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Note:
inauguro oggi questa nuova raccolta, yep. Ben cinquanta pairing,
gente, scriverò di personaggi mai trattati.
Ci saranno fan fiction
ispirate a manga/anime, telefilm, libri, film ed RPF, vi avviso.
La
raccolta si ispira ad una community americana: “50_lovequotes”,
che ho scoperto grazie alla splendida raccolta di Feel
Good Inc
(click),
leggetela perché è davvero meritevole. <3
E
ovviamente le ho chiesto il permesso, eh. u_u
Il
titolo di questa raccolta non è di mia inventiva ma
è estrapolato
direttamente dalla grande opera di Friedrich Nietzsche: “Al
di
là del bene e del male”.
Detto
ciò, vi avviso che posterò flashfic oppure
one-shot. La prima flash
è una Jess/Nick, “New Girl”,
news telefilmica che ho
conosciuto grazie a Kokky.
È proprio a lei, infatti, che è
dedicata questa prima flashfic. ♥
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al
di là
del bene e del male
1.
«I
would go anywhere to get to you, so why is it that all you have to do
is smile to get to me?».
Ormai
ha imparato a convivere con le stranezze di Jess, anzi, si è
persino
affezionato alle particolarità del suo carattere;
ciò che Nick non
riesce proprio a
sopportare, invece, sono i suoi acuti improvvisi.
Benché sia molto indulgente nei suoi confronti, la sua
pazienza è
costantemente messa alla prova:
talvolta Jess compare di scatto e
con il suo microfono sotto forma di cucchiaio,
intona una
melodia senza senso.
Quella
mattina è diversa dalle altre, in ogni caso: non si ode la
voce di
Jess nell'aria ma, piuttosto, l'I-pod di Schimdt a tutto volume, un
rumore
decisamente fastidioso. Nick si versa i cereali nel latte, si
gratta il capo per qualche secondo e sembra quasi
sperare che,
una volta chiusa l'anta del frigorifero,
Jess
lo sorprenda – poiché, per qualche oscuro motivo,
la ragazza prova
un perverso piacere nel vederlo scattare all'istante.
Invece,
l'unica persona che gli compare davanti è Schmidt: lui e le
sue
strane movenze, l'I-pod nelle orecchie e una ciotola di latte tra le
mani. Nick lo
interrompe, più che altro è imbarazzante
osservarlo,
chiedendogli con finta indifferenza: «Dov'è
Jess?».
Schimdt,
di tutta risposta, esordisce con una espressione curiosa:
«Credo che
abbia trascorso la notte da Paul. Grandi passi avanti, eh, la nostra
ragazza».
Nick
annuisce con il capo, poi si siede e affonda un cucchiaio nella
tazza: improvvisamente gli mancano i motivetti improvvisati di Jess,
il suo microfono
sotto forma di cucchiaio e, soprattutto, il modo in
cui sorride di primo mattino quando fanno colazione insieme.
Ebbene,
nonostante mi fossi promessa di non scrivere sui classici, alla fine
non sono riuscita a tener fede alla mia promessa. E ci ricadrò
ancora, sappiatelo, visto che scriverò una Darcy/Lizzie.
Insomma, io trovo i classici perfetti e intoccabili, pur
tuttavia leggendo questa frase mi è venuta in mente solo una
coppia. LA coppia drammatica per eccellenza, Heathcliff e
Catherine. Li amerò sempre, come mi ha "distrutta"
la loro storia d'amore, non l'ha fatto nessun altro libro.
Questa
storia è dedicata in maniera particolare a Black Panther,
non scrivo nient'altro perché
lei immagina il motivo. ♥
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là
del bene e del male
2.
«Kisses
are like tears. The only ones that are real are the ones you can't
hold back».
Heathcliff
osserva l'orizzonte lontano, fin dove la vista glielo concede,
meditando tra sé e sé; ben presto arriverà
un'altra tempesta di neve, ormai può dirlo con certezza, se
indugia con lo sguardo un po' più a largo può scorgere
un puntino nero nell'aria. Poi, con il passare dei minuti,
quell'invisibile granello prende forma: Heathcliff non ne è
minimamente piccato, che l'uomo in lontananza sia sospinto o meno dal
vorace vento invernale non è affar suo.
Il
pensiero volge ancora alla sua
Catherine: baratterebbe volentieri la vita di quello sconosciuto che
si avvicina, o addirittura l'esistenza dei componenti della sua
stessa famiglia, pur di poterla rivedere un solo istante.
«Oh,
si è perso nella brughiera? Signor...».
«Lockwood».
Si
odono delle voci in lontananza, Heathcliff ne è disturbato:
tutto quel rumore l'ha distratto dal suo pensiero primario, da ciò
che lo tiene saldamente ancorato al suolo giorno dopo giorno.
Poi,
nel bel mezzo di quella bufera, scorge una presenza:
una visione, forse, oppure uno scherzo che i suoi occhi gli stanno
giocando. Non importa, pensa fra sé e sé, riconosce
all'istante i tratti della figura, i lunghi capelli color dell'ebano,
nonché il suo sorriso senza tempo; Heathcliff vorrebbe poter
attraversare con il pensiero gli ostacoli che gli si pongono davanti,
ne è tanto intimorito quanto emozionato.
«Aspettami
Catherine»,
mormora fra sé e sé. «Presto
saremo ancora insieme».
Prima
yaoi di questa raccolta, yep! Ci saranno diverse coppie yaoi e yuri a
cui sono affezionata, non potevo ignorarle in questa raccolta.
Comunque,
questa storia non è collocata in un momento ben preciso: è
di mia invenzione, totalmente, ho immaginato uno dei tanti incontri
tra Jack ed Ennis.
Dedicata
a Rota in particolare, un piccolo regalino per te, spero
apprezzerai. ♥
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là
del bene e del male
3.
«It's
funny how someone can live each and every day without knowing that
their existence is the reason you live».
Jack
dirige lo sguardo in alto, osserva il tappeto di stelle fin dove la
vista glielo consente; poi, pensa a Brokeback Mountain, alle notti
trascorse in compagnia di Ennis.
Infinite
sono state le stelle che hanno contato, alcuni giorni hanno atteso
l'alba solo per vederle svanire, inghiottite dalle prime luci
mattutine. Dopodiché giungeva il momento in cui dovevano
render conto alla realtà delle stelle, dei baci dati sotto
il firmamento, degli abbracci mai spezzati: non restava nient'altro
che il ricordo.
«Non
è il momento di pensarci», esordisce Ennis, tirandogli
insù il mento.
Jack
sorride, allora, di fronte al compagno è un libro aperto:
Brokeback Mountain
in quel periodo dell'anno è magica, sebbene le temperature
polari potrebbero far pensare l'esatto contrario.
«Giusto,
godiamoci la natura...», risponde Jack, dopo un lungo silenzio.
Poi,
i vestiti scivolano via – una brivido freddo serpeggia
improvvisamente lungo la schiena di Jack –, così Ennis è
costretto a lasciar abbrustolire la loro cena sul fuoco.
«Hai
ragione, Jack», mormora, prima di lasciarsi andare
completamente, le risate del compagno riempiono l'aria e sembrano il
rumore più bello del mondo.
Oh,
bene, questa fan fiction è ambientata in un ipotetico futuro.
Appena ho letto la frase mi sono venuti in mente loro due. <3
Inoltre,
è dedicata in maniera particolare a bruciamente. Le sue
storie nel fandom de "I Peanuts" sono molto più
belle, eh, ma era mio dovere – nonché piacere –
dedicarle una storia Schroeder/Lucy. ♥
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là
del bene e del male
4.
«A
little jealousy in a relationship is healthy. It's nice to know that
someone is afraid to lose you».
«Quindi,
me ne vado ad uno scorboraduno», dichiara Lucy van Pelt,
spruzzandosi una goccia di profumo all'altezza del collo.
Schroeder
la osserva dall'alto in basso, nel suo inconfondibile vestito blu,
dopodiché obietta: «Ancora, Lucy? Hai diciotto anni,
ormai e...».
«E
tu suoni ancora i pezzi di quel
Beethoven», sentenzia con fare accusatorio, mettendo le mani
sui fianchi e gonfiando le guance come due palloncini.
«Lucy,
non è un paragone calzante. Te ne rendi conto, vero?».
Lucy
non se ne rende conto, in effetti, per il semplice fatto che lei non
può avere torto. Quindi, dopo un breve sospiro, inveisce
contro il povero malcapitato: «Magari ho conosciuto
qualcuno».
Lucy
alza un cipiglio con fare beffardo e attende pazientemente la
reazione di Schroeder; quest'ultimo risponde con uno sbuffo, però,
a primo acchito pare che stia trattenendo una risata liberatoria.
«No,
non ci cascherò di nuovo. Stavolta risparmiami la storia del
tuo finto
fidanzato», replica
Schroeder, ricordando il tentativo – assai poco fantasioso,
peraltro – di farlo ingelosire.
Per
quale ragione, poi, dovrebbe invidiare l'essere umano che avrà
il coraggio di prendersi cura di Lucy van Pelt? Un individuo
sicuramente disperato, per la cronaca.
«Però
eri geloso», obietta Lucy, con una puntina di speranza nel
timbro di voce.
«Eri
tu ad insistere, Lucy».
Effettivamente,
potrebbe non avere tutti i torti: aver finto una relazione, mandare
delle rose rosse a se stessa quasi ogni giorno e comprare di propria
iniziativa dei regali solo per attirare l'attenzione di Schroeder,
forse è stata una mossa azzardata.
In
ogni caso il campanello suona improvvisamente e, Lucy potrebbe quasi
giurarlo, il capo di Schroeder scatta all'istante; quindi, senza
troppi convenevoli, si prende la rivincita: «Beh, magari mi sta
aspettando alla porta».
«E
vorresti farmi credere che un uomo ti è venuto a prendere?».
Schroeder
sbuffa, seppur intimamente tema di aver arguito l'intuizione; Lucy
afferra il cappottino, dopodiché replica: «Geloso?».
«Spaventato»,
confessa Schroeder, chiedendosi quale tipo d'uomo possa avere il
coraggio di presenziare ad uno scorboraduno insieme a Lucy.
La
porta si apre di scatto, Schroeder alza insù il capo: sì,
lo ammette, la situazione lo incuriosisce parecchio.
«Charlie
Brown, entra. Schroeder ti stava aspettando...».
Lucy
ridacchia sommessamente, mentre Charlie Brown oltrepassa la soglia
della porta.
«Cosa?».
In
quel preciso istante, Schroeder si rende conto della situazione: Lucy
ha architettato quella folle situazione solo per poterla ribaltare a
suo favore – beh, avrebbe dovuto aspettarselo da una scorbutica
di natura.
«È
bello poter avere una prova del tuo amore ogni tanto, Schroeder».
Lucy
gli lancia una occhiata fulminea, sventola una mano con aria
vittoriosa e chiude la porta dietro di sé: ebbene, per una
volta lo ha lasciato senza parole.
Sfigacoppia
(?) nel fandom di APH che, a mio parere, dovrebbe essere presa più
in considerazione. Sono troppo bellini insieme, appena li ho visti mi
sono innamorata di loro. E, sì, me ne rendo conto... sto
fangirlando un incesto, uhm, ma sono amore. ç//ç
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là
del bene e del male
5.
«Find
someone who will stay awake just to watch you sleep».
Vash
rientra di notte fonda, dopo estenuanti mesi di duro combattimento:
il soldato preme la mano sul fianco, le ferite sembrano essersi quasi
rimarginate ma non può dire la stessa cosa per le fitte di
dolore.
Lily
non dovrà mai saperne nulla, in ogni caso: se solo vedesse il
suo corpo massacrato in battaglia, benché fasciato da garze,
si preoccuperebbe e, conoscendo la sua spiccata sensibilità,
non si tratterebbe da un pianto liberatorio.
La
verità è che Vash potrebbe sopportare qualsiasi
sofferenza sul campo di battaglia, nulla in confronto alle lacrime
che Lily potrebbe versare per lui.
Quindi
si dirige verso il salone principale, il suo sguardo si rivolge verso
la tavola imbandita: Vash vorrebbe quasi sorridere, se solo non fosse
in presenza dei suoi servitori.
«La
signorina ha voluto lasciarle qualcosa, come ogni sera».
Vash
addolcisce l'espressione, ancor più quando scorge la figura
della sorella accanto al camino, pare che si sia addormentata sulla
poltrona; poggia una mano sulla sua nuca, allora, si siede accanto a
lei e la osserva con attenzione.
In
qualche modo, il suo dolore si attenua un po'
– che Lily sia la cura di tutti i suoi mali?
Capitolo 6 *** #6. Naoki/Kotoko, Itazura na kiss. ***
Note:
Naoki/Kotoko, "Itazura na kiss".
Una
delle coppie che mi ha più ossessionata, non smetterò
mai di dire quanto questo manga/anime/drama sia meritevole sotto ogni
punto di vista: sono in assoluto uno dei miei OTP prediletti, non
potevo concepire questa raccolta senza loro due. <3
Sul
finale, il “dieci percento” a cui mi riferisco è
una battuta estrapolata direttamente dall'anime: “Io riesco nel
novanta percento delle cose in cui non riesce lei, eppure esiste quel
dieci percento in cui solo lei è capace. Lei e nessun altro”,
battuta detta da Naoki Irie. Quanto l'ho amato qui, tra parentesi.
Dedicata
a Kokky, il mio “doppione fangirlante”(!) –
è dura arrivare ai nostri livelli, eh. ♥
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là
del bene e del male
6.
«A
dream is just a dream until you make it come true».
«Irie-kun,
sai cosa mi hanno detto oggi le ragazze?», esordisce Kotoko,
infilandosi sotto le coperte.
Naoki
sfoglia l'ennesima pagina del libro di medicina, a breve dovrà
affrontare un esame e non può permettersi distrazioni. In ogni
caso, sua moglie non gli lascerà molta scelta, ragion per cui
replica con una sottilissima smorfia, seguita da un mugugno piuttosto
sinistro: «Uhm».
Gli
occhi di Kotoko brillano, potrebbe giurarlo, talvolta le reazioni di
sua moglie riescono a imbarazzarlo.
«Te
lo dico lo stesso, anche se farai finta di non ascoltarmi. Mi hanno
detto che sono una donna fortunata, perché i miei sogni si
sono realizzati. E perché il mio primo amore, beh, è
rimasto il mio primo amore».
Kotoko
gesticola quando parla, una cosa che Naoki odierebbe se solo non si
trattasse di lei. Quindi finge indifferenza, dopodiché
dibatte freddamente: «Dovrei ricordarti che ti sei
letteralmente incollata a me?».
«Oh,
Irie-kun, non essere così scorbutico», Kotoko lo
spintona un po', quel tanto che basta per lasciar scivolare il libro
di medicina.
Naoki
raccoglie il tomo dal pavimento, poi dibatte con sarcasmo: «Analizzo
la realtà».
È
un dottore, razionalizzare è suo dovere: Kotoko potrà
avere anche una visione romantica della vita, tuttavia manca di
realismo. Il fatto che la loro storia abbia superato così
tanti ostacoli si deve soprattutto alla perseveranza di Kotoko, unita
alle forze straordinarie di sua madre.
«Però
ogni tanto è bello farsi sorprendere», esordisce Kotoko.
«È bello che i sogni diventino realtà, eh?»,
domanda ingenuamente, cercando negli occhi di suo marito una
risposta.
Quest'ultimo,
vivamente sbigottito dall'ingenuità di sua moglie, obietta in
modo assai scialbo: «Sì, certo, come no...».
Kotoko
non si arrende, Naoki Irie lo sa fin troppo bene, tant'è che
si avvicina accanto a lui e gli tira una gomitata all'altezza delle
costole: «Suvvia, Irie-kun, lo so che impazzisci per me».
«Sei
tu, veramente, che mi farai impazzire... stando dietro alle tue
fantasie, intendo», dibatte Naoki, facendo un cenno di diniego
con il capo.
Poi,
il sorriso di Kotoko riempie la stanza e Irie non può proprio
fare a meno di notare che quella particolarità rientri nel
dieci percento delle cose in cui sua moglie riesce meglio.
«Sì,
anche io ti amo».
Kotoko
gli schiocca un bacio sulla guancia, prima di gettarsi letteralmente
con il capo sul cuscino: sulle sue labbra indugia una smorfia di
vittoria e Naoki Irie, nonostante tutto, è costretto a
convenire.
Fan
fiction ambientata durante la prima stagione – di mia totale
invenzione, in ogni caso, inserisco questa specificazione solo per
far capire che Chuck qui non è l'agente Carmichael. È
quindi l'imbranato, nervoso e timoroso Chuck Bartowski che ci piace
tanto.
Ah,
ho immaginato che il Team Bartowski fosse in missione in
Germania, lo dico giusto perché ho citato la “porta
del Brandeburgo”.
Ci
tengo a dedicarla in modo particolare a Valehina,
non solo per la coppia in sé ma anche perché –
per qualche strano motivo – si sorbisce tutto il mio bisogno
di fangirlare via Skype. ♥
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là
del bene e del male
7.
«You
are everything I never knew I always wanted».
Se
solo la loro relazione fosse vagamente reale, Chuck le dovrebbe
stringere la mano, schioccarle dei baci nei momenti meno attesi e
potrebbe persino progettare una romantica cenetta a lume di
candela.
Una
interessante alternativa, senza dubbio, decisamente più
godibile rispetto alla crudele realtà: Chuck sta
penzolando da un grattacielo di ben centoventotto piani, una piccola
mossa sbagliata gli sta quasi costando la vita.
«Sarah,
te l'ho mai detto che soffro di vertigini?», domanda Chuck,
ridacchiando in maniera isterica.
Sarah
sta cercando qualcosa nella sua pochette, sembra che abbia perso il
proverbiale self-control: «Solo un attimo...».
«Oh,
certo, fai pure con comodo. È solo un po' di sano
stretching», Chuck cerca di non perdere l'autoironia, Sarah
lo trova divertente – per qualche oscura ragione –,
vederla ridere alle sue stupide barzellette lo rende felice. «Avrei
pensato di morire in America, però. Almeno vedrò la
porta del Brandeburgo prima di andarmene, poteva andarmi
peggio».
Un
filo metallico si spezza improvvisamente, Chuck teme di aver
profetizzato la propria morte: Sarah si lancia, allora, afferra la
sua mano con forza e con l'altra cerca un super oggetto da
spia che potrebbe salvargli la vita.
«Sarah,
non devi rischiare la vita per me. Al massimo potresti perdere una
risorsa ma...».
Sarah
gli lancia una fune, Chuck l'afferra saldamente, poi si aiuta con la
forza degli arti inferiori e superiori. Un sospiro di sollievo, alla
fine, per un attimo ha temuto il peggio – anzi, è stato
fin troppo coraggioso: almeno stavolta non ha bagnato i pantaloni,
gran bel passo avanti.
Ciò
che non si aspetta davvero, però, sono le braccia di Sarah
intorno al suo collo: così, per interminabili minuti, il tempo
sembra essersi fermato; solo quando l'agente Walker torna ad assumere
il proprio incarico quel momento può definirsi archiviato.
Dimenticheranno
tutto, come al solito, chiuderanno ancora una volta i loro sentimenti
in una cassaforte.
In
realtà non l'ho collocata in un contesto ben preciso, fatto
sta che amo i “battibecchi” tra Inuyasha e Kagome...
anche se ho scritto molto poco su questa coppia, mi è sempre
piaciuta, è uno dei capisaldi della mia infanzia. :)
A
roro, perché questo è il “suo”
pairing. ♥
Non
scrivo su questi due da un bel po', quindi spero che la storia
risulti vagamente leggibile. In ogni caso, a te, compagna di contest
masochistici. X°D
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là
del bene e del male
8.
«I
would rather have thirty minutes of wonderful than a lifetime of
nothing special».
Quando
Kagome saltava nel pozzo e sbucava nell'epoca Sengoku, sapeva di
lasciarsi alle spalle un frammento
di
vita – ma, se ad attenderla era Inuyasha, ne
valeva la pena.
«Non
dirmi che mi stavi aspettando», disse Kagome, aiutandosi con un
lembo del kimono di Inuyasha per raggiungere la terraferma.
«Umph»,
fu la blanda risposta di Inuyasha, il quale voltò la testa
dalla parte opposta.
«E
non mi dici niente dopo una settimana?», domandò con
fare accusatorio Kagome.
Inuyasha,
di tutta risposta, esordì con una battuta gelida: «Non
ho nulla da dirti. Non mi sono nemmeno accorto che...».
«A
cuccia!»,
esclamò Kagome, ancor prima che Inuyasha potesse terminare la
frase.
A
quel punto, come da rito, il mezzo demone si trovò faccia a
faccia con la terraferma, probabilmente anche con un gran bernoccolo
sulla fronte; Kagome, soddisfatta della sua personalissima vendetta,
incrociò le braccia con fare canzonatorio e si allontanò
dalla radura.
Miroku
e Sango che, almeno fino ad allora, avevano osservato la scena come
due spettatori estranei alla realtà, intervennero al fine di
perorare la causa di Inuyasha – anche se, in tutta sincerità,
se l'era letteralmente cercata.
«Kagome»,
Sango si avvicinò alla ragazza, cingendole con un braccio le
spalle. «Anche se lo nasconde, Inuyasha ti vuole davvero
bene», disse Sango, lanciandogli un'occhiata torva –
Inuyasha, ancora dolorante, si lamentava della ben poca grazia con la
quale Kagome riusciva a metterlo al tappeto, letteralmente.
«Non
credo, Sango...», sospirò Kagome, accelerando il passo.
«È
venuto qui ogni giorno, alla stessa ora», esordisce Sango, con
un fil di voce.
Kagome
gonfia le guance e borbotta qualcosa del tipo: «Questo non
cambia assolutamente nulla».
Eppure,
quelle parole sono sufficienti a perdonare Inuyasha: bastano pochi
secondi di assoluta felicità per cancellare ogni
dispiacere, tutto lì.
Capitolo 9 *** #9. Maxwell/Francesca, La tata. ***
Note:
Maxwell/Francesca, “La tata” .
Questo
era l'OTP della mia infanzia, inutile immaginare questa raccolta
senza di loro. La storia, nello specifico, è collocata nella
quarta stagione: precedentemente Maxwell ha confessato a Francesca i
suoi sentimenti – ultima puntata della terza stagione –,
baciandola sull'aereo, dopo un weekend a Parigi. Poi, però, ha
ritrattato. E tutta la quarta/metà quinta serie è
dedicata al fatto che Maxwell abbia “ritrattato” i suoi
sentimenti, Francesca glielo rinfaccia continuamente. XD
Alla
fine, comunque, ho tenuto i nomi italiani, visto che sono più
conosciuti.
A
mia sorella, HamletRedDiablo, perché ormai è
diventata una tradizione vedere questo telefilm insieme. ♥
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là
del bene e del male
9.
«You
can't stay mad at someone who makes you laugh».
«Signorina
Francesca!», esclama per l'ennesima volta il signor Sheffield,
tentando di stare al suo passo.
La
tata non si smentisce mai, ogni giorno riesce a far andare su tutte
le furie il suo datore di lavoro; eppure, benché il signor
Sheffield minacci quotidianamente di licenziarla, Francesca non ne è
mai troppo intimorita.
«Sì,
vuole licenziarmi, ma non può. E lo sa perché?»,
si volta di scatto, schiaffeggiando con la lunga chioma bruna il
volto del padrone. «Perché sono bella, affascinante,
dotata di raffinatezza – no, non sottilizziamo troppo sui
dettagli –, piena di humour e...
la faccio ridere», dichiara
Francesca, aprendo teatralmente le braccia.
«E
questi sarebbero dei motivi seri?», sbuffa il signor Sheffield,
incrociando con fare austero le braccia.
«Quelli
seri deve trovarli lei, ovviamente!», esclama la tata.
«Ecco,
Francesca, mi riferisco a questo atteggiamento. Io sono il
padrone, io la pago, io detto le regole»,
sottolinea Maxwell Sheffield, puntando l'indice in alto con fare
ammonitorio.
«A
proposito, le dispiace se organizzo il compleanno di zia Assunta qui?
Potrei invitare due o tre parenti... diciamo anche cinquanta,
suvvia», sentenzia Francesca, appuntando una lista immaginaria.
Maxwell
s'infervora, allora, quella volta la tata non l'avrebbe passata
liscia. E, osservandola salire la rampa di scale senza troppe
preoccupazioni, esclama improvvisamente: «Francesca!».
«Cosa?
Ah, signor Sheffield: credo proprio che indosserò il completo
che mi ha regalato a Parigi. Prima di ritrattare, ovviamente»,
termina con una punta d'amarezza, curandosi bene di far arrivare il
messaggio al suo interlocutore.
«Oh,
ancora con questa storia».
Maxwell
sfiora le tempie con le dita, fingendo un mal di testa improvviso,
dopodiché le volta le spalle; Francesca coglie il gesto, china
per un sol momento il capo, poi dibatte: «Come vede, avrei dei
seri motivi per andarmene. Ma resterò, signor Sheffield,
attendendo che lei un giorno...», lascia cadere in
sospeso la frase, mordicchiandosi nervosamente le labbra.
«Un
giorno...», ripete il signor Sheffield, osservandola percorrere
con gran decisione la rampa di scale. «Le ho mai detto che quel
completo mi fa impazzire? Cioè, voglio dire, esalta la
sua figura?».
Devo
dire che questa coppia mi ha sempre attirata, specie dal punto di
vista “fisico”; mi piace la loro malizia, la sfrontatezza
di Chuck e gli “attacchi” che rivolgono l'uno verso
l'altra. Ma, non smetterò mai di dirlo, per me questa coppia
esiste solo nelle prime due stagioni, se vogliamo esagerare ci
metterei anche qualche puntata della terza. Ad ogni modo, la storia è
ambientata tra fine della prima-inizio della seconda stagione, le
famose paroline sono ovviamente “ti amo”, qui
Blair ha una storia con Nate.
A
Giulia – shika –, poiché, nonostante questo
telefilm raggiunga livelli di trash mai visto, abbiamo amato questa
coppia. Perlomeno per le prime due stagioni, eh, mi piace pensare che
le altre non esistano. ♥
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là
del bene e del male
10.
«I
look at them, and they look back with those incredible eyes, smile,
and it pathetically makes my entire day».
«Oh,
per favore Bass», supplica Blair, scostandolo un po' da sé.
«Le
voglio sentire, Waldorf», ripete nuovamente il ragazzo,
avvicinandosi alle sue labbra.
Blair
è più scaltra, Chuck Bass non si prenderà
affatto gioco di lei; eppure, ansima sotto il suo tocco, poi stringe
le gambe con una espressione vagamente costernata.
«Sono
io che reggo il gioco, qui, Bass», sentenzia arcigna,
evidentemente soddisfatta del proprio autocontrollo.
Chuck
vorrebbe farle notare che, nonostante Blair non voglia pronunciare
quelle famose paroline, si trovano a fare l'amore per
l'ennesimo pomeriggio, ormai da una settimana a quella parte.
«Davvero?
Allora dovresti stare sopra».
Ecco,
il sapore della rivincita: Blair mima una espressione offesa, vista
da quella prospettiva la regina sembra assai vulnerabile.
Invece, è solo apparenza:
Blair Waldorf si riprende immediatamente, non può permettere
che Chuck la renda debole.
«E
comunque non mi abbasserò mai a tanto», esordisce d'un
tratto, mentre Chuck poggia le labbra all'altezza dell'incavo del
seno.
«Ti
sei abbassata a stare con me, Waldorf, provandone un discreto
piacere», ribatte lui e notando, con gran soddisfazione, le
labbra di Blair curvarsi in una strana smorfia; d'altro canto, per
quanto si neghino, sono attratti l'un dall'altra.
«Starei
con te, starei con Nate, non farebbe alcuna differenza».
Stavolta
è il turno di Blair, lo ha lasciato letteralmente senza
parole: Chuck Bass china il capo in maniera colpevole, per un attimo
teme di aver urtato il suo... cuore,possibile?
«Non
mi dire, ti ho ferito?», esordisce Blair, apostrofando quelle
parole con un tono sarcastico.
«Non
mi chiamo Dan Humprhey, Waldorf», riprende Chuck, pronunciando
quel nome con un che di dispregiativo.
Blair
arcua un sopracciglio, dopodiché dibatte stizzita: «Bass,
ti prego, non nominare quel nome nella mia camera... per ovvie
ragioni».
«Non
ti preoccupare, Waldorf, ti farò nominare il mio nome
molto presto».
Blair
vorrebbe dibattere ma Chuck non le dà tregua: sono le sue
mani, grandi, esperte e meticolose, che scendono lungo i suoi fianchi
oppure sono le sue labbra, piene e vogliose, a trascinarla in un
piacere senza principio né fine. Sono le parole che si perdono
nel vuoto, in pratica, lasciandosi ingannare da un'apparente
parvenza di odio.
Poi,
si ode una voce piuttosto familiare provenire dalla rampa di scale:
«Signorina Waldorf, scenda!», esclama Dorota, ben sapendo
quanto non voglia essere disturbata – a meno che non si tratti
di un'emergenza, beninteso.
Blair
si mordicchia le labbra, impreca tra sé e sé a denti
stretti, si dà un contegno e si precipita al piano di sotto,
sperando che la sua casa stia quanto meno bruciando.
«Cosa
succede, Dorota?», dibatte stizzita.
«Il
signorino Nate la sta aspettando», Dorota piega le labbra in
maniera innaturale, al fine di indicarle il suddetto – il quale
se ne sta a braccia conserte, accanto all'ascensore, nell'attesa di
un suo cenno.
Blair
abbassa improvvisamente le spalle, sorride in direzione di Nate e
rivolge la sua attenzione verso Dorota. Sa esattamente cosa fare, non
rimane altro che liberarsi di Chuck.
«Bass»,
Blair entra nella sua camera, il tono leggermente trascinato.
Chuck
la conosce, Chuck sa, Chuck non ha bisogno di
sorrisi finti o cenni di capo.
«Non
mi dire, sono di troppo», dibatte freddamente, afferrando le
sue cose.
Vorrebbe
pensare che anche quello è un gioco – l'ennesimo
tranello nel quale vuole attirarlo Blair –, eppure si ritrova a
sbattere faccia a faccia con la realtà, ogni singolo giorno.
Capitolo 11 *** #11. Snow White/Prince Charming, Once upon a time. ***
Note:
Prince Charming/Snow White, “Once Upon a Time”.
Ecco,
questi due sono diventati il mio nuovo OTP: non avrei mai pensato di
poter amare così tanto un pairing; Biancaneve non mi è
mai piaciuta molto, eppure questo telefilm mi ha fatto ricredere. La
storia è ambientata nel “mondo delle favole”,
subito dopo la “comunicazione epistolare” tra Charming e
Snow White – voglio un piccione viaggiatore anche io, per
inciso. e_é
Storia
dedicata a Noe, Black Panther, perché di amiche così
il mondo ne è a corto, ormai. ♥
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là
del bene e del male
11.
«I
don't love you because I need you; I need you because I love you».
Snow
White annusa quella lettera – così, senza alcun motivo
apparente –, ormai se la rigira tra le mani da ore; osserva
ogni carattere, studia con attenzione la calligrafia dell'amato, le
sembra quasi di poter toccare i sentimenti di James con mano.
Il
cuore le batte forte, teme quasi che possa rimbalzarle in bocca; un
pensiero stupido, forse, eppure da quando ha conosciuto James i suoi
pensieri volano in una sola direzione.
Ha
passato lunghi giorni in attesa di una risposta, un segnale, qualcosa
che potesse farle accendere un briciolo di speranza in petto; poiché,
in fondo, James potrebbe avere una vita perfetta: Abigail sarebbe la
sposa ideale, la regnante predestinata, l'indiscusso modello da
seguire. Potrebbe essere questo e molto altro, se solo James
l'amasse.
Ha
scelto lei, una fanciulla difficile e pericolosa, in quel momento ne
ha la certezza: Snow White fa una mezza giravolta nel bel mezzo del
bosco, le lacrime le bagnano il volto per la felicità.
«Ti
raggiungerò, mio amato», bisbiglia tra sé e sé,
stringendo la lettera all'altezza del petto. «E insieme avremo
il nostro “e vissero felici e
contenti”, te lo prometto».
Capitolo 12 *** #12. Emily/Victor, La sposa cadavere. ***
Note:
Victor/Emily, “La sposa cadavere”.
Ebbene,
dite ciò che volete, io li fangirlo da morire: perché
sono pieni di pathos, avevano solo bisogno di un occasione in più
– non so, Victoria non mi è mai piaciuta come
personaggio. e_e
Breve
“what if”, ho immaginato un dialogo tra Emily e Victor
prima della scena finale.
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là
del bene e del male
12.
«Faith
is believing in something when common sense tells you not to».
«È
tempo di lasciarti andare, Victor».
Emily
afferra le mani di Victor con le dita ossute, sfiora la sua pelle con
i consunti guanti di pizzo, sorride in un gesto di approvazione.
Poi,
sembra seguire il richiamo del vento: i suoi piedi percorrono
velocemente la navata principale, le porte sembrano spalancarsi solo
per lei.
«Aspetta!»,
riesce ad afferrare la sua mano, senza far troppa pressione.
«Victor,
caro», Emily sfiora la sua guancia, lo fa con una
espressione amorevole. «Se non ti amassi, non ti liberei da me.
Ma, vedi, io ti amo davvero. E, ovunque andrò, voglio
che tu sappia che la mia felicità dipende dalla tua».
Poi,
un moto di commozione: il richiamo del vento si fa più forte,
le nuvole si condensano, l'intera natura sembra obbedire unicamente a
lei in quel momento.
Dunque,
per leggere questa storia dovreste essere a conoscenza del capitolo
77 di “Nana”, nonché degli altri a seguire,
inoltre ci sono diversi dettagli riguardanti la Nana Osaki del
presente che capite, mi ripeto, solo essendo a conoscenza degli
ultimi avvenimenti del manga.
Non
credo che la Yazawa continuerà questo manga ma... tanto vale
sperare, su. Un gran peccato, invero, perché merita tanto e ha
lasciato diverse cose in sospeso. ç_ç
Alla
mia amica Fede,
perché ogni tanto è bello dedicare qualcosa
a qualcuno
che ti capisce davvero. ♥
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là
del bene e del male
13.
«I
think the worst thing about life would be having to go through it
without you».
Ogni
tanto ripensa al suo passato, poi si guarda allo specchio e osserva
il suo presente: di fronte al proprio riflesso non può
mentire, Nana Osaki non riesce a mettere al tappeto se stessa.
Afferra
una spazzola, allora, pettina i lunghi capelli biondi: agli occhi dei
londinesi è una sconosciuta, con grandi occhi scuri, un paio
di ciglia lunghe e dei meravigliosi capelli biondi. Una giapponese
particolare, per alcuni; una fiabesca principessa, per altri.
Non
è costretta a fornire spiegazioni a nessuno, Londra è
una città cosmopolita e gli scoop si attenuano nell'arco di
ventiquattr'ore. Nulla in confronto a Tokyo, sua patria nativa, ove
la sua storia con Ren è ancora chiacchierata, come il primo
giorno.
Il
motivo che l'aveva spinta ad abbandonare tutto non era quel che si
pensava, non aveva nulla a che vedere con i giornalisti, gli scoop
oppure i pettegolezzi locali: l'unica ragione per la quale aveva
cambiato totalmente vita era la sua fragilità.
Per
quanto tenti, non riesce mai a uscirne indenne: è spaventata
da quella se stessa, così sola e priva di difese senza
Ren. Vincono sempre i ricordi, purtroppo, per quanto privi di
consistenza minacciano più e più volte di distruggerla.
È
arrivata addirittura a considerare l'ipotesi peggiore, le basta
rivolgere uno sguardo verso il mare e immaginare Ren attenderla a
braccia aperte; poi, affiora un pensiero nella sua mente: porre fine
alla sua vita autonomamente è una scelta, farlo per volere del
destino è ben altro conto.
Eccoci
qua, in questo manga loro sono stati il mio OTP. OMG, quanto erano
adorabili... e quanto era figo Arashi, tra parentesi. *_*;
Ah,
okay, note serie (!): la storia è ambientata dopo la fine del
manga, per un breve periodo sappiamo che la Paradise Kiss ha
continuato a confezionare abiti. E ho immaginato che fosse
soprattutto Arashi all'opera, dato che lo si vedeva quasi sempre
cucire e rifinire.
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là
del bene e del male
14.
“Never
say sorry for what you meant to do”.
Quando
Miwako lo osserva cucire, con una espressione bizzarra e curiosa,
Arashi non sa proprio cosa pensare. Non che dia fastidio, beninteso,
è solo che la sua fidanzata ha la tremenda abitudine di
esordire con delle battute inappropriate nei momenti meno adeguati.
«Smettila
di fissarmi», dibatte Arashi, frenando il pedale della macchina
da cucire e guardando, seriamente compiaciuto, il frutto del proprio
lavoro.
Miwako,
di tutta risposta, sorride e gonfia le guance: «È
bello».
Nella
sua bizzarra testolina quella battuta potrebbe voler dire tante cose,
ragion per cui Arashi si trova ad arcuare un sopracciglio con aria
dubbiosa.
«Volevo
dire che è bello guardarti lavorare e perdere la cognizione
del tempo. È pura dedizione per il proprio lavoro»,
esordisce, fissandolo con i suoi occhioni grandi.
Arashi
non comprende sulle prime, a lui non sembra essere passato molto
tempo; la Paradise Kiss
li impegna molto, i vestiti sono tanti e coloro che prendono
seriamente a cuore l'impegno troppo pochi. Quella sera, nello
specifico, Arashi ha dovuto cucire una pila di abiti e Miwako ha
deciso di fargli compagnia, così da rendere il suo lavoro
molto più vivace.
Solo
quando Miwako gli mostra il display del cellulare, annuendo con aria
sbarazzina, Arashi comprende le parole della propria fidanzata: sono
le 04:15 del mattino e se n'è accorto solo in quel momento.
«Perché
non me l'hai detto prima, Miwako?!», esclama tutto esagitato.
«Te
l'ho detto: è bello vederti fare ciò per cui sei nato.
Non ti arrabbierai con me, vero?», Miwako si poggia sulle sue
ginocchia e si stringe accanto a lui.
Arashi,
in quel caso, si ritiene molto scarso in difesa
e decide di cedere alle lusinghe della fidanzata.
Note:
Angelina/Vincent (ebbene sì, proprio il padre di Ciel!),
Kuroshitsuji. Tra tutte le coppie che potevo fangirlare in questo
anime proprio quella più sfigata, che in realtà
non è
nemmeno una coppia, lo so. Ma sono angst da morire, io amo l'angst.
Se non si capisse Angelina ogni anno rende omaggio alla tomba di
Vincent, vestendosi solo una volta all'anno di nero.
Ciò che si fa per
amore lo si fa sempre
al di là del bene e del male
15.
«Some
things are worth waiting for... even if you have to wait forever».
Angelina
Durless si guardò allo specchio per acconciarsi la
pettinatura, con l'usuale meticolosità che
contraddistingueva
il suo stile. Madame
Red,
ormai, era un appellativo impregnato sulla sua pelle come un marchio
a fuoco, liberarsene pareva impossibile. Si guardò intorno,
allora, come per accertarsi che non vi fosse nessuno nella stanza,
poi si precipitò ad aprire una vecchia cassapanca.
Si
trattava di un abito semplice, in netto contrasto con il suo
guardaroba: aveva deciso di isolarlo, laddove nessuno poteva vederlo,
anche per quel motivo. Angelina, in realtà, non voleva far
altro che nascondere un tassello di se stessa a se stessa, Vincent si
era portato via il suo cuore tanto tempo fa.
A volte pensava,
egoisticamente, a come sarebbe stato il suo futuro se solo Vincent
avesse compiuto una scelta diversa. Forse sarebbe stata una donna
meno esuberante ma, soprattutto, vendicativa; forse avrebbero potuto
darsi una possibilità, una
su un milione,
se solo lui avesse visto in lei ciò che nei suoi occhi si
rifletteva ogni giorno quando Vincent era in vita.
Anche
dopo tanti anni lo specchio rifletteva ancora l'immagine aitante di
un gentiluomo e, un po' sbiadita e segnata dal tempo, la figura di
una ragazzina con le trecce sfatte ma che lo aveva amato senza
remora. E,
seppur impietosamente, lo avrebbe aspettato per sempre.
Angelina
Durless sistemò il cappello, poi afferrò una
piuma nera
e la infilò all'interno: in quel momento, come
il primo giorno,
era pronta a seppellire l'amato e a rendergli omaggio con finta
indifferenza, soffocando la baraonda di sentimenti che si agitavano
in lei.
Capitolo 16 *** #16. Gerry/Holly, P.S. I love you. ***
Note:
Gerry/Holly, “P.S. I love you”.
Non so se sia stato
merito della bravura degli attori o della storia emozionante
(peraltro tratta da una storia vera), ma questo film per me
è uno
dei più belli. Ho cercato di esprimere la rabbia di Holly,
sono i
primi giorni di lutto, quando lei si isola nel suo dolore. La storia
è dedicata in particolare a Vale, che
come me ha tanto
apprezzato questo film. :3
Ciò che si fa per amore lo si fa sempreal
di là del bene e del male
16.
«For
some moments in life, there are no words».
Ascoltare
ancora una volta la loro
segreteria telefonica non avrebbe mai potuto sostituire Gerry,
tuttavia poteva donarle una sensazione di quiete e serenità
–
seppur
breve –
unica al mondo. Proprio come era stato unico – o, forse, raro
– suo marito, d'altronde.
Gerry aveva pensato ad ogni
evenienza, era stata curata ogni minuziosità
affinché potesse
affrontare il dolore nel migliore dei modi possibili.
«Sai
una cosa, dannato figlio
di puttana?»,
Holly imprecò contro la segreteria telefonica, ciondolando
nella
stanza a causa del whisky, di cui aveva decisamente abusato.
«Non
c'è una maniera giusta per affrontare il dolore. E te lo
dico ora,
sperando che possa arrivarti fin lassù, perché tu
lo capisca: mi
hai decisamente piantata in asso, se volevi lasciarmi potevi
dirmelo... ehi, avrei capito. Certo, prima ti avrei lanciato addosso
qualsiasi cosa mi fosse capitata tra le mani. Perché io ti
odio,
ricordi? E so già cosa risponderai, con il tuo solito tono
saccente:
“Questa è una frase da romanzetto rosa”.
Sono diventata anche ironica, vedi? Ma... ma non c'è ironia
nella
morte».
Holly cadde con un tonfo sordo sul divano, la vista
ormai le si era appannata ma non abbastanza da impedirle di spingere
un semplice tasto.
Messaggio
cancellato.
Holly
respirò a fondo, prese coraggio e compose nuovamente il
numero:
ripetè ancora una volta lo stesso discorso, parola per
parola.
Quello era un bel modo di trascorrere le sue nottate, ora che Gerry
non era più accanto a lei.
Note:Clark/Lois,
Smallville. Questo è uno dei miei pair
“storici”, ho voluto sempre vederli interagire dopo
il matrimonio e ho cercato di descrivere la vita di Clark e Lois dopo
la decima stagione, per l'appunto. Anche se in questo caso non sono
ancora sposati, a causa del finale e anche perché lui la
sposerà dopo sette anni.
Ciò che si fa per
amore lo si fa sempreal
di là del bene e del male
17.
«All I want is someone to hold
me and tell me that everything is going to be okay».
Ogni qual volta Clark oltrepassava la soglia del Daily Planet,
rigorosamente in ritardo, Lois non mancava di notarlo, inventando di
volta in volta insulti del tutto personalizzati. Quel giorno,
però, quando Lois se ne uscì fuori con un:«Ehilà,
straniero. Di ritorno daWoodstock?»,Clark
non rispose prontamente e questo la preoccupò.
Normalmente avrebbe indicato la
sua pila di fogli ammucchiati, inversamente proporzionali alla sua
voglia di lavorare; così, quando Clark poggiò la
giacca sulla sedia, picchiettando nervosamente le dita sulla scrivania,
Lois capì che quello era il momento di svestire i panni
della reporter. Allora si avvicinò al suo fidanzato, serioso
e preoccupato, poi disse: «Se questo è un momento:“Alt, devo salvare il
mondo”,posso
coprirti le spalle, Smallville».
Clark si voltò in sua direzione, dopodiché
rispose: «Più che altro è un momento:“Alt, ho la
responsabilità del mondo sulle spalle”»,mimò
il suo tono, con tanto di finte virgolette.
Lois fece finta di non aver visto quella beffa, poi cinse le braccia
attorno al collo di Clark e sussurrò sottovoce al suo
orecchio, ma abbastanza forte perché potesse sentirlo:
«E non sarebbe meno pesante se condividessi qualche
responsabilità con me?».
Lois sapeva sempre cosa dire in quei casi, riusciva a vedere cose che
alla sua vista – seppure a raggi X – sfuggivano,
particolari di cui egli stesso non era a conoscenza. Clark
abbassò le spalle, poi un sorriso rilassato prese a
indugiare sulle sue labbra: Lois era la cura e il contagio, riusciva a
risanarlo e a influenzarlo al tempo stesso. «Solo se finisci
quella relazione, Lois», disse Clark, puntando lo schermo del
computer.
Lois poggiò le mani sui fianchi, boccheggiò per
qualche secondo e tuonò con tono melodrammatico:
«Questo è un colpo basso, Kent!».
Clark rise tra sé e sé come un bambino, ormai
aveva dimenticato il motivo di tanto affanno: accanto a Lois ogni cosa
acquisiva nuovo peso, era il caso di dirlo, un caricodecisamentepiù
bilanciato.
Capitolo 18 *** #18. Derek/Odette, L'incantesimo del lago. ***
Note:
Derek/Odette, “L'incantesimo
del lago”.
Uno
dei miei primi OTP *piange*, non potevo escluderlo dalla raccolta.
Immaginate che questa scena sia avvenuta dopo il primo film, appena
ho letto la citazione ho pensato a loro. <3
Ciò che si fa per amore lo si fa sempreal
di là del bene e del male
18.
«Someone
asked me what I saw in you, and my only answer was
everything».
Odette
è racchiusa all'interno di uno spicchio notturno, Derek
pensa che la
sua bellezza sia davvero eterea: la osserva per qualche secondo,
assorto, quasi pensa che la sua amata possa diventare tutt'uno con la
luna.
Derek
vorrebbe immortalare quel momento e poi guardarlo
ancora e ancora,
nella speranza che non possa mai terminare, ma è proprio
Odette a
spezzare quell'incantesimo: la sua voce leggiadra invoca il nome
dell'amato e lui è troppo sensibile a quel richiamo per
tirarvisi
indietro.
«Cosa
te ne pare della luna, stasera?», chiede Odette,
stringendogli le
mani.
Derek risponde con prontezza, come se la facoltà di parola
gli fosse stata data solo in funzione di quel momento:
«Bellissima,
a tratti quasi irreale».
Odette si volta, finalmente riesce a comprendere: negli occhi di
Derek brilla il suo riflesso ma, ne è sicura, anche quando
Derek
distoglie lo sguardo dalla sua
figura quell'effigie continua a
permanere.
Perché negli occhi di chiunque guardi Derek
quell'immagine è tutto
e anche di più.
Note:
Derek/Meredith, “Grey's Anatomy”.
La storia è dedicata a
Giulia,
per tutte le volte che abbiamo detto: “Shonda è
pazza. Ha avuto
gravi problemi da bambina”. È ambientata a cavallo
tra la prima e
la seconda stagione, mi manca quel tipo di relazione che avevano.
XD
Ciò
che si fa per
amore lo si fa sempre al di
là del bene e del
male
19.
«Sometimes,
you need to run away to see who will follow».
Ogni
volta che Meredith fugge, lui finisce sempre per ritrovarla: non
importa quanto scappi lontano, Derek non le consente di districarsi da
quel legame che ormai li unisce.
E per quanto Meredith voglia
farla finita, per quanto gli abbia intimato più volte quanto
sia
sbagliata quella relazione – se tale si può
definire –, a nulla
valgono i suoi sforzi quando si trova a qualche spanna da Derek
Sheperd. «Perché
ti ostini a seguirmi? Io... non
ti voglio!»,
esclama Meredith, spingendo sul suo torace per scostarlo da
sé.
Gesto affrettato, probabilmente, perché i palpiti si fanno
più
intensi e Meredith è costretta ad arretrare –
dandosi mentalmente
della stupida, peraltro, ma quella è una constatazione che
tiene per
sé.
«Oh, lo vedo», inveisce Derek, seguendo con gli
occhi ogni
suo gesto.
«Un uomo normale si sarebbe arreso, lo sai?».
Derek
inclina il capo di lato, poi esordisce in tutta naturalezza:
«Forse
detesto la normalità».
Meredith, allora, si mordicchia il
labbro inferiore con veemenza – per quale motivo il Dottor
Stranamore
deve esibire sempre quelle espressioni così maledettamente
affascinanti? –, poi commenta: «Ma io sono cupa,
triste e non hai
idea di quante cose vadano male nella mia vita...», Derek si
avvicina, quanto più lei si allontana. Sarebbe quasi una
scena
divertente, se solo lei non fosse in ritardo per la sua lezione e lui
non stesse mancando una riunione. «E devo proprio andare,
ora».
Eccolo, l'ostacolo impossibile da arginare: la porta dello
stanzino è chiusa a chiave, Derek deve aver pensato proprio
a tutto.
E lei, invece, mai come allora sente di non dover pensare a nulla.
È inutile prendersi in giro: a Meredith piace quella sfida,
quella rincorsa, quell'ora o mai più... ogni
singola volta,
suo malgrado.
Note:
Kamina/Yoko, Tengen Toppa Gurren Lagann.
La
storia si colloca dopo la morte di Kamina, credo sia stata una delle
cose che mi abbiano più fatta soffrire in un anime.
È dedicata in
particolar modo alla
sister, HamletRedDiablo,
per tutto quello che abbiamo condiviso insieme in tanti anni di
amicizia. (:
Ciò che si fa per
amore lo si fa sempre al di
là del bene e del
male
20.
«Goodbyes
make you realize what you've gained, what you've felt, and what
you've taken for granted».
Yoko
carica il fucile e lancia colpi a vuoto, manifestando in tal maniera
il suo lutto: il dolore non diventa più mansueto, anzi, si
fa più
forte proiettile dopo proiettile. Yoko pensa che la vita è
davvero
ingiusta, che il più delle volte decide di togliere a chi
possiede
di meno e di donare a chi, invece, non apprezza affatto quel che ha.
Simon non l'ha avvisata né per pranzo né per
cena, come a
volerle lasciare il suo spazio; eppure Yoko si rende perfettamente
conto che non può andare avanti così, prima o poi
quel supplizio
dovrà terminare e con esso il suo lutto.
Tutto
ciò, ai suoi occhi, risulta inaccettabile: perché
le persone devono
andare avanti come se nulla fosse? Perché devono prendersi
solo
qualche giorno luttuoso per poi tornare a sorridere, seppellendo ogni
sentimentalismo?
Yoko si lascia sfuggire una lacrima, per poi
constatare che l'orizzonte sta imbrunendo e ormai non riesce
più a
distinguere la mira. E realizza, proprio in quel preciso istante, che
forse alcune persone se ne vanno senza un motivo ma lasciano nel
profondo di coloro che soffrono un semplice
“grazie”, con
il passare del tempo.
Yoko, allora, lascia che il fucile atterri
con un tonfo sordo e si concentra in direzione del cielo: la vita
è
stata alquanto ingiusta nei suoi confronti, lo continuerà
sempre a
pensare, pur tuttavia le ha lasciato più di quanto avrebbe
mai
potuto sperare. Alcune persone passano tutta la vita in cerca
dell'amore, senza mai sfiorarlo davvero; lei, invece, lo ha
addirittura vissuto e questo deve pur significare qualcosa. «Grazie
Kamina», sussurra alle stelle, sperando che un alito di vento
possa
arrivare fin dove si trova.
Note:
Flynn/Rapunzel,
Tangled.
Storia
collocata dopo la discesa dalla torre di madre Gothel. Una coppia
Disney non mi appassionava così da tempo, ho amato Rapunzel
e Flynn.
La storia è dedicata in particolare a Feel
Good Inc
per le sue bellissime storie. :3
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempreal di
là del bene e del male
21.
«I
never knew I had a dream until that dream was you».
«Allora,
qual è la prossima cosa in lista?», chiede Flynn,
appoggiandosi
sulla corteccia di un albero.
Rapunzel poggia l'indice sul mento,
con aria pensierosa; poi, improvvisamente, tira fuori una lunghissima
lista, la quale lo lascia senza parole. Flynn si inginocchia a terra
e ne afferra l'estremità opposta; dopodiché, con
un cipiglio
sorprendentemente alzato, afferma: «E questa da dove l'hai
cacciata
fuori? Oh, lascia stare, non lo voglio sapere».
Rapunzel osserva
compiaciuta la lista, poi sentenzia: «È la mia
lista delle cose
da fare prima di morire». Flynn deve
richiamare ogni singola fibra del suo corpo per non
scoppiare a ridere, poiché la sua compagna di viaggio sembra
tenere
a quel foglio accartocciato più della sua stessa vita.
Non può
trattenersi, però, dal controbattere con un po' di sano
spirito:
«Avrai una vita lunga, mi auguro».
«Come?», sbatte le
palpebre Rapunzel, vivamente sorpresa.
«Niente», Flynn torna a
guardare le parole inchiostrate, alcune volte sostenere lo sguardo di
Rapunzel gli risulta impossibile. «E, di grazia, accarezzare
un
coniglietto sarebbe la cinquantesima cosa in lista?».
Rapunzel
si avvicina un po' alla sua figura, quel tanto che basta per
soffermarsi a leggere la stessa riga: «Dopo aver baciato un
ragazzo!», esclama, sorridendo a trentadue denti.
«Oh,
chiaramente. Come ho fatto a non pensarci prima? Ha la
priorità».
Flynn poggia due dita sul mento, beffandosi di lei: non che sia
così difficile, Rapunzel è di natura
così ingenua da stupirlo e
terrorizzarlo al tempo stesso, ogni singolo istante.
«E se
invertissi l'ordine?», si chiede Rapunzel, sfiorando con la
punta
del mignolo il dorso della sua mano.
Flynn Rider potrebbe
approfittare di quel momento e collezionare un altro record sulla
sua, invece, di lista: Rapunzel si trova solo a qualche spanna dal
suo viso, sfiorare le sue labbra sarebbe questione di attimi. Eppure,
per qualche strana ragione, i suoi capelli lo distraggono e il
profumo della sua pelle fruttata annebbia la sua facoltà di
giudizio.
«No, Rapunzel», Flynn prende le distanze, poi
arretra. «Questa è una cosa che dovrai fare con
qualcuno che... non
si approfitterà mai di te».
Rapunzel annuisce, poi inclina
ingenuamente il capo di lato e gli chiede: «Come
te?».
Ma a
quella domanda Flynn Rider non risponde, preferisce cambiar discorso
e passare alla prossima priorità in lista: che lo voglia
ammettere o
meno Rapunzel è un sogno ad occhi aperti e ha come
l'impressione che
non riuscirà più a svegliarsi.
Note:
Joji/Yukari, Paradise Kiss.
Dovete sapere che io sono una
grandissima fan della Yazawa, tant'è che ho voluto inserire
tre sue
opere diverse in questa raccolta. Ho amato molto più Arashi
e
Miwako, ma Joji e Yukari sono così angst che dovevo
scriverci su
qualcosa. Si svolge dopo il finale (episodio 01x12), in un probabile
futuro. Ovviamente Yukari è sempre sposata con Tokumori,
qui.
Ciò che si fa per
amore lo si fa sempre al di
là del bene e del
male
22.
«People
wish upon stars because one day, they hope that those wishes will
come true».
«Tornerò
domani, te lo prometto. Certo, tesoro, non mi dimenticherei mai del
nostro anniversario».
Davanti
a Yukari domina un'ampia vetrata, dalla quale si vede un cielo
gremito di stelle: sembra quasi poterle avvicinare, sebbene sappia
benissimo che si tratta di un'illusione tende la mano verso l'alto.
È
solo Joji a richiamare la sua attenzione, dall'altra parte
dell'appartamento, è solo in quel preciso istante che Yukari
torna a
poggiare i piedi per terra.
«Allora... ti è piaciuto il
musical?».
Joji le offre il bicchiere di champagne, con il suo
solito modo garbato; Yukari contempla per qualche momento il
contenuto, dopodiché dibatte senza timori: «Non
sono venuta fin qui
per parlare del musical, sai?».
Yukari sorseggia brevemente, poi
lascia cadere il soprabito sulla poltrona. Joji vorrebbe davvero
rispondere con una battuta di spirito ma, voltandosi, non
può fare a
meno di contemplare le perfette curve di Yukari e di apprezzare, in
particolar modo, il fatto che il tempo sembri non averla sfiorata.
«Con il tempo diventi una vera provocatrice»,
sentenzia Joji,
brindando alla sua salute.
«Ho imparato dal migliore».
«Appunto»,
ammette Joji.
Con il passare degli anni quello scambio di battute
è diventato quasi abituale, eppure Joji se ne stupisce ogni
volta: Yukari è così diversa dalla timida liceale
di un tempo, la sua
aggressività talvolta lo irrita e lo attrae.
Ciononostante
Yukari continua ad essere presente ai suoi spettacoli di debutto,
ragion per cui non può fingere una tale indifferenza: quella
consapevolezza lo fa sorridere, seppur amaramente, il tempo passa e
loro sono sempre gli stessi.
Joji si accende una sigaretta,
invitando Yukari a fare altrettanto; quest'ultima, però,
preferisce
sfilarla direttamente dalle labbra dell'amante, con intento
provocatorio.
Ma Joji è più scaltro, ha previsto ogni sua
mossa, e la stringe tra le braccia prima che lei possa preferir
parola: affonda il viso nei suoi capelli corvini, traccia con le dita
il profilo della sua esile figura, lascia che quel profumo lo inebri
fino a soffocarne.
Se Joji ha comprato quell'appartamento,
d'altronde, è stato proprio per lei: affinché
potesse vedere le
stelle, nel punto più alto possibile, affinché
l'illusione di
poterle sfiorare divenisse reale. Ma, in realtà, le vere
stelle sono
gli occhi di Yukari – profondi e scurissimi –, che
lo hanno
intrappolato in una scappatoia senza via d'uscita, entro la quale
entrambi trovano conforto.
Note:
Dharma/Greg,
Dharma & Greg.
Penso che insieme alla Maxwell/Francesca (sulla
quale ho già scritto), questa coppia sia stata una delle mie
preferite in assoluto da bambina –
e poi Greg è stato uno delle mie big
crush
telefilmiche. Il
“canto dei gabbiani” è stato del tutto
inventato dalla
sottoscritta, se ricordate Dharma ogni tanto celebrava qualcosa di
insolito o anomalo, ci ho solo lavorato su.
Ciò
che si fa per
amore lo si fa sempre al di
là del bene e del
male
23.
«We're
so weird. That's what I like about us, actually».
Greg
Montgomery non dovrebbe più stupirsi a distanza d'anni,
eppure sua
moglie si dimostra ogni giorno una sorpresa continua. Nello
specifico, quel giorno Dharma ha deciso di dover interrompere la
quiete dei vicini e dell'intero isolato con il suo canto
dei gabbiani. «Dharma,
cosa stai facendo?», domanda Greg, sbadigliando
rumorosamente.
Dharma si volta di scatto, lasciando cadere le
braccia lungo i fianchi: «Te l'ho già detto,
tesoro, questo è il
mio canto annuale: il canto dei gabbiani».
Greg dovrebbe trovare
normale tutto ciò, forse quella è l'ultima delle
stranezze a cui lo
ha abituato sua moglie, pur tuttavia trova impossibile controbattere.
«Ma qui non ci sono gabbiani», sospira con aria
risentita,
infilandosi la vestaglia da notte.
«Già, ma nel mondo sì».
«Ma noi viviamo in città!», inveisce
Greg, osservando con
cipiglio dubbioso l'espressione di sua moglie.
Dharma abbandona
definitivamente quella melodia – alquanto stonata, invero
–, per
prestare attenzione alle parole di suo marito. E quando Dharma
Finkelstein-Montgomery poggia l'indice sul mento con aria pensierosa,
allora potrebbe davvero succedere il peggio.
«Hai ragione.
Forse dovremmo andare al mare».
Dharma non gli dà nemmeno il
tempo di ribattere, preferisce prenderlo per mano e trascinarlo via
con sé senza alcun indugio: a nulla valgono i dissensi di
Greg,
ormai lei ha preso la sua decisione.
Eppure Greg, nonostante
tutto, continua a pensare che le stranezze di Dharma sono
obiettivamente insidacabili se confrontate alla gioia che ha portato
nella sua grigia vita – e, in fondo, la felicità
di sua moglie
vale qualsiasi stravaganza abbia essa in mente.
Ho
scelto di inserire una sola RPF nella raccolta, perché
è quella che
tifo di più al momento. L'ho ambientata in un qualsiasi red
carpet e
il fatto che Yvonne sia un “maschiaccio”
è una cosa che ha
dichiarato proprio lei. In ogni caso, la storia è dedicata
in
particolar modo a Ray_08, perché un giorno rinchiuderanno i
nostri
poveri feelings in una cella oscura e getteranno via la chiave
(<3).
Ciò
che si fa per
amore lo si fa sempre al di
là del bene e del
male
24.
«Being
deeply loved gives you strength; deeply loving someone gives you
courage».
Quando Yvonne sfila sul red
carpet,
tutti i flash dei fotografi puntano in sua direzione: le luci
rischiano di abbagliarle gli occhi, eppure il suo fascino non ne
viene affatto scalfito. Zachary la osserva poco lontano, pur tuttavia
ha l'impressione che la distanza che li separi sia di gran lunga
maggiore: lei è così bella, naturale e seducente,
senza sapere di
esserlo, in quell'abito di seta. «Zach!»,
esclama a voce alta, correndo in sua direzione. «Quanto
vorrei
sfilarmi questi tacchi e camminare a piedi nudi. Sto iniziando a
pentirmi di aver scelto questi trampoli».
Yvonne è sempre la
stessa, nonostante gli anni passino: un angelo travestito da
maschiaccio, che però riesce a incantare un'intera platea e
a
catturare tutti i riflettori. Zachary annuisce per qualche secondo e
poi, offrendole un braccio, dichiara: «Se non ce la farai
più,
potrai appoggiarti al mio braccio».
Sul volto di Yvonne si fa
largo una espressione serena e tra le sue fossette spunta un sorriso
rassicurato:
«Tu sai sempre cosa dirmi, Zach».
Quella
potrebbe sembrare una frase banale, o addirittura melensa, eppure
Zachary la imprime sul suo cuore come un marchio e prende
consapevolezza del fatto che qualsiasi nomination o premio non
equivarranno mai la sensazione che prova in quel momento.
Note:
Booth/Bones,
Bones.
La storia è ambientata tra la settima e l'ottava
stagione, è un breve momento familiare. Ho sempre adorato il
personaggio di Bones, è particolare – e la
Booth/Bones è una
delle mie ship di sempre.
Una precisazione: non mi sono inventata
nulla, gli antichi romani per unirsi nel sacro vincolo del matrimonio
condividevano una ciotola di farro. Ho voluto usare questo
particolare nella storia!
Questa fan fiction è dedicata a Cla90,
mia preziosissima compagna di ship e di telefilm! :3 Prossima:
Cole/Phoebe, Streghe.
Ciò che si fa per
amore lo si fa sempre al di
là del bene e del
male
25.
«To
fear love is to fear life».
Seeley
Booth non è un uomo molto paziente, forse perché
il suo lavoro non
gli consente ampi margini in questo frangente, e mai nella vita
avrebbe immaginato di dover fare colazione insieme alle fantastiose
congetture della sua compagna.
«Angela
continua a sostenere che a San Valentino sia doveroso regalare dei
bigliettini. Lo sai, Booth, che gli antichi romani celebravano la
loro unione con una ciotola di farro? E questo rito era considerato
la massima manifestazione d'affetto».
Booth affonda il cucchiaio
nei cereali, poi obietta: «Per fortuna ci siamo evoluti,
allora».
Bones, come al solito, non riesce a percepire l'ironia delle sue
parole e inizia a narrare, sin dall'alba dei tempi, gli antichi
rituali di questa o quell'altra civiltà: un resoconto che
Booth
troverebbe molto interessante, se
solo fossero in un mondo parallelo.
«Ti prego, Bones, dimmi che
tutto questo discorso vuole giungere ad un punto».
«Ovviamente.
Ogni tesi che si rispetti porta con sé una conclusione.
Potrei
citarti anche chi...».
«Ne farò a meno», sentenzia Booth,
frenando le sue parole sul nascere.
Bones si versa uno strano
contenuto verdognolo nel bicchiere, dopodiché guarda in sua
direzione – Booth tenta di dissimulare l'espressione
contrita, ma
teme di aver fallito nel tentativo –, tartagliandolo con una
battuta: «Il punto è che se gli antichi romani
condividevano una
ciotola di farro, tu devi condividere un lauto pasto con me».
Booth
osserva per qualche secondo la sua espressione assolutamente
imperiosa, poi giunge ad una conclusione: «Bones, mi stai
chiedendo
di uscire fuori a cena?».
Bones si sofferma a riflettere, beve
un sorso della sua mirabolante bevanda energetica e sentenzia:
«Immagino che voi
civiltà moderne possiate definire questa usanza in tal
maniera».
«Voi?»,
Booth poggia le braccia sui fianchi, incredulo. Poi, avvicinando a
sé
il mento della compagna, afferma: «Pensala
come vuoi Bones, ma in realtà era già tutto
programmato... stasera
saremo solo tu
e io».
E,
nonostante Bones voglia prendere le distanze da alcune usanze
assolutamente fantasiose a suo dire, Booth può quasi giurare
di aver
visto spuntate un sorriso agli angoli della sua bocca. Temperance
Brennan è una donna eccentrica, perspicace, priva di senso
dell'umorismo e tuttavia fantastica, in modo così unico da
essere
quasi raro.
Note:
Cole/Phoebe,
Streghe.
Amavo
questa coppia, credo sia stato il mio primo OTP telefilmico. Qui ci
troviamo nella terza stagione, Phoebe ha da poco scoperto la reale
natura di Cole. Prossima: Arima/Yukino,
“Le situazioni di lui e lei”.
Ciò
che si fa per
amore lo si fa sempre al di
là del bene e del
male
26.
«Kiss;
a lovely trick designed by nature for when words become
unnecessary».
Phoebe
vorrebbe tanto tornare indietro, ma il suo istinto ha la meglio sulla
ragione per l'ennesima volta. Le sue sorelle l'hanno avvertita, Cole
Turner – Beltazor, a tutti gli effetti – non
è altro che un
malvagio demone, che ha approfittato del suo corpo solo per
avvicinarsi al potere del trio.
Pur tuttavia, Phoebe Halliwell si
trova costretta a riconoscere una delle sue debolezze: non riesce a
diffidare del prossimo, sente che può salvare la sua
metà umana e
far sì che essa prevarichi su quella demoniaca.
È con un groppo
in gola che Phoebe suona un paio di volte il campanello, ora
il coraggio comincia a venir meno. E se Cole non aprisse la porta o,
ipotesi ben peggiore, se la sua parte demoniaca prendesse il
sopravvento e, in un eccesso di follia, le lanciasse contro una sfera
di fuoco?
È così spaventata dai suoi stessi pensieri da non
accorgersi che Cole le ha aperto la porta e la sta fissando, con una
espressione alquanto incredula, da qualche secondo; Phoebe abbozza un
mezzo sorriso, tortura le doppie punte per l'imbarazzo e boccheggia
come una ragazzina. «C'è
qualcosa che devi dirmi, Phoebe?», chiede Cole, appoggiando
il
braccio sullo stipite della porta.
È così gentile la sua voce,
chi mai penserebbe che si possa trattare del demone più
temuto degli
Inferi? Phoebe vorrebbe trovare il coraggio di metter fine a quella
storia e lanciargli contro la pozione che le sue sorelle le hanno
preparato, in caso di attacco, ma in quel momento non riesce a
sentire altro se non i palpiti incessanti del suo cuore.
«Oh, al
diavolo...», borbotta tra sé e sé,
prima di lanciarsi sulle labbra
di Cole.
La
sua borsa fa un tonfo sordo sul pavimento, le sue gambe si avvitano
attorno al torace di Cole e d'un tratto la porta sbatte,
rumorosamente. Phoebe Halliwell si chiede a cosa serva difendersi se,
in fin dei conti, ambedue non sono affatto capaci di attaccare.
Capitolo 27 *** #27. Arima/Yukino, Le situazioni di lui e lei. ***
Note:
Arima/Yukino,
Le situazioni di lui e lei (Karekano).
Okay,
è parecchio no sense ma alla fine ho deciso che mi piace
così
com'è. Con questa immagine un po' emblematica dello
specchio, ho
provato a fare un analisi anche di Yukino e delle sue paure
(perché,
altrimenti, celarsi dietro un aspetto che non le appartiene
davvero?). Prossima: Callie/Arizona,
“Grey's Anatomy”.
Ciò
che si fa per
amore lo si fa sempre al di
là del bene e del
male
27.
«It's
not that I want to have you. I want to deserve you».
Arima
è sempre così gentile nei suoi riguardi, talvolta
Yukino si chiede
se meriti davvero quelle premure: dietro al suo favoloso aspetto
–
l'immagine che, ormai, si è cucita addosso da anni
–, c'è una
ragazza scorbutica e insopportabile. E invece Yukino Miyazawa
è
molto, molto di più di questo: è un'anima fragile
e insicura, la
quale si cela dietro un aspetto che non le appartiene veramente.
Perché il mondo fa tanta paura, in fondo: è
così affollato,
eppure così solitario; Yukino lo sa bene, poiché
ha cercato di
adeguarvisi per tutta la vita e, fino ad allora, è riuscita
nell'intento in maniera irreprensibile.
Eppure, da quando
Soichiro Arima è comparso nella sua vita, Yukino ha
rivalutato la
sua definizione di equilibrio: poiché lui l'ha
scombussolato, in
tante maniere diverse, alterando le sue percezioni e amplificando le
sue sensazioni. E non si è limitato a questo, no, ha
dovuto scavare a fondo e addentrarsi come un tarlo, finché
non
ha scoperto una parte di lei di cui nemmeno Yukino era a
conoscenza.
Alcune cose ci appartengono da sempre, ma non le
possediamo mai davvero: o, almeno, non finché qualcuno ci
ricordano
che esistono. Soichiro non si è limitato a mostrarle
ciò che è
davvero, ma anche quello che potrebbe essere – lo
vedi, Yukino? Nello specchio c'è una bellissima donna,
è sicura di
sé.
E
così, da allora, Yukino ha cominciato a soffermarsi sui suoi
lineamenti, vedendo ben oltre il semplice aspetto fisico: il suo
volto ha cominciato a parlarle, come in un dialogo tra due persone.
Era stato lui a insegnarle tutto ciò, Soichiro la vedeva
molto
meglio di quanto lei si sarebbe mai vista in quello specchio: e, forse, non è proprio questo
l'amore?
Note:
Callie/Arizona,
Grey's Anatomy.
Qui ho cercato di narrare i “primi momenti”,
diciamo così, Calzona. Anche se nell'ultima stagione non mi
hanno
fatta impazzire, comunque ricordo che mi piacevano parecchio
all'inizio della loro storia. ** Prossima:
Akira/Midori, Non sono un angelo.
Ciò
che si fa per
amore lo si fa sempre al di
là del bene e del
male
28.
«No
three words have a greater power than “I love
you”».
Callie
vorrebbe tanto poter distogliere lo sguardo dalla sua figura, ma
appena prova a farlo ne sente la mancanza e ogni funzione vitale
viene meno. Arizona è diventata una dipendenza della quale
non può
più fare a meno, le provoca un'astinenza tale da condurla
alla
follia.
Arizona sorride sempre, triste o felice che sia: per
dimenticare le amarezze che la vita riserva, per gioire di tutte le
meraviglie che offre. È un'enigma, un puzzle a cui si
aggiungono
sempre nuove tessere, un complicato rebus sul quale prima d'allora
non avrebbe mai puntato: è così, forse, che
dovrebbe essere
l'amore?
«Ci
vediamo dopo, Callie...», Arizona avvicina le labbra alla sua
guancia, quel bacio riesce a farle vibrare le corde del cuore,
«...
Ti amo». Callie
potrebbe aver risposto furtivamente un “Ti
amo anch'io”,
ma, in tutta sincerità, la sua mente è in balia
di migliaia di
emozioni contrastanti, le quali si accalcano le une contro le altre
per avere la meglio.
Eppure sa che, sopra ogni altra emozione,
sono le parole a vincere: tre semplici sillabe, sentire e risentite
all'infinito, potenti come la prima e inestimabili come se fosse
l'ultima volta.
Capitolo 29 *** #29. Akira/Midori, Non sono un angelo. ***
Note:
Akira/Midori,
Non sono un angelo. Questa è stata una delle mie
primissime coppie, ho voluto celebrare Akira e Midori con un
post-manga (dopo il settimo volume, nelle scene finali, Midori fa un
discorso e si capisce che è diventata una professoressa e dal
suo anello si deduce che è sposata). Perdonate il tardo
aggiornamento, purtroppo gli impegni nella vita non mi lasciano
tregua, ma ora ho scritto un bel po' di storie e pondero di terminare
questo progetto in breve. Cercherò di aggiornare due/tre volte
alla settimana, se riuscirò. Per il momento, grazie a tutti
voi che leggete e che spendete del tempo nel recensire questa
raccolta! :)
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempreal
di là del bene e del male
29.
«Nothing
is more beautiful than a love that has survived the weathered journey
of life».
Alcune
volte Midori si sveglia di buon mattino solamente per poter godere
l'alba in tutta tranquillità – si intende: prima che le
sveglie suonino e la solita routine familiare si ripeta –,
magari perdendosi nei ricordi. Il passato le appare come una vecchia
fotografia segnata dal tempo, ora che è una donna in tutto e
per tutto realizzata, eppure malinconica. Sono lontani gli anni
del liceo, le lacrime, le risate e le gioie che le hanno saputo
donare: è stata fortunata, tutto sommato, non molti possono
dire di aver sposato il primo amore. In fondo, si corregge
mentalmente Midori, non si tratta davvero di fortuna, non
del tutto:può
dire, senza alcuno scrupolo di coscienza, di aver condiviso con Akira
ogni emozione e di avergliene sempre parlato apertamente. L'amore non
basta a far funzionare i rapporti umani e, nonostante si voglia
ignorare, non riempie tutte le falle e gli ostacoli che si incontrano
nel corso della vita. Akira è stato molto più che il
suo amore, in tutta sincerità: ha saputo essere anche un
grande amico, un affidabile complice e un meraviglioso confidente. E,
se tutto questo non è amore, in fondo cos'è? Midori
si perde nel viale dei ricordi, ripercorrendo le tappe più
importanti della sua carriera, almeno finché non le viene
poggiato un plaid sulle spalle: «Non
vorrai ammalarti a pochi giorni dal tuo debutto, professoressa». Akira
siede sull'altalena, proprio accanto a lei, dondolando avanti e
indietro come un bambino; Midori lo osserva dalla breve distanza che
li separa: sono cambiati ma non completamente, conservano sempre un
lato infantile che non abbandoneranno mai davvero e che, tutto
sommato, piace loro così com'è. «Stavo
pensando che non molti possono dire di aver compiuto un bellissimo
viaggio, nelle loro vite», riflette a voce alta Midori,
allungando il plaid sino alle spalle di Akira. «E di avere
un marito così meraviglioso, vorrai dire», puntualizza
lui, mentre il capo di Midori si accoccola sul suo ampio torace.
«Akira, rovini sempre i momenti migliori. Alcune volte sei
proprio un ragazzino», lo punzecchia Midori, osservando in
lontananza i primi albori. «E tu sei una maestrina»,
inveisce Akira, sfiorando la punta del suo naso.«Con
un bel viaggio alle spalle, però. A proposito, chi ha detto
che è terminato?». E sono frasi come quelle che
rassicurano Midori, in fondo: la strada non sarà sempre in
discesa, ma la salita non risulterà mai così gradevole.
Note:
Hiroki/Nowaki, Junjou Romantica. Awh, questa coppia adorabile. Ho sempre adorato il
loro rapporto, dovevo includerli in questa raccolta. ;;
D’ora in poi ho deciso che posterò le restanti flash fic
che mi rimangono a blocchi di tre storie, proprio come ho fatto ora. Grazie a
tutti coloro che leggono!
Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del
bene e del male
30.
«Love iswhenyouwouldwillinglygive up everythingifitmeanttheywould smile».
Non è raro che Hiroki metta il broncio, specie per
mascherare ciò che sente veramente dentro, ma è alquanto singolare che lasci
trasparire la stessa espressione persino mentre gli porge una scatolina a forma
di cuore. Nowaki si chiede se debba farsi perdonare
qualcosa poiché un tale gesto, assecondato da tanta delicatezza nei modi, gli
sembra alquanto inusuale.
Trattiene tra sé e sé un sorriso – sapendo che non sarebbe ben recepito da
parte del suo interlocutore – e sfila con estrema curiosità il nastro che
circonda la scatolina, dopodiché le sue labbra articolano un chiaro segno di
stupore.
«Oh». Hiroki arrossisce violentemente, ma ciò non gli
impedisce di proferir parola: «Pensavo che… insomma,
tu ti sei trasferito da me. Ed è San Valentino e… si
tratta solo di una stupida tavoletta di cioccolata». Nowaki ridacchia sommessamente, si avvicina alla
figura pressoché imbarazzata di Hiroki e sfiora il
suo mento tra le dita: «Una tavoletta che hai fatto tu, Hiro-chan».
«Non chiamarmi così!», esclama, fintamente risentito. «E le tue dita sono fr--».
Ma, prima che Hiroki possa ribattere, Nowaki alita già sul suo collo e il sangue gli fluisce sino
al cervello, finché le loro labbra non diventano una cosa sola e ogni pensiero
svanisce nell’aria.
«Grazie», mormora Nowaki, stringendosi tra le sue
spalle rachitiche.
E, anche se non può vederlo, è convinto che Hiroki
stia sorridendo – e che sia altrettanto convinto che lui non possa saperlo, ma
quello è un segreto che Nowaki sarà ben contento di
portare con sé.
Capitolo 31 *** #31. Milo/Nicole, Il cacciatore di ex. ***
Note:
Milo/Nicole, Il cacciatore di ex.
Io adoro questo film, anche se magari non sarà conosciuto molto: è una comedy
leggera, ma la chemistry tra la Aniston e Butler è tangibile. **
Quella che ho descritto, comunque, è la primissima scena che li vede coinvolti.
Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del
bene e del male
31.
«Youhavetowalkcarefully at the beginningof love. The runningacrossfieldsintoyourlover'sarms can only come later, whenyou're
suretheywon't laughifyou trip».
Quando gli occhi di Milo si posano sulla figura di Nicole, per la prima volta
dopo diverso tempo, sa che né il sarcasmo né l’evidente rabbia che prova nei confronti
della stessa, potranno mai placare il suo animo. Milo non si chiede neppure se
Nicole provi le stesse cose poiché, tra i due, lei è sempre stata quella più
ben disposta e determinata ad andare avanti: è lei che lo ha cacciato di casa,
è lei ad aver agitato davanti ai suoi occhi le carte del divorzio, è lei che ha
troncato ogni rapporto.
Anche adesso, quando i loro sguardi si incontrano nuovamente, lei è quella che
rifugge e lui è ancora quello che resta. E non ne avrebbe alcun motivo, anzi,
dovrebbe essere infuriato e, a dispetto di quel che pensano i suoi amici, l’unico
motivo per cui perderà nuovamente la testa per lei sarà quando vedrà la stessa
dietro le sbarre di una prigione in cui merita di stare.
Ma in fondo, lo sanno entrambi, i pochi centimetri che li separano non
accorceranno mai la distanza che li lega veramente:
Nicole può benissimo voltare il capo e Milo non ha alcun problema a fingere una
certa indifferenza; eppure, qualche corda vibra e non si tratta certamente del
gran frastuono che affolla l’ippodromo.
Che inizi così com’era terminata tempo addietro, allora, con una gran bella
corsa.
Note:
V/Evey, V per Vendetta.
Ecco, questo film per me è proprio un capolavoro. Molto diverso dal fumetto
originale, ma comunque pieno di concetti tra le righe e denso di significati.
La frase in corsivo è una citazione di V, comunque, personalmente una delle mie
preferite. J
Ringrazio tutti i lettori, prossimamente aggiornerò con un altro blocco di tre
flash fic. :D
Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del
bene e del male
32.
«Love knowsnotitsowndepthsuntil the hourofseperation».
E così V è morto in silenzio, ma non da solo: una cosa che, con tutta
probabilità, non pensava potesse accadere. V aveva tanto aspettato quel giorno –
la presa di coscienza dei popoli, le verità nascoste che emergevano, i fuochi d’artificio
e un’unica, grande e plateale esplosione –, ma nel suo architettato piano non
aveva tenuto in conto una forza ancor più potente di un boato.
Doveva andare così, sin dall’inizio: se non si è disposti a morire per una
causa, per cosa si lotta davvero?
Tuttavia, pur fedele alle sue posizioni, V non aveva potuto fare a meno di
pensarla ogni singolo giorno e chiedersi cosa sarebbe stato senza una maschera,
di fronte a lei: Evey gli avrebbe concesso ancora un
ballo?
Oh, giusto, una rivoluzione senza un ballo
non è una rivoluzione che vale la pena di fare: ragion per cui, l’amore
senza una rivoluzione non è che un passo in più.
V non poteva che morire tra le sue braccia, confessandole il suo amore, morendo
e al contempo rinascendo, sino all’ultimo fragile respiro.
Note: Shikamaru/Ino, Naruto.
Una delle mie ships più stoiche e storiche, mi è tanto mancato scrivere su di
loro! Dedico la storia a shika, sperando che un domani troveremo una
ship che non ci faccia soffrire (ma la vedo dura).
Ciò che
si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e
del male
33.
«Right now, I can't remember yesterday, and I don't care about tomorrow. This
moment is all that matters».
Ormai Ino non sentiva più né l’odore del sangue, né quello della moltitudine di
cadaveri stesi al suolo: Konoha non aveva mai conosciuto una guerra tanto cruenta
e lei non aveva mai immaginato di doverla vivere in prima persona. Sino a
qualche tempo prima – un lasso, in tutta sincerità, sempre più lontano – le
guerre sembravano solo una collezione di parole sulle pagine bianche dell’ennesimo
esame da superare, ben lontane dalla realtà.
Ino si guardò attorno e pensò che, pur volendo riposare gli occhi stanchi, nulla
sarebbe svanito dalla sua vista: quindi, perché approfittare di una vana
illusione? Tanto valeva darsi da fare e medicare coloro che avevano bisogno di
soccorso, strappando le garze con rabbia mordace e soffocando i gemiti in gola,
dando loro respiro solo quando qualche moribondo trovava le forze di invocare
la morte a gran voce. «Basta, Ino», due grandi mani si poggiarono sulle sue spalle,
costringendola ad indietreggiare. «È morto…». Ino lasciò cadere le garze sulle ginocchia, con un gesto di estrema resa; Shikamaru
sospirò per un breve momento, poi la colse letteralmente dal suolo. Un attimo
dopo, senza davvero accorgersene, il suo corpo si trovava tra le mani di
Shikamaru e tutto quel che Ino sentiva era solo l’odore del tabacco proveniente
dalla sua divisa.
Non provava più niente, invero, non più: riusciva a stento a percepire
il fuocherello verso cui Shikamaru l’aveva condotta, ormai il suo corpo e la
sua mente erano diventati una cosa sola.
«Dovresti guardare in direzione del cielo di tanto in tanto».
Shikamaru sospirò, tirando fuori dal taschino l’ennesima sigaretta: Ino
sostenne il suo sguardo, come a voler tenere a mente ogni singolo istante di
vita vissuta. O, almeno, i migliori momenti in quell’oasi di disperazione.
«Non ti sembra che il cielo urli, Shika? Non ti sembra… rosso?».
«Non a questa distanza».
Shikamaru non levò lo sguardo verso l'alto, ma volse l’attenzione alle
sfumature cerulee dei suoi occhi: sebbene travolti da una patina grigia, non avevano
mai perso il tradizionale splendore. Ino non comprese, almeno inizialmente, poi
d’un tratto le guance si colorarono di una particolare gradazione di amaranto.
«Shika…».
«Uhm?», sospirò il diretto interessato, evitando il contatto diretto.
«Dimmi di nuovo che non è rosso, ti prego».
Ino poggiò la testa sulla sua spalla, con gli occhi puntati in direzione del
fuoco, ma la mente rivolta altrove; Shikamaru non sembrava lamentarsene, per
una buona volta non vi era nessuna ironia nelle sue parole: «Non lo è, Ino. Non
lo sarà mai. Ora dormi».
Shikamaru non sarebbe mai cambiato: poteva dire la cosa giusta, poi ritrattarla
con l’ausilio del sol tono di voce; ma non importava, pensò Ino, poiché la sua
spalla era un comodo giaciglio e quella piccola porzione di mondo, per quanto
isolata, sembrava un oasi di salubre felicità.
Capitolo 34 *** #34. Zakuro/Mint, Tokyo Mew Mew. ***
Note:Zakuro/Mint, Tokyo MewMew. Questa coppia in realtà non è mai stata una coppia, ma nel manga e nella
versione giapponese dell’anime gli accenni sono molto evidenti (e confermati).
Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male
34.
«Whenyou love someone, it'ssomething. Whensomeonelovesyou, it'sanotherthing. Whenyou love the personwholovesyou back, it'severything».
Erano innumerevoli le volte in cui Mint aveva
spostato un turno al Caffè MewMew
solo per poterlo far coincidere con gli orari di Zakuro,
erano altrettante le volte in cui lei non lo aveva neppure notato.
Perché avrebbe dovuto, dopotutto? ZakuroFujiwara era una
splendida modella, all’inizio di una carriera che si preannunciava
spettacolare, non poteva chiedere null’altro. O forse sì, magari qualcosa non
era andato proprio come previsto nella sua programmata e intrepida vita da
star: entrare a far parte del Progetto MewMew doveva aver sconvolto non poco i suoi piani, a volte Mint si chiedeva se non fosse proprio quella la causa di tanto
personale attrito nei confronti del gruppo.
Si rammaricava solo qualche secondo dopo di aver pensato una cosa tanto ostile,
dopotutto Zakuro si era mostrata più volte una
compagna di squadra fedele e un’amica altrettanto affidabile. Ragion per cui,
ciò la portava a porsi un interrogativo ancor più grande: lei, in fin dei
conti, meritava davvero l’attenzione che anelava ad ogni costo da parte di Zakuro?
Mesi addietro si sarebbe data una ferrea risposta, ma da qualche tempo a quella
parte temeva che il terreno sotto i suoi piedi si potesse sgretolare da un
momento all’altro eche la debolezza l’avrebbe
trascinata a fondo.
«Finiamo il turno prima, oggi», dichiarò Zakuro, con
l’usuale tono autoritario.
«Davvero?».
«Sì… Vieni con me?».
Il cuore di Mint perse un battito, per quanto volesse
pensare che non si trattava d’altro che di una forma di cortesia: eppure, alla
sua ferma affermazione, per qualche impercettibile secondo, sulle labbra di Zakuro indugiò la bozza di quel che sembrava essere un
sorriso. E nulla – né il dubbio, né la perplessità – attraversava la mente di Mint, se non una ineffabile sensazione di sollievo.
Note:MrDarcy/Elizabeth Bennet, Orgoglio e pregiudizio.
Non credo di dover spiegare molto, se non il fatto che la vicenda si svolge
ovviamente prima della dichiarazione di Darcy ad
Elizabeth e ho voluto assumere il punto di vista di MrDarcy. Lo so, è stata una scelta audace e rischiosa,
ma ho sempre voluto veder di più i conflitti che opprimevano il nostro Darcy.
Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male
35.
«Love is,
in fact, everythingit'scracked up tobe. Itreallyisworthfightingfor, being brave for, riskingeverythingfor. And the troubleis, ifyou
don't riskanything, youriskeven
more».
FitzwilliamDarcy era un
uomo razionale, di sani principi e molto poco incline alle umane tentazioni:
ragion per cui, quando nella sua mente – e forse, tutto sommato, anche nel suo
cuore – erano germogliati dei sentimenti assolutamente estranei alla sua
natura, si era trovato faccia a faccia con una lotta interiore. Aveva smesso di
contare i passi compiuti sul pianerottolo, ben certo che ormai tale attività si
stesse verificando da ore; in alcuni momenti, invero, alternava la foga alla
quiete e così sedeva alla sua scrivania, in cerca di uno stralcio di carta e un
calamaio. “Questi mesi…
sono stati un tormento, un vero tormento”, la mano scivolava sulla carta, dominando
sulla sua coscienza, “E ho lottato contro
la mia volontà, le aspettative della mia famiglia, l’inferiorità delle vostre
origini”. Rilesse con attenzione, distanziando il foglio di carta a debita distanza,
dopodiché lo poggiò con violenza sulla scrivania: no, si disse, si trattava di
una dichiarazione sin troppo lasciva per i suoi gusti.
Dov’era la razionalità, il buon senso, il puro e semplice dato oggettivo che lo
contraddistinguevano da sempre?
La mente combatteva contro i suoi sensi, in una lotta impari, MrDarcy non poteva far altro che
arrendersi di fronte a tale potenza: “Vi
chiedo di mettere fine alla mia agonia”, scrisse, ancora, avvertendo quello
stesso tormento tra le dita.
Poi, una presa di coscienza improvvisa: Miss Elizabeth Bennet
meritava di più, molto di più, non sarebbe stata di certo una lettera a render
giustizia alle sue incommensurabili pene. Quindi, in un gesto puramente
istintuale, tutt’altro che affine al suo carattere, strappò la lettera e la
gettò tra le fiamme del caminetto. Ebbe quasi l’impressione che il fuoco
ruggisse, invero, mentre l’inchiostro bruciava e si tramutava in cenere. Se si potessero spegnere i sentimenti
in tal maniera, pensò MrDarcy,
ammettendo per la prima volta che nel suo cuore vi era qualcosa ben oltre l’umana
sofferenza. “… Vi amo”, recitò a se stesso, “Con grande ardore”.
Miss Elizabeth Bennet sarebbe giunta l’indomani a Rosings e, in un modo o nell’altro, FitzwilliamDarcyavrebbe
palesato i suoi sentimenti: d’altronde, se non si è disposti a correre un
rischio per amore, per cosa lo si dovrebbe permettere?
♥
Note: sì, torno ad
aggiornare dopo tanto tempo. E lo farò abbastanza in fretta, postando per
blocchi di cinque flashfic. Questa, in particolare, è ambientata durante la
sesta stagione, con dei rimandi alle precedenti. Non avrei potuto immaginare
questa raccolta senza una delle coppie che, più di tutte, mi hanno fatto
soffrire. :’)
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là del
bene e del male
36.
«Dance like nobody's watching; love like you've never been hurt».
Alcune volte gli sguardi dicono molto più di quanto le parole
potrebbero o, meglio, per alcune persone è così: un tempo Spike era eloquente,
ma con Buffy ogni tentativo non è altro che una futile impresa.
E, pur tuttavia, nemmeno lei sembra rammaricarsene: ogni loro incontro si
trasforma in un campo di battaglia, il quale inizia e finisce come una danza
senza freni.
La cripta di Spike è una modesta oasi di libertà, ove ogni loro segreto viene
liberato e il resto del mondo dovrà aspettare, tanto la salvatrice quanto il
sanguinario vampiro non rinunceranno a ciò che hanno.
Buffy potrà ripeterlo ogni giorno, al sorgere dei primi albori, eppure ogni
notte varca la soglia della cripta e lascia che le mani di Spike danzino sulla
sua fragile schiena e la abbraccino quando calano le temperature, anche se le
sue mani sono fredde e il suo corpo una livida lastra di marmo.
Poiché la cacciatrice, in fondo, non è affatto sgomentata da tutto ciò e Spike
vivrà forte di questa consapevolezza, forgiandosi di quel folle amore che ha
tanto decantato nei suoi versi.
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là del
bene e del male
37.
«I know it's hopeless when you're my
answer to every question».
In un mondo come quello
nel quale vivevano, Lelouch poteva contare sulla fiducia di poche persone: il
fatto era che, per quanto si ostentasse a negarlo, C.C. era l’unica persona a
vederlo tanto come Lelouch quanto Zero, senza alcun pregiudizio.
Troppe volte aveva perso i suoi cari, troppe volte aveva dovuto compiere la
scelta peggiore, ma C.C. era stata l’unica persona ad astenersi da qualsivoglia
giudizio.
Con il tempo Lelouch aveva imparato persino ad apprezzare le sue stranezze:
senza neppure accorgersene aveva iniziato a portarle la pizza ogni sera, solo
perché sapeva quanto entusiasta sarebbe stata al riguardo. Era raro che C.C.
sorridesse e, forse unico, che mostrasse tanto fervore: a ben vedere, capitava
solo in presenza di Lelouch e questo, probabilmente, avrebbe dovuto fargli
intuire qualcosa.
C’erano anche dei giorni in cui preferivano evitare di parlare, troppi fardelli
da portare sulle loro spalle, pur tuttavia andava benissimo così: i loro
silenzi si riempivano di sguardi, i quali si tramutavano in sorrisi amari e,
nella loro solitudine, erano complici del medesimo – doloroso – gioco.
Capitolo 38 *** #38. Akito/Sana, Kodomo no Omocha. ***
Note: sì, lo so che in Giappone i
matrimoni si svolgono in maniera diversa, ma fingiamo che abbiano puntato al
tradizionale. XD
Ah, l’accenno finale ha a che fare con un episodio del manga, precisamente il
numero nove. :’D
Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del
bene e del male
38. «You don't need me or
anyone else to make you special; you already are».
C’erano giorni nei quali
Sana era più strana del solito – il che la diceva lunga sulla vita che AkitoHayama si era scelto –, ciò
lo doveva indurre a tenere una certa distanza di sicurezza. Ma, dal momento che
Akito non aveva mai scelto la via più facile, ritornava
sempre sui suoi passi e varcava i confini di quel che definiva un campo minato.
«Hayama, cercavo proprio te…
ti rendi conto di quale sia il mio dilemma?». Akito avrebbe voluto negare col capo, ma qualcosa gli
diceva che non sarebbe stata la scelta più saggia; quindi, optò per un tacito
silenzio e seguìla direzione della sua
futura – isterica – coniuge.
«Manca solo qualche ora a questa maledetta
cena di prova e… sono arrivati i tovaglioli. Del
colore sbagliato!», Sana scandì le parole con estrema precisione, arrivando
quasi a perforargli un timpano.
«Dovevano essere blu…blu!», ripeté, sventolandogli davanti un quadratino di stoffa di
tutt’altro colore. «E invece sono arrivati gialli. Stoneranno con tutto il
resto, no? Voglio dire, non puoi avere un centrotavola blu e dei tovaglioli
gialli. E poi cosa penseranno quando bisognerà scegliere il colore degli abiti
delle damigelle? E quando dovrò scegliere il colore del kimono dei bambini e… per favore, Hayama, non
impallidire anche tu». AkitoHayama aveva
ascoltato delle enormi quantità di informazioni, lanciate come ordigni
esplosivi: quando Sana si sfogava, lo faceva in grande stile – mirando al
futuro, si intendeva.
D’altro canto, una cena come quella si verificava ben poche volte nella vita, Akito immaginò che fosse troppo tardi per tirarsi indietro.
«Kurata, lascia che ti dica una cosa», Akito prese le mani di Sana tra le sue, gesto che lasciò la
suddetta alquanto allibita. «Quei tovaglioli potranno anche far inorridire
l’intera famiglia, ma non ti renderanno meno speciale. Tu…»,
Sana si sporse in direzione del suo volto, attendendo fervidamente le future
parole. «Non hai bisogno di essere speciale, lo sei già. Tu non devi fare alcuno sforzo, tu
non dovrai scegliere alcun colore, perché renderai i colori più brutti… beh, i colori
più belli». Sulle labbra di Sana si sciolse un sorriso di pura dolcezza, poi protese le
stesse in direzione del futuro sposo e rimasero in tale posizione per alcuni
minuti.
«Sai, Hayama, potrei considerare di saltare tutto ciò
per fuggire con te».
«Come ai vecchi tempi?».
Sana scoppiò in una risata fragorosa, una delle innumerevoli cose che
ricordavano ad Akito il motivo di tante – inutili –
cerimonie. «Come
aivecchi tempi».
Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male
39.
«I can't promise you the
world. I can't promise you wealth, comfort, or even happiness. But I can
promise you one thing... no matter what happens, you will always be loved».
La prima volta che vide Michiru si trovava in un’ala pressoché deserta dell’Istituto
Mugen – ove Haruka si recava
per evitare le brusche occhiate delle sue compagne –, quasi sconosciuta ai più.
Quel che la sua visuale inquadrò fu uno scenario così bello che avrebbe potuto
incorniciarlo, solo per rivederlo ogni singolo giorno: i boccoli di Michiru si aprivano come spirali e venivano sospinti in
direzione del vento, mentre le sue mani premevano cautamente le corde del
violino. A ben pensarci, sembrava che suonasse appositamente per quelle
correnti d’aria e, d’altro canto, anche il vento pareva cogliere l’equilibrio
di tale sinfonia. Haruka si chiese perché nessuno la stesse ascoltando e,
ancor più, il motivo per cui Michiru – che già
conosceva, seppur indirettamente, come talentuosa artista – non suonasse in
pubblico. Avrebbe avuto sicuramente un motivo migliore per pranzare nell’atrio,
almeno dal suo punto di vista.
D’un tratto la musica si interruppe e Michiru indietreggiò,
come colta in fallo; Haruka non si era mai scusata
con nessuno, ma quella volta decise di metter da parte l’atteggiamento
dispotico e far del suo meglio.
«Perdonami… non avevo idea che qualcun altro fosse a
conoscenza di quest’ala». Michiru poggiò il violino sul banco, invitandola
tacitamente in sua direzione, dopodiché allungò il braccio e indirizzò altrove
l’indice: «Quella casa, riesci a scorgerla? Lì vive una signora anziana, da
poco vedova, un giorno venni a suonare qui e lei sembrò gradire. E così, ogni
giorno, cerco di portarle un po’ di serenità… con il
mio violino».
Fu in quel momento, in quell’inequivocabile istante, che Haruka
capì quanta gentilezza, forza e caparbietà si celasse dietro la sofisticatezza
e l’eleganza di Michiru. Fu in quel preciso momento
che, senza indugio alcuno, le labbra di Haruka si
poggiarono su quelle più pallide e candide di Michiru,
pur aspettandosi un categorico rifiuto.
Quando si scostò, borbottando uno “Scusa”
a denti stretti, tutto quel che Haruka sentì fu
la mano di Michiru appoggiata alla sua, mentre con l’altra
le rialzava il mento: «Era davvero così difficile sentire il mio violino, nei
giorni scorsi? Ti ho aspettata così tanto, Haruka… Ho
suonato per quella signora, per i bambini dall’altra parte della strada e
persino per i passanti. Ma, alla fine, il mio violino attendeva soprattutto te». Haruka non realizzò immediatamente, la sua
espressione era tanto attonita quanto devastata; ma, come nei momenti di maggior
importanza nella vita, alcuni attimi non necessitavano di parole e Michiru badò bene che le cose restassero tali, poggiando le
sue labbra su quelle che il destino aveva scelto da tempo.
Note: in realtà temo di poter aver
toppato alla grande con questi due, non vedo APH da tanto tempo, eppure il prompt era troppo “loro” per rinunciarvi.
Okay, con quest’ultimo blocco da cinque vi do l’appuntamento (?) alla prossima
settimana con, in ordine, le seguenti flashfic: Sherlock/John
(Sherlock, BBC);Vegeta/Bulma (Dragonball); Rumplestiltskin/Belle
(Once upon a time); Nobu/Hachi (Nana); Henry/Lucy (50
volte il primo bacio).
Grazie per aver letto e, a proposito delle scorse storie, grazie per le
recensioni e mi scuso con tutti coloro che mi hanno spronato ad aggiornare e per
mesi non hanno visto niente. Calo di ispirazione, ahimè.
Grazie ancora, Kì. J
Ciò che si fa per amore lo si fa
sempre al di là del bene e del male
40.
«Hello is such a simple
word. But from the right person, it can mean everything».
Ogni qual volta Italia si avvicina,
Sacro Romano Impero non può fare a meno di avvampare vistosamente e guardarsi
le punte dei piedi. Il fatto è che Italia ha la capacità – o forse il talento –
di illuminare qualsiasi cosa riconosca il suo sguardo, mentre Sacro Romano
Impero si sente così…grigio, a suo confronto, pensa che ogni cosa possa oscurare quanto
ravvivato da lui.
Eppure, nonostante ogni giorno lo accolga con il capo chino, Italia continua a
salutarlo – occasionalmente lanciandogli allegri fiorellini, che vanno a
rallegrare il suo soprabito –, mentre molte persone avrebbero rinunciato da
tempo.
Un giorno, però, Italia non si limita a salutarlo, ma addirittura a scrutarlo:
lo vede chinare nuovamente il capo e, allora, decide di abbassarsi in sua
direzione, per alcuni secondi.
«Ciao Sacro Romano Impero, scusa se non mi sono mai fermato. Ma sono lieto di
fare la tua conoscenza».
Poi tende la mano in sua direzione e, per la prima volta, sul volto di Sacro
Romano Impero si apre un sorriso di pura e sincera letizia.
Capitolo 41 *** #41. Sherlock/John, Sherlock (BBC). ***
Note: okay,
non ho mai scritto su Sherlock e John (ah, sì, qui sono da intendersi quelli
della BBC), per cui spero di non aver fatto disastri. In realtà in questo fandomshippo un po’ tutto, non
sono un’accanita Johnlock, ma alcune scene tra i due
meritano. :’)
Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del
bene e del male
41.
«Neverbeafraidtotouchsomeone».
Sherlock
Holmes non era mai stato un tipo da contatto fisico: lo trovava un atto
eccessivo, uno scambio gratuito di germi, per non menzionare l’assoluta
futilità del gesto.
Al matrimonio di John e Mary aveva osservato criticamente ogni invitato – oh,
quanti mariti infedeli, il risvolto della camicia non poteva mentire –, i
novelli sposi avevano stretto mani e accettato calorosi abbracci, sino
all’ultimo.
Aveva potuto notare tale usanza anche nei corridoi ospedalieri, quando Mary
Watson si era lamentata delle doglie del parto, John non aveva esitato a
stringerle la mano – quale stupidaggine, aveva pensato Sherlock, come
se una mano potesse aiutarla a partorire. E, invece, a discapito di ogni suo preconcetto, Mary Watson si era
ritrovata a ringraziare suo marito – dopo essersi goduta un sano riposo di
dodici ore, si intendeva –, come se quella mano e quel tocco fossero stati
fondamentali in vista dell’arrivo del nascituro.
Sherlock Holmes non aveva capito, davvero, cosa vi fosse di tanto speciale:
così, quando trovò John in uno dei rari momenti di quiete, in un’angusta sala
d’attesa, allungò con molto timore un braccio in direzione della sua spalla.
Inutile dire che i presenti reagirono in maniera alquanto scettica di fronte a
tale accaduto, ma non lo sorpresero mai quanto John Watson: «Quindi immagino
che volessi farlo da molto tempo».
«No, affatto», sentenziò meccanicamente Sherlock, allontanando il braccio.
«Non aver mai paura di toccare qualcuno, Sherlock Holmes», disse John,
sfiorandogli la spalla. «Qualcuno che conosci ovviamente, intendo».
Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del
bene e del male
42.
«Be careful with your
heart. If you give it away, you may never get it back».
Bulma non era mai stata tanto ingenua
quanto nella sua situazione con
Vegeta: non sapeva neppure come definirla, quel che provava era solo un
terribile senso di vuoto e qualcosa simile a un dolore, ma non articolare, in
direzione del…
No, non lo avrebbe neppure pensato. Lei era BulmaBrief, una dotta scienziata pluripremiata e altresì conosciuta,
non si sarebbe mostrata tanto debole di fronte alla natura umana.
Aveva vissuto una simile situazione con Yamcha – simile, sì, ma senza tutti quei dolori
articolari e quelle nausee e quei picchi di dolore, ben presto mutati in pianti
–, si era convinta che fossero grossomodo la stessa cosa. Grossomodo, simile, Yamcha,
Vegeta…Nella sua mente tutto si mescolava e si
ingarbugliava, proprio come in un gomitolo, rendendole il lavoro più faticoso e
la mente più pesante. Ma alla fine della giornata, quando stava per infilarsi sotto le coperte, l’ultimo
sguardo di Bulma era rivolto verso il cielo e ogni
qual volta sperava di vedere un puntino più grande, forse non perfettamente visibile,
precipitare in mezzo a tanti altri e magari
proprio nel suo giardino.
E, mai come in quei momenti, il cuore era stato tanto presente nel suo corpo.
Capitolo 43 *** 43. Rumplestiltskin/Belle, Once upon a time. ***
Note: fan fiction ambientata durante la seconda stagione,
quando i Rumbelle erano ancora tutto fluff (insomma,
fino ad un certo punto, non che i problemi siano mancati – ma quelli erano
comunque giorni migliori dei presenti. ;-;) e non mi distruggevano così tanto l’anima.
Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del
bene e del male
43.
«Sometimes someone can
say something so small and meaningful that it manages to fit right into that
empty space in your heart».
Alcune volte Rumplestiltskin la osserva da una certa distanza, attonito,
percependo l’enorme divario tra le due parti: se Belle indugia nella luce, lui prosegue
sul cammino dell’oscurità – pur incespicando, di tanto in tanto, pur voltandosi
indietro più e più volte.
«Cosa c’è? Sono i miei capelli, vero? Avrei dovuto lasciarli sciolti».
Poi, con l’usuale grazia regale, Belle torna a voltarsi in direzione dei
presenti, lasciando tintinnare tra loro due calici a quanti vogliano
congratularsi.
Belle ha voluto dare fortemente quella festa, in onore dell’apertura della
biblioteca, un modo come un altro per interagire con i concittadini di Storybrooke, a discapito del passato.
O, almeno, per gran parte della popolazione è stato così: ogni qual volta Rumplestiltskin incrocia i loro sguardi, l’intera Storybrooke preferisce raggirarli e sui loro volti vi è un
misto di terrore e risentimento.
Ma, nel momento stesso in cui Rumplestiltskin
vorrebbe solamente disperdersi tra la folla, così da evitare occhiate argute, a
trattenerlo è un’ancora di salvezza.
Quando Belle decide che sia giunto il momento di tenere un discorso, la prima
cosa che fa non è raggruppare i presenti o lanciare un avvertimento, bensì
protendere il suo braccio verso l’indietro e cercare, fin dove possibile, la
mano di Rumplestiltskin. E l’Oscuro non lo percepisce
a primo acchito, non davvero, finché le sottili dita di Belle non cozzano
contro le sue e vi si aggrappano, saldamente.
A quel punto, in tutta onestà, a Rumplestiltskin non
importano davvero le occhiate dei presenti o i bisbigli che ode in sottofondo,
poiché la scelta di Belle è ricaduta proprio sulla sua mano e stavolta non la
lascerà andare.
Note: per scrivere questa storia ho preso ispirazione da
quella pagina del manga dedicata al presente, ove Hachi
prepara la vasca da bagno a Nobu e lui le stringe le
dita. Non ho ben capito qual è esattamente il loro rapporto nel presente – e se
la Yazawa non continua il manga non lo saprò mai. çç –, ma è stato qualcosa che mi ha intrigata. Per cui l’ho
riportato per iscritto, ovviamente la storia è ambientata dopo la decisione di
Nana di andar via dal Giappone.
Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del
bene e del male
44.
«Tears are words the heartcannotsay».
Alcune
volte Nobu le sfiorava le dita, fingendo una certa
goffaggine, solo per potersi avvicinare senza dare troppo nell’occhio; altre
volte, quando Nana aveva dato la buonanotte a Satsuki,
le loro mani si intrecciavano e sembrava che nessuno dei due volesse lasciar
andare l’altro.
Per quanto Nobu tentasse di negarlo, le sue dita
trovavano difficoltà nell’atto di stringersi a quelle di Nana e tale
impedimento aveva una forma circolare ed emanava un certo luccichio.
Prima che quel pensiero perisse dalla sua mente, così com’era nato, gli occhi
di Nana avevano già letto tra le righe – erano entrambi libri aperti,
d’altronde, nulla di più semplice da decifrare.
«Nana?».
«Va tutto bene. È solo che ho alzato di colpo la testa e…
».
E le lacrime erano rotolate dalle sue ciglia, disegnando sugli zigomi due vie
impervie: Nobu si era separato dalle sue mani, solo
per un attimo, per poter afferrare un rivolo in procinto di cadere. E il volto
di Nana tra le sue dita era stata la sensazione più euforica che avesse mai
provato, un misto di amarezza e dolcezza, ricoperta da tanti strati di
malinconia.
«Le tue mani sono calde», aveva bisbigliato Nana, poggiando la guancia sul suo
palmo, mentre le lacrime si riversavano sulla mano di Nobu.
«Restiamo così, solo per un attimo…».
Capitolo 45 *** #45. Henry/Lucy, 50 volte il primo bacio. ***
Note: oh, questo film. Penso di averci
pianto l’anima. ;;
Ho descritto un piccolissimo pezzettino della vita di Henry e Lucy, pensando
soprattutto a come possa essersi sentito lui.
Okay, detto ciò, la prossima settimana aggiornerò le ultime flashfic:
Harry/Sally (Harry ti presento Sally); John Smith/Pocahontas (Pocahontas); Usagi/Misaki (Junjou
romantica); Hercules/Megara (Hercules); Aladdin/Jasmine (Aladdin).
Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del
bene e del male
45.
«A promise is all I
want. A promise that you will never forget me».
Henry potrebbe prometterle il mondo
ogni sera, ma sa benissimo che Lucy ogni mattina lo dimenticherebbe: per cui
sceglie di incidere dei pezzetti di memoria, giorno per giorno, ricordandole
quanto bella e incredibile possa essere la vita.
Non che sia andato tutto perso, Henry ne è fermamente convinto, la sua memoria
potrà pur essere lacunosa, ma alcuni tasselli sono al loro posto – magari
sfocati, forse indistinti, ma sono lì e tanto basta.
«Dimmi, Henry… quante volte ti prometto che ricorderò
tutto domani?», chiede Lucy, stringendosi nel suo abbraccio.
«Non ci pensare, Lucy».
«Ma io voglio pensarci», inveisce lei. «Voglio sapere quanto dolore possa
arrecarti».
Henry annuisce, dopodiché afferra il volto dell’amata tra le dita: «Non pensare
mai che tu possa farmi del male, Lucy. Promettilo».
Gli occhi di Lucy riflettono la luna e, proprio come quest’ultima, Henry
potrebbe perdervisi: da quando Lucy è entrata nella sua vita qualcosa è
cambiato, un qualcosa che sa molto di
tutto. Così, quando lei annuisce e protende le labbra in sua direzione, Henry
realizza che quell’assenso è proprio quello di cui avrà bisogno nella sua vita
e non smetterà mai di rinunciarvi.
Capitolo 46 *** #46. Harry/Sally, Harry ti presento Sally ***
Note:
Harry/Sally, “Harry ti presento Sally”. Questo
film per me ha davvero un gran significato, forse è stata la “commedia madre”
di tante commedie odierne. Quella di Harry e Sally è la storia più vecchia del
mondo, ma anche una delle più belle per me. E questo vuol essere il mio
piccolissimo contributo – in ritardo! – per San Valentino, all’inizio non l’avevo
pensata così, ma la recente festività mi ha ispirata. :’)
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là del
bene e del male
46.
«Meeting you was fate,
becoming your friend was choice, but falling in love with you was completly out
of my control».
Quando Harry e Sally si erano conosciuti non vi era stata alcuna scintilla:
avete presente quel “colpo di fulmine” di cui parlano in tanti, raccontando
anni dopo come fosse quella giusta, sin dal primo momento?
Erano tutte stronzate, confezionate e infiocchettate a regola d’arte.
Harry l’aveva trovata un tipo estremamente odioso, della peggior specie: Sally
aveva una tabella di marcia da seguire per l’intero corso della sua vita e,
inoltre, era una maniacale perfezionista del controllo e pranzare con lei
significava sottomettersi ad atroci torture.
Eppure Harry soccombeva, eppure la osservava mentre ispezionava criticamente gli
antipasti, eppure non poteva fare a meno di telefonarla ogni singolo giorno.
Ma erano tutte stronzate, comunque, l’amore e gli altri rimedi.
Harry ci aveva creduto, un tempo, era stato tanto ingenuo da metter su famiglia:
bella batosta, peraltro inaspettata, quando Helen gli aveva riferito che forse
non l’aveva mai amato davvero.
Da allora ogni cosa gli era parsa un pretesto per far girare il mondo e
collezionare tante scatole di cioccolatini a forma di cuore e rose rosse che
sarebbero appassite nel giro di pochi giorni. Stronzate, per l’appunto, delle
quali però il mondo si alimentava da secoli.
Almeno così gli era parso, finché Sally non si era presentata sulla soglia
della porta con una scatola di cioccolatini e un garofano; Harry aveva
indugiato attonito, senza parole, come non gli capitava da tempi immemori. Poi,
aveva aperto la scatola di cioccolatini e l’aveva trovata… vuota. «Sally?».
«Cosa? Non avrei mai potuto prendere una scatola di cioccolatini senza vederne
il contenuto. Ecco qua i tuoi cioccolatini, i migliori di tutta New York a
giudicare dalle mie ricerche», disse, porgendogli un sacchetto color lavanda.
«E cosa me ne faccio della scatola?».
«Come sei burbero, Harry. Si sa, la scatola serve come ornamento».
«E il garofano?», chiese Harry, scettico.
«Si mantiene per molto più tempo. Al contrario delle rose», affermò risoluta,
cercando con lo sguardo un’ampolla di vetro. «E poi non sono mica la tua
ragazza, Harry!».
E per un momento, un sol brevissimo istante, Harry pensò a quale meravigliosa
coppia sarebbero potuti essere e a quanto il loro San Valentino sarebbe stato l’anti
San Valentino per antonomasia: un’immagine meravigliosa, ma mai quanto il
sorriso che Sally gli stava rivolgendo.
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là del
bene e del male
47. «I never want another person to know just how incredible you are».
John Smith poteva pur sentirsi debole, dolorante e fiacco, ma
nulla gli avrebbe impedito di tornare da lei: Pocahontas l’aveva salvato e
aveva fatto di lui un uomo migliore. Non diverso, ma migliore: aveva grattato
la superficie, oltre la quale nessuno aveva mai osato, facendogli riscoprire la
bellezza di un mondo in evoluzione.
John Smith non avrebbe incontrato mai più una persona tanto incredibile quanto
Pocahontas, pur varcando continenti conosciuti ed estranei.
E non solo perché ne era innamorato, ma per una ragione ben più nobile:
Pocahontas rappresentava quanto il mondo aveva bisogno, era la calma che
quietava la tempesta e l’onda che spegneva l’indomito fuoco. Pocahontas era il
baluardo di un nuovo, possibile e auspicabile mondo e John Smith non avrebbe
amato mai più una persona tanto speciale come lei.
Note:Hercules/Megara – Hercules.
Questa è una delle mie otp storiche della Disney e dedico questa storia alla
mia cara amica Ilovewrite. <3
Storia ambientata post-Hercules! J
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là del
bene e del male
48.
«Don't say we aren't right for each other. The way I see it, we
aren't right for anyone else».
Alcune volte Hercules contemplava l’Olimpo, fin dove la visuale lo
permetteva, mentre nelle vicinanze scivolavano utensili da cucina o si
sgretolavano delle pareti, generalmente a causa della baldanza di Pegaso.
In quei casi Megara lo rimbeccava più e più volte, finché lei e Pegaso non
concordavano un silenzioso astio, il che perdurava sino all’ora di cena –
Hercules trovava tutto ciò divertente, per quanto ripetitivo, quella era la sua
idea di famiglia.
Tra l’Olimpo e la terraferma vi era un divario immenso, anche se Hercules aveva
avuto solo un assaggio delle ultraterrene origini: vi erano una varietà di dei,
ma l’armonia regnava serena e non sarebbe potuto essere altrimenti.
«Non dirmi che ti sei già pentito, bel fusto», Megara lo raggiunse, dandogli
una piccola gomitata.
«Oh, no, affatto. Stavo solo riflettendo…», ammise sinceramente Hercules. «La
vita sarebbe stata una noia, laggiù».
«Oh, certo, l’immortalità e lo svago. Nessuna tassa da pagare, nessun problema
al mondo. Dei, aiutate quest’uomo!» , declamò teatralmente Megara, voltandosi
in direzione del cielo.
«E nessuna come te, Meg».
Megara lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e chinò leggermente il capo:
non era un aspetto di se stessa che le piaceva mostrare – non ai più, almeno –,
ma Hercules conosceva sin troppo bene quello sguardo.
«Nessuna come me, eh? Ma saresti potuto essere immortale e un giorno… un
giorno potresti pentirti di questa vita mortale. Semplice. Terrena».
«Perfetta», scandì a sua volta Hercules, stupendola. «Per come la vedo io non
ero destinato all’Olimpo, ma l’Olimpo era destinato a portarmi da te».
Megara sussultò, per la prima volta non sapeva davvero cosa dire; quindi
Hercules ruppe quel silenzio, appoggiando la sua fronte a quella dell’amata:
«Non pensare mai più una cosa del genere. Questa vita, questo… amore, è
più immortale di tutte le divinità dell’Olimpo messe insieme».
Le loro labbra si sfiorarono per qualche istante, dopodiché le parole di Megara
proruppero nel piacevole scambio di silenzi e sguardi che si era venuto a
creare: «Beh, dovrai farci l’abitudine bel fusto, perché è l’unica immortalità
che avrai. E ora rientriamo, prima che i dei ci minaccino di persona».
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là del
bene e del male
49.
«It's not what I feel for you. It's what I don't feel for anyone but you».
La routine giornaliera imponeva che Misaki sfaccendasse tutto il
giorno e Usagi lavorasse per la maggior parte del tempo, accompagnato solamente
dal rumore dei tasti del suo portatile. Era una quotidianità alla quale, senza
che davvero se ne rendesse conto, Misaki si era abituato e – anche se non l’avrebbe
mai ammesso – persino Usagi la trovava piacevole.
Meno gradevoli, invece, erano gli innumerevoli tentativi di invadere il suo
spazio vitale e costringerlo ogni notte alla resa: eppure, se dapprima i
movimenti di Usagi erano scaltri e avventati, con il tempo erano diventati
soavi e delicati, più rispettosi della sua persona.
Questo doveva riconoscerglielo, Usagi si era sforzato sin dove poteva nel farlo
sentire parte di quella casa e non solamente di una stanza. Ma Misaki era un
ragazzo e, per quanto maturo, era vulnerabile e sensibile e aveva bisogno di
gesti tanto quanto di conferme.
E invece eccolo di nuovo là, in quell’angolo ormai familiare di letto, con uno
sguardo rivolto a Usagi e l’altro alla soglia della porta.
Almeno finché Usagi non gli allungò un cuscino, privandosi egli stesso di un
guanciale in più: «Visto che ti fa sempre male la testa quando dormi qui.
Tieni, ti servirà».
«Veramente mi fa male la testa per colpa tua!», inveì Misaki, con tono
leggermente inviperito.
Usagi non esordì con una delle sue battute sardoniche, preferì il silenzio e la
quiete notturna e si sistemò quanto più vicino a Misaki, biascicando un: “Allora
scusa” – a denti stretti, ma udibile.
E in quel momento Usagi pensò che non gli importava un bel niente di sentirsi
rivolgere frasi d’amore o manifestazioni d’affetto, Misaki era felice con un
guanciale in più e qualche ora di sonno in meno e nulla avrebbe cambiato tale
sensazione.
♥
E
sono giunta al termine di questa raccolta. Ci ho messo molto tempo, ma ce l’ho
fatta.
Ovviamente non avrei potuto concepirla senza la mia coppia per
eccellenza, una delle ship che per me sono proprio la definizione dell’amore.
Di Al e Jasmine ho sempre amato il loro credere fermamente l’uno nell’altra, una
cosa che si esplica in particolare nel terzo film della saga e, per l’appunto,
questa storia si colloca post “Aladdin e il re dei ladri”. Ho inserito
alcuni riferimenti, quindi la citazione è d’obbligo. XD
Infine vorrei ringraziare tutti coloro che si sono fermati a recensire anche
solo una volta, che hanno trovato il tempo di leggere le mie storie e coloro
che hanno inserito questa raccolta tra le preferite-seguite-ricordate.
Grazie mille a tutti, soprattutto a chi ha sopportato i miei aggiornamenti poco
costanti.
E un grazie a Fabi (Feel Good Inc) che mi ha concesso di utilizzare questa
challenge!
Okay, ho terminato, buona lettura e ancora grazie. <3
Ciò
che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene
e del male
50.
«What's meant to be will always find a way».
Aladdin non aveva mai riflettuto davvero circa quanto fosse cambiata la sua
vita finché la visuale di Agrabah, solenne e maestosa, non si era insinuata nei
suoi occhi quella mattina.
Era una distesa di colori vivaci, si ammorbidivano sulla linea dell’orizzonte e
poi si perdevano in tante altre sfumature, oltre le quali non riusciva a
scorgere null’altro. Il mondo, visto da un comodo letto a baldacchino e da
soffici lenzuola di seta, era ancor più luminoso per chi aveva dovuto sempre
considerare i primi albori come l’inizio di una giornata lavorativa all’insegna
della sopravvivenza.
Le fila del destino lo avevano condotto da Jasmine, nonostante durante il loro
primo incontro si fosse intrufolata nel mercato come una stracciona; ma ad
Aladdin, già da allora, era apparsa come una visione principesca: in un via vai
farfugliante di gente, Jasmine si era fatta spazio tra la folla come
un’immagine singolare, quasi onirica nel suo incedere.
E ora, ora che erano sposati e il peggio sembrava passato, Aladdin temeva di
svegliarsi ancora con la sensazione di dover fuggire e di dover
conservare un pezzo di pane, per quanto duro, ancora per qualche giorno.
Talvolta era Jasmine, la quale lo sentiva sussurrare strani mormorii in
dormiveglia, a scuoterlo da certi torpori, infilando un braccio sotto il suo e
ricordandogli quanto andasse tutto bene, certi giorni non sarebbero tornati mai
più.
Ma vi erano anche altri giorni in cui Aladdin rifletteva circa ciò che gli era
stato donato, nonostante quanto gli fosse stato tolto, la sua vita aveva preso
una svolta che non avrebbe mai pensato possibile e Jasmine, in quel quadro
idilliaco, ne era la causa e la conseguenza.
Si voltò verso l’altro lato del letto per cercarla, ma non era lì; quindi si
alzò, pensando che qualche dovere regale l’avesse fatta scendere di buon
mattino, per poi scoprire che si trovava sull’ampio balcone, rivolta con lo
sguardo in direzione del regno.
«Ehi, Al. Sei già sveglio?».
«Potrei farti la stessa domanda», rispose prontamente, baciandole la fronte.
Jasmine si strinse per qualche nano secondo nel suo scialle, poi dichiarò: «Qualche
mattina mi sveglio prima per contemplare il regno. E anche per pensare un po’,
prima di dover adempiere ai miei doveri quotidiani».
Avvicinò il suo volto a quello di Aladdin, come faceva sempre quando qualcosa
la preoccupava in maniera particolare: «Voglio dire, tu sei qui. Ma ogni
tanto temo che un’altra missione ti terrà lontano da me, che sia salvare tuo
padre o entrare nella combriccola dei quaranta ladroni», sospirò. «In quei
giorni ho cercato di allontanare il pensiero che non saresti mai tornato, ma…
certe volte era semplicemente più forte di me».
Jasmine si morse le labbra con veemenza e Aladdin, in quel momento, si sentì
così sciocco: aveva sempre visto la situazione dalla sua prospettiva, senza
tener conto di quanto sua moglie avesse sofferto in sua assenza. I giorni
lontani da Agrabah erano stati lunghi, faticosi e molte volte aveva temuto il
peggio, un uomo solo contro quaranta ladroni era quanto di più masochistico ci
si potesse mai aspettare da uno straccione come lui, eppure Jasmine lo aveva lasciato
andare – anche questo, d’altro canto, era l’amore.
«Jasmine, io… io ti chiedo scusa. Tu non hai mai cancellato quella data, non
hai mai dubitato che potessi farcela», ammise Aladdin, stringendola forte. «E
nemmeno io ho dubitato di te, mai».
A Jasmine sfuggì una risatina singolare dalle labbra, quasi sardonica: «Stai
mettendo sullo stesso piano l’intrufolarsi tra i ladroni e la mia presenza qui,
nel Palazzo, in tua attesa?».
«Oh no, tu hai avuto il lavoro più difficile», Jasmine gli lanciò un’occhiata
insospettita. «Nessuno dovrebbe mai aspettare qualcuno che potrebbe non tornare
più, è la tortura peggiore. Eppure tu l’hai fatto. Eppure tu non hai mai
cancellato il nostro matrimonio».
«Mi sarei intrufolata nel rifugio dei quaranta ladroni in abito da sposa,
piuttosto!», esclamò Jasmine, cancellando i segni della tristezza dal volto.
«Ed è per questo che ti amo». «Ed è per questo che siamo ancora qui. Ma ti proibisco di usare l’Oracolo
per i prossimi vent’anni!».
Aladdin si chinò alla sua altezza per poterla baciare, Jasmine cinse le braccia
attorno al suo collo e così le paure, i demoni del passato e le preoccupazioni
future scomparvero, lasciando posto a quel che entrambi sapevano di poter fare
al meglio: vivere il presente, in attesa del capitolo successivo.