e decine di sguardi tristi e frasi di circostanza.

Per tutta la durata del rito Nicole quasi non aveva pianto. Aveva esaurito le lacrime quando si era ritrovata di fronte alla salma del padre, quando si era ritrovata ad abbracciare una disperata Charlotte che non riusciva quasi a respirare tanto erano forti i suoi singhiozzi, quando era tornata a casa distrutta e aveva detto a Orlando che Robert era morto, quando si era ritrovata ad organizzare il suo funerale, quando aveva ricevuto la chiamata del notaio che la voleva vedere per la lettura del testamento.
Era preparata a questo. Sapeva perfettamente che nel giro di pochi mesi avrebbe dovuto affrontare tutto ciò ma dal pensarlo al viverlo era tutta un’altra cosa. Non avrebbe mai potuto sapere del dolore che avrebbe provato, non avrebbe mai potuto immaginare della sensazione di vuoto che si era creata dentro di lei dopo la perdita, non avrebbe mai potuto immaginare di come le sarebbe mancato suo padre e il suo sorriso.
Sapere che lui era lì, pronto a dire la cosa giusta al momento giusto, che l’avrebbe stretta nel suo forte e confortante abbraccio, che l’avrebbe guardata con quei due occhi profondi e penetranti. Come avrebbe fatto senza tutto ciò?

Abbandonò la testa sulla spalla del suo fidanzato e strinse forte il braccio di Charlotte. Pierre, poco più in là, guardava addolorato le due sorelle e baciava i capelli di sua moglie.
Quello era cosa le era rimasto della sua famiglia: Orlando, sua sorella e suo cognato. Sapeva che avrebbe sempre potuto contare su di loro. In qualche modo quella perdita, il doversi consolare a vicenda e il dover collaborare per affrontare la situazione, li aveva legati ancora di più. Tra di loro si era creato un legame speciale, si erano appoggiati l’uno a l’altra non per rimanere in equilibrio ed evitare di cadere, ma per cadere insieme, come se fossero un tutt’uno, come una vera famiglia.

Nicole ne era sicura, da qualche parte, lassù nel cielo, Elisabeth e Robert li stavano guardando con gli occhi pieni d’amore. Con gli occhi di due genitori che si sono finalmente riuniti e che guardano le loro figlie, e i loro rispettivi compagni, consapevoli di aver fatto il possibile per dargli un futuro migliore del loro, nonostante tutto.
Poteva quasi sentire su di se i loro sguardi d’approvazione e di felicità. Non si era mai sentita così tanto vicina a loro, neanche quando erano in vita.
L’unica cosa che in qualche modo la consolava da quell’immenso dolore era sapere che Robert aveva vissuto la sua vita a pieno, senza farsi mancare nulla, dall’amore alla famiglia, dal denaro alle soddisfazioni e alle relative sconfitte. Certo magari aveva anche qualche rimpianto ma era sicura che non avrebbe cambiato mai niente del suo passato visto che tutto quello l’aveva portato a costruire la vita che aveva sempre sognato. In fondo anche lui era un Leinghton, e i Leinghton ne escono sempre vittoriosi.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


CAPITOLO 18

Londra, 5 giugno 2007

- Salve signorine Leinghton, vorrei innanzitutto porgervi le mie più sentite condoglianze per la vostra recente perdita. – disse con tono di circostanza il signor Kevin Slade, il loro notaio.

L’uomo grassoccio e stempiato sedeva di fronte alle due sorelle nel suo elegante studio di Chelsea. Nella piccola stanza, arredata con mobili antichi e tutti rigorosamente di pelle marrone, c’era un aria di compostezza e serietà tipica dei studi notarili. Sulle pareti bianche erano stati appesi attestati e certificati di vario genere e il parquet chiaro sembrava immacolato. Naturalmente quell’ambiente era troppo austero per risultare accogliente.

Nicole e Charlotte sorrisero debolmente e si mossero agitate sulla sedia.

Slade si asciugò con un fazzoletto la fronte imperlata di sudore e tirò fuori un fascicolo dal cassetto della scrivania. - Come già vi ha riferito la mia segretaria qualche giorno fa, siete state convocate qui per la lettura del testamento. Il signor Robert ha voluto intestare le sue proprietà solamente a voi due. –

Le due sorelle annuirono quasi infastidite da quell’ultima specificazione. Certo che erano le uniche intestatarie, Robert non aveva nessun altro a cui poter anche solamente pensare di poter donare i suoi averi. La più giovane delle due sospirò infastidita e represse l'istinto di alzarsi da quella maledetta poltrona per correre a casa a gambe levate. Non era ancora pronta a tutto questo, voleva solamente rientrare nel letto che aveva abbandonato svogliatamente quella mattina dopo averci passato dentro la maggior parte degli ultimi giorni.
Charlotte allungò una mano e strinse quella della sorella guardandola in modo comprensivo.

Il notaio inforcò i suoi occhiali rotondi vecchio modello, prese un foglio dal fascicolo e cominciò a leggere – Io sottoscritto Robert Eric Leinghton nato il 28 ottobre 1951 a Cardiff, Inghilterra, nel pieno possesso delle mie facoltà lascio a mia figlia Charlotte Rose Leinghton la mia casa di proprietà a Cardiff e il 50% della Leinghton Inc. Alla mia secondogenita Nicole Isabel Leinghton lascio la casa di famiglia nell’isola di Maiorca e il restante 50% dell’azienda già nominata. Per le mie proprietà a Primrose Hill, dispongo che, dopo la mia morte, esse siano vendute per poi donare il ricavato all’Associazione per la ricerca conto il Cancro. Nomino come esecutrici del testamento le mie due figlie, che dovranno provvedere alla vendita dell’immobile. In fede. Robert Eric Leinghton. –

Quando ebbe finito di leggere le parole scritte dal padre, il signor Slade guardò in silenzio le due ragazze che lo fissavano con sguardo vacuo. Attese per qualche secondo una loro risposta che però non arrivò. Quindi prese il foglio e lo ripose accuratamente al suo posto.

Nicole e Charlotte si guardarono confuse per poi tornarono a fissare l’uomo che gli sedeva davanti.

- Non… non c’è scritto nient’altro? – domandò insicura Charlotte sporgendosi istintivamente in avanti.

- No, ma c’è un’altra cosa in effetti. - rispose lui prendendo a cercare qualcosa in un altro dei suoi cassetti. Una volta trovato si raddrizzò sulla sedia e allungò due buste bianche sulla scrivania - Vostro padre mi ha lasciato due lettere, una per ciascuna di voi. Voleva che le leggeste una volta uscite dal mio ufficio. –

Nicole fissò incerta la busta e poi, dopo un attimo di ulteriore confusione, la prese e la mise in borsa.

- Posso farle una domanda? – chiese Charlotte assumendo la stessa espressione stupita della sorella.

- Certo. Dica pure. –

- Quanto tempo fa nostro padre è venuto a modificare il suo testamento? –

- Qualche mese fa. –

Charlotte annuì e perse il suo sguardo nel nulla.

- Se non avete altre domande direi che questo è tutto. – disse Slade a disagio battendo le mani sulla scrivania.

Le due sorelle si alzarono, strinsero la mano grassoccia dell’uomo e, dopo aver svolto tutte le faccende burocratiche di rito, uscirono dalla stanza ticchettando sulle loro scarpe eleganti appositamente indossate per l'incontro.


Quando furono nell’ascensore per dirigersi verso l’uscita, fu Charlotte a parlare per prima. - Papà vuole vendere la casa dove ha abitato e dove ci ha fatto crescere? Non posso crederci. Era troppo attaccato a quell'immobile e non avrei mai creduto che lo volesse cedere un giorno. –

La sorella minore si strinse nelle spalle appoggiandosi sulla parete fredda. Aveva un malditesta assurdo e non vedeva l'ora di togliersi quelle maledette scarpe. Chi glielo aveva fatto fare ad indossarle? - Anche io sono rimasta stupita, ma queste sono state le sue volontà Charl, dobbiamo rispettarle. –

- E come faremo con l’azienda? Ora siamo entrambe proprietarie al 50%. – continuò l'altra ragionando ad alta voce.

- Non lo so. – sospirò seccamente Nicole sentendo lo stress e la confusione prendere il sopravvento - Non so perché l’ha lasciata anche a me. Insomma, lo sapeva che io non ho mai voluto lavorare nella Leinghton Inc. ed ora, anche volendo, non saprei proprio dove mettermi le mani. Non riesco a capire perché l’ha fatto. Mi sembrava scontato che l’azienda sarebbe andata a te. –

Insieme attesero che le porte dell’ascensore si aprissero per avviarsi insieme verso il grande portone di legno. 
Una volta uscita sul marciapiede di una delle vie principali di Chelsea, Nicole si infilò i suoi occhiali da sole a specchio per coprire i suoi occhi rossi di pianto. Charlotte accanto a lei sembrava camminare senza nemmeno sapere dove si stessero dirigendo e per un breve istante la sorella ebbe paura di vederla sbottare a piangere da un momento all'altro.

- Ora come ora non riesco a pensare a niente. - confessò Nic stringendosi nel suo giacchetto scuro a doppiopetto che le arrivava fino a sopra il ginocchio - Ho bisogno di tempo per riflettere e per… realizzare tutto questo. Riesco a stento a ricordare che papà non c’è più. Tutte le mattine mi alzo con il pensiero che sto facendo tardi e che lui mi sta aspettando sulla sua poltrona preferita. -

- Ti capisco perfettamente e credo che sia normale. - rispose Charlotte guardando seria di fronte a sé.

Le due camminarono per qualche minuto senza dire nulla, avvolte solamente dal rumore della città che si muoveva intorno a loro. Ora che non desiderava altro che tranquillità, Nicole trovò insopportabile la frenesia e la fretta delle persone che camminavano sul marciapiede incuranti di lei e del suo dolore. Era quasi surreale vedere come la vita degli altri andava avanti inesorabilmente anche se la sua sembrava essersi arrestata.

- Alla vendita della casa a Primrose Hill posso pensarci io. – disse la maggiore spezzando il silenzio e sembrando aver recuperato un po’ di lucidità - Pierre conosce il direttore di un’agenzia immobiliare, è un suo caro amico. Parlerò con lui e gli dirò di venderla con attenzione, non voglio che ci vadano ad abitare degli scapestrati che la rovinino o che la demoliscano. Mi assicurerò che la casa venga lasciata intatta, così com’è. –

- Hai ragione. Quella casa contiene troppi ricordi e non ce la farei mai a passarci davanti tra, non so’, dieci anni e vederla completamente ricostruita, soprattutto se i nuovi inquilini la faranno diventare una di quelle ville ultramoderne dai colori pastello che papà odiava con tutto sé stesso. -

Charlotte sorrise all’improvviso e si passò una mano tra i suoi lunghi capelli biondi.

- Perché ridi? – domandò Nicole guardandola interrogativa.

- Stavo solo pensando che è una cosa da non crederci. Papà ci faceva dannare in vita ed ora anche da morto. – rispose l’altra sorridendo malinconica.
 
 
 
 
 


Orlando, qualche ora più tardi, osservò Nicole con infinita dolcezza standosene appoggiato sul bancone della loro cucina mentre la ascoltava raccontare del testamento. I suoi capelli erano scompigliati come al solito ma li aveva lasciati sciolti e ribelli. I suoi occhi guizzavano attenti seguendo ogni movimento della sua fidanzata mentre la osservava muoversi abilmente nella cucina. Quell'attività, negli ultimi giorni, sembrava l'unica cosa che la faceva rilassare, forse perchè la faceva concentrare su qualcos'altro che non fosse il suo dolore. Il tutto, comunque, era decisamente nuovo per l'attore che di rado la vedeva sperimentare nuove ricette.

- Non so, sono così insicura. E se non fossi all’altezza? – chiese Nic tagliando le carote sul tagliere.

- Tesoro, Robert non era uno stupido. Se ha lasciato l’azienda anche a te significa che lo sapeva che ce l’avresti fatta. – disse l’attore appoggiandosi su un gomito.

La ragazza si asciugò una lacrima con la manica del suo maglioncino grigio scuro. - E’ che… non voglio deluderlo. –

Orlando la raggiunse in un baleno, la prese per le spalle e le alzò il viso in  modo da poterla guardare negli occhi. – Ascoltami. Tu non lo deluderai, ok? Lui sarà fiero di te qualunque cosa farai perché è sicuro che ogni tua scelta sarà quella più giusta per te. Se non te la senti di assumerti una tale responsabilità, vendi la tua parte e Charlotte e tiratene fuori. Ma sei davvero sicura che a parlare non sia solamente la paura? Te lo ripeto, Robert non era uno stupido e se ha pensato che questo era il futuro che voleva per la sua azienda vuol dire che è davvero la cosa più giusta da fare. E sai perché? Perché lo sapeva che insieme siete una bomba, che tu e tua sorella siete perfette. Voi due vi completate e sono sicuro che fareste arrivare l’azienda ancora più in alto di dov’è ora. –

Nicole scoppiò in lacrime, abbandonò il coltello sul bancone e si rifugiò nell’abbraccio del fidanzato. - Mi manca tanto. –

Lui le accarezzò i capelli e la strinse ancora più forte. - Lo so, è normale. Era una persona importante per te e lo sarà sempre. –

- Chissà cosa avrebbe pensato di me vedendomi in queste condizioni. – disse poi ridendo tra le lacrime.

- Avrebbe pensato che sei una sciocca, che devi credere più in te stessa e nelle tue capacità. –

Nic si prese qualche minuto di tempo per calmarsi, poi lentamente sciolse l’abbraccio e tornò a concentrarsi sulle sue carote. - Devo pensarci. Ho bisogno di tempo. –

Orlando sorrise guardandola all’opera tra i fornelli.
Quella ragazza veva una grinta e una forza d’animo pazzesca. La sua ragazza. Stava affrontando quella situazione alla grande, meglio di come si era immaginato. Un attimo prima si era concessa solo qualche secondo di debolezza, ma poi come sempre si era ricomposta ed era tornata a fare quello che stava facendo. Era una roccia ma lei non lo vedeva. Come poteva però non farlo?
 
 
 
 
 


Il giorno dopo Nicole alzò la serranda del Black Diamond ed entrò all’interno del negozio andando ad accendere tutte le luci dal pannello elettronico. In un attimo tutto l’ambiente venne illuminato a giorno rivelando l’ordine e la pulizia che lei aveva lasciato.
Era davvero tanto tempo che non entrava più lì dentro. Mentre si era dedicata completamente a Robert, Nathalie si proposta di passare di tanto in tanto a dare una mano ad Alice e a controllare che tutto andasse bene, Will invece si era occupato della contabilità. Il trio aveva funzionato alla grande a quanto pareva.
Nicole non avrebbe potuto mai ringraziarli abbastanza per tutto quello che avevano fatto per lei e quando ci provava, i due amici liquidavano i ringraziamenti dicendo che anche lei, al posto loro, avrebbe fatto la stessa cosa.

Come da copione, la ragazza andò nel retro e posò la sua borsa. Prese gli ultimi documenti firmati da Will per tenersi aggiornata riguardo all’andamento delle entrate nelle ultime sue settimane d’assenza e si mise a catalogare il tutto sedendosi sulla sua scrivania. Di tanto in tanto il viso di Robert faceva capolino tra i suoi pensieri così come la stretta allo stomaco che le faceva mancare il respiro. Ma lei scuoteva la testa e accantonava quel pensiero ricacciando indietro le lacrime e concentrandosi sul lavoro.

Un'ora dopo arrivò anche Alice, puntuale come sempre, che quando la vide si illuminò in un sorriso radioso. Le due amiche si abbracciarono calorosamente e cominciarono il resoconto delle ultime novità, dimenticandosi intenzionalmente di menzionare il nome di Robert.

- Non posso credere che tu e Mark vi sposate! – esclamò Nicole stupita osservando il piccolo solitario splendere di luce proprio all’anulare sinistro della commessa.

- Lo so. Se me lo avessero detto sei mesi fa, neanche io ci avrei creduto! – rispose la rossa sorridendo.

- Da non crederci! Solo sette mesi fa mi prendevi in giro per il fatto che io e Orlando avevamo deciso di vivere insieme ed ora eccoti qui con un diamante al dito. Mi hai decisamente battuto sul tempo. – disse Nic ridendo.

Alice seguì a ruota la risata dell’amica buttando la testa all'indietro. - C’è anche un'altra cosa – disse poi con gli occhi che brillavano dalla gioia. - Aspetto un bambino. –

Nicole guardò Alice, la sua pancia, poi di nuovo Alice senza riuscire a dire nulla. I suoi occhi si riempirono di lacrime.

- Oh Nic, no. Non devi piangere. – fece la rossa abbracciandola dolcemente.

- Scusami è che… che in questi giorni sono particolarmente emotiva. – disse la proprietaria del negozio contro la sua spalla – Neanche fossi io quella incinta e con gli ormoni sballati. E'... wow, non ho parole. Sono davvero, davvero contenta per te, non saprei cos'altro dire. Ti auguro solamente il meglio. -

- Grazie tesoro. Ma le novità non sono finite qui e già so che questa non ti piacerà affatto. –

- Oggi è la giornata dei cambiamenti a quanto pare! – ribatté sarcastica l’altra facendosi aria con una mano.

- Si. Beh, io e Mark abbiamo deciso che… che è meglio che rimanga a casa. Sai tra il trasloco, la gravidanza, i primi mesi del bambino… crediamo che sia la cosa migliore.
– Alice sospirò e aggiunse – Devo lasciare il lavoro. –

Nicole rimase di stucco.

- Credimi, è molto difficile per me lasciare questo posto. Insomma mi ci sono affezionata. Ma… ma ora non devo più pensare solo a me stessa, ora devo pensare anche ad un’altra vita. – rispose accarezzandosi il ventre con una dolcezza infinita – Se fosse stato per me sarei rimasta Nic, ma purtroppo dovrò rivoluzionare molte cose d’ora in poi. -

Il viso della ragazza si ammorbidì e, nonostante il dispiacere, si aprì in un dolce e spontaneo sorriso – Hai ragione. Cavolo, tu che parli da madre, non credo alle mie orecchie! Dispiace anche a me che tu vada via, davvero. In questi anni non so come avrei fatto senza di te e senza il tuo aiuto, soprattutto negli ultimi mesi… -

- Non essere stupida, l’ho fatto con piacere. – la interruppe l’altra prendendole le mani tra le sue – Sei una ragazza in gamba, Nicole, una persona leale e sincera. Sono sicura che tutto quello che vorrai fare, lo farai sempre al meglio. Dico sul serio. –

- Grazie – rispose commossa la mora asciugandosi una lacrima sfuggita al suo controllo – ed io sono sicura che sarai una madre e una moglie meravigliosa. –

Le due ragazze si abbracciarono di nuovo. Il loro era un abbraccio carico di speranze, sogni, paure e conflitti interiori. Entrambe non potevano fuggire dal loro destino, entrambe dovevano imparare ad affrontarlo.
 
 





Erano le tre del mattino, notò Nicole dalla sveglia elettronica appoggiata sul suo comodino, e lei ancora non riusciva ad addormentarsi. Orlando, sdraiato affianco a lei, dormiva alla grande già da quattro ore e ronfava di tanto in tanto muovendosi nel sonno.

La ragazza osservò con diffidenza la lettera bianca ancora chiusa che il giorno prima le aveva dato il notaio come se fosse un mostro orribile. Nonostante si fosse ripromesso più volte di farlo, ancora non era riuscita ad aprirla. Non che non fosse curiosa di saperne il contenuto, ma allo stesso tempo ne era davvero spaventata. E se avesse letto cose che non voleva sapere? Cose che l’avrebbero fatta sentire ancora peggio di quanto già non fosse?
Allungò con riluttanza la mano e la prese. Se la rigirò tra le dita per qualche minuto, ne accarezzò la superficie liscia, l’avvicinò al naso per cogliere qualche traccia di profumo del padre. Dopo quella che le sembrò un’eternità si alzò dal letto e andò in salone. Accese le luci e l’ambiente si illuminò all’improvviso dandole fastidio alle pupille abituate da molte ore al buio più totale. Si sedette a gambe incrociate sul divano e prese un profondo respiro. Era arrivata l’ora di affrontare quella paura, tanto continuare a rimandare non l’avrebbe portata da nessuna parte. La guardò per un altro lungo istante ed esitò prima di aprire la busta sigillata. Con mani tremanti prese il foglio fittamente riempito dalla calligrafia elegante di Robert e iniziò a leggerlo.

Cara Nicole,
se stai leggendo questa lettera, vuol dire che purtroppo il nostro tempo a disposizione è terminato.
Non sai quanto è difficile per me stare seduto nel mio studio a scrivere una lettera d’addio alle due mie amate figlie. Tra l’altro è la prima volta in assoluto che prendo carta e penna per scrivere parole profonde e sdolcinate e non posso non pensare a quanto questa situazione sia grottesca.
Voglio innanzitutto chiederti scusa per tutti gli errori che ho commesso e che ti hanno fatto soffrire in questi anni ma sappi che, per quanto banali queste parole possano risultarti dopo tutto questo tempo, non avrei mai voluto fare nulla che ti avesse ferito in qualche modo. Solo che a volte le persone fanno cose stupide e anche se sanno che stanno sbagliando spesso è difficile ammettere in primis a sé stessi che si è dalla parte del torto, che le vittime non siamo noi ma qualcun altro.
Tu e Charlotte siete la cosa più preziosa che posseggo, la cosa che mi ha permesso di andare avanti e che mi ha dato una motivazione per tornare a casa ogni santa sera, forse anche l’unica cosa che mi ha salvato da una vita buttata dietro l’alcool e la disperazione. Non ho mai desiderato, nemmeno per un attimo, di avere accanto a me due figlie diverse.
Anche se non ti sembrerà vero, io ti conosco come le mie tasche Nicole, e so ora cosa stai provando. Penserai che mi sono sbagliato, che ho fatto un errore madornale intestandoti il 50% della Leinghton Inc. e che tu non sei in grado di assumerti una simile responsabilità. In fondo non lo hai mai fatto, no? Sei scappata non appena maggiorenne da casa nostra e perché mai ora dovresti essere in grado di un tale salto di qualità?
Beh, sappi che quella che si sta sbagliando sei tu. Sono sicuro che, grazie alla tua intelligenza e al tuo carattere, tu sei perfetta per mandare avanti la nostra azienda e così continuare quello che tuo nonno, prima di me, ha creato. Di questo ne sono certo. E forse se, ora come ora, tu pensi tutte quelle brutte cose sul tuo conto è anche colpa mia che non ti ho mai spronato come avrei dovuto e non ti ho mai detto quanto in realtà fossi fiero di te. Beh, so che arrivo con molti anni di ritardo, ma vorrei dirtelo adesso: sono fiero di te Nic, lo sono sempre stato e sempre lo sarò. Qualsiasi decisione prenderai sono sicuro che sarà quella giusta.
Prenditi cura di tua sorella e vedrai che lei si prenderà cura di te. Aiutatevi l’una con l’altra e supportatevi sempre, qualsiasi cosa accada. Come già ti ho detto, ho fatto molti errori, ma le uniche cose belle che ho fatto nella mia intera vita siete tu e tua sorella.
Anche se non sarò fisicamente lì vicino a te ti assicurò che lo sarò con il mio spirito e non vedo l’ora di vederti diventare la splendida donna che già so che sarai un giorno.
Sei il mio orgoglio, non dimenticarlo.
Ti voglio bene e te ne vorrò sempre.
Tuo padre.

Nicole scoppiò a piangere e si rannicchiò portandosi le ginocchia al petto.
Su padre aveva fiducia in lei. E se si sbagliasse? E se invece lei non fosse per niente adatta a mandare avanti l’azienda? Cosa diavolo doveva fare?
Tutte quelle domande le si affollarono nella testa, creando ancora più confusione di quanta già non ne avesse.

I ricci di Orlando fecero capolino nella stanza rivelando la sua presenza. La ragazza alzò appena il viso rigate dalle lacrime e lo guardò senza dire niente.

L’attore parve subito destarsi dal suo stato di trance post risveglio e osservò il suo voltò straziato e sconvolto. La raggiunse, si sedette sul divano e le sfilò dolcemente la lettera dalle dita ripiegandola con cura. - Ero sicuro che prima o poi avresti ceduto e l'avresti letta. -

- Non sono sicura, Orlando. - rispose lei singhiozzando - E se non fossi all’altezza delle aspettative? Non può saperlo lui, in fondo non mi ha mai veramente vista all'opera. E poi non poteva parlarmene di persona invece che in una fottutissima lettera?! Come ha anche solo potuto pensare di darmi delle spiegazioni in questo modo? –

- Credi che ci sia un’altra persona al mondo che ti conosce meglio di un genitore? Sai che Robert non si è mai fatto molti problemi nel dire le cose in faccia. Se tu non ne fossi stata all’altezza non ti avrebbe mai intestato la cosa alla quale ha dedicato gran parte della sua vita. –

Nicole si strinse ancora di più nella sua posizione fetale e nascose la testa sulle ginocchia.

- Smettila di sottovalutarti. - continuò l'attore assumendo un tono duro - Quando ti vedrai finalmente per quella che sei per davvero? Possibile che tutti se ne siano accorti tranne che te? Sei fantastica Nic, hai tutte le qualità per fare la leader di un'impresa milionaria e anche molto di più. Sei la classica persona che sa fare tutto e con poco impegno e non mi stupisce che intorno a te hai tante persone che ti amano con tutto il cuore, perchè tu sei pazzesca. Il fatto che continui a non vederlo mi fa veramente incazzare. -

- Lo credi sul serio? – disse Nicole con la faccia che ricordava molto l’espressione di una bambina.

L'espressione di Orlando si addolcì e lasciò il posto a quella classica che assumeva tutte le volte che parlava con lei. - Ma, certo – le rispose accarezzandole il mento con il pollice.

Nic sorrise e tirò su col naso. - Quindi credi che posso farcela. -


- Assolutamente. -

- Bene. -

L'attore corrusò la fronte. - Bene? -

La ragazza gli buttò le braccia al collo e inspirò forte il suo profumo così confortante. In quel preciso istante gli fu tutto chiaro, lei sapeva esattamente cosa doveva fare.

 
 
 
 
 


 

Londra, 11 luglio 2007

Nicole si asciugò la fronte sudata con il dorso della mano e passò lo scatolone ad un ragazzo dell’impresa di traslochi che da tre giorni lavoravano per lei. Si mise le mani sui fianchi fasciati da una tuta di jeans e si stiracchiò la schiena intorpidita.

- Signora, noi abbiamo finito. Il locale è stato completamente sgombrato e a questo punto siamo pronti per portare via i mobili. – disse un altro ragazzo guardandosi intorno con aria soddisfatta.

- Grazie Toby. – rispose la giovane stringendogli la mano – Grazie di tutto. –

- Si figuri, è il nostro lavoro. Arrivederci! –

Nicole nel giro di pochi secondi si trovò da sola nel suo negozio ormai vuoto.
Prendere la decisione di chiudere il BD era stata una scelta molto difficile per lei, ma quella era la cosa migliore da fare. Lasciare il negozio, voleva dire lasciare una parte di sé perché in fondo quel piccolo negozietto del centro di Londra, insignificante per la maggior parte delle persone che tutti i giorni gli passavano davanti, era il mondo per lei. Il suo rifugio, la sua soddisfazione, il frutto della sua bravura e della sua dedizione.

Ripensò alla prima volta che era entrata in quel locale quando, appena ventenne, ascoltava le spiegazioni della donna dell’agenzia immobiliare che le illustrava l'immobile. Ripensò a quando inaugurò l’attività insieme a Nathalie e a Will, brindando con una bottiglia di spumante e versandolo in dei bicchieri di carta comprati di fretta al supermercato. Era una ragazza piena di sogni allora, ignara ancora delle scelte e degli eventi che avrebbero condizionato la sua vita. Ricordò le giornate passate a scherzare con Alice dietro il bancone, le nottate trascorse a studiare le nuove linee, rivide i visi soddisfatti delle clienti quando riuscivano a trovare quello che cercavano. Poi ovviamente rivide Orlando, appoggiato al bancone con quell’aria beffarda che tanto la faceva impazzire, mentre le proponeva di disegnare una linea per lui, la loro litigata nel magazzino, la gigantografia del ragazzo in mutande esposta all’entrata, l’assalto delle fan quando avevano scoperto che l’attore era nel negozio.
Quel piccolo immobile rappresentava il suo primo cenno di indipendenza dalla famiglia che tanto odiava. Quel negozio aveva in gran parte causato l’inizio della sua relazione con Orlando, la storia che le aveva permesso di avere una persona accanto che amava alla follia.
Ma il BD rappresentava una Nicole diversa, una Nicole che ormai apparteneva al passato. Ora la ragazza era cresciuta e crescendo aveva dovuto assumersi le sue responsabilità. Non aveva più bisogno del negozio per fuggire dalla sua famiglia, semplicemente perché aveva smesso di scappare da essa imparando al contrario ad amarla.
Ora doveva fare la cosa giusta, la cosa che non aveva fatto anni fa, la cosa che tutti si aspettavano che lei facesse e che lei per prima sentiva di dover fare: portare in alto il nome dei Leinghton.

Quando aveva comunicato la decisione al suo fidanzato, lui l’aveva abbracciata e le aveva detto che era fiero di lei. Il giorno dopo si erano recati insieme all’agenzia e avevano messo in vendita il negozio. Due settimane dopo, era arrivato il primo annuncio e decine di persone erano passate a visitare l’immobile fino a che non avevano trovato le persone perfette per quel posto. Aveva venduto il negozio a una coppia sulla cinquantina, apparentemente educati e di buon gusto che volevano aprire un coffee bar. Nicole aveva provato a immaginarsi quel locale pieno di persone che bevevano caffè e che mangiavano dolci, che leggevano il giornale o che lavoravano al loro portatile prima di andare al lavoro e istintivamente aveva storto il naso.
No, quel posto sarebbe rimasto nella sua mente proprio come era sempre stato. Lo avrebbe ricordato con i boccoli rossi di Alice che spuntavano da dietro la cassa, con i modelli in vetrina che lei stessa aveva disegnato e progettato, con le signore che osservavano e accarezzavano le stoffe lisce dei suoi capi e con il suono del campanello che indicava che una persona era entrata in negozio. Lo avrebbe ricordato con l’odore tipico di vaniglia che Nicole spruzzava in giro ogni giorno tra i scaffali, lo avrebbe ricordato come il posto che aveva rappresentato per tanti anni tutta la sua vita.
 
Guardò per l’ultima volta le mura spoglie e cercò di imprimersi tutto nella mente. Quel posto le sarebbe rimasto sempre nel cuore e lo avrebbe sempre ricordato con un sorriso. Diede un’ultima occhiata intorno a sé, sospirò e chiuse la serranda del negozio, ascoltando quel rumore meccanico ma ormai caratteristico per l’ultima volta.
Quando uscì trovò di fronte un sorridente Orlando appoggiato alla sua Audi nera e nascosto dietro un paio di occhiali da sole a specchio. I suoi capelli ribelli erano legati in un codino scompigliato che, abbinato al giubbotto di pelle nera e ai jeans strappati sulle ginocchia, come al solito gli donava un aria veramente sexy. E lui era suo, era lì per lei e per nessun’altra. Si, in fondo era pronta ad affrontare la sua nuova vita e l’avrebbe fatto insieme a lui.
 

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