Pazzo arlecchino rosso e nero

di Silvia Roberta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risveglio ***
Capitolo 2: *** Il maestro e l'allieva ***
Capitolo 3: *** vecchi amici, nuovi nemici ***
Capitolo 4: *** Alleanze Pericolose ***
Capitolo 5: *** Tramonto su Gotham ***
Capitolo 6: *** Insonnia ***
Capitolo 7: *** Affari in sospeso ***
Capitolo 8: *** Il Pesce rosso ***
Capitolo 9: *** Un salto nel vuoto ***



Capitolo 1
*** Risveglio ***



Quando Harley Quinn si sveglia e non vede Mr. J accanto a lei ha un brivido. Ma non va nel panico. Sa bene che Joker non l’avrebbe mai abbandonata. Se si fosse stancato di lei l’avrebbe semplicemente uccisa. Ormai glielo ricorda talmente tante volte che si è fatta l’abitudine.                                                                                    Scende lentamente dal letto, si infila la camicia e ridacchia tra se e se ricordando la serata precedente.       
"Che disastro"  sussurra osservandosi nel riflesso dello specchio del bagno, cercando di sciogliersi i nodi dei capelli.                                                                         
Pazzo! Ti piace così tanto attorcigliarti le dita tra i miei capelli, mr J?                                                              
Una volta presentabile Harley arriva in soggiorno dove finalmente incontra il suo macabro angelo.                                      
Affacciato alla finestra e avvolto nei suoi pensieri contorti.  Percepisce qualcosa nell’aria. Della tensione, dell’ansia. Si, Joker è pronto. È pronto a stringere Gotham tra le sue mani. È pronto a riconquistarla, a cingere la corona che gli spetta. La corona che gli è stata portata via. È pronto.       
Si schiarisce la gola, la stupida, per dagli un misero segno della propria presenza. Dopotutto anche lei è parte della storia. Io ti fatto arrivare fin qui. Io ti ho ridato la libertà, la gioia di uccidere, di sorridere ancora….                
Eppure ora si sente così vuota, così sola, così inutile. Mentre lui non la degna di uno sguardo.
"Buongiorno Mr J"
Idiota. Lo sa benissimo: mai interrompere Joker quando sta pensando; quando si concentra nei suoi loschi e diabolici piani per riprendersi il domino della città.
glielo avrà ripetuto mille volte, ma non le importa proprio niente.
 Lui non le risponde. Fa apposta. O forse non si è nemmeno accorto che la sua arlecchina è dietro di lui e che sta tentando in tutti i modi di farsi notare. Lei rimane distante. Senza insistere ulteriormente.               
Sarebbe terribilmente romantico se il suo clown stesse ammirando lo splendido paesaggio: l’alba di gotham. Troppo romantico conoscendolo. Ora che ci pensa, però quel bagliore color oro, che filtra dalla finestra, gli dona proprio. Lo fa sembrare ancora più bello e importante di quanto lo fosse mai stato prima.                                      
Finalmente si volta fissandola dritta negli occhi. Harley riesce a riconoscere i suoi splendidi occhi azzurri.           
Il trucco nero li risalta ancora di più. Le batte forte il cuore. Ma non vuole far trasudare oltremodo i sui sentimenti per lui. Non vuole apparirgli debole. Lei non deve essere debole. Lui le si avvicina. Harley si auto impone di tener a bada il suo corpo. A paura che l’istinto di scappare prenda il sopravvento.Calma Harley…calma… Mr J le afferra un braccio tirandola a se. Harley riesce  a sentire le unghie di Joker affondarle nella pelle. MrJ?!...
Lui le avvicina le labbra al suo orecchio sinistro. Harley rabbrividisce. Non capisce se desidera di più gettarsi tra le sue braccia e riempirlo di baci, oppure correre via il più velocemente possibile. Poi la voce decisa, ma allo stesso tempo suadente, di Mr J le irrompe nella testa: "Su tesoro vestiti. Usciamo".
"Dott.  Crane riprende la maschera da Spaventapasseri e torna a terrorizzare Gotham… "                                                
Quante volte sua mamma le ha detto di lasciar giù il giornale e di non interessarsi troppo agli affari di suo padre. Sa benissimo che è seduta dietro di lei, ma Barbara fa finta di niente; lo tiene ben stretto tra le mani e ricomincia la sua lettura con ancora più curiosità di quanta ne avesse prima. Gira la pagina.                  
"…Ora la polizia non ha solo Joker da riportare ad Arkham… "                                                                    

" Per l’amor di Dio, Barbara! " Protesta di nuovo la madre, strappandole il giornale dalle mani. " Non sono cose adatte a una bambina di appena dieci anni".                 
Babs la osserva alzarsi, andare in cucina e gettare nel recipiente della spazzatura il giornale. Ha ragione. Ha sempre ragione. Ma come può la piccola Babsy scordarsi del suo incontro con il vigilante mascherato della scorsa notte.                                                                         
Batman, si. Sono da settimane che non pensa ad altro che a Batman. Ormai è diventato il suo chiodo fisso. E ieri addirittura lui le ha rivolto la parola e non solo…    
Sorride e tira fuori dalla tasca il dardo metallico che il cavaliere oscuro le ha donato. Lo accarezza e lo fa passare dolcemente tra le dita.                                           
"Da grande… voglio diventare come te" gli aveva mormorato con voce tremante. Ma non stava scherzando. Era sicura di ogni parola. E lo è ancora. Il problema è che deve imparare ad aspettare. Deve crescere, se no non potrà essergli di nessun aiuto, e di sicuro non vuole essergli di intralcio.                                                                                      
La televisione della cucina è accesa. Il rumore la distrae, non la fa pensare. Vorrebbe tanto che sua madre la spegnesse. Così potrebbe riordinarsi le idee e tornare a riflettere unicamente sul suo idolo.                                     
Solo due parole, invece, la fanno alzare dal divano e correre in cucina. Due parole che lei conosce molto bene:  " James Gordon ".
Parlano della rapina alla first National. La cosa non la sorprende più di tanto. Suo padre si è alzato presto sta mattina per correre in commissariato quando gli hanno dato la notizia. Ora è li. Insieme a Batman sistemeranno la situazione.                                                             
Sua mamma non la pensa allo stesso modo. Ormai è da tempo che li sente litigare. Quasi ogni sera da quando l’hanno promosso commissario.                                        
Proprio l’altra notte gli ha fatto una sfuriata di un’ora e mezza, concludendo dicendo che se si fosse fatto ammazzare non le sarebbe importato. Babsy era in camera sua. Faceva finta di dormire. Teneva gli occhi sbarrati e le mani premute all’ orecchie, nel tentativo di non udire le loro grida. Ma purtroppo ha sentito ogni parola. E ripensare al quel momento le fa venire un colpo al cuore.                                                                        
Eppure ora sua mamma è li, con le lacrime agli occhi mentre aspetta notizie dell’ "eroico commissario Gordon". Patetico. Davvero patetico.                                              
Ma la madre ha tutto il motivo per essere preoccupata. Dopo tutto lei ha aperto la porta quella sera in cui gli agenti di polizia le hanno fatto visita, dicendole della  "presunta" morte del marito. Come può dimenticarlo.
La  verità è che lei lo ama. Perdutamente. E ha paura di perderlo. Gli adulti sono troppo orgogliosi per ammetterlo. Ed ecco il commissario che fa la sua entrata in scena. Ormai è diventato quasi più semplice vederlo in televisione che a casa. Una conferenza stampa, chi l’avrebbe mai detto…                                                        
"Cosa ci può dire dell’accaduto?" domanda uno dei giornalisti avvinghiandosi a lui al punto di fargli perdere l’equilibro.                                                                  
Se non ci fosse stato quel poliziotto ad afferrarlo per il cappotto, per intervistarlo, avrebbero dovuto ripescare suo papà da terra? Solo il pensiero fa sorridere la piccola Barbara.
" I criminali hanno portato via dalla banca venti milioni di dollari in tutto " Risponde dopo essersi ricomposto. E solo in quel momento Babs si accorge di quanto suo padre sia in realtà stressato e angosciato.                                                   
Le basta guardare il suo viso pallido e sentire la sua voce secca e tremante, che non ha niente a che vedere con quella dolce e gentile che le raccontava le favole il sabato sera. Le è difficile credere che quello sia davvero suo papà. Ma forse è proprio questo il vero commissario: il poliziotto temerario di cui si parla tanto. Dopo tutto lei non l’ha mai visto in azione, è normale che le sembri estraneo.                                                                    
"…Non possiamo rilasciare altri commenti sui progressi delle indagini in corso…comunque abbiamo rinvenuto in una delle casseforti la carta del Joker, evaso pochi giorni fa…". Poi la sua voce viene sopraffatta dal quella del sindaco di Gotham. E come un vero politico fa promesse che non può mantenere: " La situazione è sottocontrollo. State certi che questo pazzo sarà assicurato nuovamente alla giustizia". Scemenze a cui neppure lui crede. Ma sorride con un sorriso finto, come se glielo avessero dipinto in faccia. La cosa le fa disgusto. Eppure non ha dimenticato che una volta era stato lui sotto il mirino del Joker ed è grazie a Gordon che ora è li…vivo. E cerca di non far entrare la città nel panico. Un’altra volta.

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Capitolo 2
*** Il maestro e l'allieva ***


Venti milioni di dollari.
Venti milioni di dollari ed è bastato solo qualche pistola, un po’ di trucco e naturalmente il suo fidato martello.
Venti milioni di dollari e solo loro due a godersi tutti quelle facce terrorizzate a morte. Che spettacolo.
Harley Quinn ridacchia e cerca di abbracciare Mr J mentre lui con una mano tiene il volante e con l’altra le fa cenno di allontanarsi. Lei gli obbedisce e come una brava cagnolina torna a sedersi composta sul suo sedile rivolgendo lo sguardo fuori dal finestrino. Si stanno muovendo veloci, con questo passo torneranno presto al loro rifugio. Se è li che andiamo…   
Una bella macchina, le ricorda tanto la sua automobilina. Ma ripensare al passato fa male. Ora è tutto diverso. Ora Harleen Quinzel non esiste più. Ha lasciato il posto ha un’arlecchina spensierata, felice e fuori di testa. Completamente matta.
Ancora una cosa non l’è chiara: ma cosa ci serviranno tutti questi bigliettoni, tesoro?!
Istintivamente si volta, apre la bocca per chiederglielo ma poi cambia idea. Se lui le rispondesse in modo sgarbato, privo di tatto o non le rispondesse affatto ci rimarrebbe troppo male. Preferisce rimanere in silenzio e osservarlo ogni tanto con la coda dell’occhio.    
Se avesse uno specchio a portata di mano e potesse vedere l’espressione attonita che ha mentre lo osserva rabbrividirebbe. Ma non ci può fare nulla. La incanta, la ipnotizza e lei si sente sottomessa e non smette di guardarlo neppure quando lui le lancia un’ occhiata fulminante.
"Ingegno. È questo che serve per fare un colpo. Se non si ha ingegno non si arriva da nessuna parte. La prima cosa che devi imparare è che bisogna sempre sorprendere la gente. La gente sono gli spettatori. Gli spettatori sono le vittime. Non c’è nulla di meglio che vedere le loro facce sbalordite, confuse e terrorizzate. Panico. È questa la vera essenza. Questo è quello che ci fa davvero divertire…"
Harley ascolta. Harley registra ogni parola nella mente. Harley è la sua allieva, la sua discepola e come essa presta attenzione al suo maestro. Il mio precettore, il mio mentore, il mio amore…
La prossima volta sarà davvero pronta. Questa era solo una esercitazione, una prova. La prossima volta non avrà pietà per nessuno. Sopprimerà, torturerà e deturperà tutti quelli che le si pareranno davanti. Nessuna compassione. Nessun compatimento per quelle persone doppiogiochiste,  false ed egoiste. Meritano di morire. Tutte quante. E si congratula con se stessa quando capisce che sta assomigliando sempre più a lui. L’allievo supera  il maestro, tesoro. Mi amerai ancora di più quando scoprirai che non sai ancora nulla di me. Che tuttora non ha visto niente di quello che sono in grado di fare. 
Automaticamente abbozza un sorrisetto compiaciuto che fa sparire non appena si accorge che non si stanno muovendo e che Mr J ha parcheggiato ormai da tempo.
"Svegliati! A che stai pensando?" domanda con la sua solita voce secca che la fa gelare fino alle ossa. Dopo tutto questo tempo si chiede ancora se è sua o l’ha studiata per infondere panico nel cuore nelle sue vittime.
"Come, scusa?"
Quanto sono scema, quanto sono scema, quanto…
Mai rispondere a una domanda con un’altra domanda.
Inarca le sopracciglia, il clown, facendo un’espressione irritata. Si volta e le da idea che voglia cambiare discorso.Meglio così. Ho gia fatto troppe figure. Meglio pensare a qualcos’ altro.  Lui apre di scatto la portiera della macchina producendo un suono straziato simile a un lamento di un neonato. "Muoviti" Aggiunge in tono autorevole, mentre apre il cofano e tira fuori la sacca nera con all’interno il bottino di guerra. Che vuole fare con tutti quei soldi adesso?!     Deve pesare molto. Appena l’ha caricata sulle spalle si è sbilanciato. Harley scende di corsa dall’auto.
"…Hai bisogno di una mano?" Dolce, cortese, premurosa: tutto quello che Joker detesta in lei. Diciamo che è un fattore che non contribuisce al nostro rapporto…
Non si aspetta che risponda. Mr J è molto loquace in questo periodo. Ma questa volta si sbaglia. Lui si volta e le fa cenno di venirgli incontro per aiutarlo a portare il carico.
Harley sorride e lo raggiunge velocemente. Poi gli passa una mano dietro la schiena e con l’altra regge una spallina della borsa. È pesante, più di quanto si aspettasse. Ne è valsa la pena però. Si sente realizzata anche solo per quel piccolo gesto. Siamo proprio una bella coppia, mio dolce tortino alla crema.
 
Finalmente ora Harley può esaminare meglio il luogo in cui si trovano.
A quanto pare si direbbe un condomino abbandonato, simile a quello dove vivono loro due. Ma molto più pulito…
Almeno qui il soffitto non è pieno di crepe e non minaccia di cadere a pezzi…lasciando perdere il resto…
La domanda è: perché Joker a voluto venire in un posto del genere? Con venti milioni di dollari, poi…
Passato anche il quarto corridoio umido, angosciante, illuminato solo da una luce opaca proveniente da qualche finestra non serrata nei dintorni, Harley comincia a pensare al peggio. Non vorrai farmi del male, Mr J?…Non è che il tuo piano è uccidermi e nascondere il mio corpo in un posto isolato e lugubre come questo, vero?
Le gambe le fanno male ed è quasi sicura di essersi slogata una caviglia. Per non parlare delle braccia. Verso il terzo andito ha iniziato a non sentirle più. Solo qualche minuto più tardi capisce che il peggio non era ancora arrivato. Cinque rampe di scale con un quintale di bigliettoni fiammanti tra le mani, la schiena a pezzi e un dannato clown sempre sorridente come compagnia. 
Si sono fermati solo qualche secondo. Joker le ha concesso di prendersi una esigua pausa per riprendere fiato e sensibilità agli arti. Ma che gentile… 
Solo quando Mr J si è fermato davanti a una delle porte del quinto piano, ha potuto tirare un sospiro di sollievo, capendo che la loro strana avventura era finita.  

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Capitolo 3
*** vecchi amici, nuovi nemici ***


"È  questa? Qualunque cosa sia… siamo venuti per questa?" sillaba amaramente Harley Quinn ancora frastornata e indolenzita per il viaggio.
"Se stai zitta mi hai passare la voglia di tagliarti la lingua…" risponde con un sibilo lui.
Divertente, davvero. Non sono in vena delle tue battutacce raccapriccianti senza un minimo di ritegno.
Lasciano cadere sul pavimento la borsa.
Sarebbe il momento perfetto per prendere una bella boccata d’aria e gonfiarsi a pieno i polmoni. Peccato che l’aria in quel luogo sia stagnante e malsana.
Mr.J bussa alla porta e si schiarisce la gola facendo un rantolo soffocato.
Ma che diavolo sta facendo! Questo cavolo di posto è abbandonato da chissà quanto tempo!              
Passa qualche secondo e Harley comincia a perdere la pazienza. Si leva il cappello e si asciuga la fronte sudata. 
Si può sapere cosa stiamo aspettando?
Improvvisamente si sentono dei passi provenienti al di la della soglia. La porta si apre e compare una giovane  donna.
Un rosa pallido colora le sue guance e i biondi capelli mossi le coprono un occhio. Le labbra, più rosse perfino del costume di Harley, si inarcano abbozzando un lieve e delicato sorriso. Chi è questa qui?!
Joker si da qualche secondo per sistemarsi la giacca, come se fosse un rituale per ogni volta che incrocia l’altro sesso.
La donna rimane in parte nascosta dalla porta, mostrando un lieve senso d' imbarazzo.
"Enchantè…" sussurra elegantemente inchinandosi a lei.
Parla francese addirittura! Con me non l’ ha mai fatto… con questa sgualdrina invece si…manca solo il bacia mano.
"Sono venuto per parlare con il tuo capo…" aggiunge Joker tornando incredibilmente serio.
La donna solleva un sopracciglio ed apre del tutto la porta.
Indossa un lungo camice bianco che termina all’altezza delle ginocchia e per un attimo Harley rimane come sbigottita, poiché si accorge che sia nel vestire sia negli atteggiamenti non è altro che la fotocopia della defunta
Dr. Harleen Quinzel.
Entra pure, è nello studio…" La donna gli fa segno di entrare. Poi lancia un’occhiata perplessa ad Harley. "Vuole seguirmi anche lei? " domanda dubbiosa guardandola da capo a piedi. Per la prima volta Harley Quinn si sente in imbarazzo. Si dimentica completamente dei dolori lancinanti alle gambe, alle braccia e del collo intorpidito.
Stringe il suo cappello. Il suono dei campanellini echeggia per tutto il corridoio.
"Si, certo..."  risponde mordendosi un labbro.
"Ottimo…" sorride di nuovo. Ha uno sguardo penetrante, la ragazza. Occhi azzurri, di un azzurro intenso. Proprio come quelli dell’ arlecchina. E Mr J non smette di fissarla. La cosa le da sui nervi.                                                               
Lui si introduce nell’appartamento scortato dalla donna. Harley si ferma sulla soglia. Appoggia il braccio sullo stipite. Prende un bel respiro e con tutta la forza che gli è rimasta si autoimpone di seguirli.                             
L’abitazione è poco più grande della loro ed è arredata con un certo stile. Passano l’ingresso. Le due camere seguenti sono fornite solo di qualche scrivania.
Giuro che se siamo venute per questa qui non risp-       Harley rimane immobile quando adocchia una sagoma comparire da dietro la porta. L’elettricità non funziona. Delle candele sono poste in ogni angolo della stanza. Ci mette un po’ a metterla a fuoco. E quando lo fa non crede ai suoi occhi. Perché proprio il suo ex paziente, il suo precedente simulacro, il suo eterno amico è posto dinanzi al lei. Non molto diverso da come se lo ricordava. L’elegante e composto Jonathan Crane.         
 

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Capitolo 4
*** Alleanze Pericolose ***


Un profumo dolciastro avvolge la stanza. Un profumo di vaniglia e spezie. Harley cerca di riempirsene i polmoni. Adora quella fragranza. Ha sempre amato il profumo di Jonathan Crane.
La sorpresa gli ha fatto tornare alla mente tantissimi ricordi che le fanno battere forte il cuore. Ma non come batte per il suo Mr.J. Non è ancora riuscita a spiegarsi il perché, sa solo che è un diverso tipo di amore.
Questa situazione le fa ripensare ha un vecchio film di mafia: quando i criminale si riuniscono, tutti con le braccia conserte, lo sguardo teso e nell’aria quell’odore forte di nicotina. Fuma la biondina. Anche molto. Non si direbbe con quel musetto da angioletto…
" Oh…scusami Harly, non ti ho ancora presentato la mia nuova assistente. È un ottimo braccio destro, ed è laureata in chimica…beh capisci, no? " Ora Harley può dirsi decisamente irritata. Quella frase era assolutamente fuori luogo. Non solo non ha alzato neppure un sopracciglio quando la vista vestita come una mezza matta, ma gli ha perfino  presentato tranquillamente la sua… donnaccia. Per prima cosa: non me ne frega nulla della tua 'assistente' e nemmeno che si sia laureata in chimica…secondo: Harly?..
Che stia recitando? Che avesse fatto tutta quella scena per farla ingelosire? No. Non è da Jonathan. Eppure come può essere così calmo e rilassato dopo averla vista conciata in quel modo? Ma il volto di Crane è incredibilmente privo di alcun stupore e sembra che l’ abito dell’ arlecchina abbia attirato di più l’attenzione della sua aiutante.
" Assai curioso…il tuo costume. Davvero interessante l’accostamento del nero con il rosso…" Le indica con la sigaretta la donna, e la sua voce calda rimbomba in quella stanza così piccola.
Lo ha fatto ancora! mi vuole mettere in imbarazzo! Ma non ci riuscirà! non ci riuscirà…
"Sono Emily Friitawa. Piacere di averti conosciuta…" Sorride, e quel sorriso agli occhi di Harley pare una provocazione. Un alone di fumo la investe facendola stizzire ancora di più.
" Potremmo saltare le presentazione e andare subito al dunque?!" interrompe Joker intromettendosi nella conversazione. Le rincuora pensare che almeno il Mr.J le dia appoggio. Qualche volta.
Jonathan gli fa un cenno con la testa e lo invita a sedersi su una delle poltrone al centro della stanza. Joker gli manda un occhiata perplessa, ma lo lascia fare. Non risponde e si scaglia letteralmente su una di esse.
" Vieni Harley. Fai come se fossi a casa tua." Crane le protende una mano. Lei lo ignora e si accomoda accanto a Mr.J.
 
" Mi pare che ne avessimo già parlato, clown…" Protesta Jonathan mentre si siede anch’esso su una sedia di fronte  a loro.
" Ma io credo che questa volta mi risponderai in tutt’altro modo. Dopo tutto non ti è andata molto bene con il caro, vecchio Batman" Risponde con fermezza Joker passandosi una mano tra i capelli verdi.
" Non diversamente da come è andata a te"
Oh mio Dio! Questo Jhonny non avresti dovuto dirlo…
Harley volta velocemente lo sguardo verso Mr.J aspettandosi chissà quale reazione. Invece lui abbozza un sorriso di scherno e incomincia a giocherellare con le piume che fuoriescono dall’attempata poltrona.
Vorrebbe tanto capire di che stiano parlando. Dopotutto, perchè non dovrebbe saperlo?
Emily alza lo sguardo al soffitto con l’espressione di chi la sa lunga. Poi si avvicina a Crane, gli bisbiglia qualcosa all’orecchio e senza curarsi degli ospiti si allontana dalla stanza.
" Senti, Joker, lasciami rifletterci ancora un po’ su. Poi ti darò il mio responso. Che cosa ne dici? Affare fatto?" conclude deciso Spaventapasseri.
"A quanto pare non ancora fatto del tutto. Comunque non ho altra scelta." Risponde senza alcuna intenzione di smettere di gingillarsi con il piumino.
"Va bene, ora basta. Si può sapere di che cosa state parlando?!" Improvvisamente Harley sente come una morsa allo stomaco. Vorrebbe rimangiarsi tutto e tornare invisibile. Ma ormai il danno è fatto…
La risata è forte e dissestata. Rintrona sulle pareti e nelle orecchie dell’arlecchina facendola impallidire. Nessun contegno, nessuna logica. Lei si sente sempre più umiliata, più avvilita. Ogni sua speranza, ogni suo sogno si frantuma dentro di lei lasciando solo  il vuoto. Perchè Mr.J? Perché mi fai questo…a me, che ti ho donato la mia vita…
Poi quelle urla confuse e stonate cominciano a cessare.  Il respiro di Joker torna regolare e distinto.
Jonathan abbassa lo sguardo. Pietà. Nient’ altro che compassione provi per me…     
Ormai quel poco orgoglio a cui Harley si aggrappava si è dissolto. Lentamente si alza. Ora l’unica cosa che vuole è andare via di li.
"Harley, aspetta" La voce altisonante di Crane alle sue spalle non la rincuora. Anzi la fa sembrare ancora più ridicola di quanto lo sia già.
La mano calda di Jonathan le accarezza dolcemente una spalla. Qualche tempo fa non sarebbe riuscita a resistergli. Questo è il suo modo per supplicarla di rimanere?
"Mi dispiace…io-"
È questione di pochi secondi. Joker afferra con una mano il braccio Jonathan scaraventandolo contro la parete e con l’altra gli abbranca il collo.
"Mio Dio! Fermati! Così lo ammazzi! Fermati Joker!" lei si ritrova aggrappata a Mr.J cercando di fargli allentare la presa. Cominciano a sentirsi i rantoli di Jonathan per la mancanza d’aria. Il suo corpo si divincola cercando inutilmente una via di salvezza.
"Che diavolo credevi di fare?! Lei è mia! Solo mia! Tu inutile, schifoso…" Il ruggito di Joker. Era dai tempi di Arhkam che non lo sentiva gridare così. Lei lo sa cosa si prova. L’ha sperimentato sulla sua pelle. Non si scorderà mai quel momento.                                                   
                                                                                                                                                                                                                             In bilico tra la vita e la morte. 

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Capitolo 5
*** Tramonto su Gotham ***


"Ti prego!!" supplica gettandosi tra le sue braccia. Harley sta piangendo. Male. Mr.J potrebbe pensare che lo faccia per Crane. Ciò nonostante non ha nessuna intenzione di smettere.
La porta della stanza si spalanca.
"Ora Basta. Lascia subito andare il Dr. Crane, se non vuoi morire! "  
Emily gli sta puntando la pistola contro. Lo tiene sotto tiro. La mano non gli trema.
Sembra che sia perfettamente tranquilla. Mio Dio, mio Dio! Ti prego, ti prego…fermati …
Harley lo stringe sempre più forte finché Joker non molla la presa facendo scaraventare Jonathan sul pavimento.
Emily abbassa l’arma e si precipita a soccorrere Spaventapasseri.
"La visita è terminata" bisbiglia Joker cercando di liberarsi dalla stretta di Harley.
Lei non sembra del tutto cosciente. Lo tiene ancora avvinghiato a se.  Le lacrime le scendono calde e dolci, le percorrono le guance lasciando apparire il roseo della pelle e le si posano sulle labbra scarlatte. Le braccia le tremano. Ha freddo. Ma il freddo proviene da dentro. Nell’anima.
Le palpebre le pesano, gli occhi le bruciano. Li tiene socchiusi e sente la stanchezza affiorare ad ogni sospiro.
Ode la voce di Mr.J che le parla. Non comprende bene cosa le stia dicendo. Le parole sembrano confuse e dissonanti. Da urla a bisbigli lontani. Vede il suo volto sfuocato e delle altre sagome nell’oscurità. Poi il nulla.
È quasi certa di aver ripreso sensi per qualche istante. Una figura offuscata la stava tenendo in braccio. Sentiva il calore del suo corpo avvolgerla e le sue mani forti sorreggerla. Non sa se fosse solo un sogno o la realtà.  Sa semplicemente di non essersi mai sentita cosi protetta e al sicuro come in quel momento.
 
Riprende pienamente conoscenza solamente qualche minuto più tardi. Ha svegliarla è il rumore rintronante del motore. Apre gli occhi solo quando si accorge di non sentire più il braccio sinistro. La vista non è ancora del tutto nitida. Ma decente. La maniglia della portiera le sta affondando nella schiena. Ci mette un po’ a capire che quella specie di guanciale su qui è comodamente seduta è il suo braccio.
Ora si spiega perché ha perso sensibilità.  
La testa la sente scoppiare, il sangue rimbombare nelle orecchie. Il suo corpo è un dolore unico.   
Il sedile posteriore è indiscutibilmente scomodo.
Lancia un occhiata fuori dal finestrino. È sera.
Gli ultimi attimi di luce prima che il sole scompaia definitivamente all’orizzonte. Sfumature dal rosso al blu dipingono il cielo parzialmente velato. Gli alti e cinerei  palazzi di Gotham esibiscono trionfanti tutta la loro potenza. È un alternarsi di luce e ombra.
Quel bagliore palese che accompagna la fine di una dura e intensa giornata. Una giornata che può aver serbato novità piacevoli o al contrario cambiamenti incresciosi.
Come quella appena terminata del commissario James Gordon.  
 
Al suo ritorno la casa era incredibilmente taciturna. Nessuno lo ha aspettato in piedi stasera. Si sfila gli occhiali lasciandosi cadere docile sul divano.
Al commissariato non gli hanno dato tregua. Vogliono fatti. Non desiderano altro che il sangue del Joker e la testa di Batman su un piatto d’argento.
Chiude gli occhi e si massaggia le tempie.
È così difficile andare avanti con questa commedia...che cosa accadrà quando capiranno che è tutta una falsa? Forse se prendesse lui il mio posto…se fosse lui il commissario, Gotham non sarebbe una città così male. Ma come si può salvare una città che ha perso in partenza…una città che abbonda di persone false, di gente corrotta… Come può resistere? Come può non piegarsi davanti a tanta ingiustizia? a tanta sofferenza. Ora che anche Harvey Dent, l’ultima speranza, l’ultima flebile luce si è spenta.
Come fai Batman? Cavaliere alato….dell’oscurità. Tanti nomi per un solo eroe. Si, sei tu l’eroe in questa metropoli contaminata. Anche se lo neghi. Solo tu potrai portare giustizia in questo mondo devastato… e io dovrei arrestarti? Dovrei toglierti la maschera e strapparti le ali?
Tu che in questi giorni hai spedito dietro le sbarre quel tale…quell’Enigmista. E per un po’ rimarrà nelle nostre prigioni. Ora che Arhkam non è più un luogo sicuro.   
La domanda è: sarei in grado di farlo? Sarei in grado di metterti le spalle al muro?

Quel giorno arriverà prima o poi…e dopo i sogni finiranno. E la vita a Gotham riprenderà a d’essere quella di sempre.

                           Uno schifo.

 

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Capitolo 6
*** Insonnia ***


Il viaggio di ritorno è stato davvero traumatico, ma almeno sono tornati sani e salvi. Sani..per quanto possiamo esserlo.
Harley non riesce a dormire. La schiena le fa ancora male, ma in confronto al sedile posteriore dell’auto, quel vecchio letto matrimoniale le è davvero confortevole. Letto?…branda matrimoniale…
È dalla prima notte che cerca di comprendere da dove provenga quell’insopportabile fischio che le disturba ogni sonno. È appena percettibile, ma persistente.
Si domanda che ore possano essere.
Nell’appartamento in cui stanno vivendo provvisoriamente non sono presenti orologi.
Cerca di andare ad intuito, ma le è difficile.
All'improvviso un urlo straziante. È Femminile, presumibilmente appartenente a una donna che camminava sotto pochi metri di distanza dalla finestra della loro camera. Poi un gemito soffocato. Si sentono passi veloci farsi sempre più deboli fino a scomparire nel nulla.
Probabilmente si trattava di un’infermiera che tornava a casa a fine turno dal General Hospital, o una prostituita.   Più probabile la seconda.
Si alza dal letto. Afferra il pacchetto di Philip Morris dal comodino alla sua sinistra e ne estrae una sigaretta.
Dalle tapparelle mezze serrate filtra a intermittenza il bagliore artificiale di un lampione difettoso.  Si appoggia con i gomiti al davanzale, mentre aspira il primo tiro.  
Il panorama che le si para davanti è senza dubbio uno dei peggiori vicoli del quartiere di East End.
Intravede dalla persiana l’ insegna fluorescente di quello che dovrebbe essere definito locale notturno: ‘Topless’. La scritta poco più sotto ribadisce il concetto.
Una smorfia le dipinge il volto ed inala un altro tiro.  
Di notte camminare per queste strade è un suicidio. Chi lo fa o è pazzo o semplicemente non ha niente da perdere.
Lancia un’ occhiata dietro di se.
Mr.J sembra stia dormendo beatamente.
È immobile, voltato di spalle. Il lenzuolo lo cinge solo per metà.
Rimane un attimo a fissarlo e si stupisce per quanto gli impressioni ancora, dopo tutto questo tempo, la sua estrema magrezza.
Anche nella penombra è in grado di contargli ogni singola vertebra della spina dorsale.
In quel momento le riaffiorano vecchi ricordi, risalenti all’inizio dell’”alloggio” ad Arkham del Joker. Le piaceva già ai tempi sgattaiolare a fine sedute nella sua cella e vederlo dormire. Non sa esattamente perché la cosa la intrigava tanto. Forse solamente perché quando dorme sembra...umano?
Posto al lato del letto c’è il borsone nero. Causa principale del corpo sofferente della povera ragazza.
Lo osserva come un cane maltrattato osserva il bastone con cui viene percosso.
È semi vuoto.
Harley corruga la fronte con aria dubbiosa.
Che Joker sia riuscito a concludere l’affare? Qualunque esso sia..
Rivolta nuovamente lo sguardo alla finestra. Il fumo della sigaretta si dirada lentamente verso l’ esterno seguendo movimenti circolari.
Assapora l’ultimo tiro per poi lasciar cadere il mozzicone sulla strada.
 
Si, una prostituta.    

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Capitolo 7
*** Affari in sospeso ***


VIOLET CAFé.
Ore esatte: 10.27 del mattino.

La gamba destra sotto il tavolo sembra abbia preso definitivamente volontà propria da ormai una decina di minuti. Harley tenta in tutti i modi di tenerla immobile, ma inutilmente. Colpa del poco sonno. Colpa del nervoso. Quanta gente. Fin troppa.
Accanto le passa una coppia. Avranno poco più di vent’anni. Parlano di quanto sia difficile la facoltà di legge e si tengono per mano.
Seduto a pochi metri di distanza da lei un signorotto paffuto, dalla mascella prominente e gli occhi incavati, litiga al telefono e sembra non importargli di rendere pubblica la propria discussione.
Il suo sguardo frenetico cade sul grande orologio analogico appeso in fondo alla sala. Segna la medesima ora, eppure non riesce a fare a meno di fissarlo, come se quelle tre semplicissime lineette nere l’avessero completamente assorbita.
Il cameriere le si para di fronte, eliminando finalmente quell’espressione alienata dalla sua faccia.
"Scusi, vuole ordinare? O preferisce attendere ancora?"
Sorride cordialmente la bionda, quasi in modo convincente, e gli fa cenno di ripassare più tardi.
Nei minuti a seguire le porte si aprono più volte, procurandole continue fitte equivalenti a una manciata di pugni ben assestati appena sotto la bocca dello stomaco.
Esamina ogni volto presente e si augura speranzosa di identificare quello di Crane il prima possibile.
"Caffè lungo senza zucchero. Giusto?"
Emily Friitawa le sopraggiunge incontro. Tra le mani stringe due tazze abbondanti di caffè e sembra particolarmente felice di vederla.
"Sai, sapevo che avrei trovato estremamente difficoltoso riuscire a riconoscerti senza tutto quel cerone. Cosi Il Dottor Crane mi ha fatto pervenire una tua foto." Asserisce la ragazza accarezzando la stoffa della propria gonna prima di accomodarsi dinanzi a lei. "Ed aveva ragione, sei molto carina."
Harley sembra dubbiosa. Istintivamente vorrebbe domandarle il perché della sua presenza, ma subito dopo la risposta le giunge da sola. è stata davvero cosi stupida da pensare che Jonathan, con la GCPD in piena mobilitazione, si sarebbe presentato in un bar pubblico, a tre isolati da Robison Park?
‘Cappuccio e briosce Sr. Spaventapasseri?’
"Immagino che sia stato sempre lui a dirle dei miei personali gusti riguardanti la colazione."
Emily sorride ed elegantemente si accompagna una ciocca di capelli dietro l’orecchio. "Harley, perché mi dai del lei? Siamo praticamente coetanee."
Ottimo. Ora è davvero in imbarazzo. 
È sveglia e sa il fatto suo. Ma ciò che più da sui nervi all’arlecchina è che le è un passo avanti: lei sa che sta succedendo.
"Senti tesoro, basta dilagare. Sono stata mandata qui per un motivo."
Emily fa un sorso veloce e riappoggia la tazza. Afferra la propria tracolla ed estrae un cofanetto metallico.
"Dopo quattro mesi di duro lavoro. Eccolo. Con gli omaggi del Dottore." conclude, appoggiandolo al tavolo.
Harley rimane ad osservalo per qualche secondo, ma senza sfiorarlo. "Che diavolo è? Che vuol dire? Che c’è dentro?"
Le domande le escono spontanee, una accavallata all’altra.
"Non ti ha detto nulla, eh?" sibila la signorina Friitawa, e questa volta il tono sembra del tutto fuorché dolce. Inclina la testa con aria di superbia e sembra stia cercando la conferma nei suoi occhi.
Harley Quinn non risponde in nessun modo a quella che appare una provocazione. Torna a fissare il contenitore argentato e questa volta lo apre.
"Speravo che questo giorno non arrivasse, personalmente." Sospira Emily, avvicinando alle labbra la tazza. "Poi qualche settimana fa Dottor Crane ha ricevuto quella chiamata, e niente. A quanto pare è vero quello che si dice in questa città sul Joker."
È un oggetto piccolo, perfettamente sferico. Il suo diametro non supererà i 3 cm.  Harley decide per sicurezza di non estrarlo dall’imballo di plexiglass che lo sigilla rigorosamente. Si interroga sul materiale di cui potrebbe essere costituito. Sembra gomma, della stessa consistenza dei pneumatici. Richiude.
"Non può essere una bomba.." assicura sotto voce una volta conclusa la minuziosa analisi. "Joker sa costruirle e smontarle pezzo per pezzo. Ad occhi chiusi. Non pagherebbe mai nessuno per farlo".
"Al tuo capo serviva ben altro che una semplice bomba a mano. Stava studiando passo per passo gli studi di Crane, i suoi progressi in campo chimico e scientifico. A pensarci bene era solo questione di tempo prima che facesse la sua entrata in scena e cercasse di assoldarlo per qualche suo insensato scopo. Era ovvio che-"
"Insensato scopo?" ripete Harley sprizzando rabbia da tutti i pori. La sua voce rimane bassa d’intensità, ma è secca e indiscutibilmente aggressiva. " Jonathan Crane non è tanto diverso da me o Mr.J. Avevamo studiato medicina insieme alla Gotham State University. Due Master. E com’è finito? A inseguire un sogno malato e indossare una maschera decisamente poco eccitante."
Vorrebbe continuare. Ha colpito in pieno, ma si allontanerebbe troppo dalla questione e non è il caso. Si accontenta di vederla ammutolita, quasi docile e capisce che questa volta è stata lei a spegnerla.
"Di che si tratta allora?" domanda con una serenità ritrovata che appare agghiacciante perfino a se stessa.
"Diceva di volere un 'tocco di teatralità' che lo rappresentasse. Un marchio.." Emily si blocca per un istante. La tensione è quasi palpabile.
"Abbiamo fatto esperimenti su topi. Poi conigli. Dopo di che siamo passati alle scimmie. Ma quello che il Joker desiderava ansioso era un vero collaudo ufficiale. Una vittima."
Harley le fa cenno con la mano di arrestarsi.
"Ho visto Joker ridurre letteralmente in poltiglia la testa di una guardia utilizzando ‘Die Traumdeutung ‘ di Freud, durante il suo soggiorno ad Arkham. Quando gli chiesi il motivo del suo gesto mi rispose: 'per farglielo entrare meglio in mente'. Dimmi cos’è e facciamola finita." Non glielo richiederà per la terza volta. Vuole una risposta ora.
"È una miscela di acido cianidrico e Strychonide. Una tossina letale in forma gassosa. Quello che hai visto è solo il corpo di una perfetta arma ponderata nei minimi dettagli."
Harley Quinn ascolta parola per parola mentre si fa passare  rapidamente la tracolla della scienziata da sotto il tavolo.
"una volta inalato, la vittima ha circa uno, due minuti massimo. E fidati, saranno i peggiori della sua vita."
Ci infila il cofanetto mentre attorno a se ode risate, chiacchiericci, un bicchiere che si frantuma per terra e vorrebbe eclissarsi per un istante. Deve andare via in fretta da li. Si alza.
La sua tazza è ancora colma di caffè e quasi le dispiace.
"Perché lo fai?" Si pente subito di averglielo chiesto. Non ha tempo da perdere.
Emily solleva la testa e le due si specchiano negli occhi dell’altra per una manciata di secondi.
"Linda Friitawa, la mia sorellina. Soffre di un albinismo altamente fotosensibile."
Harley le sorride per la prima volta.
È incredibile quanto si assomigliano. Entrambe lo sanno.
Per amore. Perché se no?

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Capitolo 8
*** Il Pesce rosso ***


ti prego! No. Non farlo! Ti supplico! Per favore. no!”
È stato come per un bambino l’arrivo del Natale. Due parole sole ha detto appena l’ha vista porgergli il cofanetto: ‘Christian Bennett’. E Harley sapeva già di chi si trattava.
Un nome che ripeteva spesso durante le sedute. Già dal suo arrivo al manicomio, con camicia di forza e sguardo delirante.
Per tutto il tragitto l’occhio ha continuato a caderle sullo specchietto retrovisore. Canticchiava, il clown, e lei non poteva che sogghignare divertita. Intonava sbiascicando quella che originariamente le è parsa ‘Mad world’, mentre faceva dondolare le dita come se stesse dirigendo chissà quale orchestra.
Venti minuti fino Moench Row. 
Le ha sillabato l’indirizzo in un misto di rabbia ed eccitazione, mentre avvertiva il respiro caldo e frenetico di lui dall’orecchio destro scendere fino al suo sottile collo e un brivido di piacere l’ha investiva in pieno. 
‘lo stipendio da poliziotto è davvero sopravvalutato’  ha pensato l’arlecchina una volta di fronte al grigio palazzo. Scala B, terzo piano e in un attimo erano li.
Solo una serratura da forzare, quella d’entrata. Gli ha visto infilare il grimaldello e il tensore come fossero semplici chiavi e lo scatto meccanico è stato immediato. Un vero tocco di classe.
Si sentiva già dall’ingresso lo scrosciare dell’acqua e nell’aria l’umidità era notevole. Il poveraccio era dentro la doccia; quella che pochi minuti più tardi sarebbe diventata la sua tomba.
Harley non dimenticherà facilmente l’espressione sul volto di quell’uomo non appena li ha visti. Puro terrore, in un istante incalcolabile.
Ed eccoli qua.
“Perfavore. Non farlo!” gli supplica l’uomo all’interno della cabina. Il soffione spara ancora l’acqua e stando a constatare il rossore della sua pelle deve essere parecchio calda. Sembra un pesciolino rosso e Joker non è altro che un gatto bramoso, il quale, con  freddezza e ostilità, osserva la sua preda al di la del vetro.
‘Ti ricordi di me Chris?’ gli domanda mentre con eleganza si sfila un guanto viola e passa la mano sulla lastra appannata dal vapore, rendendogli la propria figura perfettamente nitida. ‘Guardami Chris. Pensavi mi fossi dimenticato di te?’
Christian Bennett. Lavorava da nove anni alla GCPD. Non si era mai immischiato come molti altri nei giri del detective Arnold Flass. Era pulito. Un tipo semplice a cui piaceva a fine servizio farsi una corsetta al Rootsville Park per scaricare lo stress del lavoro. 
Il giorno della nascita di Sandy, Bullock con una forte stretta di mano aveva esclamato sfacciatamente  “Sei coraggioso! La famiglia è una calamita pericolosa” Ma lui era stato forte e aveva rischiato. Non ci aveva mai dato gran peso, almeno fino all’episodio del magazzino alla 250/252 Strada: la famiglia del commissario Gordon ebbe fortuna con Dent quella volta.Avrebbe fatto di tutto per Sandy e Clara Hill, sua moglie. In gioco le loro vite avrebbe soppresso ogni etica. Qualsiasi cosa per garantire la loro immunità.
Joker aveva raccontato ciò ad Harley e, probabilmente in preda a un frangente nostalgico, di come i suoi uomini strapparono lei e l’amata figlia dal proprio domicilio, durante un doppio turno, sostituendoli con agghiaccianti manichini ridacchianti.Cosa si potrebbe provare a tornare a casa dopo una lunga giornata di lavoro e trovare adagiati sul divano del soggiorno una coppia d’inquietanti pupazzi che ripetono incessantemente con euforia: “BEN TORNATO. CI SEI MANCATO!”? 
Bastardo megalomane..   
Ovviamente il giorno della cattura del clown, Bennett aveva confidato in un lungo e permanente  soggiorno ad Arkham. Povero ingenuo..   
Harley vede l’uomo appiattirsi trepidamente alle piastrelle del muro, mentre spasmi dettati dallo sgomento iniziano a prendere possesso di lui.
‘Tremi Chris? Eppure mi sembra che l’acqua si parecchio calda’ Ride, Mr.J, e si diverte. Rovista caoticamente in quella piccola stanza quadrata che dovrebbe essere il bagno. Spreme il tubetto di dentifricio e rovescia gli asciugamani.
‘Che casetta deliziosa che ti ha trovato la centrale, eh amico mio.  E pensare che li chiamano “rifugi”. ’ Si ferma ad esaminare un paio di secondi la propria figura riflessa nello specchio appeso sopra il lavandino, e dopo essersi accompagnato indietro un ciuffo verde con straordinaria raffinatezza, si riposiziona di fronte al cubicolo ondeggiando dalla foga. 
È dannatamente incantevole. Per l’occasione indossa un impeccabile completo nero. La giacca sembra gli sia stata dipinta addosso e sotto la camicia celeste fa uno strano contrasto con gli infossati occhi smeraldo. Per completare l’opera un papillon viola annodato al magro collo e  una coppia di diamanti come gemelli da polso. 
Era andata lei a ritirarglielo dalla sartoria di fiducia all’incrocio della Jefferson Avenue quel pomeriggio, subito dopo il recapito principale. Vecchiaccia di una sarta..   
“ti nascondevi da me, Chris? Pensavo davvero fossimo amici”  Picchietta con le dita sul vetro e ride. Ride di gusto.
L’uomo si comprime con le mani le orecchie. La voce di Joker è secca, un cigolio straziante. 
Harley osserva muta. Qualcosa non va in lei. Qualcosa è diverso dal solito. Ripensa alla rapina alla First National..ha già visto Joker uccidere. Si, ha impresso la scena. Aveva sparato a un paio di guardie. Con tranquillità. Nulla di che. Due colpi in testa. Andavamo di fretta. La cosa non l’aveva minimamente toccata. Torna più indietro..i ricordi non sono offuscati, ma al contrario facili da riaffiorare. 
Stephen Ross, Cliff Barnes e Amanda Kelly.. solo alcuni nomi degli svariati infermieri e custodi a cui il Joker fece i suoi “ spiacevoli regalini”. Trucchetti macabri ma dannatamente originali. Come il cucchiaino del budino del mercoledì mattina nel collo di Amanda ad esempio. Si ripete i loro nomi nella testa, ancora e ancora e ancora. Cosa c’è di diverso? Gridano tutti. Piangono tutti. Tremano tutti. Senti quasi la loro paura. Come se fosse un tanfo, una puzza che sale dalle narici e inibisce il cervello, confondendolo..forse quello di questa sera è semplicemente un tanfo molto pesante?  
Un forte senso di amarezza la pervade al pensiero che la rispettabile e zuccherosa dottoressa Quinzel possa essere viva, da qualche parte segregata nel proprio encefalo, con la facoltà di lanciarle piccoli sprazzi di buonsenso qua e la. 
‘Ho sempre fatto tutto’ ogni perplessità dell’arlecchina sembra annebbiarsi nel nulla quando sente queste gracili parole venire cacciate fuori dalla gola del poliziotto tra numerosi vagiti e respiri scoordinati.    
Joker smette di ridacchiare e in un attimo si fa serio. I suoi occhi si infiammano. Una folgore sembra averlo investito in pieno. Appoggia entrambe le mani al vetro della doccia quasi volesse sollevarla.
‘Non ti ho sentito bene, Chris’ Joker preme con foga la bianca fronte sul battente concludendo con quel che pare un ringhio di sfida. 
Harley sorride dall’eccitamento. No, bella la mia Harleen, non potresti rinunciare a quel visetto. 
‘Io ho-ho sempre fatto tutto ciò che mi ordinavi.’  Parla rannicchiato. Le ginocchia gli coprono quasi completamente il volto, come se il suo intento fosse quello di mangiarsi da solo fino a sparire. ‘l’unica cosa che volevo era salva la vita della mia famiglia. Ti prego. Ho sempre passato ogni informazione. Ogni cosa che usciva dalla loro bocca io-’
‘AHHHHH e credi che dire questo possa rendere il fatto che appena hai potuto sei corso a piagnucolare da chi poteva aiutarti? Oh, so com’è andata, Chris. Il dipartimento è composto da inetti. Nessuno avrebbe mai ripescato l’amata mogliettina e baby Bannett dal buco dove li avevo gettati se non il pipistrello! Piccolo, insignificante vermiciattolo’
L’adrenalina sale. Harley nota le vene pulsanti sul collo di Mr.J  gonfiarsi e sente caldo. Un caldo terribile li dentro. Singhiozzi e lamenti alternati a sganascianti risate compiaciute, mentre lo scrosciare dell’acqua pervade le loro orecchie come un martello pneumatico, inondando la stanza di una sottile, ma alquanto soffocante, nebbiolina. 
‘Appena mi è giunta la voce della tua “fedeltà ritrovata”, durante la mia vacanza al manicomio di Arkham ho immaginato spesso al modo in cui ti avrei ucciso, giusto per passare il tempo. Ovviamente non sparato: niente banalità. Bruciato vivo? No, cose già viste. Dato in pasto a qualche cane? Non fa più ridere.’ Si azzittisce per un attimo.
Pazzo, scalmanato, maniaco, semplicemente un gran figlio di puttana..lei lo sa e gli sorride tenendo i denti serrati dalla frenesia. Sente la sua forza, sente la sua rabbia, la sua smania e potrebbe annegarci dentro.
“Ecco, io voglio ridere.”
Joker appoggia la mano al petto per poi concludere, con tono d’ omerica esaltazione: ‘TREMENDAMENTE.’
Harley Quinn squittisce divertita vedendo Mr.J volgersi a lei con largo sorriso e inarcare due volte l’indice.
‘Harl, cara, come definiresti un uomo che non mantiene la promessa data? Un uomo che appena ne ha la possibilità ti pugnala alle spalle per la paura, dopo che ovviamente si è già sporcato le mani?”
Con due saltelli gli è accanto. Joker l’afferra per la vita, premendola a se. 
Non le è difficile comprendere il perché della domanda.L’ energica stretta sembra far intendere che Mr.J voglia essere certo che la sua donna si goda la scena.
Gli azzurri occhi dell’arlecchina cadono istantaneamente sull’omuncolo spoglio e sussultante dall’altra parte del vetro.
‘Vi prego, vi prego basta’ lamenta ancora.
L’ha voluta posizionare di fronte alla vittima per un semplice motivo: osservare, da carnefice, un uomo che sta per morire. Sono pronta, amore mio. Iniziamo lo spettacolo.
‘Io direi infame.’ 

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Capitolo 9
*** Un salto nel vuoto ***


Come siamo arrivati a questo?
Dio Santo, era ovvio. Sarebbe stata solo una questione di tempo.
Nascondersi a Moench Row: praticamente un dannato suicidio.
Il paramedico poco fa ha portato i risultati e l’identità è stata verificata.
Maledizione, sono dovute le analisi del sangue per accertarsi della possibile corrispondenza a Christian Bennett. 
Una moglie, una bambina. Tutti ora si preoccupano a premere due tasti. “Polizia di Gotham, chiamiamo per informarla di una dolorosa notizia” Solito copione amministrativo.
Era due giorni che non si faceva vivo in centrale. E un mese ormai, dall’evasione del clown, che gli ripetevo di abbandonare Gotham. Ma a pensarci bene sarebbe cambiato davvero qualcosa? Quel pazzo ha più conoscenze di quanto immaginiamo e con molta probabilità sarebbe stato rintracciato ugualmente.

James Gordon se ne sta paralizzato con occhi sgranati a fissare il volto grinzoso e deformato del morto da una serie infinita di minuti ormai.
A trovarlo è stata Marylin, l’anziana vicina, che per chissà quale motivo possedeva una copia delle chiavi dell’appartamento. Lo sapremo non appena ricomincerà a pronunciare locuzioni diverse da: ‘orribile’ e ‘mostruoso’ alternate a varie e fantasiose imprecazioni.
Nessuno è ancora salito con la barella e per ora la salma è posizionata sul pavimento del bagno, accanto a dove è stata rinvenuta.
Uno scenario davvero raccapricciante.
Per quanto James continui a ripetersi nella mente ‘è solo Bennett morto’ i suoi occhi si rifiutano tassativamente di crederci.
La pelle di Chris è lattiginosa e sotto di essa si articola un complesso di anomale venuzze color verde oliva che vanno a ricoprigli l’intera massa. Mai visto niente di simile.
Il corpo è allampanato, raggrinzito come il petalo di una rosa estratto dal calice e lasciato essiccare per troppo tempo al sole.
La bocca è aperta, tirata in un lungo ghigno perverso.
James si inginocchia di fronte all’ex collega, deglutendo con fatica.
Un rigor mortis beffardo. Forse fin troppo per essere dovuto da un biologico processo d’irrigidimento muscolare? Sembra in balia di una goduta ma silenziosa risata.
Dietro quel sorriso cosi smagliante si intravedono lingua e palato.
L’interno bocca è di un nero intenso, simile alla pece.
Con dettata risolutezza avvicina la faccia a quella del cadavere.    
Solo quando lo sguardo gli si posa sulle spente pupille, ammette a se stesso che dell’apprensione sta nascendo in lui. I bulbi oculari di Chris sono giallognoli e dilatati, pronti a schizzare fuori in qualunque momento dalle proprie cavità orbitarie.
era accartocciato in un angolo della doccia, con le braccia avvinghiate alla pancia” Gli aveva descritto un poliziotto della prima equipe giunta sul posto. “e...sorride, sorride orribilmente” 
‘Commissario’
Jason Bard compare dalla soglia con inaspettata prontezza. La mano sinistra si appoggia al telaio della porta, mentre con il pollice della destra si indica le spalle.
‘Emh, si tratta di Cohen. Credo abbia vomitato in salotto’ Finisce la frase per poi lanciare un’occhiata veloce al cadavere. Il labbro superiore gli si alza contorcendosi in un’espressione disgustata che pare comunicare: “E come dargli torto”.
‘State tutti a dire “ Dio, che schifo! È spaventoso!” ma poi non riuscite a levargli gli occhi di dosso, vero? Caga-sotto che non siete altro!’ Un omaccione dalla barba incolta e camminata pesante entra anch’esso nella piccola stanza, dando un paio di pacche sarcastiche sulla schiena del poliziotto.
James aggrotta la fronte. ‘Bullock, ti prego’
Sarà da cinque, forse sei anni che collabora col tenente Harvey Bullock.
Un personaggio molto singolare. Nonostante si mostri del tutto fuori luogo, la sua presenza sul campo per il commissario si è confermata vantaggiosa in parecchie occasioni.
‘Che tanfo pestilenziale. Non mi abituerò mai a questo.’ Notifica l’omaccione per estrarre poi un fazzoletto di stoffa dalla tasca e portarselo alla bocca.     
In effetti un terribile odore riempie quel misero bagno; un puzzo che dalle carni del cadavere si espande fino alle pareti.
‘Allora Commissario, cosa ne pensi della nuova trovata di Mr. Maniaco?’
Gordon sente la mano di Bullock stringergli la spalla. Un sottointeso gesto di conforto?
‘È come se lo avessimo condannato noi, Harvey.’ Sospira in risposta, dopo essersi tirato in piedi.
‘Voleva protezione e noi l’abbiamo spedito in questa tana.’
‘Dopo mesi e mesi che faceva circolare ogni nostra scoperta d’indagine e pratica amministrativa a quel pazzo. Gordon, quanti dei nostri uomini sono morti perché il Joker sapeva dove spedivamo e posizionavamo le Swat?’
‘La sua famiglia era sotto sequestro, Bullock.’ Si sfila gli occhiali e si strofina la fronte.
Un attimo di silenzio. Bard esce dalla stanzetta e dal soggiorno si ode un carico: ‘Forza con questa barella!’
‘Non ho mai capito cosa trattenga Batman dal farlo secco onestamente.’ Pondera Bullock, rimettendo il fazzoletto in tasca e infilandosi con gesto quasi rabbioso una sigaretta tra le labbra.
‘Era stato un gioco da ragazzi quella volta al Night Club di Santa Rosa Street. Ricordi?’ Sorride amaramente, Harvey, per un istante, dietro la sottile fiammella dell’accendino. ‘Arrivare a incastrare in una sera sola sei forti agganci del Pinguino, grazie a quel tizio..come si chiamava? Ben, Bennie, Benjamin?’
‘Benton’
‘Benton, Si’ ripete il tenente e dalla bocca esala una nuvola di fumo al sapor di Marlboro.
‘Ottimi infiltrati, le cimici sotto i tavoli da biliardo, Jennifer  vestita da spogliarellista. Una retata coi fiocchi. Avevamo tutto ciò che ci serviva per sostenere le accuse al processo. Poi, quando il peggio sembrava passato i televisori nel club si sono accesi in sincro... Assurdo.’
Gordon volge lo sguardo al collega. Il suo viso barbuto è irrigidito e il tremito nella sua voce smaschera l’inesorabile turbamento.
Oh, ricorda molto bene quella sera. Come potrebbe dimenticarla?
‘Fino a quel momento, la sola certezza che avevamo del Joker era che non amava lavorare in compagnia.’ Mormora il commissario.
‘Ma come diamine ci riesce?! Mi domando.’ Il vocione di Bullock si alza di qualche tono. La mano che regge la sigaretta si agita veloce e della cenere si sparge sul pavimento.
“Come ci riesce?”
James viene travolto da un flash risalente a un anno prima. La mente lo rimanda a un breve dialogo con il Cavaliere Oscuro, quando ancora scorgere la delineata sagoma nera accucciata su un tetto o all’angolo di una stretta e tetra vietta nel buio della notte gli faceva accapponare la pelle.
Il clown a quei tempi era agli albori. Le sole informazioni che i registri della polizia contenevano sul  cosiddetto ‘Joker’ erano carte da gioco – ovvero la sua firma artistica trovata come consuetudine sulle scene del crimine- peculiarità corporee e qualche nota su inverosimili riscontri ad ex galeotti della città.
Come ci riesce? Come riesce a non lasciare la minima traccia? Com’è possibile che ciò che otteniamo sia solo quello che lui ci offre di sua spontanea volontà?”  
Non puoi cercare di comprenderlo, Gordon.” Aveva obiettato la cupa sagoma. “Non pretendere a te stesso di riuscire a prevedere con certezza le sue mosse. Joker è irrazionalità. È un salto nel vuoto.”
Si ripete tra se e se quell’ allusiva, ma azzeccatissima, definizione datagli dall’amico alato. 
Un salto nel vuoto.
Decide di fare qualche scatto in più da mandare in centrale. Anche se sa benissimo che risulterebbero inutili, paragonati alle foto scattate anteriormente dalla scientifica, non sta a preoccuparsene troppo...Portarsi il lavoro a casa è diventato da tempo una routine.  
Con lo schermo del suo modesto cellulare zooma su buona porzione della stanza e preme il pulsante a lato. Poi si focalizza su qualche dettaglio: uno scatto alla doccia, uno al ghigno di Bennett e uno all’alone verdastro sui suoi polpastrelli.
Un salto nel vuoto.
Un maledetto salto nel vuoto.
‘Ti dai pure alla fotografia adesso?’ la risata di Bullock sembra un attacco di tosse improvviso. Oggi ha davvero esagerato con le sigarette.
‘Fanne pure una veloce alla scritta. Dio, non vedo l’ora di farla cancellare. Quando mi capiterà di averlo tra le mani,  per prima cosa gli farò capire quanto mi allietano i suoi dannati messaggi’
Indica lo specchio a quadro agganciato grossolanamente alla parete semi piastrellata, su cui una spessa linea traballante lascia marcato:
 
“IL SORRISO PEGGIORE E’ QUELLO DELL’INFAME”
 
È ovvio che il Joker deve saperla lunga riguardo humour inglese!
Incentra lo specchio sul piccolo monitor e aspetta che l’immagine vada a fuoco.  
‘Ha usato il dentifricio?’ domanda mentre si segna a mente d’impostare il blocco sul telefono. Sia mai che Barbara veda una di queste foto..  
‘Forse ha pensato che il sangue faceva troppo Cliché’ risponde Bullock pragmatico.
Nella stanzetta entrano in fila alcuni paramedici.
La barella metallica sul pavimento in maiolica produce uno sgradevole stridio, probabilmente dovuto dalla mancata movenza di una delle quattro rotelle.
Il più alto lancia un’occhiata feroce a Bullock.
‘Le sembra il caso?’
Harvey sbuffa un’altra nuvola grigia; solleva le due dita che reggono la sigaretta e dopo avergliela ben esibita la spegne nel lavandino accanto.
‘Che dire. Spero un giorno di morire per i miei peccati’  
In pochi secondi ciò che resta di Bennett viene portato via.

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