Recensioni di Watashiwa

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Recensione alla storia You'll never hurt me again - 09/01/16, ore 23:57
Capitolo 1: You'll never hurt me again
Una delle cose più curiose di questa giornata, per quello che mi riguarda, è stato ascoltare qualcosa degli Evanescence prima di studiare stamattina e questa canzone è proprio stata l'ultima della lista che ho voluto godermi prima di cominciare.
Avevo bisogno di sentire la sua voce vulnerabile, delicata ma potente al tempo stesso, dato che sappiamo a chi è dedicata e cosa significhi per Amy, in un certo senso: l'emotività è veramente tanta, quasi inquantificabile.
Quando ho letto il titolo l'ho subito accostato alla canzone spontaneamente e sono contento di aver avuto il piacere di leggere una song-fic veramente curata, corretta grammaticalmente e che possa esprimere lo stile degli Evanescence e della visione di Amy nel dualismo vita-morte, nel provare sentimenti e nell'uscire da situazioni intricate e relazioni possessive e malate.
Quando dico stile Evanescence intendo dire qualcosa di profondamente spirituale, introspettivo e molto ponderato nel linguaggio, sono le parole di una donna vittoriana emancipata accompagnata da un suono di strumenti che si sposano bene con la sua malinconia realista.
Secondo me, quando Amy suona il piano e canta - semplicemente questo, nient'altro - vuole essere diretta e coincisa, parlare di qualcosa che possa arrivare dritto in faccia, quello che sa fare meglio in quanto il pianoforte è proprio il suo strumento e che sa rappresentarla sempre al meglio della sua forma.
L'utilizzo delle parole per descrivere i versi più imponenti, sfacciati e significativi è giustamente controllato in una rabbia e in un'angoscia che fa fatica a scivolare ma che trova la sua via e il suo modo per farlo, concedendo a chi si ritrova in tutto questo di respirare e di sperare in qualcosa di migliore una volta chiuso un capitolo imponente di questo incubo.
Nonostante dal punto di vista musicale il climax (secondo me) si raggiunge quando alterna sussurri e grida di quella parola così maligna quanto pericolosamente potente (hate) e il resto che ne segue è una degna discesa di sensazioni pure di rivalsa, le tue frasi migliori le ho trovate più azzeccate ed espressive specie all'inizio.
Parlo principalmente del verso del primo ritornello dove si parla di morte con l'arresa e in quello della condizione di avvelenamento stando nel sole, dove si maschiano lacrime, sangue, veleno, tutte cose che devono circolare per poi fuoriuscire e dare modo all'anima una tregua e un'idea di ciò che fare successivamente... e penso vivamente che tu abbia gestito meglio l'essenza di Amy in quella frase, è il punto più alto per me.
Magnetico il finale, quasi aperto a nuove avventure e sensazioni simili ma mai uguali, in quanto lasciate indietro tramite la composizione di questo pezzo e della sopravvivenza ottenuta tramite quella forza che spesso ci contraddistingue nel buio e nella debolezza per poter sfiorare la luce di nuovo, un qualcosa di puro come è giusto che sia, al quale prova ad aspirare la maggior parte della gente.
Per Amy è un continuo tuffarsi pienamente in oceani nuovi, provare a scavare negli abissi, sentirsi sempre senza respiro e provare da sè a ritornare a galla senza problemi, senza quella bombola d'ossigeno che la renderebbe più sicura: sembra un qualcosa di puramente utopistico e tanto rischioso ma che la rende unica nel provare emozioni ed esternarle una volta scampata ad un nuovo pericolo diverso dal precedente.
Complimenti per l'idea e per la tua incisività stilistica e grazie per avermi regalato un momento di lettura non indifferentemente intrigante.

Un abbraccio forte,

Watashiwa