Ciao!
Finalmente, approdo qui per leggerti e recensirti.
Dunque, la tematica della caduta, in generale, mi è sempre piaciuta, perché comporta un'ammissione di non perfezione e di umanità: a tutti capita di sbagliare, di passare un momento buio della propria vita.
In particolare, mi è piaciuto il senso di oblio e di abbandono che hai descritto, uno smarrimento che sgomenta e che fa paura, perché fa temere il peggio.
Visivamente, si riesce bene a vedere il burrone, l'abisso e l'oscurità che hai descritto, fino all'apoteosi finale del dramma, in cui ripeti per tre volte l'aggettivo "nero", che si presenta come la parola che racchiude il tutto.
Il nero è per definizione l'assenza di colore, quello che assorbe tutta la luce ed è incapace di rifletterla.
Poi, all'improvviso, compaiono le macchie di sangue, rosso vivo che ben si staglia sul fondo nero: è il dolore che sgorga dall'oppresione e dal timore, ma che si qualifica anche come elemento che riscuote la protagonista.
È come se, vedendo il sangue, si fosse accorta di essere ancora viva e, in quanto tale, in grado di poter iniziare la scalata che l'avrebbe portata nuovamente alla luce. Era il segnale che stava aspettando, la ragione che l'ha convinta a non mollare e a rialzarsi.
Anche se, comunque, ha dovuto trovare dentro di sé la forza di volontà, poiché non è intervenuto nessun elemento esterno a ridestarla (e questo è un segnale positivo, perché significa che, volendo, dentro di noi possiamo trovare la forza per andare avanti nelle insidie della vita).
Dal punto di vista metrico, nonostante tu abbia usato il verso libero, ho notato una preferenza dell'uso delle dentali (in particolare la t) che conferiscono un ritmo particolarmente cadenzato, specie nella lettura ad alta voce: le sillabe necessitano di una pausa tra l'una e l'altra, come se si volesse invitare a prendersi il tempo necessario per leggere e assimilare.
Molto carina a disposizione dei versi, che avendo un andamento decrescente, simulano la risalita verso la luce, parola che, messa alla fine, solitaria, simboleggia proprio la riuscita della scalata alla vetta (anche se il percorso va verso il basso e non verso l'alto).
Grammaticalmente parlando, invece, non mi sembra di aver trovato errori di sorta. L'assenza di punteggiatura fa parte dello stile e della licenza poetica, quindi va bene.
In conclusione, posso farti tanti complimenti per aver saputo cogliere i lati più caratteristici di una "caduta", così da consentire al lettore di immedesimarsi durante la lettura e di essere partecipe dello stato d'animo della protagonista.
Saluti,
*Halley* |