È con un po' di emozione che scrivo questa recensione. Sono accadute molte cose negli ultimi capitoli - alcune anche nella vita reale - ed io mi sento irrimediabilmente affezionata a questa storia, tanto da essere triste al pensiero che stia per volgere al termine. Allo stesso tempo però, desidero che finisca, perché muoio dalla voglia di conoscere la sorte ultima dei personaggi.
Avevo lasciato, qualche capitolo fa, Aranel in procinto di compiere un disperato tentativo di strappare la collana dalle fauci del drago. Destinato al fallimento, viene salvato proprio da chi desiderava proteggere. Ho trovato estremamente dinamico il modo in cui, con poche ed incisive parole, hai reso la scena in cui Thranduil si libra nel vuoto, d'impluso, per gettarsi sulla testa dell'animale. Rischiando la sua vita, e mettendo a repentaglio l'unica arma efficace senza pensarci due volte. Persino Thorin, che sino a quel momento aveva ostentato indifferenza, si lascia sfuggire un grido di sgomento, misto di rancore e, forse, preoccupazione.
Questo è un punto controverso, che più avanti si chiarisce, in parte, durante la conversazione tra i due re. Sotto profondi strati di cenere, Thorin sembra provare ancora gelosia nei confronti dell'elfo. E l'atto che questi ha compiuto per il compagno, il fatto che Thranduil abbia messo a repentaglio ogni cosa per Aranel come invece, secondo Thorin, non avrebbe in passato fatto per lui, sembra una lama che lo ferisce più a fondo di quanto egli stesso non abbia il coraggio di ammettere. Che Thorin lo voglia o no, il re degli elfi continua a tormentarlo e, probabilmente, questi sentimenti se li porterà nella tomba, che siano nella forma dell'odio o dell'amore. E infatti il nano si tradisce, rinfacciando a Thranduil una questione sin troppo personale per il contesto in cui essi si trovano: di non averlo mai amato.
Non è un caso neppure che, i sensi acuiti da una involontaria gelosia, Thorin sia il primo ad accorgersi della peculiarità della relazione tra Aranel e Thranduil. "So perfettamente che cos’è, forse persino meglio di te ", dice all'elfo, amareggiato e furioso.
E sono come sempre di parte, ma non ho potuto non provare empatia nei confronti di Thorin, che in questa situazione ha visto rimaterializzarsi tutte le sue ombre passate, e nel peggiore dei momenti. A mio personalissimo parere però, il nano si sbaglia su questo punto. Accecato dal suo orgoglio, dalla sua ira, ma soprattutto dall'errore che lo accompagna sin dalla giovinezza di sovrapporre se stesso alla collettività a cui appartiene, non comprende che, in passato, Thranduil avrebbe probabilmente messo a rischio ogni cosa per salvare lui, ma non per salvare il popolo di Erebor. Un popolo con cui i rapporti erano precari e che costituiva, peraltro, il primo nemico della realizzazione dei desideri del giovane Thorin stesso. Ma questo il nano, probabilmente, non potrà mai comprenderlo.
Vivace e divertente la parte della costruzione della statua d'oro di Thror. Mi è piaciuto come hai rivisitato sequenze note del movieverse rendendole, per somiglianze e differenze, significative per la trama della tua storia. Thorin resta sulle sue, Thranduil al contrario, paziente, finisce per salvarlo una volta di più, trovandosi ancora emotivamente coinvolto forse più di quanto adesso vorrebbe. Significativo come arrivi persino a preoccuparsi dell'incolumintà di Bilbo.
Il momento di sgomento degli elfi e di cupa ironia di tutti gli altri nel comprendere il piano poco astuto di Thorin, invece, mi ha strappato più di un sorriso.
Impossibile non commuoversi per come Aranel abbia deciso di sacrificarsi per Thranduil. Ho amato il modo in cui lo hai inizialmente presentato come un assassinio, regalandoci solo un indizio nel descrivere un Thorin pallido, che "sembrava non saper che pensare della scena a cui aveva assistito". Ma solo in seguito sveli in modo chiaro le tue carte, secondo il disegno dello stesso Aranel. Un piano meravigliosamente architettato, degno di essere il triste canto del cigno di questo personaggio indecifrabile, la cui problematicità è lontana dal risolversi, quale sia il livello interpretativo che si vuole usare. Restiamo così, senza comprendere se abbiamo assistito alla morte del personaggio più meschino o più nobile di tutta la storia, il più coraggioso o il più vile, il più crudele o il più generoso.
Sono state righe dolorose, particolarmente tragico - e molto shakespeariano - il modo in cui l'elfo muore ancora prima di poter sentire le parole di conforto, forse addirittura la confessione del suo amato re. E scrivo "forse", perché sebbene a questi sfuggano le parole "ti amo", resta da capire di che tipo di amore si tratti. Un sentimento complesso, potente ed antico, ma la cui vera natura probabilmente è incomprensibile persino a Thranduil e, a questo punto, resterà per sempre un mistero. Uno di più tra tutti quelli che ancora avvolgono la figura di Aranel.
Quanto a Bilbo, ho amato, come nel film, il suo essere assennato, il suo decidere per la soluzione migliore indipendentemente dal resto del gruppo, tentando di salvare tutti i nani a costo di attirarsi il loro odio. La voce della modernità in mezzo agli scontri titanici dell'epica. Eppure è forse ancor più realistica la sfumatura con cui hai deciso di dipingerlo qui. Il tuo Bilbo è forte, ma anche debole. Si rende conto, a un certo punto, che la situazione è più grande di lui. A differenza del canon, decide di non tornare alla montagna. Riposa, afflitto, nella tenda degli elfi, infisichiandosene di essere controllato, perché ormai non ha intenzione di andare da nessuna parte: ha gettato la spugna. E' rassegnato, e l'unica cosa che risce a fare è pregare Thranduil di salvare Thorin, ripassandogli quella fiaccola, quella responsabilità per la vita del nano che l'elfo stesso gli aveva affidato durante il loro primo incontro. Ma Bilbo adesso comprende di non essere forse mai stato in grado, suo malgrado, di salvare Thorin da se stesso. E, per quanto addolorato, fa un passo indietro, in un misto di innocenza e vigliaccheria, riprendendo, straziato, la posizione di spettatore.
Ma se Bilbo ha forse prevedibilmente fallito, che Thranduil, a questo punto degli eventi, possa ancora riuscire è - purtroppo - tutto da vedere. Considerando anche che, sebbene abbia personalmente tirato un respiro di sollievo quando la collana lo ha sollevato finalmente dal pericolo di vita, il sovrano è ancora confuso e incerto, provato dalla morte del suo più caro amico. Non è detto, dunque, che riesca a trovare in tempo la forza, oltre che la volontà, necessaria per risolvere una situazione così drammatica.
Vorrei spendere qualche parola anche per il personaggo di Fili, le cui azioni mi rassicurano e mi preoccupano al tempo stesso. Egli trova il coraggio di disobbedire a suo zio e prendere in mano la situazione, comportandosi come un vero re dovrebbe. Ma avrà la forza di questo compito, o rischia di essere tradito dall'ingenuità dei suoi buoni sentimenti?
Le fila sono tutte intrecciate. E c'è anche un'altra questione, sottile come uno spettro, che hai nascosto tra le righe e non sembra promettere nulla di buono.
Ti abbraccio, con la trepidazione e l'affetto di sempre (e forse anche un poco di più!^^).
Orlando |