A thousand word di Hui Xie (/viewuser.php?uid=8567)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gli ultimi dieci anni ***
Capitolo 2: *** Intrappolati nell'acciaio ***
Capitolo 3: *** Quella volta che Sabo ubriaco scrisse del porno su suo fratello ***
Capitolo 1 *** Gli ultimi dieci anni ***
Untitled Document
Titolo: Gli
ultimi dieci anni
Autore: Late
Night Iridescence
Paring: Ace&Sabo
Conto parole:
478
Rating: verde
Sommario: Dio,
è vivo. Sabo è vivo
Quella era la
terza isola disabitata in cui Ace si era ritrovato da quando aveva iniziato
la sua ricerca di Barbanera, seguendo indizi che non lo portavano da nessuna
parte. Era frustrato perché quest’ultimo era sembrato valido, molti
testimoni l’avevano visto ed era un avvenimento recente.
Ma non c’erano segni che una ciurma pirata fosse approdata lì negli
scorsi mesi, figuriamoci pochi giorni prima
Si sdraiò nella sabbia. Era troppo tardi per rimettersi in cammino; si
sarebbe accampato per la notte, sperando che la prossima isola non fosse troppo
lontana. Dormire nella sua nave non era proprio confortevole.
Ci fu un fruscio, un animale che rotolava nei cespugli, e Ace chiuse gli occhi
per ripararsi dalla luce del sole al tramonto. Li riaprì di scatto quando
una risatina bassa risuonò dietro di lui.
“Cavoli, sul serio. Pensavo non ti saresti più presentato. Hai
idea di quanto sia difficile organizzare un falso avvistamento?”
La sua prima occhiata all’uomo là in piedi gli provocò un
brivido alla spina dorsale – quel cappello, quell’arma, quel ghigno
– tutto in lui era così immediatamente familiare da essere doloroso,
come una lancia che gli trapassava il cuore.
La tesa di quel maledetto cilindro proiettava ombre sul suo viso. Ace voleva
correre in avanti e strapparglielo, per dare un’occhiata migliore a quello
che si nascondeva al di sotto e urlare o piangere o svenire o forse tutte e
tre le cose assieme.
Non ne ebbe la possibilità perché l’uomo l’aveva già
preso per toglierselo, con il ghigno ancora presente sul viso mentre i biondi
capelli vaporosi e i grandi e caldi occhi neri venivano rivelati troppo lentamente
per i gusti di Ace. Il desiderio di urlare si fece più pressante.
Quando il cappello venne tolto fu come se i dieci anni trascorsi non fossero
mai passati. Ace era di nuovo un bambino, che galoppava nelle foreste del monte
Colbo con i suoi fratelli al fianco, che scatenava il caos per le strade di
Goa, che si disperava cercando di leggere le ultime parole della prima persona
che l’avesse mai accettato…
“Hai sentito la mia mancanza?” chiese, quel bastardo.
Ace eliminò lo spazio che li separava senza nemmeno rendersi conto di
essersi mosso, gettando Sabo a terra per riuscire a sdraiarsi contro tutto il
suo corpo. I loro petti nudi erano premuti l’uno contro l’altro;
poteva sentire Sabo respirare. Piccole raffiche di aria calda. L’alzarsi
ed abbassarsi sicuro dei suoi polmoni.
Dio, è vivo. Sabo è vivo.
“Per quale ragione avrei dovuto,” disse, soffocando il bruciore
della sua gola, “sentire la mancanza di uno stronzo come te.”
E’ strano
come, mettendoti in cerca di qualcosa, trovi qualcos’altro di completamente
diverso. Magari questa cosa nuova è disastrosa, sfortunata.
Magari è un miracolo di un dio a cui non hai mai creduto.
Chissà cos’aveva fatto Ace per meritarselo, ma era esattamente
quello. Barbanera poteva aspettare per il momento.
Avevano un bel po’ da recuperare.
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Capitolo 2 *** Intrappolati nell'acciaio ***
Untitled Document
Titolo: Intrappolati
nell'acciaio
Personaggi: Sabo,
Ace
Parole: 467
Rating: verde
Sommario: “Perché
stavo cercando di salvare il tuo culo addormentato dall’affogare nella
zuppa!”
“Questa
è colpa tua!”
“Perché diavolo dovrebbe essere colpa mia? Sei tu quello
che non si è accorto del marine finché non è stato troppo
tardi!”
“Perché stavo cercando di salvare il tuo culo addormentato dall’affogare
nella zuppa!”
“Ma sta’ zitto, non è che ci possa fare qualcosa…”
Sabo sospirò e si concentrò sulla brulicante piazza del mercato
sottostante, occhieggiando a quell’odioso ma furbo marine in borghese
che li aveva ammanettati assieme nell’attimo in cui lui aveva spostato
la sua attenzione a cercare di salvare Ace da una morte patetica.
A parte che si sarebbe potuto evitare il tutto se le manette fossero state davvero
di ferro e non di kairoseki. La catena che collegava la mano sinistra di Sabo
alla destra di Ace sbatteva violentemente contro il tetto di cemento in cui
si erano rifugiati mentre un intero esercito di marine setacciava la città
cercandoli. Normalmente non avrebbero costituito una grande sfida; in coppia,
loro due potevano spazzare via un numero simile in un attimo. Ma con la kairoseki
che lo indeboliva Ace non sarebbe stato altro che un pezzo di carne inutile
durante una lotta, buono solo a limitare i movimenti del braccio di Sabo.
Perché Ace avesse scelto un’isola sotto il controllo della marina
per incontrarlo era incomprensibile per lui.
“Sabo,” mormorò l’altro, tirando su con il naso con
fare pietoso vicino al suo orecchio. “Ho un po’ freddo.”
Allora realizzò che Ace stava tremando. Quando gli toccò una spalla
preoccupato, notò che la sua pelle era insolitamente fredda rispetto
al calore che normalmente sgorgava dal suo corpo come acqua. C’era una
notevole brezza che spazzava il tetto e che aveva colpito Ace, il cui fuoco
era stato sigillato, più di quanto aveva immaginato.
“Vieni qui,” disse Sabo, ed Ace scivolò più vicino.
Gli strofinò energicamente le braccia e la schiena, cercando di riscaldare
in qualche modo il suo corpo, e desiderò di potergli offrire la sua giacca.
Peccato che non potesse toglierla a causa di quelle dannate manette.
Aveva smesso di guardare i marine in movimento perciò fu parecchio sorpreso
quando improvvisamente Ace indicò in basso e chiese, “E’
lui?”
C’erano due uomini non lontani dall’edificio su cui erano affacciati,
uno in uniforme e l’altro con vestiti normali, che gesticolavano animatamente
fra di loro. Anche da quell’altezza Sabo riconobbe il marine in borghese
che li aveva messi in quel casino. La chiave di cui avevano bisogno ce l’aveva
addosso da qualche parte. E Sabo era disposto a ridurlo ad una poltiglia sanguinolenta
pur di prenderla.
Ace si alzò in piedi barcollando, scrollandosi di dosso la mano amichevole
che gli aveva offerto. L’ex-nobile non poté trattenere un sorriso;
anche se a volte si comportava come un vero idiota, Ace era serio quando serviva.
Non c’era nessuno che ritenesse migliore per guardargli la schiena.
“Pronto?” Ace ghignò ed alzò il pugno per rispondere.
Sabo ci sbatté il suo contro e, contemporaneamente, si gettarono nella
mischia.
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Capitolo 3 *** Quella volta che Sabo ubriaco scrisse del porno su suo fratello ***
Untitled Document
Paring: Sabo/Ace
Conto parole:
930
Rating: arancione
Sommario: di
sicuro una piccola occhiata non sarebbe stata un problema…
Essere un membro
rispettato e di alto grado dell’armata rivoluzionaria – guidata
dal padre del loro fratellino, nientemeno – aveva certamente i suoi vantaggi.
Sabo aveva la sua propria nave, piccola a sufficienza per poter navigare da
solo e grande abbastanza per permettersi dei lussi. Ace era un po’ geloso.
Uno di questi lussi era la camera da letto, più grande di qualunque stanza
in cui Ace avesse dormito in tutta la sua cavolo di vita, una che includeva
un materasso incredibilmente soffice – aveva scoperto che trascorreva
la maggior parte delle sue visite a Sabo addormentato lì sopra, e non
era mai stato più felice della sua narcolessia – un bagno collegato,
e la lucida e robusta scrivania in quercia che Sabo usava per… attività
più intellettuali.
Come scrivere.
Era bravo. Ace poteva dirlo solo dalle veloci occhiate che aveva rubato da sopra
le spalle di Sabo, nonostante suo fratello, seccato, si rifiutasse di lasciargli
leggere la maggior parte del suo lavoro. Doveva essere una sorpresa, quello
era all’incirca il motivo.
Ace si sentiva imbrogliato. Chi sapeva quanti anni ci sarebbero voluti?
E nonostante il letto fosse così confortevole da fargli desiderare di
non muoversi mai più, c’erano fogli di pergamena sparsi su tutto
il tavolo e Sabo era altrove, a preparare il pranzo. Di sicuro una piccola occhiata
non sarebbe stata un problema…
Perciò Ace si trascinò via dal suo piccolo angolo di paradiso
e camminò a piedi nudi per la stanza, scoccando occhiate colpevoli alla
porta per tutto il tempo, e rimestò i fogli di carta finché non
si imbatté in qualcosa che non sembrava definitivo o in codice.
Lo colpirono immediatamente. Invece della calligrafia chiara e scorrevole di
Sabo, le parole erano scarabocchiate disordinatamente, con le linee trasandate
e macchie d’inchiostro che coprivano intere frasi. All’iniziò
suppose che appartenessero a qualcuno meno meticoloso di Sabo, ma poi scorse
il suo nome.
Strizzò gli occhi, cercando di capire quell’incomprensibile calligrafia
quasi tirando ad indovinare.
Ace si mosse verso di me, con ombre che si stagliavano contro il suo viso
sudato ed arrossato, aprendo le labbra carnose mentre ansimava come uno stallone.
Le candele tremolanti illuminavano parti del suo petto nudo . Non potei fare
altro che raggiungerlo e toccarlo con agitate dita tremanti, non potei far altro
che disegnare le pianure e le valli dei suoi muscoli definiti e la cima del
suo capezzolo rosa chiaro, il colore dei fiori primaverili.
Quando ne grattai uno con le unghie, Ace inarcò la schiena, gemendo profondamente
e rocamente. Le sue labbra sbatterono contro le mie, spargendo una tempesta
infernale di lussuria giù nel mio addome. Gli stringo le spalle, implorando
silenziosamente per altro.
Con un sorriso furbo, Ace aprì la bocca per un bacio profondo. Le nostre
lingue duellarono, ma presto mi sconfisse e sinuosamente si spinse più
in fondo. Il suo gusto invitante mi offuscava la mente.
“Calmati, amore,” disse, tornando indietro, e allora realizzai quanto
forte stavo tremando. “Abbiamo appena iniziato. Non c’è bisogno
di andare in fretta…”
Le sue mani, innaturalmente calde a causa della maledizione che possedeva, spingevano
i miei pantaloni aperti giù per le cosce…
Il resto proseguiva con nudità gratuite, eufemismi fallici più
di quanti ne potesse mai immaginare, e cose che due uomini potevano fare assieme
di cui non era mai stato a conoscenza. Grugnire. Gemere. Gridare. Contorcersi.
Il tutto scritto dal punto di vista di Sabo.
Ace era ancora lì in piedi, stringendo disperatamente quei fogli ormai
spiegazzati e la faccia che bruciava più delle sue fiamme innaturali,
quando Sabo aprì la porta ed entrò a grandi passi con un vassoio
di panini in equilibrio sulla mano. Non poté guardarlo negli occhi, ancora
fissato su quei fogli di pergamena. Voleva bruciarli e gettare le ceneri in
mare. Voleva nasconderli nella tasca e pretendere che non li avrebbe riletti
più tardi – molto più tardi, da solo – una mano che
teneva la pergamena spiegazzata e l’altra abbassata a fianco dei suoi
pantaloni.
Sfortunatamente, non ne ebbe la possibilità prima che Sabo lo notasse,
con lo sguardo che passava fra quelle che immaginava essere delle guance molto,
molto rosse e le pagine. Fu solo quando gli occhi di Sabo si spalancarono tremando
che Ace guardò veramente il fratello.
“Io – Oh, Dio, mi dispiace così tanto. Ero u-ubriaco, così
tanto che non ci crederesti, e pensavo di distruggerlo – Ace,
per favore perdonami, anche se capirei se non potessi sopportare –“
Sabo si stava perdendo, aveva gettato la sua solita eleganza fuori dalla finestra,
sostituendola con quelle scuse farfugliate, ed Ace improvvisamente seppe che
anche se quel terribile porno era stato il risultato di una sbornia di cui certamente
avrebbe poi chiesto spiegazioni, era qualcosa su cui Sabo stava riflettendo.
Deglutendo tutto il groppo in gola, Ace fece un passo in avanti e mise fine
ai biascicamenti di scuse di Sabo con un bacio. Lo fece leggero, cauto, aspettando
di vedere cosa l’altro avrebbe fatto. Era sconvolto da quanto sperava
che Sabo lo accettasse; non ci aveva mai davvero pensato, ma ora che stava succedendo
non poteva immaginare perché diavolo no.
Sabo emise un suono sorpreso, basso, che sibilò attraverso le sue labbra,
e poi esitante si avvicinò, quasi come se si aspettasse di essere respinto.
Idiota, pensò con affetto.
“Sabo,” disse a voce alta. “Diamo a queste cose una possibilità,
hm?”
Quello valeva il sorriso che Sabo gli regalò mentre prendeva le pagine,
appoggiandole all’angolo del suo fantastico letto – per riferimento
– mentre lo baciava ancora.
Valeva decisamente.
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