A volte, il complesso processo della respirazione umana viene interrotto.
Spesso accade a causa di eventi tanto significativi da avere quasi il potere di assorbire tutto l'ossigeno, lasciando la povera vittima incapace di portare a termine quella che altrimenti sarebbe un'azione oggettivamente involontaria e priva di qualsiasi difficoltà.
Ogni persona, inoltre, è particolarmente predisposta a questo strano - eppure comune - fenomeno; quello che varia è il motivo scatenante, l'avvenimento per cui tutti noi, almeno una volta, abbiamo trattenuto il respiro.
Così è definita, nel linguaggio comune, la tendenza umana a rimanere immobile di fronte a qualcosa di sublime - nell'accezione Romantica del termine - o di terrificante, anche se la differenza che passa tra i due vocabili è quasi nulla.
Tutti hanno una passione. E quando quest'ultima diventa tanto intensa e incontrollabile da diventare una ragione di vita, ecco, qui sono quasi certa di poter dire che questo diventa il punto di non ritorno, l'istante in cui ci rendiamo conto di essere vulnerabili, deboli di fronte a ciò che più ci piace, e che ci fa Emozionare.
Oggi si parla di Emozione con un accento quasi mondano.
Essere sensibili, predisposti a commuoversi, è praticamente diventata una moda. Apparire è diventata una moda. La moda è diventata una moda.
E nessuno si rende più conto di quanto la superficialità corrode l'animo, rendendolo al contrario duro e freddo di fronte a ciò che davvero dovrebbe stimolare emozioni.
Ma, diciamocelo sinceramente, cosa significa oggi emozionarsi?
Non credo di poter dare in tutta oggettività la risposta. Ma sono ferma nell'affermare che l'emozione è sempre più spesso utilizzata per fini commerciali, per dare un tocco di verità al mondo di finzione che abbiamo il rammarico di osservare tutti i giorni.
Per questo motivo, la mia passione, quella davanti a cui mi sento infinitamente debole, che provoca in me i sopracitati fenomeni, è quella della lettura.
Leggendo, la mia mente si popola di pianeti, stelle, Lune e Soli, cinti tutti insieme dai tanti personaggi dei miei libri. Leggere riesce a farmi emozionare veramente, e spesso i virtuosi autori che hanno con tanta dedizione impresso parole sopra bianchi fogli mi permettono di calarmi nel loro mondo colorato, contrastante con la monocromaticità dei loro scritti.
Discorso diverso è per le fanfiction.
Odio utilizzare questo termine. O, perlomeno, lo odio quando mi trovo costretta ad associarlo a romanzi come "I Frutti Dell'Oblìo", oppure le tante altre belle storie che ora sono tutte site nel mio cuore.
Fiction è una parola inglese, che nasce nel XVII secolo in Inghilterra con il significato letterale di "Fingere".
Infatti una Fiction niente altro è che una novella, un romanzo, una storia inventata in cui si può far muovere i propri personaggi nel modo che più si desidera. Il prefisso Fan, aggiunto al precedente vocabolo, denota un aspetto più amatoriale del termine. Fanfiction è, infatti, un racconto scritto da autori perlopiù di giovane età che, appassionati da un determinato argomento, danno vita alle loro fantasie.
Ultimamente, però, la parola Fanfiction è sempre più spesso vista sotto un aspetto negativo, per motivi che ogni autore non letteralmente digiuno in materia conosce.
Non darò un mio giudizio sull'argomento, anche perchè questa dovrebbe essere una recensione - e anche qui potrei aprire un lungo discorso - e credo che all'autrice poco importi del mio pensiero al riguardo.
Quello che voglio precisare è che ciò che ho detto fino ad ora è atto a spiegare il motivo per cui io assolutamente e definitivamente non considero questo scritto una Fanfiction, e conseguentemente adatterò la mia recensione ad un libro, non ad un semplice racconto amatoriale.
Credo ora di poter iniziare il mio personale commento.
"I Frutti dell'Oblìo" è un titolo che sin dall'inizio mi ha dato piuttosto da pensare. E' evidente il parallelismo con Baudelaire, ma da quello che ero riuscita ad intuire leggendo il primo capitolo in fretta e furia non sembrava un'opera ispirata ai "Fiori del Male".
Incuriosita, ho continuato a leggere, fino ad arrivare, in pochissimi giorni, alla fine.
"Naruto - I Frutti dell'Oblìo" è un romanzo storico, filosofico e moralista, che descrive in termini idilliaci e quasi aulici il lento progredire della vita umana, dalla perfezione ordinata e la calma del Paradiso, sino al disordine infuocato dell'Inferno, che finisce per dare vita ad un nuovo Paradiso.
E' un ciclo infinito, di cui nessuno ha l'intenzione e il coraggio di chiedere il motivo, o addirittura di ribbellarsi.
L'uomo in questo romanzo è descritto in maniera minuziosa e realistica, rendendo quello che è un mondo puramente fantastico ed inventato, tanto simile alla nostra realtà da rasentare quasi l'assurdo. I Frutti dell'Oblìo è un'Utopia, fondata su rigidi principi gerarchici e morali che nessuno ha il coraggio di infrangere, rendendo il sistema ancora più forte.
E' arduo recensire un'opera di quarantacinque capitoli già terminata e soprattutto così piena di avvenimenti, temi, e personaggi come I Frutti dell'Oblìo, quindi dividerò il commento in due parti, corrispondenti ai due tempi del romanzo.
Parte I.
L'inizio, la descrizione del Ludus e della Ignis Regio, insieme alla ferrea suddivisione delle varie fasce di età dei bambini, mi ha subito fatto pensare ad un carcere. Poco tempo dopo il sistema si è rivelato molto più complesso, e mi resi conto di essermi completamente sbagliata, ma la prima impressione che la negata libertà dei bambini, che giovanissimi vengono strappati alle loro famiglie e portati al Ludus ( sebbene abbiano un discreto margine di scelta, e forse è proprio questo che supera la sottile linea di demarcazione della libertà ), mi ha dato è stata proprio quella di una privazione dei diritti, delle libertà che i bambini per primi dovrebbero avere.
Però, continuando a leggere, mi ha affascinato come, con il passare degli anni, gli "scolari" vengono addestrati a sparare, a pensare, in poche parole a vivere.
Vi ho trovato un'intensa morale filosofica, simile a quella di Socrate. Sebbene siano abituati a non chiedere, a non essere curiosi, i piccoli bambini imparano ben presto a dimenticare le loro origini, spinti dalla curiosità di sapere cosa ci sarebbe stato dopo. Secondo me il motore portante del sistema del Ludus è proprio la curiosità, aiutata dalla paura, dal timore di rimanere soli, che i Magister iniettano nei nuovi arrivati durante il loro primo giorno.
Tutto sembra fatto per funzionare, per far parte di un gigantesco ingranaggio ( e anche qui c'è un che di filosofico ), i cui meccanismi portanti sono proprio loro, i bambini, i quali maturano all'interno del Ludus, abituati ad affrontare qualsiasi situazione, ma ignari della situazione al di fuori della loro "bolla di incoscienza".
E' all'apparenza un sistema perfetto, in cui ognuno svolge la propria parte, ma che, a causa della natura imperfetta dell'uomo, è destinato a rompersi, come poi succederà.
I primi accenni di "ribellione" li ho visti proprio in Naruto, bambino sin dall'inizio portato ad infrangere le regole, bambino di estrema forza d'animo nonostante la sua giovane età. Naruto è un personaggio dalle mille sfaccettature, che l'autrice riesce a far maturare e sviluppare durante tutta la storia ( io credo che questo sviluppo sia possibile perchè la storia è stata scritta durante un ampio lasso di tempo. Maturando l'autore matura anche il proprio stile. ), facendolo passare da bambino a uomo, a profeta.
Sasuke, Sakura, Shikamaru, Kiba, Neji, Ino, Hinata, e tutti gli altri, all'inizio sono stati un poco un mistero ai miei occhi. Sì, la caratterizzazione è perfetta sin dal principio, ma non sono riuscita a capire il loro ruolo fino a quando non è iniziata la saga della Ventii Regio.
Ho apprezzato davvero tanto come l'autrice abbia descritto questi personaggi, che potrebbero parere di contorno, ma che come tutti gli altri hanno una importante rilevanza nella storia. Non è per nulla facile dare a tutti i personaggi - soprattutto se sono così tanti - il giusto contorno.
Parte II.
Dopo il susseguirsi degli eventi che hanno portato il ragazzo-demone Naruto ad essere ucciso dal Rector Kakashi, credevo che il romanzo fosse finito. Devo essere sincera, non avevo notato il numero dei capitoli, e quindi ero sicura di stare avvicinandomi verso la fine di una storia che mi aveva presa nel cuore, sin da quel punto.
L'autrice può immaginare che sorpresa quando mi sono trovata a leggere di tutti i personaggi cresciuti, maturati, responsabili. Secondo me è dall'inizio della seconda parte che inizia la lenta discesa della società verso la rivoluzione.
Ho trovato la seconda parte molto meno aulica e ordinata della seconda, e ciò mi è piaciuto se possibile ancor di più.
E' quasi una ascesa "Dantesca" in senso inverso, se mi si permette.
Comunque, è qui che i rapporti tra Sasuke e Naruto cominciano ad essere più chiari. E' qui che ho capito quando fossero profondamente legati i due, tanto da essere capaci di arginarsi a vicenda perfettamente.
E' qui che le vere personalità di Neji, Sakura, Hinata, Kiba, Kakashi, Tsunade e gli altri vengono a galla, rivelandosi per quello che sono. Deboli, fragili e umane. Ecco, credo di aver centrato il punto della questione. Umanità. E' proprio questo a mio avviso uno dei temi centrali del romanzo. Umanità come crescita, maturazione, società, fratellanza.
Fratelli di destino. Questo sono i protagonisti del romanzo. Fratelli di destino. Perchè, per quanto le loro strade possano dividersi, alla fine il loro fato è comune.
Una cosa che mi ha sorpresa è la presenza dominante di Kankuro, soprattutto negli ultimi capitoli. Sembra essere lì per ricordare la morte di Gaara, il bambino-contenitore, che solo nel momento della sua morte riesce a mostrare la sua umanità.
La decisione di Naruto-Kyubi di distruggere il sistema del Ludus per trovare risposta alle sue pressanti domande è secondo me decisiva. Solamente un personaggio come lui, forte nonostante il destino, avrebbe potuto agire nel modo in cui ha agito, uccidendo i suoi fratelli - sebbene sopraffatto dal demone - per un fine migliore, per tramandare alle generazioni successive il suo forte credo, che poi diventa quasi una legge.
Qui devo ritornare al discorso delle emozioni. Lo sproloquio precedente era per tentare di descrivere cosa ho provato nel momento in cui ho letto la morte di Naruto.
Tentare, perchè non credo ci riuscirò mai. Detto semplicemente, mi sono emozionata, per davvero. Lo stile incalzante è penetrato dentro me, regalandomi il fiume di sensazioni che l'autrice ha racchiuso nelle sue parole per noi umili lettori, che cerchiamo in ogni modo di rendere un FeedBack di ciò che abbiamo provato. Io credo non riuscirò mai nel mio intento.
Naruto, messo a nudo e punito davanti agli occhi interdetti di tutti dalle frustate, in preda alla disperazione e incurante della sua imminente morte rivela i suoi più intimi dubbi, gli interrogativi a cui nessuno prima di allora aveva aspirato di rispondere.
E muore tra il dubbio generale, l'unica certezza l'uguaglianza di tutti. Tutti sono uguali. Questo ho apprezzato tantissimo del romanzo. L'uguaglianza. L'umanità, la crescita e l'uguaglianza.
Credo man mano di star riuscendo a sbrogliare gli intricati fili della tua trama, oppure è solo una mia impressione?
Certo è che questo romanzo resterà lì, sito nel mio cuore.
Le ultime parole di Naruto, il sacrificio di Tsunade, Hiruzen, Gaara, Temari, e dei tanti Custos non verranno mai dimenticati. La determinazione di Sakura, quella di Itachi, che ha sofferto le pene di una vita in prigionia e di una durissima punizione, e il contributo che tutti, chi più chi meno, hanno dato allo sviluppo della trama, fa di questo romanzo un'opera bellissima, da conservare sulla mia libreria ( tutto stampato ), nella mia mente e nella mia anima.
Ho apprezzato tutti i tuoi personaggi, e me ne rammarico se ne ho perso qualcuno, se ho mancato di descrivere qualche avvenimento, ma come ho detto prima è dura recensire quarantacinque capitoli cosi pieni di emozione.
Spero, però, di averti trasmesso almeno una piccolissima parte di ciò che tu hai mandato a me, e alle tante altre persone che hanno letto questa storia.
A voi lettori come me, dico: Leggete questo romanzo, questo capolavoro, perchè, oltre a dilettarvi nell'impeccabile modo in cui è scritto, vi farà riflettere sul significato di vita e libertà, e forse vi cambierà dentro, come ha fatto con me.
Con questo credo sia ora di lasciarti, Kimmy, con l'augurio che EFP non abbia un limite di parole e che questa recensione non sia troppo lunga. Speranze vane!
Grazie per averci regalato tutto questo.
Grazie per avermi fatto emozionare.
Continua a scrivere, hai un talento mostruoso. Un bacione,
Vivvi. |