Bene, passata l'abbuffata di cibo a Pasquetta, torno a saziarmi di buone letture proseguendo con i succulenti capitoli della tua storia (mi sto finalmente avvicinando al pareggio *.*)
Prima di soffermarmi sulle vicende costì narrate, voglio spendere qualche parola sul lessico di alto uso presente soprattutto nella parte iniziale dello scritto. I termini tecnici da te adoperati, quali loriche, oplita, panoplia, fanno intendere che quanto scrivi non sono argomenti riguardo i quali non hai alcuna cognizione di causa (come capita ad altra gente che scambia la mitologia di Saint Seiya per quella ufficiale o non si informa manco su ciò che scrive, rendendo il racconto paradossale, ma glissiamo...), bensì denotano una padronanza di linguaggio eccelsa accompagnata dalla tua cultura in materia di antichità e affini. Rendono forse un po' difficoltosa la lettura a chi non è avvezzo a certe parole, ma proprio se uno è puntiglioso e va a cercarsele al momento sul dizionario perché vuole capire meglio come si svolge la scena descritta, dato che nel complesso il tutto si intuisce adeguatamente.
Oltre al campo semantico tipico di guerrieri e corazze a cui attingi, se ne ritrova un altro ancor più pregnante, quello della distruzione. Esso richiama proprio il senso di deflagrazione cui si assiste e ci si aspettava di trovare con l'entrata in scena del rissoso Ares e le sue lingue di fuoco biforcute (qui spenderei un'intera recensione solo elencando tutti i doppi sensi in cui Rosaline potrebbe trovarle gradevoli, ma sono una figlia giudiziosa. Laida, ma con senso della misura u.u). Tornando alla devastazione di Rodorio, sembra proprio di trovarsi all'interno di un disaster movie dell'Asylum e sai quanto io adori tali capolavori!
“Nessun addestramento da Cavaliere, pensò furioso ed angosciato insieme, sarebbe stato bastevole per dar loro il potere di fronteggiare la sequela di avvenimenti che erano accaduti.”
Oh eccolo qui, finalmente esplicitato in tutta la sua crudezza! Mi fa molto piacere che tu abbia voluto rimarcare un particolare magari banale, ma da cui spesso veniamo tratti in inganno (io per prima ammetto di averlo messo da parte molteplici volte accusando Algheb di essere immaturo e fondamentalmente un pirla, ma che ci posso fare se mi sta antipatico a pelle? u.u): l'impossibilità di prepararsi alle atrocità perpetrate in guerra, non capire quanto quest'ultima sia abominevole e ben lontana dal considerarsi epica finché non la si prova sulla propria pelle. Inutile mascherarla dietro appellativi quali “Santa” perché combattuta in nome di Athena (o altre divinità, riallacciandomi a situazioni del nostro tempo), è uno schifo a prescindere; ciò vale tanto per i civili coinvolti, quanto e soprattutto per i guerrieri allenati a combattere. Ricordo che, in risposta ad una mia recensione, riferendoti a delle testimonianze di soldati americani tornati dal Vietnam scrivesti “Ebbene, anche loro erano ragazzi addestrati a combattere e ad odiare i loro nemici. Eppure nessun addestramento fu bastevole a prepararli per quello che poi si trovarono ad affrontare. […] E videro morire tanti altri come loro, sia nelle loro fila che in quelle nemiche, videro ragazzi piangere e chiamare la mamma mentre cercavano di tenersi dentro le budella, falciate da una scarica di mitragliatrice.” Appena ho letto di Otis, costretto a udire le grida strazianti del fratello, mi sono subito tornate alla mente le tue parole. Direi quindi che il concetto su cui mi sono focalizzata non ha bisogno di ulteriori chiarimenti.
Teokoles. Certo una bella dissonanza questo nome con il personaggio cui è affibiato. La traduzione letterale potrebbe essere più o meno “nano del dio”, ma dalla descrizione che ne fai il saint della costellazione di Eracle non mi pare decisamente tale! Immagino quindi tu non glielo abbia assegnato in virtù del suo significato, bensì forse perché è un personaggio della serie Spartacus. Ho indovinato?
Fantastica la scena in cui Ares taglia distrattamente la gola a Otis. Ok, fantastica non è magari il termine adatto, però mi ha colpita in positivo (qui rischio di passare per haggy, quindi se vuoi mantenere un'immagine utopica di tua figlia non proseguire oltre e passa al prossimo paragrafo). In nome del realismo che tanto sbandieri e ben trasponi nella tua opera, quello mi è sembrato il gesto più naturale da fare e imho anche “misericordioso” da parte di Ares in fondo, data la piega presa dalla situazione. La vita di Otis ormai si stava spegnendo, tanto valeva garantirgli una morte veloce dopo il dolore provato nella rottura della spina dorsale. Paradossalmente mi fanno più impressione le parti in cui descrivi lo spezzarsi d'ossa che non le morti in sé; sarà perché l'ho provato sul mio corpo? Se ripenso ancora ai dolori provocatimi dalla caviglia fratturata mi sento svenire.
Oddei, Justin di Andromeda! JUSTIN! *momento frivolezza mode on* Per un attimo ho immaginato Giustino Biberon nelle rosee vesti di Andromeda... … ...vabbè, con disdicevoli risultati che ora non sto qui a riportare va xD Però il fatto di averlo nominato nella tua fanfiction mi fa quasi temere che tu volessi rendergli in qualche modo tributo ed onore. Mi disconoscerei come figlia se le cose stessero davvero così!
In questo caso quasi apprezzo l'autoritarismo mostrato da Rosaline, che sprizza pacato furore bellico da tutti i pori e non si perde in convenevoli ora che il pericolo è alle porte (paura eh, franscesina delle mie brioches? u.u). Mi sono fatta un filmino con Vaios che alza timidamente la manina per avere il permesso di intervenire e Athena che smette la sua veste profumata svelando un completino da sadica maestrina frustino munita con cui bacchettarlo, per concludere il tutto con il povero Sagittario impaurito in un angolino a dondolare autisticamente. Ok ok, mini-viaggi mentali a parte, inforco i miei occhiali e torno seria, data la gravità degli eventi del capitolo.
La fasciatura al braccio della dea, ancor prima del prodigio cui assistono Febo e Vaios, ci fa intuire che presto entrerà in scena il divino cloth di Athena. Yeah! Sarebbe ora che venga usato non solo come ninnolo a cui far prendere polvere. L'altro oggetto che invece il Pontefice Iulius deve nascondere all'Altura delle Stelle sono forse le giare contenenti le ceneri delle armature dei Dodici Furiosi d'Ares? Perché se così fosse mi auguro che il Gran Sacerdote non faccia una brutta fine (almeno per ora).
Ecco che compare un Hector munifico nell'elargire giustizia a destra e a manca secondo la sua personale visione, dolcino! “Questo Athena aveva ordinato, questo lui avrebbe fatto. Ancora una volta, Excalibur avrebbe dispensato giustizia.” Da brividi le due brevi frasi con cui l'hai perfettamente tratteggiato, rendono con estrema precisione il tratto più marcato dei custodi della Decima Casa, ovvero l'intransigenza più cieca. Anche l'attuale detentore della suddetta cloth come al solito si dimostra rigoroso e superbo, appellandosi come il più valente e fedele dei cavalieri d'Athena, in fondo è una caratteristica di tutti i Capricorni presenti nelle opere appartenenti al mondo saintseiyano. Immagino che questa idealizzazione di sé venga tramandata da maestro ad allievo fin dai temi del mito, ma per un attimo mi sono chiesta come sarebbe un Capricorno attanagliato dai dubbi sul suo sistema di valori o lungi dal vanesio orgoglio tipico dei suoi predecessori. Insomma, diverso da Shura che ha capito solo all'ultimo quanto la sua assoluta fiducia negli ordini imposti da un superiore lo avesse in realtà allontanato dalla Giustizia che anelava di servire. Diverso fin dall'inizio. Ma forse non potrebbe esistere a prescindere o più probabilmente non sarebbe adatto a ricoprire tal ruolo.
Focalizzandomi nuovamente su Hector, trovo che il mondo in cui l'hai caratterizzato sia perfetto. Quest'aitante andaluso appare in tutto e per tutto come un'inflessibile macchina da guerra, contrasta non poco con l'idea paciona che solitamente si ha degli spagnoli, calienti e molto emotivi. Anche il fatto che per lui il nemico sia solo un bersaglio avvalora la descrizione da te fornita, stile Terminator non si fa scrupoli ad eliminare tutto ciò che si frappone fra lui ed il suo obiettivo, come nel caso del bambino suo malgrado presente allo scontro. A suo avviso la vita umana ha un'importanza futile rispetto alla nobile causa che serve. Ti dirò, per quanto straziante la morte del fanciullo, non mi aspettavo da Hector condotta diversa da quella tenuta, visti i preamboli qualsiasi altra azione sarebbe stata una forzatura del personaggio. Non lo si può proprio definire un paladino, o meglio lo è in senso assai distorto, dato che comunque egli assurge la propria figura a livello del più strenuo difensore di valori e ideali, come ben rimarca nel suo sbotto improvviso contro la madre del figlioletto trucidato.
“Ecco cosa succede a farsi creare una corazza da Hades. La mia Veste Divina non si sarebbe fatta nemmeno un graffio”
Puahahahahah, sono morta nel leggere Ares che si lamenta della corazza forgiata da Hades! Mi ha ricordato Sirio ne “La Mamma di Crystal”, che ritiene il suo scudo indistruttibile mentre in realtà è una cinesata xD Questo capitolo è più bipolare di Puccio cavolo, mi fa stare in ansia e al contempo ridere sguaiatamente! Solo tu sei capace di ciò, lode a te papy *beg.
Adesso però mi tocca bacchettarti un po'. La mia prima reazione al discorso di Hector su Excalibur è stata la seguente (visto che l'avevo già scritta prima di notare la tua pecca la riporto fedelmente): “Oh, finalmente una degna descrizione per la lama insita nel braccio del cavaliere del Capricorno. Porca paletta, ma Kuru-mangiocagoriso non pensa mai ad un caspio?!? Anche se Excalibur etimologicamente parlando potrebbe benissimo essere un nome affibiato alla spada anticamente, ben prima che la leggenda di Artù venisse narrata dai bardi almeno, mi pare ovvio che Champagnino abbia usato quel nome riferendosi all'antico re di Britannia. Per fortuna ci sei tu, che sistemi le sue lacune egregiamente.” Ero insomma entusiasta del tuo operato, ma ecco che noto una tua affermazione secondo la quale Excalibur non c'entra nulla con la Grecia; di primo acchito a molti può sembrare calzante, eppure così non è. Quindi, se me lo consenti, vorrei permettermi di spendere due parole riguardo l'origine del nome della lama di cui si fa vanto il saint della Decima Casa, a tuo uso e consumo (o anche dei lettori se può loro interessare) per dissentire con quanto hai detto. Lo so, potrei evitare un papiello di digressione più lungo della recensione in sé, però a volte mi fisso su questo aspetto dei vocaboli, nel caso non si fosse capito :P In più mio cugino mi ha sempre fatto una testa tanta riguardo Artù e compagnia bella perché è un appassionato del Ciclo bretone e quindi mi sento un cicinin in dovere di mettere a frutto tale background per dire la mia almeno riguardo quanto ho appreso. La tua sete di conoscenza spero ringalluzzisca al termine della lettura ^^
Mio cugino afferma che Excalibur significhi “lama possente”, anche se non vuole mai rivelarmi le sue fonti (“altrimenti ti dovrei uccidere” ha sempre risposto a seguito di ogni mia rimostranza), ma da quanto ho potuto capire dalle sue poche info in più deriva dalla lingua druidica. Per quanto possa essere un adorabile cazzone su certe cose so che posso fidarmi di lui, col tempo comunque mi sono stancata e ho deciso di documentarmi per conto mio.
Premetto che se tu avessi spulciato Wikipedia, tanto per citare il più comune strumento di “sapere” del nostro tempo, già un piccolo dubbio ti sarebbe dovuto sorgere. Non che spieghi granché, ma almeno ha il merito di accennare quanto vado di seguito ad esplicare. C'è effettivamente tra gli studiosi un dibattito aperto (e secondo me senza alcuna possibilità di chiudersi) sulla questione del ceppo linguistico dal quale derivi il vocabolo, se esso sia ascrivibile al latino o al sassone. Vero anche che fu Geoffrey of Monmouth a rendere di uso comune la parola Excalibur associata alla figura di Artù nell'Historia Regum Britanniae, basandosi su scritti dei primi cronisti britannici e su narrazioni popolari, contornando l'opera con materiale leggendario e fantastico. L'unico riconoscimento che gli si può tributare è stato di trasporre in latino tradizioni celtiche, benché le abbia arrangiate in maniera da far conciliare le fonti e spesso reinterpretate a scopo politico. Ciò indica che vi era già una preesistente “Excalibur”: Geoffrey utilizzò Caliburnus come adattamento del gallese Caledfwlch (letteralmente “spada possente”, quindi ecco che mio cuggggino non mi stava pigliando per i fondelli), riprendendo dal latino classico “chalybs”, che significa acciaio. Caledfwlch (o Caledbwlch) è una spada citata nel Mabinogion, un gruppo di testi in prosa provenienti da manoscritti gallesi medievali, contenenti fra l'altro numerose reminiscenze mitologiche e antichissime tradizioni (risalenti all'Età del Ferro) che hanno alcune corrispondenze con quelle dell'Irlanda. Infatti si associa spesso tale arma con la Caladbolg, conosciuta per i suoi incredibili poteri e impugnata da diversi eroi del Ciclo dell'Ulster.
La versione finale della parola deriva da successive varianti di Caliburn(us) in lingua romanza. Si veda il “Ciclo in vulgata” seguito dal “Post-Vulgata”, una serie di romanzi in francese appartenenti al ciclo arturiano composti da autori anonimi, in cui compare Escalibor ed interessanti anche perché danno una spiegazione fantasiosa riguardo l'origine del termine: si afferma che esso si rifà ad un vocabolo ebraico il cui senso è “che fende il ferro, l'acciaio e il legno”. A questi Thomas Malory si riallaccia per scrivere “Le Morte d'Arthur”, nella quale definisce la spada Excalibur (che rimarrà poi tale fino ad oggi) e il suo significato “Cut steel”, cioè taglia-acciaio.
Piccola considerazione: alla luce del fatto che dare un nome alle spade era un'antica usanza e visto soprattutto il papiello precedente, a mio parere non si può ricondurre Excalibur in maniera riduttiva unicamente a Re Artù, bensì si può definire come il frutto di un'opera di rimaneggiamento delle leggende preesistenti, cosa che spesso accade quando un autore vuole trasporle su carta.
Tornando a riflettere sulla parola in sé, ritengo molto più azzeccata per questa discussione l'etimologia latina rispetto a quella sassone sopra esposta (che ad ogni modo è in parte contaminata dalla latinizzazione operata da Geoffrey of Monmouth). Vi è una teoria secondo la quale Escalibur sia una sorta di crasi delle parole latine “ensis caliburnus”, ossia la "spada calibica", ad indicare che venne forgiata da fabbri Calibi, un antico popolo stanziato a seconda delle fonti in Anatolia o nella Scizia, in ogni caso quindi nelle regioni attorno al Ponto Eusino (Mar Nero). Si dice che essi scoprirono il ferro e ne portarono l’uso fra gli uomini; già nella tradizione greca questa mitica popolazione era famosa per la lavorazione di quel metallo e dell’acciaio (ad essa viene infatti attribuita l'invenzione della siderurgia), oltre che per la gestione delle miniere. Χάλυψ, il nome della tribù in greco, significa proprio "ferro temprato, acciaio", un termine passato in latino come chalybs, "acciaio".
Con tutte queste informazioni, mentre ti stavo scrivendo la recensione (ci ho impiegato un po' di giorni a prepararla per essere sicura di non scrivere minchiate), ho partorito una mia ipotesi per correlare i miti greci e celti e correre in aiuto alla coerenza della tua storia. Estrapola Excalibur dal solito contesto arturiano in cui sei abituato a vederla, ma immaginatela comunque come un'arma prodigiosa della tradizione gallese (in fondo Asgard e Barca della Vergine sono la dimostrazione che fin dai tempi del mito non esistevano esclusivamente gli dei greci e vi era un'eterogenea presenza di divinità nel mondo, per cui nessuno ci vieta di pensare che in Britannia e Irlanda avessero le proprie). Magari Athena aveva sentito parlare di questa leggendaria spada e voleva fare dono ad uno dei suoi paladini di un'arma con caratteristiche simili. E a chi chiedere di creare un tale prodigio? Tralasciando Efesto, con cui sappiamo la dea non aveva ottimi rapporti dopo il suo tentativo di strapparle brutalmente la verginità, a chi altro chiedere se non ai migliori fabbri conosciuti all'epoca? Ed ecco entrare in gioco i Calibi! Non mi è difficile credere che Pallade si fosse rivolta al popolo di ferrai per eccellenza per forgiarla.
Ricorda inoltre che all'inizio i saints non possedevano le cloth e combattevano a mani nude, per questo il Capricorno non possiede una spada vera e propria, bensì essa è inclusa nel suo braccio. Certo, c'è la statua nella Decima Casa che testimonia l'assegnazione di Excalibur al suo Custode, però quella immagino sia una rappresentazione simbolica o forse esisteva davvero fisicamente, ma egli non poteva usarla per il solito motivo che Athena vietava l'uso delle armi nei combattimenti, perciò la lama era solo un simbolo del potere che la dea stava conferendo ad uno dei suoi prediletti.
Che poi chi te lo dice che a quell'epoca il saint non avesse origini irlandesi, inglesi, gallesi o vattelapesca e abbia deciso di omaggiare la sua terra natale dando alla spada nel suo braccio un nome simile all'originale rifacendosi in parte al greco χάλυψ? Insomma, vi sono mille possibilità per cui a mio parere può essere plausibile la presenza di Excalibur nel racconto.
In conclusione, non mi ha mai neanche minimamente sfiorata l'idea che Champagnino si sia informato in maniera così approfondita riguardo Excalibur da arrivare a decretare che poteva inserirla tranquillamente in un contesto dove prevale la mitologia ellena senza essere tacciato di incongruenza; secondo me ha dormito sonni più che pacifici alla facciaccia nostra e dei soldi spesi per rimpolpare le sue tasche, ma in questo caso non mi è possibile insultarlo gratuitamente a cuor leggero, non prima almeno di aver mangiato un Kinder Bueno (badum tsssssh!)
Dopo tutto questo parlare di Excalibur torniamo al capitolo in sé o rischio che mi tacci di plagio per il magniloquente bla bla bla a cui stavolta io ho costretto te e non il contrario :P
Povero Vaios, mi fa quasi pena. Può essere che stavolta un Sagittario non mi sia inviso?
Era ovvio che Febo non avrebbe mantenuto la promessa fatta al collega, si intuiva sin dal primo scambio di battute fra loro. Angelo sul volto, demone nel cuore. Il contrasto apposto nel dipingere prima un Gemelli rispettoso della vita dei compagni, andando a coprirne i volti martoriati con il mantello, e poi un sadico che uccide perché ne ha voglia la dice lunga su quanto sia “schizzato” il tipetto.
Fino all'ultimo sono rimasta col fiato sospeso nel cercare di intuire l'identità dello sconosciuto, quando poi ha finalmente rivelato essere Harlan di Pegaso sono saltata sul divano. Alla faccia del plot twist! E mò qui ti voglio Vaios: riusciranno le parole di un saint rinnegato a fargli aprire gli occhi riguardo la vera natura della Guerra Sacra?
Come al solito con i tuoi scritti sei capace di scatenare in me emozioni contrastanti: da una parte la voglia irrefrenabile di rimettermi a scrivere, perché la tua vena creativa mi ispira a più riprese, d'altro canto il desiderio opposto, ovvero quello di smetterla di slambiccarmi per continuare la mia storia, visto che mi inibisci con la bellezza dei tuoi capitoli.
Rinnovo i miei complimenti una volta di più al tuo genio papy! Un bacione :* |