Light - La luce dei vampiri

di Lady Winter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prima che cominciate a leggere la storia, vorrei dirvi una cosa: molto probabilmente non aggiornerò molto spesso perchè non è uno dei mie periodi migliori. Fatta questa premessa, godete il prologo. Forse è un pò corto, ma l'ho scritto di getto, le parole non erano premeditate, sono nate sulla tastiera. bando agli indugi...leggete e sappiatemi dire!!!!


PROLOGO

Dolore.
Dolore lancinante.
Dolore insopportabile.
Era successo tutto d’un tratto. Un istante prima lui era il predatore.
Poi, in un attimo, era diventato la preda.
L’aveva assalito alle spalle e non gli aveva lasciato scampo. Aveva cercato di lottare, ma lui era troppo forte. Non c’era paragone.
E ora si sentiva male. Aveva la febbre alta. Ma questo non era niente in confronto a quello che sentiva. Aveva bisogno di sangue. Subito! Non ci sarebbe voluto molto. Dopo tutto, era circondato da case, avrebbe fatto presto ad entrare in una di esse. Non voleva farlo. Ma che altre possibilità aveva? Se non beveva immediatamente del sangue sarebbe morto, e non era esattamente nei suoi programmi. Gli sarebbe piaciuto vivere altri vent’anni, come minimo. Ed ora, all’improvviso, le sue speranze di vita erano salite vertiginosamente. Ma sarebbe vissuto solo se avesse trovato del sangue.
Si avvicino alla casa che aveva affianco, una delle finestre era socchiusa, avrebbe potuto facilmente entrare e sorprendere gli inquilini ignari nei loro letti. Si avvicinò barcollando, mise una mano sulla finestra e la spalancò. Stava per entrare quando si fermò di colpo. Cosa stava facendo? Era forse impazzito? Lui non era un mostro, e non aveva nessuna intenzione di diventarlo.
Si voltò e corse via. O meglio, arrancò faticosamente verso il boschetto li vicino. Se doveva per forza bere sangue l’avrebbe fatto, ma non sangue umano. Quello non poteva farlo. Non poteva uccidere le persone che fino a poche ore prima aveva protetto.
Arrivato ai primi alberi si lasciò cadere a terra. Non ce la faceva più. Di li a poco sarebbe morto. E poi, all’improvviso, la salvezza. Un animale passò di lì. Forse era un coniglio. Non gli importava. L’unica cosa di cui era consapevole era il rapido battere del cuore dell’animale. Niente altro importava. Si avventò su di lui e affondò i denti nella sua gola.
Il denso liquido caldo gli invase a bocca, scendendogli lento in gola. I suoi sensi si amplificarono e un’ondata di sensazioni lo invase, stordendolo. Quando il calore lasciò il corpo dell’animale, lui lo gettò a terra. Lo guardò per lungo istante, poi si voltò e si diresse verso il folto del boschetto.
L’aveva fatto, aveva bevuto del sangue.
La trasformazione era cominciata.
Sarebbe diventato uno di loro.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


1

Era rannicchiata in un angolo, in un vicolo buio.
Tremava.
Sentì dei passi avvicinarsi. Passi troppo leggeri per appartenere ad un essere umano. Chiuse gli occhi per un istante, rivide i volti di coloro che odiava e che tanto la detestavano e le lacrime cominciarono a rigarle il volto. I passi si fecero più vicini, fino a quando un uomo comparve dalle tenebre. Era alto e bellissimo, la pelle bianca e gli occhi neri. Le si inginocchiò davanti e la guardò. Lentamente le sue labbra si piegarono in un sorriso.
<< Non voglio farti del male >> le disse, ma una luce strana gli brillava negli occhi, una luce cha parlava di sangue. Lei si strinse le ginocchia al petto senza dire una parola, senza smettere di tremare. Le si fece più vicino, il sorriso che lasciava intravvedere leggermente di più i denti. Allungò una mano e le accarezzò una guancia.
<< Farò presto, vedrai. Non sentirai niente >> poi si chinò in avanti. I denti stavano quasi per toccare la gola della giovane, quando l’uomo si girò di scatto: alle sue spalle ora c’erano tre ragazzi, vestiti completamente di nero, brandivano tutti un pugnale. Con un rapido affondo, il ragazzo centrale lo colpì al cuore. Un istante dopo, quello alla sua sinistra estrasse da una tasca un accendino e accostò la fiamma alla lama, che prese fuoco. Nell’istante esatto in cui il cadavere venne a contatto con la fiamma, perse fuoco ed arse fino a diventare cenere. Il giovane che l’aveva pugnalato sputò sui resti e disse:
<< Finalmente ti abbiamo ucciso sporco, lurido, vampiro. >> tutti gli altri scoppiarono a ridere, dandosi pacche sulle spalle. Si avviarono del vicolo senza degnare la ragazza di uno sguardo. Un attimo prima di girare l’angolo, quello che aveva pugnalato il vampiro si fermò e, senza voltarsi, disse:
<< Ted, dai il tuo giubbotto all’Esca. Passeremo dei guai se ci facciamo vedere con lei e poi, è indecente vestita così. >>
<< Perché proprio io? >> protestò un giovane
<< Perché questa sera non hai fatto niente. >>
<< Lo sai che è molto ingiusto vero? >>
<< Si, ma visto che comando io, tu esegui e basta. >>
<< Agli ordini, Cam. >> detto questo si tolse la giacca e la lanciò in malo modo alla giovane. Lei non poté far altro che indossarla e sbrigarsi a raggiungerli.
Quando furono illuminati dalla luce dei lampioni, la ragazza si concesse di osservare i tre che le camminavano davanti: tutti e tre alti, tutti e tre muscolosi, tutti e tre allenati per uccidere. In altre parole: Cam, Will e Ted.
Erano sempre insieme, inseparabili, il suo tormento quotidiano. Si assomigliavano molto, stessi occhi e capelli scuri, ma non erano fratelli, erano pochi quelli di loro che avevano dei fratelli. Mentre camminavano, i passanti rivolsero loro occhiate strane, probabilmente perché erano tre ragazzi e una ragazza non molto vestita. Lei non se ne curò, quella era la normalità. Succedeva sempre dopo una missione e ormai non ci faceva più caso e tutti quegli sguardi taglienti e scioccati.
Ci volle una decina di minuti per raggiungere l’orfanotrofio o, come lo chiamavano tutti, la Casa. Sebbene ci vivesse ormai da sei anni, per lei non era che un’abitazione, quattro mura che la riparavano dalle intemperie. Una casa era il luogo in cui ti sentivi amato, accettato, protetto, capito; e lei non era assolutamente così. L’istituto non era niente, se confrontato al luogo con cui viveva insieme ai genitori anni addietro; da allora non era più stata a casa. Aveva tentato, altroché se aveva tentato, ma non c’era riuscita. Ogni volta che credeva di aver raggiunto la serenità, succedeva qualcosa o meglio, qualcuno faceva qualcosa, ed il mondo le crollava di nuovo addosso, minacciando di distruggerla.
Si strinse nella giacca e cercò di sopportare il freddo. L’aria congelata s’incuneava fra le pieghe del giaccone e le arrivava fin dentro le ossa. C’era poco da fare, Ted era molto più grande e robusto di lei, e ciò significava che la giacca le stava enorme e poi, era leggerissima; non riusciva a ripararla dal vento, figurarsi scaldarla. Quando giunsero davanti al cancello della grande struttura, la giovane vide i tre rilassarsi, ma lei non riuscì a fare lo stesso. Avrebbe preferito mille volte trovarsi davanti un vampiro affamato, che tornare là. La facciata esterna dell’istituto era modesta, imbiancata e con poche rifiniture, un orfanotrofio come tanti ma, come si suol dire, l’apparenza inganna. Bastò aprire la porta, per venire accecati dallo sfarzo. Era troppo: troppi arredi, troppi quadri, troppi soprammobili. A lei piaceva notare i particolari, ma quello era eccessivo: l’occhio non faceva neanche in tempo a notare qualcosa, che già altro lo sopraffaceva. E poi c’erano i quadri, tutti ritratti della stessa persona: Timothy, il fondatore dei Guardiani.
La porta non fece nemmeno in tempo a chiudersi, che Ted si era già voltato verso di lei, tendendo una mano. Non serviva parlare, era il solito copione, non c’era bisogno di sprecare fiato. La ragazza si sfilò la giacca e gliela restituì, senza guardarlo in faccia, non sopportava lo sguardo di disprezzo che le rivolgeva sempre. Uno lungo brivido l’accolse, quando rimase senza giubbotto, dopotutto, era vestita pochissimo. Will girò la testa nella sua direzione e, dopo averla scrutata un istante, le disse:
<< Vattene, non serve la tua presenza qui. >> lei non se lo fece ripetere due volte ed imboccò un corridoio secondario, fino ad arrivare al dormitorio. Quasi tutti avevano una stanza singola, a parte coloro che chiedevano esplicitamente il contrario. Le camere erano tante e occupavano tre interi piani, di cui soltanto uno e mezzo erano sfruttati. In origine, l’orfanotrofio accoglieva molti più bambini, infatti, quando era stato fondato, era normale trovare bimbi in fasce abbandonati sui marciapiedi, mentre ora erano soltanto una ventina. Quando la struttura era stata rinnovata e ampliata, anche le camere avevano subito un profondo cambiamento: in ognuna di esse era stato aggiunto un bagno, eliminando così quelli comuni.
Nel momento in cui si richiuse la porta alle spalle, emise un sospiro di sollievo. Finalmente sola. Quello era l’unico luogo in cui avrebbe potuto sperare di rimanere un po’ in pace. L’arredamento era standard, uguale per tutti: un letto, un armadio e uno specchio; niente di più, niente di meno. Guardò l’immagine riflessa e non riuscì a trattenere una smorfia di disgusto: sembrava una prostituta. Quella sera le avevano detto d’indossare un abito rosso, anche se “abito” non era il termine più appropriato. Le arrivava poco sotto l’attaccatura delle cosce, se a questo si aggiungeva l’ampia scollatura e la schiena quasi completamente scoperta, l’immagine finale era rivoltante. Si strappò di dosso tutto ciò che indossava, fino a quando non rimase nuda davanti allo specchio, e riuscì finalmente a vedersi. Non una maschera o una finzione, ma ciò che realmente era: una ragazza disperata che stava dimenticando il suo nome.
 
Ciao a tutti...prima di tutto volevo dirvi che ho intenzione di cambiare il rating perchè prevedo di metterci scene non adatte al "verde", ma gradierei un vostro consiglio in merito. Poi, allora, abbiamo capito che la protagonista è in crisi esistenziale, e chi non lo sarebbe con quei tre attorno? Mi piacerebbe tanto che mi diceste che ne pensate del personaggio, perchè io l'adoro. Spero che il capitolo vi incuriosisca, perchè ho in serbo un pò di sorprese che spero vi invoglieranno a continuare a leggere :)
ciao ciao

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


2

Mentre era sotto l’acqua bollente, si strofinò forte con la spugna, quasi fino a strapparsi la pelle, ma non le importava. Si sentiva ancora addosso lo sguardo del vampiro, e non solo. Gli occhi di Will l’avevano percorsa più e più volte, divorando ogni centimetro di pelle visibile. E, per quanto lui fosse il più “gentile”, l’inquietava il modo in cui la scrutava, come se volesse saltarle addosso da un momento all’altro.
Forse succedeva perché associava a lei l’immagine dell’esca, con l’unico scopo di attirare i vampiri; il punto era che, prima di non morti, erano uomini della peggior specie e questo voleva dire che, più si lasciava scoperto, prima avrebbero abboccato. Questo era il suo compito: attirarli per dare il tempo ai cacciatori di attaccarli alle spalle, anche se comportava rimanere inerme ed indifesa fra le mani dei vampiri, aspettando che giungessero a salvarla. Ultimamente, poi, tendevano ad aspettare sempre di più prima di intervenire. Se continuavano così, la prossima volta il vampiro l’avrebbe morsa prema che gli altri arrivassero.
Con un brivido tornò alla realtà e si rese conto che l’acqua era diventata fredda. Si asciugò velocemente e indossò una felpa lisa che usava come pigiama; non teneva molto caldo, ma non aveva altro di abbastanza adatto. Scivolò dentro il letto e si avvolse nelle coperte. Chiuse gli occhi, in attesa del sonno, ma anche quella notte era stato deciso che non avrebbe potuto trovare rifugio nell’oblio.
Per ore si rigirò, cercando di trovare una posizione confortevole. Sentì le porte sbattere quando gli altri andarono a letto, e ancora lei era sveglia; per un istante pensò di alzarsi e andare a fare un giro, ma si rese conto presto che se l’avessero trovata fuori dalla sua camera a quell’ora, si sarebbero arrabbiati parecchio, e lei non ne aveva proprio bisogno. Finalmente la stanchezza ebbe la meglio e le si chiusero gli occhi.

Stava correndo.
Correva a perdifiato, ma era ancora troppo piano.
Il cuore le rimbombava nelle orecchie, le membra erano pesanti e doloranti. Era notte fonda, e lei era circondata da case e l’unico modo che aveva per fuggire era percorrere quel dedalo di viottoli sconosciuti.
Ad un tratto sentì dei passi alle sue spalle. D’istinto riprese a correre, ma ormai era troppo tardi: era circondata.
Un luccichio l’avvisò, solo quello, poi la luce inondò tutto, rivelando gli inseguitori.
Erano vampiri, tutti vampiri, con i canini snudati e pronti ad ucciderla.
Non osava muoversi, le sembrava che anche il suo respiro facesse troppo rumore. E poi, eccoli, in meno di un battito di ciglia si ritrovò due vampiri alle spalle, che le immobilizzarono le braccia. Cercò di fuggire, di liberarsi; ma per quanto si dimenasse non riusciva a sottrarsi a quelle mani.
Era tutto inutile, i vampiri hanno una forza sovrumana, soltanto un cacciatore addestrato avrebbe potuto sperare di riuscire a fuggire, ma lei non aveva speranze. Cominciò a piangere e quasi le sembrava di sentire le calde lacrime che scendevano lungo le sue guance.
Dal gruppo che di fronte se ne fece avanti un altro. Si muoveva con calma, come se avesse tutto il tempo del mondo. I suoi occhi brillavano di luce omicida, i canini avevano riflessi rossi. Probabilmente lei non era la prima preda della serata, ma non importava. Quello era il capo, a lui il primo sorso.
L’essere sollevò una mano e prese il colletto della sua camicia. Inizialmente, pensava che volesse solo scostarla per arrivare meglio al collo, ma lui gliela strappò di dosso, lasciando scoperta la pelle morbida e candida. Le si fece ancora più vicino e le accarezzò lentamente la schiena, sorridendo quando lei cercò di scostarsi da quel contatto. Le fece scorrere le labbra lungo il collo e poi, all’improvviso e con ferocia, le affondò i canini nella carne.
Un dolore lancinante attraversò tutto il suo corpo. Lasciò ricadere indietro la testa, la bocca aperta in un urlo silenzioso. Ma non era ancora finita. Si sentì girare le braccia ed un nuovo terrore l’invase: i due vampiri che la trattenevano la morsero. La vista si sfocò, il corpo tramortito dal dolore.
Stava per morire ma, nel contempo, non era mai stata più consapevole del sangue che le scorreva nelle vene. Ad ogni sorso che prendevano, lei sentiva il rosso liquido che fluiva dal suo corpo, lentamente, come se non volesse andarsene. Fu avvolta dal gelo dell’oltretomba. Lo sentì abbracciarla e trascinarla via. Dunque era così che sarebbe finita, uccisa dai vampiri. Beh, infondo, era giusto. Lei era stata la causa della morte di tanti di loro. Offrire nutrimento alla loro specie era il minimo che poteva fare.
La lasciarono andare all’improvviso e lei cadde sul freddo selciato. Non sentiva più nessuna parte del suo corpo, non sapeva se aveva gli occhi aperti o chiusi, tutto era reale e, contemporaneamente, niente lo era. C’erano stelle ovunque, ne era avvolta. Sussurri di voci dimenticate le riempivano le orecchie e, fra queste, una sola prese il sopravvento. Una voce calda, profonda, che le avvolse il cuore.
Per un istante riuscì di nuovo a mette a fuoco e vide i volti dei vampiri, ma ormai era troppo debole persino per stupirsi.
C’era da aspettarsi che fossero loro, erano sempre loro.
<< È così che muore un’esca. >> disse Cam, poi lei fu consapevole solo del freddo crescente e dell’abisso che stava inghiottendo la sua mente.
 
Ciao a tutti. Prima di tutto volevo rinfìgraziare tutti coloro che seguono la mia storia, mi fa piacere vedervi aumentare di giorno in giorno. In secondo luogo volevo dire che questo non è un capitolo molto lungo, ma spero vi sia piaciuto. Forse mi sono fatta prendere la mano dall'incubo e l'ho reso un pò inquietante, ma scoprirete che l'inquietudine non lascia mai la storia.
Scusate il commento scarno, ma non so proprio come commentare. Posso solamente dire che spero vi abbia coinvolto, perchè a me è sembrato di rivivere la paura della protagonista, rileggendolo.
Spero tanto che mi facciate sapere che cosa ne pensate, così che possa cercare di accontentarvi. :)
A presto.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


3

La svegliò il suo stesso grido.
Si tastò collo e polsi: erano intatti.
Era viva, il sangue le scorreva nelle vene, il cuore batteva. Era stato solo un incubo; un orrido, spaventoso, maledetto incubo.
Il sudore la avvolgeva, persino i capelli erano umidi. Provò a pensare ad altro, a scrollarsi quell’inquietudine. Provò a farsi una veloce doccia congelata, ma neanche quello servì a farlo passare. Sognava spesso i suoi aguzzini che le infierivano contro, anche di morire a volte; ma non era mai stato così vivido, reale. Le sembrava ancora di sentire i canini nella carne, le mani di Cam che la accarezzavano, Will e Ted che le mordevano i polsi. Ma non era l’unica cosa a non andare, tutto il suo corpo era strano: il cuore continuava a battere all’impazzata, le membra erano rigide e poi, la cosa più strana, sembrava che il sangue strisciasse nelle vene, invece di correre, restio ad irrorare il corpo, come a predire che la vita lo stava per abbandonare. Indossò più vestiti che poté, per cercare di scacciare il gelo che sembrava impregnarle le ossa, ma senza riuscirci. Colse la sua immagine nello specchio: ancora più pallida del solito, gli occhi febbrili e terrorizzati, il viso smunto, un fantasma.
Uscì dalla stanza e si avviò lungo il corridoio buio, cercando di camminare sebbene il crampi che aveva a tutti i muscoli. Pensò di andare in cucina, così avrebbe potuto portarsi avanti nel preparare la colazione, visto che quella mattina era lei di turno. L’orfanotrofio era un po’ inquietante al buio. Avanzò tentoni, per cercare di non andare a sbattere contro i mobili e gli armadi disseminati per tutto il corridoio delle camere ma, sebbene le precauzioni, riuscì lo stesso ad urtare con il ginocchio un comò. Emise un gemito di dolore e, quando provò a camminare, dovette appoggiarsi al muro, perché il ginocchio non la resse. Questa proprio non ci voleva, già era debole, se in più si mettevano in conto le botte che ultimamente aveva preso, era proprio da rottamare. Sperava solo di non dover andare a caccia di vampiri anche quella sera, perché una grande macchia viola su ginocchio, che di sicuro sarebbe stato scoperto, non era ben accetta.
Finalmente, zoppicando, riuscì a raggiungere la cucina. La luce la abbagliò per qualche istante e, quando mise di nuovo a fuoco, rimase interdetta notando che l’orologio segnava le quattro e mezza; di solito a quell’ora era ancora sotto le coperte. La sveglia suonava per tutti alle sette, cinque e mezza per chi doveva preparare la colazione. Lei di solito faceva fatica a lasciare il caldo rifugio delle coperte, figurarsi alzarsi un’ora prima. Si guardò in torno, per vedere cosa poteva fare per ammazzare il tempo. Notò che, la sera prima, i piatti non erano stati lavati, non che fosse una novità che i compiti non venissero pienamente eseguiti. Aprì il rubinetto e aspettò che l’acqua diventasse calda; se fosse riuscita a riordinare prima dell’arrivo degli altri, nessuno avrebbe rischiato di essere punito. Immerse le mani nella schiuma e cominciò a strofinare. Il continuo ripetersi dei soliti, monotoni gesti l’aiutò a spegnere il cervello, le diede una tregua da tutti i pensieri che l’assillavano. Il resto del mondo scomparve, escluse tutto ciò che non era il lavoro e la consapevolezza che la pila poco a poco calava.
Quando i piatti ed anche il fornello furono puliti, si dedicò a ciò che non era stato rimesso al proprio posto dopo l’utilizzo: c’erano confezioni aperte di biscotti, barattoli abbandonati sul ripiano da lavoro, macchie di farina o di sugo ovunque, persino il frigo era rimasto aperto. Scosse leggermente la testa. Ma com’era possibile essere così sbadati? Pazienza se una sola persona si fosse dovuta occupare dei pasti, ma gli incaricati erano sempre tre o quattro e, a parte che per la colazione, uno di loro era adulto. Ciò nonostante, la cucina era un orrore. Per prima cosa richiuse il frigorifero, sperando che niente si fosse guastato; poi fu la volta di sacchetti, barattoli e tutte le altre confezioni che avrebbero dovuto essere nei mobiletti. Quando finalmente tutto fu al suo posto, prese una spugna e cominciò a strofinare con forza il piano di lavoro, nel tentativo di far andare via le macchie di unto che c’erano. Era così concentrata, che fece un salto quando una mono le si posò sulla spalla. Si voltò di scatto e si trovò a pochi centimetri dal volto di Will. Istintivamente indietreggiò e osservò il ragazzo: gli occhi ancora annebbiati dal sonno, i capelli arruffati, probabilmente si era appena alzato. E poi aveva quel sorriso, che le riservava soltanto quando erano soli. Un sorriso caldo, conciliante, quasi dolce.
<< Come mai in piedi così presto? >> lei lo guardò stupita, ma rispose ugualmente, sebbene le sembrasse strano quell’improvviso interessamento.
<< Non riuscivo a dormire. >> mentre lo diceva, lanciò lo sguardo alle lancette: era passata un’ora, erano le cinque e mezza. Doveva trovare un modo per far passare il tempo, non avrebbe resistito da sola con lui fino all’arrivo degli altri.
<< Incubi? >> la giovane annuì ma, improvvisamente, un brivido di freddo le corse lungo la schiena. Il sogno della notte precedente tornò prepotentemente nella sua mente, riportando alla luce tutte quelle sgradevoli sensazioni. Si voltò e riprese a lavorare. Non poteva continuare a guardare in faccia Will, perché le sembrava di sentire i suoi denti che le bucavano la pelle. Se avesse guardato per un altro istante quegli occhi, avrebbe finito per scappare urlano; cosa che non sarebbe mai potuta succedere, perché lui l’avrebbe ripresa prima. Fu questione di un istante, aveva appena cominciato a togliere le macchie, che sentì le braccia del ragazzo avvolgersi attorno alla sua vita, il torace premuto contro la sua schiena.
<< Che cos’hai sognato? >> le sussurrò all’orecchio
<< Vampiri. >> riuscì per un pelo a trattenersi dall’aggiungere il resto
<< Non ti faranno del male. >> per poco la ragazza non scoppiò a ridere
<< Per te è facile dirlo. Tu sai difenderti! >>
<< Ti proteggerò io. >>
<< Sai che non lo farai, se Cam non te lo ordina. Non fare promesse che entrambi sappiamo non manterrai. >>
<< Fidati di me. >>
<< Fino ad ora non me ne hai mai dato motivo. >> lui sbuffò di rabbia, l’afferrò per i fianchi e, sollevandola di peso, la girò, bloccandola contro il ripiano. Lei cercò di sottrarsi alla sua presa, ma il peso del suo corpo la teneva ferma. Negli occhi di Will scorse impazienza, un’impazienza bruciante, ma anche dolore. Le posò una mano sulla guancia e strinse. Avvicinò il viso di qualche centimetro ma, prima che le sue labbra sfiorassero quelle della giovane, udirono dei passi in corridoio. Sapeva chi erano, così come lo sapeva Will. Nello stesso istante in cui Cam e Nora entrarono in cucina, la mano che fino a qualche istante era dolcemente appoggiata sul suo viso, le si abbatté contro con una forza tale da scaraventarla a terra. Cam li osservò per un attimo poi, dedicandole un’occhiata di scherno, chiese a Will:
<< Che ti ha fatto? >>
<< Mi ha insultato. >>
<< Allora hai fatto bene a punirla. >> poi, facendo come se non esistesse, si avviò verso il frigorifero e si prese un bicchiere di latte. La giovane si rimise in piedi e andò a prendere il pane da tagliare. Lo portavano ogni mattina, in modo che fosse sempre fresco, e li dentro se ne mangiava in quantità industriale. A colazione, pranzo, cena, persino come spuntino, il pane lo mangiavano tutti, sempre. Quando tornò in cucina, Nora e Cam erano seduti a tavola a chiacchierare, mentre Will era appoggiato nel punto in cui prima c’era lei. Non appena la vide, il suoi occhi si velarono leggermente.
<< Scusa. >> disse, muovendo solo le labbra. Ma lei non lo badò. Succedeva troppo spesso, prima la faceva stare male, poi si scusava. Se all’inizio non aveva avuto niente in contrario alle attenzioni del ragazzo, ora non lo sopportava più. Sembrava che ci tenesse veramente ma, il modo in cui si comportava, il suo continuo essere succube di Cam, non facevano che penalizzarlo e renderlo poco più di un servitore, ai suoi occhi. Mentre si accingeva a cominciare a preparare la colazione, il suo sguardo si posò su Nora. Lunghi e lisci capelli corvini, occhi nocciola: era bellissima, la più brava in tutto, sia nel combattimento che nella scuola. Attirava l’attenzione ovunque andasse, tutti la adoravano e lei, naturalmente, era carina con chiunque. Tranne che con lei, ovviamente.
Come succedeva sempre, i due rimasero beatamente seduti, mentre lei e Will preparavano tutto. Scaldarono il caffè, il latte ed il tè, misero i biscotti sui piatti, le fette di pane nei cestini. Poi presero le posate, tovaglioli e il cibo e si spostarono nella sala da pranzo per preparare le tavole. Non dovettero fare molta strada, era la stanza affianco. La sala da pranzo era molto grande e ospitava una decina di tavole di legno; non c’erano sedie, soltanto panche. Quando tutto fu pronto, la ragazza fece per tornare di là, ma il giovane l’afferrò per il polso e la fece fermare. Le scostò una ciocca di capelli dalla fronte e, guardandola negli occhi, le disse:
<< Mi spiace immensamente per prima. Non volevo farti male. Ma sai anche tu che, se avessero visto com’eravamo prima, ci avrebbero reso la vita impossibile. >> lei pensò di sottrarsi alla sua mano, sapeva che se gli permetteva di toccarla così, in breve tempo lui avrebbe smesso di essere titubante nel farlo. Ma emanava un calore così bello, che non riuscì proprio a scostarsi.
<< Renderebbero la vita impossibile a te. Con me sono già oltre a quello. >>
<< Lo so. Abbi pazienza ancora un po’. Non appena diventerò bravo come lui, farò in modo che ti lascino in pace. >>
<< Nel senso che mi rivendicherai come tua? Spero tu sia consapevole che non succederà mai. Finché sarà Cam il migliore, nessuno avrà interesse a te, e quindi tu non emergerai mai. >>
<< Non è vero. >>
<< Assolutamente si. >>
<< Non ci credo. >> questa volta fu lei a sbuffare. Non aveva senso negare in questo modo la realtà. Finché ci fosse stato Cam a compiacere tutti i capricci dei piani alti, nessuno avrebbe prestato la minima attenzione a Will o Ted, e ciò significava che il giovane non avrebbe potuto proteggerla. Si allontanò e lui la lasciò andare senza fare storie. Tornarono in silenzio in cucina, ma la giovane si rese conto che le sue parole avevano colpito il ragazzo. Probabilmente non aveva mai visto la situazione sotto questa luce. Lei l’aveva fatto perché aveva considerato tutti i vantaggi che la protezione di Will poteva fornirle. Non voleva approfittarne, ma non ce la faceva più. Era arrivata al punto di rottura. Un altro giorno in quel posto e avrebbe trovato il modo di scappare… o di farla finita.


Lo so, lo so, sono in ritardo, ma non ero nella mentalità giusta per scrivere. Che ne pensate di questo capitolo? Vi è piaciuto? Se notate c'è sempre questa nota di disperata solitudine in sottofondo e, anche se Will potrebbe lenire il dolore, a lei non nteressa. Non trovate anche voi che il ragazzo abbia un comportamento ignobile? Io sono dell'idea che, se tiene veramente a lei, come minimo, non dovrebbe farle male, ma è chiaro che è senza sima dorsale.
Va beh, sproloquio finito. Fatemi sapere :) 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


4

Entrarono nella sala da pranzo giusto in tempo per servire le bevande calde a tutti. Nella stanza c’erano più o meno una trentina di persone: venti orfani ed una decina di adulti, fra insegnanti o ospiti occasionali. Alcuni di loro vivevano lì da quando vi erano arrivati la prima volta, altri ci erano tornati dopo un periodo che se n’erano andati. Non era, infatti, obbligatorio lasciare l’orfanotrofio al compimento dei diciotto anni; se qualcuno non se la sentiva, poteva rimanere tutto il tempo che voleva, intanto, i direttori dell’istituto gli cercavano un lavoro e, grazie alle loro conoscenze, riuscivano spesso a trovare posti ben retribuiti ed influenti. E così ci si trovava Guardiani in ogni dove.
C’era una tacita disposizione dei posti a tavola: tutti si sedevano vicino ai propri coetanei, tutti tranne lei. Non era concepibile che si sedesse allo stesso tavolo di Cam e Nora, non era neanche immaginabile; lei non era niente, nessuno, secondo loro, non era degna di stare a quel tavolo. E così finiva sempre per sedersi con i bambini, almeno loro non la disprezzavano; alcuni la evitavano, ma era niente rispetto all’atteggiamento di tutti gli altri.
<< Ti siedi vicino a me, vero? >> le chiese un bimbo. Era Thomas, il suo preferito, l’unico che non ascoltava nessuno, il solo che le stava sempre accanto, non si faceva intimidire dai rimproveri e continuava ad esserle amico. Aveva quattro anni e mezzo, la carnagione bronzea, capelli e occhi color cioccolato. Era sempre sorridente, solare.
<< Hai qualche dubbio? >> gli disse, mentre gli scompigliava la folta chioma e prendeva posto accanto a lui. Il piccolo rise e, aggrappandosi alla sua maglia, le si arrampicò addosso, per darle un bacio sulla guancia. Quel bambino era meraviglioso, aveva l’enorme potere di rasserenarle la giornata. E poi,alla fine, era l’unico amico che aveva.
<< Cosa hai fatto in faccia? >> le chiese ad un tratto Tommy. Lei si sfiorò la guancia, dove probabilmente c’era il segno rosso lasciato dalla mano di Will
<< Niente. >> disse. Non voleva che il bambino sapesse come la trattavano. Non aveva senso far diventare tutti cattivi, ai suoi occhi. Per il momento, tolleravano l’attaccamento che dimostrava per lei, e questo bastava. Bevve un goccio di latte caldo e, finalmente, sentì un po’ di calore fluirle nel corpo. Quel dannato sogno, era tutta colpa dell’incubo; l’aveva scombussolata nel profondo, rendendola inquieta, sulle spine, sospettosa. Ma sarebbe passato prima o poi, come sempre.
<< Cosa facciamo oggi? >> le chiese ancora il piccolo
<< Non lo so, Tommy, devi chiedere a John. >>
<< Ma lui mi risponde sempre che posso fare quello che voglio e io dopo un po’ mi stanco. >> disse, con il faccino imbronciato. John si occupava di coordinare le attività dei ragazzi che ancora non avevano un lavoro. Era sottinteso che tutta la sua attenzione era assorbita da un duo a caso; dopotutto, lui doveva assicurarsi che i Guardiani disponessero sempre di nuove e fresche reclute e, quindi, prestava pochissime attenzioni ai più piccoli. E a lei. Non che fosse un problema, almeno poteva godere di una relativa pace, almeno finché non era costretta ad interagire con gli altri.
Sbatté le palpebre e si ricordò di non aver ancora finito di fare colazione. Riportò lo sguardo a Tommy e non riuscì a trattenere una risata: era concentratissimo, mentre immergeva i biscotti nel latte, tentando di non bagnarsi le dita. Lui alzò lo sguardo e la guardò incuriosito, ma quella piccola distrazione bastò a fargli lasciare la presa sul biscotto, che atterrò sul fondo della tazza con un tonfo.
<< È tutta colpa tua! >> le disse lui e la ragazza, per farsi perdonare, gli scoccò un bacio sulla guancia. Il bimbo sorrise felice e si affrettò a salvare il naufrago.
La colazione trascorse tranquilla, anche grazie a Tommy, che non stava zitto un attimo e l’inondava con le sue chiacchiere; quanto era solare quel bambino! Sempre con gli occhioni brillanti e pronto a scoppiare a ridere.
Per fortuna, non toccava a lei sparecchiare così, una volta finito, prese Thomas per mano, recuperò un pallone e uscì in giardino. Certo, faceva un po’ freddo, visto l’avvicinarsi dell’autunno, ma non così tanto da doversi coprire e poi, a breve, si sarebbero scaldati.
<< Allora, a cosa ti va di giocare? >> gli chiese, come se non conoscesse già la risposta.
<< Calcio! >> disse lui con slancio. La ragazza mise a terra il pallone e, con un calcio, lo spinse verso di lui; di certo non era brava, ma per far divertire Tom bastava poco. Come a provarlo, il bimbo tentò di rispedirle la palla, ma mancò il bersaglio e finì a gambe all’aria. Per un istante rimase zitto, poi scoppiò a ridere, mentre cercava di risollevarsi da solo; come lei aveva imparato, non gli piaceva venire aiutato troppo spesso: lui era forte, poteva farcela. Aveva una grande forza di volontà e molto coraggio, sarebbe diventato un Guardiano perfetto.
Passarono alcune ore tentando di passarsi il pallone, senza grandi risultati, ma divertendosi un sacco. Fino a quando non vennero interrotti da un cupo Will, che le disse:
<< Timothy vi vuole parlare. >> lei annuì e si apprestò ad andare, ma il ragazzo la fermò continuando:
<< Anche Thomas deve venire. >> la giovane si congelò sul posto, ma non ebbe tempo di ribattere perché Tommy, sentendo il suo nome, si era avvicinato e le aveva preso la mano. A quel punto Will si avviò, dando per scontato che l’avrebbero seguito. E lei non poteva rifiutarsi, non se era Timothy a volerlo; non era saggio disubbidirgli.
Mentre camminavano, non poté fare a meno di pensare a Will: se tutto ciò che le aveva detto quella mattina era vero, perché non si ribellava? Perché continuava a dirle di aspettare? Forse voleva che fosse lei a chiedergli di salvarla, ma questo non sarebbe mai successo. Troppe volete, in quegli anni, aveva tentato di fare affidamento sugli altri, ed era sempre rimasta ferita. Ma allora, cosa poteva fare adesso? Le aveva provate tutte: era scappata, ma l’avevano ripresa; aveva tentato di denunciarli, ma le avevano tolto di mano il telefono; aveva provato a ribellarsi e farsi valere, ma l’avevano punita, duramente. Ora le restava che aspettare e qualcosa, nel suo cuore, le diceva che qualcosa sarebbe successo presto.
Cominciarono ad inoltrarsi per i corridoi dell’istituto: quel luogo era enorme e c’erano come minimo un paio di strade diverse per arrivare nello stesso posto. Il capo viveva nei paini sotterranei, nei quali si accedeva solamente su suo esplicito invito, e ciò succedeva solo quando doveva affidare qualche missione. Il cambiamento nello stile sia di architettura che di arredamento era evidente: tutto aveva un sapore antico; i mobili erano di legno scuro, ma senza tutti i fronzoli che si vedevano di sopra; le pareti erano di un color pesca che a lei, personalmente, non piaceva per niente, ma che riscaldava leggermente l’ambiente austero. Comunque, non c’era niente da fare: odiava quei corridoi, per troppe volte li aveva percorsi sentendo l’alito della morte sul collo e, quella mattina, non era diversa dalle altre.
<< Dove stiamo andando? >> chiese Tommy, aprendo bocca per la prima volta. Will fece per rispondere e lei capì dalla sua espressione che non sarebbe stato gentile. Gli lanciò uno sguardo di fuoco che lo fece tacere e, poi, disse al bambino:
<< Andiamo a trovare Timothy. >>
<< Perché? >>
<< Probabilmente avrà qualcosa da farci fare. >> vide che stava per chiede altro ma, posandosi un dito sulle labbra, gli fece segno di rimanere in silenzio: erano arrivati davanti alla porta che conduceva ai suoi appartamenti.
Il ragazzo spinse il battente e fece strada. Attraversarono un lungo corridoi, su cui si affacciavano molte porte finché, ad un tratto, ne aprì una sulla sinistra ed entrò. La giovane non poté fare a meno di pensare che ogni volta si incontravano nella stessa stanza e, come sempre, il meraviglioso trio era presente. Questa volte però c’era una novità: anche Nora avrebbe preso parte alla caccia. E, al centro c’era lui, Timothy. I suoi lineamenti erano senza tempo, dimostrava un età compresa tra i trenta e i quarant’anni; aveva i capelli castani e gli occhi grigi, occhi gelidi e spietati, che le mettevano i brividi; e, a quanto pareva, non solo a lei, visto che Tommy le si nascose dietro.
<< Bene, siete arrivati subito. >> disse; la sua voce era come gli occhi, congelata.
<< Non si può tardare ad una chiamata. >> rispose lei automaticamente, quelli erano i convenevoli, la buona educazione.
<< Brava, vedo che cominci ad imparare. Come penso tu abbia capito, devi fare da esca oggi. >>
<< Ma non siete andati a caccia ieri sera? Non è bastato? >> non avrebbe mai dovuto aprire bocca.
<< Silenzio! Come osi tu, essere inutile, mettere in discussione i miei ordini? Meriti una punizione. >> neanche avesse dato un comando, Cam le si mise di fronte e stava per darle uno schiaffo, quando l’uomo disse:
<< Non in faccia, o si vedrà il livido. >> allora il ragazzo chiuse a pugno la mano e la colpi allo stomaco, facendola cadere in ginocchio.
<< Quella è la posizione che ti si addice, prostrata ai miei piedi, senza parlare, pronta ad eseguire. >> lei non aveva più la forza di fare niente, l’aria non raggiungeva i polmoni, la vista le si era annebbiata ma, quasi in trance, vide il bambino farsi avanti con le piccole mani serrate lungo i fianchi. In un istante il dolore svanì, non poteva permettere che gli succedesse qualcosa. Si allungo in avanti e, dopo averlo afferrato, lo riportò indietro; forse gli aveva fatto male, ma quello era niente in confronto a ciò che avrebbero potuto fargli quei mostri. Lui cercò di parlare, ma lo guardò con quelli che sapeva erano diventati occhi di fuoco, e il piccolo capì di dover rimanere fermo e zitto.
<< Ma veniamo al dunque… farai da esca per catturare i vampiri che hanno cominciato ad aggirarsi per i viottoli. >>
<< Per quali viottoli? New York è grande. >> chiese in un sussurro.
<< Taci! A te non deve interessare. Vestiti come una ragazza normale, niente delle oscenità che metti di solito. Quasi dimenticavo, porterai Thomas con te; avete un buon rapporto, sembrate fratello e sorella, ossia colore che questi vampiri attaccano di solito. >> a quelle parole, sollevò di nuovo il capo; lei poteva benissimo andare incontro alla morte, ma non esisteva che Tommy dovesse andare con lei. Vista la tempestività dei Guardiani, probabilmente quella era la volta buona che la uccidevano, e avere con se il piccolo significava condannarlo; una cosa inaccettabile.
<< No, lui non viene. >> non le importava niente di prenderne ancora, l’avrebbero lasciato fuori da tutto quel inferno, almeno fino a quando non fosse stato abbastanza forte da difendersi da solo.
<< Come osi rispondere al Guardiano? >> le disse Nora, con voce carica di disprezzo e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Come poteva non difendere i più deboli? Dopotutto, quello era il compito dei Guardiani. Si alzò in piedi e puntò gli occhi in quelli di Timothy. Anche se nel profondo del suo cuore sapeva che non sarebbe servito a nulla, non poteva arrendersi senza fare niente, doveva provare a salvare la piccola vita.
<< Lui non esce. >> la sua voce era diventata d’un tratto potente e vide tutti gli altri sgranare gli occhi stupiti. Con forze che non sapeva di possedere, si alzò in piedi, fino a fronteggiare l’uomo, che ora la guardava con occhi velati.
<< Non può essere. Non puoi avere anche tu quel potere. Era lui l’unico che lo possedeva, non puoi custodirlo anche tu. >> lo sentì sussurrare, così piano che pensò di esserselo immaginato. Sorprendendo anche se stessa, non indietreggiò quando l’uomo si alzò di scatto, ma gli si mantenne di fronte, a testa alta.
<< Tu fari ciò che ti dico io, esattamente ciò che ti dico io. >> sibilò con voce furente
<< Il bambino non esce. >> gli rispose lei a tono. Non parlarono per alcuni istanti, in cui continuarono a lanciarsi occhiate di fuoco, fino a quando la raggiunse un altro pugno allo stomaco. Questa volta fu immensamente più potente, così forte da farla cadere all’indietro e farle sbattere la testa.
<< Tu farai ciò che dico io. >> le sputò Timothy, con la mano ancora serrata. La giovane sentì delle manine sul viso e, per un attimo, riuscì a scorgere gli occhi di Tommy, ma era molto debole, sentiva che stava per perdere i sensi. Non vide Timothy fare un cenno a Will, semplicemente, smise di sentire il pavimento freddo sotto la pelle. Fu parzialmente consapevole che si stavano muovendo e che il bambino le teneva la mano. Svenne prima che uscissero dalla porta.

Primo punto, non uccidetemi, so che non vi sto dando risposte, ma solo più domande, ma portate un pò di pazienza, fra un pò verrà chiarito quasi tutto.
In secondo luogo, vorrei dirvi che Will non avrà molta importanza, è solo un personaggio come Cam, forse un pò più importante. Spero che questo non  vi deluda ma, per lui, non ho grandi piani. Piuttosto, vorrei sapere che ne pensate di Timothy. Serve, dire che lo detesto? 
Mi sembra che questo capito, tranne che verso la fine, sia un pò più allegro e che lei sia più serena, che ne pensate? fatemi sape
re, per favore.
al prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


5

Quando riprese i sensi, era sdraiata sul suo letto, ai cui piedi erano poggiati dei vestiti. Si alzò lentamente e diede uno sguardo: una camicetta bianca ed una gonna bordò a pieghe che arrivava poco sopra il ginocchio. Appena li prese in mano, dalle pieghe cadde un foglietto su cui era scritto, quasi di fretta, un orario. 

17.15

Neanche a farlo apposta, aveva circa mezzora per prepararsi. Sospirò e fece una doccia veloce. Il problema si presentò quando dovette pettinarsi e truccarsi: non le avevano detto che esca era quella volta. Doveva essere una brava ragazza? O doveva essere più simile alla sera prima? Ricordando che c’era anche il bambino, optò per la prima ipotesi. Asciugò i capelli in modo che cadessero naturali, in morbide onde sulle sue spalle fino a metà schiena; si truccò leggermente, mettendo leggermente in risalto le labbra con un rossetto rosa. Indossò gli abiti e fece in modo che la camicetta, seppur abbottonata, lasciasse completamente scoperto il collo. Mise delle calze color carne e degli stivali che le fasciavano il polpaccio. Per un istante pensò di aggiungere un cappotto ma, probabilmente, non le avrebbero permesso d’indossarlo: doveva farsi notare, e quale modo migliore che girare innocentemente con un solo strato di vestiti indosso?
Si affrettò a scendere, non sarebbe stato un buon inizio arrivare in ritardo, soprattutto dopo gli eventi della mattinata. Ora che ci pensava, era stata svenuta per gran parte del giorno, strano, di solito riprendeva i sensi più velocemente; forse il suo corpo si era indebolito molto più di ciò che lei aveva percepito. Quando arrivò nell’atrio, un brivido gelido le corse lungo la schiena: c’era Tommy vestito di tutto punto per l’uscita; per fortuna a lui avevano concesso il giubbotto. Appena la vide, il bambino le si fece incontro con un grande sorriso; le tese le braccia e lei, facendo un’enorme fatica, lo prese in braccio.
<< Come stai? >> le chiese, dopo averle schioccato un bacio sulla guancia
<< Benissimo, e tu? >> fece lei, regalandogli un grande e dolce sorriso.
<< Non vedo l’ora d andare! >> la giovane non fece in tempo a dire niente, perché Will la precedette:
<< Bene, perché è ora. >> poi aggiunse, guardandola fisso << Girovagate per un po’ in città poi, quando si fa buoi, dirigetevi verso le prime strade secondarie che vedete, in modo da allontanarvi dal resto della gente. Noi vi copriremo le spalle. >> certo, come no. Con ogni probabilità, sarebbero intervenuti solamente con il vampiro ad un soffio dalla sua carotide, nel più roseo dei casi. Altrimenti, l’avrebbero anche lasciata morire, senza poi avere neanche un minimo rimorso.
Non appena il portone dell’istituto si chiuse dietro di loro, la ragazza provò una strana sensazione, quasi di nausea. Cercò di convincersi che era data dal fatto che non aveva mangiato e che quelli erano solo crampi, o che la causa era la presenza di un bambino in missione, ma qualcosa le diceva che non era così. Camminarono per un po’, tenendosi per mano; era adorabile il modo in cui il bimbo sorrideva, felice di essere in un posto nuovo. Continuava a chiacchierare, dicendole quanto gli piacesse questa cosa o quella, cosa avrebbe desiderato fare, chiedendole il nome o la funzione di tutto ciò che non aveva mai visto o, semplicemente, dicendo frasi senza senso. Per lei non aveva importanza che domande le faceva, se erano sciocche o no, l’unica cosa che contava era che fosse felice. Passarono davanti a molte vetrine di giocattoli e, ogni volta, Tommy si fermava ad ammirarle; in certi momenti, il suo sguardo s’intristiva, più spesso, gli occhi brillavano e basta ma, a lei, parve di sentire l’eco della malinconia che lo stava colmando. Non doveva essere triste, non doveva crescere troppo in fretta, non anche lui. Ad un tratto, scorse in lontananza un parco giochi, un po’ fuori dal centro, ma voleva andarci, per rendere di nuovo felice il bambino, anche se questo voleva dire disobbedire agli ordini. Non le importava, avrebbe affrontato le conseguenza che ne sarebbero derivate a testa alta, consapevole di aver agito con uno scopo preciso: vedere Thomas sorridere.
<< Vieni, andiamo a giocare. >>
<< Dove? Dove andiamo? >> le chiese, entusiasta. La giovane non rispose ma fece un cenno in direzione del parchetto e lui batté le manine, tutto contento. Non era molto grande e c’erano poche giostrine: lo scivolo, l’altalena, il treno di legno e la buca per la sabbia ma, non appena vide il suo sguardo, seppe di aver fatto la cosa giusta. Lui corse verso l’altalena e, dopo esserci salito, le disse:
<< Mi vieni a spingere? >> lei gli sorrise e, una volta alle sue spalle, cominciò lentamente a farlo volare. Le risate che ogni tanto gli sfuggivano erano impagabili, facevano bene al cuore. Dopo, fu il turno dello scivolo e, per mezz’ora buona, non fece altro che salire e scendere, ancora e ancora. Ad un tratto, le si aggrappò alla gonna e la tirò leggermente, per attirare la sua attenzione.
<< Cosa c’è? >> gli chiese
<< Ho tanta sete. >>
<< Adesso vediamo cosa si può fare. >> cominciò a guardarsi intorno fino a quando non scorse una fontanella in un angolo. Gli fece cenno di seguirla e si avviò in quella direzione. Dopo avergli fatto mettere le mani a coppa sotto il rubinetto, aprì l’acqua e lo guardò bere; gli porse un fazzolettino per asciugarsi e poi attese, guardandosi attorno.
Fu in quel momento che si rese conto che il buoi gli aveva sorpresi, che erano in periferia e che non si vedeva nessuno per isolati. Un brivido le corse lungo la schiena, facendola rabbrividire. Erano vicini, c’erano vampiri nei paraggi. Dannazione! Era troppo presto, erano troppo allo scoperto. Prese per mano Tommy e lo condusse vicino al treno; lo fece salite in uno dei vagone e gl’intimò di accovacciarsi sotto un sedile.
<< Promettimi che non ti muoverai di qui, che resterai fermo e immobile finché gli altri non arriveranno. >> il piccolo annuì, con gli occhi grandi di paura. Lei gli posò un bacio sulla fronte, per poi allontanarsi, pregando che fossero troppo presi da lei accorgersi di lui. Si sedette sull’altalena, sbottonandosi leggermente la camicetta, in modo da lasciare tutto il collo e parte delle spalle scoperte; sollevò anche la gonna, così che le arrivasse a metà coscia, era indecente, lo sapeva, ma era anche consapevole che, solo in quel modo, sarebbe stata in grado di attirare l’attenzione dei vampiri. Abbandonò la testa contro la catena, prima di mordersi il labbro, tanto da ferirsi, e cospargersi di sangue le labbra; se non funzionava così, non sapeva proprio più cosa fare. Che piano idiota era stato quello dei Guardiani, e che ingenua lei a crederci. Non sarebbero mai venuti in suo soccorso, l’avrebbero lasciata morire nelle grinfie dei dannati. Ma, forse, avrebbero salvato Tommy, dopotutto, era uno di loro.
Fortunatamente, la sua idea funzionò e, poco dopo, tre individui vennero avanti dall’ombra.
La paura la invase, le sembrava di essere tornata nel suo incubo, il sudore freddo cominciò ad imperlarle la fronte. Uno di loro camminò fino a fermarsi davanti a lei e le tese la mano. L’afferrò e, anche se la paura le attanagliava lo stomaco, gli i mise davanti; avrebbe fatto di tutto, di tutto, pur di tenerli occupati. I suoi due compari le andarono dietro e le bloccarono le braccia, esattamente come quella notte. Anche se ormai sapeva cosa aspettarsi, sobbalzò lo stesso, quando il capo le strappò la camicia, per poi accarezzarle la schiena e poggiarle le labbra sul collo. Era veramente così, dunque, che doveva morire. Quell’incubo era premonitore, uno messaggio dal futuro, ma lei era stata troppo cieca per rendersene conto.
Il dolore arrivò, acuto, insopportabile, fortissimo, nell’attimo esatto in cui i denti le entrarono nella carne. Lo sentì distintamente, lo sentì succhiare il suo sangue con avidità. Quando credette che non potesse andare peggio, gli altri due si avventarono sui suoi polsi. Rovesciò all’indietro la testa e gridò. Non si aspettava che dalle sue labbra potesse uscire ancora un suono, ma l’urlo fu così lacerante e pieno di dolore che le sembrò far allentare la presa dei vampiri. Ad un tratto, mentre la fine stava sopraggiungendo, sentì un alito di vento e qualcosa, dentro di lei, le disse che non era stato un umano a provocarlo.
Tutto accadde in attimo: la morsa intorno a polsi cessò all’improvviso e, qualche attimo dopo, anche il vampiro che stava banchettando sul suo colo si alzò. Le parve di sentire qualcosa, attraverso la nebbia che l’avvolgeva, una voce calda e rassicurante. Le gambe non la ressero, ma quasi non si accorse di cadere. Si aspettava di sentire il terreno duro sotto di sé, l’erba bagnata di umidità, ma niente di tutto ciò accadde, perché due forti braccia l’afferrarono.
Un attimo prima di perdere i sensi, attraverso le coltri dell’incoscienza, vide due enormi occhi verdi che la fissavano e pensò che, se stava per morire, almeno aveva avuto la fortuna di vedere gli occhi più belli che si potessero mai desiderare.
 
Eccomi qui, dopo una settimana, con un nuovo capitolo, che spero vi sia piaciuto. Avete visto? La nostra bella è stata attaccata dai vampiri. e ora, cosa succederà? Di chi erano quelle braccia forti e quegli occhi verdi? ma, sopratutto, cosa le accadrà ora? Spero che vi abbia incuriosito e che continuerete a leggere la mia storia. Colgo anche l'occasione di ringraziare tutti coloro (sempre più numerosi) che seguono o recensiscono questa storia. Grazie davvero e spero che continuerete. Ora vi lascio ma, per favore, fatemi sapere ch cosa ne pensate ;) 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Piccola nota: questo capitolo non è dal punto di vista della protagonista, ma ancora non mi va di svelarvi di che è. Ci vediamo giu :)

6

Non sapeva nemmeno lui perché si stesse comportando così. Erano giorni ormai che pattugliava i bassifondi, il che non aveva senso, a quello ci pensavano i Guardiani. Lui, invece, si occupava di tutti gli altri, da più di cinquecento anni. Era il Giustiziere, il braccio destro dei Sommi; colui che faceva fuori tutti i vampiri che rischiavano di mettere nei guai la comunità. Era il lavoro giusto per lui, mantenere la pace, la tranquillità, pur sempre rimanendo nell’ombra. All’inizio, odiava la sua vita e, tuttora, avrebbe preferito un’esistenza normale, ma ormai non poteva farci più niente quindi, tanto voleva sfruttare l’eternità.
La sua attenzione fu attirata da un vicolo buoi. Respirò profondamente: c’era odore di paura, tanta paura; c’era odore di cenere; c’era odore di fuoco. I Guardiani erano stati lì e, a quanto pareva, la loro caccia era stata fruttuosa. Ultimamente stavano migliorando, avevano cominciato a colpire sempre più spesso ed efficacemente. Gli rimaneva soltanto un dubbio: chi è che conduceva in trappola i vampiri? Chi era così bravo, addestrato e invitante da confondere la mente gelida e razionale dei vampiri e far fare loro un passo falso? Di sicuro qualcuno di potente, da tenere d’occhio. Si avviò verso l’istituto che addestrava le nuove reclute, se così si potevano chiamare. Loro pensavano di essere tanto furbi, ma tutti i vampiri di un certo livello sapevano l’ubicazione dell’orfanotrofio. Un grande edificio, imponente, quasi inquietante; aveva la capacità di ospitare molte decine di persone ma, sapeva per certo, i bambini ora erano pochi. E chissà, fra loro, chi poteva essere l’esca. Bisognava stare attenti, o rischiavano di diventare un problema per tutti, non solo per i delinquenti che non contavano niente.
Chiuse gli occhi e si concentrò: era sera tardi e non c’erano molte persone ancora sveglie; sentì una voce maschile che intimava a qualcuno di andare nella sua stanza, ma non gli giunse nessuna risposta, probabilmente l’ordine era stato eseguito. Attese a lungo, ma dovevano essersi tutti spostati a piani inferiori, quelli insonorizzati. Gli unici passi che ancora si udivano, erano quelli leggeri al secondo piano, presumibilmente appartenenti all’individuo di prima. Scosse la testa, sconsolato: quella sera non avrebbe ottenuto niente, doveva aspettare che entrassero ancora in azione. Si arrampicò fino al tetto di un palazzo vicino e attese che si facesse giorno. Quella era la parte della caccia che aveva sempre detestato, non facevano per lui gli appostamenti, preferiva la pura azione. Di solito cercava di scaricare ad altri i lavori a stretto contatto con i cacciatori, ma questa volta i cinque Sommi erano stati irremovibili: quella missione era obbligatoriamente ed esclusivamente sua. Sbuffò, irritato: detestava i Guardiani. Non che non gli facessero un piacere, occupandosi degli scarti della società dei vampiri, ma aveva assistito ai tempi della loro grande ascesa e, ora, erano tornati ad essere niente più di piccoli ed orripilanti insetti, corretti fino al midollo, egoisti. Il loro ordine esisteva ancora soltanto perché i bambini continuavano ad arrivare in quello che avrebbe dovuto essere un orfanotrofio. Si raccontava che solamente coloro che erano scelti dal destino, entravano a farne parte. Questa non era una cosa propriamente negativa, perché insegnava ai bambini a difendere e difendersi da esseri la cui esistenza, ormai, per l’umanità, era solo un’invenzione; ma, negli ultimi tempi, avevano cominciato a ricoprire ruoli rilevanti fra gli umani, minando l’ordine delle cose. Se avessero attentato alla vera comunità di vampiri, sarebbe stata guerra aperta e, quei fragili umani, non avrebbero avuto nessuna possibilità di vincere. Ciononostante, la conseguenza più grave sarebbe stata una sola: l’esistenza dei vampiri sarebbe stata svelata, precludendo così loro la possibilità di una vita da umani. Infatti, chi faceva parte della comunità, seppur in minima parte, rimpiangeva la vita che conduceva prima, e cercava ogni modo possibile per riavvicinarsi a quell’esistenza. Per lui, invece, era indifferente; prima o dopo, era sempre stato solo, e così sarebbe rimasto per l’eternità.
Ad un tratto, un grido lo riscosse dai suoi pensieri. Cercò di scorgere qualcuno per strada, ma era tutto deserto, così capì: proveniva dall’edificio che stava sorvegliando. Era indeciso: doveva rimanere lì, o andare a vedere cosa stava succedendo, cercando di capire chi stava male? Qualcun altro decise per lui: il cellulare si mise a vibrare. Sapeva che non avrebbe potuto rifiutare la chiamata, e così rispose; di sicuro, i Guardiani sarebbero andati a controllare al posto suo.
<< Pronto. >> disse
<< Ho bisogno della tua presenza. >> gli rispose una voce maschile
<< Arrivo. >> non c’era bisogno di dire altro, sarebbe stato eccessivo. Si rimise l’apparecchio in tasca e si alzò. Lanciando un ultimo sguardo all’orfanotrofio, si chiese se non stesse sbagliando, se non fosse più giusto restare, ma aveva ricevuto un ordine, e doveva obbedire.
Dopo essersi lasciato cadere dal grattacielo, cominciò a correre per la città, così velocemente da rendersi invisibile all’occhio umano. Adorava il vento che gli s’infrangeva contro, gli dava un senso di libertà, di potere veramente straordinario. I piedi non toccavano quasi terra e, in un paio di minuti, fu fuori dalla città. Proseguì ancora, sempre più lontano dalle luci e dal caos, fino a giungere in un’anonima zona residenziale. Si avvicinò ad una casa identica alle altre, di un tenue color giallo. Le luci erano spente, ma ai vampiri non servivano. Bussò impercettibilmente, le nocche accarezzarono appena il legno e, da l’interno, giunse un sussurro:
<< Entra. >> fece ciò che gli era stato detto, per poi dirigersi direttamente nello studio. Non appena aprì la porta, trovò un vampiro biondo dagli occhi azzurri seduto dall’altro lato della scrivania. La stanza era proprio come la ricordava: senza finestre, con una parete occupata da una libreria; una completamente coperta da un planisfero e, l’ultima, tappezzata di fotografie. Prese posto sulla poltrona di pelle, in modo da essere di fronte all’altro.
<< Mi sei mancato, amico. >> gli disse il biondo 
<< Anche tu, Nathan. >> rispose lui. In quell’istante, la curiosità ebbe la meglio su di lui. I Sommi non convocavano mai senza un motivo.
<< Ho una domanda. >> chiese
<< Dimmi. >>
<< Perché sono qui? Se fosse stato solo per una visita di piacere, non mi avresti chiamato al cellulare, saresti venuto direttamente a casa mia. >>
<< Molto perspicace, Aaron, come sempre. Si, hai ragione, dovevo parlarti di una cosa. >>
<< Sono tutt’orecchi, e ho come il vago presentimento che riguardi i Guardiani. >>
<< Esattamente. Vedi, questa notte hanno annientato un vampiro diverso dagli altri; certo, sempre facente parte della feccia, ma abbastanza scaltro da sopravvivere per duecento anni. >>
<< Uno di quell’età si è fatto mettere nel sacco da quegli incapaci? >>
<< Si, e cominciamo a temere per la nostra gente. Se alzano il tiro, potrebbero cominciare a colpire anche tutti coloro che sono rimasti nell’ombra tutto questo tempo, decimandoci irrimediabilmente. Tuttavia, a preoccuparci non sono propriamente i Guardiani, tanto più la loro esca. Alan è stato sul luogo dell’uccisione quando il suo odore era ancora presente e mi ha detto che era strano; certamente umano, ma con una nota sovrannaturale, quasi di magia. Un profumo così delizioso da farti perdere la lucidità. >>
<< Mi stai dicendo che lei è la preda per eccellenza? >>
<< Esattamente. >>
<< E tu vuoi che io la uccida. >>
<< No, non voglio questo. Ho un presentimento Aaron, sento che il suo destino non è soccombere; ma neanche rimanere accanto ai Guardiani. >>
<< Vuoi che la rapisca? >>
<< No, per il momento limitati a tenerli d’occhio. Ma, mi raccomando, l’esca non deve morire. >>
<< Non ti preoccupare, Nathan. Sai perfettamente che non fallisco mai. >>
<< Già, per questo sei il Giustiziere. >> uscirono dallo studio e, una volta davanti alla porta, si abbracciarono; ormai si conoscevano da così tanto tempo da essere diventati migliori amici.
<< Non aspettare ancora così tanto, prima di venirmi a trovare. >> gli disse Nathan e lui gli rispose con una sorta di saluto militare. Era l loro rito: uno si lamentava delle poche volte che si vedevano, e l’altro faceva finta di trovarsi davanti ad un generale. Guardò il cielo e vide che, a est, cominciava ad imporporasi. Il sole stava sorgendo. Non si era reso conto di aver passato così tanto tempo dal suo vecchio amico ma, dopotutto, non era un problema. I Guardiani si sarebbero di scuro mossi solamente verso sera; aveva tutto il tempo di andare a caccia.
Lo aspettava una nuova missione, e doveva essere nel pieno delle forze.

Allora, che ve ne pare? in tanto, abbiamo scoperto che il nostro vampiro si chiama Aaron e che il suo amico, Nathan, è uno dei Sommi. Ma chi saranno mai? Che casa avrà inetenzione di fare il vampiro? lo scopriremo nel prossimo e pisodio! scarzi a parte, fatemi sapere che ne pensate!

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Aaron

7


Aveva impiegato più tempo del previsto, inoltrandosi così tanto nel continente. Però ne era valsa la pena, ora le sue vene erano piene di sangue fresco, che andava a rimpolpare le sue scarse riserve. Mentre correva, con la pioggia che gli sferzava il viso, ripensò a ciò che gli aveva detto Nathan quella mattina, riguardo il profumo dell’esca: un odore strano, di magia, la preda predestinata. Eppure, gli pareva di ricordare che fosse già successo, che quella descrizione fosse già stata fatta per qualcuno. Si fermò di scatto, con gli occhi sgranati: certo che l’avevano già detto! Solamente che, la scorsa volta, quello preso in esame era lui. Si chiese come avesse fatto a dimenticarsene; certo, aveva sentito quelle parole subito prima di venire morso, ma comunque avrebbe dovuto ricordarle, visto che erano estremamente importanti. La magia, per i vampiri rappresentava sia un’enorme attrazione che un segnale di pericolo. Un tempo, agli albori della civiltà, erano quest’ultimi ad avere il controllo di quella splendida arte; poi, un giorno, il Drago d’Argento aveva reputato troppo pericoloso lasciare loro quell’esclusiva, soprattutto perché la specie umana, appena nata, era già in netto svantaggio. E così, aveva privato i vampiri di quel potere, assorbendolo in sé. Nonostante ciò, nessuno si era arrabbiato con lui, perché tutti sapevano che era saggio e giusto, non agiva mai per interesse personale o di un solo individuo. Il Drago d’Argento si occupava di mantenere l’ordine tra i vampiri e si narrava che, nei tempi in cui ancora era in grado di volare, occupando il cielo con le sue enormi ali d’argento, nessuna guerra aveva devastato i popoli, nessun villaggio era morto annegato nel sangue per volere dei vampiri. Fino a quando, troppo stanco e vecchio per continuare, aveva affidato il nucleo del suo potere ad un giovane, intimandogli di proteggere il mondo dagli eccessi dei vampiri. Quel giorno nacquero i Guardiani del Drago.
Scosse leggermente la testa chiedendosi, forse per la milionesima volta, come diamine avessero fatto a cadere così in basso. Lui ricordava com’erano all’inizio, sebbene si fosse appena svegliato. Erano il terrore dei vampiri più deboli, quelli che uccidevano molte persone, ogni notte. Ora invece, tutti li deridevano. Sospirando, riprese il viaggio,era pieno pomeriggio e ci voleva un altro paio d’ore per ritornare a New York e, se non si sbrigava, rischiava di perdersi la loro prossima azione. E così, mentre attraversava uno stato dopo l’altro, si chiedeva qual’era il piano dei Sommi, cos’avevano intenzione di fare don l’esca, e perché, doveva tenerla d’occhio proprio lui? Nathan gli aveva detto di seguirla,do tenerla d’occhio, ma a quale scopo? Forse ci sarebbe arrivato da solo, ma ora era troppo presto per saperlo.
Giunse a destinazione che il sole stava calando. Si maledisse mentalmente, probabilmente, i Guardiani erano già entrati in azione e anche tornati a casa. Decise di partire proprio dall’orfanotrofio con le ricerche perché, dopotutto, da lì erano sicuramente passati. Ed infatti, una volta giunto all’istituto, si rese conto che c’erano cinque diverse scie, che andavano più o meno nella stessa direzione. Inspirò profondamente, cercando di capire di chi si trattasse: una era giovane, fresca… di un bambino. Un bambino! Erano veramente pazzi ed incoscienti, se ne avevano portato uno in missione, non era una delle regole di cui si vantavano sempre, quella di non portare a caccia chi non era in grado di difendersi? Probabilmente avevano avuto le loro ragioni ma, di sicuro, erano stati molto avventati. Continuò a respirare e si rese conto che due piste erano più vecchie delle altre, forse erano quella dell’esca e del bambino, e decise di seguirle. I due avevano gironzolato per un po’ davanti ai negozi; notò che l’odore era più marcato davanti alle vetrine di giocattoli, allora c’era veramente un bambino. E, mentre i due gironzolavano, gli altri erano stati comodamente seduti su un tetto, senza muovere un muscolo. Quando sentì che la scia scambiava improvvisamente direzione, si fermò un attimo a valutare la sue ipotesi: o l’avevano fatto per depistare possibili inseguitori, ma era improbabile visto che erano a caccia; o avevano ricevuto l’ordine di tornare indietro, ma gli sembrava strano visto che l’odore era ancora forte e, mentre camminava, era sicuro di non averlo sentito più forse, proveniente da due persone. Fu in quel momento,mentre era immerso nelle sue riflessioni, che sentì un grido. Un urlo di dolore preveniente da poco lontano. Le sue gambe agirono da sole, abbandonando la velocità umana con cui si era mosso fino a quel momento. In meno di un istante fu in un parco giochi e, davanti ai suoi occhi,vide una scena davvero raccapricciante: tre vampiri, che stavano bevendo contemporaneamente dal collo e dai polsi si una ragazza.
In un istante fu lì e, con un singolo strattone, le levò quei luridi essere di dosso.
<< Non avreste dovuto farlo.>> disse loro, non c’era bisogno di altro, loro sapevano chi avevano davanti; bastava guardare le loro espressioni terrificate. Tutti conoscevano il Giustiziere. Ma a loro avrebbe pensato dopo perché, in quel momento, l’unica cosa di cui era consapevole, era la giovane che si stava accasciando al suolo. La sorresse giusto prima che toccasse il terreno. Era pallidissima, ricoperta da un velo di sudore gelido e, dalle ferite, sgorgava caldo sangue vermiglio. Ma, che lo incantarono, furono i suoi occhi, color del cielo d’agosto, meravigliosi, sebbene appannati e quasi febbricitanti. Qualcosa, dentro di lui, gli disse che non poteva lasciarla morire, che non era giusto che una creatura così bella si spegnesse per sempre.  Così chiuse gli occhi e, concentrandosi a fondo, riuscì a sentire il potere che si concentrava sulla punta delle sue dita, che cominciarono a a brillare lievemente d’argento. Lievemente, sfiorò le mezzelune rosse che profanavano quella pelle candida e le guardò, mentre scomparivano senza lasciare traccia. Appoggiò delicatamente il corpo della ragazza al suolo e, toltosi la camicia, gliela avvolse intorno, per tentare di ripararla dal freddo. Si concesse un altro lungo sguardo al suo viso, così bello e perfetto, divino, prima di alzarsi in piedi.
Come previsto, i tre vampiri erano ancora lì, in posizione di combattimento. Sapevano benissimo che non avrebbe avuto senso scappare perché, anche a costo di far passare anni, il Giustiziere gli avrebbe trovati e, più tempo passava, più la loro morte sarebbe stata lunga e dolorosa.
<< Allora, avete qualcosa da dirmi? >> chiese, per pura formalità tanto, il loro destino era segnato.
<< Ci stavamo solamente nutrendo. >> disse l’essere che prima stava succhiando dal collo. Aveva i capelli castani e gli occhi grigi, in cui si leggeva una spietata brama di sangue.
<< Non mi pare che sia una modalità prevista, in tre dalla stessa persona. >>
<< E a te che importa? Non dovresti occuparti dei delinquenti di alto livello? >> avevano ragione, ma dopotutto, lui salvaguardava la tranquillità, indipendentemente da chi era a minacciarla.
<< I Sommi mi hanno dato ordine di mantenere la pace, e voi siete un ostacolo. >>
<< Sono i Guardiani che si occupano di quelli come noi. Tu non centri niente. >>
<< Si, avete ragione, ma visto che non sono qui, perché non alleggerirli il lavoro? >> rispose lui, sarcastico, era scontato che non sarebbero riusciti a sopravvivere.
<< Intanto, prova ad ucciderci, poi ne riparliamo. >> poveri illusi, credevano veramente di riuscire a scamparla. Non diede loro neanche il tempo di rendersi conto di ciò che stava succedendo; non appena sentì i canini allungati totalmente, piombò su quello che stava a sinistra e, con un solo morso, gli staccò la testa. Il corpo cadde al suolo, ancora preda delle convulsioni, ma a lui non impostava: aveva disobbedito, andava punito. Purtroppo, il fattore sorpresa non poteva essere usato contro gli altri, che si erano già preoccupati di allontanarsi a sufficienza. Ma non avrebbe mai concesso a quegli esseri, che avevano trattato la ragazza in modo tanto orribile, di sopravvivere.
Con un balzo, fu dietro all’altro vampiro che aveva azzannato i polsi. Gli prese la testa tra le manie, con un colpo secco, gli ruppe il collo. Guardò il cadavere cadere, non appena la testa cadde a terra, sollevando un po’ di polvere, si voltò verso l’ultimo sopravvissuto, il capo. ora non faceva più l’arrogante, anzi, tremava; i suoi occhi erano sbarrati, le pupille dilatate. Ucciderlo sarebbe stato veramente divertente.
Non fece in tempo neanche a muovere un passo nella sua direzione, che un pugnale lo colpì alle spalle, trapassandogli il cuore.
A quanto pareva, i Guardiani erano finalmente ed inutilmente arrivati.

Non so cosa pensare di questo capitolo... mentre lo scrivevo ha preso una strada diversa da quella iniziale. Spero vi sia piaciuto e che abbia risposto al meno a qualcosa (anche se non mi sembra). che ne pensate del nostro Aaron? E il finale, come vi sembra? fetemi sapere ! Vi aspetto numerosi ;)

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


8

Quello proprio non se lo aspettava; alla fine, erano arrivati. Beh, un po’ in ritardo, visto che due assalitori su tre erano già morti. Ma, purtroppo, trattandosi dei Guardiani, era impossibile che non facessero danni. Perché, nell’esatto momento in cui pugnalavano lui, l’ultimo vampiro sopravvissuto, il “capo”, si era dato alla fuga. E così, ora avrebbe dovuto cercarlo in lungo ed in largo; non poteva permettere che rimanesse vivo, con il chiodo fisso di voler uccidere la ragazza, ora che ne aveva assaggiato il sangue. Se non fosse stato per quegli incapaci, ora sarebbero tutti e tre morti e lui avrebbe potuto occuparsi di lei in santa pace. Ma, dopotutto, quando hai a che fare con i Guardiani, niente va come previsto.
<< Caccia grossa, questa sera. Tre morti e uno scappato, proprio niente male. >> disse uno dei quattro ragazzi che erano appena giunti, una femmina e tre maschi. Illusi, credevano veramente di averlo già ucciso? Lui era il Giustiziere e se era sopravvissuto così tanto tempo andando ad uccidere i peggiori assassini psicopatici che le Terra avesse mai visto, c’era un motivo: era quasi impossibile farlo fuori.
Ora, probabilmente, i ragazzini stavano aspettando di vederlo stramazzare al suolo, ma non aveva nessuna intenzione di accontentarli. Con fare noncurante, come se non fosse successo nulla, allungò il braccio dietro la schiena ed estrasse il pugnale. Sempre di spalle, mentre sentiva la ferita rimarginarsi da sola ed i quattro ansimare a quella vista, si rigirò l’arma tra le mani. Era proprio come quelle di un tempo: la lama sembrava di diamante, completamente trasparente ma, invece, era di un materiale non presente sulla Terra, un materiale creato grazie alla magia del Drago. Era quello l’asso nella manica dei Guardiani perché bastava un solo graffio fatto con quella lama, per far stramazzare si che ogni vampiro stramazzasse al suolo, morto; perfino i Sommi dovevano stare attenti. Per fortuna, le armi erano un numero molto limitato e, quindi, non era frequente imbattersi in un cacciatore con un oggetto simile. Era strano che avessero affidato un’arma d’inestimabile valore ad un ragazzino non ancora maggiorenne, forse era così forte e fuori dal comune, che avevano decretato fosse una mossa sensata. Dopotutto, il tiro era stato potente, preciso, letale; non fosse che il bersaglio era lui. Non aveva mai capito del tutto perché fosse immune alle armi dei Guardiani, ma non poteva che bearsi di quel dono fattogli dal destino.
Lentamente, tenendo il pugnale per la punta della lama, si voltò a guardare i quatto. Erano proprio ragazzini, sui sedici anni, ma equipaggiati di tutto punto per una caccia al vampiro. Non c’erano dubbi, l’ordine aveva cominciato a puntare più sulle nuove reclute che sui veterani.
<< Come fai ad essere ancora vivo? >> chiese uno di loro. Non riuscì ad impedirsi un piccolo sorriso di scherno; visto il lavoro che facevano, avrebbero dovuto essere di mentalità un po’ più aperta e flessibile. Avrebbero dovuto cominciare ad escogitare un modo per ucciderlo, invece, se ne stavano lì, immobili, a bocca aperta, totalmente e completamente vulnerabili.
<< Non penso siano affari che vi riguardano, giusto? >> la sua era una domanda retorica ma, visto che era lì, perché non vedere come andava a finire? Nel mentre che cercavano di trovare una risposta, estrasse da una tasca un accendino e, accovacciatosi vicino ai cadaveri, diede loro fuoco. Certo, i vampiri erano morti, ma con un’abbondante dose di sangue o del veleno, potevano benissimo tornare in vita, quindi era sempre meglio distruggere il corpo. Lanciò un’occhiata ai giovani, ma erano ancora là a fissarlo sbalorditi. Stringendosi nelle spalle, si avvicinò alla ragazza e le s’inginocchiò affianco; ora non era più un pensiero dei Guardiani, la sua protezione. Una regola diceva che, chiunque salvasse qualcuno dall’attacco di un vampiro, ne diventava immediatamente responsabile, con l’obbligo di prendersene cura fino a quando non fosse in grado di difendersi da solo da quelle creature. Era una regola antichissima, dettata dal Drago d’Argento millenni prima e, sebbene non fosse scritta, tutti erano tenuti a conoscerla e rispettarla, cacciatori compresi. Quindi, dal quel momento, la ragazza era sotto la sua protezione. Ma, non appena le scostò i capelli dal collo, i ragazzi parvero risvegliarsi dall’immobilità in cui erano caduti. Doveva riconoscere che erano pronti di riflessi perché, in un istante, lo circondarono, puntandogli contro ogni arma di cui disponevano.
<< Per pura curiosità, ora cosa avreste intenzione di fare? >> chiese loro, mentre si assicurava che le ferite della fanciulla fossero rimarginate completamente e non vi fossero altri danni.
<< Ti uccideremo. >> rispose lo stesso che aveva parlato prima.
<< E con cosa, di grazia? >> per tutta risposta, caricarono le pistole. Scoppiò a ridere, proprio non poté trattenersi.
<< Pensate veramente che, dopo che i vostri pugnali hanno fallito, quelle possano farmi qualcosa? >>
<< Forse a te niente, ma a lei di sicuro fanno male. >> ribatté il ragazzino, puntando l’arma contro la giovane a terra. A sentire quelle parole, un altro di loro s’irrigidì e disse, con voce tremante:
<< Cam… stai scherzando, vero? >> gli altri gli lanciarono un’occhiata di fuoco.
<>
<< Non so quanto ti convenga provare ad ucciderla. >> gli disse Aaron
<< E perché no? >>
<< Perché la tua testa si ritroverebbe a rotolare tutta sola sul terreno, staccata dal resto del corpo. Ora lei è sotto la mia protezione e ciò significa che non potete neanche sfiorarla. >>
Per tutta risposta, quello che aveva intuito chiamarsi Cam, sparò.
Con uno scatto di cui solo un vampiro era capace, il Giustiziere intercettò il colpo con il proprio corpo, facendo da scudo alla ragazza. Il proiettile, com’era prevedibile, rimbalzò contro il suo petto e finì ai suoi piedi. La furia lo accecò, nessuno poteva prendersi gioco di lui ma, soprattutto, non si doveva mai importunare chi era sotto la sua protezione. In un attimo, fu alle spalle del giovane e, torcendogli un braccio dietro la schiena, gli premette sul collo quel pugnale che poco prima l’aveva colpito al cuore.
<< Mi sembrava di averti detto di non toccarla. Ora mi sa che devo proprio ucciderti. >> gli sibilò all’orecchio. L’altro non proferì parola, si limitò a deglutire rumorosamente; non che gli interessasse poi tanto una risposta. Stava per tagliargli la gola, quando sentì qualcuno muoversi vicino al treno di legno del parco giochi. Era imprudente lasciarli lì con la ragazza, per andare a controllare chi era, lo sapeva benissimo, ma il suo istinto gli diceva che non sarebbe successo niente di male. Però era combattuto, perché lasciare liberi i Guardiani avrebbe concesso loro una valida opportunità di fuga ma, probabilmente, era il bambino ad aver fatto quel rumore. Alla fine, sospirando così piano da non farsi sentire dagli umani, decise che valeva la pena rischiare: anche se fossero scappati, li avrebbe raggiunti e conciati per le feste. Si scostò dal ragazzo e, registrando le loro reazioni ma senza dar loro troppo peso, si diresse verso la fonte del rumore.
Arrivato vicino al primo vagoncino , vi guardò dentro e, trovandolo vuoto, passò a quello dopo. Era sicuro che il movimento fosse stato sul treno, non c’erano dubbi, bastava solo cercare e di sicuro l’avrebbe scovato. Infatti, proprio nell’ultimo, rannicchiato sotto il seggiolino, c’era un bimbo con la carnagione ramata e occhi e capelli color cioccolato. Il piccolo lo fissò per un lungo istante, istante in cui Aaron si aspettò di vederlo scoppiare a pianger dal terrore, ma non successe, anzi; se ne stava là, a guardarlo con occhi sgranati, senza muovere neanche un muscolo.
<< Vampiro. >> sussurrò. Lui annuì con lieve cenno del capo, era sveglio per essere solo un bambino. Allungò le mani verso di lui, esortandolo ad avvicinarsi, così che potesse sollevarlo dal vano dove si era rannicchiato. Una volta che i suoi piedi ebbero toccato terra, alzò il visino verso l’uomo e, guardandolo negli occhi, gli disse:
<< Tu non sei cattivo. Tu hai protetto Light. >> e poi, senza aggiungere altro, si avviò a passetti veloci verso la ragazza stesa a terra.
Non appena le fu vicino, si chinò sul suo viso e le scostò alcune ciocche bionde che le coprivano i lineamenti. Le accarezzò le guance; provò a scrollarla, ma lei non si mosse. Una lacrima gli scivolò lungo la guancia, mentre si girava verso i guardiani e, con voce rotta dal pianto, urlò loro contro:
<< Avevate detto che ci avreste protetto! E invece i vampiri cattivi ci hanno attaccati e Light non si sveglia più! Siete cattivi, tanto cattivi e io non voglio venire con voi. >> poi, girandosi verso il vampiro, che si era accostato al piccolo, gli si aggrappò ad una gamba e disse ancora:
<< Voglio lui; è stato buono e ci ha salvato. >> Aaron non seppe esattamente cosa provò in quell’istante, ma il suo cuore parve aumentare i battiti. Cieca rabbia gli invase la mente: i bambini erano sacri, era la nuova vita, e nessuno aveva il diritto di fare loro del male. Quei cacciatori l’avrebbero pagata cara, ma non in quel momento; prima doveva occuparsi della giovane. Senza pensarci troppo, prese in braccio il bambino.
<< Come ti chiami? >> gli chiese
<< Thomas. >>
<< Adesso devi andare con loro Thomas, non puoi rimanere con me. >>
<< Ma non voglio andare con loro. Sono cattivi e io voglio venire con Light. >>
<< Ti prometto che sarete di nuovo insieme, ma non ora. Per adesso devi tornare dai Guardiani. >>
<< E tu terrai Light. >>
<< Si. >> il bimbo annuì, si asciugò le lacrime e fece cenno al vampiro di farlo scendere. Una volta in piedi, si avvicinò ai quattro, ma non tanto da sfiorarli o farsi toccare. Quello era proprio stata la goccia che fa traboccare il vaso, per il bimbo; a causa del loro comportamento, i Guardiani si erano privati di quello che, una volta cresciuto, sarebbe di sicuro diventato un cacciatore perfetto. Ma non era più tempo di rimuginare su quelle questioni: la ragazza necessitava di cure, al più presto. Anche se il potere di Aaron aveva chiuso i morsi, la perdita di sangue era stata consistente e bisognava rimediare il prima possibile. Però, prima di correre via, doveva dare una lezione a quel moccioso, così che imparasse a rispettare i più potenti. Per un istante, molte punizioni gli sfiorarono la mente, ma in qualche modo sentiva che non erano adeguate; non poteva fargli troppo male, ne lasciargli un marchio troppo evidente, non aveva intenzione di badare anche a non avere Guardiani alle costole. Ad un tratto, ebbe l’illuminazione: se lo feriva con una sua stessa arma, non avrebbero mai potuto risalire a lui. Perse il pugnale, che i ragazzi non si erano curati di raccogliere, da dove l’aveva lasciato cadere, reggendolo per la lama, lo scagliò contro il giovane che aveva disobbedito. L’elsa colpi violentemente la spalla, che produsse un sonoro schiocco; si era rotta. Il ragazzo lanciò un urlo, metà di sorpresa, metà di dolore mentre cadeva in ginocchio a terra, portandosi una mano nel punto dolente.
<< Avevo promesso che ti avrei ucciso, ma ora non ne ho il tempo. Ma ricorda, io non dimentico. >> lo avvertì Aaron, prima di chinarsi e prendere la fanciulla tra le braccia.
Voltò le spalle ai Guardiani, senza curarsi delle ingiurie che gli stavano lanciando contro, e iniziò a correre. Non andò veloce come aveva fatto durante tutto il giorno, ma non poteva nemmeno permettersi di andare con calma, altrimenti non sarebbe arrivato in tempo. E, mentre si dirigeva verso casa sua, un raggio di luna colpì i capelli della ragazza, che si muovevano nel vento.
<< Light. >> mormorò, << Luce, un nome veramente appropriato. >>


Allora, che ne pensate? non vi nascondo che ho fatto fatica a scrivere questo capitolo e spero sia venuto una cosa acettabile. ora, sinceramente, come vi è parso Aaron? troppo crudele? troppo strafottente? fatemi sapere perchè, io sinceramente, l'ho adorato in ogni istante, aspetto i vostri commenti in merito, mi raccomando! ciao ciao, alla prossima.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


9

Finalmente era arrivato davanti alla sua dimora. Non era molto grande, però era veramente perfetta: un casa bianca su due piani, inoltrata nella foresta e sulle rive di un lago. Magnifica. Continuando a tenere la fanciulla, aprì la porta con una mano ed entrò. Non si preoccupò di accendere le luci, perché le grandi finestre permettevano un’illuminazione più che sufficiente. Per un istante si chiese dove fosse meglio sistemare la ragazza; infondo, sarebbe rimasta lì per un bel po’ di tempo. Alla fine optò per la sua camera. Certo, sarebbe stato meglio un altro luogo, ma non aveva mai immaginato che avrebbe avuto degli ospiti che dormivano. L’adagiò delicatamente sul grande letto morbido e le stese sopra una coperta.  Prese il cellulare e compose il numero; doveva assolutamente avvisarlo, dopotutto, aveva tra le mani l’esca.
<< Pronto. >> rispose Nathan, al secondo squillo.
<< Ho la ragazza. >> rispose Aaron, << Però le hanno succhiato molto sangue e ho paura che abbia bisogno di una trasfusione. >>
<< Va bene. Faccio più in fretta che posso. >> non appena la chiamata finì, il vampiro appoggiò il telefono sul comodino e si sedette di fianco alla ragazza che dormiva.
<< Light. >> disse, mentre le accarezzava i capelli. Un nome così inusuale. Nel corso della sua lunga vita, gli era capitato di conoscere persone che erano state chiamate come le stagioni, come i sentimenti o, ancora, i cui nomi erano stati inventati; ma mai nessuno si era chiamato luce. La luce è portatrice di speranza, di un nuovo inizio, di rinascita e, forse, quella fanciulla incarnava in sé tutto questo. Era strano pensare in quei termini ad un essere umano; solitamente, erano così fragili e deboli, che i cambiamenti da loro apportati non duravano più di qualche anno. Ma qualcosa, dentro di lui, gli diceva che per lei non sarebbe stato così, che avrebbe sconvolto la loro realtà. Se in bene o in male, era ancora da determinare.
Sentì la porta di casa schiudersi e un movimento d’aria gli portò l’odore del nuovo arrivato. Non c’era bisogno di fare nulla, Nathan lo avrebbe trovato anche da solo. Qualche istante dopo, il vampiro biondo aveva poggiato una mano sulla spalla di Aaron.
<< Ben fatto, amico. Anche se, in realtà, non ricordo di averti dato il permesso di rapirla. >>
<< Non l’ho rapita. Altri tre vampiri l’avevano attaccata; la stavano uccidendo e i Guardiani non intervenivano. Così l’ho fatto io per loro. >>
<< Immagino che quei vermi siano morti. >>
<< Due si. Il capo, quello che ha bevuto di più, mi è scappato. >> l’altro lo guardò con le sopracciglia alzate. Aaron sapeva benissimo cosa quel gesto significava: lui era il Giustiziere, erano secoli che una preda non gli sfuggiva.
<< Non è stata colpa mia. Quei cacciatori incapaci hanno deciso di pugnalarmi al cuore nel momento esatto in cui stavo per spaccarli il collo. >>
<< Immagino che tu fossi leggermente furiosa con loro. >>
<< Esattamente. Per di più, erano pronti ad uccidere la ragazza, pur di non farmela portar via. E questo non è decisamente normale. >>
<< Hai ragione. >> concordò il Sommo, accarezzandosi il mento. << Di solito i Guardiani non abbandonano mai i compagni, anche a costo di mandare a monte una missione. È veramente strano che per lei abbiano fatto un’eccezione. >>
<< Più che strano, è un segno. Timothy la teme; sono pronto a scommettere che quei quattro ragazzini hanno avuto il preciso ordine lasciarla morire, prima di intervenire. >>
<< Concordo pienamente. Ciò significa che, se per loro è n pericolo, per noi è un vantaggio. >>
<< Un vantaggio che muore, se non mi aiuti a curarla. >> fece notare Aaron. L’altro annuì, per poi avvicinarsi al letto e scoprire la ragazza; le tolse anche la camicia in cui Aaron l’aveva avvolta e le esaminò la pelle.
<< Dov’erano i morsi? >> chiese all’amico, tastando delicatamente la pelle candida.
<< Sul collo e sui polsi. Stavano banchettando a dovere; ancora qualche istante e sarebbe morta. >> il Giustiziere non poté evitare di stringere i pugni. Non sopportava quel modo di comportarsi; se proprio dovevano uccidere una persona, che lo facesse un vampiro solo, e anche in fretta. Perché prolungare la loro agonia? Fu Nathan a distrarlo dai suoi pensieri, quando raddrizzò la schiena e gli disse:
<< Penso che non sia necessaria una trasfusione. Il tuo potere basterà a rimettere in sesto il suo corpo. >>
<< Non l’ho mai usato per fare una cosa del genere. >>
<< Non preoccuparti e lascia che faccia da solo. >> lo rassicurò l’amico, facendo qualche passo indietro per concedergli margine di movimento. Doveva utilizzare il suo potere; quella forza sconosciuta che aveva sempre sentito albergare dentro di sé e che, quando era diventato vampiro, si era manifestata in tutta la sua grandezza. In pochi erano a conoscenza di quel segreto,solo i Sommi , in poche parole. Nessuno sapeva spiegare da dove venisse; perché avesse scelto lui e, soprattutto, come faceva un semplice essere umano a contenere quella forza così simile alla magia. Ma quello non era il momento adatto a preoccuparsi di certe cose: doveva salvare quella ragazza; aveva dato la sua parola che l’avrebbe protetta e quindi doveva assolutamente guarirla.
Posò le mani ai lati del fragile e delicato collo di Light. Chiuse gli occhi e provò a concentrarsi solo sul lento battito del cuore della giovane e premete leggermente i polpastrelli sul’arteria. S’inabissò nei meandri più nascosti della sua mente, alla ricerca di quel potere che gli era sempre venuto spontaneo, e che ora doveva evocare. Sentì una forza a lui estranea avvolgerlo, riempirgli le vene e, piano piano, giungere dalle sue dita alla ragazza. Lei cominciò a risplendere di un alone argentato; luce che pulsava allo stesso ritmo del cuore, ora più forte e sostenuto. Dopo lunghi istanti, il bagliore scomparve, assorbito nel corpo di Light, e Aaron tirò un sospiro di sollievo. Ce l’aveva fatta; le aveva salvato la vita.
<< Ben fatto. >> si complimentò il Sommo, ma lui non gli rispose subito, prima scostò le coperte e adagiò la ragazza sotto le coltri, in modo che rimanesse al caldo. Sotto lo sguardo curioso e vigile del suo amico, Aaron si avvicinò all’armadio e, aperta un’anta, prese una grande e morbida felpa color panna che poggiò ai piedi del letto. Poi, senza dare spiegazioni, si diresse in cucina e prese posto attorno al tavolo.
<< Sei stato molto premuroso, con lei. >> gli fece notare il biondo
<< Ho minacciato di morte il ragazzino che aveva provato ad ucciderla. >> rispose lui, sentendosi lui per primo disorientato da quel gesto. Di solito era più riflessivo; non agiva quasi mai impulsivamente, ma quella volta era stato più forte di lui.
<< Allora,qual è il prossimo passo? Ora siamo in possesso dell’esca che tanto ti incuriosiva; che facciamo dopo? >> chiese a Nathan. Proprio non riusciva a capire per cosa quella ragazza potesse essere utile ai Sommi, ma lui non era nessuno per giudicare e mettere il naso nei loro affari.
<< Ora aspettiamo e vediamo. Dovrai prendertene cura ed addestrarla. Così facendo, avrai modo di capire le sue potenzialità e, chissà, magari carpirle qualche informazione in più suoi Guardiani. >> rispose l’altro, alzandosi e salutandolo con un cenno del capo.
Aaron, rimasto solo nella stanza, si trovò a riflettere sul comportamento dell’amico: se n’era andato senza tante cerimonie, dandogli come unico compito quello di badare alla fanciulla. Di badare a Light. Pensare a lei, al suo viso dolce e delicato, alla sua pelle di porcellana, ai suoi capelli di sole, lo sconvolgeva, gli muoveva qualcosa dentro che non era in grado d’interpretare e l’unica cosa di cui era certo era che voleva rivedere i suoi occhi azzurri.


allora? come vi sembra? spero vi sia piaciuto. scusateme gli errori che di sicuro ci saranno, ma ho appena finito di scriverlo e sono un pò di fretta. fatemi sapere che ne pensate. so che non è nulla di che, ma cercherò di rifarmi con il prossimo :) 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Light

10


Si sentì strana, mentre riprendeva coscienza. Era certa di essere svenuta sulla dura terra del parchetto, mentre i vampiri la prosciugavano e, sinceramente, non si aspettava proprio di svegliarsi di nuovo. Ma, a quanto pareva, il fato, una volta tanto, era stato dalla sua parte e l’aveva fatta sopravvivere. Pian piano, prendeva coscienza del suo corpo, adagiato su qualcosa di molto morbido e caldo; sembra un letto, ma era abbastanza improbabile. Di sicuro, i Guardiani non si sarebbero mai sprecati a riportarla nella sua stanza, l’avrebbero lasciata sul pavimento dell’entrata. Quindi, l’unica opzione disponibile, per quanto improbabile, consisteva il prendere in considerazione il fatto di essere stata salvata da qualcuno; la stessa persona che l’aveva tenuta tra le braccia; il possessore di quei meravigliosi occhi verdi. Eppure, sentiva che c’era qualcosa di pi, che dal momento in cui le sue palpebre si sarebbero sollevate, nulla sarebbe più stato normale, il suo mondo sarebbe crollato. Ma, in fondo, cosa aveva realmente da perdere? Aprì lentamente gli occhi e la prima cosa che vide, fu il drago. Immenso, d’argento, con due sconfinati occhi di diamante che la fissavano dal soffitto, dov’era dipinto. Era incredibile quanto sembrasse vero, ogni scaglia, da quelle minuscole del muso a quelle del dorso e della coda; la flebile membrana delle ali, tutto era stato disegnato alla perfezione. Il lungo corpo della creatura si snodava per tutto il soffitto, con le ali leggermente aperte, le fauci aperte a lasciar intravvedere le zanne d’avorio; ad impressionarla, però, furono gli occhi: così realistici, sembravano avere profondità, essere veri; e poi, quel colore, se di colore si poteva parlare, luccicava di tutti i colori dell’arcobaleno, come se gli s’infrangesse contro una forte luce; non fosse stato che la stanza era rischiarata solo dalla poca luce che trapassava le tende. In più, per far risaltare il colore di luna del drago, i pochi spazzi ancora vuoti, erano riempiti con un profondo blu cobalto. Lentamente, cercando di non fare movimenti bruschi che avrebbero potuto causarle delle vertigini, si alzò a sedere e si guardò intorno: la camera era arredata dell’essenziale; c’era il grande letto matrimoniale su cui era seduta, un armadio, una cassettiera ed uno specchio. Intuì essere tutto bianco, o comunque chiaro, visto che non distingueva nessuna sfumatura di colore. Poggiò i piedi nudi sul parquet e si avvicinò alla finestra, spalancando le tende. L’alba nascente stava tingendo d’arancio il cielo e, con esso, anche il lago che si estendeva ai piedi della casa; il tutto contornato dalla massa scura della foresta, di cui s’intravvedeva il profilo ma il cui verde brillante era ancora imprigionato nella notte. Era uno spettacolo magnifico, che sarebbe rimata ad osservare per ore, ma la leggera brezza che cominciò a soffiare le fece notare che indossava solamente la gonna, della camicetta non c’era traccia. Si guardò intorno, leggermente allarmata, se il su salvatore tornava, non poteva certo farsi trovare in quelle condizioni; e fu in quel momento che notò l’indumento posato ai piedi del letto. Quando delicatamente lo prese in mano, vide che era una felpa. Senza pensarci due volte l’infilò e subito si sentì meglio. Forse era solo una sua sensazione, ma la morbida stoffa le trasmetteva calore, la avvolgeva, faceva sparire tutti i brividi che di solito non l’abbandonavano mai. Lanciando uno sguardo alla porta, come per accertarsi di non essere osservata, si portò l’orlo della felpa al volto respirandone il profumo fresco, di pino. Era veramente strano come si sentisse a suo agio in quel posto, non aveva senso. Avrebbe dovuto essere spaventata, dopotutto, era pur sempre a casa di uno sconosciuto, in un luogo disperso nel nulla; ma proprio non c’era verso che si sentisse minacciata, che rimanesse in allerta, come faceva costantemente ovunque andava. Prendendo un profondo respiro, si avvicinò alla porta, che era stata accostata, e uscì dalla camera. Si trovò in un corridoio dove si affacciavano altre due porte, naturalmente chiuse. I muri erano bianchi e vi erano appesi alcuni quadri, raffiguranti per di più paesaggi; uno, era un meraviglioso tramonto infuocato che si perdeva tra le dune del deserto; un altro era il mare in tempesta, che s’infrangeva violento contro gli scogli; in un altro, c’erano delle verdi colline, illuminate dal sole e spazzate dal vento. Erano tutti in una certa contrapposizione tra loro, però creavano un insieme meraviglioso, dove il rosso, il blu ed il verde si amalgamavano dando luce e vitalità a quel posto candido. Si avviò verso le scale, visto che il corridoio era cieco, e scese al piano di sotto. Il bianco faceva da padrone, era inutile negarlo e tutto ciò che non era di quel colore,m gli era il più rassomigliante possibile. Si trovò in un ampio soggiorno, dove a farla da padrone era un grande divano a L, color panna, posizionato davanti ad un televisore. Lungo la parete opposta, vicino ad una finestra che si affacciava sul verde, c’era un grande camino, davanti al quale erano posizionate due poltroncine di pelle. continuò la su esplorazione fino a giungere in cucina:era di modeste dimensioni, il piano di lavoro in acciaio, mentre i mobili erano in legno chiaro, eccezion fatta per il tavolo, che sembrava quasi nero, mogano, probabilmente. Tutto era immacolato e sembrava nuovo, cosa impossibile, visto che tutti gli esseri umani avevano bisogno di mangiare. Tutti gli esseri umani… un pensiero la fulminò all’improvviso, congelandola sul posto. E se il suo salvatore non fosse un umano? Quante probabilità c’erano che un vampiro, un immonda creatura della notte, intervenisse per salvarla strappandola dalle grinfie di suoi simili? Però, guardandosi intorno in quell’ambiente che più degli altri avrebbe dovuto essere vissuto, si rese conto che nulla era fuori posto, come se non fosse mai stato mosso da lì. E, proprio mentre era immersa in quelle riflessioni, sentì la porta d’entrata aprirsi e richiudersi nel giro di pochissimi istanti. Il cuore le balzò i gola; ormai non c’erano più dubbi. Era in casa di un vampiro.
All’improvviso se lo trovò davanti, alto, muscoloso ma non troppo, e incredibilmente bello. I capelli castani gli incorniciavano scompigliati il volto dai lineamenti raffinati ma comunque marcati, anche se tutto, tutto, era messo in ombra da qui grandi e luminosi occhi verdi, che a tratti somigliavano a rigogliosi prati, altre volte a sconfinate foreste. Indossava una felpa simile in fattezza a quella che le aveva lasciato, però era nera e non gli arrivava appena sopra il ginocchio, come succedeva a lei. Aveva le braccia cariche di buste della spesa, da cui spuntava ogni sorta di cibo che lei avesse mai visto. Rimasero a fissarsi per qualche istante, momenti che le sembravano interminabili, mentre sentiva gli occhi dell’uomo scorrerle addosso. Ma non era lo stesso sguardo molesto che erano soliti rivolgerle. Con movimenti lentissimi, come per tentare di non spaventarla, il vampiro poggiò le buste sul tavolo e le si avvicinò di un passo. Lei non poté impedirsi di arretrare e dare voce ai suoi pensieri.
<< Vampiro. >> sussurrò, sperando che lui smentisse. Si era trovata di fronte s moltissimi figli della notte, ma nessuno di loro  era così bello, così angelico.
<< Si. >> rispose lui, la voce che ricordava il vento tra le foglie. Allungò una mano verso di lei, pregandola silenziosamente di accettarla, ma Light non a smuoversi. Era da quando aveva dieci anni che tentava di tenersi alla larga dai vampiri e ora, invece, era totalmente sola con uno di loro e, sebbene non sembrasse avere cattive intenzioni, una fitta di paura le attraverso lo stomaco. Lui parve rendersene conto e, sempre con un’andatura più lenta del normale, le giunse di fronte e s’inginocchiò a terra, prendendole le mani. Nel momento in cui le loro pelli si sfiorarono, la curiosità ebbe la meglio su di lei, e si permise di analizzare tutte le sensazioni che la colmarono: la sua pelle non era gelida, morta, come se l’aspettava, ma era solamente fredda, forse un paio di gradi di temperatura corporea di differenza; e, attraverso quella sottile membrana, le parve di sentire l’eco lontana di un cuore, ma forse si era sbagliata.
<< Mi chiamo Aaron e ti giuro, su qualsiasi cosa cui io tenga, che non ho nessuna intenzione di farti del male. Mi credi? >> lei annuì lievemente; qualcosa, dentro di lei, le diceva che si poteva fidare, si poteva fidare ciecamente. Lui accennò un sorriso e, una volta di nuovo in piedi,la condusse in salotto l’invitò a prendere posto sul divano, sedendosi poi poco distante. Il loro gioco di sguardi ricominciò; si misero alla prova, per vedere quanto l’altro avrebbe resistito in quella soluzione. Fu lei la prima a rompere il silenzio.
<< Io sono Light. >> di nuovo quel sorriso accennato, mentre lui diceva:
<< Uno nome veramente appropriato. >> prendendo un profondo respiro, la giovane si decise a fargli alcune delle domande che tanto le premevano:
<< Come mai mi trovo a casa tua? >> lui la guardò stupito e le chiese:
<< Non sai nulla delle leggi? >> lei scosse la testa e, se possibile, lo sconcerto di Aaron aumentò ancora. Poi, scrutandola attentamente, cominciò a spiegare:
<< Vedi, c’è una legge antichissima che, sebbene non scritta, prevede che chiunque salvi qualche povero sventurato dalla furia di un vampiro, ne diventi il protettore. Come penso ormai tua abbia capito, sono stato io ad intervenire, appena ti ho visto fra le grinfie di quegli esseri. Quindi ora, ho l’obbligo ed il piacere di prendermi cura di te e di insegnarti a difenderti, visto che non mi sembra i Guardiani l’abbiano fatto. >> a sentire il loro nome, non riuscì ad impedirsi di stringere i pugni ed abbassare lo sguardo. Aveva perfettamente ragione, se quei maledetti le avessero insegnato qualcosa, non si sarebbe trovata del tutto inerme e avrebbe potuto tentare di difendersi. D’un tratto, sentì la mano gentile di Aaron posarsi sulla sua guancia e farle alzare il volto.
<< Non ti hanno insegnato niente, vero? >>
<< No. >> sussurrò lei, con le lacrime agli occhi, lacrime di dolo, di vergogna e di rabbia
<< Fa niente, vedremo di recuperare. >> la consolò lui, rivolgendo lei il suo primo sorriso, un sorriso dolce e gentile.<< Ora però dobbiamo capire fino a che punto ti consideravano parte del loro sistema. >> aggiunse, mentre le scostava una ciocca dorata dal volto.
<< Mi hanno messo il sigillo. >> disse Light, quasi senza accorgersene. Lui sgranò gli occhi, le voltò il braccio destro e sollevò la manica della felpa, esponendo la parte interna del polso, su cui era tatuato un drago stilizzato.
<< Come hanno osato? La pagheranno. >> disse lui, con voce gelida e crudele. La ragazza non poté fare altro che rivolgergli uno sguardo smarrito; non le avevano spiegato nulla, le avevano solamente impresso una pietra sul polso e quando l’avevano sollevata, sulla pelle candida era comparso quel marchio.
<< Il drago è il simbolo dei Guardiani,il cui nome per intero,per altro, è “Guardiani del Drago”. >> spiegò con pazienza lui << Il marchio che porti tu viene fatto soltanto quando una persona entra a far parte dell’ordine. Serve per mettere in collegamento l’essenza del Drago con ogni singolo cacciatore; la sua proprietà principale, però è che, mettendo in condivisione l’energia, vengono velocizzati i processi di guarigione e la forza fisica aumenta. >>
<< Ma io mi sono sempre sentita debole. >> intervenne la fanciulla. Lui si passò una mano fra i capelli e le parve di sentirlo maledire i cacciatori a fior di labbra.
<< Bisogna avere una certa forma fisica, perché gli effetti del marchio si attivino. La forza del Drago vi scorre nelle vene, ma agisce positivamente solamente quando il corpo è allenato a sopportare la fatica, altrimenti il prezzo che chiede per sanare è altissimo. Per questa ragione il sigillo si impone solamente ad addestramento completamente finito. >>
<< Ma io non sono stata addestrata. >>
<< Per quello non riesco proprio a capire perché abbiano fatto una cosa del genere. Comunque, l’unico modo per farti stare meglio è cominciale l’allenamento; ma a questo penseremo con calma. >> il silenzio gli avvolse di nuovo, mentre Light rifletteva su ciò che il vampiro le aveva appena detto. Si era resa conto che la sua stanchezza non era normale; ma mai avrebbe pensato che fosse tutta colpa dei Guardiani che, di sicuro, l’avevano fatto sapendo quali sarebbero stati gli effetti. La fece arrabbiare profondamente il fatto che si fossero permessi di non solo rovinarle la vita, ma anche intaccare la sua salute. Se era vero ciò che diceva Aaron, il sigillo dovrebbe essere stato una specie di diploma di fine addestramento, invece a lei l’avevano fatto qualche settimana dopo il suo arrivo in istituto. Guardò ancora quel tatuaggio nero sulla sua pelle candida; non aveva mai saputo il motivo per cui era stata marchiata e, ogni volta che chiedeva spiegazioni, le rispondevano che non la riguardava, quando invece era tutto il contrario. Il suo sguardo si spostò sull’uomo al suo fianco, il primo che le aveva detto la verità, il primo che s era preoccupato per lei. Però c’era una cosa che non quadrava:
<< Ma tu come fai a sapere tutte queste cose sui loro segreti? >> lui rimase a guardarla, gli occhi diventati più scuri; poi, improvvisamente, sollevò la manica destra della felpa. E lì, all’interno del polso, in tutta la sua potenza, c’era il marchio dei Guardiani.

E così siamo tornati a Light, che avevamo lasciato mentre stava svenendo. non è un capitolo molto movimentato, ma spero che vi sia piaciuto. che ne pensate del nuovo Aaron, quello dolce e coccoloso? io lo adoro. tranquille, rimmarà il guerriero letale nelle giuste circostanze, ma sebra che qualcosa si sia sciolto dentro di lui, mentre era con la nostra bella. 
mi è stato chiesto di caricare delle foto dei protagonisti..io non mi sono ispirata ad immagini, quindi ho fatto un pò fatica, ma ho trovato due meravigliose illustrazioni di cris ortega che colgono nel segno. ve le metto qui sotto. fatemi sapere che ne pensate!
non per ultimo, volevo ringraziare tutte colore che mi seguono, preferiscono o recensicono, mi fa veramente piacere.


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c
erto, fisicamente non è proprio lui, dovrebbe avere i capelli castani, gli occhi verdi, i lineamenti un pò più doci e niente barba, ma l'essenza è quella :)

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l
ei invece è proprio come lavevo immaginata, bellissima, Vero? scusate se la qualità delle immagini lascia a desiderare, ma le ho scannerizzate e di meglio non sono riuscita a fare per sistemarle. ditemi che ne pensate ;)

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


11

Rimase a guardarlo, sbalordita. Com’era possibile che anche lui avesse quel simbolo? L’unica spiegazione plausibile era che fosse stato un Guardiano ma, per qualche motivo, le sembrava quasi irreale.
<< Probabilmente ti starai chiedendo com’è possibile che io abbia il tuo stesso segno. Per ora, ti basti sapere che, alcuni secoli fa, vagavo anche io per le file dei cacciatori; poi, lo stesso destino che mi aveva donato a loro, mi consegno ancora e per sempre ai vampiri. >> tacque, sbalordita. E così aveva intuito giusto. Chissà in che modo era stato trasformato. La luce nel suo sguardo, mentre le parlava di quel fatto, non era delle migliori: aveva un che di abbandono, rimpianto, rammarico, rabbia. Preferì, però, non insistere e aspettare il momento in cui lui, spontaneamente, le avrebbe svelato tutto il suo passato.
<< Ma c’è ancora una cosa che non capisco: perché viene imposto il marchio? >>
<< Perché, agli albori dell’ordine, forniva un aiuto contro i vampiri. Rendeva i cacciatori più forti, resistenti, curava in anticipo le ferite facendo si che non rimanessero inermi. Ora come ora, è inutile, ma penso continuino più per tradizione che per altro. Resta il fatto che, prima, dovrebbero chiedere il consenso. >>
<< E io cosa devo fare? >>lasciandole una leggerissima carezza sulla guancia, Aaron le spigò:
<< Prima di tutto dobbiamo cercare di rinforzarti, così che il marchio assorba meno energia possibile. Poi passeremo al renderti pericolosa per i vampiri. Ma, innanzitutto, dobbiamo procurarti dei vestiti. >>
<< Come? >> proprio non si aspettava che se ne uscisse con qualcosa del genere. Effettivamente era vero, non possedeva nulla, oltre che la gonna che indossava; perfino la felpa era del vampiro. Una strana sensazione le invase il petto, era la prima volta che qualcuno si preoccupava di lei, indifferentemente che si trattasse di vestiti, cibo, o anche del suo stato di salute. Lui, invece, non solo stava attento alle sue esigenze, faceva in modo di non farle mancare niente e la trattava come se tenesse davvero a lei; cosa alquanto improbabile, visto che si conoscevano da neanche dodici ore.
<< Perché ti preoccupi per me? Mi hai salvato, mi hai portato a casa tua, mi hai comprato da mangiare e ora vorresti regalarmi dei vestiti. Non penso che rientri tutto negli obblighi che ti impone la legge. >> lui la guardò e sospirando, si lasciò andare contro lo schienale, sprofondando nei cuscini e da lì,senza mai staccarle le gemme verdi di dosso, le disse:
<< Non lo so. È vero, dovrei limitarmi a farti rimettere in forze, ma non l’ho mai trovato giusto. Perché salvare una persona, se poi la si riconsegna al mondo impreparata? Non ho intenzione di lasciarti in pace fino a quando non sarò più che certo che saprai sbarazzarti di chiunque ti faccia del male, umano e non. >> le si bloccò il respiro; quell’uomo le leggeva dentro, aveva capito che non erano solo gli esservi sovrannaturali ad avercela con lei, anche gli umani facevano la loro parte. Improvvisamente un pensiero le invase la mente: Cam; non l’avrebbe mai lasciata viva nelle mani di un nemico, Timothy non l’avrebbe permesso. Tutto si poteva dire dei Guardiani, tranne che non facessero ogni cosa che era in loro potere per proteggere i loro segreti; anche a costo di eliminare persone scomode. E, se di solito si facevano qualche scrupolo, con lei non si sarebbero neanche posti il problema. Non aveva mai capito fino in fondo cos’avessero contro di lei ma, dal primo momento che si era trovata al cospetto del capo, l’ostilità aveva cominciato a serpeggiare. Quel giorno di dieci anni fa, le parve di scorgere, per un istante, un lampo di terrore negli occhi di ghiaccio di Timothy; paura senza senso, tra l’altro. Come si poteva temere una bambina di sei anni? Si erano aggrappati dietro la scusa che era troppo grande per essere iniziata all’arte della caccia ai vampiri, e così l’avevano designata ad esca, inerme davanti al pericolo. Era sempre stata il pedone, il pezzo sacrificabile. E ora, forse, il momento era giunto. Non sarebbe stata affatto sorpresa se fossero riusciti a rintracciarla e a farla fuori, mettendo fine a tutti i suoi sogni. Nessuno avrebbe pianto per lei, nessuno avrebbe sentito la sua mancanza, nessuno avrebbe posato fiori sulla sua tomba. Cominciò a tremare, sempre più violentemente, senza riuscire a fare nulla per controllarsi; non voleva finire così, sola e dimenticata. Nel profondo, sperava che, appena fosse stata finalmente lontana dall’orfanotrofio, avrebbe trovato la persona giusta o, semplicemente, qualche amico; ma, a quanto pareva, il fato le era proprio contro.
Aveva appena visto la stanza girare, quando fu avvolta dalle braccia del vampiro. Fu una sensazione strana; avrebbe dovuto sentirsi inquieta, dopotutto, era un suo nemico naturale, ma non era mai stata più felice di essere abbracciata. Le accarezzò i capelli, facendo scorrere le dita tra le onde d’oro ma, Light, non riuscì a frenare i singhiozzi che le sgorgavano dal petto. Sarebbero arrivati, questione di poco e la sua vita sarebbe finita, proprio ora che sembrava aver preso una svolta.
<< Tranquilla, respira. >> le sussurrò Aaron, mentre il suo profumo di pino l’avvolgeva, sembrava di essere adagiata contro una foresta, fatta di grandi alberi secolari, corsi d’acqua fresca, vento fra i germogli, foglie secche calpestate.
<< Mi uccideranno. Verranno a prendermi e mi faranno fuori. >> balbettò contro il suo petto, stringendo forte tra i pugni la sua felpa. Lui la cullò, premendosela contro ancora più forte.
<< Non ti faranno nulla. Non si avvicineranno nemmeno. Hanno già tentato di farti del male, ma gli ho rimessi in riga. Non permetterò neanche che ti sfiorino. >> sollevò il viso stupita
<< Tu mi hai protetto? >>
<< Si, e non esiterò a rifarlo. >> un enorme sorriso le spuntò sul volto e, di getto, gli strinse le braccia al collo. Aaron scoppiò a ridere, mentre ricambiava e le poggiava un bacio sui capelli. Rimasero immobili, mentre la ragazza sentiva nascere dentro di se un nuovo sentimento, molto più forte della semplice felicita ma, per esperienza, sapeva che non era saggio affezionarsi a qualcuno troppo presto.
Ad un tratto, il vampiro allentò la presa e la scostò dolcemente da sé. Lei, subito, lo prese come un ripensamento per essersi lasciato andare, ma, vedendo il suo sguardo dolce, capì che non era così. La fece alzare dal divano e, tenendola per mano, la condusse fino alla cucina, e la fece sedere, mentre prendeva un sacchetto di biscotti e un bicchiere di latte.
<< Mi considereresti troppo invadente, se ti chiedessi di raccontarmi un po’ di te? >> disse improvvisamente l’uomo, proprio mentre lei dava un morso a qui deliziosi biscotti al cioccolato. Per un istante soppesò la sua richiesta: in fondo, era giusto, lui le aveva già detto molte cose di sè; ma allora, perché aveva l’impressione che non sarebbe stata una buona idea parlargli del suo passato? In ogni caso, tacere non sarebbe stato giusto, nei suoi confronti. Dopotutto, avevano un bel po’ di tempo da trascorrere assieme, era giusto che si conoscessero, almeno in parte. Strinse tra loro le mani, forte, fin quasi a farsi male, per avere qualcosa che le ricordasse in ogni momento che non era un sogno, che veramente non era più all’orfanatrofio.
<< I miei genitori sono morti in un comunissimo incidente stradale, com’è capitato a moltissime altre persone. La cosa strana fu che io sopravvissi. Eravamo nella stessa auto e stavamo tornando dallo zoo; pioveva, una macchina prese il controllo e ci venne addosso. Non ricordo molto bene ciò che accadde dopo, so solo che, ad un certo punto, mi ritrovai davanti alle imponenti porte dell’istituto, con due valige che contenevano tutto ciò che rimaneva della mia vita. La prima cosa che fecero, quando mi videro, fu prendermi per un braccio e portarmi da Thimoty. Non so bene cosa vide in me, fatto sta che neanche provarono ad insegnarmi qualcosa sui vampiri, mi dissero solamente che, da quel momento, io sarei stata la loro esca. E così è stato, per dieci lunghi, dannatissimi, terribili anni. >>lui la guardava esterrefatto, senza dire nemmeno una parola. Forse non si aspettava un comportamento del genere, ma aveva detto di conoscere i Guardiani, ne aveva addirittura fatto parte. Le avevano detto che la prassi era sempre stata quella, che se un bambino arrivava con più di quattro anni, era veramente difficile iniziare addestralo; le era sembrato molto strano, ma non poteva farci niente e così si era rassegnata ad fare la luce che attira le falene.
<< Perché non ti addestrarono? >> chiese il vampiro, aveva gli occhi leggermente sgranati e la bocca piegata in una smorfia di rabbia.
<< Mi dissero che ero troppo grande, che era troppo tardi per iniziare. >> in un attimo Aaron fu in piedi, i pugni serrati lungo i fianchi, i muscoli irrigiditi, il volto una maschera di collera.
<< Non c’è una dada d’inizio. Quando un bambino arriva lo si accoglie e lo si fa allenare. Nessuno ha mai, MAI, detto loro di rispettare delle regole in base al’età. >> urlò. In quel momento, Light ebbe paura. Percepì in lui il nemico naturale, quella sua natura che prima era sempre stata tra le righe, senza mai mostrarsi veramente. Lui era un vampiro, se un giorno si fosse arrabbiato, avrebbe potuto ucciderla con un gesto, non gli sarebbe costata assolutamente niente. E allora perché aveva l’assurda convinzione che la rabbia non si sarebbe mai scatenata contro di lei?
Quando riprese la calma, il suo sguardo era diverso, determinato, come se avesse appena preso una decisione.
<< Light, ora ascoltami bene. >> le disse, avvicinandosi e inginocchiandosi davanti a lei, in modo da essere più o meno alla stessa altezza << Non c’è un limite d’età in cui si può cominciare il cammino per diventare guardiani. io avevo sedici anni, altri ne avevano addirittura venticinque. Loro non ti vogliono per un altro motivo, probabilmente perché ti temono. Tu attiri i vampiri: il tuo profumo è ammagliate, una trappola a cui è impossibile resistere. Ma sono convinto che ci sia altro, che il tuo potere sia molto più grande, ed è per questo che loro sono terrorizzati da te. >> spaventati da lei? I Guardiani? Le sembrava quasi impossibile, ma ciò dava un senso alla reazione di Timothy quando gli si era ribellata, prima della missione. E se Aaron aveva ragione, se in lei c’era veramente qualcosa di così potente, alora doveva scoprire cos’era.
<< Mi aiuterai? Mi addestrerai fino a scoprire se le tue teorie sono esatte? >> chiese al vampiro, timorosa di una sua risposta negativa. Dopotutto, nessuno lo obbligava a spingersi così in là; sarebbe bastato che le insegnasse a sopravvivere.
<< Sarà un vero onore, signorina. >> le rispose lui, facendole il baciamano.


Ok lo so, sono imperdonabile 3 SETTIMANE!!! anche io mi odierei se fossi in voi. comunque, eccoci qui, a vedere il lato coocloso e tenebroso del nostro adorato vampiro. che ne pensate? a me è piaciuto (chi l'avrebbe mai detto) e spero che per voi si alo stesso. oa, non ho molto altro da dirvi. spero che alcuni vostri dubbi siano stati chiariti, non vedo l'ora di sapere chene pensate. mi raccocamndo, vi aspetto ;)

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


12

Le sembrava impossibile, incredibile, che un essere del genere, così potente, antico e ultraterreno, perdesse il suo tempo con lei. Eppure, Aaron, aveva deciso di addestrarla, di portare a galla il suo potere. Più ci pensava, più una domanda le sorgeva spontanea: che potere aveva le, piccola essere umano? Qualcosa c’era, questo era indiscutibile ma, probabilmente, solo il tempo le avrebbe dato risposte.
<< Vieni. >> le disse ad un tratto il vampiro, mentre si avviava verso la porta d’entrata.
<< Dove andiamo? >> chiese lei, per la prima volta, dopo innumerevoli anni, genuinamente curiosa.
<< Sbaglio, o ti avevo detto che ti servivano dei vestiti? >> già. Con la storia del potere se n’era dimenticata.
<< Ma dove li metterò? >> lui inclinò lievemente la testa nella sua direzione, mentre uscivano dalla casa
<< Nell’armadio che c’è in camera mia. È doppio e io uso solamente una metà. >> era sbalordita, lei si sarebbe accontentata anche del divano e di una sedia su cui appoggiare gli abiti, invece lui, non solo voleva comprarglieli, ma le cedeva perfino u po’ del suo spazio personale.
Intanto, erano giunti fuori, nello spiazzo erboso davanti all’uscio, di fronte a loro solamente un’immensa foresta. Non si era resa conto di essere in un posto così sperduto, ma immaginò fosse normale; dopotutto, meno persone vedevano il vampiro, meno potevano rendersi conto della sua diversità. Realizzò all’improvviso che erano sotto il sole e lui non si stava ponendo minimamente il problema; era lì , che scrutava gli alberi leggermente corrucciato, mentre si passava una mano fra i capelli. Si voltò a guardarla e Light notò che i suoi occhi, prima del verde più profondo, ora erano diventati color del prato; non sapeva esattamente cosa aspettarsi dalla sua pelle, ma la stupì che restasse candida come, e forse più, di quando erano all’ombra.
<< Tranquilla, non ho in programma di prendere fuoco. >> le disse sorridendole, per poi tornare a scrutare davanti a sé
<< Abbiamo un problema. >> disse dopo poco << Non ho nessun mezzo di trasporto umano, che sia macchina o moto, non sono abituato ad avere ospiti che non riescono a correre alla mia stessa velocità. Per di più, se attraversassimo la foresta alla tua andatura, penso che ci metteremmo almeno un paio di giorni e, visto che non ho nessuna intenzione di fare da cavalcatura, l'unica idea che mi viene in mente è infondersi un pò del mio potere, in modo che tu possa temporaneamente muoverti alla mia velocità. che ne pensi? >> era sconvolta, muoversi come un vampiro, con grazia, velocità e forza, mai avrebbe pensato una cosa del genere ma, ultimamente, aveva dovuto spalancare la mente.
<< Per quanto puoi resistere in quel modo? >> gli chiese, non voleva che si stancasse troppo a causa sua. Non sapeva bene come funzionava per i vampiri, però era certa che le loro energie non fossero infinite. Magari, mentre era impegnato a dare le sue forze a lei, poteva averne bisogno e trovarsi inerme davanti al nemico, e lei non voleva assolutamente che accadesse.
<< Penso che potremmo fare un paio di volte il giro del mondo, se mi impegno. >> la ragazza non riuscì a resistere e scoppiò a ridere, se le cose stavano così, non c’erano problemi. Afferrò entrambe le mani di Aaron e attese pazientemente, mentre lui chiudeva gli occhi e si concentrava. All’inizio non successe nulla poi, pian piano, volute di luce argentea lasciarono il corpo del vampiro, per avvilupparsi attorno alle sue mani. Inizialmente, sentì un grande freddo, come se del ghiaccio le penetrasse la pelle, fino a giungere nelle vene e da lì, attraverso il sangue, giungesse ovunque nel suo corpo. Non un centimetro venne risparmiato, tutto fu avvolto da quel gelo, fino a quando non lo sentì mutare: perse quella patina di anomalia, smise di essere qualcosa di staccato da lei, per amalgamarsi al suo essere, fino a diventare una sola cosa. Faceva parte di lei, quel potere mistico, le scorreva già nelle vene, e l’intervento di Aaron era servito solamente a risvegliarlo. Si guardarono negli occhi, entrambi consci del cambiamento e della scoperta, entrambi sorpresi, entrambi emozionati e spaventati.
<< Mai nessuno, nessuno, aveva avuto una forza intrinseca neanche lontanamente paragonabile alla mia. >> soffiò lui. Light rimase a guardarlo senza parole, senza sapere come reagire. Non si era mai resa conto della sua effettiva forza, anzi, era fermamente convinta di essere debole, di non avere resistenza, pensava che l’unico sforzo che era in grado di fare era attirare i vampiri in qualche vicolo oscuro e poi aspettare che i Guardiani giungessero. E ora, le venivano a dire cha aveva lo stesso potere straordinario di un vampiro.
Ad un tratto, Aaron scattò in aventi, scomparendo alla velocità della luce fra gli alberi. Per un attimo il panico l’assalì, poi lasciò che l’istinto avesse la meglio, e cominciò a correre. Per un primo momento, le su gambe si mossero a velocità umana poi, non appena sentì la circolazione sanguigna aumentare, la stessa forza argentata la invase e,in pochi attimi, si ritrovò al fianco del vampiro.
<< Sapevo che avresti seguito il tuo istinto. >> le disse, sorridendo << Ora vedi di tenere il mio ritmo. >> e poi scattò, veloce più del vento, indomabile, e scomparve alla vista. Light si abbandonò ancora al potere ed ecco, che di nuovo lo raggiunse. Socchiuse gli occhi, il capo reclinato all’indietro, mentre sentiva l’aria fredda sferzarle il volto, infilarsi fra i suoi capelli, avvolgerla, quasi sollevarla da terra. E finalmente lo sentì, sentì di appartenere ad un posto, di avere uno scopo, di non essere nata per sbaglio. Tutto era ancora ignoto ma, nel profondo, sapeva che presto avrebbe trovato risposta a tutti i sui dubbi, ad ogni sua domanda ma, soprattutto avrebbe trovato un posto da chiamare casa.


Ok, non è molto, ma spero vivamente che vi sia piaciuto. mi raccomando fatemi sapere come vi èì sembrato. poi...mi scuso, avevo detto che avrei postato la settimana scorsa ma cause di forza maggiore me l'hanno impedito :) perdonatemi vi prego. seconda cosa LE PROSSIME TRE SETTIMANE NON SARò RAGGIUNGIBILE quindi niente aggiornamenti e niente risposte alle recensioni, vado in Germania per una vacanza studio. penso di avervi detto tutto, alla prossima ;)

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


13

Corsero per pochi minuti o, forse, per ore intere. Light non lo sapeva, era consapevole solamente dello spostarsi del paesaggio. Non riusciva a mettere a fuoco nulla, i suoi occhi umani erano troppo deboli, e mai come in quel momento ne ebbe la conferma. Ma ciò non la disturbava; anche se non era abituata ad affidarsi completamente a qualcuno, non le era per niente difficile lasciarsi guidare da Aaron. Il che, pensandoci, non era proprio normale, si trattava pur sempre di un vampiro. Si rese conto, improvvisamente, che non la spaventava più la natura dell’uomo, non le interessava di cosa si cibasse, da dove venisse o quanti avesse, per lei c’era solo la persona gentile che la stava aiutando e, per una volta nella vita, decise di abbassare lo scudo che sempre teneva elevato intorno a sé.
Si fermarono in prossimità di una piccola cittadina e lei non poté fare a meno di essere sorpresa: era differente da qualsiasi cosa lei avesse mai visto. Le strade non erano asfaltate, ma lastricate; i muri avevano i mattoni a vista, altri addirittura le pietre; erano moltissimi gli archi che poteva scorgere, sebbene il suo sguardo avesse accesso ad un’infinitesima parte del borgo abitato; le case erano alte, addossate le une alle altre, con tetti spioventi e ricoperti di tegole rosse; i viottoli che permettevano il passaggio erano assai stretti e dubitava che un’automobile potesse passarci. Era strano, come un miscuglio di vari stili architettonici, come se s fosse voluto importare qualcosa che aveva radici altrove, senza tenere conto del caos che ne sarebbe scaturito. Perché, per quanto potesse essere incantevole quella visione, c’era una leggera discordanza, che rendeva quel luogo leggermente stonato. Come a leggerle nel pensiero, Aaron le disse:
<< Sono stati vampiri a costruire questo posto, come se fosse un rifugio. On appena arrivavano dall’Europa, finivano per riunirsi in piccole comunità e, i primi, si stabilirono fra queste foreste. Erano poco raggiungibili, protetti, ma potevano facilmente arrivare nei villaggi umani, per cibarsi o, a volte, per immergersi in una diversa realtà, per combattere la noia. >> lo guardò stupita, non aveva neanche lontanamente immaginato che quel luogo potesse avere simili origini, però, ora, una domanda le assediava la mente:
<< Perché mai, esseri così antichi e potenti, avrebbero dovuto abbandonare la loro terra natia per un continente per loro privo di significato? >> l’uomo lasciò vaga lo sguardo fra le abitazioni, come se lui stesso cercasse il significato di quel comportamento.
<< Non lo so, presuppongo, a causa della noia. Furono soprattutto gli antichi a migrare, coloro che esistevano già quando i sumeri calcavano la terra. erano in cerca di novità, e così presero una nave, la stiparono di umani e intrapresero il viaggio che li portò qui, un paio di secoli prima di Colombo. >> di nuovo, per l’ennesima volta, rimase stupita. Quella razza, che gran parte dell’umanità considerava una leggenda, era in grado di minimizzare tutte le scoperte che erano costate secoli e molte, molte vite. Ogni volta che pensa potessero entrare anche solo minimamente nella normalità, Aaron le svelava qualcosa che la faceva ricredere profondamente.
<< Ora vieni, Sophie ci aspetta. >> le disse lui, spingendola leggermente verso quell’intrico di vie. Ed ancora si lasciò guidare, mentre cercava di non perdere l’orientamento, osservando quelle case che racchiudevano secoli di storia, secoli di esilio volontario dalla terra di origine.
Non poté fare a meno di notare la quantità enorme di negozietti, ce n’erano di tutti i tipi, dai negozi di scarpe, a quelli di cappelli, dalle librerie ai negozi di abiti medievali, e tutto incastonato insieme, senza che nulla fosse di troppo, fra quelle case. Per un  istante, si stupì della scarsità di negozi di alimentari o ristoranti, ma poi le tornò alla mente che, in quel luogo, vivevano comunque dei vampiri e che loro avevano bisogno di un solo nutrimento, nutrimento che non si poteva di certo vendere alla luce del sole. Aaron si fermò davanti ad una porta di specchi, su cui era stata dipinta una frase, in una lingua che Light non conosceva.
<< È una lingua strana, >> le disse l’uomo, leggendo la curiosità sul suo viso << nessun umano la conosce. Nessuno sa con precisione quando è nata ma, in sostanza, è il mezzo che usiamo per comunicare fra di noi. Quando ti trovi a dover parlare con vampiri millenari che non hanno voglia di imparare una lingua che non che non sia scomparsa dalla faccia del pianeta da secoli, hai bisogno di comunicare in un modo che sai comprensibile anche a loro. Racchiude parole di molti popoli diversi, genti che sono state dimenticate e genti il cui idioma è rimasta anche agli umani. >>
<< Vi piace l’antichità. >> non poté impedirsi di commentare. Lui non si offese, come la giovane aveva previsto, ma scoppiò a ridere e, dopo averle dato ragione, aggiunse:
<< Forse perché noi stessi ne siamo parte. >> una domanda le sorse spontanea, curiosità che non ebbe il tempo di esporre, perché il vampiro aprì la porta, facendo tintinnare il piccolo campanello che era fissato ad un’estremità. Le sue parole le rimbombarono in mente, aveva detto di essere anche lui antico, molto probabilmente, ma quanto, in realtà? Sapeva che, prima o poi, avrebbe avuto risposte, ma sentiva che quello non era ancora il momento appropriato, per conoscerlo così a fondo.
Si riscosse dai suoi pensieri quando Aaron entrò nel negozio, e lo seguì, esitante. Dopotutto, chi le garantiva che quegli altri vampiri sarebbero sati restii tanto quanto lui ad ucciderla? Gli si avvicinò ancora di più, stando però bene attenta a non toccarlo, perché aveva l’impressione che non fosse una buona idea far vedere quanta confidenza le concedesse. Ogni timore l’abbandonò nel momento in cui entrò nel negozio: la luce era fioca, le finestre coperte da leggere tende di tulle; era una stanza non molto grande, ordinata, ma completamente piena si stampelle ed abiti; un lieve e delicato profumo di lavanda impregnava l’aria. Proprio di fronte alla porta c’era l’unico spazio apparentemente sgombro di abiti; un grande bancone di noce, cosparso di campioni di stoffe e, in un angolo, con un vecchio registratore di cassa. L’uomo avanzò ancora, e Light si rese improvvisamente conto di quanto silenzioso fosse il negozio, come se non ci fosse nessuno. Fu per questo che rimase ancora più sorpresa quando  si aprì una porta che non aveva notato, nascosta com’era dalla merce, e ne uscì una donnina bassa, rotonda, con una lunga veste viola ed un grembiule bianco, su cui erano appuntati degli spilli. Era curva, con i capelli castani raccolti in una crocchia disordinata, da cui scappava qualche ricciolo; dei piccoli occhiali dorati erano posati sul suo naso e rendevano difficile intuire il colore degli occhi, anche se la ragazza era sicura che fossero scuri. La signora si aprì in un grande sorriso e, dimostrando un’agilità che mai avrebbe potuto avere una mortale, avanzò quasi saltellando fino al vampiro, per poi abbracciarlo.
<< Guardati caro, sei sciupato. Devi riguardarti. >> disse, con una profonda e calda voce dall’accento chiaramente francese. Lui scoppiò a ridere e, accarezzandole una guancia rugosa le rispose:
<< Guitti sai che è impossibile per noi dimagrire. >> lei scosse le spalle e, allontanandosi per guardarlo meglio, ribatté:
<< Non importa, hai comunque mangiato poco. E il mio istinto di nonna mi dice che ti sei anche cacciato in grossi guai. >> Aaron rise ancora, senza però rispondere. In quel momento, mentre la sarta scuoteva la testa, fingendosi sconsolata, il suo sguardo si posò sulla fanciulla, rimasta fino a quel momento in silenzio ed in disparte.
<< E lei? >> chiese, la voce leggermente più dura << È umana, cosa ci fa qui? >> il vampiro, forse avvertendo la minaccia, si spostò verso la giovane, in modo da averla al suo fianco e, con voce carezzevole, come per ingraziarsi l’altra, rispose:
<< Marguerite ti presento Light. L’ho salvata dalla feccia la notte scorsa. >> il viso di lei mutò improvvisamente, diventando quello di un vero vampiro, perdendo ogni traccia di umanità, e l ragazza fu quasi sorpresa di sentirla parlare e non ringhiare.
<< Quei maledetti! >> inveì l’anziana << Ogni secolo che passa diventano sempre più sfrontati. Prima o poi ci faranno scoprire. >> il Giustiziere, prima di rispondere, si portò impercettibilmente davanti alla sua protetta, facendole scudo, in caso di un improvviso attacco.
<< Per questo ci sono io; >> cercò di calmarla << per rimetterli al loro posto, per far durare la pace. Per permetterci di continuare ad esistere. >> a Light non sfuggì come non avesse detto “vivere” ma, si disse, dopo tutto quel tempo era difficile parlare di vita. Le parole non parvero avere effetto solo su di lei, visto che Marguerite si rilassò pian piano, fino a tornare l’adorabile vecchina che li aveva accolti.
<< Hai ragione, caro. Ci penserai tu a rimettere le cose a posto. >> gli disse stringendogli una mano. Poi, come se le energie fossero tornate tutte in una volta, sfregò tra loro le mani nodo se e, con un bel sorriso, disse:
<< E ora vediamo di cos’ha bisogno questo bell’angelo. >> la fanciulla rimase sorpresa da quel appellativo tanto che, in un primo momento, pensò si rivolgesse all’uomo, ma gli occhietti scuri della vampira erano senza dubbio puntati su di lei. Per l’ennesima volta, una strana sensazione le scaldò il petto, al sentire quel tono dolce, quello di una nonna che parla ai nipotini. Aaron si fece da parte, ora sicuro della mancanza di pericoli, e rimase a guardarle, con l’ombra di un sorriso.
<< Bene. >> disse Guitti, osservando attentamente la giovane << Immagino abbia bisogno di vestiti, se l’hai portata qui. >>
<< Già, >> rispose lui << avevo pensato di portarla a fare compere in un centro commerciale, ma poi ho cambiato idea. Non sono adatto a tutti quegli schiamazzi e, da quanto ho capito, nemmeno a Light piacciono. >> lei non poté che arrossire leggermente, sorpresa che le avesse prestato tanta attenzione.
<< Perfetto! >> esclamò la donna, mentre si lisciava il grembiule, interrompendo i suoi pensieri << Hai un fisico meraviglioso, ci divertiremo un mondo a provare gli abiti. Ma ti avverto, >> la minacciò, puntandole contro l’indice << non sono ammessi pantaloni di sorta, tanto meno quei… come si chiamano… jeans? >>
<< Nemmeno un paio? >> chiese la giovane, con voce esitante. Aveva portato gonne solamente quando era in “missione”, per il resto, lei era cresciuta in jeans. La signora la soppesò con aria critica e poi spostò lo sguardo verso il suo accompagnatore.
<< Ti concedo quelli da addestramento. Ma solamente perché so che quello lì non ci andrà leggero. >>
<< Grazie della concessione. >> disse il vampiro, con tono sarcastico.
<< Di niente, caro. >> gli rispose, prima di prendere gentilmente Light per mano e condurla dietro il bancone, verso un’altra porta nascosta.
Entrarono in una stanza circolare, con le pareti completamente ricoperte di specchi, tranne per una piccola parte, dove una spessa tenda viola nascondeva quello che era indubbiamente un camerino. Al centro del pavimento c’era una piccola pedana bianca, decorata con delicati arabeschi lilla, gli stessi che venivano ripresi lungo i bordi degli specchi.
Light era così impegnata a studiare la stanza, che quasi non si accorse di un’altra presenza: un donna, giovane, con i capelli castani raccolti in un ordinato chignon, gli occhi nocciola da cerbiatta, la pelle pallida classica dei vampiri; indossava un lungo abito lilla, a collo alto, con il corpetto leggermente stretto e la gonna più larga, morbida. Quando la donna si accorse che la ragazza la stava guardando, le sorrise gentilmente e le si avvicinò, camminando come se danzasse.
<< Io sono Sophie. >> le disse, con voce dolce, chinandosi per darle tre baci sulle guance, l’accento francese ancora più marcato che in Guitti.
<< Dobbiamo rifarle il guardaroba! >> esclamò contenta l’anziana, con gli occhi che scintillavano, e trovando risposta al suo entusiasmo nell’espressione felice dell’altra. Subito Sophie sparì saltellando, dimostrando una natura molto più sbarazzina di quanto sembrasse inizialmente, ritornando nella sala principale, probabilmente a prendere dei vestiti. Intanto, la signora prese per mano Light e la condusse fino al camerino, porgendole una vestaglia di morbida seta bianca:
<< Intanto spogliati, poi esci così vediamo che abiti possono piacerti. >> la fanciulla si tirò la tenda alle spalle, pensando all’assurdità della situazione: un vampiro l’aveva portata a fare shopping in una città millenaria dove, in un piccolo negozio, due donne si erano fermamente convinte di poterla rimettere a nuovo e, soprattutto, di poter rifornire il suo armadio escludendo completamente i jeans. Si lasciò andare in un piccolo sorriso, costatando che, comunque, non si era mai sentita più a suo agio che in quel momento, circondata da quelli che, in fin dei conti, erano quasi completi estranei, ma che l’avevano accolta e trattata meglio di tutte le altre persone che conosceva.
<< Tesoro? >> la voce dolce della giovane la riscosse, e si rese conto di essersi sfilata solamente la gonna, mentre continuava a tentennare nello togliere la felpa. Facendo un respiro profondo, rimase in intimo e indossò la leggera vestaglia, rabbrividendo per il contatto con il tessuto freddo. Aveva sempre evitato di mostrarsi anche poco svestita davanti agli altri, per paura dei loro giudizi, di prese in giro, commenti sarcastici che l’avrebbero ferita ma, dopo la lunga occhiata che lei due sarte le rivolsero, tutto ciò che ottenne in risposta fu un sorriso luminoso.
Dove prima c’erano solo specchi, ora era comparsa una rella a cui erano appesi volti capi.
<< Allor, >> cominciò la giovane vampira, sfregandosi le mani, << partiamo da magliette, camice, maglioncini, cardigan e simili, poi passiamo alle gonne, ai vestiti e, se ci resta tempo, ai pantaloni. >> la fanciulla non riuscì a trattenere una leggere risata alla vista della smorfia che ella fece nel pronunciare l’ultima parola e, per la prima volta, non si pose problemi riguardo a cos’avrebbero pensato gli altri del suo comportamento. Le fecero indossare molti capi diversi: alcuni con le maniche a pipistrello, altri completamente ricamati; con inserti di pizzo, paillettes e brillantini; camicette semplici; dai tagli più ricercati; abbellite da plissettature; indossò molti tipi diversi di tessuti, dei più svariati colori, fino a quando le due assistenti non si considerarono soddisfatte e decisero che si poteva passare ad altro. Quando la ragazza si girò a vedere quante maglie avevano effettivamente promosso, non poté non sgranare gli occhi: erano praticamente tutti.
<< Ma… >> cominciò, schiarendosi la voce << non so se ad Aaron andrà bene spendere tutti quei soldi. >> la risata gracchiante di Guitti riempì l’aria
<< Oh bambina, non ti preoccupare. Quel vampiro ha tante di quelle monete da gettare che non sarà un problema  e poi, se non fosse d’accordo, ce l’avrebbe già fatto presente. >> la giovane si lasciò convincere e abbandonò tutti i pensieri, godendosi la carezza delle varie gonne sulla palle. Anche la seconda volta fece da manichino per un numero imprecisato di volte, mentre le mettevano addosso gonne lunghe strette, morbide, tubini al ginocchio e mote gonne corte, non tanto da essere volgari ma il giusto per essere deliziose; una in particolare attirò la sua attenzione: era verde chiara, arrivava poco sopra il ginocchio ed era completamente ricoperta di tulle di tonalità leggermente più scura, che le ricordava in modo incredibile gli occhi del vampiro che l’aveva salvata. Perse il conto di quanti abiti le fecero indossare, passando dagli stili più disparati, alle diverse epoche storiche ma, quando si ritrovò davanti la signora con un metro in mano, rimase ancora più sorpresa.
<< Cosa stai facendo? >> le chiese, mentre ella cominciava già a prendere le misure
<< Dobbiamo confezionarti un vestito per la Notte degli Antichi. >>
<< La Notte degli Antichi? >> le fece il verso
<< Per l’amor del cielo, quello screanzato non ti ha detto nulla! >> esclamò lei, smettendo improvvisamente.
<< Suvvia, Guitti, calma. Non ne avrà avuto tempo; dopotutto, ce l’ha detto poco fa. >> la tranquillizzò Sophie, poggiano delicatamente le mani sulle spalle di Light, per farla voltare e avvicinarle al viso diversi campioni di tessuto, forse per vedere quale tonalità meglio s’intonava con i suoi occhi azzurri.
<< Beh, allora si arrangia. >> fu la risposta dell’altra, mentre riponeva i suoi strumenti nelle tasche del grembiule, uscendo poi dalla stanza. L’altra vampira le sorrise dolcemente e, vedendo la sua espressione confusa le disse:
<< È una cosa molto delicata di cui parlare, ed è meglio che lo faccia Aaron. >> Light annuì, capendo che forse, lui era più indicato per scegliere quali segreti rivelare.
Quando finalmente ritornò in negozio, indossando una gonna lilla morbida, al ginocchio, ed una camicetta bianca, trovò Marguerite impegnata ad impacchettare alla velocità della luce tutto ciò che avevano acquistato.
Non appena la vide, Aaron la raggiunse e, prendendola per mano, la condusse fuori dal negozio.
<< E i vestiti? >> chiese lei
<< Tornerò a prenderli questa notte, mentre dormi, così non ti accorgerai neanche della mi assenza. Comunque sarà questione di pochi minuti. >>
<< Minuti? >>
<< Si, la mia velocità attuale è molto superiore a quella che abbiamo tenuto per giungere fin qui. >> lei annuì, chiedendosi se fosse normale che fosse così premuroso nei sui riguardi ma, in fin dei conti, decise di non porsi troppe domante, visto che quelle attenzioni le piacevano.
<< Ora mi spieghi di che parlava Guitti? >>
<< Abbi ancora un po’ di pazienza, prima torniamo a casa. >> e così, come poche ore prima, la fanciulla sentì il potere argentato del vampiro avvolgerla, chiamare ciò che era nascosto in lei e, nel giro di un battito di ciglia, si ritrovò a correre, zigzagando tra gli alberi, mentre la risata dell’uomo le riempiva le orecchie.
Si fermarono solamente una volta giunti sulle rive del lago. Camminarono per un po’ in silenzio, fino a quando Aaron non si lasciò cadere sull’erba verde e le fece segno di raggiungerlo.
<< Allora? >> chiese ancora lei, impaziente di scoprire un altro pezzetto del mondo di quella creatura mitica.
<< La Notte degli Antichi è il nome di una festa, o meglio, della serata in cui si tiene il ballo,ogni dieci anni. Tutti i vampiri superiori ai duecento anni vi sono invitati; i giovani, invece, non sono proprio ben visti, perché il ritrovo si tiene nel centro di una grande città, che cambia ogni volta, e si è a stretto contatto con gli umani che vi abitano. Così, per prevenire disgrazie, è stato messo quel limite. Naturalmente ci sono anche vampiri più anziani che non sono ammessi, coloro che non sanno controllare gli istinti e che potrebbero rappresentare un problema per gli altri che, per una sera, vengono allo scoperto. >>
<< In che senso? >>
<< Partecipano anche tutti quei vampiri che si fingono umani per la maggior parte del tempo, che tentano di mantenere l’anonimato e di condurre una vita relativamente normale. Se, per qualche motivo, i Guardiani scoprissero la loro identità, avrebbero finito di vivere in pace. >>
<< E io cosa centro? >>
<< Vorrei che tu mi accompagnassi. >>

Beneeeeeeee................ e dopo secoli che non mi faccio sentire...eccomi qui! lo so, probabilmente non avrete nemmeno più voglia di continuare a leggere questa storia, sarete stanche di aspettare e vichiederete quando aggiornerò di nuovo. a mia discolpa non dico nulla, se non che mi dispiace moltissimo di avervi lasciato per così tanto tempo. la cosa positiva è che ho concluso l'altra mia storia su Twilight (se vi va andate a dare un occhio) e quindi ora mi dedicherò completamte a Light. devo però avvisarvi che non penso di aggiurnare ogni settimana, perchè ritmi veramente serrati, ma farò del mio meglio :)
tornando al capitolo... vi va di farmi sapere che ne pensate? sono tutt'orecchi.
ah, quasi dimenticavo, ho corretto, nel capitolo scorso, la parte riguardante la sfumatura pelacea della pelle di Aaron perhcè, come mi era stato fatto notare, ricordava troppo Edward. così adesso, il nostro vampiro è solamente pallido ;)

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


14

Lei, ad un raduno di vampiri antichissimi. Lei, ad accompagnare il Giustiziere. Lei, Light, una semplice ragazzina con niente di speciale, che aveva avuto la disgrazia, o la fortuna, di ritrovarsi braccata da cacciatori della notte. 
<< Sei sicuro? Non é sconveniente? Non dovresti chiedere a qualche vampira? >> lui sorrise dolcemente e, continuando a guardarla negli occhi, le rispose:
<< Non ho mai chiesto a nessuno di venire con me, e non penso che lo chiedere mai a nessun altro. Ho sempre pensato che solamente qualcuno di destinato, in qualche modo, a fare parte della nostra comunità avrebbe poi potuto effettivamente trovarvisi a suo agio. Tranquilla, non devi rispondermi adesso; facciamo passare un po’ di tempo, vediamo come ti trovi nel "mio mondo". >> lei annuì lentamente, considerando attentamente quelle parole. Magari aveva ragione, non sarebbe stato un azzardo. Comunque, in ogni caso, in quel momento aveva le idee ancora troppo confuse per dire qualcosa di coerente, e Aaron sembrò capirlo, perché si alzò e, aspettandola, si avviò verso casa.
Rimasero per molto tempo senza parlare, immersi nei loro pensieri. La fanciulla sentì rimbombarle nella mente le sue parole di poco prima: solamente qualcuno di destinato, aveva detto. Cosa significava? Voleva trasformarla? O tenerla con sé il più possibile? Eppure, se si lasciava trasportare dalle emozioni, non era sicura che il nodo allo stomaco fosse di terrore; se a chiuderle la gola fosse l’ansia. Lui era l’unico che l’aveva trattata bene, che si era preso cura di lei senza chiedere nulla in cambio: si fidava di lui, sentiva che non l’avrebbe mai ingannata, le avrebbe dato la libertà, la libertà di scegliere.
<< Light. >> la chiamò d’un tratto il vampiro, riemergendo dai corridoi della casa. Lei si rese conto di essere da tempo ferma a sprimacciare lo stesso cuscino. << Penso che per te sia ora di cena. >> la giovane si volse verso la finestra e vide che il buoi era calato fitto. Annuì e si diresse verso la cucina.
<< Ti preparerei volentieri qualcosa, >> riprese lui << ma l’ultima volta che ho cucinato è stata un bel po’ di tempo fa e non credo che apprezzeresti. >>
<< Davvero? >> chiese lei, curiosa, cercava nei pensili il necessario per prepararsi una pasta.
<< Si, >> annuì lui, sedendosi al tavolo e girandosi nella sua direzione << quando ero ancora umano, e molto più giovane. >>
<< Ti va di raccontarmi? >>
<< Eravamo io ed un mio amico; vivevamo assieme, alla giornata, non avevamo nessuno a cui importasse di noi. Avrò avuto circa venti, ventidue anni, non ricordo bene, ma so che eravamo a Londra, nei quartiere peggiori, e pioveva a dirotto. Abbiamo cercato un riparo e, alla fine, siamo finiti in una catapecchia abbandonata; non so come, ma riuscimmo ad accendere un fuoco e cucinammo la nostra “cena”. >>
<< In cosa consisteva? >> visto che il vampiro era in vena di ricordi e confidenze, perché non approfittarne? Lui scoppiò a ridere e, guardandola divertito, le rispose:
<< Un paio di topi catturati nei vicoli. >> la ragazza non riuscì a trattenere un’esclamazione e a portarsi una mano davanti alla bocca, concentrandosi per non cedere ai conati di vomito. Aaron ridacchiò ancora e le disse:
<< Fidati, ogni volta che ci ripenso ho più o meno la stessa reazione tua, ma avevamo così tanta fame che catturammo la prima cosa che ci passò davanti. >>ma lei sapeva perfettamente cosa si provasse nel sentire lo stomaco contorcersi; nell’essere così senza forze da non rimanere più nemmeno in piedi. Tuttavia, trovava comunque disgustoso cibarsi di ratti; animali che si nutrivamo si carcasse o cibi umani in putrefazione, ammuffiti, marci. Senza contare che erano il velivolo ideale per molte malattie: era stato anche grazie a loro che la Morte Nera, la peste, era divagata in Europa.
<< È stato il tuo ultimo pasto perché ti è stato mortale? >> non riuscì a trattenersi dal commentare. Il vampiro scoppiò fragorosamente a ridere, reclinando il capo all’indietro.
<< Che grande opinione hai delle mie capacità! Comunque, nonostante un leggero mail di stomaco, ho mangiato altre volte dopo quella, anche se ho lasciato che altri “cucinassero”. >> lei si girò di scatto e gli puntò contro un dito:
<< Hai ammesso anche tu di non essere in grado di cucinare. Ti sei reso conto da solo di non vere la stoffa del cuoco? >>
<< No, me l’hanno fatto notare. In ogni caso, non era la mia massima aspirazione. >> rimasero per un po’ in silenzio, e Light tentò di assaporare, imprimersi nella mente il più possibile quelle sensazioni di calore, familiarità, che imprimevano l’aria. Era forse quella la cosa più strana: sentirsi così a proprio agio con un vampiro; un essere che per anni le avevano imposto di detestare. Però, dopotutto, quante altre sciocchezze le avevano rifilato i Guardiani? non avrebbe nemmeno dovuto sorprendersi nello scoprire che, anche per coloro che aveva sempre definito “mostri”, la distinzione la bene e male non era così marcata. Anzi, forse era ancora più labile di quanto lo fosse per gli umani; perché un vampiro uccide per nutrirsi, un uomo uccide per il gusto di farlo, indipendentemente dalle scuse che poi potrà accampare per giustificarsi.
Mentre metteva a bollire l’acqua, pensò al pomeriggio appena trascorso: era stata in assoluto la prima volta che passava del tempo a provare abiti, senza nessuno che le mettesse fretta o che la mortificasse ogni volta che indossava qualcosa. Di solito ci pensavano gli altri a procurarle i vestiti, soprattutto per la caccia, e lei non aveva voce in capitolo. La faceva sentire bene, più leggera, avere la possibilità di scegliere, anche cose così futili; le bastava solamente l’idea, non aveva quasi bisogno di averli davanti, di sapere che erano suoi. In quel momento un altro pensiero le attraversò la mente: Aaron sarebbe dovuto andare a recuperare tutti i pacchi che avevano lasciato a Guitti, e lei sarebbe rimasta sola in casa; di notte. Un brivido le attraversò la schiena: non aveva un rapporto idilliaco con il buoi, anzi, soprattutto quando si trovava in luoghi che non le erano familiari. In più, sapeva bene che era solo questione di tempo, prima che tutte le emozioni, i ricordi, le sensazioni di quel giorno le ripiombassero addosso e sapeva che non avrebbe retto. Aveva l’impressione che, una volta al buoi, avrebbe rivisto il volto, risentito il tocco, i denti, di quegli essere che l’avevano quasi uccisa, e non voleva per nessun motivo rimanere sola. Forse l’uomo aveva altre cosa da fare, forse non sarebbe comunque rimasto con lei la notte, ma tanto valeva chiedere così, dopo essersi schiarita la voce, lo chiamò:
<< Aaron? >>
<< Dimmi. >>
<< Avrei un favore da chiederti. Potresti andare ora a prendere i vestiti? >> non si voltò a guardarlo, troppo imbarazzata per sostenere il suo sguardo, ma sperò con tutto il cuore che acconsentisse.
<< Certo, non c’è problema. Dammi un paio di minuti e sono di ritorno. >> non fece nemmeno in tempo a ringraziarlo, che in cucina era rimasta solamente lei. La fece felice in un modo quasi spropositato, il fatto che lui avesse acconsentito ad una sua richiesta così velocemente. Era abituata a non pensare nemmeno di permettersi di fare una richiesta; in cambio avrebbe ricevuto derisioni, insulti e quant’altro, prima di sentirsi rispondere di no. A volte aveva pensato di non chiedere il permesso, di fare e basta, ma la paura della punizione non aveva mai avuto la meglio sullo spirito di ribellione. Ora invece era tutto diverso, poteva essere se stessa, abbandonare gran parte degli sciocchi scrupoli che si faceva in passato. La cosa veramente notevole era che, nemmeno un giorno prima, si trovava in una realtà completamente diversa, dove veniva tratta ala stregua di un insetto; invece, adesso, un vampiro centenario teneva in considerazione le sue opinioni, la rassicurava, le spiegava tutto ciò che in precedenza non si erano mai presi il disturbo di dirle.
Intanto l’acqua aveva preso a bollire e lei gettò la pasta. Aveva imparato presto a cucinare, perché all’orfanotrofio volevano che desse il suo contributo in più modi possibili; così si era ritrovata a fare un po’ di tutto, diventando sempre più indipendente. Passarono i minuti, la cena fu pronta, ed il vampiro ancora non tornava. Light cominciò a preoccuparsi, a chiedersi se non gli fosse accaduto qualcosa ma, anche in quel caso, lei cos’avrebbe potuto fare? Non poteva aiutarlo, non era alla sua altezza. Il buon umore sparì, trascinato via dal pessimismo che la invase. Sarebbe stata un peso anche per lui, un costo, una perdita di tempo. Sarebbe stato meglio che non l’avesse salvata, almeno si sarebbe evitato un impiccio. Rimase per qualche istante a fissare il vuoto, chiedendosi se non fosse meglio lasciare quella casa ora che ne aveva l’opportunità, sollevando il vampiro dal suo incarico; ma poi si disse che non sarebbe stato giusto. Gli avrebbe mancato di rispetto, perché lui si era prodigato in ogni modo, per farla stare bene, e lei ora doveva rimanergli affianco. Magari, una volta addestrata, avrebbe potuto essergli utile, e ripagarlo in qualche modo.
<< Scusa il ritardo, ma Guitti non mi lasciava più andare. >> sobbalzò, quando sentì la voce di Aaron alle sue spalle: non lo aveva proprio sentito.
<< Tranquillo, non fa nulla. >> gli rispose, tentando di dipingersi sulle labbra un sorriso convincente. Tuttavia, l’uomo non parve crederle e, scostata la sedi affianco alla sua, le si sedette vicino.
<< Cosa succede? >> lei continuò a mangiare, evitando la domanda, ma non sembrava che lui avesse intenzione di accettare un silenzio come risposta. Le girò delicatamente il volto e, una volta immersi gli occhi nei suoi,chiamò dolcemente il suo nome:
<< Light… >>
<< Niente, non è niente. >> si affrettò a dire lei, passandosi una mano sugli occhi, perché temeva che qualche lacrima fosse sfuggita al suo controllo << Brutti pensieri, non farci caso. >> il giovane non parve crederle, ma non insistette, anche se la fanciulla ebbe la sensazione che sarebbero tornati sull’argomento.
Mangiò lentamente, mentre lui continuava a scrutarla, forse nella speranza che si lasciasse sfuggire qualcosa, smorfia o parola, che lo aiutasse a comprendere il suo comportamento. Rimase deluso, perché la ragazza era un’esperta del mascherare i proprio sentimenti, nel racchiuderli in uno scrigno di cui solo lei possedeva la chiave.
<< Vieni, >> le disse, una volta ch’ebbe finito il piatto di pasta << devo spiegarti come sistemare i vestiti. >> lo seguì in camera, osservando come si muoveva nel suo ambiente: sempre a schiena dritta, in una postura altera, ma non arrogante; emanava potenza da ogni piccolo gesto, che fosse un cenno del capo, o un movimento rapidissimo delle dita. Non avrebbe saputo definirlo a parole, non era nulla che lei avesse mai visto. Forse poteva avvicinarsi a come lei si era sempre immaginata i re antichi, ma non era sicura che fosse il paragone adatto.
Quando giunsero in camera, la sua prima reazione fu quella di sgranare gli occhi: quasi tutto il pavimento era ricoperto di buste stracolme di vestiti.
<< Non ricordavo di averne provati così tanti. >> esclamò, la voce pregna del suo stupore. Aaron le sorrise divertito e spiegò:
<< Dopo che ce ne siamo andati, Sophie e Guitti hanno creato tutti nuovi abiti che, secondo loro, ti sarebbero andati a pennello. In più hanno aggiunto delle giacche che si erano scordate di farti provare. >>
<< Mi hanno scambiato per la loro bambolina. >>
<< Già, ma se può consolati, è la prima volta che le vedo reagire così. >> Light non seppe dire se fosse una cosa positiva o meno, perché significava che scaricavano tutta la loro creatività su di lei. Saltellando da un punto all’altro, riuscì a raggiungere l’armadio e, una volta aperte le ante cominciò a sistemare i vestiti.
<< No no no, ferma. Ho avuto ordine di riporli io stesso. >> lei lo guardò dubbiosa, le sembrava una cosa troppo intima, privata, perché se ne occupasse lui. Il vampiro sembrò capirlo, perché, con voce sconsolata, le disse:
<< Va tutto disposto in un ordine preciso: per stagione, per colore, per occasione… hanno impiegato dieci minuti a spiegarmi tutto, e fidati se ti dico che non ho mai sentito nulla di più complicato. >>
<< Non preoccuparti, faccio io. >> disse sicura, aveva già fatto tanto per lei, non gli avrebbe fatto anche sistemare le sue cose.
<< Light è già tardi, e domani cominciamo l’addestramento, devi essere in piena forma. >> a quello non aveva pensato, ma non sarebbe stato un problema, era abituata a faticare.
<< Non importa. >> disse sicura, ma un occhiata di lui fece vacillare le sue convinzioni. Le andò vicino, poggiandole le mani sulle spalle e guardandola intensamente.
<< Io non sono come i Guardiani, non ho intenzione di andarci leggero. Devi dormire, recuperare le forze; è stata una giornata pesante e ricca di emozioni. Domani mi ringrazierai. >> dicendo così si allontanò e, dopo averle indicato dove poteva trovare dei pigiami, uscì, per darle modo di cambiarsi. La giovane guardò dove le era stato indicato e scoprì che c’erano solo camice da notte, tutte molto raffinare. Ne scelse una in raso, lunga fino a metà coscia, di color rosa antico, e s’infilò in fretta sotto le coperte, imbarazzata anche solo dal pensiero che lui la vedesse così. Spense la luce e si raggomitolò tra le lenzuola, stringendosi attorno il piumone. L’ultima cosa che sentì, prima di sprofondare nel sonno, fu un sussurro:
<< Dormi bene Light. Starò attento io che non entrino i mostri. >>

Ehi, come va? lo so che ci ho messo una vita, ma vi prego, abbaite pazienza. il capitolo è un pò corto e non succede praticamente nulla, ma spero vi sia piaciuto lo stesso. non so gquando comincerà un pò di azione, forse proprio dal prossimo, però spero non vi stanchiate nel frattempo. non credo di avere altro da aggiungere.... ah si: ho appena finito di scrivere ed è moooolto probabile che non mi sia accorta di eventuali errori. abbiate pietà, vi supplico!!!  fatemi sapere che ne pensate! a presto (si spera) ;)

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


15

La mattina dopo, non appena aprì gli occhi, si rese conto che c’era qualcosa di diverso nell’aria. Lentamente si mise a sedere e lanciò uno sguardo al drago sul soffitto; forse era sciocco, ma le sembrava che la guardasse attentamente, la scrutasse. La seconda cosa che notò fu l’ordine che regnava nella camera: le buste della sera prima erano sparite; non c’era più nulla a suggerire quanti acquisti avesse fatto il giorno prima. Scostò le coperte e rabbrividì; la temperatura doveva essersi abbassata e la sua misera camicia da notte non la proteggeva per nulla dal freddo. Si avvicinò all’armadio e aprì le ante: Aaron aveva veramente sistemato tutti i vestiti nell’ordine che le aveva spiegato la sera precedente. Era tutto disposto secondo le diverse cromie e, toccando i tessuti, si accorse che pesanti e leggeri era separati. Ad attirare la sua attenzione fu, tuttavia, una serie di capi piegati e riposti sul fondo, lontani dalla vista. Li prese in mano e vide che erano magli e pantaloni militari, verde scuro: probabilmente erano quelli da indossare durante l’addestramento. Conscia di quello che l’aspettava una volta uscita dalla stanza, prese una maglia scura, maniche lunghe e aderente, ed un paio di brache morbide, leggermente larghe. Legò i capelli in una coda, usando uno degli elastici che il vampiro le aveva lasciato sul comodino e, indossato un paio di scarponi, uscì.
Il silenzio regnava per la casa, di Aaron nemmeno l’ombra. Titubante, si avviò verso la cucina, per fare colazione, chiedendosi dove mai potesse essere il padrone di casa. Probabilmente l’aspettava fuori, ma era strano che non fosse venuto a salutarla. Mangiò in fretta, assicurandosi di aver racimolato abbastanza energie per sopportare l’allenamento e, nervosa, si accinse ad uscire.
Non appena aprì la porta fu accecata dalla luce; non aveva notato quanto fosse forte il sole quel giorno. Ci mise qualche istanti ad individuare il vampiro ma, quando ci riuscì, le si bloccò il fiato. Era fermo ai margini della foresta, in ombra, completamente vestito di scuro. Era diverso, sembrava più freddo, l’espressione dura. Con un lieve tremito gli si avvicinò e, non appena gli fu di fronte, non poté che avvalere le sue ipotesi. Il verde degli occhi era quasi color muschio; le labbra erano solo una linea sottile; ogni sorta di calore era scomparsa dai suoi lineamenti. Se ne stava là, rigido, le braccia incrociate sul petto, i piedi ben piantati a terra; e allora lei capì: quello che aveva di fronte non era Aaron, ma il Giustiziere.
Si avvicinò titubante, insicura. Le metteva addosso una strana ansia vedere il vampiro con quell'espressione: le ricordava come era sempre stata trattata. Rivedeva in lui lo sguardo crudele di Timothy, quello di scherno di Cam e, forse, quello che faceva più male, quello traditore di Will. Perché il ragazzo non aveva mai fatto nulla di concreto per straparla da quell' inferno, no, si era sempre e solo limitato a parlare, distruggendo la fiducia che lei provava verso di lui è verso gli altri. Ma, si ripeté, quello era Aaron, era diverso, si comportava così solamente perché voleva addestrarla, renderla capace di affrontare il mondo, di non necessitare sempre dell'aiuto altrui.
Gli si avvicinò adagiò e, una volta vicina, non riuscì a sostenere il suo sguardo.
<< Guardami. >> le disse, così alzò gli occhi e si perse in quelle due gemme dalla bellezza mozzafiato, le sembrava persino di aver visto delle increspature più scure al loro interno. Fu sorpresa di sentirsi afferrare per il mento ma, sebbene i modi bruschi, la presa dell'uomo rimase sempre gentile, e fece in modo che lei non potesse spostarsi nemmeno di un millimetro. << Impara a sostenere gli sguardi, a chiunque appartengano. Tu non sei inferiore, non c'è motivo per il quale ti debba sottomettere. China il capo in segno di rispetto quando sei al cospetto di chi credi lo meriti, ma non gli occhi. Sono la tua arma migliore: stregano, ipnotizzano, ti rendono capace di scavare nell'animo di chi hai di fronte, di osservarlo. Guardami intensamente, sempre, impara a far vedere la tua forza, la tua volontà. Hai strisciato per troppo tempo; é arrivato il momento di alzarsi in piedi. >>
Le parole le entrarono nella pelle, nelle vene, mischiandosi con il sangue, diventando parte di lei. Quanto aveva ragione! Si era lasciata sopraffare per tutta la vita: era arrivato il momento di farsi forza, crescere, superare tutto ciò che la teneva ancorata ad un passato che disprezzava, che era tempo di lasciarsi alle spalle.
Si scostò bruscamente dalla presa dell’uomo, rizzò le spalle, sollevò il mento e, per la prima volta, lo fissò apertamente negli occhi, scordandosi di avere davanti il suo salvatore, rivedendo in lui tutti coloro che aveva incontrato. Era sempre stato uno sforzo immane, per lei, compiere un simile gesto: si era sempre sentita inadeguata, mai abbastanza per essere considerata al pari degli altri. E, mentre affondava lo sguardo in Aaron, sentì anni e anni di pensieri, ragionamenti e congetture errati prendere il volo, lasciandola finalmente libera di essere se stessa. Una nuova consapevolezza le nacque nel profondo: lei era Light, non l’”Esca”, la”ragazza” o lei”lei”; ma Light, una persona. Le parve quasi che anche l’uomo si fosse reso conto del cambiamento, perché un piccolo sorriso gli sfuggì dalle labbra. Fu solo un istante, poi tornò il gelido generale di pochi istanti prima.
<< Ora, meglio iniziare. Seguimi. >> si voltò e s’incamminò, senza dare l’impressione di curarsi o meno della sua presenza. S’inoltrarono nel bosco, camminando tra gli alberi secolari, enormi. Per quanto la fanciulla tentasse di tenere a mente la direzione da cui erano venuti, ben presto la casa scomparve alla vista, e lei fu irrimediabilmente distratta dalla foresta. Era magnifica, maestosa, rigogliosa; alcuni tronchi erano così larghi che non sarebbero bastate tre persone per abbracciarli. Era estasiata: sentiva il rumore delle zampe degli animali sulle foglie secche; il vento soffiare tra le foglie. Purtroppo, durante la sua osservazione, aveva trascurato il particolare più importante: la direzione del loro cammino. Si rese conto dello sbaglio non appena il vampiro si fermò, perché erano completamente circondati dalla vegetazione, senza più nessun punto di riferimento, e l’uomo non sembrava molto incline a farle da guida turistica.
<< Spero tu abbia fatto un’abbondante colazione. >> le disse, guardandola distrattamente, continuando a tenere quell’atteggiamento distaccato, << Hai tempo fino al tramonto per ritrovare la strada di casa e, a disposizione, hai solamente questi. >> le lanciò un piccolo coltello e una borraccia d’acqua, dopodiché sparì.
Light sussultò: tutto d’un tratto era sola,senza la minima idea di dove andare. Si voltò in ogni direzione, cercando di scorgere almeno un lembo degli abiti di Aaron, così da poter intuire la direzione da seguire. Si rese conto troppo tardi che, girando su se stessa, aveva commesso un grandissimo errore: ora non aveva più nessun punto di riferimento per provare a tornare. Si sedette per terra, ascoltando le foglie sbriciolarsi sotto il suo peso, e fece un respiro profondo, chiudendo gli occhi. Doveva pensare… c’era di sicuro un modo per orientarsi, peccato che lei non avesse idea di quale fosse. Pesò di guardare da che lato degli alberi cresceva il muschio; aveva sentito i Guardiani dire che indicava il nord, ma non sapeva se la casa era a nord. Oppure poteva seguire il sole, sole che cambiava posizione nel cielo, pensò un istante dopo. Scattò in piedi e levò lo sguardo al cielo: le sembrava che fosse circa alla stessa altezza di prima, ma non sapeva quanto fosse passato da quando si erano inoltrati nel bosco. L’unica idea che le venne in mente fu provare a trovare l’angolazione in cui la luce l’aveva colpita quando si era chiusa la porta alle spalle. Provò a spostarsi, tentando di riportare alla mente i ricordi e, quando le parve di esserci, cominciò a camminare, tenendo il sole sulla sinistra.
Vide scoiattoli ritardatari correre nelle loro tane; foglie staccarsi dolcemente dai rami; udì qualche sporadico richiamo di uccello, ma non riuscì ad individuarne nessuno. Rimase sempre con le orecchie tese, pronta a scattare ad ogni più piccolo rumore, mentre i piedi cominciavano a farle male e le gambe a cedere. Stremata, si lasciò cadere vicino ad un tronco, e bevve una lunga sorsata d’acqua. Si sentì impotente, inutile; era solo alla prima prova e già falliva. Sollevò l’orlo della maglia e scrutò attentamente il tatuaggio; forse, se fosse riuscita ad entrare in contatto con il suo potere, avrebbe avuto una possibilità di farcela. Lo fissò attentamente, senza mai sbattere le palpebre, fino a quando le linee non cominciarono a sdoppiarsi, ma non successe nulla, non percepì nemmeno una lontana eco di quel potere che l’aveva invasa il giorno prima. Poggiò la testa contro l’albero, ascoltando il sangue pulsarle nelle vene, lasciando che il silenzio le entrasse dentro e portasse quiete dentro di lei.
Quando riaprì gli occhi, si accorse che il crepuscolo si avvicinava e, anche se non aveva senso continuare a camminare ed addentrarsi ancora di più nella foresta, si alzò e si avviò. Quasi certamente non sarebbe riuscita a tornare, ma non voleva arrendersi: Aaron le aveva dato fiducia, non le avrebbe mai messa alla prova se non fosse stato certo che poteva farcela. Aumentò il passo, tenendo un’andatura costante e tentando di far tornare il respiro regolare, visto che aveva già cominciato a diventare affannoso.
Attorno a lei, gli animali cominciarono a muoversi freneticamente, cercando un riparo per la notte che ormai sopraggiungeva, non fece a meno di sorridere, pensando che, non appena fosse stato buio, sarebbe arrivato un vampiro a prenderla, e lei, invece che spaventata, agognava quasi quel momento. Non dovette aspettare poi molto, una ventina di minuti, quando l’ultimo raggio di sole si nascose dietro l’orizzonte, sentì un movimento alle sue spalle e, girandosi di scatto, si trovò davanti l’uomo di ghiaccio.
<< Ciao. >> gli disse, visto che continuava a scrutarla in silenzio, le braccia incrociate e nessuna espressione sul volto.
<< Direi che non ci siamo proprio. >> rispose il vampiro, ma lei, sebbene sentisse il bisogno di abbassare gli occhi, fece di tutto per tenerli fissi in quelli di lui. Bastò quello, la dimostrazione che, anche se aveva fallito, non aveva intenzione di arrendersi, di piegarsi, perché Aaron tornasse quello che aveva conosciuto. Vide distintamente i muscoli sciogliersi, la postura rilassarsi, ed il sorriso nascere sul viso. Le si avvicinò e le scostò dal volto una ciocca che era sfuggita alla coda. Il primo impulso della ragazza fu quello di sottrarsi al suo tocco, non perché la infastidisse, ma perché era consapevole di essere completamente sudata; ma, un istante dopo, si rese conto che lui l’aveva fatto spontaneamente; non c’era motivo di pensare che lo schifasse.
<< Non è andata tanto bene. >>le disse, molto più dolcemente di prima.
<< Lo so. Non ho prestato abbastanza attenzione alla strada che abbiamo fatto, e non sono decisamente in grado di orientarmi da sola. >> il vampiro prese una cartina dalla tasca dei pantaloni e gliela passò. Light l’aprì e vide che rappresentava la foresta.
<< Questa è la casa. >> le spiegò << Qui è dove ti ho lasciato questa mattina. >> indicò un altro punto più a sud << E qui è dove siamo ora. >> lei sgranò gli occhi rendendosi conto di aver percorso quasi il triplo della distanza in direzione nord-est. Sentì il rossore invaderle le guance: aveva fatto un errore veramente grossolano, e l’imbarazzo era quasi d’obbligo. Lui le sollevò delicatamente il volto, che non si era resa conto di aver abbassato, e lei disse:
<< Non c’è problema, tranquilla. La prossima volta andrà meglio. Dopotutto, non abbiamo scadenze da rispettare, possiamo andare con calma. Ora vieni. >> le tese una mano e lei visi aggrappò. Fu un attimo, ed il potere la invase; nulla in confronto a ciò che aveva provato a evocare lei; mille volte più potente e puro. Le sembrò di aver fatto solamente tre passi, prima di ritrovarsi davanti all’abitazione dell’uomo. Entrarono, sempre tenendosi per mano, e lei non poté fare a meno di pensare di essere finalmente a casa.
Dopo essersi fatta la doccia e aver mangiato, Light e Aaron si sedettero sul divano, lei avvolta in una coperta e con una tazza di cioccolato tra le mani, lui con le gambe allungate e la testa poggiata sullo schienale.
<< Ora è meglio se facciamo due chiacchiere .>> le disse, sorridendole.


Eccomi di nuovo qui a postare! ho deciso che come tempi di aggiorinamento è meglio tenere le due settimane, così riesco a scrivere con calma i capitoli, evitando errori. comunque...è comminciato l'addestramento! che ve ne pare? fatemi sapere, sono tutt'orecchie! grazie a tutte coloro che hanno trovato la voglia ed il temp di recensire, mi ha fatto molto piacere ;) a presto

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


16

<< Mi devo preoccupare? >> Light non poté trattenersi dal chiedere, perché era stata abituata a temere quelle parole. Quando le dicevano così, solitamente finiva rimproverata ingiustamente per azioni altrui, ed era costretta a subire punizioni assurde, e naturalmente destinate solamente a lei. Ed in quel momento, sebbene sapesse che Aaron era diverso, non riuscì a scrollarsi di dosso il peso dei ricordi.
<< Partiamo dalla prova di oggi. >> le disse, e la fanciulla notò distintamente i suoi occhi indurirsi, segno che stava tornando ad essere il Giustiziere. << Come prima volta poteva andare decisamente peggio, ma poteva anche andare meglio. Le tecniche di orientamento che hai tentato di mettere in pratica non erano errate, ma non avresti dovuto dimenticare la direzione da cui eravamo venuti e, prima ancora, avresti dovuto prestare attenzione al percorso. Non ho intenzione di darti suggerimenti, insegnarti trucchetti o cose varie, devi farcela da sola; continueremo a ripetere l’esercizio fino a che non ti riuscirà. Devi anche migliorare la tua resistenza: sei rimasta appoggiata contro quell’albero troppo tempo e non va affatto bene; hai sprecato ore di luce che ti sarebbero state indispensabili, visto che il sole scende verso ovest e, come hai capito, la casa si trova ad est. Tieni presente che ci alleneremo solo per i primi tempi nella foresta, poi andremo in città. >>
<< Non potrei vedere la cartina? >> chiese timidamente, timorosa di venire sgridata.
<< Certo, ma ricorda che durante un inseguimento non avrai ma il tempo di consultarla, quindi devi farti bastare uno sguardo veloce d’insieme. >> detto ciò le lanciò la stessa mappa che aveva già visto. La giovane si sforzò non poco per leggerla ma, si rese conto presto, era segnata solamente la casa, non c’era nessun altro punto di riferimento. Qualche minuto dopo Aaron si sporse e la riprese, mettendosela poi in tasca.
<< So che ti sembrerà senza senso, ma se impari ad orientarti dove non ci sono punti di riferimento, poi non rischierai di smarrirti in casi simili. >> le disse, forse indovinando la perplessità di Light riguardo quell’allenamento. << Non appena migliorerai, cominceremo anche con il combattimento e vedrò di far aumentare la tua massa muscolare. Sai, sei piuttosto gracilina. >> le disse con un sorriso canzonatorio, a cui lei rispose con una spintarella scherzosa sulla spalla. Notò che il vampiro si era mosso volontariamente, per stare al gioco, e fu questo che le fece piacere, più che lo scambio in sé, perché significava che cercava in tutti modi di metterla a suo agio, ed era un gesto che apprezzava molto. Prese un sorso di cioccolata calda e sentì il denso liquido dolce scenderle fino nello stomaco e darle un po’ dell’energia che quella giornata sfiancante si era presa.
Notò distrattamente che l’uomo si abbandonava di nuovo sui cuscini, ma giunse chiaro alle sue orecchie il suo sospiro stanco. Chissà per cos’era.
<< C’è altro di cui dobbiamo parlare. >> le disse, passandosi una mano sugli occhi e sedendosi diritto. << Ho lasciato stare ieri e, se fosse per me aspetterei ancora, ma gli ordini sono diversi. Io sono il Giustiziere, e tu hai vissuto per lungo tempo con i Guardiani, penso sia chiaro cosa sto per chiederti. >>
<< Vuoi che li tradisca? >> disse la ragazza, con voce quasi incolore.
<< Non se tu non vuoi, non ho intenzione di obbligarti. Solo, mi farebbe comodo per capire cosa stanno facendo. >>
<< Cosa intendi? >>
<< Light, sono nato alla stessa epoca del loro primo ordine, sono secoli che li osservo, ma i comportamenti che hanno tenuto nei tuoi confronti non li capisco, non hanno senso. >> lei abbassò lo sguardo, riflettendo: cosa doveva fare? Tradire coloro con cui aveva vissuto gli ultimi dieci anni? Raccontare tutto ad un vampiro, il loro peggior nemico? L’indecisione era tanta, non perché veramente le importasse qualcosa dell’orfanotrofio, ma era una questione di principio: lei era leale, non voleva essere etichettata come spia. Però poi pensò a Will, Cam, Ted, Nora, a Timothy, e capì che la sua fiducia, la sua lealtà verso di loro era sbagliata, sarebbe stato un errore. Quelle persone avevano sempre approfittato di lei, pretendendo senza mai chiedere. Avevano lasciato più volte che Light rischiasse la vita al posto di qualcun altro, l’avevano considerata meno di un verme, perché lei ora avrebbe dovuto proteggerli? Non era Aaron a meritare la sua fiducia? Lui l’aveva aiutata, accolta in casa sua, senza una domanda, senza chiede nulla, perché per il vampiro era giusto così. Non era forse il momento di ricambiare? Forse, raccontandogli quegli anni, avrebbe avuto delle rispose.
<< Cosa vuoi sapere? >> gli chiese, dopo qualche altro minuto di silenzio e di riflessione.
<< Tutto ciò che ti va di dirmi. >> le disse lui, rilassando un po’ la postura; probabilmente si aspettava di dover insistere di più.
<< Sai già come sono finita il quel posto e sai anche che, dopo avermi messo il marchio si sono del tutto disinteressati di me. Per i primi tempi provai ad ambientarmi, a farmi qualche amico e, inizialmente sembrava che le cose non andassero proprio male: gli altri bambini non mi davano tanta confidenza – ero quella nuova – ma non mi trattavano male. Poi ci fu una sorta di riunione di gruppo, o convocazione collettiva, se preferisci, a cui la mia presenza non fu richiesta. Da quel momento, nessuno mi ha più parlato. Pensai fosse per qualche ragione importante che io non potevo sapere, perché ero piccola e non ero crescita lì ma, man mano che il tempo passava, nulla cambiò, anzi. Mi ricordo di aver chiesto spiegazioni, una volta, ad uno dei maestri della scuola, e lui, guardandomi dall’alto in basso, mi disse che io non ero nulla, che non c’era ragione che s’interessassero di me. Ricordo di essere corsa in camera a piangere e di esserci restata per tutto il giorno, senza che nessuno venisse a cercarmi, come a conferma di quelle parole. Passò qualche tempo, e cominciarono i dispetti, gli scherzi e tutto ciò che poteva far divertire gli altri. D'altronde, è normale che ci sia uno zimbello in un gruppo, no? Pensavo che, visto che non mi volevano, mi avrebbero trovato un altro posto dove andare, dove mi avrebbero voluto bene; a volte, di notte, sognavo i miei genitori che venivano a prendermi, ora non ricordo nemmeno il loro viso. Mi illusi per anni di poter andare via, ma poi mi legarono a loro a filo doppio. Avevo dieci, undici anni, mi dissero di vestirmi con gli abiti nuovi, che saremmo andati a fare un giro. Ero felicissima, finalmente si erano ricordati di me, e non per deridermi o dirmi di fare qualcosa. Non stavo più nella pelle, quando salimmo in macchina; avevo un po’ paura, perché l’ultima volta che avevo viaggiato su quel mezzo non era finita bene, ma come feci per prendere la mano della donna che mi sedeva affianco, lei mi guardò in un modo che… Avrei dovuto capire da quello ciò che mi aspettava. Ci fermammo dopo quello che mi parve poco tempo, visto che avevo passato il viaggio con il naso appiccicato al finestrino. Mi fecero scendere e, quando mi voltai per vedere chi mi avrebbe accompagnato, la macchina ripartì. >> si fermò un attimo, per asciugarsi le lacrime che non si era accorta di aver cominciato a versare. Aaron la ascoltava senza muoversi, lo guardo di fuoco perso nel nulla << Cominciai a gridare, a piangere, ad inseguirla, ma loro non si fermarono; quando caddi non ebbi la forza di alzarmi. Non so bene cosa successe, ma divenne buio, freddo, e io stavo morendo di paura. Poi qualcuno mi prese in braccio; non ero più così piccola, ma non riuscii ad evitare di aggrapparmi a quel collo. Era una donna, che cominciò a ridere, al mio gesto. Alzai lo sguardo, stranita, perché mi sembrava di non aver mai sentito quella voce; non scorderò mai quello che vidi. Era bellissima, non sembrava neanche reale, ma aveva lunghi canini affilai, e la bocca sporca di sangue. Cominciai a dibattermi, ma la sua presa ferrea non mi lasciò “Guarda che graziosa bambina” disse, accarezzandomi il collo con le labbra “il tuo sangue giovane mi farà diventare ancora più bella”. Non capivo più nulla, sentivo il suo respiro freddo sulla pelle e avevo paura. Serrai gli occhi, perché non volevo vedere cosa sarebbe successo. Poi caddi a terra,di colpo; le braccia che mi tenevano scomparvero; riaprii gli occhi e vidi che i Guardiani, quelli che mi avevano lasciato lungo la strada, erano tornati, ma non riuscii a dire nulla, nemmeno a piangere; solamente a tremare. Bruciarono la donna e poi, trascinandomi per un braccio mi condussero fino a dove avevano lasciato l’auto. Non parlai per giorni, rimasi rintanata in camera mia, sotto il letto, aspettando che qualcuno venisse a prendermi, ma quando la porta si aprì non vidi nessun volto amico. Mi spiegarono che la donna era un vampiro, che andavano uccisi, e che io ero l’esca perfetta. Da quel giorno mi portarono più o meno ad ogni battuta di caccia. Mi lasciavano sola in un luogo fino a che il vampiro non si faceva vivo e, quando stava per uccidermi, loro apparivano. Poi mi riportavano all’istituto. >>i singhiozzi le impedirono di continuare a parlare, l’aria faticava ad entrarle nei polmoni. Tutto il dolore, la sofferenza, la paura subiti le stavano ricadendo contro, e lei non riusciva a tenerli a bada. Sentì le braccia di Aaron avvolgerla, la sua voce dolce che tentava di calmarla, ma non ci fu molto da fare, tranne che abbandonarsi all’incoscienza.


Capitolo vergognosamente corto, lo so, ma almeno abbiamo svelato gran parte del passato di Light, giusto? fatemi sapere cosa ne pensate ;)
ps: mi dispiace molto se nella stesura precedente c'erano parecchi errori, spero di averli corretti tutti :)

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Aaron
17

La prese tra le braccia, facendo attenzione a non rovesciare le tazze, e si avviò verso la camera. L’adagiò sul letto e l’avvolse per bene coperte, sdraiandosi poi al suo fianco; non si sentiva di lasciarla sola, non dopo ciò che aveva sentito. Con delicatezza, per paura di svegliarla, le passò delicatamente le dita sulle guance, cancellando il segno delle lacrime. Tuttavia, non fu in grado di separarsi da quella pelle di rosa, percorrendo delicatamente i lineamenti del volto, sorprendendosi di come si rilassassero al suo tocco. Era strano, come in due soli giorni si fosse affezionato a quella piccola umana, quando per secoli si era fatto bastare solo se stesso. Solo settimane prima non avrebbe mosso un dito per salvare uno di loro, ora invece si stava prendendo cura di una Guardiana. L’accarezzò piano, passandole le dita fra i capelli, sorprendendosi di come le ciocche gli sembrassero seta; solitamente non c’era nulla che non lo irritasse per qualche motivo: un’imperfezione al tatto, alla vista, all’udito.
Ma con Light, ancora una volta, era tutto diverso.
Aveva sempre odiato l’odore degli uomini, un misto tra sudore e fragranze chimiche; ma quello della fanciulla lo calamitava. Sapeva di neve, di vento freddo, di aria pulita dalla pioggia. Poggiò il naso sulla curva nivea del suo collo ed inspirò profondamente: sentiva il sangue correre veloce, caldo, pieno di vita; ma non nacque in lui il bisogno di bere. Non avrebbe mai accettato di diventare un mostro fino a quel punto.
Le strinse leggermente le braccia e le scivolò più vicino, curioso di sentire il suo corpo di nuovo caldo, dopo tanto tempo. Tuttavia, non appena si sfiorarono, la ragazza sussultò e si tirò indietro di scatto. Aaron sollevò lo sguardo, preoccupato che potesse avere un incubo o essere spaventata dalla sua improvvisa vicinanza: si era svegliata e lo guardava ad occhi spalancati, stringendosi le braccia al petto. Il vampiro cominciò ad alzarsi, adagio, per lasciarle più spazio ma, con un movimento improvviso, lei scostò le coperte e gli tese una mano.
<< Ti va… ti va di sdraiarti qui con… con me? >> gli chiese con foce sottile, tremante. La guardò esitante; non sapeva cosa sarebbe successo standole accanto, c’era la possibilità che si svegliassero in lui istinti sconosciuti o sopiti. Non ci fu molto da fare, in realtà, perché basto uno sguardo a quel piccolo corpo rannicchiato, perché il suo cuore si sgretolasse.
Le si stese affianco, adagiandosi sui cuscini e voltandosi su un fianco, per guardarla in volto.
<< Come stai? >> le chiese, timoroso della risposta. Si sentiva in qualche modo responsabile dei ricordi che le avevano affollato la mente; era stato lui a chiederle di rivangare il passato.
<< Meglio. >> la sua voce era ancora roca per le lacrime.
<< Dormi ora, è notte fonda e hai bisogno di riposare. >> le disse, sfiorandole piano un tempia, ma lei scosse la testa e gli si accostò un po’.
<< Voglio parlarli ancora. >>
<< Ne sei sicura? Non voglio che tu ti senta male. >> ma sorprendendolo ancora, la ragazza si spostò sino ad incastrare il volto sulla spalla dell’uomo ed adattare il corpo alla sua posizione; lo avvolse con le braccia e gli si strinse contro.
<< Voglio raccontarti. Se ti dico cos’è successo, poi tu mi proteggerai, vero? >> gli chiese, guardandolo con occhi lucidi ed innocenti di bambina,
<< Sempre. >> le rispose, abbracciandola a sua volta. La sentì distintamente prendere un profondo respiro, prima di cominciare.
<< Non c’è molto altro, in verità, oltre a quello che ora sai già. Ma ho bisogno di far uscire tutto. Da quel giorno sono diventata l’Esca; a volte penso che in molti si siano dimenticati il mio vero nome. Ho tentato in ogni modo di tirarmi indietro, di trovare una soluzione, e sono diventata una seccatura così grande da far intervenire Timothy. >>
<< Timothy? >> chiese, sospettoso, mentre un volto sfocato si associava a quel nome
<< Si, è il capo, il boss, o quel che ti pare. È come una formica regina, dirige i suoi soldati standosene comodamente seduto, in disparte, protetto. Ci sono storie, quasi leggende, sulle sue immense capacità di combattimento però, se c’è qualcuno che ha veramente assistito, non si è lasciato sfuggire nulla. >>
<< E i ragazzi che erano con te? Quelli che avrebbero dovuto proteggerti. >>
<< Loro… loro sono le nuove punte di diamante, soprattutto Cam. Hanno inculcato loro in testa di essere i migliori e, ormai, lo sono diventati. Svolgono tutte le missioni che li vengono assegnate, anche le più difficili. >>
<< E tu? >>
<< Io cosa? >>
<< Partecipi indistintamente ad ogni missione? Non sceglievano solamente quelle in cui non rischiavi la vita? >>
<< Oh no, anzi. Ormai facevo “squadra” fissa con quel gruppetto e la dinamica era sempre la stessa: mi lasciavano nelle mani del vampiro di turno fino a quando non decidevano che era giunto il momento di intervenire. >>
<< Che vermi. >> si lasciò sfuggire lui. Come si potevano considerare uomini? Aveva conosciuto scarafaggi con più fegato. << Sai come funzionano le cosa nel resto del mondo? >> le chiese ancora, aveva bisogno di più informazioni possibili per fare rapporto.
<< Credo ci siano dei piccoli distaccamenti che lavorano seguendo le direttive dell’istituto, ma non ne sono sicura. Non hanno mai tenuto in considerazione la mia presenza, quindi non si sono sforzati di spiegarmi bene come funzionassero le cose. >>
<< Va bene, grazie. >> le rispose. Light fece per riprendere a parlare, ma non ce n’era più bisogno. Le accarezzò la testa, sussurrandole di dormire, che gli serviva sapere nient’altro. La cullò dolcemente fino a quando non si addormentò.
Rimase con lui per il resto della notte, tenendola stretta ed accarezzandole i capelli, mentre rimuginava su tutto ciò che aveva sentito. Il comportamento dei Guardiani ora gli era, se possibile, ancora più incomprensibile. Che senso aveva sfruttare una ragazzina indifesa, inerme, come esca? Perché non addestrarla? Se non altro, sarebbe stata un peso più leggero. Tuttavia, c’era qualcosa di ancora più incomprensibile: si vedeva che Light aveva potenziale, che avrebbe potuto diventare una, se nonla, migliore. Perché non approfittarne per rafforzare le proprie fila?
Si alzò che cominciava ad albeggiare. Non gli faceva molto piacere dover lasciare sola la fanciulla, ma non aveva molta scelta: Nathan si aspettava di avere notizie. Sorrise teneramente, vedendo che la giovane si spostava nel letto, quasi a cercarlo, ma non poteva proprio rimanere e, dopo averle rimboccato le coperte, si avviò. Stava per uscire dalla stanza, quando si rese conto che, non trovandolo, avrebbe potuto spaventarsi, così recuperò un foglietto di carta e, con la sua grafia sgangherata, le lasciò scritto di non preoccuparsi, ché sarebbe tornato entro sera. Si chiuse la porta alle spalle e corse.
Ci mise più tempo della volta precedente ad arrivare dal Sommo, non riusciva ad essere veloce come avrebbe voluto. Sospirò frustrato quando sentì i muscoli contrarsi dolorosamente, era un segno inconfutabile: doveva cibarsi, ma sarebbe riuscito ad aspettare ancora un po’.
Quando davanti alla casa sentì distintamente due voci provenire dall’interno, ma non si preoccupò. Infatti, quasi nello stesso momento i cui lui si fermò, la porta si aprì ed Aaron entrò. Seguì Nathan fino al suo studio, dove ad aspettarli c’era un altro vampiro, tarchiato, muscoloso, con la carnagione scura ed i capelli neri.
<< Alan. >> lo salutò, facendogli un ceno con il capo.
<< Giustiziere. >> rispose l’altro, tornando a sedersi sulla poltrona da cui si era alzato al loro arrivo. Aaron preferì rimanere in piedi e si accostò alla parete, in attesa che l’amico parlasse.
<< Ricavato qualcosa dalla Guardiana? >> gli chiese, infatti, qualche istante dopo.
<< Si, e penso che ti farà piacere sentire ciò che ho scoperto. >> disse, mentre gli altri due si mettevano comodi, pronti ad ascoltarlo. << È lei l’Esca, colei che i Guardiani usano per attirarci.  Finita all’istituto quando aveva sei anni ma, per qualche motivo, non l’hanno voluta addestrare, rifilandole come scusa il fatto di essere già troppo grande. Non ha avuto un soggiorno facile, prima ignorata da tutti e lanciata in mezzo ai vampiri dei bassi fondi a soli undici anni. >>
<< Così piccola? Ma sono pazzi? >> sbottò Alan, guardando con tanto d’occhi il vampiro.
<< Ho pensato la stessa cosa, ma non le hanno dato nessuna spiegazione. Gli schemi di caccia sono sempre gli stessi: lei, solo, finisce in balia dell’animale di turno e, un attimo prima che le piantino i denti nel collo, arriva la squadra incaricata a portare a termine il lavoro. >>
<< Hai intenzione di tenerla con te? >> gli chiese il Sommo
<< Si, voglio addestrarla. Non sa nulla, nemmeno i rudimenti di base. Tuttavia, quello che mi preoccupa di più è che, essendo l’unica esca, potrebbero esserci vampiri sopravvissuti che vedono in lei la causa della loro quasi seconda morte. >>
<< Hai ragione. >> il biondo si passò una mano sulla fronte, riflettendo.
<< Hai sentito il suo odore? Non è delizioso? >> intervenne Alan. Aaron si ricordò in quel momento che l’altro uomo era stato inviato a spiace Light e che l’aveva definita “l’esca prediletta di ogni vampiro”. Sentì un moto di rabbia crescergli dentro, perché trovava sbagliato che qualcuno dicesse o anche solo pensasse una cosa del genere, ma non aveva voce in capitolo, non sapendo a cosa egli si riferisse.
<< Dovresti sapere che il sangue umano non ha nessuna attrattiva su di me. >>lo riprese, fissandolo negli occhi fino a fargli abbassare lo sguardo. Era strano come tutti i membri della comunità tendessero a dimenticare quel particolare di lui che lo rendeva ancora più diverso.
<< Ma su di me si, >> disse Nathan << e ti assicuro che non ho mai sentito un profumo più delizioso. Tuttavia mi chiedo perché le abbiano dato così poca importanza; se fossi stato in loro, me la sarei tenuta stretta. Una creatura in grado di ammaliare ogni vampiro, indistintamente,beh, a parte te, è unica. Non se ne è mai sentito parlare, nemmeno nei miti risalenti all’epoca del Drago d’Argento. Dobbiamo incontrarla. >>
<< Le ho chiesto di accompagnarmi alla Notte degli Antichi e lei ha accettato. >>
<< Splendido, sarà l’occasione giusta per vedere come reagiranno alla sua presenza tutti gli altri. >>
<< Fino ad allora cosa devo fare? >>
<< Ciò che ritieni giusto. Addestrala, insegnale, non lo so, per me è lo stesso. Anche se gradirei che, alla fine, si schierasse con noi e non contro. >>
<< Perfetto. >> fece per avviarsi, quando l’amico lo fermò, dicendogli che Alan doveva metterlo al corrente di altri fatti anomali nei confronti dei Guardiani.
<< Non sono più usciti in missione >> cominciò << né a New York, né in America né in tutto il resto del mondo. Ci hanno lasciato completamente carta bianca e questo, soprattutto nelle zone infestate di vampiri giovani, a lungo andare potrebbe essere pericoloso. Sembra che tutti i Guardiani stiano convergendo al quartier generale, come se si preparassero per un attacco di massa. Abbiamo provato ad avvicinarci, ma hanno circondato il perimetro e rischiavamo di farci scoprire. Pensiamo che tutta questa prudenza sia dovuta al “rapimento “ dell’esca, come ho sentito definirlo. >> Aaron rimase in silenzio, pensando che, per giustificare un simile spiegamento di forze, la scomparsa di Light era troppo poco, sicuramente c’era qualcosa di molto più grosso sotto e aveva il presentimento che la ragazza fosse un tassello molto importante del puzzle. Tuttavia, le informazioni che aveva erano veramente troppo poche per cercare di arrivare a conclusioni convincenti. Una sola era la cosa da fare:
<< Andrò ad indagare io stesso. >>

allora? che ve ne pare? so che è un capitolo corto, ma non mi sembrava giusto mettere tutto assieme, sarebbe diventato tropo lungo e pesante. è da tanto che non avevamo il nostro vampiro come protagonista, che ve ne pare? fatemi sapere ;)

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Aaron
18


Era vero, Alan non aveva mentito. I Guardiani si erano radunati e stavano affilando le spade o, più propriamente, spolverando l’artiglieria. Avevano apportato notevoli mutamenti alla struttura, cercando di renderla più simile ad un quartier generale in grado di sopportare una guerra tra forze sovrumane:i vampiri ed il potere del Drago. Era dalla notte dei tempi che le due forze si scontravano e, forse, questa volta avrebbero raggiunto la tanto agognata fine; perché combattere per secoli? Intervallare periodi di tensione a bagni di sangue? Sarebbe stato molto più facile fare fronte comune ma, purtroppo, l’orgoglio aveva sempre giocato un ruolo fondamentale.
L’alta cancellata che circondava il perimetro, così come il cancello principale, era stato ricoperto da spesse lastre di metallo, per evitare che occhi estranei notassero cose che dovevano rimanere segrete. Anche dalla distanza cui si trovava lui, sul tetto del palazzo vicino – che comunque era separato dall’istituto da un incrocio – Aaron poteva vedere le telecamere che erano state istallate su ogni lampione, e i sensori ad infrarossi vicino alle colonnine. A stupirlo maggiormente, tuttavia, fu la rapidità con cui tali modifiche erano state apportate: un paio di giorni e, non solo avevano eliminato ogni riferimento ad un orfanotrofio, ma avevano dato vita ad una caserma vera e propria. Il giardino, dove ricordava di aver visto qualche gioco e molto spazio libero per divertirsi, ora era un enorme percorso di sopravvivenza; gli giungeva alle orecchie il suono di legno e metallo che cozzavano, segno che l’addestramento intensivo era iniziato per tutti i ragazzi, nessuno escluso. Vide due figure attraversare i parco e, aguzzando la vista, gli parve di riconoscere il Guardiano a cui aveva rotto un braccio; allora, chiudendo gli occhi, per concentrarsi meglio, provò ad ascoltare le parole che i due si dicevano.
<< Ci sarà da divertirsi. >> esclamò quello che gli sembrava si chiamasse Cam << Non appena l’avremmo trovata non ci fermerà più nessuno. >>
<< Perché? Alla fine è solo una ragazza >> disse l’altro, che lui non conosceva
<< Si, è vero, lei conta meno di niente, ma Timothy ha detto che è riuscita a farsi salvare da uno dei vampiri più potenti ed importanti. >>
<< Quindi trovare l’esca e solamente un pretesto per arrivare a lui, in modo da cogliere di sorpresa tutti gli altri. >>
<< Esattamente. Così, finalmente, potremmo toglierceli di mezzo una volta per tutte. >> disse, allargando le braccia e scoppiando a ridere. Aaron scosse la testa, con le labbra piegate in un sorriso ironico: veramente erano così ingenui da pensare che bastasse così poco per mandare nel caos il sistema di creature che esistevano da millenni? Se fosse stato così semplice, se l’equilibrio fosse stato così fragile, i vampiri non sarebbero riusciti a convivere nemmeno per una decina d’anni. E anche nel remoto caso in cui lui, il Giustiziere, venisse sconfitto, i Sommi sicuramente non ne avrebbero fatto un dramma. La stabilità ne avrebbe risentito solamente per poche ore, il tempo necessario per informare tutti dell’accaduto, poi tutto sarebbe tornato come prima, o anche meglio, perché ci sarebbe stata una vittima da vendicare.
I due giovani continuarono a camminare, ignari del pericolo a cui stavano sottoponendo i loro alleati perché, sicuramente, Nathan avrebbe fatto in modo che il loro piano non si compisse. Il vampiro colse solamente con la coda dell’occhio un’altra figura, accostata al muro, come se stesse spiando i ragazzi; non ne era sicuro, ma gli sembra famigliare, forse un altro dei Guardiani della notte in cui aveva salvato Light. Rimase immobile, in attesa di un movimento che gli svelasse le vere intenzioni di quell’individuo, ma li non fece nulla. Per alcuni minuti Aaron lo scrutò, riconoscendo il lui il ragazzo che, seppur fievolmente, aveva tentato di proteggere la fanciulla. Forse erano amici, magari qualcosa di più; ma in quel caso, lei gliel’avrebbe detto? Una strana morsa gli serrò il petto, rendendogli difficile assaporare l’aria e suoi profumi; non sapeva cosa fosse, mai, nella sua vita estremamente lunga, gli era capitato di sentire un’emozione simile. Stava per voltarsi ed andarsene, deciso a dimenticare quegli strani pensieri ed il giovane che gli aveva scatenati, quando il silenzio fu spezzato da un urlo di bambino.
Riabbassò lo sguardo sul cortile e vide nitidamente il ragazzo strattonare Thomas per un braccio, nel tentativo di portarlo con sé. I singhiozzi del piccolo giungevano fino a lui come il rumore più assordante; fu l’istinto a suggerirgli cosa fare ed il corpo si mosse prima ancora che la mente realizzasse. Saltò giù dal palazzo, atterrando in un vicolo dimesso e lì aspettò che il Guardiano uscisse dall’orfanotrofio, con il bambino al seguito. Sperò che non si trattasse di nulla di grave perché, tutto sommato, Tommy era veramente troppo piccolo per essere coinvolto in una missione; avrebbe solamente corso un rischio inutile, visto che, da quando si era sparsa la voce tra i vampiri dell’aggregarsi dei Guardiani, la zona era diventata off-limits per quelli della sua specie.
Si mosse assieme a loro, con la voce del bimbo nelle orecchie, mentre chiedeva al suo “amico” di rallentare, di lasciarlo, di tornare a casa. Li seguì fino a quando, quasi un’ora dopo, giunsero nello stesso parco in cui si erano incontrati la prima volta. Giunto in prossimità delle altalene, il giovane lasciò bruscamente il bambino che, per la sorpresa, perse l’equilibrio. Non appena lo vide cadere, Aaron non poté evitarsi di stringere i pugni e serrare i denti: odiava chi se la prendeva con i bambini; erano indifesi, ingenui, innocenti ed andavano protetti ad ogni costo. Ma non aveva potuto intervenire perché, purtroppo, in quel momento doveva rimanere nell’ombra e tentare di capire cosa l’altro avesse in mente.
<< Avanti! Vieni fuori! >> urlò, mentre Tommy gli gattonava sempre più distante << So che ci sei, mostro. Devi essere qui! Devi ridarmela! Non ti appartiene. Light è solo mia! >> a quel punto fu chiaro che era lì solamente perché, in un istante di follia, aveva pensato che tornando nello stesso luogo e portando con sé il bambini, anche Aaron sarebbe tornato. E per fortuna, o sfortuna, ciò era successo.
Con passo lento, quasi annoiato, si fece avanti, fino ad entrare nel campo visivo del ragazzo. La reazione fu immediata: scattò in posizione di difesa, dimentico del bambino che si lamentava a terra poco distante da lui. Aaron non lo degnò di uno sguardo, inginocchiandosi davanti al bimbo e prendendolo in braccio.
<< Basta piangere, >> gli sussurrò << non ce n’è più bisogno. >> non si aspettava una reazione immediata, pensava di doverlo consolare per qualche minuto, prima che si calmasse, invece non fu necessario. Thomas gli strinse le braccia al collo, senza nemmeno guardarlo in faccia, e strofinò la guancia contro la sua camicia. Il vampiro si rialzò e, finalmente, si voltò a fronteggiare l’altro, che era rimasto spiazzato dal suo gesto.
<< Che cosa vuoi da me? >> gli chiese, con voce fredda, distante, come se parlasse con un insetto.
<< Mi sembra di essere stato abbastanza chiaro. Devi restituirmi ciò che mi appartiene. >> rispose il giovane, alzando il mento, con ari a di sfida.
<< Perché mai dovrei lasciare di nuovo Light nelle vostre mani? L’avete trattata come un animale; l’avete gettata in pasto ai vampiri senza nemmeno preoccuparvi che sapesse tenere in mano un coltello; non vi siete mai presi in disturbo di proteggerla; e ora mi chiedi di farla tornare in quell’inferno? Non credo proprio. >> lo vide diventare letteralmente paonazzo dalla rabbia, stringere i pugni e cominciare ad urlare.
<< Menzogne! Non mi sono mai permesso di farle del male gratuito, ho fato del mio meglio per proteggerla e ci sono riuscito! >>il vampiro rimase in silenzio, soppesando quelle parole e chiedendosi quali fossero una menzogna. A confonderlo era soprattutto il fatto che la fanciulla non avesse nominato nessun amico, mentre il Guardiano che aveva davanti si presentava come una sorta di angelo custode. Qual’era la verità?
<< Will cattivo. >> sussurrò il bambino contro il suo orecchio << Will bua Light. >>l’uomo lo scostò dolcemente da sé, per vederlo in viso, e gli chiese:
<< Davvero? Will faceva del male al Light? Tutte quelle che ha detto adesso sono bugie? >> Tommy annuì convinto, strofinandosi gli occhi per cancellare ogni traccia delle lacrime.
<< Ti, ti. Lui ulla, da sciaffi, è sempre arrabiato. >> furono parole provvidenziali, perché cancellarono all’istante ogni tentennamento che stava nascendo nel Giustiziere. Era molto più propenso a credere al bambino che al Guardiano; era risaputo che, a quell’età, era molto più facile essere sinceri e, in più il suo istinto diceva di fidarsi. Rivolse ancora una volta la sua attenzione verso Will, soppesandolo, chiedendosi se fosse il caso di ucciderlo a solamente tramortirlo, per evitare in ogni modo che lo seguisse. Erano ad un passo dalla guerra e, a differenza degli umani, i vampiri non erano ancora stati allertati; un omicidio avrebbe potuto accelerare troppo i tempi, rischiando di compromettere il risultato della battaglia.
Non posò nemmeno a terra il bambino, prima di scagliarsi contro il ragazzo e mandarlo al tappeto con un solo calcio. Forse gli aveva rotto qualche costola, ma se lui aveva fatto del male alla giovane, era il minimo che si meritasse. Si voltò per andarsene ancor prima che il corpo toccasse terra, totalmente disinteressato del suo possibile destino; il dolore, probabilmente, sarebbe durato poco, poi il Drago lo avrebbe guarito.
Corse un po’ più lentamente del solito, impiegando quasi cinque minuti per tornare all’orfanotrofio, estasiato dalle risate felici del bambino, che si teneva alle sue spalle senza paura, come se fosse naturale aggrapparsi a lui. Quando si fermò davanti al cancello, Tommy aveva gli occhi brillanti, le guance rosse ed un sorriso smagliante, che si spense lentamente quando l’uomo lo posò a terra.
<< Vai via? >> gli chiese, con voce triste, mentre il vampiro si avvicinava al campanello. Avrebbe voluto portarlo direttamente dentro, ma rischiava di essere scoperto o anche solo avvistato e, per il momento, i Guardiani dovevano pensare di essere al sicuro, che le nuove tecnologie istallate rappresentassero un problema per lui.
<< Si, piccolo, devo tornare a casa, Light mi aspetta. >>
<< Oh. >> disse lui, abbassando il visino triste. Aaron lo guardò, mentre sentiva il cuore stringersi a quell’immagine; non aveva mai provato tanto affetto per un bambino di cui sapeva a mala pena il nome, ma gli costava quasi dolore fisico lasciarlo. Pensò a come alleggerire la sua malinconia; ma non aveva nulla da dargli, nessun oggetto che potesse consolarlo fino a quando non sarebbe tornato. Perché, se c’era una cosa di cui era certo, era che on avrebbe lasciato quello scricciolo in mezzo ai Guardiani, tanto più che sembrava non gli piacessero. Ebbe un idea improvvisa, qualcosa che non aveva mai provato ma che, inconsciamente, sapeva avrebbe funzionato: prese delicatamente la manina del bimbo e premette l’indice al centro del palmo. Una fievole luce argentea lo avvolse e, quando spostò il dito, vide che era comparsa una stellina iridescente. Thomas la guardò sorpreso, meravigliato dai colori che ne scaturivano a seconda delle diverse angolazioni cui la luce la compiva, e poi alzò i suoi occhioni meravigliati sul vampiro, ora con il volto al suo stesso livello.
<< Così ti ricorderai di me e della mia promessa >> gli disse, accarezzandogli i capelli << Quando ci sarà finalmente la pace, verrò a prenderti e stare mo sempre insieme, io, te e Light. Ma non devi dirlo a nessuno, sarà il nostro grande segreto. >> il bambino sorrise, ora felice, ed annuì. Non versò nemmeno una lacrima, quando Aaron pigiò il bottone del citofono, per poi dileguarsi nell’ombra.
Il vampiro aspettò nascosto dietro ad un palazzo fino a quando non vide il cancello aprirsi ed una donna uscire, prendere in braccio Tommy e rientrare senza una parola. Sapeva che il bambino sarebbe stato sgridato, ma sperava che Will si riprendesse prima che venisse punito, visto che era tutta colpa sua. Stata per cominciare a correre verso casa, quando fu fermato da un forte crampo al polpaccio. Ovvio, pensò, era passata quasi una settimana dall’ultima volta che si era cibato, e ora il corpo cominciava a risentire della mancanza di sangue. Se fosse stato un vampiro normale, gli sarebbe bastato tornare nella cittadina arroccata sui monti e fare scorta di sangue, ma in quel luogo ne vendevano solamente di umano, e lui era l’unico che necessitava si sangue animale. Non per scelta, più volte aveva provato a cibarsi di umani, ma finiva sempre per rigettare tutto, come se per il suo corposi trattasse di sostanze cancerogene. Quindi, visto che sarebbe stato alquanto bizzarro entrare in una macelleria e chiede il quantitativo di sangue necessario per sfamarlo, non gli restava che andare a caccia.
Decise comunque di avvicinarsi al lago, in caso succedesse qualcosa che richiedeva il suo intervento. Poi, spense il cervello e lasciò che l’istinto animale prevalesse. Si accovacciò, snudò i denti in un ringhio minaccioso e balzò i alto, sulla cima di un albero, così da avere una visuale migliore. L’autunno era arrivato, e non vedeva nessun animale di stazza rilevante aggirarsi per il bosco; in altre circostanze, avrebbe cambiato zona – adorava l’inseguimento più del momento in cui affondava i canini – ma aveva già trascorso fuori casa gran parte della giornata, e non voleva che Light restasse troppo in pensiero. Cercò una caverna in cui si trovasse un orso in letargo, e non si fece troppi scrupoli ad ammazzare l’animale ne sonno: nella foresta, vigeva la legge del più forte, e in quel caso era lui.
Era il tramonto quando finalmente aprì la porta di casa. Light era in soggiorno, raggomitolata sul divano, e stava leggendo uno dei suoi tanti libri. La fanciulla si alzò immediatamente quando lo sentì rientrare e gli andò incontro; quello che il vampiro non si aspettava fu l’abbracciò che ne seguì, pieno di un sentimento che, per il momento non sapeva riconoscere.
<< Sei stato via tantissimo. >> gli disse, mentre, tenendolo per mano, lo riaccompagnava al divano.
<< Lo so, mi dispiace. Pensavo di metterci meno, ma a quanto pare mi sbagliava. Tu cos’hai fatto oggi? >> lei abbassò lo sguardo e le guance le si colorarono di rosso.
<< Mi sono permessa di riordinare un po’. Gran parte dei mobili aveva bisogno di una spolverata. >> il vampiro notò in quel momento come la casa fosse pulita e profumasse di fresco. A lui bastavano pochi minuti per fare pulizie, ma sicuramente la ragazza aveva impiegato ore.
<< Non avresti dovuto, ora sarai distrutta. >>
<< Effettivamente si, ma ho già cenato ed aspettavo te per andare a letto. >> Aaron sorrise, divertito dal modo in cui lei, senza volerlo, aveva già anticipato le sue mosse. Si alzò e, sempre tenendole la mano, si diresse in camera da letto. In un istante si tolse i vestiti sporchi ed infilò un pantalone della tuta, prima di seguire la giovane sotto le coperte.
<< Forza, ho bisogno di dormire. >> le disse, mentre sentiva la stanchezza invadergli le membra.
<< Tu dormi? >> chiese lei, curiosa << Ormai pensavo di no. >>
<< Solo dopo essere andato a caccia. >> le rispose, scostandole i capelli dal volto e tirandosela più vicina. << Il mio corpo ha bisogno di tranquillità per distribuire il sangue a tutti gli organi. >> lei annuì, sbadigliando, e poco dopo si addormentò. L’uomo rimase qualche altro istante a guardarla, sorpreso di come si adagiasse senza paura al lui, poi chiuse gli occhi e la seguì.

Scusate il ritardo, non l'ho fatto di proposito e spero che non succea più comunque, spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto e che mi perdoniate il ritardo ;)

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


19

Si svegliò lentamente,allungando le membra, irrigidite dalla troppa immobilità, e non fu per niente stupita di sentire vicino a sé un altro corpo, sapeva che Aaron le era affianco. Non si aspettava, però, che fosse ancora addormentato; credeva che gli bastassero poche ore di riposo per riprendersi dalla caccia, non una notte intera. Si sollevò piano, consapevole che sarebbe bastato un movimento umanamente impercettibile per destarlo, e Light voleva osservarlo un po’, prima che il suo sguardo tornasse a catturarla.
Era bello, di una bellezza mozzafiato; senza nemmeno un’imperfezione, un accenno di barba. Tuttavia, ebbe come la sensazione che non dovesse ringraziare la trasformazione, che il suo aspetto originale non si scostasse molto da quello odierno. Notava, però, una lieve differenza tra lui ed i suoi simili: forse era solo un’impressione, ma sembrava quasi che lui non appartenesse del tutto alla sua specie, che fosse diverso, più evoluto. Non sapeva bene cosa le dava quest’impressione,ma era certa che Guitti, Sophie e, a maggior ragione, tutti gli altri vampiri che aveva incontrato, non fossero nemmeno lontanamente paragonabili a lui. Forse era per quello che era stato chiamato a ricoprire n ruolo tanto importante; il Giustiziere, il vampiro che uccideva vampiri; doveva essere estremamente forte, quanto le era difficile immaginarlo, per essere in grado di scontrarsi con i suoi simili ed uscirne non solo vincitore, ma anche senza un graffio.
Le venne quasi naturale chiedersi che cosa avrebbe fatto di lei, una volta addestrata. Non credeva che Aaron avesse bisogno di un’assistente, un’aiutante, ma forse le avrebbe assegnato altri compiti, come riordinare la casa, o curare le apparenze. Tutto le sarebbe andato bene, purché non la cacciasse. Non aveva altro posto che quello che lui le avrebbe offerto: non aveva nessuna intenzione di tornare dai Guardiani; e sapeva che, se avesse provato a cercarsi una case e vivere da sola, in poco tempo sarebbe stata di nuovo neri guai. Era da un po’ di tempo, ormai, che un’idea le affollava la mente: e se non fosse stato solo un caso che i Guardiani avessero usato lei come esca? Se ci fosse stata una ragione precisa? Si era accorta di essere una tentazione quasi irresistibile per i vampiri, tanto che,  quella notte al parco giochi, gli esseri non si erano nemmeno accorti di Tommy. Probabilmente i suo sangue aveva qualcosa di sbagliato, che la rendeva più appetibile ai cacciatori della notte, ed era anche il motivo per cui Timothy le aveva permesso di restare, anche se era un buona a nulla: perché rischiare la vita di validi soldati, quando c’è carne da macello da offrire come esca?
Non poté continuare oltre, con la sue riflessioni, perché un leggero movimento degli occhi di Aaron le fece capire che stava per destarsi. Ed infatti, qualche attimo dopo, i suoi occhi di foresta si aprirono e lei perse facilmente l’orientamento, credendo per un attimo di essere dispersa tra alberi secolari.
<< Ciao. >> le sussurrò, quasi la sua voce non uscisse da secoli, invece che da poche ore.
<< Ciao. >> gli rispose, sorridendo << Fatto sogni d’oro? >> lui scoppiò in una lieve risata e, per rispondere al suo sguardo confuso le spiegò:
<< Più che dormire è come cadere in un coma rigenerativo. Fino a che io sono immobile e simulo il sonno, il sangue ha tutto il tempo di andare ad irrorare i tessuti, mantenendoli in una parvenza di vita. >> Light rimase a guardarlo per un po’, valutando cosa dire. Alla fine decise che era meglio gettarla sul ridere:
<< Che discorsi seri, di prima mattina. A quest’ora dovrei preoccuparmi solamente di cosa mettere sotto i denti. >> riuscì a scatenare la sua ilarità ed al contempo a farlo alzare dalle coltri.
Pochi minuti dopo erano entrambi in cucina, vestiti di tutto punto per una giornata di allenamenti e la giovane si stava preparando da mangiare.
<< Certo che scrivi proprio male. >> apostrofò d’un tratto il vampiro.
<< Come sarebbe a dire? Che ne sai tu? >> chiese lui; probabilmente voleva mostrarsi offeso, ma s’intravvedeva benissimo il sorriso dietro le sue labbra corrucciate.
<< Ieri, il biglietto che mi hai lasciato, ricordi? Sono della ferma opinione che una gallina scriverebbe meglio di te! >>
<< Grazie mille, sai. Non è una cosa che ho deciso io; ho provato a modificare la mia grafia per renderla più elegante, o anche solo leggibile, ma ha imparato tardi a scrivere e on sono riuscito ad abituarmi. >>
<< In che senso imparato tardi? >>
<< Quando ero umano – come penso avrai capito – non ero certamente ricco. Orfano, vivevo nei bassifondi e non sapevo nemmeno lontanamente cosa fosse un libro. Ho imparato a leggere qualche decennio dopo la trasformazione, perché altrimenti ero uno strumento inutile ai Sommi, se non potevano recapitarmi messaggi. Quanto alla scrittura, c’è voluto qualche secolo prima che diventasse indispensabile; ne deriva che, quando ho imparato, le mie dita non hanno voluto saperne di adattarsi al pennino. >> lei rimase sbalordita dalla nuova informazione. Continuò a fissarlo ad occhi sgranati, tanto che, dopo qualche minuto, Aaron le chiese se ci fosse qualcosa che non andava.
<< Nulla in particolare, stavo solo cercando di immaginare un mondo dove, anche per i potenti, non fosse indispensabile scrivere. Sei nato veramente tanti anni fa. >> aggiunse poi, con uno strano sapore in bocca, come se tutti quei secoli li separassero ancora di più. Lui non rispose; rimase con lo sguardo basso a fissare il tavolo, forse perso in qualche ricordo di quelle epoche lontane.
La fanciulla si preparò un’abbondante colazione, conscia che probabilmente sarebbe stata un’altra lunga ed impegnativa giornata, ma non disse nemmeno una parola, lasciando al vampiro la quiete per pensare. Dopotutto, anche per qualcuno che calpestava la Terra da così tanto, quei giorni erano pieni di novità
Solamente quando posò le stoviglie nell’acquaio, lui si riscosse.
<< Dovremo velocizzare i tempi. >> le disse, alzandosi, e avviandosi fuori
<< Perché? >> chiese la ragazza, seguendolo
<< Ieri sono stato a spiare i Guardiani: si stanno radunando, si preparano alla lotta. La nota dolente e che, prima di tutto, vogliono recuperarti, per cui, dobbiamo farci trovare preparati. >> questa poi… dopo anni in cui non era stata nulla, ora volevano addirittura salvarla dal brutto mostro cattivo! Le veniva quasi da ridere al pensiero, se la consapevolezza di averli portati dritti dal Giustiziere non le fosse caduta addosso con il peso di un macigno. Probabilmente, si disse, era anche l’unico motivo per cui si erano interessati alla sua sorte: sapevano che ora abitava con un pezzo grosso e, quasi certamente, speravano di riuscire a sconfiggerlo o, meglio ancora, catturarlo, schiavizzarlo e usarlo come arma contro la sua stessa gente. Lei non aveva mai visto Aaron combattere, ma tutto in lui emanava forza, potere, era intrinseco; non aveva nessun dubbio che, giunti allo scontro, ad avere la meglio sarebbe stato lui, indipendentemente dal numero e dall’abilità degli umani. Si accorse con un brivido di aver scisso se stessa dal resto degli uomini, come se non ne facesse più parte, ma non era così. Il suo cuore batteva ancora, il sangue scorreva nelle vene; serbava però la speranza che, se fosse diventata forte, avrebbe potuto chiedere ad Aaron di trasformale e, forse, lui non solo avrebbe acconsentito, ma l’avrebbe tenuta con sé.
<< Light? Mi ascolti? >> si riscosse con un battito di ciglia e si ritrovò davanti casa, di fronte al vampiro, che la guardava con la testa inclinata da un lato.
<< Scusa, ero distratta. >>
<< Dicevo che dobbiamo ottimizzare i tempi, quindi faremo un allenamento multiplo. >>
<< Cosa significa? >>
<< Che durante la prova di orientamento dovrai correre il più possibile. In più indosserai dei pesi, per aumentare lo sforzo. >> le disse, porgendole una cintura. Se l’agganciò in vita e subito le sembrò di avere una ventina di chili in più, ma non disse una sola parola, mentre seguiva il suo maestro che si addentrava nella foresta. Camminarono in direzione opposta alla casa per quella che le sembrò quasi un’ora, poi il vampiro si fermò e, guardandola, le disse, con tono inflessibile:
<< Hai tempo fino a mezzogiorno, non un minuto di più. Questo pomeriggio dobbiamo cominciare con il combattimento, non possiamo rimandare nemmeno di un giorno. >> E così, in un lampo, rimase sola; la luce del primo mattino penetrava a stento il soffitto di foglie, rendendo difficile scrutare tra gli alberi. Tuttavia, Light non si perse d’animo; questa volta doveva farcela o, comunque, doveva fare un lavoro migliore del giorno precedente. La giovane prese un profondo respiro e, ruotando fino a trovarsi nella direzione da cui erano venuti, cominciò a valutare le possibilità. Si rese conto di non avere tempo sufficiente per sbagliare e, in più, ricordò la regola che l’uomo aveva posto: doveva correre, e ciò significava che sarebbe stato più difficile avere la certezza del percorso da seguire.
Respirò ancora profondamente, e poi cominciò a correre.

Nemmeno quella mattina riuscì nel suo intento. Non le apparve la facciata della casa, quando sbucò dagli alberi, ma si ritrovò sulla riva opposta del lago che, per sua fortuna non era troppo grande. Con le ultime forze rimaste fece uno scatto e percorse quei metri che la separavano dal traguardo, perché era più che certa che il sole fosse nel suo punto più alto. Infatti, quando arrivò davanti alla porta d’entrata, trovò Aaron che l’aspettava con un orologio da taschino in mano.
<< Undici e cinquantacinque, complimenti. >> lei non riuscì nemmeno a rispondere, tanto aveva il respiro affannato, ma fu contenta di quei complimenti, sebbene la voce piatta con cui le erano stati rivolti. Si piegò in avanti , le mani sulle ginocchia, tentando di riprendere fiato, almeno quel tanto che bastava per ringraziare. Si sorprese quando si sentì levare la cintura; credeva che Aaron sarebbe rimasto in versione “Giustiziere” fino a sera, ma lo sguardo dolce che le rivolse le fece dimenticare ogni sua congettura.
<< Stai dritta, porta le braccia dietro la testa, così che i polmoni si allarghino. >> le spiegò, mentre la sosteneva per la vita << Bene, adesso inspira profondamente e trattieni un attimo il fiato prima di espirare. >> dopo quasi una decina di minuti di quegli esercizi, la fanciulla sentì il cuore riprendere un ritmo regolare, e l’aria tornare con costanza nei polmoni. Lui le sorrise ancora e, facendola sedere per terra le fece fare alcuni esercizi di stretching, per evitare che i muscoli le facessero troppo male il giorno dopo.
<< Sei stata veramente brava. >> le ripeté, accarezzandole una guancia. La ragazza ancora non si spiegava perché la sfiorasse sempre in quel modo, ma non aveva nessuna intenzione di lamentarsi; voleva godersi quei tocchi il più possibile.
< > ribatté lei, sentendo il bisogno di precisare l’errore, non tanto per finta modestia, quanto perché sapeva che era un punto da correggere.
<< È vero, anche questa volta hai notevolmente allungato il percorso, ma almeno sei riuscita ad arrivare entro l’ora stabilita. Sarebbe stato molto più grave se avessi dovuto venire a riprenderti. E poi, vedila dal lato positivo, hai allenato la tua resistenza. >> Light scoppiò a ridere, rasserenata dalle parole del vampiro, mentre si metteva stancamente in piedi e lo seguiva dentro.
Fu stupita di trovare la tavola già apparecchiata per uno, e di vedere l’uomo dirigersi verso il frigorifero e prendere una ciotola d’insalata.
<< Ho pensato che fossi troppo stanca per cucinare. In più, devi tenerti leggera, perché questo pomeriggio lavoreremo ancora. >> lei lo ringraziò, anche se non riuscì a trattenere una piccola smorfia, al pensiero di ciò che l’aspettava.
<< Lo so, lo so, >> disse ancora lui, mentre la giovane cominciava a mangiare, scoprendo che oltre all’insalata c’erano pomodorini, mozzarella, mais ed olive << mi detesti, ma è necessario. Così, quando i tuoi “amici” verranno a prenderti potrai conciarli per le feste. >> quell’idea, per quanto non estremamente giusta, riuscì a risollevarle il morale.
Si aspettava di cominciare subito dopo pranzo, ma l’uomo la sorprese ancora, mandandola a fare un riposino; la versione ufficiale era “per riprendere le forze”, ma lei sospettava che ci fosse altro sotto.
Non appena fu sdraiata a letto, sollevò istintivamente lo sguardo al grane drago dipinto sul soffitto, e le venne spontaneo rivolgerli i suoi dubbi.
<< Credi che sarò all’altezza? Che non lo deluderò? Vorrei tanto eccellere nei compiti che mi assegna, non faccio a posta a non riuscirci. E se decidesse che non vale la pena aiutarmi? Che sarebbe meglio riportarmi dai Guardiani? Io non voglio tornare là, mi sono sempre sentita un’intrusa, un’ospite indesiderato. Invece qui, con Aaron, è come se fossi nel posto giusto, mi sento a casa. >> poi una strana quiete scese su di lei e, prima di addormentarsi, le parve di scorgere un baluginio blu negli occhi del drago.

Aaron andò a chiamarla quasi un’ora dopo e, quando si ridestò, la ragazza notò che si era cambiato. Non indossava più, come sempre, una felpa ed un paio di jeans, ma era a torso nudo e portava dei pantaloni scuri, di uno strano tessuto. Quando lui si accorse del suo sguardo, le spiegò:
<< È un pezzo della mia “divisa” da combattimento. È tutta opera di Guitti e Sophie, dal disegno alla composizione del tessuto. Hanno detto che si sono divertite a trovare la giusta composizione per renderlo quasi indistruttibile. >> lei lo guardò con tanto d’occhi, chiedendosi da cosa mai dovesse proteggerlo, contro cosa dovesse combattere di così pericoloso. Poi si rispose che, se anche i cacciatori erano in grado di ferire un vampiro, a maggior ragione ne sarebbero stati capaci membri della stessa specie.
<< L’hanno fatta anche a te, così che, se vorrai accompagnarmi, tu corra meno pericoli possibile. >> continuò lui, ignaro della confusione nella mente della fanciulla che, a quelle parole, non riuscì a resistere e gli si lanciò tra le braccia. Lui, subito, rimase rigido; poi, lentamente, l’avvolse con le braccia e la strinse delicatamente.
<< Grazie >> gli sussurrò contro la spalla << è la prima volta che qualcuno ha così tante premure nei miei confronti. >> lui non rispose ma le lasciò un bacio sulla fronte, prima di uscire dalla stanza per permetterle di cambiarsi. Lei si alzò e si diresse all’armadio, aprendo le ante e seppellendo la testa tra li abiti, alla disperata ricerca di quelli giusti. Solamente dopo aver passato in rassegna tutti gli appendini si accorse che, invece, erano ripiegati e posati sul fondo. Con un piccolo sbuffo gli prese, chiedendosi come mai fossero stati sistemati in un posto tanto nascosto, ma si disse che probabilmente erano state le sarte a volere così. Prese tra le mani i capi e si stupì di come il tessuto risultasse strano al tatto: era molto leggero ed elastico; il lato esterno era lucido e sembrava più resistente, mentre l’interno era deliziosamente morbido. Non perse altro tempo e subito se li infilò.
Provò una sensazione strana, non appena la stoffa toccò la sa pelle, come se fosse appena accaduto qualcosa di determinante, ma non rimase a rimuginare su quelle sensazioni, Aaron l’aspettava. Si posizionò davanti allo specchio che ricopriva l’anta dell’armadio e si guardò attentamente: gli abiti erano completamente neri, aderenti, quasi una seconda pelle, e non le intralciavano per niente i movimenti; i pantaloni avevano grandi tasche laterali, che quasi non si notavano, ed erano rinforzati sia sulle cosce che sulle gambe; la maglia era a collo, alto, così da coprire ogni lembo di pelle, aveva dei sostegni sia sullo stomaco e la gabbia toracica che sulla schiena che, tuttavia, permettevano ogni sorta di movimento; in più, la fanciulla trovò dei guanti, sempre neri, che coprivano solo il palmo della mano. Mise un paio di stivali neri al ginocchio, si levò i capelli e uscì.
Il vampiro l’aspettava nello spazio antistante l’uscita; i piedi ben piantati a terra, le braccia incrociate ed i capelli mossi da un vento invisibile. Non appena gli si avvicinò, la scrutò attentamente, soffermandosi sul collo e sulle mani, per poi dire:
<< Hanno fatto un ottimo lavoro. Con questi abiti le parti del tuo corpo che possono essere ferite sono veramente poche, così le probabilità che il qualche modo tu perda sangue diventano infinitesimali. >> poi lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, sciolse le spalle e si mise in posizione, piegando le ginocchia e sporgendosi un po’ in avanti.
<< Oggi tenta solamente di imitare le mie mosse, >> le disse << e di schivare eventuali attacchi. Prima imparerai i rudimenti del corpo a corpo, prima passeremo alle armi. >> lei annuì e si mise in posizione, prendendo esempio da lui.
Provarono vari movimenti: attacco, difesa, qualche finta semplice; e, nel giro di qualche ora, smisero di muoversi a specchio e cominciarono ad allenarsi in piccoli combattimenti, durante i quali il vampiro simulava degli attacchi e Light doveva mettere in pratica le mosse appena imparate. Non ci volle molto prima che ad entrambi fosse chiaro come il corpo della fanciulla assimilasse velocemente tutti gli insegnamenti; la giovane si muoveva con la scioltezza di anni di allenamenti e, sebbene i fosse ancora grezza, Aaron si ritenne più che soddisfatto, affermando che, se avesse continuato con quel ritmo, avrebbero potuto velocizzare di molto i tempi.

Passarono così le settimane che li separavano dalla Notte degli Antichi. La mattina Light allenava il suo orientamento, con risultati lenti ma buoni; pian piano che la giovane migliorava, il vampiro smise di prendere la casa come punto di riferimento, e cominciò ad inoltrarsi sempre più nella foresta. Non appena fu chiaro che la ragazza aveva imparato come muoversi in un ambiente sconosciuto, le uscite divennero veri e proprio inseguimenti: al segnale, l’uomo cominciava a correre, tanto veloce da non essere visibile, ma facendo in modo che lei riuscisse a seguirlo e, Light, con addosso pesi sempre maggiori, doveva fare il possibile per riuscire a catturarlo. Fu durante una di quelle prove che avvenne: la fanciulla stava correndo, sicura di star seguendo la pista giusta, quando, ad un tratto, si era sentita avvolgere da un potere simile a quello che le aveva passato il vampiro, il giorno che erano andati a fare compere. Abbassando lo sguardo sul suo corpo, si era vista ricoperta da un velo argentato e,quasi nello stesso istante, una nuova forza l’aveva colmata, i senti si erano acuiti e, in men che non si dica, si era ritrovata a correre alla stessa velocità del Giustiziere, che aveva catturato subito dopo. Tentarono in ogni modo di capire cosa fosse successo, ma non ci riuscirono.
Anche in combattimento la ragazza aveva fatto enormi progressi: la prima impressione era stata corretta, era estremamente portata per quell’arte. Presto i suoi movimenti si scostarono da quelli di Aaron, si fecero più fluidi, aggraziati, ipnotici,sembrava che si librasse in volo, ammaliava in modo tale da far abbassare la guardia all’avversario, riuscendo a mettere a segno molti colpi. Con o senza armi non faceva differenza, era diventata ugualmente letale tanto da, in alcune sporadiche occasioni, riuscire perfino a sconfiggere il Giustiziere.
La situazione generale, però, non cambiò durante quel lasco di tempo: i Guardiani continuarono ad ammassare ed addestrare forze, in attesa di scagliare chissà quale attacco; mentre i vampiri si organizzarono. La notizia dei movimenti dei cacciatori venne sparsa in tutto il mondo e, complice anche l’avvicinarsi del ballo, furono in molti a giungere, all’insaputa della specie umana
Light, dal canto suo, era sempre più felice: all’allenamento procedeva nel migliore dei modi; vedeva che Aaron era orgoglioso di lei e glielo dimostrava in molti modi. La fanciulla, però, era inquieta, perché sentiva agitarsi nel suo cuore un’emozione che non conosceva, che la colmava, l’avviluppava, la sopraffaceva ogni volta che, quello che, nei suoi pensieri aveva cominciato a definire suo, il vampiro la osservava o la sfiorava. E quasi non si accorse del tempo che passava, visse quasi sospesa, fino al giorno che precedeva la Notte degli Antichi.


Eccomi qua!! capitolo sostanzioso, mi sembra. dal possimo cominceremo ad addentrarci ne vivo della storia! spero portiate pazienza, ma tutto questo è nato come ipotetico libro, quindi i tempi sono un pò lunghi, ma spero appreziate lo stesso :) chiedo scusa per gli errori che sicuramente cisaranno, ha fatto attenzione e provato a rileggere ma ne sarà pieno comunque...chiedo pietà. ! comunque...fatemi sapere cosa ne pensate! vorrei avvisarvi anche che, salvo imprevisti, pensavo di provare ad aggiornare ogni settimana, ma non assicuro nulla... ciao ciao, alla prossima ;)

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


20

<< Sveglia, dormigliona. Dobbiamo sbrigarci o Guitti troverà il modo di staccarmi la testa. >> la fanciulla sorrise, prima ancora di aprire gli occhi. Era già da qualche giorno che la prima voce che sentiva al risveglio era quella del vampiro, e ne era immensamente felice. Aaron era diventato ancora più premuroso, attento ad ogni suo movimento, sempre pronto a sostenerla quando sbagliava o nei momenti in cui i brutti ricordi tornavano a galla. La ragazza socchiuse un occhio, lo guardò e si girò, alzandosi il piumone fino alla testa. Lo sentì scoppiare a ridere, come ultimamente faceva spesso, e in un attimo si ritrovò fuori dal letto, caricata sulla spalla dell’uomo. Cominciò a dibattersi, urlando e ridendo, conscia che la sua destinazione poteva essere solo una, e che era meglio evitarla. Tuttavia, inaspettatamente, non si diressero verso il lago, ma in cucina, dove la lasciò scendere.
<< Niente doccia, questa mattina? >> gli chiese, mentre si accomodava a tavola, davanti alla tazza di latte fumante che lui aveva già preparato.
<< Ci avevo pensato, tranquilla, ma non abbiamo proprio tempo. Dobbiamo andare a prendere il tuo vestito per domani e poi andiamo a caccia, se vuoi ancora seguirmi. >>
<< Certamente. >> rispose lei, entusiasta. La settimana prima, dopo che si era svegliato, gli aveva chiesto come si svolgesse una sua battuta di caccia, se fosse come nei film, in cui si appostava nell’ombra ed aspettava che l’ignara ragazza giungesse. Il vampiro era scoppiato a ridere per poi spiegarle, una volta calmo, che non beveva sangue umano, non per scelta, per nobili ideali, ma semplicemente perché per lui non rappresentava una tentazione; l’odore del sangue degli uomini gli procurava fastidio; era quello animale, invece, a fargli venire l’acquolina in bocca. Nessuno aveva ancora capito perché succedesse, cosa fosse andato storto durante la trasformazione; l’unica cosa certa era che nessun altro, oltre a lui, trovava invitante la giugulare di un orso. Così Light gli aveva chiesto di poter assistere, per vederlo muoversi come il predatore che era, senza dover fingere movenze che non gli appartenevano, libero di muoversi alla velocità della luce, se lo voleva.
Si sbrigò a mangiare e corse in camera a vestirsi, perché per nulla al mondo voleva arrivare in ritardo all’appuntamento. Scelse un abitino viola, al ginocchio, abbastanza largo da permetterle di muoversi agevolmente; legò una fascia lilla sotto il seno, in modo che il vestito le cadesse meglio addosso, si pettinò, infilò un paio di ballerine in tinta e raggiunse Aaron nell’altra stanza. Lo squadrò da capo a piedi, lanciando un occhiata perplessa alla divisa da combattimento che indossava.
<< Non ti sembra il caso di vestiti un po’ meglio? >> gli chiese, mentre oltrepassava l’uscio, che lui le aveva tenuto aperto.
<< Non serve. >> le rispose, sempre sorridendo <<  Ci sei tua a far contente Guitti e Sophie. A proposito, stai benissimo con il viola. >> erano uno di fronte all’altra, vicini, i corpi che quasi si sfioravano e per Light fu naturale alzarsi sulle punte e lasciarli un bacio sulla guancia, mentre lui l’accarezzava. La loro complicità era aumentata, molte volte compivano gli stessi movimenti nel medesimo istante, ed erano aumentati ancor di più i contatti teneri tra loro, come se non riuscissero a non sfiorarsi.
Si presero per mano, ancora guardandosi negli occhi, e un istante dopo cominciarono a correre. Non c’era più bisogno che il Giustiziere condividesse con lei il suo potere: da quando, durante gli allenamenti, era riuscita ad attingere alla grande forza che aveva dentro, avevano lavorato per far sì che non fosse più solo una sporadica occasione, ma che potesse attingervi a suo piacimento. Certo, non era forte, veloce, potente come Aaron nemmeno con le sue nuove capacità, ma era di sicuro enormemente più abile di ogni altro umano, Guardiani compresi. Vedeva il paesaggio, mutare intorno a sé, ma era troppo impegnata a godersi l’aria che le muoveva i capelli, mentre correvano così veloce che i piedi quasi non toccavano terra. una risata euforica scaturì dalle sue labbra, quando la gioia fu troppa: non era più inerme, non aveva più bisogno dei baby-sitter; era forte, agile, abbastanza da poter  seguire la corse del vampiro più potente. Si accorse con un po’ di ritardo che la foresta era mutata, che gli alberi erano diventata ancora più grandi, quasi tutti sempreverdi, e che la temperatura si era abbassata. La volta precedente che era stata alla città dei vampiri non si era resa conto di tutti quei particolari, forse troppo presa dall’assaporare il potere che, per la prima volta, le scorreva nelle vene. Tuttavia, mentre rallentavano, perché in prossimità delle prime abitazioni, notò molti particolari che le erano sfuggiti: fiori sui davanzali, il cui profumo si spandeva tutto intorno; finestre aperte, non ermeticamente chiuse, per evitare che si scoprisse chi vi abitava; in qualche caso le sembrò persino di scorgere qualche ombra fuggire via al loro passaggio; ma, sebbene non ci fosse nessuno per le strade, una era la cosa di cui era certa: la città si era risvegliata, ora era pregna di vita, di attività, di aspettativa, anche lei in attesa della Notte degli Antichi.
<< Come mai non c’è nessuno in giro? >> chiese ad Aaron, accostandosi al suo orecchio
<< Hanno sentito il tuo odore, anche se mescolato con il mio, e non riescono a capire cosa stia succedendo. È normale, dopotutto, nessun umano era mai stato qui. >> rispose lui, mormorando.
<< Tanto meno in compagnia del Giustiziere. >>
<< Già. >> rispose lui, facendole scivolare un braccio attorno alle spalle e avvicinandola dolcemente a sé << Sono pochi i vampiri che possono vantare una cosa simile, figuriamoci gli umani. >> lei sorrise, e si abbandonò a quel contatto piacevole, al poco calore che il corpo dell’uomo irradiava ancora. Aveva imparato a capire quando il momento della caccia si avvicinava, bastava prestare attenzione ai piccoli dettagli: la sua temperatura corporea, sempre inferiore ai trentasei gradi, diminuiva ancora; il vampiro era costretto a scaldare e stirare i muscoli con più attenzione, e non erano poche che aveva scorto sul suo volto smorfie, quando compiva qualche movimento strano. Tuttavia, quel giorno, il suo corpo era ancora più freddo del normale, e si chiese se non avesse aspettato troppo. Giunsero davanti al negozio di abbigliamento proprio quando stava per esternare il suo dubbio. Erano a pochi passi di distanza, quando la giovane sentì una folata di vento sul volto; capì immediatamente che si era trattato dello spostamento d’aria generato da un vampiro, ma Aaron non vi badò, e lei seguì il suo esempio.
Il negozio era ancora più pieno di come lo ricordava: ovunque c’erano manichini coperti da teli, appendini in ogni sporgenza, una quantità enorme di stoffe lasciata alla rinfusa sul bancone. Tuttavia, dovette ammettere che tutto quel caos si addiceva all’ambiente, lo rendeva più vivo, pieno di energia.
<< Arrivo subito, cari! >> sentirono dire, da dietro un cumulo di rotoli di tessuto. Nemmeno il tempo di pensare ad una domanda, che Guitti era spuntata dal nulla e stava andando loro incontro. Non era vestita molto diversamente, rispetto qualche settimana prima: il vestito rosa, su cui era posato un grembiule bianco pieno di spilli e aghi con ancora il filo attaccato. Era ancora più spettinata della volta precedente, i capelli le ricadevano sulla fronte e doveva continuare a spostarli, aveva un metro al collo e segni di gesso sulle maniche.
<< Oh, che piacere rivedervi! >> esclamò di nuovo, mentre prendeva le mani della fanciulla e la faceva avanzare << Sei meravigliosa, angioletto. Questo vestito poi, ti dona a meraviglia, ma tranquilla, quello per domani sarà splendido. >> ad Aaron lanciò un bacio, prima di trascinare con se la giovane.
<< Sophie, Sophie, guarda chi è arrivato. >> disse, mentre entravano in camerino; lì, al contrario della bottega, l’ordine regnava ancora sovrano, per permettere alle clienti di provare gli abiti in tutta tranquillità. Fu quando l’altra vampira arrivò, che la ragazza riuscì ad intravvedere la sartoria e si rese conto della mole di lavoro che avevano.
<< Light, quanto sono felice di vederti. >>l a salutò Sophie, dandole i consueti tre baci sulle guance.<< Vedrai, il vestito ti piacerà. >> aggiunse, scomparendo poi, nuovamente, per andare a prendere l’abito. In quel momento,la giovane i accorse che Guitti aveva coperto tutti gli specchi.
<< Non posso vedere come mi sta? >> le chiese, mentre entrava in camerino per spogliarsi
<< No tesoro, sarà una sorpresa per domani. Ora esci , su, che dobbiamo vedere che modifiche ci sono da fare. >> la fanciulla eseguì, senza preoccuparsi di indossare la vestaglia, in quanto non era la prima volta che la vedevano in intimo. Pochi attimi dopo vide tornare la sarta con una scia di stoffa blu cobalto, che immaginò essere il suo abito; era enormemente curiosa, non stava nella pelle, ma non le permisero di vedere quasi nulla, prima di infilarle il vestito dalle spalle. Si sentì scivolare addosso la stoffa come una seconda pelle, la sentì adagiarsi in tutti i punti giusti e, senza neppure aver bisogno dello specchio, seppe che le stava a pennello. Le due, intanto, davanti a lei, la scrutavano attentamente, in cerca di qualche difetto, qualche imperfezione ma, dopo averla esaminata attentamente, annuirono, contente del loro lavoro.
<< Uno degli abiti più belli. >> disse Guitti, sfregandosi le mani
<< Faccio fatica a crederci. >> ribatté Light << Ho visto che il negozio ne è stracolmo. Ci sarà di sicuro qualcosa di migliore. >>
<< No, no, Momon, ti assicuro che gli altri si assomigliano tutti. La Notte degli Antichi dovrebbe essere il momento giusto per sfoggiare gli abiti migliori, magari quelli di quando si era ancora umani, se sono all’altezza. Invece tutte quante le signore hanno voluto modelli simili, di colori tenui. >>
<< Ed immagino che i loro uomini saranno in tinta. >> intervenne Sophie, mentre le lisciava qualche pieghetta invisibile.
<< Ma allora io spiccherò! >> esclamò la fanciulla, con voce allarmata. Non voleva di certo essere al centro dell’attenzione, anche se sarebbe ovviamente successo, ma non voleva suscitare invidia in qualche bella vampira.
<< È proprio quello il punto! Non vogliamo che nessuno vi confonda. Ma tranquilla, tesoro, anche il tuo bel vampiro sarà riconoscibile. >> a quelle parole, non poté fare a meno di arrossire; si erano accorte persino loro che qualcosa era cambiato tra lei e Aaron. Tentò di abbassare lo sguardo e osservare il vestito, ma riuscì a scorgere solamente qualcosa di argenteo prima che Sophie la costringesse a rialzare lo sguardo.
<< È una sorpresa. >> le disse, facendole l’occhiolino. Non le permisero di fare altro, la mandarono a cambiarsi e la trascinarono in bottega.
Quando arrivò, trovò il vampiro già carico di borse, con in mano un appendino su cui doveva essersi il suo completo. In più aveva un altro paio di borsette posate vicino, e non sembravano contenere nulla che a lui potesse interessare,
<< Tutto per te. >> le disse << Si sono occupate anche degli accessori. >> Light non riuscì a contenere l’emozione e, di slancio, abbracciò Guitti. Si accorse dell’errore non appena i loro corpi entrarono in contatto: la vampira era molto fredda, e si era irrigidita. Le sue braccia cominciarono a stringerla troppo forte, le mani ad artigliarsi sui fianchi, ma la giovane non sapeva come fare per liberarsi e non farle mane. Le parve quasi di sentire i denti che si allungavano, e la paura che le si scioglieva nel sangue, ma fu sono un attimo, poi fu liberata dalla stretta della sarta e ad accoglierla fu il petto di Aaron.
<< Shh, tranquilla, va tutto bene. >> lo sentì mormorare, e solo n quel momento si accorse di tremare forte. Non era per se stessa, però, che era preoccupata, ma per Guitti: sapeva che era solo perché il Giustiziere le voleva bene, che era ancora viva. Si voltò tra le braccia del vampiro e vide che l’anziana era dall’altro capo della stanza, con i pugni serrati e gli occhi chiusi, mentre Sophie se sussurrava qualcosa all’orecchio, massaggiandole le spalle.
<< Ora è meglio se andiamo. >> mormorò Aaron, trascinandola all’esterno. La lasciò per un istante, fuori dalla porta, e tornò con tutte le buste che avevano lasciato. Non parlarono, durante la strada, lei era ancora troppo scossa, indecisa su cosa fare, cosa dire, se scusarsi o meno. Le parve che la foresta fosse più buia, più fredda, che ci fosse meno luce tra gli alberi, che il tragitto durasse più a lungo. Fu solo quando si sedettero sul divano, vicini, che non riuscì più a tacere.
<< Mi dispiace, io non volevo, non ho pensato prima di agire. È che si comportano così umanamente che avevo dimenticato che era una vampira e che non era come te. Mi hai addestrato a sconfiggere vampiri, ed invece sono rimasta lì impalata, senza fare nulla. Mi dispiace, scusa, sono una delusione così grande. >> lui rimase in silenzio per un po’, perso nei suoi pensieri, poi, con uno scatto, la strinse tra le braccia.
<< È stata colpa mia, avrei dovuto prestare più attenzione, invece ho dato per scontato che sapesse controllarsi, che fosse tutto naturale. In più ti avevo promesso che ti avrei protetto, invece ci ho messo troppo a reagire. >> lei non rispose, non credeva ci fosse altro da aggiungere, così si limitò a stringerlo forte e a poggiare il volto tra spalla e collo.
Rimasero abbracciati per un tempo indefinito, forse minuti, più probabilmente ore, senza sentire il bisogno di separarsi. Solamente quando lo stomaco della giovane reclamò il pranzo, i due si alzarono, sorridendosi; ogni malinteso chiarito, ogni errore perdonato.
<< Dai, vai a mangiare, così poi accompagni me. >> le disse, baciandole la fronte. Lei andò in cucina e si preparò una pasta, consapevole di aver bisogno di energie, per riuscire a tenere il passo di un vampiro a caccia. Una volta rifocillata e indossata la divisa da allenamento, uscì fuori e trovò il vampiro intento a scaldare i muscoli.
<< Ti fanno così male? >> gli chiese, affiancandolo e offrendogli una mano per rialzarsi
<< Sopportabile, ma ho bisogno di sangue al più presto, sento che si stanno restringendo. >>
<< Cosa succede se non ti nutri in tempo? >>
<< Pian piano tornerei ad avere l’aspetto di un cadavere ma, fino a che i denti rimangono, posso nutrirmi e tornare in forma. Naturalmente, più aspetto e di più sangue necessito. >> la giovane annui, appuntandosi mentalmente di spedirlo a caccia ogni due settimane massimo,non poteva avere l’incubo di vederlo consumarsi davanti ai suoi occhi.
Corse ad alta velocità per quasi un ora, addentrandosi nella foresta più fitta, dove gli animali erano più grandi. Solo quando si fermarono ed il freddo li avvolse, Light si rese conto che sarebbe stato difficile trovare qualche grande mammifero ancora sveglio.
<< Cosa facciamo ora? >> gli chiese, curiosa
<< Tu nulla, limitari a seguirmi e a stare distante da denti ed artigli. >> le rispose, già impegnato a scrutarsi attorno, all’erta, in cerca di una preda. Pochi istanti dopo riprese la corsa, cambiando repentinamente direzione, e la giovane impiegò qualche istante a riprendersi dalla sorpresa; ci volle qualche attimo perché raggiungessero ciò che aveva puntato, poi si trovarono davanti ad una lince. Era bellissima, il pelo maculato folto e lucido; le piangeva il cuore al pensiero che tra qualche minuto sarebbe morta, ma era necessario, per il suo vampiro; sperò con tutto il cuore che non fosse femmina, che non avesse cuccioli ma, in ogni, caso, vigeva la legge della natura, solamente il più forte sarebbe sopravvissuto.
Aaron si chinò in avanti, la punta delle dita che sfiorava il terreno; un sorriso storto gli si disegnò sulle labbra. La fanciulla sentì un brivido correrle lungo la schiene, una paura primordiale annodarle lo stomaco; non le era mai successo, nemmeno con tutti gli altri vampiri, anche quelli che l’avevano attaccata. Mentre in quel momento, se non avesse avuto la ferma certezza che non le avrebbe fatto del male, sarebbe scappata il più lontano possibile. L’animale non si mosse ma, non appena l’uomo mostrò i denti, ringhiò in risposta. Fu come se si fosse torlo una maschera: i lineamenti dolci, raffinati, che subito l’avevano incuriosita, mutarono, lasciando il posto al predatore. Socchiuse gli occhi, tanto che le era difficile distinguere il verde dal nero; arricciò ancora di più le labbra e fece schioccare i denti. Come se fosse stato un segnale, il felino cominciò a corre ma, purtroppo, poteva fare uno scatto contenuto e dopo quei miseri venti metri il vampiro gli fu addosso. Lo intrappolò sotto di sé, una mano alla base del collo ed un ginocchio in mezzo al dorso, e poi affondò i denti. La giovane chiuse gli occhi quando sentì il gemito dell’animale; le venne la nausea al pensiero che lo stesso vampiro che la stringeva di notte, ora stava uccidendo quella povera creatura; forse non era stata una splendida idea seguirlo a caccia. Fece qualche passo indietro, fino a quando non toccò un albero con la schiena, e vi lasciò scivolare contro. Dopo quelli che le sembrarono cinque minuti, le gambe di Aaron entrarono nel suo campo visivo; le si accovacciò di fronte e tentò di incontrare il suo sguardo, ma lei teneva gli occhi cocciutamente a terra. come poteva una creatura così dolce fare uno scempio del genere? Non si era mai arrabbiato, non aveva mai mostrato segni di cedimento davanti a nulla, ma aveva ucciso senza pensarci due volte. Vigeva solo per gli animali quel trattamento? O per gli uomini era lo stesso?
<< Mi dispiace, ho sbagliato ancora. >> disse lui, sospirando << Non avrei dovuto permetterti di venire. Ora, sicuramente farai fatica a guardarmi.>> e lei,per avvalorare la sua tesi, non spostò di un centimetro lo sguardo. Lo sentì sbuffare, poi le si sedette di fronte.
<< Vediamo di risolvere questa storia una volta per tutte. >> le disse, prendendole il viso e costringendola ad alzarlo. E, come ogni singola volta, quei dannati occhi verdi la intrappolarono, tanto che non si rese nemmeno conto che le sue mani si erano posate sugli avambracci del vampiro.
<< So che ti sembra orribile, >> cominciò, con voce dolce, come per ammansirla << ma è così che tutti sopravvivono. Tu mangi carne, pesce, frutta e verdura; tutto era vivo prima che venisse ucciso per sfamarti. Il leone mangia la gazzella. Il panda mangia il bambù. È la catena alimentare, il più forte sopravvive. Ed è vero, hai ragione, io non sono compreso, sono un essere immondo che non dovrebbe esistere, ma sono qui, e non ho intenzione di andarmene proprio ora. >> aveva preso a sfiorarle il profilo del viso con la punta delle dita, mentre parlava.
<< Perché? >> chiese, con voce scossa
<< Per vivere, non ho altro modo. >>
<< No, perché ti importa solo ora. >> l’uomo rimase in silenzio, continuando a toccarla leggermente.
<< Sei arrivata tu. Sei stata la luce Light, la mia luce. Esistevo, eseguivo gli ordini, ma avevo dimenticato il colore del cielo, il profumo del vento. Non mi allenavo; mi nutrivo, uccidevo, nient’altro. Poi, da quando sei arrivata, ha dovuto re imparare tutto: come si vive a contatto con qualcun altro, cosa vuol dire non essere sempre solo, cosa si prova ad avere un avversario degno di questo nome. E non troverò mai il modo di ringraziarti abbastanza. >> ma lei non voleva parole. Da quando era nata, non avevano fatto altro che parlare, raccontarle storie, bugie a volte. Ora voleva fatti, voleva prove concrete. Per un istante pensò che dovesse essere lui a muoversi, ma poi si disse che era giunto il momento di smetterla di fare la donzella in pericolo, era giunto il tempo di farsi valere.
Si sbilanciò in avanti e, cogliendolo di sorpresa, posò le labbra sulle sue.


eccolo è arrivato! il bacio tanto atteso! in realtà, non era nei programmi che succedesse ora, ma mi sembra sia il momento giusto, no? avete isto che brava sono stata? sono riuscita ad aggiornare in tempo, più o meno, anche se immagino che il capitolo sia ricco di errori di battitura che nella rilettura non ho visto...come sempre, chiedo pietà. comunque, ci tengo molto a ringraziare tutti coloro che seguono, ricordano, preferiscono perchè sono in continuo aumento, e questo mi fa molto piacere. un grazie speciale anche a chi recensisce, perchè io per prima mi classifico come lettrice silenziosa ed apprezzo molto che invece ci siano persone che hanno voglia di dire la loro opinione...detto questo...ciao! spero di riuscire a scrivere il nuovo capitolo per fine settimana!

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


21

Aveva provato molte volte ad immaginare il suo primo bacio, ma non era mai riuscita a definire nemmeno un particolare, c’era sempre qualcosa che le sfuggiva; una volta, mentre ci pensava, al posto di quello che avrebbe dovuto essere il suo ipotetico ragazzo era comparso Will e lei aveva quasi vomitato. Non aveva mai nemmeno preso in considerazione quello che, invece, stava accadendo i quel momento. Forse, nemmeno in sogno avrebbe baciato un vampiro ma, si disse, tutto poteva accadere.
Tuttavia, quei pensieri occupavano una parte minuscola e marginale del suo cervello. Tutta la sua attenzione era concentrata sulle labbra di Aaron, che avevano cominciato lentamente a muoversi sulle sue; era delicato, quasi come il tocco di una piuma, forse di più, e a lei andava benissimo; non era né il luogo né il momento giusto per qualcosa di diverso. Pian piano le sue mani salirono fin sulle spalle del vampiro, per poi perdersi fra i suoi folti riccioli castani, mentre lui le accarezzava il collo e faceva scorrere una mano fino alla sua vita.
Era un momento irreale, quasi sospeso tra spazio e tempo, eppure non sentiva il bisogno di tornare alla realtà, di smettere di assaporare le labbra dell’uomo; se avesse potuto decidere, avrebbe fatto durare quell’attimo per sempre. Dimenticò chi era lei, il modo violento in cui si erano incontrati, la discussione appena avuta ed il fatto che, in linea teorica, viste le sue obiezioni, avrebbe dovuto trovare disgustoso baciarlo; nulla aveva più senso.
Purtroppo, aveva sottovalutato i suoi bisogni biologici e, ben presto, si ritrovò a doversi separare da Aaron per respirare. Poggiò la fronte sul suo collo e gli si accoccolò contro, mentre lui continuava ad accarezzarle la schiena, stringendola e sussurrandole parole dolci all’orecchio. Light chiuse gli occhi e si concentrò sul proprio respiro, cercando di regolarizzarlo; sentiva il cuore pulsarle nelle orecchie, il respiro affannoso, ed era stranamente consapevole dell’immobilità del Giustiziere. Si ricordò tutto d’un tratto il motivo per cui si trovavano in mezzo ad una foresta, seduti per terra, ed immediatamente si concentrò sulla temperatura corporea del vampiro: non le sembrava aumentata di molto anzi, quasi per nulla, e non andava assolutamente bene.
<< Andiamo a cercare altri animali. >> gli disse, senza però spostarsi
<< Non ho nessuna intenzione di farti assistere di nuovo a qualcosa che ti disgusta. >> ribatté lui, rinsaldando la presa
<< Ma devi essere in forze per domani e non puoi andare questa notte, altrimenti non riusciresti a dormire il necessario. Facciamo così, io ti aspetto qui, e tu finisci di pranzare. >>
<< Sei sicura? Non voglio costringerti, per me non c’è nessun problema nel tornare a casa. >>
<< Beh, io non voglio che tu domani sia il più stanco, quindi vai. >> lui si arrese e, controvoglia, sciolse il loro groviglio. Prima di alzarsi, però, si chinò ancora e le lasciò un bacio prima sulla fronte, poi sulle labbra.

Aaron fece ritorno un’ora dopo e la fanciulla non riuscì a resistere, si alzò e, correndo, gli si gettò tra le braccia.
<< Va bene ora? >> le chiese, stringendola fino ad alzarla quasi da terra. lei annuì, il volto premuto contro il suo petto, contenta nel costatare che irradiava un piacevole calore, quasi umano.
<< Hai fatto una scorpacciata? >> gli chiese, senza nessuna traccia di rimprovero nella voce. Lui posò il mento sul suo capo e rispose:
<< Sì, così domani sarà il più potente e tu non avrei nulla da temere. >> non sollevò il viso per rispondere, timorosa di quella che potrebbe essere stata la reazione:
<< Non era per me che ero preoccupata. Non volevo che nessun altro vampiro potesse anche solo prendere in considerazione l’idea di sfidarti, approfittando dello scarso nutrimento. >> lui la strinse ancora di più e, quando parlò lo fece direttamente contro i suoi capelli.
<< Nessuno ci proverebbe mai, dopo aver visto o saputo l’esito delle sfide passate, ma sarei un ipocrita a dire che non mi faccia piacere che tu ti sia preoccupata per me. >> rimasero per un altro po’ abbracciati in silenzio, fino a quando il sole giunse sull’orizzonte. Allora, per mano, cominciarono a correre, immersi nei raggi del tramonto.

Quando Light si destò, si rese conto che probabilmente era mattina inoltrata e, stranamente, né lei né Aaron si erano destati all’alba. La sera prima, dopo aver cenato, avevano passato molte ore a coccolarsi, parlando sottovoce e raccontandosi aneddoti delle loro vite, dimentichi dello scorrere del tempo. Ancora troppo assonnata per reagire, si accoccolò contro il fianco del vampiro e si fece stringere dal suo braccio.
<< Anche se oggi non ci alleniamo, non vuol dire che dobbiamo alzarci a mezzogiorno. >> le mormorò lui; la fanciulla non riusciva mai a capire se dormisse o facesse finta. Dopo qualche minuto, visto che lei non aveva dato segno di volersi alzare, lui sollevò le coperte e la prese in braccio prima ancora che potesse cominciare a protestare. Mentre si dirigeva verso l’uscita, la giovane si rese conto di ciò che stava per fare e, sebbene debolmente, cominciò a dimenarsi.
<< Avevi detto che non lo facevi! >> gli disse, imitando la voce di una bimba indifesa. Lui rise e, per tutta risposta accelerò il passo.
<< Ieri non avevamo tempo, oggi possiamo concederci un bagno ghiacciato. >> le rispose, proprio mentre stava saltando nel lago.
L’impatto con l’acqua gelida ebbe il potere di farla svegliare immediatamente; si liberò dalle braccia dell’uomo e, distanziatasi di qualche metro, cominciò a schizzarlo. Sapeva che probabilmente aveva aperto una guerra, ma si divertiva troppo a provocarlo in quel modo. Infatti, dopo che Aaron si fu tolto l’acqua dagli occhi, il contrattacco arrivò letale. L’onda la travolse completamente, facendola bere ma, neppure il tempo di riprendere fiato, che si sentì afferrare per i piedi e trascinare sotto. L’acqua era blu scuro ma limpida, così riuscì a vedere senza problemi il suo avversario con un enorme sorriso che la guardava dal basso. Riemerse e, riempitasi i polmoni, si rituffò, cominciando a nuotare in apnea per tentare di catturarlo, ma era dannatamente veloce. Ci riprovò un paio di volte, ma il massimo che riuscì a fare fu sfiorargli un piede. Quando, sconfitta e stremata, si ritirò, lui la seguì ridendo.
<< Hai trovato un altro modo per farmi faticare. >> gli disse, mentre gli dava una spintarella
<< Hai proprio ragione, ma era troppo divertente. >> le rispose a fatica, non riuscendo a contenere l’eccesso di riso.
Tentarono di scrollarsi più acqua possibile, prima di entrare il casa, ma fu inevitabile bagnare ovunque. Così, quando finirono di asciugare ed asciugarsi, sempre scherzando, provocandosi, e lavorando a lentezza umana, era ormai arrivata ora di pranzo. La giovane mangiò poco, cominciando a sentire l’ansia stringerle lo stomaco ma, a preoccuparla maggiormente, era il repentino cambio d’espressione del vampiro. Sembrava aver dimenticato i giochi, essere passato oltre ed essere tornato il Giustiziere.
Quando ebbe finito, la prese per mano e, senza una parola, la condusse verso l’unica porta che la ragazza non aveva mai aperto. Pensava conducesse ad una sorta di cantina o pi palestra, quindi rimase molto sorpresa quando, dopo aver sceso le scale, entrarono il quella che le sembrava il giusto connubio tra un’armeria e sala di controllo. Due pareti erano occupate da armi di tutti i tipi: c’erano spade, lance, alabarde, mazze chiodate, asce, ed una collezione inimmaginabile di pugnali. Grandi, piccoli, ricurvi, occupavano da soli un’intera parete; notò solo di sfuggita la totale assenza di armi da fuoco, rendendosi subito conto che sarebbero state inutili, visto la velocità cui si muovevano i cacciatori della notte. Le altre due pareti, compresa quella dov’era situata la porta, erano coperte da due grandi librerie ricolme: i libri erano di ogni misura, grandezza, spessore, alcuni antichi, altri decisamente più nuovi; sulla costa di tutti c’era solamente una parola. In molti casi era quello che le sembrava un nome proprio, ma altri erano i nomi dei continenti, e proprio non capiva cosa centrassero.
<< Ogni libro ha tutte le informazioni riguardo un grande vampiro e la sua dinastia, così da sapere se sto uccidendo qualcuno di importante e o un essere inutile. Mentre gli altri contengono cartine dettagliate o informazioni sul territorio, così da restringere il capo di ricerca, attenendosi alle caratteristiche della preda. >> la giovane pensò che era un sistema ingegnoso e, se aveva deciso di adottarlo, sicuramente funzionava. Le sarebbe piaciuto, rifletté i quell’istante, sedersi insieme ad Aaron a quel tavolo e preparare la prossima battuta di caccia. Sapeva di poterlo aiutare, di essere all’altezza di un simile compito, e sperava che lui l’accettasse come apprendista, perché sentiva che quello era il suo posto. In quella stanza, circondata da armi e piani d’azione sentiva che qualcosa dentro di lei finalmente si risvegliava, una parte della sua anima che era stata assopita per tutta la vita e che ora, finalmente, si manifestava.
<< Ma non siamo venuti qui per parlare di libri. Siamo qui per le armi. >> le disse ancora, prendendola per mano e portandola davanti all’altra parete. << Forse ti chiederai perché ci sono solo armi da taglio, ma penso che tu sappia già la risposta. È anche vero che del semplice metallo non vale niente contro un vampiro. >>
<< Allora perché ci siamo allenati con queste armi? Perché le conservi? Come cimelio? >> chiese lei, non capendo dove voleva arrivare.
<< No, le utilizzo per andare a caccia. >>
<< Ma se hai appena detto… >>
<< Che il metallo non può niente, ma io lo ricopro con il mio veleno. >> poi aggiunse, notando il suo sguardo confuso << Per un vampiro venire a contatto con il veleno di un altro membro della sua specie con cui non condivide nessuna particella, equivale alla morte. >>
<< Nessuna particella? >>
<< Quando un vampiro viene trasformato, per i primi duecento anni il suo veleno ha la stessa composizione di suo “padre” che poi verrà usato come base per quello “originale”. >>
<< Quindi, se un vampiro viene in contatto con il veleno di qualcuno che è stato creato dalla stessa perso non succede nulla? >>
<< Esatto. >>
<< Ma perché il tuo veleno allora è letale per tutti? >>
<< Perché, oltre a bere solo sangue animale, io sono diverso anche da un altro punto di vista: non mi ha morso un solo vampiro, per trasformarmi, ma tutti i Sommi hanno messo una loro dose di veleno che, invece di uccidermi, ha reso il mio veleno unico. Teoricamente dovrei avere una minima parte in comune con ogni altro vampiro, ma la stranezza è che le particelle si sono fuse creandone di nuove e mai viste. >>
<< Quindi potresti uccidere qualcuno anche solo sputandogli in un occhio. >> l’uomo scoppiò a ridere per quell’esempio strampalato ma le disse che si, volendo avrebbe potuto. << E io come faccio? Mi dai qualcuno di questi avvelenati? >> chiese la fanciulla, non capendo ancora quale fosse il nocciolo della questione. Aaron, invece di risponderle, si avvicinò ad una libreria e, dal vano più nascosto estrasse una piccola cassa, che posò sul tavolo. Quando sollevò il coperchio, la ragazza non poté trattenere un esclamazione sorpresa: all’interno c’erano tre pugnali identici a quelli dei Guardiani. la lama trasparente, quasi di diamante; il filo tagliente, mortale; l’elsa di ferro battuto, antica, lavorata. Light rimase a fissarli affascinata; gli aveva sempre visti in azione, ma mai aveva potuto osservarli da vicino, con calma.
<< Sono per te. >> disse il vampiro, spezzando il silenzio
<< Per me? >> fece eco lei, stupita << Non puoi! Sono potentissimi, devi usarli tu! >>
<< Ho già gli altri, questi non mi servono. >> allora lei, fattasi coraggio, ne estrasse uno e se lo passò di mano in mano: era sorprendentemente leggero, quasi non sembrava fosse di ferro; era certamente antico, perché riusciva a scorgere i segni del tempo sull’impugnatura, ma non per questo era meno mortale, anzi.
<< Come li hai avuti? >> gli chiese
<< Erano i miei. >> lei sollevò di scatto lo sguardo, stupita
<< I tuoi? >>
<< Si, non ricordi che anche io ero un Guardiano? >> le rammentò, mostrandole il polso destro, dove s’intravvedeva il marchio a forma di drago. La fanciulla annuì, dandosi della sciocca per esserselo dimenticato.
<< Di sicuro avrai notato che sono come quelli che usavano i tuoi “compagni”. >> cominciò a spiegare Aaron << Devi sapere che sono molto preziosi, perché sono un numero limitato. Solitamente vengono assegnati ai guerrieri più forti, per questo non mi capacito di come abbiano potuto affidarli a dei ragazzini, ma nel tuo caso sono meritati. La loro lama penetra la carne dei vampiri come se fosse burro; un solo colpo mirato e sono morti. >>
<< Ma se sono così potenti, perché non ne fanno ancora? >> l’uomo si passò una mano tra i capelli e, abbassando l sguardo disse:
<< Questi sono dell’inizio 1300; sono fra i più antichi. In origine, ogni Guardiano aveva le sue armi; pugnali, soprattutto, più facili da nascondere. Solamente un uomo sapeva forgiarli e, alla sua morte prematura ed improvvisa nessuno a più saputo come fare. >>
<< Ma il procedimento non è lo stesso di ogni altra arma? >>
<< Per l’elsa si, ma la lama… la lama va forgiata non sul fuoco, ma direttamente sul nucleo del Drago d’Argento. >> la giovane era sempre più sconvolta
<< Cosa? E poi, aspetta un attimo, non avevi detto che non sapevi come fare? >> lui le si affiancò e prese un altro pugnale dalla cassa
<< Io ero lì, quando furono creati. Sono state le mie mani, le prime a toccarli, mi sono sempre appartenute. >> se possibile, Light sgranò ancora di più gli occhi, non tanto perché il vampiro le aveva detto di essere l’ultimo custode di un tale secreto, ma perché le aveva indirettamente rivelato la sua età.
<< Sei nato nel 1300? >> gli chiese, sperando, in cuor suo, che le spiegasse, la rendesse partecipe del suo passato. Lui annuì e, voltandole le spalle, come per cercare di staccarsi dal mondo, cominciò a raccontare:
<< Sono nato esattamente il primo gennaio 1300. Mia madre mi accudì fino a quando ebbi circa tre anni, poi scomparve; di mio padre non seppi mai nulla. Un prete mi trovò quasi morto, nel fango davanti alla porta della chiesa, in Inghilterra; mi salvò e mi chiamò Aaron, non so il motivo. Una notte di qualche mese dopo la chiesa e la casa dove dormivamo furono saccheggiate e date alle fiamme. Non so come faccio ad avere ricordi così nitidi, ma riesco persi a vedere ancora il volto della donna che mi ha dato la vita; l’ho sempre considerata una maledizione, ricordare perfettamente ogni singolo attimo, ogni scelta, ogni sbaglio. Comunque, in qualche modo mi salvai: non avevo sonno ed ero andato in cucina a vedere se nel secchio c’era ancora un po’ d’acqua. Dopo l’incendio venni ospitato da molte famiglie, ma sempre per pochi giorni; avevo capito che se si fossero presi cura di me per più tempo ci sarebbe stata qualche altra catastrofe. Quando avevo circa quattordici anni arrivai a Londra e lì, nei quartieri malfamati, fui attaccato dai vampiri. Non so bene come, forse usando il potere che hai già visto, fatto sta che riuscii a sconfiggerli pochi istanti prima che arrivassero i Guardiani. dopo che ebbi raccontato loro l’accaduto, decisero di farmi entrare nel loro ordine, e da quel momento cominciai a dare la caccia ai mostri della notte. Passò qualche anno, il movimento si espandeva, gli orfani che per volere del fato arrivavano erano sempre di più; cominciammo a stabilire una gerarchia, forgiare armi, addestrare i più deboli; io ero uno dei migliori, un talento naturale, e ci volle poco perché cominciassi a ricoprire ruoli importanti. Poi una sera uscii a caccia con quello che consideravo un amico fedele; era un lavoro semplice, un vampiro che terrorizzava piccoli paesini, nulla di complesso. Tuttavia, dopo che portammo a termine l’opera, comparvero i Sommi, i vampiri più saggi, potenti, a capo di tutti gli altri. Uno mi immobilizzò poi, a turno, mi morsero. Ricordo un dolore atroce; mi lasciarono poco dopo, il mio compagno era scappato; mi trascinai fino al bosco, non volevo bere sangue umano, e riuscii a catturare un animale e a sfamarmi. Quando mi risvegliai ero consapevole di essere cambiato, così cominciai a fuggire, temendo di ritrovarmi i miei compagni alle costole, ma non successe mai. Passai una cinquantina d’anni a vagare per l’Europa poi, in concomitanza all’arrivo della grande peste, arrivò anche il mi primo ordine: tenere sotto controllo più giovani. Con la pandemia che infuriava ed i cadaveri che riempivano le strade, nessuno si preoccupava più della segretezza ed i vampiri stava facendo una carneficina; fortunatamente bastarono un paio di uccisioni, per far placare la loro sete di sangue; sapevano che non potevano più fare ciò che volevano, che da quel momento io, il Giustiziere, li avrei tenuti d’occhio. Passarono altri cinquant’anni e la mia fama si diffuse ovunque, non mi temevano più solo i pesci piccoli; poi tutto ha cominciato a svolgersi nello stesso modo: ricevo un ordine, lo eseguo, aspetto e poi ricomincio; sempre uguale, cambiavano solo le epoche, fino ad arrivare ad oggi. >> Light rimase in silenzio, ogni parola le sembrava inopportuna davanti a quella storia di solitudine, paura e violenza. Gli si avvicinò piano e lo abbracciò, posando il viso contro la sua schiena; Aaron pian piano si rilassò, fino a girarsi e prenderla tra le braccia, per poi chinarsi a baciarla.
Si strinsero per minuti interi, scacciando il gelo che era sceso sulla stanza, facendo tornare i demoni nel passato, rendendosi finalmente conto davvero di non essere più soli.
<< Ora è meglio se cominciamo a prepararci. >> le sussurrò al’orecchio e, tenendosi per mano, uscirono dalla stanza; i pugnali ancora sopra il tavolo.

Ooookkkk lo so, lo so, sono ancora in ritardo, perdonatemi...in compeso abbiamo svelato un pezzo di storia di Aaron... che ne pensate? e poi, fra poco ci sarà il ballo!!!!! fatemi sapere se vi è piaciuto e grazi ancora a chi segue la mia storia ;)

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


22

Sebbene fosse rimasta un’ora abbondante immersa nell’acqua calda, con le bolle che le accarezzavano il corpo ed il profumo del sapone nell’aria, ora, davanti all’armadio, sentiva l’ansia che cominciava a chiuderle lo stomaco. Ancora non sapeva dove sarebbero andati di preciso, Aaron non glielo aveva detto, ma ciò che più contava era che sarebbe stata al cospetto dell’intera specie dei vampiri o, almeno, di chi veniva considerato abbastanza civile da potersi riunire in mezzo agli umani. E lei non era nulla al loro confronto, anzi, era una Guardiana e probabilmente non sarebbero stati in molti a considerare gradevole la sua presenza. Certo, il fatto che fosse la dama del Giustiziere la diceva lunga, ma non aveva la presunzione di pensare che bastasse per far cessare le domande; il contrario, semmai.
Aprì le ante del mobile e, facendo attenzione, estrasse la gruccia con il suo abito; aprì la guaina di plastica e spalancò gli occhi: era blu, blu cobalto, un colore meraviglioso; pareva acqua tra le mani, tanto era lucido e freddo. Lo posò dolcemente sul letto e si spogliò, senza mai staccare gli occhi dal suo vestito, ne era rimasta ipnotizzata. Frugando nelle scatole che Guitti e Sophie le avevano dato, Light scoprì che persino l’intimo era già stato deciso: di pizzo e seta, sempre blu, il reggiseno senza bretelline, e le mutandine con qualche inserto trasparente, ma senza risultare volgari. Sentire la stoffa ruvida graffiare la pelle le metteva addosso una strana sensazione, come se fosse appena avvenuto un cambiamento; non era da lei portare capi così raffinati e seducenti. Decise che, prima di indossare l’abito, era meglio che si truccasse e acconciasse i capelli, per non rischiare di sporcarlo. Si spostò in bagno, dove aveva già preso possesso di gran parte dei mobiletti, e dove aveva sistemato i prodotti di cosmesi che le sarte le avevano regalato. Prese la trousse e rilesse le istruzioni che le erano state date; fortunatamente il trucco non era complesso e non ci sarebbe voluto troppo tempo. Mise dell’ombretto argentato, sfumandolo al centro della palpebra con un blu molto simile al vestito; mise dell’eyeliner nero e del mascara; nulla di straordinario, ma quando si guardò fu sorpresa di notare come il suo sguardo sembrasse più intenso e gli occhi di un azzurro ancora più acceso. Si spolverò le gote con un filo di blush, anche se sentiva che le sue guance sarebbero state arrossate per gran parte della serata; completò con un gloss brillantinato e poi rimirò l’opera: pochi tocchi ma sembrava estremamente diverse, accattivante, intrigante. Acconciò i capelli in una crocchia bassa, lasciando sciolte alcune ciocche che le incorniciavano in viso e ricadevano lievi lungo il collo. Tornò in camera quasi saltellando dalla felicità che sentiva scorrere dentro, in volto un meraviglioso sorriso.
Indossò lentamente l’abito, sentendolo scivolare sulle proprie curve, esattamente come il giorno precedente: la stoffa riluceva, il colore esaltava la sua pelle nivea; scendeva aderente fino al ginocchio, e poi li allagava leggermente, terminando con un piccolo strascico. Fu mentre lottava per chiudere la lampo che lo notò; sul fianco destro, dal seno fino a quasi metà coscia faceva mostra di se un drago stilizzato, argenteo, meraviglioso; sicuramente avrebbe rivelato a tutti la natura della fanciulla. Sussultò quando sentì le labbra del vampiro posarsi sul suo collo, in un dolce bacio; era così rapita dal disegno che non era nemmeno accorta del suo arrivo.
<< Sei meravigliosa. Temo quasi di più gli sguardi degli altri uomini che la loro voglia di bere il tuo sangue. >> lei sorrise e non poté evitare di inarcare leggermente la schiena, quando Aaron le chiuse il vestito.
<< Devo prenderlo come un complimento? >> gli chiese
<< Assolutamente. I tuoi occhi ammalieranno tutti coloro che non cadranno ai tuoi piedi dopo essere stati inebriati dal tuo profumo. >>
<< Non mi importa di stregare gli altri. >> sussurrò la ragazza << C’è solo un vampiro che voglio catturare. >> lui l’avvolse tra le sue braccia e le lasciò un piccolo morso sulla giugulare.
<< Non temere, è finito nella tua rete molto tempo fa, catturato dalla luce del tuo sguardo. >> il cuore le si riempì di felicità, pura, indistruttibile, al sentire quelle parole. Era suo, e di nessun altra; non avrebbe più dovuto temere di vederlo un giorno tra le braccia di una vampira, o umana che fosse, perché a lui non interessavano. Stava per voltarsi e baciarlo, quando qualcosa di freddo le scivolò contro il collo. Si lasciò scappare un’esclamazione stupefatta: un girocollo con tre file di brillanti.
<< Non dirmi che sono… >> lasciò la frase in sospeso, quasi timorosa della risposta.
<< Diamanti. >> rispose lui, lasciandole un bacio dietro l’orecchio che le fece correre i brividi lungo la schiena << E prima che tu possa dire anche solo una parola, sappi che ho tanti di quei soldi da non aver notato la differenza. E ho già fatto cospicue donazioni a molti enti, quindi accetterai questo regalo senza lamentele. >> Light rimase in silenzio, troppo sorpresa per protestare; tuttavia, avrebbe mentito a se stessa non ammettendo che, in fondo, quel regalo le faceva piacere. Non perché fossero diamanti, per ciò che la riguardava avrebbe anche potuto essere tutta plastica, ma per il gesto, per l’attenzione che l’uomo aveva prestato per scegliere quello che le sarebbe stato meglio. Li sfiorò delicatamente con la punta delle dita, sentendoli freddi al contatto, ma non riuscì a trovare le parole giuste: qualcosa dentro di lei era esploso, finalmente la metamorfosi era compiuta. Non era più Light, l’esca, l’emarginata. Ora era Light, la compagna del Giustiziere.
<< Volevo aggiungere un bracciale. >> la riscosse lui << Ma poi ho pensato che, senza, il marchio si sarebbe notato meglio. >> la giovane abbassò lo sguardo, osservando il piccolo drago impresso all’interno del suo polso destro: era sempre nero, evidente, ma ora la pelle non aveva più un aspetto malato, era liscia e perfetta. Si rese conto in quel momento, che il sigillo aveva smesso di essere un peso ed era diventato un sostegno; aveva raggiunto la forza necessaria per non lasciarsi sopraffare.
Rimase davanti allo specchio, a guardarsi negli occhi, fino a quando l’uomo non si scostò leggermente e le disse:
<< È meglio se metti le scarpe, fra un po’ dobbiamo partire. >>
<< E dove andiamo? >> gli chiese, mentre si faceva accompagnare al letto; si sedette e lo guardò sorpresa, mentre rovistava nell’armadio, fino a trovare un’altra scatola. Ne estrasse dei sandali argentati, ricoperti di brillanti ed altissimi.
<< Come farai a camminare con questi? >> le chiese, mentre le si inginocchiava davanti per infilarli.
<< Non lo so nemmeno io, ma la loro risposta è stata “ti ha insegnato a camminare in bilico sulle corde sospese nel vuoto, questi saranno nulla in confronto”. >> rispose, imitando il tono di voce di Guitti. Aaron scoppiò a ridere, scuotendo la testa, e la ragazza non poté che sperare di essere all’altezza delle aspettative della signora francese, altrimenti sarebbe stato un disastro.
<< Mi sento come Cenerentola. >>
<< Con la differenza che io non sono esattamente il principe azzurro e che queste cose non sono di cristallo. >> la giovane scoppiò a ridere, lasciando ricadere la testa all’indietro, nel vedere la smorfia del vampiro in direzione dei sandali. Finì di prepararsi e seguì Aaron ma, proprio prima di uscire, l’uomo la sorprese ancora, posandole sulle spalle una morbida mantella color della notte.
<< L’aria sta diventando sempre più fredda. >> le disse dolcemente << E correremo ad altissima velocità, per arrivare in tempo. >> lei annuì, mentre curiosità, aspettativa ed ansia si mescolavano, chiudendole la gola.
Non appena attraversò la soglia, il freddo la fece rabbrividire, e fu ancora più commossa dal gesto del vampiro. Fecero qualche passo verso la foresta, poi, d’un tratto, Aaron la prese in braccio e cominciò a camminare.
<< Come mai questo cambiamento? Non avevi detto che non mi avresti mai fatto da mezzo di trasporto? >> gli chiese, mentre si accoccolava sul suo petto, il volto nell’incavo della spalla.
<< È un caso particolare, non illuderti. Non sono del tutto convinto che saresti stata in grado di correre su quei trampoli; senza contare che ti si sarebbe sporcato il vestito. >> le rispose, mentre acquistava velocità ed il paesaggio intorno a loro cominciava ad apparire indistinto agli occhi di Light.
Per la prima volta dopo tutte quelle settimane, la fanciulla non si preoccupò della direzione presa, della velocità, della durata della corsa; si godette il leggero tepore del corpo del suo uomo, la dolcezza con cui le sue braccia l’avvolgevano e l’attenzione che metteva in ogni gesto, per non infastidirla troppo o rischiare di farle del male. La sorprendeva ancora quanto la tenesse in considerazione, che prima di tutto pensasse a lei, a farla stare bene, amata e coccolata come non era mai stata. Era una sensazione splendida, di calore, di gioia, che l’avvolgeva e la proteggeva. Per la prima volta la sfiorò il pensiero che era soprattutto a causa di come era stata trattata dai Guardiani, che ora le attenzioni che le venivano dedicate, per quanto piccole, la facevano stare bene.
Si accorse con un attimo di ritardo che si erano fermati, ma rimase sorpresa di notare che non erano in prossimità di nessuna costruzione, anzi, erano sulle sponde di un lago.
<< Il lago Michigan. Dobbiamo arrivare all’Isola di smeraldo. >> le disse lui, in risposta ai suoi dubbi inespressi.
<< E come facciamo ad attraversarlo? >> gli chiese, sporgendosi leggermente per osservare meglio. Effettivamente, in lontananza, le parve di vedere delle luci, quasi un paese, ma non ne era certa. Come se l’avesse chiamato, si sentì invadere dal potere, e subito riuscì a mettere a fuoco le case, riuscendo a vedere perfino le persone dietro le tende.
<< Stai a vedere. >> rispose lui, sottraendola dalla sua ammirazione, faceva ancora fatica ad abituarsi al fatto che bastasse chiamarla, e quell’energia travolgente arrivasse. D’un tratto si ritrovò avvolta nella luce argentea, ma non era lei ad usarla, bensì Aaron. Quando furono completamente avviluppati, il vampiro mosse un passo sull’acqua, ma non affondò, come la giovane si aspettava.
<< La magia fa si che il mio corpo diventi così leggero da poter galleggiare. Ma volendo potrei semplicemente farmi sollevare, o fare un salto direttamente dall’altra parte. Ho pensato che fosse un modo più elegante di arrivare. >> concluse, con un sorriso.
<< Decisamente più raffinato. >> ribatté lei, facendogli il verso << Però non ho ancora capito bene dove siamo; il lago Michigan è grande. >>
<< L’isola di Beaver, la più grande. Viene chiamata anche “l’isola di smeraldo” perché gran parte della popolazione è di discendenza Irlandese; infatti, il vampiro che ci ospita è uno di quegli immigrati. Se non sbaglio era già stato trasformato, ma avevano avuto inizio le epurazioni, così è riuscito ad infilarsi in una nave in partenza ed è arrivato fin qui. Con il tempo si è arricchito, com’è successo, d’altronde, a tutti noi, e ha costruito una casa enorme. Ha già ospitato la Notte degli Antichi altre volte, nel corso dei secoli. >>
<< Quindi è un membro importante. >>
<< Non particolarmente, ma ha sempre avuto un comportamento egregio, per quanto possibile. Così, sapendo quanto ci tiene, i Sommi gli danno la possibilità di ospitare l’evento. >>
<< I Sommi? Sono… >> tentò di indovinare lei, maledicendo il vuoto di memoria. Non riusciva proprio a ricollegare quei nomi alle spiegazioni che l’uomo le aveva dato sul suo mondo. Eppure li aveva nominati, erano cariche importanti…
<< Sono i cinque vampiri che governano. Non sono necessariamente i più potenti o i più ricchi, ma hanno dato prova di saper guidare la nostra razza, di saperci tenere al sicuro e di riuscire a trattare anche con i più conservatori. Senza contare che solo loro che mi hanno trasformato e da cui prendo ordini. >> la giovane deglutì, spaventata.
<< E se non faccio buona impressione? Se decidono che non vogliono un’umana tra loro? >>
<< Tranquilla, sanno già della tua presenza. Nathan, uno di loro e mio caro amico, mi ha aiutata a curarti dopo averi salvata. Non c’è nulla da temere. >> Light si rassicurò un po’, ripetendosi che l’uomo non le aveva mai mentito. Poco prima di arrivare, il vampiro si fermò e la fece scendere dalle sue braccia.
<< Che fai? >> esclamò terrorizzata, non era decisamente in grado di rimanere sospesa da sola.
<< Se arrivi al mio fianco l’impressione sarà completamente diversa: capiranno subito che non sei un giocattolino, che sei potente. Tranquilla, non è difficile, ti aiuto io. >> titubante, la ragazza si scostò lentamente, sempre rimanendo aggrappata saldamente alla sua mano.
<< Chiama a raccolta il tuo potere. >> la istruì << Chiudi gli occhi e pensa a cosa vuoi fare; il resto verrà da solo. >> e così fece. Si concentrò e, come aveva imparato a fare durante le lunghe giornate di allenamento, chiese aiuto a quella forza sconosciuta che albergava il lei. Pochi stanti dopo, si sentì invadere e la luce che l’avvolgeva prese una leggera sfumatura azzurrognola. Aaron le sorrise e poi, insieme, si avviarono verso la riva.
Non appena rimisero piede a terra, si trovarono davanti ad un lungo viale, delimitato da grandi aceri, ora spogli, che avevano sparso le loro foglie lungo tutto il sentiero, come una guida vermiglia. Camminarono lentamente, testa alta e schiena dritta; anche se nessuno era venuto ad accoglierli, probabilmente tutti avevano assistito al loro arrivo. Il nervosismo aumentava, e così anche il respiro, ma si disse che non aveva nulla da temere, Aaron era con lei e, ormai , aveva dato prova di essere imbattibile.
La casa era enorme, imponente; forse sarebbe stato più appropriato chiamarla villa. La facciata adornata da bassorilievi di piante rampicanti, edera ed altri fiori selvatici, che volevano farla assomigliare ad una casa abbandonata, due colonne di marmo sostenevano un terrazzino, situato proprio sopra la porta mogano. I battenti si aprirono non appena i due vi giunsero davanti, ma non c’era nessuno, dall’altra parte. L’anticamera era molto più spoglia di come se l’era aspettata: il pavimento di matto nette bianche, se pareti di una morbida tonalità panna, qualche appendino e divanetto dorato, ed un grande specchio. La giovane si fece scivolare dalle spalle la mantella e, prima che avesse il tempo di prenderla, l’uomo l’aveva già riporta. In quel momento fece veramente attenzione al suo abbigliamento, e si diede della sciocca per non averlo notato prima: indossava un pantalone classico nero, abbinato alla giacca dello stesso colore, ed una camicia blu cobalto, esattamente come il suo abito. Era meraviglioso, sarebbe stato impossibile non guardarlo e, forse, lei avrebbe prillato di luce riflessa. Per un attimo si accostarono entrambi allo specchio, contemplando la loro immagine: insieme erano perfetti, fatti per stare uno affianco all’altra. Aaron la voltò di scatto e la baciò con passione, facendo aderire i loro corpi, stringendola a sé, quasi volesse inglobarla.
<< Andrà tutto bene. Nessuno ti farà del male. >> le sussurrò, così piano che faticò quasi a sentirlo. Lei annuì, conscia che non sarebbe andata da nessuna parte, se continuava ad avere paura di ogni cosa.
Salirono una lunga scalinata, sempre tenendosi per mano, e poterono ammirare una raccolta quasi infinita di ritratti di quelle che, a rigor di logica, doveva essere il padrone di casa. Capelli rossi, occhi verdi, una spruzzata di lentiggini sul naso, l’incarnazione dello stereotipo irlandese; ce n’erano di ogni epoca, e tutti rigorosamente fatti a mano, solamente in coda facevano la loro comparsa un paio di foto in bianco e nero. La giovane guardò il suo compagno con un sopracciglio alzato, come a chiedere spiegazioni ,a lui, scrollando le spalle, le fece intuire che non era il momento, con decine di orecchie immortali tese al massimo per cogliere ogni minima parola. Giunsero davanti ad un'altra porta maestosa, molto simile a quella da cui erano entrati e, di nuovo, i battenti si aprirono da soli, catapultandoli in un altro mondo.
La luce era quasi accecante, dopo la penombra del corridoio, ed arrivava da grandi lampadari di cristallo che pendevano dal soffitto; i muri erano bianchi ed impreziositi da molti decori d’orati; un’intera parete era ricoperta da finestre che davano sulla foresta e sul lago; l’altra era occupata da un lungo tavolo su cui erano posate molte bottiglie e bicchieri, superfluo chiedersi che cosa contenessero; nell’aria aleggiava una musica delicata, proveniente da delle casse che lei, al momento, non riusciva ad individuare, ma ad un volume abbastanza basso da non turbare le conversazione; mormorio che si era del tutto interrotto al loro arrivo. Attraversarono la sala, e la ragazza riuscì a sentire il rumore che i suoi tacchi producevano sul marmo nero del pavimento; riuscì a dare un’occhiata sommaria alla sala, notando quanto Guitti avesse avuto ragione:erano tutti vestiti di chiaro, solo lei ed il suo cavaliere facevano eccezione; c’erano donne con sfarzosi abiti ottocenteschi sulle tinte pastello, gonfi ed opulenti; altri dalla linea più semplice e decisamente più moderna; gli uomini si accompagnavano alle loro signore, con lo stesso stile, solo di qualche gradazione più scura: c’erano pantaloni a sbuffo e calzamaglie; smoking e tuniche medievali; tutto unito in un accozzaglia che, in qualche modo, riusciva lo stesso a sembrare armonioso, forse grazie all’eleganza innata che dimostravano tutti gli ospiti, anche se vestiti nel modo più umile. Man mano che proseguivano, sempre lentamente, a testa alta, notò che gli abiti diventavano sempre più antichi, fino a quando si fermarono davanti a cinque uomini, i Sommi.
Il primo a arsi avanti fu il soggetto di tutti quadri che aveva visto; tese prima la mano al vampiro dicendogli:
<< È passato molto tempo dall’ultima volta che ci siamo visti. È un piacere per me ospitarti. >> lui la strinse, accennando solo un cenno con il capo. quando il rosso si volse verso di lei, riuscì perfettamente a scorgere la fame nei suoi occhi, la voglia di afferrarla e bere il suo sangue e per quel motivo, si ripromise, non si sarebbe mostrata debole.
<< Sono onorato di fare la vostra conoscenza, milady. Il mio nome è Flynn e sono il padrone di questa casa. >> lei fece per rispondere, per presentarsi a sua volta, ma il serrarsi della stretta dell’uomo le fece capire che non era ancora giunto il momento di parlare; l’irlandese non parve prendersela, forse capendo, e si limito ad un piccolo inchino, prima di spostarsi di lato. Fu così che ebbe, finalmente, davanti gli esseri in grado di tenere sotto controllo tutte quelle creature, garantendo che la vita sul pianeta proseguisse in equilibrio; perché, si rese conto, i Guardiani facevano solo una minima arte del lavoro, tutto il resto spettava a loro, e ad Aaron.
<< Allora, Giustiziere, spiegaci cosa ci fa un’umana in mezzo a noi. >> a parlare per primo, dopo averla esaminata lungamente, fu un vampiro dalla pelle scura, dai capelli corti e ricci e gli occhi scuri, adornato come un guerriero africano; una stola rossa avvolta attorno al corpo, delle file di perline di legno sulle braccia e al collo, alcuni segni di pittura bianca sul volto.
<< Quest’umana, Dalmar, >> rispose Aaron, con voce ferma, sicura e potente << è qui perché l’ho salvata e me ne sono preso cura. È diventata una guerriera formidabile, nonché la mia compagna. >>
<< La tua compagna? Da quando mai prendi in considerazione questo tipo di svago? >> a prendere la parola fu un uomo che indossava un pregiato chitone bianco che scendeva fino alle caviglie, lasciando intravvedere dei sandali; aveva i capelli acconciati in perfetti riccioli argentati, una folta ma curata bara, ed in testa portava una corona d’alloro; sicuramente era nato nell’antica Grecia.
<< Nei secoli si cambia, Kýros, e io non faccio eccezione. >>
<< Ma non rischierai di sottovalutare il compito assegnatoti? >> chiese un vampiro calvo, dalla pelle ambrata, una rada barba bianca, così com’erano insolitamente chiari i suoi occhi; indossava una tunica al ginocchio e sotto si vedevano dei pantaloni leggeri, tutto di una morbida tonalità color crema, adornata da ricami indiani colo vermiglio.
<< Al contrario, Balaji. L’ho addestrata e presto sarà in grado di affiancarmi nelle missioni, favorendone la corretta riuscita. >> ora capiva perché il vampiro non aveva voluto che parlasse, doveva risolvere delle questione di potere con i suoi superiori, prima di permetterle di entrare completamente in scena.
<< Bene, ora che avete fatto tutte le vostre interessantissime domande, tocca a me salutare. >> disse un vampiro dall’aspetto giovane, con i capelli biondi leggermente arruffati ed intelligenti occhi azzurri; a differenza degli altri, indossava un completo classico, di una chiarissima tonalità di celeste, quasi ghiaccio. Rimase sorpresa quando lo vide abbracciare velocemente il suo compagno.
<< Aaron, è sempre un piacere rivederti. >> gli disse
<< Nell’ultimo periodo sta succedendo anche troppo spesso, comincio a stancarmi della tua faccia. >> ribatté l’altro, in un tono colloquiale che si stupì di sentigli usare in quell’occasione.
<< Scherza pure, tanto ormai non mi offendo più, sono secoli che ti sopporto. >> poi si volse verso di lei e le sorrise amichevolmente << È un vero piacere rivederti; so che non mi conosci, ma sono stato io a dargli ordine di cercarli, e a metterlo sulla giusta strada quando si è trovato a doverti guarire dopo l’aggressione. >> gli sorrise di rimando, sentendo nel profondo di sé la verità delle sue parole.
<< Ora basta. >> disse una voce, proveniente da dietro i quattro << Mi sono stancato di tutte queste parole inutili. Non serve che esprimiate dei dubbi, il Giustiziere ha sempre eseguito i suoi compiti, e non c’è motivo di dubitare di lui. Quanto alla ragazza, voglio sapere come si chiama. >> a parlare era stato un ragazzo sui vent’anni, con occhi scuri e capelli lisci, così neri da avere riflessi blu, aveva la pelle dorata; notò con qualche istante di ritardo la spessa riga di trucco nero che portava sulle palpebre e la collana circolare d’oro che s’intravvedeva dal colletto della camicia verde che indossava, insieme a dei comodi jeans. Si fece avanti e le si fermò di fronte, allungando una mano.
<< Io sono Tutankhamon, dodicesimo faraone d’Egitto, ma puoi chiamarmi Tut, di questi tempi lo preferisco. >> la fanciulla si chiese se fosse il caso di parlare, finalmente. La stretta di Aaron non diminuiva, ma decise che era giunto il momento di prendere le redini della partita; probabilmente era il Sommo più importante, almeno il più” antico”, stando alle sue scarse conoscenze storiche, e se voleva presentarsi, lei doveva dimostrarsi all’altezza. Per quanto le costasse, si staccò dal suo vampiro e afferrò la mano che le veniva tesa.
<< Mi chiamo Light. >> rispose. In un istante si ritrovò ingabbiata tra le braccia dell’egiziano, con i suoi denti ad un soffio dal collo ed il suo respiro che le solleticava la pelle. Tuttavia, non perse il controllo com’era successo il giorno precedente e, chiamato a raccolta il potere nella mano destra, afferrò il predatore alla base della gola e strinse, fino a quando lui non fu costretto a ritrarsi, per non rischiare di perdere la testa, letteralmente. Senza staccare gli occhi dall’essere ansimante, si spostò fino ad essere di nuovo accanto ad Aaron che, questa volta, le fece passare un braccio attorno alla vita.
<< Di la verità, >> gli mormorò, conscia che abbassare ulteriormente la voce non sarebbe servito a nulla << aspettavi solamente che qualcuno provasse ad attaccarmi, per dimostrare a tutti che non sono indifesa. >> lui sorrise e le sembrò stesse per sporgersi e baciarla, ma si trattenne.
<< Contavo sul fatto che il tuo profumo irresistibile avrebbe tentato eccessivamente qualcuno, non immaginavo avresti ammaliato addirittura un Sommo. >>
<< Beh, devo dire, >> cominciò Tutankhamon, dopo essersi ripreso << che se attacca tutti così, non può essere che la ben venuta. La degna compagna del Giustiziere. >> sembrò che quelle parole facessero scemare tutto lo scetticismo che sentiva attorno a lei, quasi che il giudizio del faraone bastasse a rassicurate tutti i presenti. Gli altri potenti le riservarono ancora uno sguardo leggermente perplesso, prima di riprendere le loro conversazioni, interrotte dall’arrivo di Light e Aaron. Solo Nathan rimase al loro fianco; il brusio riprese immediatamente e, la giovane sapeva, nessuno avrebbe più tentato di ascoltare le loro parole.
<< Allora, io non mi bevo il “cambiamento durante i secoli”. Voglio la verità. >> disse il biondo, dando del gomito all’amico.
<< Non c’è stato un momento particolare, penso sia stato dal primo istante. >> rispose Light per entrambi.
<< Tutta colpa dei suoi occhi. >> aggiunse lui, sorprendendola, non glielo aveva mai detto. Il sommo scoppiò a ridere, nel vedere le loro espressioni estasiate.
<< Era proprio ora che qualcuno ti rendesse così felice, amico mio. >> poi si congedò da loro, aggiungendo che sarebbe tornato dopo aver risolto alcune questioni. Rimasti soli si ritirarono vicino ad una finestra; la fanciulla s’impose di osservare il paesaggio, per non notare che le bottiglie cominciavano a svuotarsi.
<< È tutto sangue donato. >> le spiegò l’uomo, sentendo il suo disagio nella rigidità del corpo << Quasi tutti i vampiri che ci sono qui preferiscono non uccidere, anche se a volte capita. In più credo che lo facciano per resistere al tuo profumo. >> distolse lo sguardo sorpreso dalla foresta per portarlo su di lui.
<< In che senso? >>
<< Hanno visto come hai reagito con Tut e hanno paura che di loro avresti meno riguardo. >>
<< Ma non è vero! >> rispose, indignata che le si attribuisse così tanta facilità a spezzare una vita, sebbene di un essere leggermente contro natura.
<< Lascia che lo credano, altrimenti dovresti sconfiggerli tutti, prima che la smettano. >> rispose, abbracciandola, e posandole un bacio sui capelli.
Non era così male, si ritrovò a pensare, essere circondata da vampiri. Certo, ogni tanto un brivido freddo le correva lungo schiena e sentiva molti sguardi perforarla; però si sentiva molto più a suo agio che fra i suoi simili. Dopo l’incidente con l’egiziano, i pochi occhi che aveva incontrato erano un misto tra timore e rispetto; i Guardiani non l’avevano mai, mai, guardata così. Forse era un segno del destino, forse il suo posto era di mortale tra gli immortali.
<< Angioletto! Aaron! >> sentendo la voce di Guitti, entrambi si voltarono, e la videro avanzare insieme ad un vampiro che non dimostrava più di venticinque anni. Indossa un abito lilla, in stile impero, stretto sotto il seno per poi scendere morbido, a maniche lunghe e con uno scollo a barca; stranamente non era ingobbita come suo solito, anzi, a farla sembrare anziana era solamente il suo corpo; il suo sguardo poteva essere quello di una bambina.
<< Avevo proprio ragione, il vestito ti sta alla perfezione. >> esclamò la sarta, abbracciandola. La giovane rimase interdetta; ricordava bene cos’era successo l’ultima volta che si era concessa un gesto simile.
<< Mi dispiace. >> la sentì mormorare al suo orecchio, prima che riacquistasse tutta la sua baldanza e riprendesse << Vi presento Giuseppe. È nato in Italia durante il Rinascimento; era un pittore e ha studiato alla corte dei Medici, ma è stato morso prima di poter diventare famoso. >> il giovane fece un inchino e disse:
<< Incantato di fare la vostra conoscenza, finalmente. >> poi, con un sorriso dolce rivolto alla sua compagna riprese << Sono settimane che Marguerite non fa altro che parlarmi di voi. >> aveva un forte accento, che permetteva di indovinare la sua provenienza solamente dopo poche parole.
<< E cos’ha detto? Come si sia divertita a riempirmi di buste? >> chiese, Aaron, in tono ironico
<< Spiritoso! >> lo riprese la diretta interessata, con un tono giocoso << Era da tanto tempo che non mi capitava di divertirmi così tanto e forse, e dico forse, mi sono fatta prendere un po’ la mano. >>
<< Non ascoltarlo, >> disse la fanciulla, anticipando l’uomo << anche io mi sono divertita. Lui è solo invidioso. >>
<< Ah si, certamente. >> ribatté il Giustiziere, sorridendo.
<< Posso farvi una domanda un po’ personale? >> chiese Light,un po’ titubante
<< Certo, tesoro. >> le rispose la francese
<< Ad un primo sguardo si direbbe che Giuseppe sia più giovane, ma ho l’impressione che non sia così. >>
<< Hai proprio ragione. >> le rispose lui stesso << Sono nato un centinaio di anni prima di lei, ma ci siamo incontrati solamente a fine ‘800. >>
<< Momon! >> li interruppe la voce delicata di Sophie. Indossava un abito rosa antico, moto simile a quello della socia, non fosse che la scollatura un po’ più profonda, le maniche al gomito, il collo e gli avambracci era coperti da del raffinato pizzo bianco. Al suo fianco c’era un vampiro tarchiato, dai colori scuri, con indosso un vestito dello stesso colore, con cravatta rosa ciclamino.
<< Giustiziere. >> salutò quest’ultimo, quasi non l'avesse vista << Credo sia stato un azzardo portarla qui. >>vide distintamente lo sguardo di Aaron indurirsi diventare glaciale, come la sua voce
<< Mi sembra abbia dato prova della sua forza, Alan. >>
<< Certamente, ma… >>
<< Ora basta. >> intervenne la giovane << Smettetela di parlare di me come se non ci fossi. Sono in grado di difendermi, so combattere e se la situazione diventasse troppo pericolosa c’è Aaron. Quindi, per favore, smettetela e godiamoci la festa. >>
<< Si, esattamente. >> le diede man forte la francesina, che trascinò il suo compagno al centro della stanza, dove avevano cominciato a radunarsi molte coppie, in attesa dell’apertura dei balli. Loro due rimasero soli ed abbracciati, mentre in molti cominciavano a danzare.
<< Mi dispiace. >> le disse ad un tratto l’uomo
<< Perché? >> chiese lei, stupita dal rammarico che sentiva nella sua voce.
<< Non avrei dovuto trattarti così, nemmeno prima, con i Sommi. Avrei dovuto darti l’occasione di farti valere, di dimostrare quanto immensamente vali. >> lei gli prese il volto tra le mani e lo guardò intensamente negli occhi, quegli occhi che amava
<< So perché l’hai fatto: vuoi proteggermi e io te ne sono immensamente grata. Nessuno aveva mai tenuto a me così tanto. Solo, cerca di non dimenticarti che sono ad un passo dallo sconfiggerti. >> disse sorridendo, per smorzare la tensione. Il vampiro fece qualcosa che lei non si aspettava: si chinò  e la baciò dolcemente, facendole dimenticare tutto, il luogo, la sera, le occhiate che in molti riservarono loro.
<< Mi concedi questo ballo? >> le sussurrò sulle labbra, quando si staccarono.
<< Ma non so ballare. >> protestò con un sorriso, consapevole che avrebbe comunque trovato il modo di trascinarla
<< Non è molto diverso da come combatti, vedrai che non sarà difficile. >> la prese per mano e dolcemente la condusse al centro della pista, proprio mentre cominciava una nuova canzone. Condusse una sua mano sulla sua spalla e intrecciò l’altra con una delle sue, mentre le appoggiava l’altra al centro della schiena. Qualche attimo dopo la fanciulla si trovò a muoversi dolcemente seguendo un ritmo ed una musica che non conosceva.
Non dissero nulla, si guardarono solamente, sorridendosi dolcemente, volando sulle note come se non avessero mai fatto altro. Fino a quando, d’un tratto, sentì che le braccia che l’avvolgevano erano cambiate e con un sussulto spaventato si rese conto che Aaron era a qualche passo di distanza.
<< Tranquilla, >> le disse il faraone << non ho nessuna intenzione di farti del male; quello di prima è stato un caso che non si ripeterà. Ma ho bisogno di parlare con te. >> lei continuò a scrutare quegli occhi scuri, quasi per nulla rassicurata. << Credi che non mene sia accorto? Ho visto il drago marchiato sulla tua pelle. >> a quel punto la paura la invase. Non era semplice spiegare ad un estraneo tutto ciò ce aveva raccontato al suo compagno, ma sapeva di doverlo fare, altrimenti sarebbe stata trattata come ogni altro Guardiano.
<< Non ho mai fatto parte del loro gruppo. Mi hanno usata come esca, per nulla interessati alla mia vita; mi anno apposto il marchio perché non potessi scappare. Il sono fedele ad Aaron, solamente a lui. >> le parole parvero sortire l’effetto sperato, perché Tut ghignò
<< Era quello che volevo sentirmi dire. Non possiamo permetterci di covare serpi in seno. >> poi, facendole fare una piroetta, la fece tornare tra e braccia del suo amato. Si strinse a lui, rassicurata dalla sua presenza, dalla delicatezza e la dedizione che metteva in ogni gesto.
<< Tutto bene? >> le chiese, mentre l’orchestra lasciava il posto ad un assolo di pianoforte.
<< Si, abbiamo solamente chiarito alcune cose. >>
<< Lo so, ho ascoltato. >> lei sollevò il volto e, fingendo di sgridarlo, gli disse:
<< Non lo sai che è maleducazione origliare? >>
<< Certo, ma mi ha letteralmente strappato dalle braccia la mia donna. Dovevo almeno accertarmi che la trattasse bene. >> fu così contenta di quella risposta, che si sollevò sulle punte e lo baciò, in pubblico, per la seconda volta, senza badare al fatto che fossero al centro della pista, circondati da decine di vampiri. Aaron le aveva detto delle cose meravigliose e, dopotutto, gli invitati avevano come mini duecento anni, non si sarebbero scandalizzati per così poco. Erano così isolati dal resto del mondo, che non sentirono il trambusto al piano di sotto e non si accorse che tutti i vampiri si erano fermati ed erano sul chi vive. Si staccarono nello stesso esatto momento in cui la porta fu prepotentemente aperta.
<< Guarda, guarda. E noi che eravamo venuti ad uccide vampiri. Ora ci toccherà far fuori anche l’Esca. >> la fanciulla s’irrigidì, sentì il sangue gelarsi nelle vene, mentre si voltava a guardare i nuovi arrivati.
Cam, Will, Ted e Nora erano lì, immobili, davanti alla comunità di vampiri riunita.


allora, che ve ne pare? sono arrivata in ritardo, ma penso che questo sia un capitolo ripettabile. fatemi sapere che ne pensate! mi scuso per gli errori e per le inesattezze storiche, geografiche o culturali che di sicuro ci saranno. comunque ringrazio chi continua a leggere ;) e vi avviso che se non posterò settimana prossima, probabilmente bisognerà aspettare la fine di agosto, perchè sono in vacanza ;) alla prossima e fatemi sapere!!!!!!!!

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


23

Light rimase a guardarli, le parole d’amore che stava per confessare al vampiro bloccate in gola. Erano sempre gli  stessi, forse leggermente più muscolosi, come se avessero aumentato gli allenamenti e, visto la situazione che si andava a creare, era molto probabile. Ma ancora non riusciva a capacitarsi di averli ancora di fronte; sembrava che potessero arrivare ogni volta che lei sentiva di vivere un momento perfetto.
Com’era possibile? Come avevano fatto, quei quattro, a raggiungere l’isola?il luogo del raduno era segreto, nessuno oltre agli invitati ne era a conoscenza; eppure i Guardiani erano lì, sorridenti, arroganti, orgogliosi di loro stessi per essere riusciti ad identificare così tanti succhiasangue. Chi aveva tradito?
<< È così che ringrazi chi ti salva? >>le chiese il capo, deridendola. Tuttavia gli insulti non la scalfirono nemmeno, mentre si sentiva avvolta dal braccio di Aaron e la consapevolezza che alcuni vampiri, Tut compreso, saprebbero stati dalla sua parte.
<< Potrei anche risponderti di sì, visto che lui è il primo ed unico che mi abbia mai salvato. >> ribatté, con un cipiglio sicuro che non le era mai appartenuto prima. E finalmente sene rese pienamente conto: quelle settimane l’avevano trasformata in ciò che era destinata ad essere. Per dieci , lunghi, dannati anni era stata rinchiusa in una crisalide, ora poteva finalmente spiegare le ali.
Lo sguardo le cadde impietoso su Will, che continuava a guardare ad occhi sbarrati la mano che le accarezzava il fianco, e si rese conto di non provare nulla per lui, nemmeno l’odio profondo che l’infiammava nel vedere Cam. Era il nulla, l’indifferenza più assoluta; come quella che le aveva sempre riservato quando non era conveniente nemmeno guardarla.
<< Ma guarda! Ti sei dimenticata che devi portare rispetto ai superiori? >>la sbeffeggiò, facendo un passo avanti, gonfiando il petto. In quel momento le tornarono alla mente le parole che il suo compagno le aveva rivolto durante il primo allenamento: “porta rispetto solo a chi pensi se lo meriti”. La sua risposta fu immediata e chiara:
<< Non rientri tra coloro che reputo degni del mio rispetto. >> il grugnito in risposta non si fece attendere molto, così come l’immediato avvicinarsi del ragazzo; lei non si fece pregare e, staccandosi dalla presa rassicurante, si fece avanti. Doveva affermare la sua forza, il suo essere cambiata. Non ebbe esitazioni nel fermarsi a pochi centimetri dal volto del giovane, mentre sentiva quasi fisicamente la forza con cui i suoi occhi blu perforavano quelli scuri di Cam, scrutandolo fino nell’anima. Non abbassò lo sguardo, lo tenne fermo, e fu lui il primo a cedere.
<< Non dimenticare che sono io il migliore. >> le disse, accostandosi maggiormente a lei.
<< Ne sei proprio sicuro? >> non poté trattenersi dal ribattere, e la risposta arrivò quasi istantanea. Il pugno del Guardiano partì in direzione del suo ventre, ma i lunghi allenamenti con il Giustiziere avevano dato i loro frutti, e nemmeno i tacchi alti le impedirono di schivarlo. Lasciò che provasse ad afferrarla, come giocando a rincorrersi, ma riusciva a fuggirli sempre, nell’attimo esatto in cui stava per serrare la presa. Era esaltante rendersi conto di essere nettamente superiore al proprio avversario; forse anche i vampiri giovani si sentivano così, per quel motivo erano incauti durante le battute di caccia: pensavano che non ci fosse nessuno in grado di sconfiggerli. la fanciulla, tuttavia, era pienamente cosciente che essere superiore a Cam non significava nulla, in un mondo dove c’erano esseri che con uno schiocco di dita potevano ordinare uno sterminio di massa. Lei non era altro che una piccola farfalla, che danzava sulle note di un canto di guerra, ma che poteva ben poco, da sola.
Piroettando per sfuggire al  ragazzo, incontrò per un istante lo sguardo del suo innamorato, che sorrideva, orgoglioso; poi un piccolo movimento di quegli occhi di foresta le fece capire che era giunto il momento di chiudere i giochi. Senza fermarsi, allungò un braccio e colpì l’avversario al collo, con il taglio della mano, facendogli perdere l’equilibrio; in un unico gesto, sorprendendosi della rapidità e fluidità del movimento, gli sferrò un pugno alla stomaco, facendolo cadere a terra; in ginocchio ai suoi piedi.
Uno strano appagamento la invase; ora era in grado di sconfiggere da sola i suoi “cattivi”.
<< Lurida puttana! Come ti sei permessa? Noi siamo tutto per te; è solo grazie al nostro intervento se sei sopravvissuta tutti questi anni. >> le gridò Nora, mentre si precipitava dal ragazzo. Solo in quel momento, Light si rese conto che gli occhi dell’altra erano sempre più brillanti, se nei paraggi c’era Cam; ma lui era sempre stato concentrato solamente su di sé, senza mai prestare troppa attenzione agli altri. Addirittura, a volte aveva prestato più attenzione a lei, per deriderla, minacciarla o umiliarla, che ai suoi compagni di squadra, per complimentarsi per il lavoro svolto.
Le parole non la ferirono, non la toccarono nemmeno, ma percepì come suo il sussultori Aaron e capì che c’era un solo modo per impedirgli di perdere la calma. Camminò all’indietro fino a raggiungerlo e gli prese la mano, evitando con un solo gesto la morte della giovane, e ristabilendo le posizioni: lei apparteneva a quell’uomo.
<< Arrivavate sempre quando sul collo sentivo già l’alito del vampiro; mi avete usata come se fossi un pezzo di carne per attirare la preda. Non vi devo nulla; avete sempre e solo fatto ciò che vi ordinavano, senza mai andare leggermente oltre, senza mai ricordarvi che sono una persona, non un oggetto che si può buttare a lavoro finito. Ho dei sentimenti ed un cuore che batte! Ma ho dovuto aspettare un vampiro, un succhiasangue, una creatura che avevo imparato a temere ed odiare, per essere considerata di nuovo viva ed importante. >> il suo compagno l’avvolse con un braccio, lasciandole un bacio sulla tempia, mentre sentiva che, finalmente, tutti i ponti che la collegavano al passato erano stati distrutti.
<< No! >> urlò Will, facendo un passo avanti e tendendole la mano, gli occhi sbarrati dal terrore << Non andartene! È tutto no sbaglio, un enorme errore. Io ti amo! >> ma quella dichiarazione, che le parve più dettata dalla situazione che dal cuore, non la sfiorò neppure, non quando sentiva un sentimento molto più puro, forte e sincero legarla al suo salvatore. Non riuscì a rispondere perché, in un istante, i Sommi passarono davanti a tutti, formando quasi uno sbarramento tra la loro gene ed i Guardiani.
<< Basta con queste sciocchezze. >> disse con voce pacata Tutankhamon, leggermente scostato dagli altri, come a sottolineare il suo grado. I lineamenti dei cinque erano mutati completamente, diventando più duri, carichi di disprezzo; ma allo stesso tempo eterei, inumani.
<< Abbiamo cose più importanti, delle vostre scaramucce, da discutere, Guardiani. >>
<< E di cosa vorresti parlare, vampiro? >> chiese Cam, di nuovo in piedi affianco ai compagni, arrogante, sputando un grumo di sangue e guardandosi attorno, in attesa della reazione dei presenti. Tuttavia l’unico a muoversi fu l’egiziano, che avanzò fino a trovarsi faccia a faccia con l’altro; il resto degli invitati guardava schifato la macchia rossa sul pavimento. Il giovane non fece nemmeno in tempo a capire ciò che stava succedendo, che la mano del faraone l’aveva già afferrato per il collo, sollevandolo.
<< Voglio sapere, umano, come diamine avete fatto ad arrivare fino a qui. >> l’altro non parve intenzionato a rispondere ed un sorriso di scherno gli si aprì sul volto, che si arrossava sempre più, con il serrarsi della stretta.
<< Sono stato io. >> esclamò Ted, spezzando un silenzio teso e carico di aspettativa << Ho catturato un pesciolino e l’ho convinto a svelarmi il posto. >> poi si voltò ed uscì dalla stanza. Light riuscì a scorgere i suoi muscoli tesi, in attesa della prossima mossa; era la prima volta, pensò, che Ted si attribuiva un merito. Non era perennemente alla ricerca della gloria come Cam; non tentava in ogni modo di emergere come Will; semplicemente, si lasciava trasportare dalla corrente, cogliendo al volo le opportunità che gli si presentavano. Purtroppo per lui, quella volta aveva osato troppo, e gli lesse negli occhi la consapevolezza che, probabilmente, non sarebbe uscito dalla sala, appena rientrato. Trascinò qualcosa fino ai piedi del Sommo; ci volle qualche istante perche la ragazza riuscisse a riconoscere una camicia di tela scura e dei pantaloncini; un esclamazione le scappò dalle labbra quando riconobbe in quel pezzo informe di carne un ragazzino di circa dodici anni. Non fu l’unica a non trattenere lo sgomento; l’aria si riempì di ringhia, ma a scuoterla di più fu il grido del suo compagno, carico di rabbia e dolore, un istante prima che il vampiro balzasse in avanti.
Non si fermò a pensare, agì solamente, consapevole che le ripercussione per le azioni dell’uomo sarebbero state elevate: avrebbe potuto essere accusato di insubordinazione; oppure, scatenare una guerra “privata” che li avrebbe visti al entro del fuoco nemico; e, per quanto forte, neppure il Giustiziere poteva farcela da solo contro un esercito.
Chiamò a raccolta il potere, incanalandolo nel proprio corpo, e scattò, dimentica di tutto ciò che la circondava, delle scarpe, dell’abito; contava solo riuscire a fermarlo.
L’impatto non fu come se lo spettava ma molto, molto più forte; aveva sempre pensato che durante gli allenamenti si fosse impegnato seriamente, ma solo in quel momento capì che la sua vera potenza era di un livello nettamente superiore.
<< Levati! >> le ringhiò, mentre lei gli circondava il busto con le braccia, e provava ad arrestare la sua corsa.
<< Calmati. >> gli sussurrò all’orecchio, strusciando poi la guancia sul suo collo, per fargli avvertire la sua presenza.
<< Tu non capisci! Oliver è ancora un bambino, non ha neppure duecento anni; guarda come l’hanno ridotto. Potrebbe morire! >> non lo aveva mai visto tanto arrabbiato; i lineamenti completamente deformati, i denti scoperti, i canini allungati che schioccavano ad un centimetro dalla sua gola. Tuttavia, non ebbe paura, nemmeno per un istante.
<< Possiamo curarlo, insieme. Abbiamo camminato sull’acqua; tu mi hai praticamente riportato in vita. Sai che possiamo qualunque cosa, noi due, assieme, ma prima dei calmarti. >> le sue parole parvero funzionare, perché smise di dimenarsi e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, senza comunque accennare a spostarsi. Lei gli accarezzò la guancia, posandovi poi un bacio, e prendendogli una mano, consapevole che, senza un ordine preciso dei suoi superiori non avrebbe più mosso un muscolo.
A ridestarla dai suoi pensieri fu il forte rumore della porta che veniva chiusa. Sollevò il viso e vide che era stato Nathan a sbarrare l’uscita.
<< Non crederete veramente che vi lasceremo andare imponiti, spero. >> disse, in risposta alle occhiate confuse ed intimorite dei Guardiani.
<< È nostra usanza tenere un processo, prima di un esecuzione, ma non credo che in questo caso ce ne sia bisogno. Abbiamo sia il colpevole che una confessione, direi che possiamo procedere. >> aggiunse Dalmar, l’africano
<< Abbiamo poco tempo, >> intervenne Kýros, inginocchiato affianco ad Oliver, mentre scrutava le ferite << se aspettiamo ancora non avremo più possibilità di salvarlo. >> tutti gli sguardi erano nuovamente puntati su Tut, in attesa di una risposta, ma non fu lui a parlare, bensì Balaji.
<< Tu, Guardiano, fatti avanti. >> la voce pacata di poco prima era solo un ricordo, ora era l’incarnazione della freddezza, dell’imparzialità. Ted si fece avanti, posizionandosi esattamente a metà tra Light e Cam.
<< Accetti tutto ciò che scaturirà dalle tue parole? >> gli chiese prima, e la giovane non riuscì a capirne il motivo, visto che la sentenza era già stata sommariamente espressa. Il ragazzo annuì solamente, senza scomporsi.
<< In questo modo, >> le sussurrò Aaron all’orecchio << l’esecuzione sarà rapida. Altrimenti avrebbe potuto essere consegnato nelle mani del vampiro più vicino alla vittima, e sicuramente la sua sarebbe stata una morte straziante. >> lei rabbrividì, chiedendosi come fossero possibili simili contraddizioni: prima sembravano una comunità estremamente evoluta, poi permettevano che cose del genere avvenisse. Però, si disse, anche i vampiri dovevano farsi rispettare, e i loro processi erano molto più equi d quelli dei Guardiani, che si svolgevano nella stanza delle torture.
<< Affermi di essere stato tu, e solo tu, ad aver martoriato nel corpo e nell’anima questo giovane vampiro per estorcerli delle informazioni? >> continuò l’indiano, e ricevette nuovamente un cenno di assenso.
<< Eri a conoscenza di ciò che il tuo gesto avrebbe provocato? >>
<< Sì, ma sapevo che qualcuno doveva pur farlo, e gli altri non avevano abbastanza coraggio. >>
<< Hai altro da dire, a tua discolpa? >> lui tacque per qualche istante, poi, con sguardo triste, rispose:
<< Siamo in guerra,ed io sarò la prima vittima della carneficina; anche se comincio a chiedermi se fino ad ora ho combattuto per la giusta fazione. >> nessuno si aspettava quelle parole, umani e non, ma la sentenza non poteva essere cambiata, una vita innocente era stata quasi spezzata per una singola informazione, sicuramente ottenibile anche in altri modi.
<< Colpevole. >> annunciò, lapidaria, la voce del faraone << Condannato a morte immediata. >> poi, dopo un istante, si voltò nella loro direzione, e aggiunse << Un lavoro rapido, Giustiziere. >>
La fanciulla s’irrigidì e sentì il cuore fermarsi nel petto; veramente sarebbe  toccato ad Aaron fare il lavoro sporca? Sarebbe stato proprio lui, che on sopportava neppure di vederla turbata, a mettere fine ad una vita? Lo sentì irrigidirsi al suo fianco; la guardò intensamente, con uno sguardo tormentato, implorando il suo perdono, prima di lasciare la sua mano. Subito altre braccia l’avvolsero, e capì dal profumo di lavanda che si trattava di Guitti e Sophie. Osservò il suo uomo camminare fino a fermarsi davanti al giovane; vide Ted incontrare il suo sguardo senza timore, porgergli un pugnale dalla lama di cristallo, ed aspettare la sua ora, senza mai un piccolo cedimento, dimostrando un coraggio che ai suoi compagni mancava.
Tutto finì in un attimo, non appena il vampiro ebbe in mano la lama; un “mi dispiace” mormorato, un piccolo sorriso del Guardiamo, poi il pugnale fu nel cuore, ed il corpo cadde a terra.
La giovane sentì le forze mancarle, mentre osservava colui che per tanti anni aveva aiutato a rendere la sua vita un inferno, morire. Capì che, alla fine, erano entrambi vittime de gioco di potere messo in piedi da Timothy; cui solo pochi fortunati traevano giovamento. Sentì la bile salirle in gola, vedendo che i cosiddetti compagni non accennavano un passo, un movimento, in direzione di Ted. Fu una vampira dai lunghi capelli rossi a farsi avanti dalla folla, inginocchiandosi al fianco del ragazzo e posandosi la su testa in grembo. Intonò una nenia lenta e dolce, quasi una ninnananna, e molte voci la seguirono, mentre la vita abbandonava quel giovane corpo.
Quando il silenzio tornò sovrano, i vampiri ricominciarono a muoversi: la rossa baciò la fronte di Ted e sussurrò quella che le parve una preghiera; poi altri due giovani si fecero avanti e lo sollevarono.
<< Che venga seppellito dove mare e terra s’incontrano. Così che possa trovare la pace. >> mormorò Aaron, mentre la porta si richiudeva alle loro spalle.

Ci fu un istante in cui la sala sembrò sprofondare nel ghiaccio; poi fu nuovamente la voce forte dell’egiziano a riportare tutti alla realtà:
<< Quanto agli altri, portate nelle segrete e punite la loro intrusione, ma senza ucciderli; devono recapitare un messaggio. >> si avvicino poi a Cam e gli disse all’orecchio, abbastanza forte da farse sentire da tutti:
<< Dì a Timothy di non provare mai più a fare una cosa simile; altrimenti quattro vittime non saranno nulla in confronto. >> ma la fanciulla non si illudeva che la minaccia avrebbe avuto effetto, al contrario: probabilmente sarebbe solamente stata la miccia per un incendio di proporzioni inimmaginabili.
Non ebbe, però, tempo di riflettere su ciò che era appena successo perché, dopo che la porta si fu chiusa dietro ai prigionieri, subito Aaron si precipitò al capezzale del ragazzino, e lei lo segui. Solo una vola giuntavi capì la rabbia che prima aveva colmato il suo compagno: era necessario uno sforzo notevole per riconoscere delle sembianze umane, tanto era martoriato. Enormi squarci gli si aprivano ovunque; sul volto, su braccia e gambe, ma le peggiori erano sul petto, in prossimità del cuore; come se non bastasse facevano mostra di sé bruciature scarlatte lungo tutto il collo e la gola; ma, a farla inorridire veramente, fu la vista del volto: le orbite quasi cavate e lo scalpo che lasciava in vista il cranio. Le venne da rigettare e quasi si ricredette su ciò che aveva pensato di Ted: come si poteva essere capaci di fare una cosa simile?
<< Ci serve il veleno del suo creatore. >> esclamò il greco, mettendo a tacere tutte le voci che si erano levate.
<< Non possiamo. >> rispose Aaron, mentre gli si inginocchiava a fianco << È morto molto tempo fa, e lo ha lasciato appena trasformato, in balia del mondo. L’ho salvato e me ne sono preso cura, ma il mio veleno lo porterebbe solamente alla morte. >>
<< È troppo tardi per usare il sangue, non servirebbe a nulla se non a fargli rigettare quel poco che ha ancora in corpo. Non c’è più nulla da fare. >> sentenziò, per poi alzarsi ed allontanarsi.
La fanciulla fece per ribattere, quando si ritrovò immobilizzata dalle iridi verdi del suo amato, colme di disperazione.
<< So che in questo momento mi odi, >> la supplicò << Ma ti prego, ti scongiuro, aiutami. Da solo non posso farcela; ho bisogno di te. >> lei non rispose, ma proseguì fino a trovarsi sull’altro fianco di Oliver, dove si inginocchiò.
<< Cosa devo fare? >> chiese, con voce tremante, mentre lasciava una carezza quasi impalpabile sulla guancia del ragazzo.
<< Lascia fluire il potere. >> le rispose il vampiro, ma il suo minuscolo sorriso, colmo di tenerezza e gratitudine, fu come un balsamo per lei, le fece ritrovare quel poco di calma necessaria. Chiuse gli occhi, posò una mano sulla guancia del giovane vampiro e con l’altra strinse quella che il Giustiziere le porgeva; poi chiamò a raccolta tutto il suo potere, senza risparmiarne nemmeno una goccia, usando anche quello che mai aveva osato evocare, il più antico, il più forte. Lo sentì fluire via da lei, incanalarsi in quel piccolo corpo che prese a tremare sotto il suo tocco; socchiuse gli occhi, per accertarsi che stesse funzionando, e sentì la gioia invaderla quando si rese conto che le ferite si stavano lentamente rimarginando: gli squarci si chiudevano, le bruciature rimpicciolivano, occhi e capelli tornavano al loro posto. Voltò lo sguardo su Aaron, per condividere con lui quella felicità, ma subito il sorriso le morì sulle labbra: se lei sentiva le forze andarsene, il suo compagno stava donando anche la vita. La pelle si era raggrinzita orribilmente, i muscoli ritratti, lasciandolo scheletrico, i capelli ingrigiti e radi; e gli occhi, sempre così intensi e profondi, stavano diventando completamente bianchi. Provò a parlare, a chiedergli che cosa gli stava succedendo, ad implorarlo di fermarsi, ma non servì a nulla. Il potere ormai era libero, e lei doveva solo fare da incanalatura; non aveva più potere di scelta. Pian piano cominciò a sentirsi sempre più stanca,ad avvertire una pesantezza insolita ed a faticare persino a tenere gli occhi aperti; finché, esausta, non svenne.

eccomi! si loso, il capitolo non è per nulla allegro e probabilmente ce l'avrete con me per la sorte di Ted. credetemi, mentre scrivevo queste righe ho pensato più volte di trasformarlo, farlo sparire, ma tenerlo vivo. tuttavia, alle porte si preannuncia una guerra ed anche i vampiri devono farsi valere, rispettare, altrimenti i Guardiani avrebbero già vinto. mi piange il cuore ogni volta che devo uccidere un personaggio, ma era necessario; troppe volte quei quattro erano rimasti impuniti e cominciava a diventare irreale.
fatemi sapere che ne pensate, se nonostante tutto vi è piaciuto. se ci sono errori mi scuso in anticipo  spero di non aver saltato dialoghi, in caso contrario, basta farmelo sapere... alla prossima, con qualcosa di più allegro, spero :)

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


Aaron
24

Era sempre più debole; sentiva i muscoli ritrarsi, i tessuti e le cellule perdere vitalità. Sapeva che sarebbe successo, che donando il suo potere per salvare Oliver sarebbe andato incontro a quella sorte, ma l’avrebbe rifatto altre mille volte; si stava “rinsecchendo”, stava tornando un cadavere, e per far regredire il processo, per tornare alla normalità, aveva bisogno di sangue, sangue animale, e nei dintorni non ne vedeva nemmeno una goccia. Quasi gli avesse letto nel pensiero, Kýros gli si affiancò, sostenendolo per le spalle, e gridò:
<< Presto! Andate a caccia; cervi, orsi, animali grandi, veloci! >> avrebbe voluto ribattere, dire loro di occuparsi di Light, che lui era sopravvissuto settecento anni e non aveva di certo intenzione di morire in quel momento. Tuttavia, quando provò a parlare, si accorse di avere la gola secca e la lingua incollata al palato. Sollevò lo sguardo, che fino a quel momento era stato puntato sulle sue mani, posate sul torace del ragazzino, e vide la fanciulla chiudere gli occhi e perdere i sensi. Tentò di sporgersi per attutirle la caduta, se non affiancarla ma, fortunatamente, ci furono le braccia di Nathan ad accoglierla, perché lui riuscì a malapena a sollevare le dita dal petto del vampiro.
La vista cominciava a sfocarsi e mille spine infuocate gli perforavano la carne; con le ultime forze si stacco dal contatto, facendo sì che il potere smettesse di fluire, per poi accasciarsi contro il greco, senza essere in grado di fare nulla, se non sperare che i cacciatori arrivassero presto. Vide Guitti e Sophie affaccendarsi attorno alla su a ragazza – ormai non poteva considerarla in modo diverso – sollevarle le gambe e farle annusare dei sali, nella speranza che si riprendesse; ma Aaron sapeva che tutto ciò di cui aveva bisogno era una bella dormita su un letto comodo e, l’indomani, una colazione abbondante, perché sarebbe stata molto affamata. Mentre si chiedeva se nono fosse il caso che prestassero soccorso anche a lui, i battenti si aprirono ed entrarono quattro vampiri, portando quattro cervi, un orso ed un coniglio.
Non appena sentì il profumo del sangue, il predatore riemerse e, non appena furono alla sua portata, strappò letteralmente di mano ai cacciatori le prede. Ci vollero il coniglio e due cervi, perché cominciasse a riprendersi, a prestare attenzione ai volti preoccupati che lo circondavano, al respiro ed al battito cardiaco della giovane. Tuttavia non seppe trattenersi e, solamente a banchetto finito, tornò del tutto presente a se stesso. Si alzò lentamente, testando lo stato dei muscoli, sentendoli ancora irrigiditi, ma sicuramente in stato migliore; raggiunse Light e la prese tra le braccia. Senza dire una parola Flynn gli fece strada, conducendolo al piano superiore, dove, tra tante porte, ne aprì una, rivelando una camera da letto; il vampiro non prestò molta attenzione all’arredamento, anche se aveva la sensazione che fosse ricercato. Scostò le coperte pesanti e vi adagiò la ragazza, dopo averle sciolto i capelli e tolto scarpe e gioielli; forse le avrebbe sfilato anche l’abito, se fossero stati soli, ma non ne aveva nemmeno il tempo; doveva tornare a compiere il suo dovere.
Quando tornò nella stanza il clima non era cambiato, con la sola differenza che ora Oliver era sveglio e stava dando fondo alle scorte della cantina irlandese; tutto sangue di prim ordine, s’intende. Tuttavia, quando si accorse del suo arrivo, lasciò tutto e gli corse incontro, abbracciandolo stretto.
<< Piano, piano, sono ancora mezzo rotto. >> gli disse dolcemente, scompigliandogli i capelli; sentiva uno strano istinto di protezione nei confronti di quel ragazzino, quasi come con Thomas, e mai gli parve bello come in quel istante. Lui sollevò il volto e lo guardò con i suoi luminosi occhi grigi, pieni di ,meraviglia e curiosità, come se avesse ancora dodici anni, come se credesse ancora il mondo un posto felice.
<< Sono contento che sei stato tu a salvarmi. >> gli disse sorridendogli, senza accennare a lasciarlo.
<< E io sono contento di esserci riuscito. Eri ridotto veramente male. >>
<< Aaron ha ragione, Oliver. >> s’intromise Tutankhamon << Raccontaci cos’è successo, come hanno fatto a catturarti. >> se avesse potuto impallidire, in quel momento il ragazzino sarebbe stato terreo. Si ritrasse dal faraone e finì per nascondersi per metà dietro al Giustiziere
<< Non fatemi male, per favore. Io ho provato a resistere, anche  a scappare, ma mi hanno fatto ancora più male. >> fu Dalmar a rispondere, portandosi un po’ più avanti.
<< Tranquillo, ogni guerriero che ha combattuto fino alla fine è degno di rispetto. >> allora il giovinetto parve rincuorarsi e, senza mai allontanarsi troppo dal suo protettore, cominciò a parlare:
<< Ero in spiaggia, a Città del Capo, e stavo guardano le foche e le balene. Le stavo contando, ne erano passate una ventina, e una volta avevo anche nuotato con loro, e poi, finché mi vestivo, mi sono sentito afferrare. Ma non mi sono lasciato portare via subito. >> aggiunse, in direzione del Giustiziere, attaccandosi alla sua manica << Ho fatto come mi hai insegnato tu; ho scalciato, mi sono dimenato, ma poi mi hanno fatto una cosa strana. Ho sentito un pizzico su collo e ho preso sonno. Quando mi sono svegliato ero in una stanza tutta chiusa senza finestre e con una porta sola, tutta ricoperta di lucchetti, e io ero ammanettato ad una specie di letto.
La cosa strana è che non riuscivo a romperlo! Non potevo direttamente muovermi, e poi sono arrivati. >>
<< Sono? >> l’interruppe Balaji << Non ti ha torturato solo il ragazzo? >>
<< Oh sì. >> rispose Oliver, con gli occhi sgranati dal terrore << Ma prima è venuto anche un altro umano, più vecchio, con i capelli marroni. Ma era strano, non profumava come l’altro, anzi. On ho mai sentito una puzza così! >> i potenti si scambiarono uno sguardo allarmato, rendendosi conto che poteva essere solamente il capo dei Guardiani, ma nessuno aveva mai riferito loro quel particolare. Poi il giovinetto continuò il racconto:
<< Ha detto qualcosa, tipo “è quello giusto” o “si arrabbierà da morire”, ma non ho capito molto bene, perché stavo chiedendo dov’ero. Poi quello vecchio è andato via e l’altro ha cominciato a farmi male.>> rabbrividì e serrò gli occhi, mentre pronunciava quelle parole <> smise di parlare e si abbracciò di nuovo a suo protettore, che non si ritrasse, anzi, lo prese in braccio e lo portò al piano superiore. Scelse una camera il più distante possibile da Light, non voleva rischiare, e fortunatamente ne trovò una adatta: non molto grande ma con finestre che permettevano di vere il paesaggio, confortevole e suoi toni del pesca; non esattamente mascolina, ma l’ideale per riprendersi dalla prigionia.
Portò Oliver nel bagno adiacente e, dopo averlo spogliato, lo aiutò a lavarsi, cogliendo l’occasione per coccolarlo come face nei momenti di maggiore sconforto, quando la parte più fragile di lui tornava a galla. Il ragazzino, dal canto suo, sembrava fare le fusa e si lasciava accarezzare senza dire nulla, mentre scoppiava le bolle del bagnoschiuma.
<< Sei arrabbiato? >> gli chiese ad un certo punto, con voce esitante.
<< No, perché? >> gli sorrise lui
<< Non hai detto niente. >>
<< Stavo solo pensando a quanto sono felice che tu stia bene,  e a quanto sei sporco. >> disse ridendo, mentre gli strofinava più forte i capelli.
Solamente quando l’aiutò ad asciugarsi si rese conto che non aveva la struttura fisica di una ragazzino di dodici anni; ricordava che in passato aveva già notato quel particolare, ma non gli aveva mai dato peso. Quella sera, però, mentre i suoi grandi occhi grigi lo scrutavano, gli sembrò un bambino con non più di otto anni e si chiese come mai non aveva mai indagato.
<< Quanti anni hai, Oliver? >> chiese, forse lui avrebbe potuto dargli spiegazioni.
<< Cinquantacinque. >> rispose orgoglioso ed Aaron non poté evitare di sorridere nel vederlo così fiero di quella cifra minima, per un vampiro. Tuttavia, ricordava che una volta gli aveva raccontato che da piccolo gli dicevano che sarebbe morto quando arrivava l’inverno.
<< Non lo so. >> felice il vampiro << Ti ricordi? Te l’ho raccontato, non me l’ha mai detto nessuno. Quello che mi trasformato ha deciso che ne avevo dodici. >>
<< Ah già, scusa, mi era passato di mente. >> ma non lo stava più ascoltando, in poi istanti era già a letto, con indosso una camicia che avevano trovato sopra il letto, in attesa di abiti nuovi. Lui fece per avviarsi alla porta, quando il giovinetto lo richiamò:
<< Non dormi con me? >> gli sorrise dolcemente e si avvicinò di nuovo.
<< No, piccolo. I Sommi mi aspettano, e poi,il mio letto è già prenotato. >>
<< Ed è vero che a casa hai una ragazza umana? >> vide da come gli occhi gli brillavano di curiosità, che probabilmente era una delle prima cose che avrebbe voluto sapere ma, probabilmente non aveva avuto il coraggio di chiedere, in mezzo a tutti quegli antichi.
<< Si, è vero. >>
<< E posso conoscerla? >> stava perfino saltando sul letto, da quanto era entusiasta.
<< Dipende se farai il bravo, e se adesso dormirai subito. >>
<< D’accordo. >> nemmeno il tempo di salutarlo ed era già profondamente addormentato. Era naturale, si disse il vampiro, dopo tutto quello che aveva dovuto sopportare, era stupefacente che non fosse crollato subito dopo il suo racconto.
Richiuse la porta con attenzione; anche se era improbabile che il ragazzino, o forse bambino, si svegliasse, non voleva rischiare. Si diresse verso la camera di Light e rimase interdetto quando vide il vestito ripiegato su una sedia. Sentì la rabbia montare, al pensiero che qualcuno avesse potuto toccarla senza il suo permesso, ma poi notò la pesante camicia da notte che la giovane indossava e capì che erano state le sarte a cambiarla. Si sedette su bordo del letto e rimase a guardarla, accarezzandole una guancia; il colorito era già molto più roseo ed i segni della stanchezza erano già molto meno visibili. Notò con sorpresa e piacere che era rivolta verso il lato dove solitamente si coricava lui; le lasciò un bacio sulla tempia e le sussurrò pianissimo all’orecchio:
<< Arrivo tra poco, tesoro mio. >> in qualche modo, parve che lei fosse riuscita a sentirlo, perche le sue labbra si stesero in un leggero sorriso. Rimase ancora qualche istante a guardarla, poi, con un sospiro, si alzò le rimboccò le coperte e, dopo averle dato una altro bacio leggero, uscì.
 
Ad aspettarlo, nella sala da ballo, trovò solo i Sommi; come, del resto, aveva immaginato. Probabilmente tutti gli altri erano tornati a casa, prima che i Guardiani si accorgessero che la squadra non era rientrata e venissero a cercarla. Se i cacciatori avessero trovato anche solo un invitato, l’avrebbero seguito per sorprenderlo e ucciderlo, o forse, catturarlo, e nessuno voleva correre un rischio simile, soprattutto dopo aver visto com’era ridotto Oliver.
<< Quindi? >> gli chiese Tut non appena gli fu davanti.
<< Ora sta dormendo e domani sicuramente si sentirà meglio, ma non penso che abbia altro da aggiungere. >> il capo annuì, pensieroso, e cominciò a misurare la stanza a grandi passi.
<< Mi chiedo come abbiano fatto a sapere di Oliver. >> disse Nathan, esponendo un dubbio che vorticava nelle menti di tutti.
<< Non è così difficile. >> disse Dalmar << Persino tra gli appena creati si sa che il ragazzo è trattato diversamente, non è improbabile che, per salvarsi, qualcuno abbia fatto il suo nome. >>
<< Non credo sia solo quello, >> lo interruppe il Giustiziere << altrimenti sarebbe bastato un vampiro qualsiasi con più di duecento anni, ma non così tanti da capire che sono poche le volte in cui i Guardiani sono davvero utili. Credo, piuttosto, che abbiano scelto lui perché sanno che è sotto la mia responsabilità, esattamente come Light. >>
<< Forse tentato di metterti in cattiva luce. >> suggerì Balaji ed Aaron dovette ammettere che non era poi tanto assurdo.
<< Così, >> s’intromise Kýros << secondo loro, dopo qualche altro avvenimento del genere, la nostra fiducia in te dovrebbe calare. Che compiti puoi rischiare di affidare a qualcuno che non riesce a tenere fede alle proprie responsabilità? >> il vampiro si trovò d’accordo su quel ragionamento, anche se sperò che non fosse così facile metterlo in cattiva luce.
<< C’è un’altra cosa che non mi spiego. >> esclamò Nathan, interrompendo le sue riflessioni << Come hanno fatto ad entrare senza che non se ne accorgesse nessuno? >> per un attimo tutti rimasero in silenzio, concentrati per trovare una risposta, ma solamente il faraone sembrò avere un’idea:
<< Credo che il profumo dell’umana ci abbia inebriato così tanto da rendersi impossibile pensare ad altro. >>
<< Quindi anche questo dovrebbe essere colpa mia. >> aggiunse Aaron
<< Non cominciare anche tu, Giustiziere. >> esclamò l’egiziano << Siamo al mondo da molto prima di te, dovremmo essere in grado di capirle queste cose. Tu non hai colpe, e meno ancora la ragazza; come avresti potuto saperlo, se non sei minimamente attratto dal suo sangue? >>
Aveva ragione, per lui la fanciulla rappresentava un altro tipo di tentazione, ma certamente neanche lontanamente simile a quella degli altri vampiri. Restava però che non era mai accaduto nulla di simile; i sensi delle creature della notte erano quasi infallibili.
<< Cosa possiamo fare? >> chiese allora, conscio che avevano appena trovato una falla gigantesca nelle loro difese. Per un istante non si sentì nemmeno un respiro, poi, Dalmar disse:
<< Bisogna addestrarla. >>
<< Ho già provveduto. >> ribatté Aaron << È preparata, tanto che pensavo di portarla con me a caccia, se i prossimi incarichi non sono troppo pericolosi. >>
<< Così tu avremmo la possibilità di vedere se ti è veramente leale. >> aggiunse Kýros
<< Io non mi preoccupo di quello, >> lo interruppe Nathan << credo invece che sia una buona occasione per vedere  quanto è potente. Non credo sia un’umana qualunque; altrimenti non sarebbe bastato un mese scarso per renderla in grado di prendere di sorpresa il Tut. >>
<< Già, >> assentì l’egiziano << e poi sarà da stabilire se sia il caso di trasformarla o meno. >> il Giustiziere si voltò di scatto nella sua direzione; anche se, nel profondo del suo cuore aveva sperato che un giorno la ragazza potesse decidere di passare con lui l’eternità, non aveva mai nemmeno considerato l’ipotesi di imporglielo.
<< Dipende da lei. >> affermò serio, inflessibile << Non ho nessuna intenzione di obbligarla, nemmeno se dovessimo rinunciare ad un potere incredibile. >>
<< E se ne andasse della sua sicurezza? >> lo provocò il faraone, ma lui non lasciò trapelare la profonda inquietudine che l’assalì:
<< In quel caso valuteremo la situazione.> > vide distintamente l’ombra di delusione passare negli occhi di quasi tutti i Sommi; non erano entusiasti di lasciarsi sfuggire una pedina così importante ma, d'altronde, era anche probabile che si ingegnassero per rendere indispensabile una decisione. Dal canto suo, però, sapeva che, forse per la prima volta, avrebbe opposto resistenza agli ordini. Light era libera di scegliere il destino che voleva, e lui le sarebbe rimasto al fianco assicurandosi che nessuno la ostacolasse.
Vedendo che la conversazione, per quanto lo riguardava, era finita, Nathan si affrettò a porgere un altro quesito:
<< La prossima mossa? >>
<< Informare gli antichi che potrebbero trovare degli intrusi nei loro confini. >> disse Balaji chiedere ai vampiri plurimillenari, i capostipiti, di scendere in campo con i loro simili era quasi un insulto, perché ormai erano diventati più simili agli dei che agli uomini che erano stai; ma, forse, la violazione di proprietà gli avrebbe indotti ad abbandonare le loro dimore.
<< Non è improbabile che, per salvarsi la vita, vengano tirati in ballo anche loro. >> continuò l’indiano << E, visti i tempi a cui andiamo incontro, è meglio essere preparati. >> seguì un silenzio pesante come piombo. Non era mai successo, nella storia dei vampiri, che si arrivasse a temere così tanto degli umani, per quanto forti. Gli eserciti si stavano radunando, e la collisione non sarebbe passata inosservata.
Ad un certo punto, Aaron sentì un flebile lamento proveniente dalle camere da letto; forse Light non si sentiva bene, o magari aveva gli incubi. Non aveva molta importanza, in realtà, perché l’avrebbe raggiunta immediatamente. Quasi gli avesse letto nel pensiero, Tutankhamon gli sorrise e, indicandogli la porta con un cenno, gli disse:
<< Vai dalla tua bella, è ora che tu ti riposi. >> non perse nemmeno tempo per rispondere, si limitò a chinare la testa e dileguarsi.
 
La fanciulla era profondamente addormentata, rannicchiata su se stessa e molto vicina a quella che era diventata a tutti gli effetti la parte di letto del vampiro. Senza mai distogliere lo sguardo, si spogliò ed infilò dei pantaloni leggeri che gli avevano lasciato. Non appena scivolò sotto le coperte, sentì il calore della ragazza avvolgerlo, e dovette aspettare solamente pochi istanti prima che l’inconscio la spingesse ad accoccolarsi contro di lui, ben felice di accoglierla.
Si sentì a casa, quando Light posò il volto nell’incavo del suo collo e una mano sul petto; felice che tutto fosse andato per il meglio, ma con una strana inquietudine nel cuore.


Ehilà! lo so che è da molto che non aggiurno e mi dispiace, ma non avevo ispirazione...comunque... eccci qui... cosa ne pensate? fatemi sapere ;)

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


25

A svegliarla fu un tocco freddo sul viso, molto diverso dalle carezze di Aaron, estraneo. Poi, pian piano, divenne consapevole anche della durezza del materasso, della quantità eccessiva di coperte che la coprivano e di non indossare più il suo bellissimo vestito, ma qualcosa di molto più pesante.
Quando aprì gli occhi si trovò davanti ad un ragazzino che la guardava a poco più di dieci centimetri di distanza. Sussultò e andò a sbattere con la schiena contro qualcosa di duro che, si accorse con un istante di ritardo, era il petto del suo vampiro; di riflesso, il giovinetto balzò indietro, finendo all’altro lato della stanza in una sola mossa, e mostrando così la sua vera natura.
<< Che cosa succede qui? >> chiese Aaron, con voce arrochita, destandosi con calma da quello che, presuppose la fanciulla, era stato un sonno molto pesante. Le portò un braccio attorno ai fianchi e la strinse a sé, non intenzionato a lasciarla anche una volta visto l’intruso.
<< Che ci fai qui, Oliver? >> chiese ancora, rivolto a l ragazzo, e allora Light, esaminandolo attentamente, si rese conto di riuscire a riconoscere il lui alcuni tratti della creatura martoriata della sera precedente.
<< Ero curioso, >> rispose lui, con tono di scuse << e voi non arrivavate. Così ho pensato di venirvi a svegliare. >> la giovane ebbe la netta sensazione che, se avesse potuto, sarebbe arrossito fino alla punta delle orecchie.
<< Ti avevo detto che saremmo scesi. >> rispose il Giustiziere, accarezzandole il ventre da sopra la camicia da notte, nascosto dalle coperte che le arrivavano fino alle spalle. Lei non riuscì a reprime un brivido a quel contatto e sentì e guance scaldarsi; sperò vivamente che Oliver non lo notasse, perché sarebbe stato di gran lunga peggiore dove spiegare il motivo di tale imbarazzo.
<< Si, lo so… ma era da tanto che ero sveglio, e mi annoiavo, e allora… >> farfugliò lui, stropicciandosi le mani. L’uomo si lasciò sfuggire un finto sospiro esasperato poi, sorridendo, gli disse:
<< Vai adesso, lasciaci un po’ di tempo. In tanto, se vuoi, puoi chiedere che venga preparata la colazione. >> il ragazzino scattò sul,’attenti e,dopo aver annuito con vigore, corse via, lasciandoli soli. Si era completamente ripreso, pensò la ragazza; non era più nemmeno paragonabile all’esserino ferito e morente a cui aveva donato il suo potere la sera prima. Senza contare la luce che gli si accendeva negli occhi quando si rivolgeva ad Aaron, come se stesse parlano con un eroe e, forse, era proprio così. Fu un bacio sul collo a liberarla dai pensieri che l’avevano avviluppata.
<< Avrei voluto svegliarti in un altro modo. >> le mormorò all’orecchio, per poi continuare a lambirla fino a quando non si lasciò sfuggire un sospiro. Sentiva il suo respiro freddo sfiorare la sua pelle diventata sensibilissima; i denti che a volte le lasciavano lievi morsi, che poi la lingua addolciva, e quella mano birichina che stava scendendo verso l’orlo della camicia da notte. Perse la cognizione del tempo, e fu solamente grazie all’udito finissimo del vampiro che si separarono un istante prima che bussassero alla porta.
<< È tutto pronto. >> disse Oliver,con voce squillante, allegra, spensierata l’imbarazzo precedente ormai dimenticato e la fanciulla desiderò ardentemente che anche il suo evaporasse. Dopo un attimo di stallo, Aaron scoppiò a ridere e, staccandosi delicatamente da lei, si alzò dal letto e s’infilò una maglietta a coprire il petto nudo.
<< Lì c’è il bagno; >> disse, indicando una porta di vetro satinato che lei non aveva ancora notato << se intanto vuoi fare una doccia, io vado a cercarti dei vestiti puliti. >> poi, con un ultimo bacio, uscì, lasciandola sola, finalmente libera di ripensare a tutto ciò che era accaduto.
Piano, con riluttanza, uscì dal caldo rifugio delle coperte e, rabbrividendo, si diresse verso la porta. Una volta davanti al grande specchio sopra il lavandino, passò qualche minuto ad esaminarsi: l’avevano struccata, tolto le forcine e pettinato i capelli; senza contare che indossava una camicia da notte flanella che non aveva mai visto prima. Aprì l’acqua e aspettò che il vapore riempisse la stanza, poi si spogliò, notando che, fortunatamente, la biancheria era quella che aveva messo per andare al ballo; per quanto fosse certa che erano state Guitti e Sophie a cambiarla, l’idea che avessero potuto vederla del tutto spoglia la metteva in soggezione.
Una volta sotto lo scroscio della doccia, chiuse gli occhi e, quasi istantaneamente, tutti i ricordi, gli avvenimenti le ricaddero addosso in un solo istante, tanto da obbligarla ad appoggiarsi alle piastrelle, ansimando. La sorpresa di essere accettata e, a volte, temuta da vampiri centenari; la sorpresa nell’incontrare di nuovo i Guardiani che più detestava; lo sguardo di Will; le parole di Cam; e poi Ted, la sua morte inutile, l’assoluta mancanza di reazione da parte di quelli che considerava compagna, solo una vampira sconosciuta l’aveva accolto tra le sue braccia. E poi, forse la cosa peggiore: il corpo, di quello che per lei era in tutto e per tutto un ragazzino, straziato, martoriato, come se non fosse altro che un pezzo di carne. Non c’era stato un rispetto per la vita che rasente alla nullità; mai avrebbe pensato di provare tanto disgusto per qualcuno, soprattutto visto che aveva passato dieci anni nel luogo di tortura di Oliver. Mai come in quel momento ringraziò che nelle vene le scorresse il potere.
Riuscì a riprendere a respirare regolarmente solamente quando l’acqua l’ebbe ricoperta, ebbe lavato via ogni singolo, minuscolo, pensiero devastante, lasciando solo la consapevolezza che non avrebbe mai più pensato alla vita nello stesso modo. Solamente al leggero bussare sul vetro della porta si rese conto che non erano passati solamente una manciata di minuti da quando aveva cominciato a lavarsi.
<< Un attimo. >> disse, mentre afferrava velocemente il flacone di sapone e cominciava a cospargerselo sulla pelle, per poi passare allo shampoo.
Quando uscì, avvolta in un morbido asciugamano che le arrivava alle ginocchia, rimase bloccata a guardare il suo vampiro fermo all’altro lato della stanza, vicino al letto. Aveva recuperato una camicia bianca, che lasciava slacciata, mostrando la gola candida, ed un paio di pantaloni neri dal taglio classico. Non l’aveva mai visto così elegante, se non la sera prima, e se ne chiese il motivo; lui, quasi le avesse letto nella mente, disse:
<< Ci sono ancora i Sommi al piano inferiore, vogliono parlarci; quindi non potevo certo rimanere in tuta da ginnastica. >> le sorrise dolcemente e le si avvicinò. La sfiorò delicatamente con la punta di un dito, dalla tempia alla clavicola, inseguendo il percorso di una goccia. Le passò una mano tra i capelli, facendole correre l’acqua ormai fredda lungo la schiena, ma lei si abbandonò completamente al suo tocco, nonostante i brividi che la scuotevano. Si guardarono negli occhi senza dire una parola, scrutandosi nel profondo, notando ogni cedimento, ogni segno di stanchezza, e quanto quelle ultime ore li avessero uniti ancora di più.
<< È meglio se ti vesti, fiocco di neve. >> le mormorò, baciandole la fronte, poi si allontanò verso la finestra e le voltò le spalle. Light capì che era un modo per farle intendere che poteva vestirsi, ma che lui non aveva nessuna intenzione di andarsene; e non seppe se provava imbarazzo o, forse, aspettativa. Era in assoluto la prima volta che arrivavano ad un livello di intimità simile; era certa che non avrebbe guardato, ma sapeva anche che avrebbe sentito il sussurro di ogni indumento sulla sua pelle. tuttavia decise che voleva vivere quel momento, che non aveva senso tirarsi indietro: aveva intenzione di passare molto, molto tempo con Aaron.
Sia avvicinò al letto, strofinandosi la pelle con l’asciugamano, sempre tenendo lo sguardo puntato sulla schiena del Giustiziere, per carpire ogni più piccola reazione. Rabbrividì quando non ci fu più nulla a coprirla e vide i muscoli della schiena del vampiro contrarsi. Sul copriletto erano appoggiati tutti gli indumenti che le servivano: la biancheria anche questa volta era molto raffinata,di seta rosa antico con nastrini di raso marrone, notò come facesse risaltare il colore latteo della sua pelle;infilò i collant e lo vide distintamente contrarre le dita; quando indossò la sottoveste, anch’essa di raso marrone, irrigidì le spalle. Il vestito era molto carino e sembrava costituito da due pezzi: il corpetto e la gonna, leggermente a campana, color cioccolato; mentre le maniche e la scollatura, che non lasciava intravvedere molto, erano color panna; a completare l’opera, degli stivaletti alla caviglia abbinati all’abito.
<< Mi vieni ad aiutare? >> gli mormorò, voltandogli lei le spalle, questa volta.
<< È diventata la mia mansione ufficiale? >> le soffiò all’orecchio, mentre le chiudeva la zip. La fanciulla sussurrò una risata. Si voltò nel suo abbraccio e, aggrappandosi al suo collo, gli schioccò un tenero bacio.
<< Sei meravigliosa. >> le mormorò sulle labbra << Quelle due streghe vogliono farmi impazzire. >> lei gli sorrise e non rispose. Rimase un po’ sorpresa quando la portò vicino alla finestra, pensava che sarebbero finalmente scesi, ma ancora di più la stupì ciò che le disse:
<< Dobbiamo parlare di una cosa. >> cominciò, e lei sentì il cuore aumentare esponenzialmente i battiti << Dopo la colazione dobbiamo incontrare i Sommi e, tra le altre cose, sono certo che ti faranno una domanda. >> si fermò, come per prendere coraggio << Ti chiederanno se vuoi diventare immortale. >> Light rimase interdetta, non sapeva nemmeno come iniziare una frase. Lo guardò a lungo, osservando ogni piccolo tratto del volto, ogni espressione, e poi si volse a guardare il lago.
Diventare immortale; vedere il sole sorgere fino alla fine dei tempi, o fino a quando qualcuno di più forte non fosse giunto a combatterla. Significava non avere più limiti di tempo, non doversi preoccupare delle malattie, di procurarsi il cibo, i vestiti. Tuttavia, forse il vantaggio più grande sarebbe stato essere per sempre al fianco di Aaron, non l’avrebbe più lasciato, sarebbero stati sempre insieme. E lui? Lui cosa voleva? si sarebbe stancato di lei, o l’avrebbe stretta a sé per l’eternità? Improvvisamente, alla mente le tornò il volto di Tommy, il suo cucciolo, il piccolo Guardiano che l’aveva difesa davanti a Timothy. Come avrebbe potuto guardarlo negli occhi e dirgli che lei gli sarebbe sopravvissuta? L’avrebbe visto crescere, diventare adolescente, uomo, e poi anziano, e lei non sarebbe cambiata. Il suo piccolo sarebbe morto e lei avrebbe avuto sempre sedici anni. Sentì gli occhi inumidirsi e, in un attimo, si ritrovò con le guance completamente ricoperte di lacrime. Una mano gentile, posandosi sotto il suo mento, la voltò e si perse negli occhi di foresta del suo amore.
<< Non posso lasciare Tommy. Non posso… >> disse singhiozzando e stringendosi al suo petto.
<< C’è una cosa che non ti ho detto. >> mormorò lui e la fanciulla sentì la voce vibrare sotto la sua guancia ed entrarle direttamente nel cuore. Si staccò bruscamente, preoccupata delle parole che sarebbero seguite; non era nemmeno sicura di volerle ascoltare.
<< Il giorno che sono andato da Nathan, quando sono rientrato solamente con il buoi, prima mi sono fermato all’orfanotrofio. Avevo sentito che stavano vi stavano convergendo Guardiani da ogni dove e volevo accertarmi con i miei occhi che fosse vero. E mentre ero lì, ho sentito dei ragazzi dire cose estremamente poco piacevoli e, dopo alcuni minuti, ho visto Will uscire insieme al bambino. Li ho seguiti fino al parco giochi e, quando sono arrivato, io ed il Guardiano abbiamo avuto una discussione, voleva che ti riconsegnassi; ti lascio intuire la risposta; l’ho attaccato, quando ha raggiunto il limite, e l’ho lasciato svenuto sula terra. poi ho riportato a casa il bambino, per quanto desiderassi tenerlo con me; ma, prima di andarmene, gli ho promesso che sarei tornato a prenderlo e che, noi tre, saremmo stati sempre insieme. >> la giovane lo guardò con occhi sgranati, mai aveva pensato una cosa simile, mai aveva sospettato che lui si fosse legato così tanto al piccolo Thomas; forse era quello scontro il motivo dello sguardo furioso di Will ma, alla fine dei conti, non le importava granché.
<< Gli hai promesso che sarebbe stato con noi? >> chiese, per avere una conferma, ed il vampiro annuì,<< Per sempre? >> aggiunse titubante.
<< Quando sarà abbastanza grande, sarà lui a decidere. Se vorrà rimanere umano potrà farlo. >>
Quell’ultima scoperta ribaltava le carte in tavola, rendeva possibile un futuro che mai avrebbe immaginato: potavano diventare una famiglia, loro tre; e se anche non fosse stata umana, Tommy non l’avrebbe mai disprezzata, anzi. Non ci sarebbe stato nessun Guardiano a sussurrargli all’orecchio che lei era un mostro, a tentare di trascinarlo lontano. Allora, se e cose stavano così…
<< Va bene. >> rispose, ed il Giustiziere capì che non si stava più parlando del bimbo << Quando giungerà il momento potrai lasciar scorrere il tuo veleno nelle mie vene. Ma non voglio sia un evento programmato; quando sarà il tempo lo capiremo. >> non ebbe nemmeno il tempo di finire di parlare, che già le braccia del suo vampiro le si erano strette attorno ai fianchi, e la sua bocca le rubava il respiro.

Quando scesero era già da tempo passato il momento della colazione; e Light non si stupì affatto di trovare la tavola coma di cibo adatto anche per il pranzo. Si sedette e subito comparvero alcuni camerieri che le riempirono il piatto con tutto ciò che poteva desiderare; Aaron era al suo fianco e la guardava sorridendo, mentre tentava di abbuffarsi con classe. Non aveva mai avuto così fame; forse era colpa dell’enorme dispendio di energia della sera prima ma, in quel momento, era troppo occupata ad assaporare tutti quei cibi per pensare a qualcos’altro.
<< Non pensavo mangiassi così tanto. >> la giovane sollevò il volto, mentre ancora masticava un pezzo di brioche, e vide Oliver appollaiato sulla sedia di fronte alla sua; un sorriso da un orecchio all’altro.
<< Neanche io ti darei più di dodici anni, ma immagino tu sia molto più vecchio. >> ribatté lei, dopo aver deglutito. Vide che il ragazzino pareva infastidito nel sentirsi dire di sembrare tanto giovane e non poté non chiedersi quanto effettivamente lo fosse; non aveva l’aria di un vampiro pluricentenario, ma doveva esserci un motivo se era stato ammesso alla Notte degli Antichi. Si scrutarono ancora un po’, poi la fanciulla riprese a mangiare, sentendo che pian piano le energie tornavano. Chissà come la vedeva quel vampiro che sembrava tanto affezionato ad Aaron: una minaccia? Un’intrusa? Avrebbe accettato di buon grado che lei occupasse il fianco del Giustiziere? Non ebbe modo di scoprirlo perché, proprio quando stava per chiedere al ragazzino cosa ne pensava al riguardo, il suo amore le posò una mano sulla spalla e le fece cenno verso la porta. Capì immediatamente che era giunto il moment di andare. Si alzò lentamente, assaporando la sensazione familiarità che l’avvolgeva in quel momento, sentendo che presto se ne sarebbe andata.

Seguì Aaron lungo i corridoi della villa,chiedendosi se fosse stata progettata per essere un labirinto o un’abitazione. Giunsero davanti ad una porta massiccia che, scoprì, conduceva ad uno studio. A differenza di ciò che si può immaginare, non erano i libri ad occupare le pareti, ma una quantità esorbitane di carine, mappe e planisferi. Tutankhamon, seduto alla scrivania d’acciaio e vetro, moderna, sembrava fuori posto e così anche i quattro uomini che stavo alle sue spalle; non indossavano più gli abiti della sera precedente ma, come il suo vampiro, portavano abiti scuri e seriosi, che non li si addicevano per nulla.
<< Giustiziere, Light. >> li salutò l’egiziano con un cenno del capo; indicò loro le sedie che si trovavano all’altro lato del tavolo, e non poterono far altro che accomodarsi. La ragazza sentiva i loro occhi scrutarla, indagare, cercare di entrarle nella mente; ma tenne gli occhi fissi sul faraone e la mano del compagno stretta nella sua; non le importava che fosse considerato un gesto di debolezza, aveva bisogno di sentirlo vicino.
<< Come stai? >> le chiese Nathan e lei rimase sorpresa che non cominciassero subito con le domande impegnative.
<< Sono ancora stanca, ma credo che, nel giro di poco, sarò di nuovo nel pieno delle forze. >> rispose, sorridendogli leggermente.
<< Bene. >> cominciò il Sommo più potente << Abbiamo solo una domanda da porti. Ieri sera siamo rimasti piacevolmente sorpresi della tua forza, del tuo potere; ed è sorto spontaneo il dubbio che, un giorno, tutto potrebbe rivoltarsi contro di noi. >> lei fece per interromperlo, ma, con un cenno, le fu chiesto di lasciarlo proseguire << In più, abbiamo seri motivi per credere che, una volta trasformata, le tue capacità diventeranno ancora maggiori. Quindi, il nostro quesito è uno solo, ed è straordinariamente semplice, se ci pensi. Hai intenzione di diventare una di noi? >> la fanciulla si prese qualche attimo per sentire sulla lingua ciò che stava per dire, per lasciare che le parole la penetrassero a fondo, che avessero il potere di una sentenza.
<< Quando giungerà il momento, io ed Aaron abbiamo deciso che sarà solamente il suo veleno a farmi diventare immortale. >> sentì la presa sulle sue dita farsi più stretta, salda, e capì quanto quella decisione avesse preoccupato il vampiro.
Non c’era altro da aggiungere; gli uomini scambiarono qualche parola di convenienza, il cuoi senso generale era che li avrebbero tenuti sotto controllo. Poi, loro due, mano nella mano, uscirono e, dopo essersi chiusi la porta alle spalle, Aaron le fece passare un braccio attorno alla vita e, guardandola, le disse:
<< Vieni, fiocco di neve, ho una sorpresa per te. >> lei non provò neppure a trattenere il sorriso
.

Eccomi! con immane ritardo ma ci sono! cosa ne pensate del capitolo? vi piacciono questi Aaron e Light un pò più intimi? e Oliver? per voi Light a fatto bene ad accettare di diventare immortale? fatemi sapere,
aspetto i vostri commenti ;)
perdonatemi gli errori di battitura e spero ci siano tutti i dialoghi, in caso contrario, ditemelo e provvederò a sistemare :)
ciao ciao alla prossima

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


26

<< Ecco perché “fiocco di neve”! >> esclamò Light, una volta uscita: tutto era ammantato di bianco, un soffice strato di neve ricopriva la terra. Aaron non rispose; le sistemò meglio addosso il cappotto, le baciò una tempio e la prese in braccio.
<< Andiamo a casa? >> gli chiese, stringendogli le braccia al collo e beandosi del leggero calore che la sua pelle emanava.
<< Prima passiamo per un altro posto. >> aveva un tono strano, che conteneva un’emozione che la giovane non seppe riconoscere; non fece domande perché capì che era importante fidarsi di lui, lasciarsi guidare, che ne sarebbe valsa la pena.
Corsero attraverso i boschi, spaventando gli animali che avevano cominciato ad affacciarsi sul candore; passarono nei pressi di qualche paesello, abbastanza vicini per sentire l’eco delle voci dei bambini, felici di poter giocare a palle di neve; si fermarsono solamente una volta giunti in una vallata completamente silenziosa.
La Signora bianca aveva lasciato la sua impronta e non c’era un solo ago di pino scoperto. Il vampiro non l’aveva ancora poggiata a terra, la teneva sollevata come una bambina e lei, per stare al gioco, faceva oscillare i piedi e rideva quando l’uomo, con un passo più pesante degli altri, sollevava uno sciame di cristalli. C’era un solo abete nella valle; enorme, centenario, che non i suoi rami aveva protetto un’ampia porzione di terreno dalla neve; e lì, alla base del tronco, s’intravvedeva la sagoma di una panchina.
<< L’ho costruita così tanto tempo fa che ormai l’albero l’ha inglobata. >> la fanciulla rimase in silenzio, pronta a cogliere ogni altro ricordo che il Giustiziere avrebbe deciso di condividere.
<< Non ricordo quanto tempo è passato, forse un paio di secoli. Ero da poco arrivato in America e Nathan mi aveva chiesto di raggiungerlo; dovetti entrare in azione qualche giorno dopo. Giustizia una vampira da poco rinata, che aveva passato gran parte della sua nuova esistenza a massacrare famiglie innocenti, accanendosi sui bambini; solo dopo seppi che al momento della trasformazione era incinta e che il feto non era sopravvissuto al veleno. Quando arrivai, per la madre, il padre ed il figlio adolescente non c’era più nulla da fare; rimaneva solo un bimbo di poco più di un anno. Mi accorsi di lui solamente a missione conclusa e pensai di portarlo dai Sommi, o dai Guardiani; dopo tutto, aveva incontrato i vampiri ed era sopravvissuto; ma poi vidi il sangue, ed il morso. Quella bestia aveva osato… lo uccisi, non potevo fare altrimenti. Per giorni la scia della sua morte mi perseguitò, continuavo a rivedere i suoi occhi spiritati e non riuscivo a rilassare nemmeno un muscolo; fino a quando non arrivai qui. >> la giovane non trovò nulla da dire, ammutolita dall’orrore di ciò che era stato costretto a fare.
<< C’era una tempesta alle porte, ma non avevo nessuna intenzione di rinchiudermi da qualche parte; così mi sono seduto qui sotto, vicino alle radici, e ho aspettato. Ho lasciato che le emozioni fluissero insieme alla pioggia, ai fulmini ed ai tuoni, fino a quando, al ritorno del sereno, anche la mia angoscia era sparita. Da quel giorno vengo qui, quando devo rimettere ordine dentro di me. >> poi tacque, e la ragazza capì che il racconto era finito, che era il suo turno di parlare. Allora lo prese per mano e lo condusse fino alla seduta, ancora abbastanza delineata per essere utilizzata. Rimase a guardare i giochi di luce che il sole creava riflettendosi sul ghiaccio, accarezzando le dita del suo compagno, senza smettere anche quando, finalmente, riuscì a dare un senso ai propri pensieri,
<< E di recente? Sei venuto qui, nelle ultime settimane? >> gli chiese con foce flebile, timorosa di conoscere la risposta; forse non era più sicuro della loro relazione, di qualsiasi tipo fosse; o doveva partire per qualche missione pericolosa e non sapeva come fare a lasciarla; o forse, più semplicemente, era giunto per lei il tempo per tornare nel mondo reale. Nemmeno Aaron proferì subito parola, e quell’attesa la snervò tanto da arrivare a pensare che, se non avesse avuto una risposta in pochi minuti, avrebbe potuto non rispondere più di sé. Tuttavia, fortunatamente, pareva avere le idee piuttosto chiare, perché, guardandola negli occhi, si alzò in piedi e disse:
<< Si, ho sentito la necessità di venire qui a pensare, soprattutto alla luce degli eventi recenti. >> lei continuò a guardarlo interrogativamente, non capendo esattamente a cosa si riferisse; era successo così tanto in pochi giorni.
<< Light, >> continuò lui, inginocchiandosi ai suoi piedi << spero che tu non mi prenda per pazzo, o che non consideri quello che sto per dire come un modo per legarti a questo mondo ma… >> s’interruppe, deglutendo sbattendo rapidamente le palpebre << Ti andrebbe di passare l’eternità con me? >> e aprì la mano che aveva stretta a pugno, rivelando una fedina in oro bianco cosparsa di brillanti.
La giovane rimane scioccata, non seppe che fare, se non rimanere a guardarlo come se fosse un alieno. Davvero aveva pronunciato quelle parole? Quanto di più vicino ad una proposta di matrimonio potesse esserci? Avrebbero passato l’eternità assieme, nulla li avrebbe più divisi.
Non gli rispose, non servirono parole, ma si sporse in avanti e lo baciò, cogliendolo di sorpresa; quasi non si accorse che le aveva infilato l’anello al dito, troppo occupata a stringerlo a sé, ad assicurarsi che non fosse tutto un sogno. Ben presto il respirò fuggì, catturato dalle labbra dell’uomo, e a sostituirlo vennero brevi ansiti e sospiri, che altro non facevano se non aumentare la corrente che già infiammava l’aria.
<< Era un sì? >> chiese il Giustiziere, mentre poggiava la fronte contro la sua, i nasi che si sfioravano.
<< A te cosa sembrava? >> ribatté lei, sorridendo, senza mai smettere di accarezzargli i capelli. La neve aveva ripreso a cadere e, per un po’, l’unico rumore fu quello dei loro respiri affannati, lo schiocco dei baci e i loro lievi risolini, fino a che la fanciulla non sentì che era giunto anche per lei il momento di esporsi in prima linea:
<< Ti amo. >> bisbigliò all’orecchio del suo uomo.
 
<< Ripetimelo ancora! >> esclamò felice mentre, sostenuta dalla mano di Aaron camminava in equilibrio sopra un muretto, mettendo un  piede perfettamente davanti all’altro, con i fiocchi bianchi che le si impigliavano nei capelli.
<< Ti amo. >> disse lui, sporgendosi fino ad arrivare a darle un bacio.
<< I love you. >> ripeté, facendola scendere con un salto. Tenendole le braccia saldamente attorno ai fianchi, cominciò a volteggiare in una danza che aveva come unico spettatore il parco giochi deserto. << Ich liebe dich. >> le sussurrò all’orecchio
<< Te amo. Je t’aime. >> continuò, fino a quando la ragazza non rise felice, alzandosi sulle punte e lasciandogli un bacio leggere.
<< Anche io amore, anche io. >> gli rispose, mentre pensava che si erano incontrati in un luogo simile, ma in una situazione diametralmente opposta.
Ora aveva tutto: una casa, l’amore, la serenità. Cos’altro poteva desiderare?
 
Così passarono le settimane, in armonia, come in un mondo fatato. Impararono a conoscersi piano, dolcemente, senza fretta, dimentichi delle preoccupazioni che li avevano sempre assillati. Si avvicinarono tanto da non aver quasi più bisogno delle parole; Aaron le raccontò la sua vita, il suo continuo peregrinare che l’aveva portato a conoscere ogni angolo del mondo e ogni popolazione; e lei condivise gli anni bui dell’orfanotrofio, senza tralasciare nulla e mettendo a nudo, per la prima volta, tutte le sue emozioni.
Oliver era diventato una presenza fissa: arrivava ad intervalli regolari, un paio di giorni, solitamente, e si tratteneva fino a quando non era obbligato ad andare a caccia. Apprese molto anche sul suo conto e sulla sua drammatica storia: era nato in Danimarca più o meno una cinquantina di anni prima, non sapevano il numero preciso, da una madre sola che, un bel giorno, aveva deciso di caricarlo su una nave diretta in America. Il viaggio non era stato piacevole, considerando che era poco più che bambino, ma alcuni marinai l’avevano preso sotto la loro ala protettrice, ed era riuscito ad arrivare sano e salvo fino al Nuovo Mondo. Un vampiro lo trovò la notte stessa in cui sbarcarono, mentre cercava un posto per dormire; l’essere non si preoccupò nemmeno di finirlo, dopo essersi cibato, dando per scontato che sarebbe morto ma, accidentalmente, gli aveva iniettato abbastanza veleno per trasformarlo. Aaron fu mandato ad annientarlo, a causa del numero elevato di morti che aveva provocato, ma si rese subito conto che quel ragazzino non aveva nessuna colpa, che lo faceva inconsciamente e che poteva ancora essere salvato. Così diede la sua parola, gli concesse la sua protezione, e lo addestrò fino a che non fu  in grado di controllarsi tanto quanto i vampiri pluricentenari. Da quel giorno Oliver non lo lasciò più solo per più di qualche mese.
Si allenarono spesso insieme, perché il Giustiziere non voleva che, di fronte ad un pericolo improvviso si trovassero impreparati. Ed infatti, non molto tempo dopo, arrivò un giorno in cui il vampiro, che era stato convocato da Nathan, tornò a casa con notizie non del tutto rosee.
<< Sono stanchi di aspettare, vogliono metterti alla prova. >> le disse quella sera, una volta rimasti soli in camera da letto, abbracciati sotto le coperte.
<< In che senso? >> gli chiese, con il cuore in gola, sperando ardentemente che non volessero da parte sua impegni che non era disposta a prendere.
<< Non hanno specificato, ma pensavo di portarti in missione con me. >>
<< E cosa dovrei fare? >>
<< Aiutarmi se ne avrò bisogno o, in ogni caso, dimostrare a tutti che non sei una bambola. >> la giovane rimase in silenzio per qualche minuto, rimuginando su ciò che aveva appena sentito. E così, ai Sommi le parole non bastavano più; giustamente volevano fatti, ed il caso voleva che Aaron avesse proprio una missione alle porte. In più, c’era da aggiungere che, in fin dei conti, era quello il primo motivo per cui il vampiro l’aveva tenuta con sé: addestrarla in modo che potesse diventare un vantaggio; i sentimenti si erano intromessi dopo. Decise che era giunto il momento di entrare in azione, e non per ripagare l’ospitalità o per dimostrare qualcosa, ma solamente perché il mondo era pieno di vampiri sanguinari che facevano strage di innocenti e, sebbene il suo apporto non potesse essere poi così grande, era giusto che anche lei mettesse a frutto i doni che il destino le aveva fornito. Quindi annuì, non del tutto certa delle emozioni che le riempivano il cuore, ma determinata a farsi valere.
Il giorno seguente fu dedicato ad una sessione estenuante di allenamento, che la portò a rivedere tutte le tecniche imparate fino a quel momento e la fece veramente rendere conto che, la prossima volta che avrebbe combattuto sarebbe stato un vero nemico. Per loro fortuna, sembrava che avesse metabolizzato alla perfezione ogni singolo movimento, che fossero già diventati parte di lei anche se era solamente da poco che era stata iniziata a quell’arte.
La tensione cominciò a salì poco prima di andare a letto, quando Aaron la portò nell’armeria per illustrarle il piano. D’un tratto la ragazza si rese conto di avere le farfalle nello stomaco, le ginocchia che tremavano e di sentirsi completamente senza forze.
<< Tranquilla, è normale. >> la rassicurò il suo vampiro, stringendola in un abbraccio che ebbe il potere di farle passare l’affanno dovuto all’ansia. << Anche io ero nervoso la mia prima missione; ma ero solo, tu no. Ci sono io e forò il possibile perché non ti accada nulla. >> lei annuì, un po’ più rilassata, e si accostò al tavolo, dove faceva mostra di sé la piantina di una città.
<< Sarà molto semplice, >> cominciò il Giustiziere, con voce glaciale e gli occhi completamente assorbiti nella consultazione del documento << Diamo la caccia ad un soggetto comune: un rinato da poco che ha perso la testa per il sangue e che, per soddisfare la sua sete, ha preso d’assalto una grande metropoli. Ho mandato Oliver ad osservare i suoi spostamenti ed abbiamo scoperto che agisce al tramonto, in modo da riuscire ad intercettare anche tutte le persone per bene che non trovano saggio vagare di notte per le strade deserte. Al momento ha fatto una ventina di vittime ed è giunto il momento di fermarlo, prima che aumentino. In quella zona non vivono altri vampiri, quindi non si è mai scontrato con nessuno di più anziano; è convinto di essere il più potente, e questo gioca a nostro favore. >> poi, guardandola negli occhi, con uno sguardo determinato, continuò:
<< Oliver sarà l’esca, faremo in modo che sembri umano e che ci porti il condannato su un piatto d’argento. Noi lo aspetteremo ai lati opposti della carreggiata, in modo da bloccargli ogni vi a di fuga. >> poi tacque, aspettando un qualsiasi cenno da parte sua. Light, allora, si avvicinò alla libreria e preso lo scrigno di legno in cui aveva riposto i pugnali da Guardiano che Aaron le aveva donato. Li soppesò entrambi e poi, con un lancio perfetto, ne fece conficcare uno sul foglio, esattamente sopra la “X” che indicava il punto dell’imboscata.
 
Quella sera si coricarono presto, entrambi a stomaco pieno; entrambi in tensione in vista della prova che li attendeva.
<< Andrà tutto bene, amore mio. >> le sussurrò, prima di chiudere gli occhi, ma la fanciulla aveva un brutto presentimento, che le parve di scorgere anche negli occhi del drago che la guardava dal soffitto.


Ciao a tutte! so che è da tanto che non aggiorno e che questo capitolo è abbastanza corto, ma abbiate pazienza. nel prossimo.......ne vedremo delle belle! spero si siano capiti i vari modi in cui Aaron ha detto "ti amo" a light; ho usato i più comuni e prevedibili per evitare di fare errori e per permettere a tutti di capire :) comunque tutte le espressioni vogliono dire la stessa cosa! fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando ;)

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***


27

Era acquattata nell’ombra, il cuore che sembrava voler sfondare la cassa toracica. Si nascose meglio dietro il cassonetto, ringraziando mentalmente Guitti per avere confezionato degli abiti da combattimento completamente neri e aderenti come una seconda pelle. Non era da molto che si erano posizionati, il sole doveva ancora cominciare a calare, ma Aaron sosteneva fosse meglio farsi trovare già pronti e non rischiare di perdere la preda; così erano partiti subito dopo pranzo e, nel giro pochi minuti erano arrivati a destinazione. Ormai era qualche ora che Light si trovava in quel vicolo, ma ne capiva perfettamente il motivo: se il suo odore aveva veramente sui vampiri l’affetto sconcertante che aveva spinto perfino uno dei Sommi ad attaccare, era meglio che si smorzasse un po’, o il novellino sarebbe diventato incontrollabile.
Era strano, si ritrovò a pensare, essere dall’altra parte; quando aveva saputo che sarebbe stato Oliver l’esca, si era opposta fermamente, non riusciva a non considerarlo un ragazzino; ma il Giustiziere le aveva fatto notare come avesse cinquant’anni abbondanti e non fosse assolutamente il caso di preoccupasi. Inoltre, pareva che il loro uomo prediligesse i giovinetti, quindi il vampiro, con la sua aria innocente ed un po’ infantile, era la vittima perfetta. Tuttavia, la fanciulla si ripromise che non avrebbe permesso gli torcessero nemmeno un capello.
Un rumore la fece tornare alla realtà, e per poco non rischiò di emettere un lieve gemito, prima di rendersi conto che era solamente un topo. Doveva cercare di rilassarsi, per quanto possibile, o sarebbe stata solo d’intralcio. Sentiva la forma rassicurante dei pugnali contro le cosce, il loro peso e, se chiudeva gli occhi, non le era difficile immaginare l’iridescenza della lama. Ancora una volta si chiese come avesse fatto il suo vampiro a procurarseli, ma non ebbe tempo per rispondersi.
Il cielo diventò indaco, le strade d’un tratto più tetre e una risata sprezzante impregnò l’aria. Si alzò lentamente, senza il minimo rumore, e si avvicinò alla strada periferica che avevano scelto come luogo dell’imboscata. Non c’era più nessuno, improvvisamente un silenzio strano era sceso sull’asfalto e la sagoma, ormai in ombra, di Oliver, inginocchiato a terra, sembrava quasi stonare.
<< Cosa stai facendo, cucciolo? >> chiese una voce roca e, in un istante, un uomo mingherlino si materializzò alle spalle del vampiro, che riuscì persino a fingere si sussultare per la sorpresa.
<< Ho perso il cellulare. >> rispose l’altro, senza nemmeno sollevare il viso << Mi è caduto e se non lo ritrovo non posso chiedere a mamma di venirmi a prendere. In più mi sono perso. >> l’interpretazione era perfetta: voce tremante, occhi sgranati e labbra semi aperte; avrebbe fatto tenerezza persino al vampiro con il cuore più duro, figurarsi a uno che non aveva il minimo controllo. La giovane si aspettava che, da un momento all’altro, la preda si rendesse conto di avere davanti un suo simile, che non percepisse il battito cardiaco o che l’aria gli portasse un odore non umano ma, lasciandola di stucco, nulla di tutto ciò successe, anzi.
<< Se vuoi posso aiutarti io. >> si propose affabilmente il vampiro, avvicinandosi al visetto spaventato di Oliver.
<< Sarebbe molto gentile da parte sua, signore. >> rispose lui, facendo finta di on notare la distanza che diminuiva sempre di più.
<< Non ti preoccupare, vedrai che troveremo tua madre in un baleno, ma prima, devo dirti un segreto. >> in quel preciso attimo gli poggio la bocca all’orecchio e gli circondò a vita con un braccio, credendo così di intrappolarlo. Light si chiese nuovamente come mai non scoprisse l’inganno, ma le sue riflessioni furono interrotte da un rumore; un suono flebile, quasi un rotolare di sassi, comunissimo, innocuo, e per questo geniale. Sapeva che era un segnale di Aaron, stava ad indicare il momento della sua entrata in scena; era una preda facile, aveva saputo tener testa al suo vampiro, ora doveva dimostrare a tutti di essere in grado di vedersela contro chiunque.
Uscì dal vicolo con passo aggraziato, chiedendosi lei stessa da dove derivasse tutta quella sicurezza nell’incedere: era come se avesse cambiato veste, se fosse diventata la signora indiscussa di quel luogo. Il vampiro non si accorse di lei fino a quando non gli fu alle spalle: sussultò e lasciò la preda, che si apprestava a mordere.
<< Bene bene, >> disse, con voce arrogante, credendosi il più forte << cosa abbiamo qui? Sei stata così gentile da offrirti come dessert? >> la ragazza non rispose nemmeno, si limitò a muovere una mano nella sua direzione, se non avesse legato i capelli in uno chignon probabilmente gli avrebbe scossi, facendo sì che il suo odore si espandesse, travolgente. Tuttavia, quel semplice movimento sembrò bastare e fu quasi gratificante, stranamente gratificante, notare come la creatura spalancasse gli occhi, con la pupilla completamente dilatata.
<< Veramente, >> gli rispose con voce soave << avrei voluto essere il digestivo, ma visto che non hai ancora cenato, direi che potrei farlo già ora. >>
<< Cosa, bocconcino? >> le chiese, passandosi la lingua sulle labbra, completamente dimentico di Oliver dietro di lui, che fece un cenno d’incoraggiamento alla fanciulla: in caso di bisogno, sarebbe intervenuto prima lui e, al peggiorare della situazione, avrebbero potuto contare sul Giustiziere.
Light si fece avanti, ancheggiando leggermente e, con un movimento lento, portò la mano alla coscia estraendo il pugnale, proprio quando al condannato si apriva sul volto un sorriso di aspettativa. Fu un’azione pressoché rapidissima: balzò in avanti e affondò la lama fino all’elsa. Per qualche frazione di secondo pensò che non sarebbe valso a nulla, di aver sbagliato qualcosa e che sarebbe giunta la sua ora; ma poi gli occhi del vampiro divennero opachi, il torace fu scosso da qualche spasmo, ed il corpo quasi le cadde addosso; si spostò appena in tempo. Fu quasi se assistesse alla scena da un altro punto di vista, osservò Oliver avanzare, estrarre dalla tasca un accendino e chinarsi per dare fuoco al cadavere. Senza una parola gli si affiancò e gli prese la mano libera; la verità di ciò che aveva appena compiuto le ricadeva addosso a poco a poco. Aveva messo fine ad una vita, per quanto malvagia che fosse; aveva deciso del futuro di un’altra creatura, si era sostituita alla Natura, poco importava che fosse un vampiro. Lentamente, cominciò a camminare a ritroso ed il giovane l’assecondò, facendosi ancora più vicino, per sostenerla e consolarla.
<< Aveva già ucciso decine di ragazzi, in tutto il Paese. Era solo questione di tempo, prima che andasse a pestare i piedi a qualche vampiro potente; in qualche modo, gli abbiamo risparmiato sofferenze. >>
<< Hai ragione, >> assentì << ma non mi capacito di aver compiuto un gesto simile. Sai, a volte disprezzavo i Guardiani per il modo sistematico con cui toglievano la vita; e solo ora mi rendo conto di essere diventata esattamente come loro. >> disse, con gli occhi bassi, sentendosi ricadere nello sconforto, nel baratro da cui Aaron l’aveva salvata. A proposito, dov’era il suo vampiro? Non si rispose, perché Oliver l’abbracciò di slancio e lei ne rimase così sorpresa da impiegare qualche minuto per ricambiare la stretta.
<< Non è vero. >> disse il ragazzino << Non sei come quei mostri; loro uccidono indistintamente, basta che sia un vampiro. Non tengono conto delle azioni compiute, del motivo per cui ti trovi lì. No, loro uccidono e basta, a sangue freddo, come se fossero loro le creature innaturali. Ma noi, noi diamo una fine dignitosa a tutti coloro che si spingono oltre la linea del recuperabile. Giustiziamo solamente chi compie stragi o azioni così gravi da non poterle risolvere con qualche mese alle dirette dipendenze di qualche Sommo. Non è stata una cosa bella quella che hai, abbiamo, dovuto fare, ma era quella giusta. >> la ragazza si limitò a posare la fronte sulla spalla di Oliver e ad aspettare che quelle parole acquistassero un senso; razionalmente, sapeva che aveva ragione, ma era il suo cuore che non accettava i fatti, le spiegazioni logiche.
Ad un tratto, si sentì strappare via dalla stretta rassicurante e, con la velocità di cui solo i vampiri erano capaci, si ritrovò dal capo opposto del vicolo.
<< Finalmente ci rivediamo, dolcezza. >> le sussurrò all’orecchio una voce sconosciuta, mentre pian piano si rendeva conto della mano che le serrava la gola, e dell’altra che, fulminea, lanciava lontano anche l’altro pugnale.
<< Chi sei? Cosa vuoi da lei? Lasciala stare! >> disse Oliver, con fare minaccioso, sporgendosi in avanti, pronto a scattare.
<< Non preoccuparti, piccoletto. Noi siamo amici, giusto? >> disse lo sconosciuto, serrando maggiormente la stretta.
<< Amici? >> provò a dire Light, ma ne uscì solo un ansimare. L’essere scoppiò a ridere, come se avesse appena fatto una battuta, e le rispose:
<< Ma si! Come fai a non ricordarti di me? Dopotutto, sono l’unico che abbia mai bevuto il tuo sangue. Ti ho quasi ucciso, ricordi? >> le gambe presero a tremarle, sudore gelido le imperlò il viso e sentì distintamente il sangue defluirle dalle gote. Era uno dei tre vampiri che l’avevano attaccata al parco giochi, la notte che i Guardiani l’avevano abbandonata. Era viva solamente perché Aaron era intervenuto, altrimenti l’avrebbero prosciugata e, probabilmente, non avrebbero avuto molta più cura di Tommy. Ricordava che uno di loro fosse sopravvissuto, ma mai avrebbe pensato di trovarselo di nuovo davanti, o meglio, con il fiato sul collo. Cominciò a sentire la paura nelle vene, il cuore aumentare i battiti, impazzito, e fu quasi consapevole dell’aumentare del suo profumo nell’aria.  La risata del mostro impregnò la sua pelle, mentre le ginocchia cominciavano a tremare e la mente non riusciva a far altro che chiedersi dove fosse il suo Aaron, perché non arrivasse a salvarla. Le aveva promesso che ci sarebbe sempre stato, ma dov’era in quel momento? Gli era successo qualcosa? Avrebbe potuto guardarlo un’ultima volta e dirgli che lo amava? Non lo credeva più possibile.
Come se le sue intenzioni non fossero abbastanza chiare, la giovane sentì qualcosa di freddo e affilato scorrerle lungo il collo, nel bordo della divisa, che lo copriva. La stoffa venne strappata e ben presto la pelle appena scoperta si ricoprì di brividi, al passare della lingua del vampiro.
<< Perché? >> provò a chiedere, più per prendere tempo, che altro. Non le interessava nulla che non fosse evitare una morte simile; voleva che il Giustiziere fosse con lei, la tenesse tra le braccia, mentre esalava l’ultimo respiro, se proprio non poteva stare con lui per l’eternità.
<< Perché, dici? Beh, credo più che altro per vendetta. >> le rispose << E anche perché avevi un sapore delizioso. >> poi, rivolgendosi ad Oliver << E tu, non provi nemmeno a salvarla? Non contare sull’intervento del Giustiziere; è molto impegnato al momento. Se vuoi facciamo un gioco: prova a colpirmi, io non userò le mani per difendermi. >> disse, mentre con la punta dei canini le graffiava la gola. Il ragazzino non se lo fece ripetere due volte e si slanciò in avanti, non fosse che, per parare il colpo che l’avrebbe raggiunto di lato, alle costole, l’altro usò il corpo della fanciulla.
Light sentì la cassa toracica scricchiolare sotto la potenza dell’attacco e, un istante prima che un dolore lancinante le facesse quasi perdere i sensi, senti un paio di schiocchi secchi.
<< Oh, senti. >> disse il vampiro, con voce sognante, portandosela di nuovo al petto, come se fosse solamente una bambola << Devi averle rotto qualche costola, che ha perforato i polmoni, e ora, ogni volta che espira, si sente il delizioso profumo del suo sangue. Meraviglioso, non trovi? >> lei si rese a mala pena conto che Oliver, furioso, aveva provato a sferrare altri colpi, essendo, però, sempre costretto a fermarsi, quando veniva usata come scudo.
<< E sai qual è la cosa più bella? Tu rimarrai qui tutto il tempo a guardare e, quando finalmente il Giustiziere arriverà e lei sarà morta, potrai raccontargli quanto inutile sei stato. >> attraverso gli occhi appannati le parve di vedere l’amico raccogliere da terra un dei pugnali, pronto ad attaccare di nuovo, per difenderla, ma i denti le penetrarono il collo proprio mentre i piedi di Oliver si sollevavano da terra. 

Lo so, lo so, sono in ritardo mostruoso ma non avevo proprio idea di come scrivere il capitolo. mi succede sempre così, quando si arriva al punto decisivo, mi si svuota la mente...comunque, alla fine ce l'ho fatta. cosa ne pensate? è corto, ne sono consapevole, ma mi sembrava inutile allungarlo...ditemi cosa ne pensate! non vi anticipo nulla, voglio la vostra opinione! a presto, spero ;)

 

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***


Aaron
28


Dannazione! Se solo fosse stato più attento, se non avesse dato per scontato di essere abbastanza forte, ora non sarebbe stato in quella situazione. Non solo era caduto vittima di un agguato, ma avevano anche seriamente provato ad eliminarlo, ed il peggio era che lui ci era finito dentro con entrambi i piedi.
Stava tenendo d’occhio Light ed Oliver, compiacendosi di come gestivano la situazione, quando aveva sentito un odore familiare, appartenente a qualcuno con cui aveva un vecchio conto in sospeso. Aveva seguito la traccia, certo di poter tornare dalla sua compagna nel giro di pochi minuti, una decina al massimo; era giunto in un vecchio magazzino con i vetri rotti ed il vento che correva attorno alle travi del soffitto. Si era aspettato uno, due vampiri al massimo, ed invece era stata una ventina a circondarlo, tutti più giovani dei duecento anni, ma non per questo sottovalutabili. Lo fece riflettere il fatto che, più di una volta, erano riusciti a ferirlo, sebbene non si fosse mai trattato di qualcosa di grave, ed era tornato presto alla carica; tuttavia, ciò dimostrava una certa preparazione, un addestramento. Aveva vinto lui, ovviamente, ed aveva lasciato il magazzino in fiamme, ma lo scontro gli aveva sottratto tempo ed energie, ed ora aveva il terribile presentimento di essere in ritardo.
Si era inconsciamente allontanato dal luogo previsto, ma non gli era sembrata una distanza così grande; non gli era ma capitato di sentirsi così lento.
Lo capì dall’aria, prima di tutto: era pesante, greve di un odore pungente, molto simile al sangue, e della nota pura, fredda, candida che contraddistingueva il profumo di Light. Il panico e l’urgenza l’invasero, facendogli rimpiangere di aver lasciato la sua amata ragazza con un vampiro che, per quanto addestrato, poteva essere sconfitto da qualcuno di più anziano ed esperto. A poco più di un chilometro di distanza, lo invase l’odore di un figlio della notte noto; la memoria mandava qualche scintilla di ricordo, ma lui non riusciva a farla divampare.
Sapeva, sapeva, che qualcosa stava accadendo e che, ancora una volta, sarebbe stata Light a portarne le cicatrici.
Quando, finalmente, giunse in vista di quel dannato vicolo ed udì i ringhi di Oliver comprese. Tuttavia a fargli contorcere lo stomaco fu un rumore preciso: quello del sangue che lascia le vene, per entrare, risucchiato con forza, nel corpo di un immortale. Fece appena in tempo a fissare lo sguardo negli occhi appannati della fanciulla, di scorgervi sul fondo una richiesta di aiuto, prima che lei perdesse i sensi.
Aaron non pensò, diede libero sfogo alla bestia che tanto a lungo aveva tentato di trattenere, e si scagliò sull’essere che stava privando della vita l’unica persona che gli stesse veramente, completamente a cuore. Lo staccò dalla giovane con un gesto secco, per poi, con un calcio, mandarlo a sbattere contro il muro di uno dei palazzi a lato. Sebbene il rumore dei calcinacci e della muratura che si schiantava al suolo coprisse ogni altro suono, per l’orecchio umano, il Giustiziere udì distintamente il rumore di qualcosa che si spezzava, un braccio forse. Tuttavia l’avversario non demordeva; si rialzò in piedi, per quanto lentamente, e attaccò. In quel momento, accecato dall’ira, dal vantaggio acquisito, dalla convinzione di vincere, Aaron commise un errore: abbassò per un istante la guardia, lasciando scoperto un fianco, e permettendo che l’avversario mettesse a segno un colpo abbastanza forte da farlo arretrare. Avrebbe dovuto essere più prudente, tenere a mente che lo scontro di poco prima con il branco di vampiri l’aveva stancato. Fortunatamente Oliver non aveva intenzione di accettare altri soprusi alla sua amica: le si schierò davanti, e arrestò la carica del vampiro, bloccandogli le braccia e riuscendo a gettarlo a terra, il tutto rimanendo ben lontano dai canini che schioccavano nell’aria. Fu un po’ strano, per l’uomo, vedere come quello che sembrava un ragazzino di circa dodici anni, quello stesso ragazzino che aveva accolto in casa sua debole e spaurito, riuscisse a tenere testa ad un avversario grande il doppio di lui. Fu impenetrabile, Oliver; respinse il paio di attacchi che l’essere sferrò nell’attimo necessario ad Aaron per tornare in posizione. Poi fu semplice, al primo movimento sbagliato del nemico, l’allievo ed il maestro agirono contemporaneamente, creando un contraccolpo così forte da spezzargli la colonna vertebrale.
Non era morto, no di certo, non se la sarebbe cavata con così poco; sarebbe rimasto in disparte in tempo necessario per occuparsi della giovane.
Pian piano, Aaron le si avvicinò, e la girò delicatamente: il viso era contro in una smorfia di dolore, la fronte cominciava a ricoprirsi di sudore gelido e dal collo il caldo, denso, liquido rosso sgorgava. Perché non si era ribellata? Le aveva insegnato a sfuggire alla presa di un vampiro esperto, perché non l’aveva fatto? E perché il suo potere non era intervenuto, come invece spesso accadeva? Non era quello, tuttavia, il momento adatto per rimuginare; doveva agire, prima che fosse troppo tardi.
Sfiorò appena con le labbra la lacerazione sul collo e sentì il sapore del sangue umano sulla lingua, ma subito un retrogusto amaro, tossico, lo colpì; l’organismo era corrotto e, purtroppo, rimaneva una sola cosa da fare: aggiungere altro veleno. La tossina non era abbastanza per dare inizio alla trasformazione, in quell’esigua quantità avrebbe portato solo alla morte. Se, però, avesse aggiunto anche il suo, di veleno, sarebbe entrato in conflitto con quello già presente, causando ulteriore dolore. Si odiò per questo, per non essere arrivato prima, per non aver evitato che accadesse in quel momento, il quel modo, e che Light patisse ulteriori tormenti.
Lasciò un bacio su quella pelle martoriata e, sebbene fosse ben consapevole dell’importanza del momento, non riuscì ad evitare di soffermarsi un istante in più. Poi liberò la scintilla di potere che gli si era formata dentro, così che entrasse in contatto con il sangue, nella speranza che, almeno in parte, riuscisse a depurarlo, rendendo l’esperienza meno traumatica. Non vi era modo di tornare alla fase iniziale, il DNA delle cellule aveva già cominciato a mutare in modo irrimediabile; si poteva solo andare avanti.
La piccola luce argentata non si fermò in superficie, come spesso accadeva, ma scese in profondità nella ferita, mandando, di tanto in tanto, qualche bagliore. L’uomo si fece forza, guardò la ragazza e, chiedendole perdono nel cuore, affondò i denti nella tenera carne.
Un fiotto di liquido caldo gli invase la gola, e lui respinse a stento l’istinto di rimettere. Odiava il sangue umano, non ne sopportava nemmeno l’odore. Però, per amore, non si fermò a pensare, a considerare ciò che avrebbe comportato cibarsene.
Gli parve di sentire profumo di neve e margherite, il cuore della giovane pulsargli nelle orecchie, come se fossero le sue vene a svuotarsi, le sue tempie a martellare sempre più dolorosamente. Si sforzò d’inghiottire un sorso, per far sì che i canini cominciassero a stillare veleno, in modo di terminare quell’opera dannata.
<< Ora noi andiamo a casa. >> disse ad Oliver che, per tutto il tempo, era stato al suo fianco << Prendi il telefono e chiama Nathan, consegnagli il bastardo. Digli che deve rimanere vivo. Poi vai a cercare del sangue animale e portamelo. >> non aspettò una risposta, conscio che gli avrebbe obbedito a qualsiasi costo.
 
Corse come non mai, concentrando tutto il potere nelle gambe. Dopo molto tempo in cui nulla lo sorprendeva più, l’aria fredda sul viso, lo scorrere veloce del paesaggio mutevole, lo resero consapevole in modo incredibile di ciò che era e di dove si trovava. Era un vampiro, uno dei più forti, con una missione vitale: doveva salvare la sua donna, e far sì che rimanesse al suo fianco per l’eternità. Attraversò la fine della periferia, le case rade della zona residenziale, le dolci colline della campagna, e poi, finalmente, giunse nella foresta, fino ad arrivare ai grandi alberi che circondavano la sua casa. Non si fermò alla villetta, bensì sulle sponde del lago, dove depositò, dolcemente, la giovane. Era entrata nella prima fase della trasformazione: il veleno contaminava più cellule possibile, mutandone il DNA e facendolo diventare quasi uguale a quello di una creatura della notte. Nel momento in cui non ci fosse stato più nulla di completamente puro, avrebbero dovuto farle bere sangue, per ultimare la metamorfosi.
Non riuscì a contenere il biasimo, l’orrore verso se stesso, nel vedere la ragazza gemere di dolore, e urlare a causa di quel cambiamento a cui lui l’aveva costretta. Eppure, una parte di lui, il suo cuore, sapeva che non sarebbe mai stato in grado di lasciarla andare, di continuare ad esistere senza di lei, non ora che l’eternità aveva un senso, che non era più una condanna.
Le s’inginocchio vicino, poggiandosi la sua testa sulle ginocchia ed accarezzandole i capelli; il suo corpo cominciava ad essere scosso da convulsioni. Le asciugò le lacrime, mentre le urla crescevano d’intensità, fino a farle perdere la voce. La cullò, mentre impallidiva sempre più; mentre le sue mani artigliavano il terreno, ferendosi, nella speranza di riuscire, in qualche modo, a sfogare il tormento che aveva dentro.
<< Aaron. >> la sentì dire, con voce spezzata, alzando una mano verso di lui.
<< Dimmi amore. >>le mormorò, accostandosi al suo viso; fu solo grazie al controllo che da secoli esercitava su di sé, che non sobbalzo, quando la fanciulla aprì gli occhi; non erano più azzurri, erano sfocati, slavati, stavano diventando completamente bianchi.
<< Cosa… Cosa mi sta succedendo? >>
<< Ti stai trasformando >> le sussurrò, accarezzandole la fronte, ogni sua parola una stilettata al cuore << Quell’essere ti aveva morsa e non sono riuscito ad evitarlo. >>
<< Quindi… è il suo veleno… a trasformarmi? >> sapeva perché glielo stava chiedendo, avevano già affrontato quel discorso: un vampiro, per i primi duecento anni, condivideva la stessa struttura molecolare del veleno del suo creatore, ed era quello ad identificarlo. In seguito, le due strutture si sarebbero diversificate, e la creatura “giovane” non sarebbe più stata associabile a nessuno. Ed una delle poche richieste di Light era stata di essere la prima – ed unica – vampira a condividere la sua formulazione del veleno.
<< Shh, tranquilla. >> le disse, baciandole una guancia e sentendo sotto le labbra i muscoli tesi nel tentativo di trattenere un urlo << Il suo veleno era troppo poco, così ho aggiunto una dose consistente del mio. Per questo stai così male, le due sostanze stanno combattendo, ma vincerò io. >>
<< Non… Non lasciarmi… diventare… un mostro. >> lo supplicò, posandogli una mano sulla nuca e stringendo i riccioli più lunghi.
<< Mai, angelo mio, mai. Sei un raggio di sole, non potresti mai diventare cattiva. >> rimasero così, a guardarsi negli occhi, fino a quando la fanciulla non cominciò ad ansimare, vittima di una febbre talmente alta da uccidere un normale essere umano. Non c’era più tempo, si stava per giungere alla fase di transizione, Oliver doveva arrivare con il sangue il più presto possibile, o la trasformazione sarebbe diventata un’inutile tortura.
Proprio in quel momento udì dei passi: qualcuno veniva dalla foresta, annunciato dallo scricchiolio del sottobosco; ma non era un’andatura che avrebbe tenuto un vampiro, se non altro per non spaventare la preda. Infatti, dagli alberi non emerse un viso immortale, ma quello di quel Guardiano, Cam forse, che aveva già dato loro così tanti problemi.
<< Che diamine vuoi? >> gli ringhiò, aumentando la presa sulla ragazza, che aveva cominciato a dimenarsi e delirare.
<< Abbiamo sentito che stava per essere creato un nuovo mostro, così abbiamo deciso di agire d’anticipo, ed eliminarlo il prima possibile. >> rispose, guadando con disgusto quella che, un tempo, era stata una sua compagna. Intanto si fecero avanti altre due sagome: uno era l’altro Guardiano, quello che aveva trascinato Tommy in giro per mezza città; e la ragazza che aveva già visto alla Notte degli Antichi. Gli si posizionarono davanti, minacciosi, una specie di muro tra lui e coloro che sarebbero venuti a prestargli aiuto.
<< Non avete nessun diritto di compiere un atto simile, di uccidere un vampiro prima che compia un atto tale da dover essere punito in modo simile. Senza contare che non avete nemmeno il potere necessario. >> disse, tentando di sfoggiare un tono arrogante ma, dentro di sé, dopo secoli, sentiva montare la paura: lui sarebbe sopravvissuto, ma Light? Sarebbe riuscito a tenere a bada i tre Guardiani, sebbene le sue forze fossero diminuite, dopo l’utilizzo del potere? La stanchezza gli intorpidiva i muscoli in modo strano, come se li sfilacciasse, al posto di appesantirli, ed Aaron sapeva che non sarebbe giunto nessuno in tempo. Tuttavia, era la fanciulla a trovarsi nella situazione più critica: era debilitata, sfiancata dalla trasformazione e, come se non bastasse, così tremendamente mortale. Sarebbe basta un’arma qualsiasi per mettere fine alle sofferenze della sua piccola, fragile Light; invece, ai pugnali speciali sarebbe bastato un solo graffio per distruggere il veleno che era già diventato parte di lei, conducendola alla morte in un tempo ancora minore, senza nessuna possibilità di tornare indietro.
<< E chi ce lo impedirà? Tu? >> ribatté il giovane, sguainando le lame << Sei solo e, di nuovo, impegnato a badare a quell’impiastro. >>
<< E di sicuro nessuno si accorgerà della mancanza dell’Esca. Ci saranno così tanti vampiri con il tuo veleno, in giro. >> disse la ragazza, facendo un passo verso la sua amata, armi già alla mano. A quel punto non poté più rimandare: depose dolcemente il capo di Light al suolo e, dopo avervi lasciato un bacio fugace, le si mise davanti, pronto a tutto pur di proteggerla.
<< E non avete mai pensato che sarei stato pronto a difenderla? >>
<< Si. >> rispose Will, aprendo bocca per la prima volta << E sarà l’occasione buona per farti fuori. >> ma il Giustiziere non l’ascoltava più, era già scattato verso di loro, cogliendoli di sorpresa e scaraventando lontano tutte le armi che possedevano, comprese quelle da fuoco. Con una sola mossa aveva ribaltato la situazione: ora erano solamente tre umani, per quanto ben addestrati. Non batté ciglio al primo attacco combinato, schivando con facilità tutti i colpi, e restituendone di più dolorosi. Doveva stare attento, però, a non versare nemmeno una goccia di sangue: Light era giunta in una fase molto delicata, ora dovevano permetterle di cibarsi di sangue, per farle acquistare le forze necessarie a portare a temine il processo. Tuttavia, se fosse stato umano, non avrebbe mai voluto altro fino alla fine dei suoi giorni.
Scansò pugni, calci, prese, scivolate, contrattaccò colpendo punti del corpo in cui i nervi erano più recettivi, i muscoli deboli. Fece in modo di rendere lenti i loro riflessi, così da non rischiare che, per un calo di attenzione, uno dei tre riuscisse ad essere più forte di lui. Non fu una battaglia alla pari; non avrebbe mai potuto esserlo, con un vampiro antico contro tre giovani. Una cosa notò il Giustiziere: erano migliorati; i colpi erano diventati più precisi, veloci e potenti; l’unica pecca era che facevano ancora troppo affidamento sulle armi, sebbene avessero già visto come fosse facile liberarsene. Ciò poteva significare solamente una cosa: i Guardiani si stavano preparando allo scontro; uno scontro che non doveva essere per forza una battaglia campale tra due nemici storici, ma che poteva essere fatto di minuscole imboscate che vedevano cadere, ad uno ad uno, tutti quei vampiri che non erano più abituati a difendersi, i cui sensi si erano intorpiditi. Stava per cominciare  una spietata caccia all’uomo e l’attacco di quel giorno ne era la prova: non uccidevano più solamente i colpevoli, ma tutti coloro che si cibavano di sangue.
Quando Nathan finalmente arrivò, lo trovò appoggiato al tronco di un abete, con un leggero fiatone, mentre teneva la sua Light tra le braccia e cerca va di tranquillizzarla; le urla non erano ricominciate, ma sapeva che era solo questione di attimi.
<< Non potevi ucciderli? >> gli chiese il Sommo, scostando con il piede il corpo inerme di Cam e avvicinandoglisi.
<< Non volevo rischiare di versare nemmeno una goccia di sangue e poi, ho già abbastanza pensieri, non mi serve anche una guerra. >>
<< Ma questi tre hanno già sfidato al tua pazienza varie volte. >>
<< Light è più importante. Le ho giurato che non sarebbe diventata un mostro e, in questo momento, la mia priorità è mantenere la parola data. Sono più che sicuro che giungerà il momento in cui pagheranno. >> rispose deciso, tentando di fermare il tremore sempre più forte che scuoteva la fanciulla.
<< Se aspetti ancora un po’, rischia la morte. >> Disse Nathan, inginocchiato al suo fianco, posando le dita sulla giugulare della ragazza, e sentendo il battito quasi inesistente. << Qui c’è sangue da vendere, perché non ne approfitti? >> e gli indicò i tre Guardiani svenuti.
<< Ti ho appena detto che non vuole diventare un mostro! Non le farei mai bere sangue umano. >>
<< Allora è meglio portarli via, prima che riprendano i sensi. >> detto ciò, se li caricò in spalla e sparì.
Light, intanto continuava a soffrire, ed il Giustiziere notò come piccoli cambiamenti stessero avvenendo nel suo corpo; come la presa attorno alla sua mano si stessa facendo ferrea, come la pelle impallidisse pian piano ma, soprattutto, come il calore travolgente, che sempre aveva associato alla sua fanciulla, stesse scemando. Era assolutamente necessario che Oliver arrivasse il più velocemente possibile, il veleno aveva quasi finito di agire, ora necessitava di nutrimento per trasformare quell’ultima, infinitesimale parte che ancora era umana.
Tuttavia, il primo a tornare fu Nathan, e senza nessun’altro al seguito.
<< Il ragazzino non è ancora qui? >> chiese, mentre una leggera preoccupazione cominciava a trapelare dal suo sguardo.
<< No. Spero vivamente che si muova. Siamo agli sgoccioli. >>
<< Vuoi che vada a cercarlo? >>
<< No, non vorrei rischiare un altro attacco. Sono completamente senza forze, probabilmente, in questo momento, sarebbero sufficienti i Guardiani per mettermi al tappeto. >>
<< Non è da te dire queste cose. >> ribatté il Sommo che, in tutti gli anni che aveva passato con lui mai lo aveva sentito affermare di essere indifeso, facile preda di chiunque.
<< Mi hanno teso un agguato, prima, in un magazzino. Erano circa una ventina; singolarmente nulla di speciale, ma in gruppo sono riusciti a fare un po’ di danni. Senza contare poi quel bastardo, che è riuscito a trovare proprio i punti giusti in cui colpirmi per rallentarmi. E, tanto per completare l’opera, ho bevuto un paio di sorsate del sangue di Light. >>
<< Ma sei impazzito? E perché avresti fatto una sciocchezza del genere? >> ora la furia era ben visibile nei lineamenti del biondo.
<< Il veleno non voleva uscire. >>
<< Non ci casco. Scommetto che era tutta una strategia per vedere se eri diventato più forte, se eri riuscito a sconfiggere anche una delle poche sostanze in grado di debilitarti completamente. >>
<< Ora esageri. Non avrei mai messo in pericolo Light, non l’avrei mia lasciata senza protezione. >> i toni si stavano alzando, l’atmosfera si scaldava, la collera nasceva
<< No, hai ragione, probabilmente non l’avresti fatto. Ma ho ben presenti un paio di situazioni in cui non ti è importato nulla di chi ti stava affianco, se questo poteva voler dire superare un nuovo limite. Devo forse ricordarti cos’è successo l’ultima volta che hai preso un sorso di sangue umano? Non sei riuscito a muoverti per giorni! Eri poco più di un vegetale! >> Aaron non trovò nulla da ridire. Era vero: quando aveva sulle spalle molti meno anni, si divertiva a scovare ogni più piccola cosa mettesse alla prova i suoi limiti d’immortale per vedere se, ed in quanto tempo, riusciva a superarla. Un giorno si era trovato davanti ad un umano morto da poco, e aveva deciso di assaggiarne il sangue; fino a quel momento si era sempre e solo cibato di animali, ma aveva pensato che potesse essere un’alternativa, sebbene non avesse nessuna intenzione di cacciare degli uomini. Purtroppo, i risultati non erano stati quelli sperati: tutto era iniziato come un leggero calo di forze, nulla di eccessivo, tanto che era riuscito a raggiungere senza nessun problema Nathan ad un ballo a Praga; ricordava di aver indossato il completo da sera, di essersi pettinati i capelli in un codino basso e di averli legati con un nastro nero, ma poi, dopo aver fatto un passo fuori dalla stanza, il corpo era diventato un peso, inservibile, non era stato in grado nemmeno di muovere le palpebre. A prestargli soccorso era stato un domestico che, andando a rassettare le camere per gli ospiti, lo aveva trovato e, subito, aveva chiamato il Sommo. Ci erano voluti quasi quattro giorni, perché tornasse padrone di sé; per il pieno controllo, invece, i tempi erano stati leggermente più lunghi, ma gli era costato molta fatica. Non osava immaginare cosa sarebbe successo questa volta, visto quanto sangue aveva ingerito.
Ad interrompere quei ricordi spiacevoli giunse il rumore di passi, quei tanto agognati passi di vampiro. Ed Oliver sbucò dal folto del bosco, trafelato, con i vestiti sporchi di terra e fango ma, per fortuna, con una grossa tanica in mano.
<< Non hai trovato nemmeno un recipiente migliore? >> chiese il biondo, con aria leggermente schifata; già il sangue freddo era molto difficile da conservare in modo che rimanesse bevibile, se ci si metteva il sapore della plastica poi…
<< Ero già sulla strada di ritorno, carico di bottiglie di vetro, ma i Guardiani mi hanno attaccato e ho dovuto tornare indietro. Il secondo macellaio non aveva altro. >>
<< Non importa, >> disse il Giustiziere, facendogli cenno di avvicinarsi << per la trasformazione può andare. Non ne ricorderà nemmeno il sapore. >> fece cambiare posizione alla ragazza, in modo che stesse più dritta e le fece aprire la bocca, così che, una volta che il giovinetto ebbe svitato il tappo, il liquido rosso cominciasse a dissetarla. Bastarono pochi sorsi, perché il corpo cessasse di tremare; pian piano il veleno veniva soddisfatto e, ad ogni goccia, la ragazza era sempre più distante dalla morte. Fu strano, per il vampiro, vedere la sua piccola umana attaccarsi con così tanta foga alla tanica, tanto da inclinarla di più, nella speranza di accelerare il processo, ed invece, finire per macchiarsi il petto. Era un immagine così irreale, così contrastante: la creatura più pura del creato intenta a compiere uno atto proprio dei figli della notte, dei non-morti. Eppure, si disse, avrebbe dovuto abituarsi, perché d’ora in avanti l’avrebbe seguito a caccia, e non come spettatrice; non avrebbe più potuto ascoltare la musica del suo cuore, o accarezzare la sua pelle così calda, soprattutto dopo la doccia. E questo perché lui era arrivato troppo tardi.
Tuttavia, dovette riconoscere che, in un prossimo futuro, sarebbe comunque accaduto, solo, avrebbe tanto desiderato non avvenisse in modo così violento.
Fu chiaro come il processo di mutamento fosse ripreso da dettagli che solamente un occhio sopraffine poteva notare: i muscoli meno tesi e, tuttavia, più sodi; il colorito che, da  cadaverico, tornava pian piano a quella sfumatura porcellana che gli era usuale; a tranquillizzarlo di più fu, tuttavia, il completo e repentino cessare di ogni sussulto o contrazione innaturale: dal momento in cui la ragazza si riadagiò tra le sue braccia, sazia, non emise un gemito, un sussurro di dolore, nulla. Sembrava quasi vittima di una sonno pacifico, ristoratore. Finalmente era tranquilla.
Il vampiro non osò muoversi per quelle che gli parvero ore, spaventato che quella fosse solo una fase transitoria, che di li a qualche attimo le urla sarebbero tornate. Tuttavia, l’unico avvenimento di cui fu testimone fu il debole ma continuo rallentamento del battito del cuore della sua amata.
Quando finalmente si alzò, per rientrare in casa, dando finalmente ascolto alle richieste di Nathan e Oliver, si rese conto che la mano con cui sorreggeva le ginocchia di Light si stava irrigidendo.

Probabilmente vi starete chiedendo chi ve l'ha fatto fare di aprire il capitolo di una storia che non aggiorna quasi da sette mesi, e vi capisco. Mi voglio prima di tutto scusare, non bisognerebbe fare così. Per questo voglio ringraziarvi di cuore per la pazienza che portate, perchè siete arrivate fino a qui, perchè non avete mollato anche se il capitolo non arrivava mai.
A mia discolpa posso dire che sono stati mesi lunghi, pesanti a scuola e, le poche volte che mi sedevo davanti al pc, beh, non avevo la più pallida idea di cosa scrive.
Perciò, eccomi qui. Cosa ne pensate? Come mai Light non ha reagito? (non lo so ancora nemmeno io) E cosa succederà adesso ad Aaron? Ed ai Guardiani? Fatemi sapere se vi è piaciuto! ;)

 

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 ***


Light
29


Quando, pian piano, iniziò a riprendere conoscenza, si chiese cosa mai le avessero fatto. Si sentiva strana, intontita, come se fosse stata a letto con l’influenza per giorni e, improvvisamente, fosse stata catapultata in mezzo ad una folla. Guardandosi attorno, si accorse di trovarsi in camera da letto, e doveva essere giorno inoltrato, visto come il sole giocava con le squame argentate del drago sul soffitto. Tuttavia, sapeva, sentiva, che era successo qualcosa, sebbene non riuscisse a ricordare molto.
Forse, l’ultima immagine nitida che le sembrava di riuscire a focalizzare era un vampiro che camminava in un vicolo, diretto verso il ragazzino, Oliver, e, pochi istanti dopo, quello stesso vampiro in cenere. Era consapevole, il suo corpo era certo che fosse successo altro. Ma cosa? Abbassò il mento sul petto e notò la grande macchia rossa sulla divisa all’altezza del petto. L’ansia la colse, che si fosse ferita? Che avesse attaccato qualcuno? Che lo avesse ucciso? Ma non le risultava che i vampiri potessero versare così tanto sangue, e che avesse un profumo così buono.
Un momento. Profumo? Da quando in qua il sangue, probabilmente umano, le faceva venire l’acquolina in bocca? Sicuramente c’era una spiegazione, una motivazione per tutto ciò. Fece un respiro profondo, per far rallentare la corsa forsennata del suo cuore, ma si accorse, con sgomento, che nessun cuore le rimbombava più nel petto. Forse, forse, Aaron l’aveva trasformata. Ma allora dov’era? Non aveva promesso di starle sempre affianco? Magari era uscito un attimo, si disse, sarebbe tornato subito. Si sedette sul letto e, pian piano, notò come sensazioni che prima aveva trascurato, fossero mutate. Le sembrava che i suoi abiti non fossero più cuciti con quel materiale rigido che la infastidita, ma con un tessuto pesante, resistente, seppur morbido. La trapunta era piena di piccole increspature che, il giorno prima le facevano storcere il naso da solletico, ma che ora le parevano ancora più rigide. E il drago, il drago. Ora che lo guardava attentamente, si accorse che era avvenuto in lui il cambiamento più profondo; o meglio, ai suoi occhi la pittura sembrava enormemente mutata. Il corpo non era più di un piatto argento, ma accoglieva tutte le possibili sfumature, dal piombo fuso al grigio perlato, mentre la luce vi si rifrangeva contro; le squame non parevano più solo dipinte, ma sovrapposte, come se veramente facessero da scudo alla carne calda dei muscoli; il muso sembrava più affilato e lo scintillio dei denti, che s’intravvedeva appena, letale. Gli occhi,ch subito l’avevano stregata, non erano più colorati da un arcobaleno intero, ma i vari pigmenti prendevano il sopravvento, come ad indicare un cambiamento d’umore.
Era immersa in quelle riflessioni, mentre sentiva nuovi odori giungerle alle narici, quando le parve di scorgere un movimento e, dopo aver sbattuto le palpebre, si accorse che non era la sua immaginazione: la coda del drago stava guizzando nel soffitto. Ma com’era possibile? Quello era un disegno, strati di pittura su un muro morto, immobile; eppure sembrava che la trasformazione avesse avuto effetti allucinogeni, perché ora era certa di aver visto i grandi occhi puntarsi dritti su di lei.
Basta, ne aveva abbastanza, se Aaron non aveva intenzione di comparire, sarebbe andata a cercarlo lei. Senza realmente concentrarsi nei movimenti, si avviò verso l’armadio, sorpresa di quanto poco tempo ci avesse impiegato, e lo fu angora di più quando, cercando qualcosa di pulito da indossare, si accorse di aver completamente scardinato l’anta, nell’aprirla. La poggiò con cautela al muro,con un vago sorriso sulle labbra. Non le avevano detto che i cambiamenti sarebbero stati così radicali; certo, era a conoscenza delle capacità speciali dei vampiri, della loro forza, velocità e dei sensi sviluppati oltre ogni umana concezione, ma, chissà perché, non si era mai soffermata sul fatto che avrebbe dovuto riabituarsi a tutti quei movimenti che aveva sempre fatto senza badarvi troppa attenzione.
Aveva appena finito d’infilarsi una canottiera color pesca, quando udì un rumore di passi allontanarsi in direzione della foresta. Spalancò la finestra, e scorse una figura minuta inoltrarsi tra gli alberi; doveva sicuramente trattarsi Oliver. Salì sul davanzale e, pronta per mettere alla prova il suo nuovo corpo, spiccò un balzo, finendo per atterrare non troppo lontano da dove la vegetazione s’infittiva. Trattenne una risata, voleva fare una sorpresa al suo amato, mostrargli come i suoi senti si fossero affinati, come ora avrebbe potuto essere ancora più letale. Sollevò il volto al cielo, felice di essere finalmente libera da tutto, da ogni costrizione, di aver assunto quella forma che, come mai le era capitato, sentiva giusta per sé.
Un risolino le scappò quando, aprendo gli occhi, si scontrò con la superficie pallida e lattiginosa della luna, invece che con il sole accecante che si aspettava. Aveva la visione ad infrarossi incorporata! Ora giorno e notte non avrebbero più fatto differenza, non sarebbe stata indifesa, il buio o la luce purissima non sarebbero stati che un fastidio.
Corse, saltò, felice di potersi godere la sua foresta, la sua casa, senza nessun bisogno di prestare attenzione a dislivelli o radici, libera di guardare solo le foglie ancora aggrappate agli altri rami, perché la direzione giusta per tornare a casa le si era impressa nel cuore, e da quel momento non avrebbe più potuto perdersi.


Si fece attenta quando giunse in una zona a lei sconosciuta, dove gli alberi erano accostati gli uni agli altri; l’edera così fitta da intralciare il cammino; i raggi lunari quasi inesistenti, tanto le chiome erano rigogliose. Sentì dei sussurri e, seguendoli, sbucò in un tratto di terra su cui regnava un grande tronco ripiegato quasi a formare una culla su cui, con suo enorme sgomento, era disteso Aaron.
Gli si precipitò accanto, incurante di tutto il resto, e prese a scuotergli delicatamente un braccio.
<< Amore! >> lo chiamò << Amore svegliati! Sono qui, sono una vampira! Apri gli occhi e guardami! >> ma lui non rispondeva. Che fosse addormentato, permettendo che il sangue lo riportasse in vita? Però, solitamente, bastava un sussurro a farlo destare. Forse era imbarazzato per non essere stato al suo fianco per tutto il tempo? << Aaron, su, apri gli occhi! Non importa se mi sono svegliata da sola. Ora tu sei qui e siamo insieme, dai. >> Tuttavia, fu un'altra voce a chiamare il suo nome e, quando lei si voltò, incontrò gli occhi azzurri di Nathan, insolitamente freddi.
<< Finalmente ti sei svegliata. >> le disse, con un leggero sorriso << La trasformazione è durata una settimana intera e stavo cominciando a preoccuparmi. >>
<< Una settimana? Di solito non bastano pochi giorni? >> il vampiro si passò una mano tra i capelli biondi, insolitamente scompigliati, notò la giovane, e sospirò.
<< Probabilmente il fatto che tu abbia avuto in corpo due veleni ha complicato le cose. Però non ha più importanza, almeno non devo più preoccuparmi che qualcosa sia andato storto, Aaron mi avrebbe ucciso, altrimenti. >> come un fulmine a ciel sereno, la ragazza si rese conto che il sonno del suo compagno non era naturale, che non sentiva i flebili palpiti che, nello lunghe notti passate abbracciati, si era accorta scuotessero il cuore morto, irrorandolo ancora di linfa vitale. Tornò verso di lui, e si sedette su una piccola sporgenza, in modo da essergli il più vicina possibile. Il Giustiziere indossava ancora l’uniforme da combattimento, ed era certa che fosse la stessa del giorno in cui l’avevano attaccata, perché sentiva un vago odore nauseante provenire da essa, che nulla aveva a che fare con l’aroma di pino e di terra che emanava il corpo del suo amato. Guardò Nathan sollevargli le palpebre e scrutare gli occhi del suo amico; con orrore la fanciulla si accorse che non erano più del verde profondo e brillante di cui si era innamorata, ma erano bianchi, unica nota di colore la pupilla, che svettava in modo quasi macabro, nera come la morte.
<< Cosa gli è successo? >> chiese al Sommo, mentre egli continuava a controllare i polsi, il collo, posò  l’orecchio sul cuore e poi rialzò il viso, un espressione di sconsolato dolore in volto.
<< Non ora Light. >> rispose con voce stanca, provando a piegare le dita dell’altro, così innaturalmente rigide << Per favore, torna a casa, Oliver dovrebbe essere arrivato. Sfamati, togliti ogni bisogno, e poi torna qui. Non è facile ciò che ti devo spiegare. >> avrebbe voluto insistere, urlare che, come sua ragazza, aveva tutto il diritto di stare al suo fianco, di sapere cosa gli accadeva ma, come richiamata da quelle parole una fama o meglio, una sete bruciante si fece largo in lei, tanto da farla piegare in due dal dolore. Il suo istinto prevalse e, senza nemmeno rendersene conto si ritrovò in cucina, a fissare con sguardo bestiale le bottiglie colme di liquido vermiglio che il giovinetto teneva tra le braccia.
<< Ti sei svegliata! >> l’accolse felice, posando il carico sul tavolo e andandole vicino, abbracciandola. Era la prima volta che lo faceva, e fu strano sentire quel corpo di ragazzo stringersi al suo, in cerca di un conforto quasi materno. Le venne spontaneo sollevare una mano e posarla tra i suoi capelli scuri, quasi  non si accorse di aver cominciato ad accarezzarlo.
<< Era da tanto che aspettavo di poterti abbracciare. >> le disse, spostando su  di lei i sui ridenti occhi grigi << Aaron diceva che potevo farlo anche prima, ma io avevo paura di dimenticarmi che eri umana, e di farti male. Ma ora non c’è più nessun problema. >> con un sospiro posò di nuovo il capo sul suo petto, e Light sentì un moto di commozione stringerle la gola. Quel povero ragazzino aveva visto in lei la sua prima e, forse unica, figura materna, e non poteva che esserne lusingata.
Però quel liquido rosso, denso, e ancora caldo spargeva nell’aria un profumo quasi irresistibile e, con un sospiro ed un bacio sulla fronte fu costretta a separarsi da Oliver, per poter stringere, finalmente, tra le mani quello che, da ora in poi, sarebbe stato il suo nutrimento.
Come si portò alle labbra la bottiglia, e la prima goccia di sangue le toccò la lingua, sentì un prurito ai denti che aveva un che di fastidioso; allontanò l’oggetto e si strofino la bocca con la mano libera, nel tentativo di alleviarlo. La fermò la risata cristallina del suo compagno di cena che, cercando di calmarsi le disse:
<< L’unico modo per far uscire i denti è bere sangue, di certo non fare quelle facce strane! >> così riprovò, sebbene non troppo rassicurata da quelle parole. Fu sufficiente un sorso, uno solamente, a farle perdere la lucidità. Esisteva solo quel sapore in bocca, l’alleviarsi dell’arsura, lo stomaco che si allargava, ricevendo finalmente ciò che chiedeva. In men che non si dica non era rimasta più nemmeno una goccia di liquido rosso, e lei era finalmente sazia.
<< Wow, >> disse Oliver, distraendola dalla contemplazione della goccia di sangue che aveva terso dal proprio labbro inferiore << Non avevo mai visto nessuno bere così velocemente! Aaron dice sempre che possiamo rischiare di fare indigestione, ma io non gli credo. E poi il sangue umano è buonissimo! >> quelle parole furono come una doccia gelata. Sangue umano? Sangue umano? Aaron le aveva promesso che mai l’avrebbe lasciata diventare un mostro, che le avrebbe impedito di nutrirsi di persone, che l’avrebbe resa come lui! Valevano così poco le sue parole? Tutte le promesse? Voltò piano le bottiglie, accorgendosi in quel momento che erano tutte etichettate: “ARH+” diceva quella che aveva in mano; poi c’era “0-“ e anche” AB+” e sicuramente gli animali non avevano gruppo sanguigno.
La collera l’assalì, non prestò più attenzione alle parole che l’altro vampiro pronunciava, ne vide come le indicava un'altra direzione, per poi lanciarsi in una spiegazione dettagliata. Riusciva a pensare solamente che era stata ingannata. Una sola cosa gli aveva chiesto: di bere sangue animale. Glielo aveva detto, che l’eternità per lei era accessibile a quella condizione, se le prometteva di non lasciarla mai. Ma non era stato in grado di tener fede alla sua parola, e ora lei era diventata un mostro.
Scagliò a terra la bottiglia, che si ruppe in mille pezzi, e presto le altre fecero la stessa fine. Non guardò Oliver, non rispose alle sue domande sempre più ansiose; semplicemente si voltò ed iniziò a correre nella direzione in cui era certa avrebbe ritrovato il Giustiziere. Fu vagamente consapevole di aver demolito un muro, passandovi attraverso, troppo infuriata per pensare di usare la porta o, al massimo, la finestra. Non si curò delle urla che la rincorrevano, ne degli alberi che sradicava al suo passaggio. Sapeva solo che doveva trovarlo, e fargliela pagare.
Era il primo uomo a cui aveva donato il suo amore e la sua fiducia; il primo ad aver conosciuto ogni suo segreto; l’unico a cui aveva permesso di prenderle la vita, in cambio di una immortale al suo fianco, ed invece l’aveva ingannata. Tante parole per nulla. E ora? Magari non l’avrebbe nemmeno più voluta, visto che si cibava di umani!
Trovò facilmente l’albero piegato, e in ancora meno tempo le sue mani si strinsero intorno al collo del vampiro che vi giaceva, sollevandolo e gettandolo lontano, come uno straccio.
<< Come hai osato! Come! Ti avevo scongiurato di non farmi diventare un mostro, ed ora guarda cosa mi hai fatto! Sangue umano! >> ma lui non rispondeva, non si muoveva, non dava segno di sentirla. La sua ira era troppo grande per permetterle di notare il modo naturale in gui giaceva il corpo, come un fantoccio. Voleva solo fargliela pagare, restituirgli un po’ dell’odio per se stessa che cominciava a roderla dentro.
Non pensò consciamente, quando caricò il pugno; non si rese conto di ciò che stava per fare, quando una lieve luce argentea lo avvolse, semplicemente, si scagliò contro quel corpo, dimenticando per un breve, fatale istante, che era quello dell’uomo che amava.


Il suo attacco non andò a segno. Un attimo prima che sfiorasse quella pelle fredda, un altro vampiro le si era scagliano contro, mandandola lontana. E ora era a terra, impegnata a guardare la voragine che le si era aperta affianco, dove la sua mano aveva colpito il terreno.
<< MA SEI IMPAZZITA? >> le urlò contro Nathan, gli occhi spiritati, i canini sguainati << Che ti è saltato in mente? Lo potevi uccidere! >>
<< Mi ha trasformato in un vampiro che si nutre di sangue umano! Era la sola cosa che gli avevo chiesto di evitare! Me l’aveva promesso ed invece non ha tenuto fede alla sua parola! Mi ha fatto diventare un mostro! >> il Sommo si raddrizzò, abbandonando la posizione di attacco, e la guardò con occhi freddi, inclementi, come se si trovasse davanti un’estranea.
<< Aaron mantiene sempre le promesse. E questa volta non ha fatto differenza, tanto più che ti ama e che non avrebbe permesso a nulla di andare contro i tuoi desideri. >>
<< Ma Oliver… >> cominciò lei, mentre la gravità d ciò che aveva fatto le penetrava pian piano nella mente, scalfendo le nebbie che la riempivano.
<< Se lo avessi lasciato spiegare, ti avrebbe detto che quelle erano le mie bottiglie, ma che contenevano sangue animale. Aaron ha fatto di tutto perché fosse il primo che bevevi, non avrei di certo rovinato i suoi sforzi. >>
<< Quindi… >> la voce l’abbandonò, mentre l’orrore la colmava, la colpa, il disprezzo.
<< Quindi hai attaccato il tuo compagno per nulla. Troppo cieca per notare come non reagisca a nessuno stimolo. >> il vampiro rifletté una attimo, prima di continuare la spiegazione scrutandola, chiedendosi se fosse degna di conoscere il male che affliggeva quello che, sperava con tutto il cuore, era il suo uomo. << Per lui il sangue umano è nocivo, una goccia lo lascia paralizzato per giorni. Ma per trasformarti, per far si che dai suoi denti sgorgasse veleno, ha bevuto due sorsate del tuo sangue, e ora non riesco in nessun modo a farlo rinvenire. >> il biondo si avvicinò all’amico, e se lo caricò in spalla, mentre lei prendeva a tremare convulsamente, incapace di piangere.
<< Ora cerca di tornare in te. >> le disse con voce più morbida e sguardo triste << Porto Aaron a casa mia, dove spero riuscirò a trovare una soluzione. Oliver sa la strada per arrivare. Quando sarai pronta, fatti condurre da noi. >> e se ne andò, portando il cuore della fanciulla tra le braccia.

Eccomi di nuovo! So che ormai ne avrete fin sopra i capelli delle mie scuse, ma non consco altro modo di porgervele... quindi scusatemi per il ritardo. Non è facile per me scrivere questi capitoli, forse perchè mi sto avvicinando alpunto di svolta, e la fine non è più un miraggio. Forse ho paura di lasciare andare questa storia, e quindi la fantasia si annulla, quando arrivo davanti al pc.
bando alle ciance, che ne pensate? non era per nulla in programma, ciò che è successo in questo capitolo, ma avevo bisogno di un idea pe non passare quattro pagine di Word a descrivere solamente le strazianti sensazioni di Aaron o le nuove percezioni di Light. Come vi è sembrato? Inaspettato? Per me sì! e anche tanto! Ma mi è venuta quest'idea e ho detto"perchè no? dopotutto, sarebbe troppo perfettina se, qualche volta, non fosse anche lei vittima di qualche assurdo, stupido malinteso" e così è nata la sfuriata e tutto ciò che segue.
Fatemi sapere!

a più presto, spero ;)

 

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 ***


Light
30


Cosa aveva fatto? Com’era stato possibile che avvenisse una tragedia del genere? Non solo aveva dubitato dell’amore e della parola di Aaron, ma l’aveva anche colpito! Pensò, disperata, mentre affondava le mani nella terra e posava la fronte al suolo. Non biasimava Nathan se aveva deciso di portarsi via il Giustiziere, per non rischiare che le venisse un nuovo attacco d’ira, ma proprio non riusciva a capire che cosa le fosse preso. Non poteva credere di non essere riuscita a controllare i propri sentimenti; non che fosse una persona fredda o cinica, ma aveva imparato a mantenere personale ogni sensazione, ogni emozione, rabbia inclusa. Però, quella volta era stato diverso: la collera le aveva riempito le vene, aveva sentito nelle mani la voglia di far male e, soprattutto, aveva invocato inconsciamente una quantità spropositata di potere. E questo la spaventava, perché non si era mai trovata in una situazione simile e, come se non bastasse, completamente sola.
Come avrebbe fatto a trovare il modo giusto per imbrigliare tutte quelle novità e far sì che tornasse un po’ di ordine? L’ultima volta che un cambiamento importante era avvenuto – la presa di coscienza sul suo potere e sulla vera realtà – Aaron le aveva tenuto la mano e si era offerto di guidarla per quei viottoli sconosciuti. Tuttavia, ora lui era lontano, e non per cause esterne, ma perché era lei a mettere a rischio la sua incolumità.
Sapeva che era inutile continuare a rimanere a terra, accovacciata in mezzo al bosco, mentre il Sommo si affannava in ogni modo per salvare la vita al suo amico; vita che non sarebbe mai stata in pericolo, se lei non si fosse comportata da sciocca. Già, perché se avesse attaccato il vampiro che l’aveva catturata, se avesse messo in pratica anche solo una delle lezioni imparate, non sarebbero mai giunti a quel punto. Ed invece no. Aveva dovuto deludere le aspettative anche quella volta, e non era stata lei a farne le spese. Non sapeva cosa le era preso, perchè i muscoli si erano irrigiditi, la mente svuotata; ma si era ritrovata completamente inerme. Forse era stata la paura; dopotutto, durante gli allenamenti sapeva che non le sarebbe successo nulla di grave, perché Aaron non lo avrebbe permesso; ma quel vampiro la voleva morta, traeva piacere dal stringerla fino a sentire le ossa scricchiolare, il suo obbiettivo era far smettere di battere il suo cuore, e lei lo sapeva. Non l’aveva nemmeno sfiorata il pensiero di ribellarsi, semplicemente, era rimasta impalata in quell’abbraccio letale, sperando di essere salvata in fretta. Come aveva fatto sempre fatto, dopotutto. Prima c’erano i Guardiani a “coprirle” le spalle, poi il Giustiziere; realizzò di non essersela mai cavata veramente da sola, di non aver interiorizzato la percezione di se stessa al punto da essere pienamente consapevole della proprie capacità e quindi, nel momento del pericolo, era stato naturale attendere l’arrivo di qualcuno.
Sarebbe cambiata, decise, a partire da quel momento.
Si sollevò in piedi, gustandosi la fluidità dei movimenti, la mancanza di vertigini o intirizzimento, e respirò profondamente. La colpì l’odore della terra, della corteccia, degli alberi, leggere sfumature portate dai raggi lunari; fece un po’ di fatica a riconoscere l’essenza del suo amato, quella sfumatura di pino e sottobosco miscelate alla perfezione, bombardata com’era dagli stimoli esterni, ma la trovò. La traccia andava verso nord, e lei cominciò a seguirla, correndo, pensando solo a quando avrebbe controllato palmo a palmo il corpo del vampiro per assicurarsi di persona di non avergli causato grazi danni.
Correre da sola, ad una velocità spaventosa, posando i piedi sulla terra per un tempo così breve che quasi non sentiva il contatto, era una sensazione strana. Quando era Aaron a portarla, non era ben conscia di ciò che accadeva; la vista era sfuocata e tutti gli altri sensi inebriati dall’aria fredda sul viso. Sentire il proprio corpo, i propri muscoli in azione, tuttavia, era completamente diverso. Nulla passava inosservato, né una radice calpestata e usata per fare leva ed aumentare la velocità, né qualche piccolo insetto che non era abbastanza lesto per togliersi dalla sua traiettoria. Per non parlare della vista: gli occhi di Light non si perdevano un particolare, vedeva l’insetto stecco che si mimetizzava tra i rami, i gufi che, appollaiati tra le foglie la scrutavano sospettosi, persino qualche scoiattolo che dormiva sprofondato tra le foglie secche ed il morbido pelo della sua coda. Era meraviglioso, inebriante, straordinario.
Era così impegnata a scrutare in giro che non si accorse di essere a pochi passi da un ostacolo, e vide Oliver solamente una frazione di secondo prima di finirgli addosso. Finirono a terra entrambi, il ragazzino con una risata, lei con un sorriso un po’ imbarazzato. Chissà cosa pensava; se la riteneva colpevole per lo stato di salute di Aaron; se era ancora disposto a sopportarla, dopo lo scoppio d’ira di quella sera. Per fortuna il vampiro non sembrava essersi posto i suoi stessi interrogativi e, andandole vicino, le tese le mani e l’aiutò a rialzarsi.
<< Correvi come un razzo! >> le disse entusiasta << Non sai la fatica che ho fatto per starti dietro! Per fortuna che Nathan ha una riserva di sangue a casa, così posso recuperare un po’ di forze. >> a sentire quelle parole, la giovane capì che era arrivato il momento delle scuse, altrimenti on sarebbe riuscita ad essere tranquilla in sua presenza.
<< Senti, Olly, >> cominciò, con lo sguardo basso << mi dispiace per prima. Non avrei dovuto scoppiare così; tu sei sempre stato gentile con me, se ti avessi lasciato finire di parlare non sarebbe capitato nulla. Scusami per quello che ho detto, non pensavo nulla. Io amo Aaron. Era la collera a parlare. >> lui scrollò le spalle e le sorrise.
<< Era normale che accadesse, prima o poi. >>
<< Cosa intendi? >>
<< Ti ho sempre vista così attenta, controllata, mai un’emozione troppo evidente. E così, non appena ti sei svegliata, tutto quello che si era accumulato dentro di te ha cercato di uscire; se poi conti che le emozioni di noi vampiri sono più intense, è normale che ti abbiano colta impreparata e che ti siano scappate quelle urla. >>
<< Ma non si è trattato solo di quello; ho attaccato Aaron! Se non fosse stato per Nathan, non so cosa sarebbe successo. >> la ragazza tenne gli occhi bassi, non ancora pronta a vedere un rifiuto nello sguardo dell’altro e, allo stesso tempo, impegnata a trattenere la speranza che quelle parole, contrarie a ciò che si aspettava, stavano facendo nascere. 
<< Certo, forse quello avresti potuto evitarlo, ma sono cosa che capitano. Quasi tutti i vampiri rimangono sconvolti dalla forza delle sensazioni, appena risvegliati. Aaron mi ha raccontato che anche lui ha combinato qualche disastro il primo giorno da vampiro. >>
<< Davvero? >> chiese stupita, sollevando di scatto la testa
<< Si! Mi ha detto che ha sfasciato un paio di alberi e sgretolato un po’ di rocce, prima di capire che la sua forza poteva essere devastante. >> il giovinetto si lasciò sfuggire un risolino, a quel pensiero e Light lo seguì a ruota, rasserenata dalle sue parole.
<< Quindi, mi perdoni? >> chiese infine, più per avere conferma di ciò che già sentiva.
<< Come potrei non farlo? Io ti voglio bene. >> rispose lui, timido, grattandosi i capelli. La fanciulla non riuscì a resistere e, avvicinatasi, gli diede un bacio sulla fronte, prima di abbracciarlo dolcemente. Lui le si strinse addosso sospirando, aggrappandosi come un bambino alla propria madre e, improvvisamente, la giovane si rese conto che, per quanto tempo potesse passare, rimaneva sempre un ragazzino che non aveva mai conosciuto l’affetto dei genitori.
Si staccarono poco prima che iniziasse l’aurora, entrambi più sereni e felici.
<< Mi accompagni a caccia? >> gli chiese
<< Perché? >>
<< Ho sete, e poi ho il presentimento che mi serviranno più forse possibile. >>
<< Va bene. Ma ti avviso, io gli animali non li bevo, non mi piacciono. >>
<< Tranquillo, basta solo che mi fai compagnia. >> certo, Light avrebbe voluto un altro vampiro al suo fianco nella sua prima, vera battuta di caccia, ma una presenza amica faceva sempre piacere. Si addentrarono tra gli alberi tenendosi per mano, fiutando l’aria in cerca di qualcosa più grande di un topolino. Purtroppo si erano allontanati dal folto del bosco e la vegetazione comincia a diradarsi. Tuttavia la ragazza riuscì a trovare qualche coniglio ed anche un tasso. Certo, sentiva che avrebbe trovato posto anche per un orso, ma dovette accontentarsi; ci sarebbe voluto troppo per cercare animali di grossa taglia, e non voleva perdere altro tempo prezioso. Sentiva, nel profondo di sé, che il Giustiziere non stava bene, che le cure del suo amico non bastavano.
<< Conosci la strada per arrivare alla casa di Nathan? >> chiese ad Oliver, visto che aveva perso la traccia e che non le pareva il caso di telefonargli per chiedere informazioni, se mai le avesse risposto, ovvio.
<< Certo! Ma dobbiamo passare per qualche città; anche se ci teniamo in periferia, dobbiamo andare abbastanza veloci da non farci vedere. >>
<< Nessun problema. >> rispose la vampira.
Non corsero subito al massimo delle loro capacità, ma anche così, nel giro di un quarto d’ora, la campagna lasciò il posto alle zone abitate; prima graziose villette a schiera poi, pian piano, grattaceli sempre più alti. Ad un cenno del vampiro aumentarono l’andatura e Light, con un sorriso, pensò che dovevano essere poco più di una macchia sfocata nei filmati delle telecamere e negli sguardi assenti degli abitanti. Man mano che proseguivano il verde lasciò spazio al cemento e, a volte, divenne difficile capire quando da una città si giungeva in un’altra.
<< Ma perché Nathan è andato a vivere in mezzo agli umani? >> chiese la fanciulla, curiosa di capire perché non avesse preferito, come Aaron, la calma solitudine.
<< Aaron dice sempre che a Nathan piace il rumore, la confusione, che se vivesse in campagna non sarebbe mai a casa ma sempre in giro per le strade. E poi, più vicino sta agli altri che abitano là, meno possibilità ci sono che succeda qualcosa. >> a quello non aveva pensato, anzi, si rese conto di avere un’idea piuttosto vaga di come vivevano gli altri di quella che,ormai, era diventata anche la sua specie.
<< Sono tanti i vampiri che vivono in mezzo agli umani? >> chiese, decisa ad essere meno ignorante, preparata ad ogni situazione.
<< Si, soprattutto vicino a certi ospedali. >> poi, vedendo il suo sguardo confuso, spiegò << Ogni tanto i Sommi scelgono alcuni dottori a cui rivelare la nostra esistenza, in modo che possano smerciare, con discrezione, sacche di sangue a chi preferisce non attaccare gli umani. >>
<< Non credevo che, oltre ai Guardiani, altri sapessero di noi. >>
<< Li scelgono con cura, in modo da essere certi che non ci tradiscano. Potrebbero minacciarli, ma la fiducia è più efficace della paura. >>
<< E gli altri? Chi non vive in città? >>
<< Beh, in tanti stanno nei pressi della nostra cittadina, dove vivono anche Guitti e Sophie. Lì non hanno bisogno di nascondersi, possono essere vampiri e sono certi che nessuno andrà a disturbarli. Poi ci sono gruppi itineranti, che sono quelli che di solito attaccano gli uomini. E gli antichi; loro si rintanano in qualche posto sperduto e meditano, dormono o fanno qualsiasi altra cosa che possa dare un senso ai secoli. >>
<< E fuori dall’America? Ci sono vampiri? >> Olly scoppiò a ridere, incurante del fatto che stessero attraversando una strada piena di persone.
<< Ma certo! Ci sono vampiri in tutto il mondo, di tutte etnie e di tutte le civiltà. Credo che alcuni ci fossero già prima della nascita dei grandi popoli, ma credo siano pochi. >>
<< Davvero? Intendi che potrebbe esserci qualcuno che ha visto nascere, che so, i sumeri? >> l’altro annuì e rispose che  Aaron gli aveva raccontato di aversi parlato, una volta.
<< In Europa le cose non sono molto diverse, >> continuò << forse c’è qualche itinerante in meno, sai, la considerano una pratica barbara, ma di sicuro è pieno di antichi che non hanno voluto lasciare la loro terra. Non ci parlo molto, di solito, soprattutto perché so che anche io vengo da quei posti, e mi mette a disagio ricordare. Preferisco l’Africa. Là antichi e nuovi si mescolano; rispettano la vita umana, ma pensano anche che è il più forte a sopravvivere. Però cacciano esclusivamente per cibarsi, non per divertimento. In Cina, Giappone e Paesi vicini è più o meno la stessa cosa, però mi sembra sempre che anche gli appena creati abbiano una forma di saggezza che non tutti i nostri antichi possiedono. In medio oriente, invece, per quanto sia pieno di antichi, nelle zone di guerra a regnare sono gli itineranti; ci sono così tanti modi per nascondere una sparizione che ormai sono senza freni. I Sommi sono intervenuti qualche volta, ma se continuano così forse manderanno Aaron a mettere ordine. >> poi rimasero in silenzio. Non c’era modo di commentare un’atrocità del genere; non bastavano tutte le vittime che facevano gli umani, anche i vampiri davano una mano. Però, pensò la ragazza, era da aspettarsi una cosa del genere; come c’erano uomini che volevano la pace ed altri la guerra, così era anche per le creature della notte.
Interruppe le sue riflessioni quando arrivarono nelle vicinanze di casette a schiera con i muri gialli, e l’odore del suo amato tornò a riempire l’aria. Inconsciamente, percorse le ultime centinaia di metri ad una velocità folle ma, comunque, Nathan fu più rapido e aprì la porta prima ancora che lei sollevasse la mano per bussare. Il Sommo era stanco, agitato, e da come stringeva a ripetizione i pugni doveva essere anche parecchio preoccupato.
<< Mi chiedevo quanto avessi intenzione di metterci. >> l’apostrofò, duro.
<< Credo di aver allungato la strada nella foresta, ma ora sono qui. Scusami per ciò che è successo, non capiterà più. >> disse lei, dispiaciuta, ma pronta a  tutto pur di aiutare il suo compagno. L’altro sospirò pesantemente e si passò le mai tra i capelli.
<< Scusami anche tu. Avrei dovuto essere più paziente, dopotutto ti eri appena svegliata, ma era preoccupato. Sono ancora preoccupato. >>
<< Nessun miglioramento? >> invece di rispondere, il vampiro le fece segno di seguirlo e la condusse in una camera dove, disteso immobile sul letto, c’era il Giustiziere.
<< Non si muove, non risponde a nessuno stimolo. Credo sia più morto ora di come avrebbe potuto essere da umano. >>
<< Hai provato a fargli rigettare il sangue umano? >> gli chiese, accomodandosi sul letto e accarezzando dolcemente la guancia del suo uomo. Era strano vederlo così immobile, indifeso; la pelle era quasi trasparente sugli zigomi, gli occhi infossati, i capelli erano scomposti ed i ricci non erano più lucenti, avevano una consistenza paglierina.
<< Si, e anche a dargliene di animale, ma non apre nemmeno la bocca. Ho provato con delle ignizioni, ma non riesco a rompere la sua pelle. Sembra quasi diventato di pietra. >> la giovane gli prese una mano e si accorse che anche il drago nero che marchiava l’interno del suo polso destro stava sbiadendo. Da quanto ne sapeva, il tatuaggio dei Guardiani scompariva solamente dopo la morte, e non era certo un buon segno che quello di Aaron sbiadisse così. Un moto di panico le chiuse la gola. E se non fossero riusciti a salvarlo? Cosa sarebbe successo al suo vampiro? Non riusciva nemmeno ad immaginarlo; semplicemente, non poteva succedere, non ora che avrebbero potuto stare insieme per l’eternità.
Fu istintivo chiudere gli occhi, scordarsi della presenza di Nathan, e posare le labbra su quelle del Giustiziere. Quello che non avrebbe mai potuto prevedere era l’esplosione di potere che ne scaturì, che li avvolse e li rinchiuse in un bozzolo di luce; le parve che di soffocare, anche se non aveva più bisogno di respirare, ma non riuscì a muoversi fino a quando tutto il bagliore argenteo non fu assorbito dal corpo di Aaron. Forse, si disse, questo lo avrebbe purificato, avrebbe eliminato il sangue nocivo; però ebbe un attimo di esitazione prima di aprire gli occhi, la paura che non fosse servito, che anche quella magia antica non potesse nulla, le fece tremare le gambe. Tuttavia, si disse che non poteva rimanere inerme, che questo era il momento di essere forte e, stringendo la mano del compagno, spalancò le palpebre, e trovò due occhi verdi che la fissavano.
 

Ora, lo so che probabilmente mi lincerete e che non mi crederete più quando vi dirò un tempo di aggiornamento, e avete pienamente ragione. Vi avviso subito che sabato prossimo parto per l'Inghilterra e dubito fortemente di avere tempo di scrivere il prossimo capito, quindi penso che ci risentiremo verso metà settembre. Finto con gli avvis tecnici, passiamo al capitolo. E' molto discorsivo, niente azione, ma mi piace. Si mettono in luce nuovi aspetti della vita dei vampiri e a parlare è Oliver; senz acontare quanto strano mi fa chiamare Light "vampira". Per il resto, a parte il risveglio di Aaron, non succede proprio tanto, ma spero vi piaccia ;) mi raccomando, fatemi sapere :)
Un bacione :)

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