Sai, io trovo che un infinito numero di situazioni, persone, luoghi, grattacieli, colori e suoni possano assieme formare il vuoto più assoluto, se capisci cosa voglio dire, così come queste tue parole, così intrecciate, così piene, così unite, così fluide hanno portato in me la sensazione della brezza, degli ampi spazi della campagna di una città affollata, della vertigine che provoca lo sporgersi dal più alto piano di una palazzina. Non è stato sempre piacevole. A volte le pause mi mettono paura. Il vuoto inteso come distanza, che sia quella tra un "ciao" e un "non ora, scusami" o un "ho paura", "tienimi stretto", che sia quella tra un passo e l'altro, o tra il momento in cui penso a che razza di fallimento io sia e quello in cui realizzo che solo io posso cambiare la mia posizione, non è facile cosa con cui avere a che fare. Ma sai, leggere e tenere occupato il proprio cuore nell'impegnarsi a battere ad intervalli regolari può essere la soluzione, per l'horror vacui, intendo.
Lo so, sto divagando. Il punto è che io personalmente non posso impegnarmi a leggere qualcosa di vago, qualcosa di casuale. Posso solo decidermi a leggere storie come questa, storie che pur partendo da un punto fisso come la tua passione per questi due ragazzi francesi, quasi se ne distaccano, e prendono vita propria, e chissà se non sarà così anche per te, chissà se un giorno non ti renderai conto che anche le tue parole raccontano implicitamente la tua voglia di riuscire, la tua voglia di essere sfuggente e allo stesso tempo non fuggire dalle cose, ma piuttosto posarti leggermente su esse, conoscerle a fondo e cercare di portarle con te ovunque tu vada. O forse, come dico sempre, non ho capito niente della vita. Non che sia necessario. Ma insomma, questa matassa di parole che corre corre corre mi ha infuso un senso di continuità, di leggerezza e di gravità allo stesso tempo; il che, è tutto dire, essendo una storia estremamente "spezzettata" nella sua forma. Ma davvero, a parte tutto questo delirio, volevo solo dirti che amo quello che hai scritto. Le loro personalità sono così articolate, così speciali e allo stesso tempo comuni, così distaccate dal contesto in cui si trovano ma allo stesso tempo così desiderose di farne parte, in qualche modo, nonostante la nostalgia di casa, la costante voglia di "tornare" a qualcosa che prima c'era ed ora sembra non esserci più. E com'è dolce il modo in cui nel finale si ritrovano le loro strade, dopo l'ennesimo brusco distacco. Amo i lieto fine, non sto scherzando. Sembra una cosa banale da dire, ma chi ha mai detto che io non sia banale? Infondo le cose adorabili solitamente sono quelle che fanno più ridere, eppure tutti continuano a farle.
Sto divagando di nuovo. Non so quanto ti farà piacere leggere questo puro intreccio di scleri, ma ho appena finito di leggere e devi comprendermi. E' anche colpa dei Sigur Ròs e di "Ekki Mùkk", che sto ascoltando proprio ora per concentrarmi perché continuo a perdere il filo del discorso, ho troppe cose da dire.
Allora, per andare al sodo e accennare alle cose che mi sono piaciute di più (no, non è vero, è solo che ho voglia di fare un elenco): la storia del filo rosso, che conoscevo già e che mi ha fatta sorridere; i tre pensieri di Thomas, sono una cosa geniale; il signor Hajime, la sua personalità, il suo essere e non essere un side-character in questa faccenda, il suo nome che significa tutto (o forse nulla) e ricongiunge Thomas e Guy; la storia del cibo che finisce nel water a puntate; gli amici di Osaka e i loro preconcetti simpatici sui francesi; gli infiniti instancabili monologhi interiori; loro due, il modo in cui i loro corpi inadatti e goffi per un momento sono davvero distrutti e la loro pelle è troppo piccola per contenere quello che si devono dire, il modo in cui si affrontano; le parole che hai usato.
Cito un pezzo che ho amato particolarmente: "È il terzo messaggio che lascia nella segreteria di Paul. Al telefono, la voce preregistrata di suo fratello suona come un sibilo incerto, come a sottolineare un’incommensurabile distanza. Preferisce piuttosto concentrarsi sui i suoi silenzi, sulla maniera in cui prende fiato tra una parola e l’altra, brevi attimi di inconsistenza durante i quali Guy-Manuel non si sente costretto a provare niente." - Il sibilo incerto e la storia della distanza mi hanno lasciata un po' senza fiato. Una di quelle cose piacevolmente inaspettate, come una cacca di piccione metaforica, citando qualcuno a caso.
Okay, direi che la pianto qui. Non sarà stata una critica molto costruttiva ma io ci ho provato. Non ho detto nemmeno un quarto delle cose che avrei voluto dire. In ogni caso, grazie. E come sempre, ci rivediamo sotto le guglie della nostra amata città.
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