Ciao, cara!
Ho appena finito di leggere questa storia e devo dire che ne sono rimasta enormemente affascinata. Innanzi tutto, apprezzo molto il tuo modo di scrivere fluido, semplice ed efficace, apprezzo l'uso di parole un po' auliche e anche di espressioni in latino e apprezzo tutte le citazioni - volontarie o involontarie che siano - che questo scritto mi ha portato alla mente.
Innanzi tutto, il fatto che tu scriva riguardo la Russia mi ha davvero colpita molto perché, ormai, non ci sono quasi più persone che lo fanno o anche che leggono autori russi (o almeno, io ne conosco davvero pochissime). Ti dirò che ho trovato il tuo stile molto simile a quello di un autore russo che asoro particolarmente, che è Michail Bulgakov, e questo mi ha fatto apprezzare ulteriormente la tua storia.
La citazione iniziale del sopravvissuto mette un po' i brividi, ma solo perché, a mio parere, è una dichiarazione forte: io, al posto di questa persona, sarei nella depressione più totale sapendo morte le altre persone che mi circondavano, che conoscevo, mentre io sono rimasto vivo. Direi che comincerei a chiedermi "perché io?", mentre invece costei - o costui - asserisce che vuole soltanto vivere. È una frase forte che credo mi rimarrà impressa per un bel pezzo e dà anche un tocco più realistico alla storia, un qualcosa che la riallacci alla realtà.
Ma, passando alla trama, adoro il modo in cui hai impostato il racconto: l'ansia iniziale, i ricordi che assalgono Mikhail mentre aspetta il suo contatto, le considerazioni sulla nuova Russia guardando i ragazzi che entrano nel bar e poi l'arrivo e la conversazione con Akunin, tutto segue una linea precisa e tutto viene scritto in modo assolutamente impeccabile, anche se io ti farei un solo appunto, e cioè quello dei tempi verbali: alcune volte parli al passato e altre al presente. Capisco che parli al passato dei ricordi che ha Mikhail, però anche quando parla con l'imprenditore o quando arriva il barista a portargli la vodka, nelle parti fuori dal discorso o dai "flashback" di Mikhail, a volte usi il presente e a volte l'imperfetto. Ecco, ti direi solo di rivedere questa cosa perché poi la storia mantiene una linea perfetta. Mi piace il modo in cui apri e chiudi il tutto, quasi come un cerchio, con la frase "il cinema è l'oppio dei popoli" (che, tra l'altro, mi ricorda la citazione di Marx "la religione è l'oppio dei popoli" e direi che anche la tua resa è reale e assolutamente attuale, quindi adoro questa tua scelta) e mi piace anche tutto il clima di tensione che crei all'arrivo di Akunin.
A proposito di lui, poi, volevo dirti che mi ricorda tantissimo il libro "L'educazione siberiana" di Nicolai Lilin, quella storia dei tatuaggi che segnano tutta la tua vita e tutto quello che hai fatto, esattamente come è sempre stato in Siberia, appunto. E ho apprezzato anche questo punto perché quel libro mi aveva colpito e anche questa tua attenzione per i particolari ha fatto altrettanto.
Poi devo dire che ho paticolarmente apprezzato anche la metafora della Russia come un vitello grasso che pasce sulle nuvole: questa frase mi ha ricordato i quadri di Chagall che ho visto alla mostra qui a Milano un paio di settimane fa e, anche se non c'erano i vitelli che pascevano sulle nuvole, ho visto di capre che suonano i violini, mucche volanti e unicorni multicolore (ovviamente tutti simboli) e quest'espressione da te usata mi ha ricordato per analogia un paio di queste opere. Non so se era tua intenzione fare questo parallelismo, ma comunque lo hai fatto e anche questa è stata una delle cose che mi ha fatto alquanto invaghire della tua storia.
Comunque, passando avanti, devo dire che sei veramente brava a creare un clima di ansia e tensione, credimi, non molti ci riescono, ma il modo in cui hai scritto dei pensieri di Michail e della sua rabbia mi ha coinvolta tantissimo. Ho quasi sentito la sua rabbai dovuta alle provocazioni dell'altro scorrere nelle mie vene e mi sono indignta, arrabbiata e sentita insultata con lui. Comunque, quella promessa fatta alla fine, unita ai ricordi di Vasilij e del sopravvissuto nel letto d'ospedale che sussurra i suoi ricordi all'orecchio del giornalista, mi ha fatto venire la pelle d'oca: è un uomo coraggioso, il tuo Mikhail, un uomo che non scende a compromessi e che è al servizio della verità. Nonostante trovi affascinante il personaggio di Akunin (il "cattivo" è sempre affascinante, purtroppo), direi che il giornalista, alla fine, riesce a vincere tutta la mia stima, così come te che ne sei la genitrice!
Lodo tantissimo il modo in cui questo racconto ricorda che la verità è essenziale e non possiamo farne a meno e ti lascio con un'ultima citazione che mi ha ricordato il tuo racconto: quella del mio film preferito, "L'attimo fuggente", esattamente nel pezzo in cui Todd recita quella poesia sulla verità che è come una coperta che non ti coprirà mai tutto eppure tu non puoi farne a meno, così come tu scrivi (cito la frase dal testo) "La consapevolezza che la finzione è una coperta corta e logora che non ha il diritto di mascherare la realtà gli aveva dato un senso di vertigine". Davvero, mi hai colpita tantissimo, sei molto brava e credo che meriteresti ancora molte altre lodi da parte mia, solo che, a quest'ora, potrei finire per scrivere soltanto idiozie a vanvera e non è il caso.
Spero che questo discorso sconclusionato, alla fine, vada a parare dove deve, e cioè sul fatto che sei un'ottima autrice a parer mio, nonostante quel piccolo problema con i tempi verbali. Davvero, hai la mia stima, ed è raro che qualcuno la conquisti così!
Sicuramente leggerò presto qualcos'altro di tuo e intanto inserisco questa storia tra le ricordate o le preferite, non so (ma credo più la seconda opzione) e ti lascio sperando che questa enorme recensione non ti dia fastidio per quanto è lunga e/o prolissa: sono fatta così, non so spiegarmi con poche parole e in più sono fin troppo precisa e di solito dico tutto tutto tutto quello che penso fino alla fine, come in questo caso.
Ancora tantissimi complimenti e a presto.
Sid |