Recensioni di ilbilbo

Queste sono le ultime cinque recensioni che l'utente ha lasciato nella sezione nell'ambito del programma recensioni.


Recensione alla storia Frutti marci - 30/04/24, ore 07:23
Capitolo 6: VI
Il titolo è qualcosa che da un lato aiuta ad entrare nel mondo, tutto intimo e personale, dei versi… quasi un invito a leggere con attenzione e a capire meglio. Ma dall’altro lato tende a imporre una classificazione, quasi un impoverimento delle numerose sfaccettature che arricchiscono i brani e contraddistinguono le tue poesie.

Probabilmente fai bene a lasciare tutto senza titolo.
È solo un mero esercizio scolastico per chi legge, che dopo l'analisi cerca la sintesi.

Qui comunque metterei qualcosa con un punto interrogativo alla fine, tipo “Scontro o incontro?”: l’eterna lotta fra gli opposti che finiscono per fondersi e confondersi: “e me ne confondo”. Bello!
Recensione alla storia Iris - 30/04/24, ore 07:21
Capitolo 1: Iris
C’è come un incantesimo, quello che trasforma “un cuore tumultuoso” - accostato a un cielo tempestoso - in qualcosa da bramare (“rubare”) e baciare.
C’è il profumo forte, legnoso, dei giaggioli “aulenti”, anch’esso oggetto di magica trasfigurazione, quasi a diventare la “rosa fresca aulentissima” di Cielo d’Alcamo.
E c'è come sempre tanta dolcezza, delicatezza e sensibilità, che tutto trasforma, tutto rende pregnante, stillante poesia. Culminando nell’ultimo verso che quasi toglie il fiato. Complimenti.
Recensione alla storia Frutti marci - 28/04/24, ore 09:27
Capitolo 5: V
Il passato rischia di accendere una pesante ipoteca sul nostro futuro.
Rimangono solo le “parole spezzate”, indizio di antiche “compiutezze” ormai frammentate, come i ruderi dell’antica Ostia.
Bisogna riprenderci le parole e il pensiero, rubatici dalla società e dall’età che avanza.

Non restaurare, ma ancora scavare, arrivare alle fondamenta, per riscoprire l’unità smarrita della planimetria.
Capire per non morire.
Recensione alla storia 27.04.2024 - 28/04/24, ore 09:04
Capitolo 1: 27.04.2024
Amo pensare che quella persona al femminile, che tanto per te ha significato, che ti ha fatto conoscere “l'amore, la sicurezza, il calore di una vera famiglia”, possa essere stata la tua mamma. Il legame che lega un figlio/figlia alla sua mamma, infatti, è sempre speciale, al di là di tutti i traumi e di tutte le conflittualità che possano eventualmente nascere nel corso della vita. È come il perpetuarsi del cordone ombelicale fino alla fine, oltre la fine.
Il titolo, lapidario, fa pensare a una pietra tombale.
È purtroppo inevitabile che la sparizione di quella persona - chiunque essa sia - lasci un vuoto profondo nella nostra vita. È del tutto comprensibile che si insinui un dubbio sottile che ella se ne sia andata via per sempre, come molto bene scrivi nei versi.
Versi, o non-versi, che fissano il trasporto istintivo dei pensieri senza i ritocchi né i rintocchi della mente. Sta forse lì, in quel modo di scrivere che si avvicina alla semplicità della prosa, la grande empatia che suscita il tuo componimento.

Trovo tanta sincerità e trasparenza nell’affermare che quel rapporto, solo apparentemente spezzato, possa modellare anche i rapporti futuri. E il fatto che venga accettato come un’eredità: “posso smettere di cercare. Perché io sono queste cose.”
Il peso delle origini… sono le origini che determinano la nostra originalità.

Commovente la complicità del rapporto.
E, a proposito di commozione, tutto lo scritto è come un crescendo di sentimenti forti, che quasi strappano le lacrime in chi legge. E i sentimenti, verso la fine, si fanno corali: “ci hai regalato”, “ci hai donato”.

Spero di leggere ancora poesie come questa, magari con una maggiore attenzione nel comporre i versi, in modo da diventare veri e propri capolavori di altissimo livello.
O forse con una semplice rilettura, che avrebbe potuto eliminare errori di battitura come “anuncia” e “èer”.

Grazie per aver pubblicato, e perdonami se ho dato troppo risalto all’idea che mi son fatto, che questa splendida Layla, che “veglia” e rende migliori, che stimola a dare il massimo, possa essere una madre.
Recensione alla storia La Decadenza del Pensiero Morto - 27/04/24, ore 07:55
Capitolo 6: Anima solitaria
Hanno il loro fascino i versi corti, ricchi di concetti, con le rime qua e là che sottolineano e fanno da legante.

Educatamente affermi, senza mai mancare di rispetto, l’importanza di mantenere la propria identità, la capacità di pensare (la prima strofa) con un pensiero mai appiattito, ma a tre e più dimensioni.

Usi toni un po' sulla difensiva, col bisogno di mantenere un certo distacco, come unica difesa possibile dalla massificazione dilagante.
Magnificamente esplicativi i due versi “vedo me e gli altri, / non vedo mai un noi”.

Forse la soluzione a questo disagio, più che lecito, potrebbe essere quella di non considerare gli altri come un tutt'uno, una massa appunto, un voi, ma un tu e tu e tu e tu: ognuno con la sua storia, ognuno col suo disagio nascosto.

Un abbraccio, e alla prossima.