Temporary Surname

di LaylaLaRed
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Temporary Surname - Part I ***
Capitolo 2: *** The Constance High School ***
Capitolo 3: *** Don't remember the rain ***
Capitolo 4: *** Qui Trouve Un Ami Trouve Un Trésor... ***
Capitolo 5: *** Tout ne se passe mal... ***
Capitolo 6: *** C'est perfidie... ***
Capitolo 7: *** Mystères ***
Capitolo 8: *** When The Sun Goes Down ***
Capitolo 9: *** Rain, Starbucks, Coffee and Gossip. ***



Capitolo 1
*** Temporary Surname - Part I ***


Erano bastate due parole per far arrabbiare di brutto la reginetta della Costance High School, Charlotte Audrey Holly Grimaldi.
E per di più, l’arrabbiatura arrivava il primo giorno di scuola del secondo anno.
Charlotte era rimasta allibita quando aveva letto quella grafia così elegante ma antipatica che compariva sul suo certificato di nascita.
Ma come? Lei, una Grimaldi D.O.C, era allibita? Ma quando mai…più che altro…si, era proprio allibita.
Charlotte decise che doveva domandare spiegazioni ai suoi genitori al più presto.
Con un urlo perentorio chiamò Dorota, che, sfinita, doveva servire sia Charlotte che la sua sorellina più piccola, Sally.
Charlotte non era in buoni rapporti con la domestica, ma visto che la madre l’adorava, beh…Blair Waldorf è sempre Blair Waldorf anche da sposata e lo sanno tutti che la Queen B ciò che vuole lo ottiene.
Le ordinò di portarle immediatamente la colazione in camera e le chiese stufata dove fosse la divisa scolastica da indossare.
Dorota sembrava imbarazzata, ma, dopo essere stata sollecitata più volte da Charlotte parlò, timida. “Credo sia stata una mia nausea…”.
Charlotte fissò con disprezzo il ventre molto gonfio di Dorota e spalancò le porte della cabina armadio.
Doveva esserci una divisa di ricambio da qualche parte.
Ma…non c’era.
“Aaaaah!” urlò Charlotte. Era così nervosa, che avrebbe spaccato tutto. Ritirò l’ordine della colazione ed entrò velocemente nel piccolo ascensore che portava ai cinque piani della casa.
Raggiunse il secondo piano, la cucina, e urlò “Camerieri!”.
Subito due ragazzi giovani e altrettanto belli si inchinarono al cospetto della principessa Grimaldi.
“Miss Grimaldi, buongiorno. Desidera un muffin al cioccolato o una buonissima torta alla frutta, con scaglie di cioccolato e con peonie rosa?”, domandò uno, ammiccando al tavolo imbandito e colmo di dolci.
“Mmmm….torta.”, mormorò lei noncurante, e poi si voltò, dirigendosi verso un tavolino al quale era seduta l’odiosa sorella e la madre.
“La voglio gialla!”, piagnucolava Sally.
“Ma tesoro, non esistono borse Balenciaga della tua taglia e gialle!”, replicò Blair, mettendo le sue mani sopra quelle della figlia.
“Allora chiama Nicolas e lui me la fa!”, esclamò in tono di sfida la piccola.
“Va bene, amore.”, acconsentì Blair, e Sally fece un’espressione compiaciuta.
“Oh, Charlotte, sei qui!”, esclamò sorpresa la Queen B, dirigendosi verso Charlotte.
“Si mamma, sono qui.”, Charlotte si mise a guardare la madre.
Aveva i capelli sciolti e indossava un vestitino nero di seta Gucci abbinato a un paio di sandali gioiello Chanel.
Ma non lo capiva che non era più una ragazzina e non doveva vestirsi più così?
Charlotte era ancora in pigiama, e questo fece rabbrividire Blair.
“Ma, tesoro…sei in pigiama! Hai fatto colazione? La tua divisa dov’è? Sbrigati! Tu sei la reginetta della Costance e…non vorrei che qualche stupido del primo anno occupasse i posti degli scalini…”, disse agitandosi.
Oh…ma insomma! Che stupida tradizione quella degli scalini… ma tanto Charlotte aveva deciso di saltare quel primo giorno.
“No mamma non ci vado a scuola. Non ho la divisa.”. Blair restò sconcertata e poi urlò “MEGLIO COSI’! Sarai la più divina…VAI!”, ordinò.
Charlotte si diresse al tavolo imbandito e mangiò velocemente una fetta della buonissima torta, cucinata dal loro chef personale, poi bevve un po’ di caffè, che ogni mattina le dava energia.
Infine tornò nella cabina armadio, scegliendo un completino audace ma consono alla scuola.
Sembrava proprio sua madre con quella camicia a balze bianca, quella gonna blu e quel cappottino del medesimo colore della gonna: tutto Prada.
Immancabili gli accessori: una Louis Vuitton rossa, un cerchietto Accessorize nero e una cintura Visconti con un enorme fiocco rosso.
Adesso si che Charlotte Audrey Holly Grimaldi era Charlotte Audrey Holly Grimaldi, o sarebbe stato meglio dire Waldorf?
Si ritrovò a prendere l’ascensore e incontrò suo padre al piano terra, intento a leggere un giornale.
“Sei incantevole, amove.”, disse lui. Charlotte fece un gran sorriso e gli rispose “Anche tu, papà. Ci vediamo dopo!”.
“Cevto chevie, cevto!”.
Charlotte fece un gran sospiro, salutò l’autista della limousine ed entrò, preparandosi psicologicamente alla scuola, ma con ancora in mente quelle due paroline: Temporary Surname.
Chissà poi che significato avevano…

Angolo dell’autrice Primo capitolo di un nuovo progetto! Abbandonati gli altri, ci dedichiamo a questo cognome temporaneo che arieggia in casa Grimaldi-Waldorf.
Chissà cosa significano queste due paroline sul certificato di nascita!
Una piccola anticipazione dal secondo capitolo “brulicava di studenti intenti a…”.
Xoxo,
GG1.
Charlotte Audrey Holly Grimaldi: http://imageshack.us/photo/my-images/341/1302leightonmeester.jpg/
Blair Waldorf http://www.stylosophy.it/img/leighton-meester-in-versus.jpg
Louis Grimaldi http://www3.pictures.zimbio.com/pc/Hugo+Becker+shooting+scenes+New+York+swanky+3iIFM-6q7ams.jpg
Sally Grimaldi http://4.bp.blogspot.com/_rg_7sqa5XBw/TGEZXv_-AlI/AAAAAAAAChw/dBjVdtlfb4U/s1600/dakota_fanning21.jpg

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Capitolo 2
*** The Constance High School ***


La Constance High School come al solito brulicava di studenti intenti a limonare, chiacchierare, o leggere l’ultimo blast di Gossip Girl.
Quelli del quinto anno erano appostati dietro il muro, a schiamazzare e a fare gli scemi, e la rampa di quelli del terzo anno era chiaramente occupata da due odiose gemelle, fanatiche di Gossip Girl.
Proprio mentre la regina C varcava la soglia del suo palazzo, uno squillo del cellulare interruppe all’unisono le azioni dei presenti.
“Che figata ragazzi. C’è molta più gente che segue Gossip Girl adesso che ai tempi di Blair.”, pensò Charlotte.
L’amata gossipper, che, nonostante l’età continuava a spettegolare, aveva inviato un messaggio davvero succulento:
Eilà UESiders!
Qui alla Constance Billiard abbiamo novità in fermento...o farei meglio a dire bambini?
Avvistata Izzy Van Der Woodsen con una busta della farmacia e uno scatolino fin troppo conosciuto che sbucava dalla suddetta! Il testo? Oh, beh...c’era scritto “Pregnancy”!
E poi...oh my god! Degli scemi del primo anno seduti sugli scalini della Queen Cherie...Charlotte Audrey Holly!
Lascio a voi il gusto dell’immaginazione, gossipper!ù
Xoxo,
Gossip Girl.

“COSA?” urlò Charlotte.
La tradizione che fino a quel momento aveva tralasciato non era poi così tralasciabile. Ehm...no, decisamente no.
Con passo veloce e con una faccia letteralmente infuocata, si piantò davanti a due ragazzini scemi, di cui uno davvero carino, che leggevano un po’ impauriti l’SMS di GG.
“Voi due. Fuori di qui. SUBITO!”, ordinò la Queen Cherie.
Uno dei due, vistosamente più furbetto dell’altro, disse, alzandosi in piedi e avvicinandosi a Charlotte “Oh...ma che piacere! Abbiamo la Queen Cherie proprio qui...davanti a noi! Su, Fred, alzati! Prostrati davanti alla bellissima nostra regina!”.
Poi il biondo, facendo cadere rovinosamente i libri a terra, si alzò, eseguendo un goffo inchino e sorridendo.
Charlotte fece un risolino, poi un altro più forte, fino a che la piccola risata non si trasformò in una fragorosa presa in giro.
“Voi credete davvero di prendere in giro Charlotte Grimaldi? Eh miei cari, vi sbagliate! Rita, Olivia, Tina Dakota...qui!”, ordinò infine.
Tre ragazze dall’aria frivola e con indosso delle divise nuove si presentarono davanti a Charlotte, esclamando in coro “Eccoci!”.
Lei domandò loro, con voce melliflua “Ragazze,potreste informare le suddette matricole liceali di cosa succede a chi viola il regolamento della Queen Cherie?”.
Una di loro, con i capelli neri e gli occhi a mandorla, fece scattare una mano e stava per prendere a pugni i due scemotti, quando...il suono della campanella interruppe la rissa.
Charlotte rise di gusto e cinguettò “Bye-bye!”, dirigendosi verso l’entrata e seguita dalle tre civettuole.
Poi un fulminante pensiero investì la mente della ragazza. Dov’era Izzy?
Mentre entrava nell’aula di biologia, la cui ora occupava la gran parte della giornata, notò che un ragazzo si faceva spazio tra la folla.
Aveva dei bellissimi capelli ramati, dei fantastici occhi nocciola e un piccolo viso appuntito.
“Oh my god...” mormorò C senza farsi sentire.
“MA INSOMMA! Sono un Bass! Anzi, sono IL Bass! Il re delle industrie Bass! Mi chiamo Oliver Bartholomew Bass!!! INSOMMA!”, urlacchiava il giovane, sbattendo nervosamente le sue Bottega Veneta con la fantasia a scacchi.
Due bulletti dell’ultimo anno intanto lo seguivano e lo prendevano in giro “Ahahah...si, un Bass! Al massimo sei un basso!”.
Charlotte sospirò e, con gli occhi al cielo, si mise in mezzo a Oliver e ai bulli, mormorando “Todd, Ted, Ched Chad, smettetela!”. I due guardarono la ragazza e risero di gusto, dando una pacca sulla spalla ad Oliver “Non ci sarà sempre la regina a difenderti, scemotto!”, gli dissero.
Il ragazzo esile intanto si stava dando una ripulita al maglioncino di cashmere e si accorse che Charlotte stava tossendo.
Si aspettava forse un grazie?
“Ehm...insomma...NOI BASS NON RINGRAZIAMO NESSUNO!”, disse impettito. E, mentre si dirigeva verso il suo banco, inciampò nelle sue Bottega Veneta.
Charlotte scosse la testa, sorrise piano e poi si accomodò al banco centrale, in prima fila, notando finalmente Izzy, che era seduta in fondo e singhiozzava, senza il minimo interesse del professor Mayers.

Angolo dell’autrice
Hey UESiders!
Qui che vi parla è GossipGirl1!
Come vedete questo capitolo è pieno di scandali e...wow! Un Bass!
Con chi avrà avuto questo figlio fanatico della moda Chuck, ehm...circa....ma si, circa 16 anni fa?
Non metto le foto di Todd, Ted e Ched Chad perchè sono dei personaggi molto minori! Anche di Izzy non ci sono foto per ora, okay? Sicuramente le troverete nel prossimo capitolo, le foto!
Vedremo cosa succederà ad Izzy (mi sono ispirata ad A Tutto Reality, anche se si pronuncia Isy – Isi)!!!
Una piccola anticipazione: “il suo ventre gonfio”.
Beh, credo che si capisca tutto anche da queste quattro parole, eh?
Xoxo,
GG1.
Gemelle odiose http://4.bp.blogspot.com/_FB5ZPvWWZ5w/TUQcz_ZcGoI/AAAAAAAAAVc/vx_SwM09Vbo/s1600/Olsen_1.jpg
Ragazzo Biondo, Fred http://4.bp.blogspot.com/_GSBWKqkC85Q/SdfhS1FnilI/AAAAAAAACx8/1aUbaXhNreA/s400/austin-robert-butler.jpg
Ragazzo Bruno http://static.fanpage.it/musicfanpage/wp-content/uploads/2010/12/bruno-mars-promo.jpg Rita http://www.newsgab.com/attachments/celebrity-pictures/145639d1233066706-linda-cardellini-sarah-michelle-gellar-some-scooby-doo-1-2-promos-lc-smg-7-.jpg
Olivia http://thetvaddict.com/wp-content/uploads/2010/02/dianna_agron.jpg
Tina Dakota http://time4friends.net/blogs/chuthong/files/2010/12/Tang_Wei_01.jpg
Oliver Bartholomew Bass http://www.naplestreetstyle.it/images/stories/rubriche/moda/preppy/Chuck%20Bass%20Sweater%20Vest.jpg
Prof. Mayers http://www.filmisnow.it/magazine/wp-content/uploads/2010/03/jeff-bridges.jpg

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Capitolo 3
*** Don't remember the rain ***


La lezione di biologia era appena terminata e gli studenti più vivaci della Constance High School stavano iniziando a schiamazzare e a prendersi in giro fra di loro.
La Queen Cherie stava finendo di raccogliere i suoi libri, quando la gonna nera si abbassò inavvertitamente mentre lei si piegava per prendere una matita.
“Oh-oh!”, un ragazzo bruno e dagli occhi vispi stava fissando il bordo di pizzo che sbucava dal tessuto.
“Scemo!”, gli urlò di rimando C, ormai abituata a queste cose.
Quando finì di sistemare tutto nell’elegante borsa pitonata Versace, uscì dalla classe con passo svelto e deciso, sicura del posto dove avrebbe trovato Izzy.
La professoressa Tamberson aveva dato buca ai suoi alunni, con grande contentezza da parte di questi, e quindi l’ultima ora era l’ora “delle pazzie”.
Quelli del quinto anno limonavano con passione e ridevano come degli stupidi, mentre quelli del terzo e del quarto stavano a guardare dicendosi che “tanto noi lo faremo l’anno prossimo!”.
Fuori dal cancello il tempo era nero e già si prevedeva un acquazzone, anticipato da piccole gocce.
Charlotte si affrettò a camminare e dopo pochi minuti si ritrovò inzuppata.
“Aaaaah!” urlò sfinita, dopo aver camminato per mezzo chilometro.
Aveva i capelli bagnati e dentro la borsa era entrata dell’acqua. Le scarpe facevano “clac-clac” nelle pozzanghere e continuavano a schizzare gocce dappertutto, ma...C era decisa (più o meno): avrebbe trovato Izzy!
Quando Izzy Gloria Van Der Woodsen era triste, andava in un piccolo parco ai confini dell’Upper East Side, che si raggiungeva tramite la metropolitana.
E quando era lì...PUFF. Tutti i suoi problemi si tramutavano in polvere e la pioggia (visto che quando Izzy Van Der Woodsen è triste c’è sempre la pioggia) spazzava via lacrime e tristezza.
Ma stavolta sarebbe stato così?
Charlotte non lo sapeva e quando arrivò alla fermata della metropolitana era sfinita...ci salì subito e pagò il biglietto con quei pochi soldi che si portava dietro quando andava alla Constance.
Scese alla seconda fermata che incontrò.
Il posto si chiamava “Little Marveillux Park”.
“Perchè dare un nome francese a un parco americano?”, si domandò fra sé e sé C.
Ma poi scosse la testa come per dimenticare quell’inutile pensiero e provò a concentrarsi soltanto su Izzy.
Un piccolo cancello bordeaux arrugginito era l’entrata per quella struttura. Una volta dentro, C ebbe un fremito di paura.
La pioggia rendeva scuro il luogo e gli alberi frusciavano ininterrottamente provocando un rumore decisamente spaventoso.
Qualche figura scura era posata sulle rovinate panchine di ferro, e faceva finta di leggere il giornale, inzuppandosi.
Charlotte si alzò in punta di piedi, come per scrutare meglio il luogo, ma non trovò nulla. Nulla, soprattutto Izzy.
Tornò con i piedi a terra sbuffando e iniziò a girare in tondo per la struttura.
Poi vide quello che cercava. Posata su una panchina, nell’angolo più buio della struttura, c’era una figura nera e con il capo chino, intenta a fissarsi i piedi.
Oh si, era Izzy!
Charlotte corse velocemente verso di lei e quando fu arrivata a distanza 2 metri, le sussurrò “Izzy.”.
La bionda ebbe uno scatto. Alzò lo sguardo e mormorò un “Ah, sei tu.”, poi tornò a singhiozzare, tenendo la testa fra le mani.
C si accomodò accanto ad Izzy e per una manciata di minuti restarono a fissare il vuoto davanti a loro.
“Non vuoi proprio parlarmi, eh?”, domandò Charlotte, e abbozzò un sorriso.
Izzy alzò piano lo sguardo e posò la testa sulla spalla di C, continuando a piangere ancora più forte.
“Stai calma, tesoro. Ci sono io qui con te adesso. Su, sta calma.”, le mormorò commossa C.
“Scusami”, singhiozzò Izzy.
“E di che. Su, sta calma. Ci sono io, tesoro. Ci sono io qui con te.”, ripeteva Charlotte.
Restarono molto più tempo di quello che sarebbero potute restare in quella posizione tenera.

Angolo dell’autrice
Eilà UESiders!
Come vi sembra questo secondo capitolo? Izzy è la ragazza invisibile...lo so, lo so...metterò più foto di lei e Charlotte nel terzo!
Una piccola anticipazione qui per voi, stavolta sottoforma di dialogo: “Poverina... è un po’ gonfia! Le ci vorrà Activia...o no? Ahahaha!”.
Grazie a FibyCullenBass per il supporto e grazie ai lettori silenziosi che invito a parlare...
xoxo,
GG1.
Ragazzo “osservatore” http://zonareality.files.wordpress.com/2010/11/ruggero.jpg
Borsa pitonata (scusatemi ma non è Versace questa qui nella foto, è Gucci...è evidente dal logo sul ciondolo, vero?): http://static.blogo.it/deluxeblog/borsa_by_gucci.JPG
Professoressa Tanderson (non viene descritta e non appare, ma non sapevo che foto mettere,okay? Apparirà più tardi, comunque...): http://www.ivid.it/movie/fotonews/jennifer_garner.jpg
Charlotte e Izzy http://a3.sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc4/67460_169133203101787_169125006435940_655334_3936133_n.jpg (non è proprio un parco questo qui nella foto, però...)

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Capitolo 4
*** Qui Trouve Un Ami Trouve Un Trésor... ***


“Incontriamoci al Cafè de Flore oggi alle cinque x tè e gossip. xoxo, I.”
Charlotte fissava quel messaggio da poco più di un’ora, ormai.
Aveva appena finito di studiare français ed era annoiata.
Gossip Girl sembrava essere in pausa, d’altronde alcune sue fonti avevano detto che la blogger era stata denunciata da una misteriosa manager.
Da due giorni i pensieri della giovane brunetta vertevano continuamente su Izzy e la sua misteriosa gravidanza.
Dopo quel giorno piovoso, la biondina non si era fatta sentire, e nemmeno vedere, il che era strano per una come lei, che andava avanti qualsiasi problemi ci fossero, e che aveva una madre spronatrice e seria.
Dopo qualche minuto passato a decidere se andare o no all’appuntamento, Charlotte notò qualcosa che la fece imbestialire.
Il tappeto rosa antico della sua stanza presentava diverse macchioline verdastre, puzzolenti ed evidentemente recenti.
Come aveva potuto non notarlo prima?
Si alzò imbufalita e prese l’ascensore per andare al terzo piano della casa, dove quella stupida di sua sorella stava studiando aiutata da “pallone-gonfiato-Dorota”, come Charlotte aveva incominciato a chiamarla dall’età di 12 anni.
Una volta uscita dalla capsula grigia, si bloccò sulla soglia della porta, sbattendo leggermente il tacco 10 delle sue Louboutin: sicuramente si sarebbero accorti di lei.
E infatti fu così.
Mentre Sally ripeteva a memoria la tabellina del sette, Dorota intercettò lo sguardo indagatore di Charlotte e subito le si avvicinò, lasciando la piccola a ripetere.
“Buon pomeriggio miss Grimaldi. Desidera?”, domandò tremando dalla paura.
“Buon pomeriggio Dorota. Sai, ho notato che sul mio tappeto ci sono delle orribile macchie verdastri. Sicuramente dev’essere stata una delle mie copains a macchiarlo, quindi desidererei che tu lo pulissi.”, disse con finta tranquillità Charlotte.
Dorota tirò un sospiro di sollievo, ma evidentemente non conosceva bene Charlotte Audrey Holly Grimaldi.
“Ma…che strano, le mie amiche non sono mai venute qui recentemente, vero Dorota?”, domandò con voce melliflua Charlotte, indicando il viso impallidito di Dorota e poi il suo ventre gonfio.
“Ehm…certo che no, miss Grimaldi! Non…non ricorda? Miss Rita è venuta a trovarla tre giorni fa…ehm…miss Rita, no?”.
Dorota era imbarazzata, e stava gesticolando cercando di salvare il salvabile.
Charlotte emise un risolino di vendetta e fece per andarsene, ma prima che potesse farlo un rumoraccio e una sostanze verde che si spargeva sul pavimento la fecero immobilizzare.
“No…non è vomito, vero? Non può essere vomito…dev’essere…” iniziò Charlotte, indietreggiando e cercando di non pensare a Dorota che cercava di fermare lo spargimento della sostanza su tutto il linoleum.
“Ma chi prendo in giro? Dorota, sei licenziata!”, disse poi rivolta a Dorota, e se ne andò ancheggiando e camminando impettita.

“Cherie! Tu es parfait! Salut Izzy pour moi!”, diceva un Louis particolarmente orgoglioso a Charlotte, vestita di tutto punto e pronta per andare al Cafè de Flore.
“Merci, pére! Salut mère, salut pére!”, salutò regalmente la reginetta dell’Upper East Side, per poi uscire dalla lussuosa casa e ordinare a Russell, ordinario autista della limousine, di andare al caffè dove avrebbe incontrato la sua amica.
Ma poi, poteva definirla amica? Quella “amica” che le aveva rubato il fidanzato, quella “amica” che le teneva nascoste molte cose, quella “amica” che il più delle volte la sfruttava e la abbandonava, quella “amica” tanto agognata che nessuno aveva il privilegio di possedere nell’Upper East Side.
Mentre i pensieri le fluttuavano liberi nella testa, la limousine si era fermata e il paesaggio di New York aveva smesso di essere roteante e nauseante.
“Buona giornata miss Charlotte”, salutò educatamente l’autista.
“Buona giornata, Russell. Ah! Potresti avvisare Blair che starò via un bel po’ e che non deve aspettarmi per cena? Grazie, sei un tesoro!”, gli disse rivolgendogli un sorriso smagliante Charlotte.
Mentre la limousine sfrecciava verso casa, Charlotte urlò “E non andare troppo veloce!”.
Sembrava una mamma con suo figlio neopatentato, ma lei ci teneva davvero a Russell. Era simpatico, gentile e un ottimo consigliere. Non come quella ficcanaso di Dorota.
Ma non era il momento di pensare a Dorota.
Charlotte si preparò psicologicamente all’incontro con una Izzy sobria, e non piangente, e poi si lisciò le pieghe del vestito di pizzo, ovviamente marchiato Dior.
Entrò nel caffè e diede un’occhiata in giro, cercando la sua amica.
Poi notò una grande chioma bionda che sfogliava un menù di analcolici, e non ebbe dubbi: era Izzy Loren Van Der Woodsen.
Camminò a passo spedito verso il tavolo e si sedette sulla sedia gialla, accennando un saluto a Izzy.
“Ciao, Izzy.”
“Oh, sei venuta! Ci speravo!”, replicò contenta l’amica.
“Hai delle Mischka bellissime, oggi!”, era stata di nuovo Izzy a parlare.
“Anche il tuo cerchietto è carino, Izzy…”, aggiunse con una voce calma, ma per niente felice, Charlotte.
“Ok, C. So benissimo che sei arrabbiata con me, ma devi capirmi! Ti prometto che saprai tutto, prima o poi. Per ora puoi sapere solo alcune cose. Ti fidi di me?”, disse poi frettolosamente e a bassa voce Izzy.
L’intervento di Izzy fu seguito da un grande sospiro da parte di Charlotte.
Come poteva Izzy pretendere della fiducia?
Ma Charlotte era buona di cuore, e quella fiducia gliel’avrebbe data, per l’ultima volta.
“Si…”, sospirò ancora.
Izzy sorrise e abbracciò l’amica, anche se c’era un tavolo a dividerle.
“Izzy…” iniziò Charlotte.
“Si?”, domandò la bionda.
“Chi è il padre?”, chiese affettuosa Charlotte, indicando la mano di Izzy posata inavvertitamente sulla pancia.
Stavolta fu Izzy a sospirare.
“Non lo so.”, ribatté improvvisamente fredda Izzy.
“D’accordo. Tua madre lo sa?”, chiese ancora Charlotte.
“Charlotte, basta con le domande! Ti ho già detto che saprai tutto a tempo debito…”, le disse ancora più fredda Izzy.
“Ok…ok. Sai cosa ti dico? Mi hai davvero stancato con tutti questi misteri, questa freddezza…sai qual è la realtà? Che tu nascondi la verità, la mascheri, non vuoi conoscerla! Hai sempre vissuto nella bugia e io ti lascerò sepolta in un mondo di bugie! Arrivederci, Izzy.”.
E così dicendo Charlotte uscì dal locale, con i capelli spiegazzati dall’abbraccio, ma un cuore rotto e delle lacrime amare.
Izzy, invece, rimase lì per molto tempo, a riflettere, con delle lacrime di dolore, e un grande segreto da portare sulle spalle.
Perché si sa, nell’Upper East Side…gli amici non contano!

ANGOLO DELL’AUTRICE
Bonjour or Bonsoir ragazze!
Sicuramente avrete notato la “francesità” di questo capitolo, e c’è anche un motivo: mi sono innamorata del francese!
Essendo ricominciata da poco la scuola, ho anche ripreso la mia lingua preferita, e oggi, dopo un’ora passata sui libri, ho deciso di inserire alcuni vocaboli qui nella mia fanfic!
Comunque sotto, oltre alle foto (e all’agognata foto di Izzy!), troverete la traduzione italiana delle frasi di Louis e Charlotte!
Alle fan della coppia Chair e alle anti della coppia Lair (Louis+Blair) dico che arriveranno presto momenti romantici con C Bass e B Waldorf!
Sperando che il capitolo vi sia piaciuto vi saluto…
xoxo,
GG1.
Charlotte (Leighton Meester) http://style.mtv.com/wp-content/uploads/2011/04/jessica-szohr-leighton-meester.jpg
Dorota (Zuzanna Szadkowsky) http://a.imagehost.org/0312/gg9.jpg
Russell (Russel Crow) http://pad.mymovies.it/filmclub/attori/7339.jpg
Izzy (Ashley Benson) http://top-people.starmedia.com/tmp/swotti/cacheYXNOBGV5IGJLBNNVBG==UGVVCGXLLVBLB3BSZQ==/imgashley%20benson4.jpg

TRADUZIONE
Français = Francese
Copains = Compagne, amiche
Tesoro! Sei perfetta! Saluta per me Izzy! (LOUIS)
Grazie papà! Ciao mamma, ciao papà! (CHARLOTTE)

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Capitolo 5
*** Tout ne se passe mal... ***


“Kate, porta quelle peonie via di lì. Ho detto le camelie a destra, non a sinistra!”, la voce perentoria della reginetta dell’Upper East Side risuonava dura nella stanza.
Il salotto della casa a cinque piani di Blair Waldorf e Louis Grimaldi era stato addobbato in modo sfarzoso. Le camelie, le peonie, le margherite, i girasoli erano attorcigliati in ghirlande appese al muro e alle finestre. Una tenda color crema decorava invece il grande balcone che si apriva dietro la finestra. Un bellissimo divano rosa perla era invece posizionato al centro della stanza. Il banchetto era stato allestito su dei grandi tavoli ricoperti da tovaglie rosa antico.
Charlotte si posò teatralmente sullo stipite della porta e si portò una mano alle tempie.
Blair spuntò dietro di lei.
“Amore, come vanno gli ultimi preparativi?”, cinguettò, osservando la stanza.
“Ultimi preparativi? Ultimi preparativi, mamma? Ma come! Stanotte si tiene la MIA festa dell’autunno e tu osi parlare di…di…ULTIMI PREPARATIVI?”, urlò la reginetta, gesticolando.
“D’accordo. Allora fa come vuoi”, bofonchiò Blair allontanandosi.
5 ORE DOPO… “Margareth! Vieni immediatamente qui!”, urlò la reginetta Charlotte arrabbiata, fissando un bellissimo completo giallo e arancione posato sul letto.
“Mi dica, miss Grimaldi.”, disse cortesemente una ragazza magra, striminzita.
“Voglio il vestito rosa di Bershka che avevo scelto giovedì!”, sentenziò, trucidando con lo sguardo la ragazza.
“La signora Blair aveva detto che la sua festa era per abbandonare l’estate e avevo pensato che…avrebbe preferito indossare qualcosa di solare…” , disse timida, guardando a terra e tremando.
“Avevi pensato…tu non devi pensare! Tu devi obbedire ai miei ordini! Adesso porta immediatamente via di qui questo obbrobrio e fammi trovare il vestito rosa di Bershka!”, urlò, uscendo dalla stanza borbottando e urlacchiando.
Prese l’ascensore e si diresse al terzo piano, dove era stata allestita la festa.
Percorse agitata il corridoio dalle pareti foderate di bordeaux, e spalancò la porta, dando un’occhiata furtiva ai fiori, e avvicinandosi lentamente alla postazione musica.
Le chitarre e gli strumenti erano stati accordati quella mattina, mentre gli installatori avevano provveduto a montare tutto poco prima di quel momento, viste le loro inadeguate disponibilità d’orario.
Charlotte fissò i dischi posati sul tavolino di marmo lucido.
“Ground Music…uhm…sembra a posto…”, biascicò la Queen Cherie, sfiorando un disco dalla copertina verde.
“Miss Grimaldi? Miss Grimaldi?”, la voce sommessa e affaticata della domestica risuonò nella stanza.
“Sono qui! Cosa vuoi?”, domandò la Queen Cherie, sbucando dalla porta.
“Il suo vestito è sul letto e i primi invitati stanno per arrivare. Ha inoltre chiamato Mister Matthew Kaal,vuole sapere se deve portare qualcosa per la festa!”.
Charlotte sbuffò. Aveva invitato solo 124 persone, fra cui qualche amico, qualche sconosciuto, qualche semplice conoscente e…ovviamente non Izzy Van Der Woodsen.
Ebbe un tuffo al cuore solo pensando al suo nome, così decise di rispondere alla cameriera.
“Dì pure a Matthew che…no, non deve portare nulla!”, disse frettolosa, attraversando con fretta il corridoio ed entrando nella capsula di ferro che portava da un piano all’altro.
Salì al quarto piano, dove era situata la sua stanza, e si cambiò di fretta e furia. Il vestito era color rosa antico, con un tessuto più chiaro che lo terminava. Le scarpe invece erano sempre color rosa antico, lucide, firmate Miu Miu. I gioielli erano semplici: una collana rosa e bianca e un bracciale dorato. Il trucco era leggero, mentre i capelli erano raccolti in una crocchia elegante, che lasciava penzolare le altre due crocchie più piccole.
Charlotte si guardò allo specchio: era semplicemente meravigliosa.
Prese velocemente l’ascensore e si recò nel salotto: era già pieno. Afferrò da un cameriere all’entrata la lista degli invitati, ne mancavano ancora quattordici.
Sussurrò qualcosa nell’orecchio a un cameriere ed esso guizzò via. Dopo pochi secondi la stanza fu immersa nel buio, e delle luci rosa e rosse la illuminarono.
“La principessa Charlotte Audrey Holly Grimaldi è qui!”, urlò una voce ad un altoparlante.
Charlotte fece la sua entrata, mentre tanti tubini Gucci e tante Manolo la applaudivano.
Lei sorrise, afferrò il microfono, diede la mano a un’affascinante assistente e si fece accompagnare sul palcoscenico per i musicisti.
“Benvenuti alla mia festa d’autunno! Ricordate di indossare le mascherine per i lenti! Spero che stasera vi divertiate…giocheremo, balleremo, eleggeremo re e reginetta della serata e…ovviamente tireremo fuori qualche gossip per Gossip Girl!”, scoppiò in una risata e mandò un bacio volante a tutti, poi si fermò a prendere una mascherina decorata da una finta rete argento, e scese in pista.
Un ragazzo bruno, dalla camminata impettito, la mascherina rossa e lo sguardo che catturava, le prese la mano.
“Vuoi ballare?”, le domandò.
Lei lo guardò…una strana luce si fece strada nei suoi occhi, ebbe un tuffo al cuore e il respiro le si fermò per qualche secondo. I loro occhi si incatenarono. Marrone contro marrone. Quando la catena si sciolse, lei mormorò un “Si”, e iniziò a ballare con lui un dolce lento. Si sciolse la crocchia, perché adorava pensare che con gli uomini i capelli sciolti erano il meglio, e iniziò a danzare.
Avrebbe danzato per sempre…

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Ciao! Spero che il capitolo vi piaccia! Ecco le foto dei personaggi! Non preoccupatevi...Izzy ritornerà!
Charlotte (Leighton Meester): http://i43.tinypic.com/22dukh.jpg
Domestica (Emma Watson): http://i43.tinypic.com/2j67nr9.jpg
Charlotte e il ragazzo (Leighton Meester ed Ed Westwick): http://i44.tinypic.com/29ckkuc.png

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Capitolo 6
*** C'est perfidie... ***


La festa era stata meravigliosa. Charlotte aveva danzato tutta la sera con quel cavaliere misterioso, ma non era riuscita a fermarlo prima che egli sparisse fra le Manolo e i Gucci. E lei era ancora un incanto.
Esalò un lungo respiro, per assaporare l’aria notturna dell’Upper East Side, e rimase a fissare estasiata le luci che provenivano dai vari locali, in cui molti dei suoi invitati si erano recati per l’ultimo drink dopo una serata sbalorditiva.
Molti le avevano fatto i complimenti per il vestito, per le scarpe, per gli addobbi, ma nessuno le aveva detto cose come quelle che il galante ragazzo danzatore le aveva riferito.
“Sei stupenda. Nessuna delle più belle peonie di questo mondo ti eguaglia”, le aveva ricordato prima di scappare, lasciandola sola in un mare di gente.
Un sorriso le si dipinse sul volto, lasciando spazio solo alla beatitudine. Forse dovuta ai drink di troppo, o alla musica assordante che ancora le rimbombava nelle orecchie, o ai complimenti del ragazzo misterioso, ma di sicuro, in quel momento si sentiva bene e felice con sé stessa come non mai.
Nessun suono la raggiunse nella sua beatitudine, nemmeno un paio di tacchi che piano piano le si avvicinavano.
“Charlotte?”, solo quando udì il suo nome, la Queen Cherie si riscosse dai suoi pensieri e si voltò, posando un braccio sul balcone.
Una ragazza leggermente robusta, con una grande crocchia bionda in cima al viso, un vestito panna con cintura nera, delle Manolo altrettanto scure e una pochette nera glitterata, le si presentò davanti. Era lei. Era Izzy.
Inspiegabilmente, Charlotte la ignorò. Anzi, quella visione suscitò in lei una risata compiaciuta, una risata da Blair, una risata che aveva ereditato e che, come la madre aveva fatto un tempo, adesso lei utilizzava per sminuire l’ego delle persone.
“D’accordo. Ridi, ridi pure. Non sono io quella che porta un Bershka del 2010.”, affermò tagliente Izzy.
Charlotte si fermò a deglutire, e un’altra scossa di ilarità la travolse, senza badare alle parole della bionda dinnanzi a lei.
“Ora basta. Mi sto stufando”, decretò con una punta di nervosismo Izzy.
Ma la principessa di Monaco non terminò la sua risata cristallina, anzi, se possibile, la amplificò.
“Sono venuta per parlare. Per chiederti scusa, se ho fatto qualcosa di male. Sono venuta per porre fine alle nostre continue guerre. C, insomma! Eravamo amiche un tempo!”, sbottò infine Izzy.
Charlotte si fermò un attimo, e parlò.
“Sai, hai ragione tu. Eravamo amiche un tempo”, commentò, poi riprese le sue risate.
Izzy, però, non guardava più la sua amica. Guardava un punto fisso, lontano, e dopo qualche secondo, in cui Charlotte continuava ad ignorarla, cadde a terra, con gli occhi chiusi, svenuta.
La Queen Cherie smise di ridere e si inginocchiò accanto al corpo della ragazza.
“La gravidanza gioca brutti scherzi, Izzy Van Der Woodsen. Davvero brutti…”, commentò a bassa voce, raccogliendo la pochette, e portandola via con sé, lasciando a terra la ragazza svenuta.
Nell’Upper East Side gli amici non contano, è risaputo. Ma forse Izzy non l’aveva ancora capito, mentre la Queen Cherie ne era completamente al corrente. E a quanto pare nemmeno la carità esiste. Dopo il party di C (a proposito, perché non mi hai invitato?), la bella I è stata vista recarsi al suddetto e…plonf! Cadere a terra svenuta, senza che C facesse nulla! Attenzione agli amici, UESiders!
Writer Space
Ciao! Scusatemi per la lunghezza breve del capitolo, ma è una questione di storyline. Il prossimo, infatti, doveva per forza iniziare con un nuovo giorno, stile GG.
Ecco le foto!
Charlotte (Leighton Meester): http://i43.tinypic.com/22dukh.jpg
Izzy (Ashley Benson): http://i43.tinypic.com/v66suq.jpg

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Capitolo 7
*** Mystères ***


Buongiorno Upper East Side!
Qui le foglie frusciano e il vento sibila segreti, ma c’è qualcuno i cui segreti gli opprimono così tanto l’anima, che si rifugia nelle menzogne…


Mi svegliai intorpidita.
Le mie palpebre pesanti non avevano per niente voglia di aprirsi, ma per dovevano. La Constance mi aspettava, e una giornata senza regina significava una giornata senza regole.
E chi non ama le regole?
“Buongiorno miss Grimaldi!”, esordì la voce entusiasta della mia nuova domestica.
“Apri quella maledetta finestra e per piacere portami qualcosa che non sia la solita divisa della Constance!”, ribattei con freddezza, indicando la grande finestra che si trovava a pochi passi da lei.
La ragazza chinò il capo e con voce sommessa parlò, mentre apriva le tende “Si, miss Grimaldi”.
Oh, come adoravo essere così importante.
Balzai giù dal letto e mentre la domestica finiva di eseguire i miei ordini, io fuggii fuori, entrando nell’ascensore, diretta al primo piano.
In men che non si dica mi ritrovai dinnanzi alla mia famiglia. “Bonjour, mère et bonjour père! Oh, salut soeur!”, pronunciai in perfetto francese, mentre ricevevo gli sguardi invidiosi di Dorota.
Non la sopportavo. Era così...gelosa. E incinta.
Capiamoci, non avevo nulla contro le donne incinte, ma quella parola mi asfissiava un po’ troppo in quel periodo.
“Trèsor, cosa vuoi per colazione?”, domandò mio padre.
“Una tazza di tè e null’altro, père”, replicai avvicinandomi a lui e posandogli un bacio sulla guancia.
Non appena ebbi parlato, un cameriere dall’aria professionale sgusciò in cucina a preparare il tè.
Sorrisi soddisfatta, ma non ebbi il tempo di fare un passo, che quella peste di mia sorella Sally mi si piantò davanti.
“Che vuoi?”, domandai brusca.
“Mamma ha detto che oggi vieni a prendermi tu da scuola!”, rispose la peste, guardandomi appagata.
“Cosa? Mamma!”, urlai, rivolta a mia madre.
“Amore, io non posso. Lo sai che devo andare in clinica”, replicò Blair, incenerendomi con lo sguardo.
Ah, giusto. La clinica. Mia madre si era messa in testa di avere un altro figlio con papà, e doveva eseguire il test di fertilità.
Io non avevo protestato, perché mancavano due anni alla maggiore età, poi sarei fuggita al college e avrei lasciato quella vipera di Sally e quell’altra vipera che sarebbe nata.
Il mio piano era favoloso.
Mentre continuavo a lanciare occhiate di fuoco a Blair e a Sally, arrivò il tè.
“Ecco a lei, miss Grimaldi”, disse il cameriere gentile.
“Oh, grazie”, replicai, totalmente distratta.
Sorseggiai il tè in pochi minuti, e poi tornai al piano di sopra utilizzando l’ascensore.
“E’ pronto il mio vestiario?”, chiesi alla mia domestica, che armeggiava con dei completi.
“Si, miss. Ho selezionato un completo Versace”, balbettò la giovane, indicando dei vestiti sparsi sul letto.
Per essere una domestica, aveva gusto.
Aveva scelto degli shorts blu abbinati a una camicia dello stesso colore, però con una fantasia particolare. Il tutto adornato da collant rossi, ballerine bianche a strisce nere, giacca nera a strisce fuxia, e una cartellina rossa e blu dove inserire i libri.
“Ben fatto. Come premio ti permetto di scegliere un vestito da quelli dell’armadio giallo, ovvero quelli da gettare”, le dissi, fingendo gentilezza.
Era stata brava, perciò decisi di premiarla.
Ero fin troppo buona.
Mi vestii, mentre la domestica prendeva dall’armadio un camicione/vestito rosa di Bershka, che un tempo era stato uno dei miei preferiti.
Una volta terminata la fase di preparazione estetica, che comprendeva trucco e capelli, presi per la terza volta l’ascensore e mi recai al piano terra, dove mio padre e mia madre si erano spostati dopo la colazione.
“Buona giornata, amore.”, salutarono in coro.
“Salut mon parents”, risposi al saluto, sempre in francese.
Una volta uscita di casa, decisi di percorrere a piedi la strada che mi separava dalla scuola.
Era salutare e vitale per me respirare l’aria della città e guardare i mille volti di rampolli e persone in cerca di popolarità che camminavano sempre sullo stesso tragitto, o andavano in cerca di nuovi percorsi da percorrere per giungere ai propri obbiettivi…
Dopo circa dieci minuti giunsi davanti all’enorme cancello della scuola, e lo varcai decisa.
Subito le mie tirapiedi mi vennero incontro urlando “Charlotte! C’è una notizia importantissima che dobbiamo dirti!”. Ma come facevano ad essere così stupide da credere che io le degnassi veramente di uno sguardo?
“Cosa?”, domandai annoiata, giocando con una ciocca dei miei morbidi capelli castani.
“Izzy torna a scuola!”, strillarono in coro le stupide.
Un groppo mi salì su fino alla gola, e dovetti metterci tutta me stessa per rimandarlo giù.
“E allora?”, domandai retorica, allontanandomi seguita dalle tirapiedi.
Ma…si sa, parli del diavolo e spuntano le corna.
Subito una chioma bionda apparì davanti ai nostri occhi. Una chioma bionda che riconobbi essere quella di Izzy, che indossava un abito viola e largo, decisamente demodé.
Al suo passaggio le mie tirapiedi strillarono esaltate, e io le zittii, domandando a quella che era stata la mia migliore amica “Non dici niente, mammina?”, e poi scoppiai in una risata cattiva, seguita dai risolini delle stupide dietro di me.
Gli occhi di Izzy iniziarono a riempirsi di lacrime, ed io e le ragazze scoppiammo a ridere ancora di più.
Io adoravo prendere in giro le persone!
Mentre i ragazzi del quinto anno pomiciavano e i professori entravano, la campanella squillò e il mio gruppo si sciolse. Prima ora = letteratura = quello scemo del professor Spink.
Nel momento in cui i ragazzi si lanciavano palline di carta e le ragazze spettegolavano, il professor Spink fece la sua colossale entrata.
Nonostante la classe non fosse per niente in ordine, e lui continuasse ad essere colpito da palline di carta, era imperterrito e non terminava di leggere una pagina del libro.
E fu allora che successe l’impensabile.
Nell’aula entrò una bellissima Serena Van Der Woodsen, la mia madrina, nonché genitrice di Izzy, bionda, alta e slanciata, vestita di tutto punto, probabilmente da Dolce & Gabbana, dato che riconoscevo alcuni indumenti dell’ultima collezione.
Non appena mise piede nella grande stanza, tutti si zittirono, e anche il professor Spink smise di leggere all’istante.
Nonostante il suo aspetto fosse allegro e colorato, negli occhi della migliore amica di mia madre, leggevo tristezza, quasi frustrazione, come se il suo cuore fosse stato spezzato da un dolore più grande di lei.
Con la coda dell’occhio lanciai uno sguardo a Izzy, e notai che era pietrificata, e analizzava la figura della madre.
Finsi di aprire il libro e attesi che Serena parlasse.
“Buongiorno, professor Spink. Dovrei portare via Isabel Claire Van Der Woodsen”, disse seria all’uomo accomodato sulla sedia.
Isabel? Il vero nome di Izzy era Isabel?
“Oh, certo, certo. Vada pure, non si preoccupi”, borbottò il signor Spink, gesticolando e tornando al suo libro.
Serena annuì e lanciò un’occhiata di fuoco a Izzy, che si alzò sistematicamente dalla sedia, afferrò la sua borsa color crema ed uscì con la madre.
Cos’era successo? Forse Serena aveva scoperto che Izzy era incinta?
Durante le cinque ore che completavano l’arco della giornata, fui tormentata da quei pensieri, e nemmeno le futili chiacchiere delle tirapiedi mi distolsero dai miei pensieri e dalle mie domande.
Quando, finalmente, anche l’ora della professoressa Brandon terminò, ebbi modo di uscire, e mi ricordai che ero stata insignita dell’obbligo di andare alla scuola elementare di mia sorella e aspettare che tutti quei mocciosi uscissero.
Sbuffai, chiamai un taxi e mi feci portare in pochi minuti alla “George Washington Elementary School”, intitolata al presidente George Washington.
Attesi che Sally uscisse appostata nel piccolo cortile della scuola, adornato da giostre, alberi, panchine e giochi vari. Una volta che la campanella squillò, la classe seconda di mia sorella fu la prima ad uscire, accompagnata dalla Maestra Kate, che avevo avuto modo di conoscere ai colloqui, insieme a mia madre.
Appena quella vipera di mia sorella mi vide, mi venne incontro abbracciandomi “Charlotte!”, urlò falsamente felice. Anche Kate mi si avvicinò, tendendomi una mano “Ciao, Charlotte!”.
“Oh, ciao!”, replicai, afferrando lo zaino targato Hello Kitty di mia sorella.
Kate Tiles aveva 21 anni ed era per me una cara amica, amante anche lei del gossip, ma meno ricca di me.
Mentre ci allontanavamo dalla scuola, dissi a Sally “Hey, che ne dici se andiamo da mamma? Tanto la clinica è vicina”.
Volevo proprio vedere se il piano di andarmene a diciotto anni avrebbe funzionato con l’intralcio di uno o due mocciosi.
Sally annuì e io chiamai il secondo taxi della giornata.
Il guidatore era un uomo pelato e con un teschio tatuato sul braccio, ma non mi lasciai influenzare dalle apparenze, e gli dissi di portarmi al St. Lucas Hospital.
L’ospedale era una grande struttura bianca e grigia, molto grande e a cui era affiancato l’ufficio anagrafe. Per entrare dovemmo passare anche un controllo della security, come se la principessa di Monaco avesse bisogno di essere analizzata.
Con mia sorella al seguito, arrivai dinnanzi allo studio dell’unica ginecologa dell’ospedale, e bussai.
Una voce femminile urlò “Avanti!”, e io aprii la porta mogano, entrando con Sally alle calcagna.
Mia madre era distesa su un lettino, e la dottoressa stava passando sul suo ventre un gel viscido e gelatinoso, mentre mio padre era seduto su una poltroncina, immobile, e nei suoi occhi leggevo agitazione.
Appena ci vide, mia madre disse “Oh, ciao ragazze! Io sto per finire, voi aspettate fuori”.
Sally pestò i piedi per terra, e fui costretta a darle una gomitata per farla smettere.
Uscii dalla stanza, feci sedere Sally e mi guardai intorno.
Gli ospedali mi mettevano ansia e inquietudine.
Poi, tutt’un tratto, rammentai un dettaglio. Sul mio certificato di nascita c’era scritto “cognome temporaneo”, e mi ero ripromessa di passare dall’ufficio anagrafe al più presto per sistemare quella situazione.
“Sally”, la chiamai, “Se io vado un attimo all’ufficio anagrafe, tu non scappi, vero?”.
“Non sono scema!”, strepitò Sally, di tutta risposta.
Sorrisi felice e mi allontanai, avvicinandomi a una ragazza dai capelli biondi, girata.
“Mi scusi, dov’è l’ufficio anagrafe?”, domandai cordiale.
La ragazza si voltò e notai che masticava un chewing-gum, e il suo camice era lercio.
“Quinto piano, bambina”, mi rispose fingendo disponibilità.
Bambina? Ma chi si credeva di essere?
“Bambina? Senti, lurida infermiera, io sono la principessa Grimaldi, figlia della regina dell’Upper East Side e del principe Louis Grimaldi, perciò se non vuoi ritrovarti fuori di qui farai meglio a parlarmi come si deve! E ora riformula la frase!”, la minacciai.
Lei sbiancò in volto e balbettò delle scuse, per poi allontanarsi. Sorrisi soddisfatta e mi diressi all’ascensore. Premetti il tasto del quinto piano e in pochi secondi giunsi al quinto piano.
Il corridoio era dipinto di giallo, e le porte erano rosse, decisamente più allegre delle monotone porte bianche del primo piano.
Seguendo i cartelli, arrivai dinnanzi alla porta dell’ufficio anagrafe e bussai.
Una calda voce maschile rispose “E’ aperto”.

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Capitolo 8
*** When The Sun Goes Down ***


“E’ aperto”, disse una voce calda e maschile.
Spinsi leggermente la porta gialla, e mi ritrovai in un ambiente caldo e confortevole, adornato da poltroncine rosse, e in cui risuonava musica classica.
“Buongiorno”, esordii, tentennante.
“Ciao”, rispose la voce maschile.
“Sono Charlotte Audrey Holly Grimaldi, e vorrei chiarire una questione. Si tratta del mio certificato di nascita”, esclamai, fingendo sicurezza e sfrontatezza.
L’uomo era seduto su una poltrona girevole, e finalmente si voltò dal mio lato.
Lo guardai.
Era bellissimo, affascinante e decisamente sexy.
E aveva qualcosa di maledettamente familiare.
I suoi capelli erano color cioccolato, così come i suoi occhi espressivi, del tutto identici ai miei, e il suo viso era meraviglioso: misterioso, quasi...turbato.
Appena udì il mio nome, si raggelò.
Era carino sapere che sortivo questo effetto anche sugli adulti.
“Mi dispiace non poterti aiutare, Grimaldi, ma non sono io il responsabile qui”, parlò, con una voce così ammaliante e profonda, che mi sembrò di sciogliermi sotto la lampada rovente della stanza.
“Sei per caso...”, mi interruppi per guardare il cartello sulla porta chiusa dietro di me “Chuck Bass?”, domandai, scettica. Bass? Forse un parente di quel ragazzo che avevo difeso da Chad, Todd e Ched?
“Si, sono io. Perchè?”, rispose ovvio lui.
“Beh, perchè qui c’è scritto che sei tu il responsabile”, replicai avvicinandomi alla sua scrivania.
Lui inarcò un sopracciglio e increspò il labbro superiore.
Posai le mani sulla scrivania rossa, e domandai minacciosa “A che gioco stiamo giocando, Bass?”.
Sorrisi soddisfatta di me stessa. Sembravo proprio mia madre, da quanto lei e mio padre mi avevano raccontato.
“Al gioco che vuoi tu, Grimaldi”, replicò lui, avvicinandosi pericolosamente al mio viso, tanto pericolosamente che potevo sentire il suo alito caldo soffiarmi sul collo.
“Non sono una ragazzina, pervertito. Sono molto più intelligente di persone come te. Perciò, se vuoi risolvere o no questa storia del certificato, allora muoviamoci. Altrimenti alza il tuo sedere da quella poltrona, e il certificato me lo prendo da sola”, dissi ostile.
Lui sorrise sornione, e aprì un cassetto della sua scrivania ultra moderna.
“Grimaldi...quelli come te sono tutti qui. Non vi dimentico”, borbottò, massaggiandosi le tempie.
Ma era così pervertito quanto sexy?
Mentre cercava il foglio che avevo visto qualche settimana prima, e io sbattevo con impazienza il piede sul pavimento, qualcuno bussò alla porta.
“Avanti”, mormorai, come riflesso istantaneo.
“Oh, Charlotte. Grazie al cielo sei qui. Ti stavo cercando per tutto l’ospedale, quando l’infermiera mi ha detto che eri diretta al quinto piano. Ho dovuto bussare a tutte le porte...ti rendi conto di cosa mi hai fatto passare?”.
Era mia madre, con Sally al seguito, e dei fogli in mano, che strepitava e urlava.
Poi, successe qualcosa di inaspettato.
Chuck Bass, non appena ebbe udito la voce di mia madre, si alzò in piedi e la fissò, duro.
Mia madre, invece, lasciò cadere i fogli che aveva in mano e sussurrò sorpresa “Chuck”.
Il tutto decorato dalla voce impertinente di Sally che continuava a chiedere quando saremmo andati a prenderle il gelato al cioccolato.
“Ehm...scusate se vi interrompo, ma...vi conoscete?”, tossicchiai, indicando mia madre e il pervertito che si lanciavano occhiate piene di timore, frustrazione e tristezza.
“Si. Tua madre veniva con me al liceo”, fu Chuck a rispondermi, con parole che trafissero il cuore di mia madre, lo capivo dai suoi occhi.
“Beh, dire che venivi con me al liceo è un po’ restrittivo...”, ammise Blair, avvicinandosi alla scrivania.
“Non credi che sarebbe meglio non rivangare il passato?”, ribatté con disprezzo Chuck, avvicinandosi alla grande finestra, l’unica della stanza.
“Si, forse hai ragione tu. Andiamo, Charlotte. Sally, muoviti”, replicò mia madre buia, tendendomi una mano e guardando male Sally.
Cos’era successo fra Chuck Bass e mia madre?
Continuai a tenere lo sguardo fermo su Chuck Bass, e mentre uscivamo, mia madre mi fece la solita scenata.
“Non allontanarti mai più così tanto, d’accordo? Mai più! E non voglio nemmeno che tu incontri più quel Bass! Capito?”, urlò.
“Mamma basta! Non ho più otto anni!”, la rimproverai io, fermandomi nel bel mezzo del corridoio.
“Io si!”, disse Sally, e ottenne le occhiate fulminanti di me e Blair.
“Ma guarda come mi fate stressare...e sono pure incinta!”, mugugnò poi, tirando me e Sally dietro di sé.
Mi fermai di nuovo.
Incinta?
Aveva detto incinta?
Oh, perfetto. Due intralci al mio favoloso piano diciottenne.
“Come? Sei incinta?”, domandai sbalordita.
“Si, ho scoperto di esserlo già”, mi rispose intontita mia madre.
Fu allora che anche Sally disse una cosa sensata.
“Mamma...vuol dire che presto non te ne importerà più niente di noi?”.
“Si, Sally. Vuol dire quello”, le risposi, con la vista annebbiata da piccole lacrime e il cuore spezzato.
Afferrai la mano di Sally e la trascinai per tutto il corridoio senza badare alle parole di mia madre “Dove andate? Tornate qui!”, urlava.
Ma io correvo con una bambina di otto anni al seguito, sotto la pioggia scrosciante, senza badare più a niente e a nessuno, senza pensieri, senza preoccupazioni, con la mente libera, svuotata. Con la voglia di tornare ad essere una bambina, senza tormenti, che corre libera. Con la voglia di abbandonare la Queen C, di tornare ad essere la semplice Charlie Grimaldi.

Non inseguitemi con le torce in mano, per piacere! :D
So che questo capitolo non è tanto lungo, ma è un capitolo di transizione e pieno di gossip, un capitolo che anticipa le rivelazioni dei prossimi! L'avete amato? L'avete odiato? Ditemelo con una recensione! Ringrazio chi ha messo nei preferiti, nei seguiti, chi legge silenziosamente e chi recensisce sempre. Baci! GossipGirlPrincess.

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Capitolo 9
*** Rain, Starbucks, Coffee and Gossip. ***


Aveva smesso di piovere già da qualche ora, e io e Sally ci eravamo fermate ad un venditore di hamburger per comprarne due con i pochi spiccioli che avevo nella borsa.
E anche dopo aver mangiato, Sally continuava a brontolare, ciarlando di avere sete, fame, caldo, freddo, di dover andare in bagno. Insomma, faceva di tutto per farmi innervosire.
Ma io non gliela davo vinta e fingevo di non udirla, pur di non risponderle in malo modo.
“Charlotte?”, mi chiamò mentre camminavamo, “Non credi che dovremmo chiamare mamma?”, domandò.
Una cosa intelligente! Sally Grimaldi aveva detto una cosa intelligente!
Mi bloccai e la guardai, squadrandola da capo a piedi.
Era fasciata da uno splendido vestito Monnalisa Junior, e ai piedi portava Jimmy Choo rosa.
“Uhm…hai ragione. Cerchiamo una cabina telefonica!”, risposi, pensando al mio iPhone scarico.
Quando serviva non c’era mai, e quando non serviva c’era sempre.
Mentre scrutavo furtiva la strada in cerca della cabina, udii un risolino.
Una ragazza poco più grande di me stava scattando una fotografia col suo smartphone, certamente per inviarla a Gossip Girl.
Dopo aver terminato il suo “servizio fotografico”, mi si avvicinò con un foglio e un pennarello in mano, ed esagitata domandò “Principessa, mi fai un autografo?”.
Inarcai un sopracciglio e risi, togliendole il foglio dalle mani, stropicciandolo e gettandolo a terra.
Avanzai senza badare ai suoi sguardi stupiti, e finalmente vidi una cabina argento, moderna, pronta ad accogliere le telefonate dei passanti sperduti.
Sorrisi a Sally, e tirai fuori dal portafogli Balenciaga qualche spicciolo, pronta ad inserirlo. Ma la mia impertinente sorella mi bloccò.
“Che cosa succede ora?”, domandai esausta.
“C’è qualcuno dentro”, replicò candidamente la bambina.
In effetti, all’interno della cabina c’era una donna bionda voltata, che discuteva animatamente al telefono.
Potevo persino udire alcune sue parole “incinta” “lo amo” “bambino”.
Sorrisi compiaciuta e attesi che posasse la cornetta.
Ma quando la figura bionda uscì piangendo, ed ebbi modo di vedere chi era, mi si raggelò il sangue nelle vene.
La mia petulante sorella trillò “Ciao Izzy!”, mentre la ragazza correva via. Le lanciai un’occhiata di fuoco e raggiunsi velocemente la figlia di Serena.
“Isabel”, la chiamai.
Lei si voltò e mi guardò con disprezzo “Che vuoi ora?”, domandò triste.
“Scusarmi”, replicai.
Avevo sbagliato, l’avevo capito. Ero egoista, vile e codarda. Credevo di essere la regina, ma ero solo una povera schiava. Schiava delle mie stesse emozioni.
Feci qualche altro passo e la strinsi nelle mie braccia.
Lei si lasciò cullare dalle mie parole dolci e dopo un po’ ci staccammo.
“Scusami se ho sbagliato. Ti aiuterò, ma devi dirmi tutto. Tutto, senza menzogne”, le dissi, indicando un bar della catena Starbucks vicino a noi.
Lei annuì e raggiungemmo velocemente il piccolo locale.
Era un ambiente caldo e accogliente, con piccoli tavoli in legno e musica rilassante che fuoriusciva dagli altoparlanti.
Sally si sedette accanto ad Izzy, e non proferì parola.
Ci sedemmo ad un tavolo appartato, tentando di non essere viste, e subito domandai ad Izzy “Chi è il padre del tuo bambino?”.
Lei tirò su con il naso, si asciugò le lacrime con un tovagliolo e iniziò a parlare.
“Ti ricordi la serata Memorabilia alla Constance?”, chiese.
Oh, si. Tutti i genitori degli alunni della Constance e del St. Jude, che un tempo erano stati alunni anche loro, erano riuniti per ballare, partecipare a giochi e buffet e spettegolare.
Io indossavo un Valentino personalizzato e mi ero scatenata parecchio quella serata.
Annuii, per incitarla a continuare.
“Bene. Quella sera, dopo aver bevuto qualche drink di troppo, io e un ragazzo, un cameriere alunno del St. Jude, che pagava a rate e che aveva ballato con me, ci rifugiammo nell’aula di francese, ed eccitati…insomma, hai capito. Beh, quando fece per uscire, mi accorsi che aveva dimenticato la giacca, ma non feci in tempo a riconsegnargliela. Su quella giacca era scritto Adam Archibald”.
Come? Adam Archibald? Quello sfigato di Archibald?
Il padre, Nathaniel, era un amico di vecchia data di Blair, e a detta di mia madre non era mai stato molto sveglio. Si era sposato con un’italiana e poi none sapeva più niente. Perciò, una ragazza così chic e in come Izzy, era incinta del figlio di un disgraziato Archibald?
Deglutii, e parlai.
“E’ il figlio di Nate, un vecchio amico di mia madre. Credo che anche tua madre lo conosca. A proposito, cos’è successo con Serena?”, domandai.
Fummo interrotte da un cameriere con un blocco appunti.
Prima che parlò, lo feci io “Cosa ci puoi portare? Due frappuccini”, dissi, senza pensare a mia sorella.
Lui sorrise e annuì con il capo, dileguandosi.
Feci l’occhiolino a Izzy e la incitai a continuare.
“Mia madre ha scoperto che sono incinta, a causa del test che avevo nascosto in camera mia. Maddie, la mia cameriera, l’ha trovato e l’ha buttato. Mia madre l’ha visto e si è infuriata. Ha detto che me la dovevo vedere da sola, che non avrei dovuto tenerlo, o che se l’avrei tenuto lei non avrebbe partecipato alla vita della mia creatura…cose così, insomma. Ma lei non capisce che io già lo amo, lo sento dentro di me”, parlò commossa Izzy, accarezzandosi la piccola protuberanza che spuntava dal suo ventre.
Sorrisi e una lacrima comparì sulla mia guancia.
Nella mia anima, forse, c’era ancora la dolce e sensibile Charlie Grimaldi.
“Oggi ho la prima ecografia, fra poco. Verresti con me?”, domandò mentre ritirava dal cameriere il frappuccino.
“Oui!”, risposi in francese, sorridendo.
Lei svuotò il bicchiere e mi rispose con un gran sorriso, alzandosi dalla sedia.
Terminato il mio frappuccino, ringraziai il cameriere e uscii insieme a Izzy e Sally.
Chiamai un taxi, ed ebbi modo di notare che il guidatore aveva più o meno la mia stessa età, ed era decisamente bello.
“Hey! Portami allo studio ginecologico Pancker, nella ventiquattresima strada!”, urlai rivolta al giovane.
“Oh, certo. E auguri alla mamma”, replicò gentile.
Sorrisi e indicai la mia amica “Lei”, dissi.
Lui si rivolse verso di lei e le sorrise, poi partì.
In pochi minuti arrivammo davanti ad una porta bianca, con la targhetta “Dott.ssa Heidi Pancker, 4° piano”.
Ero brava a far cadere i maschi ai miei piedi, e per non pagare, essendo senza soldi, avrei usato la stessa tattica.
Mi avvicinai al collo del guidatore e sussurrai “Arrivederci, tesoro”.
Lui si allontanò disgustato, e aprì la portiera con il tasto automatico, senza nemmeno chiedere la paga.
Uhm, ci ero riuscita. Più o meno.
Guardai Izzy e scoppiammo a ridere entrambe, poi le strinsi la mano e suonammo il campanello.
Una ragazza dai capelli rossi giunse ad aprirci e domandò “Van Der Woodsen?”.
Izzy annuì e la ragazza ci fece spazio nella stanza dove i clienti attendevano.
“La dottoressa Pancker vi riceve subito”, borbottò, ciabattando fino alla porta dello studio.
Sorrisi alla mia amica, e mi guardai intorno.
Eravamo sole.
Mi voltai verso l’onnipresente fantasma petulante Sally.
“Mentre noi siamo dentro, rimani qui seduta e non avvicinarti a niente e nessuno!”, mi raccomandai.
Dopo pochi secondi di imbarazzante e raggelante silenzio, una donna bionda con le meches castane, gli occhi color miele e il tipico camice bianco, ci accolse.
“Ciao Isabel! Tu devi essere invece la figlia di Blair, nonché migliore amica di Isabel, vero? Charlotte, giusto?”, domandò, stringendoci in un abbraccio.
Annuii e, curiosa, domandai “Come fa a saperlo?”.
Lei rivolse un’occhiata complice a Izzy e rispose “Beh, con fonti come la tua amica e Gossip Girl, non si può non sapere chi è l’attuale regina dell’Upper East Side. E poi, per i primi tre mesi di gestazione, sono stata la ginecologa di tua madre!”.
Le sorrisi compiaciuta ed entrammo nello studio.
Era davvero moderno. Le pareti erano bianche, e tanti strumenti tecnologici erano sistemati attorno al grande lettino azzurro, coperto da un lenzuolo rosa.
“Accomodati. Tu, Charlotte, sistemati accanto a lei”, ci disse mentre si infilava dei guanti in lattice e afferrava un tubetto blu.
“Ora spalmerò sul tuo basso ventre questo gel, che ci permetterà di vedere il bambino e il suo sesso!”, disse entusiasta la dottoressa, rivolta ad Izzy.
Mentre la donna spalmava una sostanza viscida e gelatinosa sul ventre gonfio di Izzy, io le stringevo la mano e mi chiedevo se avessimo presto visto in giro una piccola Izzy o un piccolo Adam.
Dopo qualche secondo, una creatura indistinta apparve sullo schermo nero posizionato sul lettino.
Izzy emise un’esclamazione di stupore e iniziò a piangere, commossa.
Anche io mi commossi, e piansi forse più della mia amica.
“Complimenti, Isabel. Sei madre di una splendida bambina!”, disse la dottoressa, guardando fisso lo schermo.
“Scarlett. Scarlett Charlotte Van Der Woodsen”, sussurrò Izzy, accarezzandosi la pancia.
“Charlotte?”, domandai.
“Si, Charlotte. Perché tu mi sei sempre stata vicina più di chiunque altro. Perché io ti voglio bene”.

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