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Il
vento accarezzava il volto di una donna castana dagli occhi che brillavano.
Erano verdi, ma non più di un verde spento e velato di tristezza, bensì di una
tonalità quasi sorridente, felice e acceso. Gli occhi di Sakura si posavano
delicati sulla natura che la circondava: i forti e robusti alberi quasi la
proteggevano da ogni male; l’erba scandiva i suoi passi e si muoveva lentamente,
con un’armonia invidiata dalla più melodica delle arpe o dei flauti, o persino
dalle voci più dolci e potenti; i fiori si aprivano ormai senza più paura di ciò
che li circondava e sorridevano al sole, volgendo la propria bellezza verso ogni
essere che li circondava e che li ammirava incantati; le rondini, segno
inconfutabile dell’arrivo della primavera, volavano spensierate nel cielo
azzurro e pulito, privo di nuvole.
Un
evento straordinario colpì Sakura: dal ramo più alto di un alta quercia una
piccola rondine lasciò il suo caldo e accogliente nido e spiccò il volo verso
l’ignoto, verso l’avventura più bella che l’avrebbe visto come protagonista: la
vita, la SUA vita.
Mentre soffici e leggeri petali di fiori cadevano soavemente attorno a lei,
Sakura si ritrovò a pensare a quanto coraggio avesse avuto quella rondine per
lasciare il suo nido e volare via verso l’infinito e l’indescrivibile ignoto.
Un
sorriso le si aprì sul volto, finalmente. Un sorriso vero, non solo accennato o
rassicurante, ma una vera e propria dimostrazione di felicità. Tutto in lei
sorrideva: le labbra, gli occhi, il corpo.
Era
ritornata bambina, quando correva spensieratamente nei prati, raccoglieva fiori
da regalare alle persone che amava di più, sorrideva ad ogni minimo movimento
della natura e del mondo intorno a lei. Correva, correva, correva senza meta,
cantando un’allegra canzone d’amore. Si rivide da adolescente, quando le persone
da amare erano ormai infinite e impossibili da perdere, quando pensava che cose
come l’abbandono, la solitudine, la violenza, la frustrazione non l’avrebbero
mai toccata e interessata. Si sbagliava, certo, ma a che serviva ripensarci
ancora e ancora e ancora? Piccola, fragile, ma amabile e sorridente, sempre.
Questi ultimi due aggettivi particolarmente. Come avrebbe potuto considerarsi
tale dopo aver sposato Pablo? E invece l’amore che aveva perso ora le era
accanto, a pochi isolati da lei. Perché lasciarlo? Perché pensare sempre agli
altri e non premiare sé stessa, qualche volta?
L’indomabile e quasi immancabile egoismo dell’adolescenza tornò a possederla. Si
sentiva come una quindicenne che aveva appena conosciuto l’amore, le emozioni
che esso suscitava e le gioie che portava. Correva ancora, sorridendo e parlando
da sola, come una ragazzina che è appena stata baciata per la prima volta, come
un uccello in gabbia che è appena stato liberato e che ammira la bellezza del
mondo da un’altra angolazione.
Ora
era stanca, stanca di correre, ma non di amare. Cominciò a camminare e ad
ammirare il mondo intorno a sé. Tutto le sembrava più bello, come vivere in un
paese fatto di nutella e orsacchiotti. Persino la signora Tsutegoto, che era la
più grande pettegola del quartiere, quasi le sembrava simpatica.
Arrivò finalmente a casa ed entrò. Il profumo delle rose che teneva sul
davanzale le inebriò l’olfatto e Sakura ne fu completamente piena.
All’improvviso si girò verso la finestra e strappò le tende nere e grigie,
sostituendole con quelle rosa e azzurre regalatele e cucite da Tomoyo qualche
anno prima. Improvvisamente quel nome la rattristò un pochino, così, dopo ben
tre anni, prese il telefono e la chiamò.
Questo non succedeva più da quando…
-…
Non so, Tomoyo. Io amo Pablo, ma lui mi tratta così male ultimamente…-, disse
una donna castana con la nera cornetta del telefono in mano.
-Senti, tu non puoi continuare così! Devi reagire.-, rispose un’altra donna dai
capelli corti e nerissimi.
-Come faccio? Per te è tutto facile… Kim non si comporta mica così, no? Perché
sono sempre io quella sfortunata?-, cominciò a piangere Sakura.
-Ma
come è possibile che tu pianga sempre? Non servirà a nulla, lo vuoi capire? Fin
quando tu non lascerai Pablo, io non ti telefonerò più e tu farai lo stesso con
me!-, tagliò corto Tomoyo sbattendo il telefono in faccia a Sakura.
Sapeva che così l’avrebbe solo ferita, ma almeno si sarebbe data una mossa.
Una
settimana… un mese… un anno…: nulla.
Cominciò a preoccuparsi, ma si fece forza e non chiamò più la sua migliore
amica.
Sakura ricordava bene quei momenti in cui aveva bisogno di lei, ma la ignorava e
cercava di andare avanti. Finalmente aveva deciso: quello sarebbe stato l’ultimo
suo soggiorno in quella stupida e dannata casa.
La
castana compose il numero coreano dell’amica quasi tremando.
Aspettò una risposta…
-Yoboseyo? -, disse una voce dolce e
puerile dall’altra parte del telefono.
-Ehm… Tomoyo?-, rispose incerta Sakura: non sapeva una parola di coreano.
-Sakura! Come va? Cavolo, da quanto tempo! Allora… hai deciso?-, domandò Tomoyo.
Sakura credeva che si sarebbe formata una specie di freddezza fra di loro e
invece Tomoyo le parlava come se non fosse successo nulla, come se la loro
ultima telefonata fosse accaduta il giorno prima.
-Sì, amica mia: ho deciso-, disse sorridendo Sakura.
-Sakura… Qualsiasi scelta tu abbia fatto, tu rimarrai sempre mia amica.-,
proferì rassicurante Tomoyo.
Fra
le due amica non c’era un’aria tesa, ma tranquilla. Finalmente si erano
riconciliate e non volevano rovinare quel momento con stupide discussioni
infantili.
Sakura le raccontò tutto quello che era accaduto poco prima nello studio di quel
pediatra molto speciale.
-Ma
è… è fantastico!!!-, gridò quasi la mora.
-Sì…-, rispose vaga Sakura.
I
suoi occhi fissavano le candide tende senza vederle davvero. Perché era immersa
e persa nei suoi muti pensieri. Un delicato sorriso si stagliava sul suo fragile
volto. Non pensava più alle ferite, al dolore, a Pablo. Era completamente
concentrata sul vero senso dell’amore, sulle pagine della sua vita, vuote e
insignificanti in confronto a quelle poche e intensissime ore appena trascorse.
-Sakura? Ci sei? Ehi???-, disse scherzosamente l’amica.
-Ehm… Sì sì, ci sono! Scusa, ero soprappensiero!-, rispose un po’ imbarazzata la
castana.
-Allora… che hai deciso?-, chiese timorosa della risposta Tomoyo attorcigliando
il dito al filo del telefono, segno inconfondibile di preoccupazione.
-Lascerò Pablo e porterò i bambini con me e Shaoran. Questa è la cosa più
giusta.-, disse decisa Sakura.
-Sakura, sono felicissima! Ma c’è solo una cosa che mi preoccupa: come lo dirai
a Pablo?-, chiese ansiosa Tomoyo.
-Oggi starò un po’ con lui e domattina presto me ne andrò senza dirgli nulla.
Non posso fare altro, credimi.-, disse tristemente la castana.
-Va
bene, Sakura. Però dove andrete? Perché non venite qui in Corea? Almeno siamo
tutti insieme, finalmente.-, propose speranzosa Tomoyo.
-Sarebbe un’idea fantastica! Ora stanno arrivando i miei bambini, quindi devo
chiudere, mi dispiace. Ci sentiamo stasera, ok? Lo devo proporre a Shaoran. Ciao
Tomoyo e grazie infinite, davvero!-, salutò allegramente Sakura.
-Ciao, Sakurachan!-, rispose la ragazza in tono materno.
Sakura chiuse la comunicazione e accolse felicemente i suoi bambini:
-Ciao, bambini! Com’è andata oggi a scuola?-.
Un
sorriso le si aprì sul volto, finalmente un vero sorriso.
-Mamma… che ti è successo? Sei così… felice!-, disse Shiruku osservando
sospettosa la madre e con aria interrogativa.
A
volte vedendo la sua bambina Sakura pensava a Tomoyo, poiché erano molto simili:
entrambe grandi osservatrici, entrambe perspicaci ed entrambe scaltre.
-Io… No, niente! Sono solo felice di vedere i miei bambini!-, rispose incerta
Sakura, mentre cercava disperatamente di essere convincente.
Come avrebbe potuto dir loro la verità? Magari avrebbe spiegato loro che
dovevano partire senza il papà… Ma come spiegare chi fosse Shaoran? Non sarebbe
stato poi così difficile, dato che i bambini non avevano nessun rapporto con il
padre, in quanto non lo vedevano mai e, quelle poche volte che c’era, Juan e
Shiruku lo ignoravano completamente.
Il
pomeriggio passò tranquillo, fra i giochi innocenti dei bambini e le favole
raccontate da Sakura. Le piaceva tantissimo narrare ai propri bambini di
principesse rapite e aitanti principi che le salvavano, perché sperava sempre
che uno di quei principi l’avrebbe salvata dal mago cattivo, ovvero Pablo.
Finalmente quel giorno era arrivato, anche se senza il cavallo bianco, ma ciò
non aveva alcuna importanza.
Arrivò così la sera, annunciata da una telefonata.
-Pronto?-, disse la donna castana con un po’ di affanno, poiché aveva fatto una
gran corsa per venire a rispondere.
-Stasera andiamo a cena fuoro. Esco prima dal lavoro. Preparati.-. disse una
voce maschile chiudendo la cornetta.
Sakura rimase attonita: non era mai uscita a cena fuori con PABLO,
o almeno non se lo ricordava.
Era
pallida… Perché doveva farle questo? E soprattutto, cosa significava
quell’invito? Domande senza risposta, che avrebbe acquisito un significato solo
se Sakura avesse accettato l’invito.
Pensando ai motivi più contorti e particolari, la donna si vestì non troppo
accuratamente: indossò una gonna verde lunga fin poco sotto al ginocchio, un
paio di calze nere, una maglietta a maniche lunghe nera con dei piccoli
cerchietti verdi sui bordi delle maniche e del collo e infine un paio di scarpe
verdi molto semplici.
Quasi non ricordava come fosse fatto un ristorante, veramente. Pensò e ripensò
ancora a quello strano invito di Pablo… Cosa avrebbe fatto? Avrebbe dovuto
cogliere l’occasione per dirgli tutto? E poi? Lui avrebbe accettato? Sicuramente
no… Come avrebbe potuto?
All’improvviso il suono del campanello fermò lo scorrere dei suoi pensieri.
Sakura aprì la porta e si trovò davanti la sagoma del marito. Non riuscì a
guardarlo negli occhi, aveva una paura tremenda. Così cercò di soffermarsi sulla
sua squallida camicia un po’ sporca di polvere.
-Andiamo.-, disse lui deciso.
Sakura lo seguì senza badare troppo a lui, ma guardando il paesaggio desolato e
quasi deprimente.
Dopo un quarto d’ora di silenzio in auto arrivarono in un ristorante
dall’aspetto molto curato e caro. C’erano una ventina di tavolini ognuno dei
quali presentava due candele come illuminazione, una candida tovaglia e delle
posate molto ben curate e lucidate.
Si
sedettero sempre in silenzio e quasi subito giunse un cameriere vestito in modo
impeccabile.
-Prego?-, disse.
Pablo ordinò per sé e per Sakura alcuni piatti, alcuni del quali alla donna non
piacevano.
In
questo modo si rese conto di quanto fosse estranea per lui, ma decise di non
rovinare quel momento per motivi così futili.
-Allora…-, cominciò a parlare Pablo per attirare l’attenzione della moglie.
Sakura era un po’ imbarazzata, ma guardò lo stesso il marito con fare
interrogativo.
-Perché… insomma, perché mi hai portato qui?-, disse la donna prendendo tutto il
coraggio che aveva.
Pablo si aspettava qualche complimento per la scelta del ristorante o qualcosa
di gentile, ma fu spiazzato da quella domanda.
-Non sei contenta?-, chiese premurosamente.
Non
sapeva perché, ma quelle parole irritarono Sakura in un modo incredibile.
-Rispondi alla mia domanda.-, sentenziò la castana con fare impositivo.
-Va
bene… Che dire? Ti ho portato qui perché ti amo.-, disse quasi angelico Pablo.
Il
cuore di Sakura avrebbe dovuto sciogliersi a quelle parole, invece si indurì
ancora di più.
-Bene, mettiamo che sia così: perché allora mi fai tutto questo?-, disse ironica
Sakura indicandosi la ferita sotto l’occhio.
Pablo stava per rispondere in malo modo a Sakura, ma giunse fortunatamente il
cameriere che portava le pietanze richieste.
-Allora?-, chiese impaziente Sakura quando il cameriere si allontanò.
Non
si riconosceva più: era diventata fredda e distaccata.
-Allora che?-, domandò ignaro Pablo.
Sakura a quelle parole si infuriò e disse rabbiosamente:
-Tu
non hai il diritto di farmi tutto quello che vuoi, ma ti dirò soltanto una cosa:
l’amore si ottiene con l’amore e tu questo non riesci proprio a capirlo, vero?-.
Dicendo questo Sakura si alzò dalla comoda sedia e uscì con passo pesante e
deciso dal locale.
L’aria fuori era fredda e pungente e una lacrima le scese da viso. Così ritornò
con tristezza e rabbia a casa sua.
**Intanto, nel locale…**
Pablo seguì con lo sguardo sua moglie che se ne andava. Andò subito su tutte le
furie e, dopo aver pagato il conto, uscì dal ristorante e giunse nel solito pub
dove ogni sera sfogava la sua rabbia bevendo.
-Ehi Pablo!-, lo salutarono i suoi compagni.
-Ciao…-, mugugnò l’uomo.
Dopo alcuni bicchieri di birra, chiacchiere inutili e stupide risa, nel pub
solitario entrò un altro uomo dai tratti somatici cinesi.
-Ehi amico, vuoi un bicchiere???-, chiese un uomo seduto al fianco di Pablo.
-No, grazie-, disse un po’ schifato il cinese e continuò: -vorrei sapere dove
trovare il signor Juarez.-.
-Al
suo cospetto, signor…-, cominciò Pablo completamente ubriaco.
-Li. Mi permette di darle una cosa?-, disse con uno strano sorriso Shaoran.
Aveva finalmente scoperto chi era colui che dava tante pene a Sakura.
Pablo annuì con la testa e Shaoran si avvicinò sempre di più, fin quando non gli
fu innanzi. Così, con grandissima soddisfazione, diresse il pugno chiuso verso
il viso di quell’uomo e lo colpì violentemente, mentre Pablo gridava dolorante.
Nessuno capiva cosa stesse accadendo, perciò nessuno rincorse Shaoran che
scappava fuori dal locale.
Pablo era accasciato a terra, ma si alzò improvvisamente.
-Dove sei, brutto bastardo?-, disse follemente.
Stava per picchiare chiunque gli capitasse davanti, ma fu fermato dagli amici e
messo a sedere.
-Oh, calmati! Ora mandiamo Uzo e Jinetsu e cercarlo!-, dissero alcuni amici.
A
quelle parole Pablo si calmò e ricominciò a bere un altro bicchierone di birra.
Subito i suoi due amici Uzo e Jinetsu uscirono dal locale per cercare Shaoran.
La serata passò tranquillamente dopo l’episodio del pugno e Pablo continuò a
bere. Ormai era completamente ubriaco quando entrò Sezuko, un altro compagno del
pub.
-Ehi amico, come va?-, disse Pablo con qualche singhiozzo dovuto al troppo bere.
-Tutto bene… Piuttosto, a te come va? Ho sentito delle cose…-, chiese vago
Sezuko.
-Oh, che hai sentito?-, domandò Pablo invitando l’amico a sedersi accanto a lui.
-Come, non sai niente? Cazzo… Devo dirtelo proprio allora… Sicuro che lo vuoi
sapere?-, chiese timoroso Sezuko.
-Ma
certo! Parla, muoviti…-, ordinò Pablo vomitando a terra.
-Amico, hai bevuto davvero troppo!-, disse il barista che intanto toglieva il
boccale di birra dalle grinfie dello spagnolo, che dopo un’iniziale protesta si
arrese.
-Come sai, mia moglie fa la segretaria nello studio del dottor Jinkatsu, no? Ha
detto che stamattina è venuta tua moglie per prenotare una visita a tuo figlio,
ma il dottor Jinkatsu mancava, così l’ha sostituito il dottor… aspetta… Come
cazzo si chiamava? Ah, sì: il dottor Li. Mia moglie ha detto che tua moglie si è
trattenuta “amichevolmente” con lui. E’ sicuro, ha detto che ha spiato dalla
serratura!-, spiegò Sezuko.
Pablo diventò prima pallido per il colpo e poi rosso di rabbia. Sentiva le vene
pulsargli da tutte le parti e si mordeva il labbro inferiore facendolo
sanguinare.
-IO
LO AMMAZZO!-, gridò prima di alzarsi e correre fuori dal locale. Ormai sia la
rabbia che la birra lo accecavano. Non capiva più nulla… La moglie che lo
tradisce, quel pugno in pieno viso… L’unica cosa che voleva in quel momento era
vedere quel viso dai tratti cinesi e dilaniarlo.
Intanto Shaoran era arrivato fino al ponticello dove dichiarò il suo amore a
Sakura. Appena vide la sagoma di Pablo avvicinarsi sempre di più non sentì più
paura e nemmeno il bisogno di correre. Aveva ancora addosso il profumo di Sakura
che gli ricordava tanti bei momenti…
Era
ormai il tramonto e due ragazzi camminavano vicini verso la casa della ragazza,
Sakura.
-Sakura… Andiamo al ponticello?-, chiese timoroso il ragazzo, Shaoran.
-Be’… Sì, perché no!-, rispose allegra Sakura.
Giunsero in cinque minuti al luogo stabilito. La ragazza si poggiò al parapetto
e Shaoran si fermò dietro di lei.
-Che bel tramonto…-, mormorò la castana.
Shaoran a quelle parole prese coraggio e disse con la testa bassa ma con una
mano sulla spalla della ragazza:
-Sakura… io ti amo!-.
Sakura rimase sbalordita a quelle parole, ma non riuscì a rispondere: “Anch’io”,
bensì:
-Ti
voglio bene.-.
Sorrise e abbracciò teneramente il ragazzo dietro di lei e rimasero così per
molto molto tempo.
Pensando alla sua dichiarazione, Shaoran vide Pablo a pochi metri da lui. Il suo
passo era rallentato dalla birra, che però acuiva la sua rabbia.
-Ti
aspettavo-, disse solamente Shaoran, mentre Pablo alzava la pistola che portava
sempre perché era un poliziotto.
-Shaoraaan! Dove sei? Ah, eccoti!-. Sakura era uscita di casa per cercare l’uomo
e dirgli che accettava di venire con lui e subito lo scorse sul ponticello.
-Shaoran! Ho deciso! Accetto! Verrò per sempre con te, perché io ti amoooo!-,
gridò Sakura mentre era ormai a pochissimi metri dall’uomo che amava. Solo in
quel momento si accorse che c’era anche Pablo.
-E
tu… che ci fai qui?-, chiese impaurita Sakura, che intanto aveva raggiunto
Shaoran e lo abbracciava.
Pablo non rispose alla domanda della moglie, ma si limitò a premere il grilletto
una, due, tre, quattro volte.
Quei due corpi stretti in un ultimo e solenne abbraccio caddero esanimi sul nudo
legno del ponticello.
Pablo ritirò a sé la pistola e guardò soddisfatto la scena che gli si
prospettava davanti: sua moglie e Shaoran erano a terra uno sopra l’altro e si
abbracciavano. Ormai erano solo cadaveri freddi e pallidi, con gli occhi ancora
aperti e vitrei che fissavano vuoti il cielo nero e pesante che gravava sulle
loro anime.
Pablo, preso ancora dalla rabbia, prese a calci quei due corpi ormai vuoti di
un’anima. Ma qualsiasi cosa avesse fatto, Pablo non sapeva che non sarebbe
servito a nulla, perché le loro anime riposavano ormai insieme e nessuno le
avrebbe divise, mai.
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Prologo
Pablo fu subito arrestato grazie alla preziosa testimonianza del suo amico Uzo,
che amava segretamente Sakura e che non aveva mai perdonato il gesto estremo
dell’amico.
Juan e Shiruku sono andati a vivere con Tomoyo di loro spontanea volontà e
finalmente Sakura e Shaoran erano insieme e stavolta per sempre.
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Ciao! Questo era l’ultimo capitolo, quindi la fanfic è terminata. Spero vi sia
piaciuta almeno un po’ e spero anche di aver raggiunto il mio obiettivo:
suscitare emozioni e far riflettere. Mi raccomando, riferitemi ancora una volta
la vostra preziosa opinione! Grazie mille a tutti coloro che hanno recensito!
Ciao!
Francy
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