Recensioni per
Ave atque vale, frater
di Letsneko_chan

Questa storia ha ottenuto 7 recensioni.
Positive : 7
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
03/11/15, ore 02:50

Storia molto particolareggiata e ben costruita. Si vede che hai una conoscenza approfondita della materia, ma usi il tutto con naturalezza, amalgamando la Storia con la tua invenzione.
Tito è l'eroe romano, colui che mette davanti la patria a tutto, Publio è solo troppo giovane.
Recensione premio per il contest "Nei tuoi occhi "
(Recensione modificata il 03/11/2015 - 02:51 am)

Recensore Master
06/10/15, ore 21:57

Nona classificata al contest “Quasi inedite – III edizione”: Ave atque vale, frater, Letsneko_chan
 
Grammatica e stile: 10,4/15.
“...e capofamiglia di una famiglia caduta nell’oblio...”
Ripetizione. Potresti dire “patriarca”, ma poi riprenderebbe la parola “padre”, quindi non so. Però, così non sta bene. (-0,25)
“Erano i primi a dire che la pietas veniva prima di tutti...”
Questo che ti segnalo non è un errore, però tutte le altre parole latine le hai scritte in corsivo, quindi ho pensato di suggerirti di fare lo stesso con questa, perché di primo acchito potrebbe sembrare un errore. È più una questione di forma, ecco. (-0,1)
Che ne dici, eh padre mio?”
Dopo “eh” ci andrebbe la virgola, così come l’hai messa anche prima. (-0,1)
Ciao fratellino!”
Come sopra: prima del complemento di vocazione serve la virgola. (-0,1)
E sebbene fosse suo fratello il giovane che singhiozzava...”
Hai chiuso un inciso dopo “piedi”, che andrebbe aperto prima di “sebbene”. (-0,1)
“...conficcò una spada davanti a quello...”
Quest’espressione non mi convince, è poco consona alla compostezza dello stile. Sembra esserci del disprezzo – che peraltro sarebbe anche adatto al contesto – però è comunque un po’ stridente. “Gli conficcò” potrebbe essere una soluzione. (-0,25)
Tito non rispose, limitandosi a fare un cenno con il capo e Publio...”
Anche in questo caso non hai chiuso l’inciso aperto dopo “rispose”, e la virgola andrebbe dopo “capo”. (-0,1)
“...quella spada che il fratello gli aveva conficcato davanti.”
Hai già espresso questo concetto, e poco più in alto, per cui magari cambiare almeno il verbo “conficcare” potrebbe eliminare quel vago senso di petulanza che le parole ripetute pari pari possono causare. (-0,25)
 “...sul corpo portava i segni [...] il sangue macchiava tutto il corpo.”
La frase è un po’ lunga, quindi ho riportato solo gli estremi; comunque, nonostante questo, c’è una ripetizione abbastanza evidente. (-0,25)
“...chiedendosi se si fossero macchiate anche del sangue di Publio...”
Ripetizione anche qui: usi il verbo “macchiare” anche nella frase appena precedente. (-0,25)
Era certo che, in futuro, ogni volta che avrebbe visto il suo riflesso, non avrebbe potuto...”
In questo caso è abbastanza preferibile il congiuntivo “avesse” (però nel parlato, effettivamente, almeno dalle mie parti, si usa di più il condizionale). (-0,3)
Perdonami Tito...”
Manca la virgola prima del vocativo. (-0,1)
“...stringere il corpo senza vita di quello...”
Anche qui ti dico ciò che ho già detto poco più sopra: quest’espressione, in particolare in questa frase (perché il disprezzo che poteva essere giustificabile prima adesso certamente non lo è), è troppo secca, sprezzante. Piuttosto fuori luogo, ecco. (-0,25)
Hai avuto un grande coraggio, sai Publio?”
Manca anche qui la virgola prima del vocativo. (-0,1)
Accarezzò i capelli del fratello prima che, con mano tremante, afferrò la spada – quella che aveva conficcato davanti agli occhi di Publio – e l’accostò al petto.”
Questa frase suona piuttosto male. La locuzione “prima che” non mi sembra la più adatta, e in realtà nemmeno l’indicativo per “afferrare” e “accostare”. Potresti usare “prima di” e lasciare i verbi all’infinito. (-0,3) (-0,3)
“...stringeva spasmodicamente l’elsa della spada.”
Dici “spada” anche una riga più in alto, quindi trovo che in questo punto sia più che sufficiente dire “elsa” e basta. (-0,25)
“...stringendo la mano sull'elsa.”
Anche qui. (-0,25)
Ho poi notato che talvolta vi sono frasi troppo lunghe, con un susseguirsi di complementi (in particolare vi sono molti “che”, di complementi relativi), che danno un fastidioso effetto di apnea. Ti riporto un esempio qui sotto, ma è una cosa che ho notato più volte disseminata nel testo.
“Ma Tito se n'era andato, lasciandolo nelle mani del destino che in quel momento prendeva la forma di quella spada che il fratello gli aveva conficcato davanti.” (-0,5)
La seconda cosa che voglio dirti, e che probabilmente si collega anche all’abbondanza dei “che” sopracitati, è che spicca qualche punto un po’ ridondante. L’esempio più evidente che posso farti è quello che ti ho evidenziato anche qui sopra, dell’elsa della spada, ma ce ne sono altri nel testo. Ti parlavo di nuovo dei complementi relativi perché secondo me il ragionamento che fai è lo stesso, ovvero riprendi il complemento della frase prima e lo giri a soggetto in una specie di catena molto salda che, è vero, è uno dei metodi più efficaci per non far perdere al lettore il filo del discorso, ma è anche un po’ ripetitivo e rischia di... beh, “annoiare” mi sembra un termine un po’ forte, perché la storia è tutto tranne che noiosa, ma, insomma, si notano tutti questi concetti così ripetuti. (-0,5)
 
Caratterizzazione scena e/o personaggi: 10/10.
Ci sono due cose importanti da dire in questo parametro: la fedeltà e la verosimiglianza alla Storia da un lato, e il rapporto tra fratelli sempre in questo particolare contesto dall’altro... che sono abbastanza un tutt’uno, se si vuole fare un discorso unico, ma nella mia testa sono distinti.
Andiamo con ordine. Credo non sia semplice costruire un rapporto umano senza evadere in alcun modo dai fatti storici, eppure sei riuscita a raccontare in modo fedele una parte di ciò che accadde e al contempo inserire dei personaggi umani – nel senso di dotati di molte emozioni, perché alla fine sono queste che contano nel racconto. Trovo che sia un grande punto a tuo favore, perché spesso capita che gli autori cambino qualche dettaglio per poterlo adattare la storia. Tu, invece, hai adattato i personaggi alla Storia e l’impressione è davvero di un altro livello (non so se i tuoi Publio e Tito siano dei Publio e Tito in particolare, ma il discorso può valere in qualsiasi caso perché mi riferisco alla parte introspettiva).
Per quanto riguarda il rapporto tra i due, mi sembrano davvero ben inseriti. C’è il dovere verso i propri ideali – sentiti o incerti che siano – che vince su qualsiasi cosa, e l’ho apprezzato perché spesso nei libri si studiano fratelli uno contro l’altro che arrivano a uccidersi per la patria, per il senso del dovere (nei tempi più recenti anche per ambizione e crudeltà, ma questo è un altro discorso) e mi è piaciuto come tu abbia sfruttato la cosa. Tanto più che il finale, oltre a tutto questo, va a ricongiungersi anche con l’amore per la famiglia.
È davvero una storia ben costruita e non ho potuto che darti il punteggio massimo, perché da ogni aspetto mi sembra davvero ben studiata e combaciante. Brava.
 
Gradimento personale: 3,5/5.
Devo confessare che, su questi argomenti, sono una grandissima ignorante. Non ho fatto il liceo, e all’istituto tecnico non si fa latino – né tantomeno si approfondisce la storia, se non un po’ quella più recente. Quello che so, e non è molto, è dato dal mio interesse personale. Scarseggiando anche il tempo, da quando ho iniziato l’università, pure quello è andato sfumando.
Questa era una doverosa promessa per spiegarti il punteggio non elevatissimo che ti ho dato. Principalmente, non essendo infarinata abbastanza, non ho potuto apprezzare appieno ciò che hai scritto, sebbene le note alla fine della storia siano state molto esaustive (e mi siano piaciute, perché ho un debole per le note chilometriche, soprattutto se piene di tecnicismi e riferimenti). Mi sono sentita un po’ in soggezione, ecco, e la cosa ovviamente non ha potuto non influire, almeno qui. È forse il motivo per cui il genere storico non è quello che spulcio di più sul sito, sebbene mi affascini da morire.
È anche vero, però, che la storia sia molto bella a prescindere da questo mio senso di inadeguatezza. Si vede che ti sei approcciata all’argomento con una certa deferenza, e traspare molto dalle tue parole, che rendono la storia oltremodo affascinante (oltre a tutto ciò che ho detto nella parte relativa alla caratterizzazione, che è secondo me una delle cose più importanti).
Una lettura diversa dai soliti standard dei contest (dei miei, almeno), ma un piacevole cambiamento.
 
Eventuale bonus per le recensioni: 0,2/1.
 
Totale: 24,1/31.

Recensore Junior
08/08/15, ore 18:05

Contest "Storie già raccontate... per essere riascoltate!"
Terzo classificato

Ave atque vale, frater, di Letsneko_chan 
Grammatica : 6,88 \ 7 
Questa storia, che è scritta molto bene, presenta quasi esclusivamente errori di punteggiatura. 
- Esempio : “Tutto ciò che intravide, furono gli stendardi con le insegne romane disporsi sul campo di battaglia”; in questo caso la virgola rallenta la lettura e non è necessaria; sarebbe meglio ometterla e la frase suonerebbe così: “Tutto ciò che intravide furono gli stendardi con le insegne romane disporsi sul campo di battaglia”. 
“Per tale motivo, non vide una radice che fuoriusciva dal terreno e v’inciampò”. Stesso discorso qui: la virgola spezza quello che dovrebbe essere un discorso continuato e che non ha bisogno di nessuna interruzione. 

Un'altra segnalazione che devo farti riguarda questa frase : “Un piccolo drappello, poco distante da lui, camminava lentamente, chiamando il suo nome. Sorrise mesto, riconoscendoci dei compagni”. Riconoscendoci è sbagliato; la forma giusta è riconoscendovi. 

A parte questi errori la storia è scritta davvero bene ed è la lettura è molto scorrevole. 

Trama : 9\10 
La trama mi è piaciuta molto: spicca per originalità e per il modo in cui hai deciso di sviluppare la storia. Anche il lessico da te adottato ha contribuito a creare un'atmosfera perfetta che porta il lettore ad immedesimarsi quasi nei tuoi personaggi e a sentire il loro dolore sulla propria pelle. 
La tristezza di cui questo racconto è intriso è memorabile e meritevole. 
Davvero un ottimo lavoro! 

Caratterizzazione del personaggio : 10\10 
Non ho assolutamente nulla da dirti per quanto riguarda il modo in cui hai caratterizzato Publio e Tito, perché è perfetto e assolutamente completo. Tutti i loro pensieri e le loro azioni hanno contribuito a dar vita a dei personaggi reali, ben diversi da quelli romanzati. 
Ti sei meritata il punteggio pieno in questa categoria! 

Gradimento personale : 9\10 
Questa storia mi è piaciuta tantissimo sia per la trama che per il modo in cui hai descritto i tuoi personaggi, dotandoli di grande coraggio ma anche debolezza: per essere credibili, i personaggi delle storie devono essere umani. 
Credo che questa sia la più grande richiesta che ho e sei riuscita ad accontentarmi. 
Sono molto felice di aver scoperto un'autrice brava come te. 
Hai fatto davvero un ottimo lavoro! 

Totale : 34,88 \ 37

Recensore Master
16/07/15, ore 06:47

Quinto classificato – Ave atque vale, frater
Di Letsneko_chan
 
Sintassi, ortografia, punteggiatura
Hai una grammatica molto solida, tanto che gli errori sono davvero pochi e riguardano per lo più l’uso dei segni di interpunzione.
Ti segnalo, a livello sintattico, solamente questa frase:
 
Avrebbe voluto che anche in quel momento Tito fosse lì […]
 
Per ragioni legate alla consecutio temporum, avresti dovuto utilizzare il congiuntivo trapassato – fosse stato – invece che quello imperfetto, essendo il verbo della principale al condizionale passato ed essendo al passato remoto tutta la narrazione.
 
Per quanto riguarda i segni di interpunzione, ti cito alcuni spezzoni in cui l’utilizzo è errato o impreciso:
 
«Che ne dici, eh padre mio?»
 
«Ciao fratellino!»
 
«Perdonami Tito…»
 
«Hai avuto un grande coraggio, sai Publio?»
 
Per prima cosa, ci sono dei casi in cui le virgole devono essere obbligatoriamente inserite, come, per esempio, in presenza di interiezioni – proprie o improprie – e di complementi di vocazione. La prima frase che ti ho segnalato contiene l’interiezione propria eh. Tu hai giustamente inserito una virgola prima dell’interiezione, ma hai dimenticato di metterla anche dopo. Nelle frasi seguenti, fratellino, Tito e Publio sono tutti complementi di vocazione. Tali complementi, come le interiezioni, devono essere seguiti da una virgola se si trovano all’inizio dell’enunciato, devono essere preceduti da una virgola se si trovano alla fine dell’enunciato, devono essere seguiti e preceduti da una virgola se si trovano in posizione centrale.
Ho notato inoltre che tendi a usare molto, nei discorsi diretti, i puntini di sospensione. Essi vanno bene quando fai pronunciare le battute a Publio in punto di morte – evidentemente affaticato – però, a mio avviso, dovresti evitarne l’utilizzo quando non sono strettamente indispensabili, cioè quando non designano, appunto, una sospensione del discorso. Per esempio, quel «Perdonami Tito…» poteva benissimo concludersi con un punto fermo. Non si tratta ovviamente di un errore grave, però a volte si tende ad abusare dei puntini di sospensione, facendoli diventare quasi un’alternativa alla pari di altri segni di interpunzione. Essi hanno invece un ruolo ben preciso ed è bene non utilizzarli quando al loro posto si possono inserire segni più indicati.
 
Ti segnalo, infine un piccolo refuso:
 
Accarezzò i capelli del fratello prima che, con mano tremante, afferro la spada […]
 
Hai digitato per sbaglio la o senza accento.
9/10
 
Appropriatezza lessicale e stile
La tua storia mi ha convinta sia dal punto di vista delle scelte lessicali che stilistiche.
Certo, non hai usato particolari artifici retorici, né una sintassi complessa, per cui lo stile risulta piuttosto semplice; ma, comunque, trovo la tua scelta apprezzabile, nonostante l’argomento e l’ambientazione avrebbero, a mio avviso, richiesto qualcosa di più sostenuto. Mi piace come hai impostato il racconto, alternando in maniera piuttosto equilibrata dialoghi, narrazioni e introspezione, senza che la lettura risultasse appesantita dalla preponderanza degli uni o delle altre.
Ovviamente, è a livello lessicale che la tua storia vince su tutti i fronti – giusto per rimanere in un clima bellicoso –: l’aver inserito molte espressioni e parole latine, corredate delle giuste note esplicative, ha senza dubbio conferito qualcosa in più al racconto, che ne ha tratto giovamento non solo dal punto di vista puramente lessicale, ma anche per quanto concerne la realisticità dell’ambientazione. Ottima la scelta di utilizzare i vocativi latini nei dialoghi tra i due fratelli: tutto ciò rende molto più realistiche le battute.
A tal proposito, apprezzo anche molto il fatto che tu abbia utilizzato il latino solamente nei discorsi diretti o nei pensieri dei personaggi, non nella narrazione vera e propria – eccezion fatta per quell’Hostes, che, comunque, è perfettamente calzante: se avessi esagerato con i latinismi, probabilmente la leggibilità della storia sarebbe risultata compromessa.
9/10
 
Trama: originalità e sviluppo
La storia romana è talmente ricca e intensa, oltre che lunga, da essere caratterizzata da tantissimi avvenimenti più o meno noti. Per questo, indicendo un contest dedicato solo al genere storico, pur sapendo che avrei potuto ricevere più racconti riguardanti Roma, dalle origini alla caduta dell’impero, immaginavo che difficilmente tali storie avrebbero riguardato proprio tutte lo stesso periodo storico.
Tu hai scelto probabilmente uno degli avvenimenti più famosi della storia di Roma, non fosse per altro che alla congiura di Catilina è legata l’ascesa politica, avvocatizia e letteraria di Marco Tullio Cicerone. Le testimonianze riguardanti questo particolare evento sono tantissime, a tal punto che è piuttosto facile costruire una storia originale dalla trama coerente incentrata, appunto, sulla celeberrima congiura di Catilina.
Ciò, però, non sminuisce affatto il tuo lavoro: innanzitutto avresti potuto decidere di scrivere proprio sul protagonista indiscusso della vicenda, il tanto lodato/detestato Catilina, riducendo il tuo racconto quasi a un saggio storico; invece, hai preferito correre il rischio di inventare dei personaggi tuoi e di creare attorno a loro una storia coerente e credibile, ottenendo, a mio avviso, un buon risultato. Se, infatti, il rischio maggiore che si corre nel collocare dei personaggi storici in contesti storici è quello di non restare fedeli all’ambientazione, è anche vero che, qualora un autore riesca nell’impresa, il risultato è molto più apprezzabile.
La trama della tua storia, costruita appunto attorno alle vicende legate alla congiura catilinaria, è intrisa di originalità e di sentimento: come poteva essere piuttosto normale all’epoca, trattandosi di una guerra civile, lo scontro tra l’esercito romano e l’esercito di Catilina ha visto contrapporsi anche dei parenti – a tal proposito, ottima la citazione finale del Bellum Catilinae – e ciò ha senz’altro prodotto nei soldati quantomeno un forte turbamento interiore.
Tu hai voluto mettere l’uno contro l’altro due fratelli, legati dal sangue ma divisi negli ideali, simili per aspetto, ma diversi nei valori e hai di fatto messo in scena l’aspetto peggiore e maggiormente drammatico delle guerre civili: il dover affrontare, e magari uccidere, una persona cara.
La tragedia che si consuma nel tuo racconto era immaginabile fin dall’inizio, dato lo strettissimo legame di parentela tra i due soldati avversari; eppure, lo ammetto, ero convinta che a perire sarebbe stato solamente Publio. Il piccolo – per me – colpo di scena finale mi ha leggermente spiazzata, ma, al contempo, mi ha fatto apprezzare ancora di più la tua storia.
Mi piace come hai costruito la trama e il senso profondo dell’epilogo: hai saputo unire con maestria, storia, sentimento e drammaticità.
9,5/10
 
Caratterizzazione dei personaggi
Nonostante la brevità del racconto, hai saputo creare dei personaggi ben definiti, dotati ognuno di una personalità sviluppata e coerente. Il legame tra Publio e Tito, instauratosi praticamente con la nascita del fratello minore, viene descritto attraverso le fasi più importanti della vita dei due protagonisti: la loro infanzia/fanciullezza, quando Tito si occupava di Publio ed era un esempio per il più piccolo; e la gioventù, quando i due fratelli si trovano ad avere ideali incompatibili e a compiere scelte radicalmente diverse.
Publio, probabilmente, si lascia illudere dalle promesse di gloria e di ricchezza elargite da Catilina – credo che la frase En illa, illa, quam saepe optastis, libertas, praeterea divitiae, decus, gloria in oculis sita sunt; fortuna omnia ea victoribus praemia posuit, da te citata, ne dichiari l’intento – eppure, trovandosi di fronte Tito, dimostra di essere una persona fragile, tanto che viene vinto dal tremore.
Il fratello maggiore, al contrario, sembra avere una tempra guerriera maggiormente sviluppata, oltre a una devozione a Roma forte a tal punto da gettare una spada di fronte a Publio per farlo suicidare. Egli, ovviamente, lo fa anche per difendere l’onore della propria famiglia: è chiaro che anche il padre e gli avi dei due protagonisti sono o sono stati fedelissimi alla Patria.
Tito, però, non vuole davvero la morte del fratello o, per lo meno, essendo consapevole di quanto essa sia inevitabile, desidera anch’egli perire, una volta messa in tasca la vittoria. Il suicidio è senza dubbio un atto di grande coraggio da parte del giovane e il fatto che avvenga comunque dopo la sconfitta dell’esercito di Catilina, indica però che Tito tiene davvero alla salvaguardia di Roma. In fondo, avrebbe potuto farlo anche prima, ma ha comunque preferito combattere rischiando di uccidere un fratello a cui tiene tantissimo.
Ottimo lavoro, davvero!
10/10
 
Sviluppo del contesto storico, attinenza, ambientazione
Sicuramente, attraverso il tuo racconto e alla chiarezza delle note esplicative, hai dimostrato di essere molto appassionata del contesto storico di cui ti sei occupata. Non hai lasciato nulla al caso e anche le numerose citazioni letterarie in latino contribuiscono a rendere la storia molto più ricca di dettagli.
Il contesto storico, insomma, è sviluppato molto bene e tutti gli elementi inseriti nel testo sono attinenti a ciò che noi tutti conosciamo circa la congiura di Catilina.
Probabilmente, l’unica carenza che ho riscontrato riguarda lo scarso numero di descrizioni relative all’ambientazione: Pistoia viene nominata solo alla fine e non spendi troppe parole per parlare del campo di battaglia o dell’atmosfera che si respira tra i congiurati. La storia, in realtà, va benissimo anche così, nel senso che risulta comunque completa praticamente sotto tutti i punti di vista; diciamo che a mancare è la ciliegina sulla torta, quel qualcosa in più che avrebbe dato maggior sapore alle vicende narrate.
9/10
 
Gradimento personale
Come avrai certamente capito, la tua storia mi è piaciuta molto.
È vero: ciò dipende anche dal fatto che ho studiato abbastanza dettagliatamente la storia romana e che, aggiungendoci anche qualche esame di lingua e letteratura latina, sono incappata più di una volta nelle vicende legate alla congiura di Catilina. Ho già avuto modo di esprimermi circa l’originalità che ho colto nel tuo racconto e credo che sia superfluo da parte mia ripetermi; però credo che sia giusto farti presente anche qui quanto la storia di Publio e Tito mi abbia piacevolmente sorpreso.
Credo che tu abbia un’ottima penna e che tu sia anche molto precisa quando scrivi – il cospicuo numero di note inserite lo dimostra chiaramente – per cui, di fatto, hai delle ottime potenzialità.
Aggiungendo qualche descrizione “strategica” sicuramente otterresti un risultato ancora migliore.
Comunque, i miei complimenti.
Tot.: 46,5/50

Nuovo recensore
27/05/15, ore 21:00

Pistoia. Una città. Mille feels. Mi odiate, tu e Pistoia. ç.ç

Bellezza buona sera!  Mh.. sarà la.. decima volta che leggo questa shot? Penso proprio di si! L'ho seguita passo passo mentre la scrivevi e sono orgogliosa di te e della bellissima storia che hai scritto, sei un geniaccio in queste cose
In primis.. amo il tuo modo di scrivere e amo la scelta del periodo storico (tutte cose che sai già ma sh ♥ c: ).
Publio e Tito sono l'emblema di come la congiura abbia diviso le famiglie romane, lacerandole internamente:  Catilina trascina con sè i più deboli - nel caso di Publio - e insomma tutto il resto della popolazione Romana scontenta e poco affidabile - a detta di Sallustio- e li mette contro parenti, familiari, amici che - intransigenti - difendono la res publica e il mos maiorum.. però anche se Tito fa parte di quella parte di Romani fedeli fino allo strenuo allo stato alla fine si rende conto che forse prima dello Stato veniva la famiglia, che forse per una volta essere egoisti - anche solo un po' - è l'unica soluzione possibile per poter vivere seneramente.. la visione di Publio è qualcosa di straziante perchè nonostante tutto il fratello più grande sperava che fosse fuggito, che avesse avuta salva la vita o che almeno fosse sopravvissuto e vedere il più piccolo a terra, in fin di vita è la goccia che fa traboccare il vaso e che lo spinge a compiere l'ultimo gesto estremo.. neppure il più intransigente dei romani può rimanere indifferente di fronte alla morte di un familiare, di qualcuno che si ama e neppure i litigi precedenti sono in grado di cancellare l'amore fraterno e la disperazione per la perdita di una persona cara.. e in fine la drammaticità con cui accosti la descrizione dell'ultimo addio fra i due fratelli e i ricordi che assalgono Tito è fenomenale. 
Devo aggiungere altro? Ceh.. ci sarebbe tanto altro da aggiungere e ci sarebbe da sclerare davvero tanto perchè la adoro questa storia *^*
Ancora bravissima tesoro ♥, un bacio! **

PS: Sempre colpa di Catilina è.. in un modo o in un altro :c 

 

Recensore Junior
24/05/15, ore 21:44

Un racconto molto intenso che fa riemergere l'atmosfera di quell'epoca e il dramma di due fratelli divisi per sempre da idee e principi diametralmente opposti e inconciliabili. Struggente e di.forte impatto la scena finale della storia dove i due personaggi principali trovano nella morte la perduta unione.
Ben fatto e alla prossima,
​Sopherl :-*

Nuovo recensore
23/05/15, ore 22:10

Impressionante.
Non saprei che altro aggiungere; questo racconto esprime alla perfezione il dramma della guerra civile di cui il fratricidio è l'emblema, l'esempio più straziante.
A mio parere non solo hai saputo ricreare molto bene l'atmosfera che probabilmente si respirava in quei giorni tragici, ma hai anche rispettato lo spirito di Sallustio che, nel de catilinae coniuratione, tenta di mostrare il punto di vista dei congiurati oltre che quello di Roma.
Leggendo mi sarei aspettata che il racconto si concludesse con la morte di Publio, magari per mano del fratello Tito, eppure sono stata felice di constatare che alla fine Tito, pur rispettando la consuetudine che prevedeva che I vincitori prendessero le armi dei vinti, sceglie di uccidersi e lo fa proprio con la spada che ha appena sottratto al fratello morto.
Non solo, muore addirittura tenendolo per mano.
Questo gesto riaggiusta Il legame tra I due fratelli divisi dalla guerra e, simbolicamente, anche la frattura all'interno della società di Roma.
La decisione di Tito vuole forse essere un monito, un'estrema protesta contro la crudeltà della guerra: cosa potranno mai contare la patria, l'onore, il mos maiorum e la virtus romana difronte al dolore e all'amore di un fratello?
Ok penso di aver sezionato (dilaniato?) a sufficienza il tuo racconto, probabilmente ho frainteso tutto e lo ho caricato di significati che forse non gli volevi dare..in tal caso per favore perdonami e correggimi.
Posso in fine chiederti come ti è venuta l'idea di scrivere questa storia?
Ottimo lavoro
Lila