Recensioni per
Post finem resurgo
di wildbeauty

Questa storia ha ottenuto 4 recensioni.
Positive : 4
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
16/07/15, ore 06:49

Sedicesimo classificato – Post finem resurgo
Di Wildbeauty
 
 
Sintassi, ortografia, punteggiatura
Non è semplice valutare la grammaica della tua storia – segni di punteggiatura in particolare – poiché hai scelto uno stile di narrazione inconsueto, che in alcune parti prevede una sorta di flusso di coscienza. Gli errori che ti segnalo, dunque, sono estranei alle scelte stilistiche che hai portato avanti negli spezzoni tra parentesi.
Cominciando dalla sintassi, ci sono alcuni errori, sicuramente di battitura, che creano delle mancate concordanze tra soggetto e aggettivo/verbo. Inoltre, ti segnalo anche un’imprecisione riguardante la concordanza dei tempi verbali:
 
[…] durante il quale aveva trovato la casa una coperta protettiva.
 
A chi cercava di consolarti rispondesti che non era il suo primo lutto da madre e tutti tacevano.
 
Nella prima frase, il soggetto sottinteso è tu, per cui il verbo principale non può essere alla terza persona singolare ma alla seconda persona singolare.
Nella seconda frase ci sono due errori: il primo riguarda la consecutio temporum – il verbo rispondere si riferisce a un’azione che avviene in contemporanea al verbo cercare, per cui anche rispondere deve essere coniugato all’indicativo imperfetto –, mentre il secondo contiene un errore di accordo tra aggettivo e nome – ti stai riferendo alla protagonista in seconda persona, perciò il lutto non è suo ma tuo.
 
Per quanto riguarda l’uso della punteggiatura, ho notato che, in generale, tendi a usare poco le virgole. Ti segnalo soltanto un paio di esempi:
 
Forse se fossi nata in un'altra epoca saresti stata felice.
 
Quando tuo marito era tornato era notte fonda tu non dormivi.
 
Nella prima frase, io utilizzerei le virgole per separare il forse iniziale dalla prima parte del periodo ipotetico – protasi – e anche per dividere la protasi dalla seconda perte del periodo ipotetico – apodosi. Il risultato sarebbe il seguente: forse, se fossi nata in un’altra epoca, saresti stata felice. Da tenere presente, inoltre, che la seconda virgola che ti ho suggerito è obbligatoria in quanto la proposizione-complemento – se fossi nata in un’altra epoca – è anteposta alla reggente – saresti stata felice.
Nella seconda frase, la virgola andrebbe messa tra tornato ed era, per distinguere, come prima, la principale dalla subordinata. Inoltre, quel tu non dormivi necessita di un segno di interpunzione forte – come il punto fermo – oppure della congiunzione e. Non lo si può lasciare scritto in quel modo segna alcun tipo di punteggiatura o di congiunzione poiché non ha alcun legame sintattico con il periodo precedente.
7,5/10
 
Appropriatezza lessicale e stile
Il tuo stile è piuttosto complesso e originale, ma credo che tu debba ancora imparare a gestirlo per bene. Innanzitutto, ho notato che hai deciso di narrare in seconda persona, al tempo passato.
È una scelta molto coraggiosa, la tua, poiché estranea al tipo di narrazione canonica. Focalizzare il tutto sulla seconda persona ha, come conseguenza principale, il fatto che il carattere del personaggio risulti enfatizzato e approfondito con molta più introspezione. Insistere molto sul tu, infatti, comporta un’analisi psicologica maggiore del protagonista, la cui mente viene sviscerata in maniera più complessa che non narrando la stessa storia in terza persona o in prima persona.
Per questo, in linea di massima, trovo vincente l’idea di affidarsi alla seconda persona.
A non convincermi, nella tua storia, è il modo in cui hai utilizzato le parentesi tonde, inserite con lo scopo di creare interazione tra il narratore e la protagonista. Il fatto è che, in realtà, la narrazione stessa, essendo in seconda persona, crea da sola questo contatto. Mi pare, insomma, che inserire questi ulteriori pensieri/fatti/riflessioni e, soprattutto, farlo utilizzando le parentesi, aumenti soltanto la difficoltà nella lettura. Sicuramente, il tuo è un tentativo molto originale, però non mi pare che abbia semplificato la comprensione del testo.
Al di là diò, nonostante la storia sia molto breve, sono comunque presenti diverse ripetizioni:
 
Matrimonio. Gamos. Ti aveva sempre affascinato la parola. Il suo primo significato, il più noto, è quello di matrimonio. Avevi presto capito che non indicava altro che una mera parola, un nome per indicare lo stato coniugale. Nient'altro. Il secondo significato era il più illusorio fra tutti: festa nuziale. Non avevi certo capito che la festa non era per matrimonio, ma per l'affare.
 
(e poi ammettilo: c'è sempre lei dietro tutto. L'Invidia ti lacera quando ci pensi. Ammettilo)
 
Molti giudici tendono a considerare le ripetizioni un errore di tipo grammaticale. In realtà, la grammatica italiana non vieta affatto le ripetizioni: se si tende a evitarle è, più che altro, per ragioni stilistiche – in fondo, l’enorme varietà del nostro lessico, permette agli autori di scegliere tra un’ampia varietà di opzioni.
In alcuni casi, le ripetizioni sono necessarie per la comprensione del testo; in altri, come in questo, sono dovute più che altro a una carenza di attenzione da parte dell’autore. Quando un racconto non è particolarmente lungo, è bene cercare di inserire più sinonimi possibile.
Dal punto di vista lessicale, la storia non ha difetti: hai usato bene le parole del vocabolario italiano – a parte le già citate ripetizioni – e hai inserito anche termini propri del greco. Quest’ultima cosa, in particolare, l’apprezzo molto in caso di racconti di genere storico.
7,5/10
 
Trama: originalità e sviluppo
La tua storia parla delle condizioni di vita di una moglie ateniese intorno al 400 a.C. Di questa categoria di donne, sappiamo che avevano dei margini di libertà e di scelta praticamente nulli. Hai analizzato la vita di questa signora cominciando dai suoi sogni di bambina, dalle sue aspettative per il futuro, dal significato della parola gamos che cambia accezione man mano che la tua protagonista si avvicina all’età adulta e comprende quale sia davvero il suo ruolo nella società.
Nella tua storia non manca nessuno dei cliché tipici di un matrimonio infelice: una donna che non ha voce in capitolo praticamente su nulla, un marito dispotico che vede la propria moglie soltanto come un oggetto per il sollazzo e una produttrice di eredi, un’amante giovane e bella che delizia il marito, un drastico desiderio di vendetta e di libertà.
Da questo punto di vista, non vedo molta originalità poiché, oltretutto, all’interno della narrazione non sono compresi molti dettagli. A mancare, a mio avviso, sono gli elementi caratterizzanti questa donna e la sua famiglia nello specifico. È vero: si parla di due aborti – o morti premature; questo, oltretutto, non è molto chiaro – ma, al di là di ciò, non si sa nulla di più circa la vita della protagonista. Che cosa l’ha indotta a non rassegnarsi al proprio destino? In fondo, quella era la condizione comune di tutte le donne ateniesi ed ella era stata educata fin da bambina a dover essere di proprietà di qualcuno.
L’impressione che ho tratto è che ci siano troppi luoghi comuni in questa storia: saresti stata più originale se avessi ipotizzato una matrimonio comunque forzato, ma magari in cui l’uomo avesse una personalità più definita e meno stereotipata.
In questo caso, infatti, credo che la caratterizzazione dei personaggi incida molto anche sull’efficacia della trama. L’intreccio è buono, per carità, però manca di originalità.
7/10
 
Caratterizzazione dei personaggi
Come ho già avuto modo di dire, la caratterizzazione dei personaggi non è, a mio avviso, sufficientemente approfondita. Utilizzando la seconda persona singolare per la narrazione, hai dato molta enfasi al personaggio principale del tuo racconto, rendendo molto più realistiche le sue emozioni; tuttavia, mi pare comunque che della donna si sappia poco, che tu non abbia dato abbastanza spazio ai suoi sogni, alle sue speranze, alle sue aspettative e al suo modo di vivere il matrimonio. Ella si limita, infatti, a subirlo e basta. Perché? Perché prima di puntare all’omicidio del proprio marito non ha pensato a scappare di casa, a trovarsi un amante o a farsi, anche clandestinamente, una cultura? In fondo, di lei sappiamo che, in parte, un minimo di istruzione l’ha ricevuta.
A convincermi poco è anche il marito, che in questo caso è anche l’antagonista del racconto: mi pare sia troppo facile, quando si parla di matrimoni combinati, descrivere l’uomo come una sorta di mostro. Chissà, magari egli si comporta in questo modo perché avrebbe voluto sposare un’altra donna o, magari, non avrebbe proprio voluto sposarsi. Insomma, la cattiveria gratuita, ancor più della bontà angelica, mi sembra un pessimo punto di partenza per creare un personaggio credibile. La mente umana, in fondo, è ricca di sfaccettature e anche colui che può apparire come la più crudele delle bestie magari, in fondo al proprio animo, nutre dei sentimenti positivi. O, comunque, dietro agli atteggiamenti che manifesta, cela dei perché.
Il finale della storia mi piace: la donna, alla fine, convinta anche dalla morte del figlio, trova il coraggio di liberarsi del marito. Ci sta come epilogo, visto anche il modo in cui hai caratterizzato i personaggi; però, in effetti, anche questo finale non brilla di originalità e tale mossa è abbastanza prevedibile. A tal proposito, verrebbe da chiedersi come mai il marito non abbia pensato che la moglie potesse ucciderlo.
A mio avviso, avresti dovuto lavorare con più attenzione alla caratterizzazione dei personaggi.
7/10
 
Sviluppo del contesto storico, attinenza, ambientazione
Il contesto storico è sviluppato molto bene.
Hai scelto di ambientare la storia ad Atene, intorno al ‘400 a.C. e hai scelto di trattare la condizione delle donne. Tale tema è molto caldo e, infatti, hai pensato bene di contrapporre il ruolo femminile nella società ateniese rispetto al ruolo femminile nella società spartana. Il risultato è, a mio avviso, felice: hai messo bene in risalto il concetto di “donna proprietà dell’uomo” e lo hai fatto raccontando la storia di una coppia infelice. Certo, come ho già avuto modo di dirti, il fatto che tu abbia stereotipato in questo modo i tuoi personaggi non mi ha convinta del tutto; tuttavia, relativamente all’attinenza storica e all’ambientazione geografica, tale scelta risulta vincente.
Magari, avresti potuto inserire qualche dettaglio in più circa la quotidianità ateniese del ‘400 a.C – sarebbe stato interessante leggere una sorta di slice of life storica, tanto più che la trama del tuo racconto è incentrata su un matrimonio –; però, al di là di ciò, il risultato finale non è affatto male.
Anzi, direi proprio che meriti un punteggio alto.
9/10
 
Gradimento personale
Di questa storia ho apprezzato particolarmente la scelta di narrare in seconda persona e l’insistenza sull’infelicità della donna ateniese, privata della libertà di scegliere che cosa fare della propria vita. Al di là di ciò, la storia presenta dei difetti che, a mio avviso, precludono delle ottime possibilità di successo del racconto stesso: i personaggi cadono in molti cliché e, per quanto concerne questi ultimi, il più stereotipato risulta essere il marito.
Di fatto, già leggendo le prime righe, il finale della storia appare prevedibile, senza che l’omicidio risulti essere un vero colpo di scena. Tutto ciò è un peccato: innanitutto, perché il racconto è comunque breve e, proprio per questo, i personaggi risultano ancor meno approfonditi; secondo poi, la trama appare noiosa. L’originalità è fondamentale, soprattutto quando si scrive un testo di genere storico: il rischio, altrimenti, è quello che la propria storia assomigli a un’altra, senza che nessuna delle due abbia degli elementi davvero caratterizzanti.
Infine, un piccolo appunto circa il titolo: perché lo hai scritto in latino? Non che ci sia nulla di male, per carità, ma la storia è ambientata in Grecia, terra che ha una propria lingua, un proprio alfabeto, e un’enorme tradizione letteraria. Personalmente, nel caso in cui io avessi dovuto scrivere una storia sull’antica grecia e non avessi saputo/voluto usare la lingua greca, avrei optato per l’italiano. Quella del latino mi pare una scelta fuori luogo.
Tot.: 38/50

Recensore Junior
13/07/15, ore 11:57

Uno spaccato privo di fronzoli e romanticizzazioni di un periodo ed una cultura che, molto spesso e molto a lungo, è stata inquadrata come l'epoca d'oro dell'umanità. Ma forse, questo diventa comprensibile anche se si riflette soltanto sulla situazione che hai descritto: l'oggettificazione e il commercio - come l'hai giustamente - definito - della donna continuano ad oggi, e così diventa facile, per chi non li subisce, ascriverli alla normalità. Sono rimasta particolarmente colpita dalla parte in cui la protagonista riflette sugli effetti dell'educazione paterna, ché è lì che si assicura la continuazione di questa realtà e una donna si ritrova spesso ad accudire il suo secondo carnefice, ironicamente. Il tuo stile è interessante e credo proprio che darò un'occhiata ai tuoi altri lavori. Intanto, ti faccio i complimenti per questo pezzo.

Recensore Veterano
18/06/15, ore 20:08

"Kissing Booth Contest" - recensione premio 

Letta due volte per essere sicura di non aver saltato nulla. Mi è piaciuta moltissimo (sto cominciando a pensare che è praticamene impossibile non apprezzare qualcosa scritta da te), e devi sapere che anche a me il concetto della donna attraverso i secoli sta molto a cuore, pensa che ho anche incentrato la mia tesina su questo tema.
In questo caso la donna ateniese era estremamente sola, confinata in casa per tutta la vita, costretta a sottostare alla propria condizione, relegata ad un ruolo impostole dalla nascita, ovvero quello di moglie e madre “a metà”, poiché la formazione dei figli maschi era un compito che spettava ai padri, e lei non aveva giurisdizione in questo. Nessuno la preparava psicologicamente, solo successivamente scopriva gradualmente in che incubo si ritrovava una volta sposata, con un uomo che passava le sue notti in altri letti e che non faceva niente per nasconderlo.
Era una condizione che a lungo andare diventava veramente insostenibile anche per la donna più forte, tanto che sempre lì, tra le sue quattro mura di casa, (che nel tempo diveniva una prigione), nel cuore della donna si sviluppava questo enorme macigno fatto di rancore, frustrazione e rabbia repressa, che negli anni maturava sempre di più, si faceva sempre più pesante fino a quando diventava semplicemente impossibile sostenerlo ancora. Molte donne impazzivano per la loro condizione, altre semplicemente decidevano in modo lucido la propria sorte, come la donna che hai dipinto tu in questa OS. Questa donna sa bene che con il suo gesto non rinascerà dalle proprie ceneri come la fenice, ma ha scelto alla fine di essere libera a tutti i costi, anche se ciò vorrà dire lasciare questo mondo.
Ho inoltre trovato la tua scelta delle parentesi disseminate nel testo come pensieri liberi della donna molto d’impatto, rendono bene l’intenzione di mostrarci la condizione psicolabile, i processi mentali e i pensieri negativi e malvagi che inevitabilmente venivano a formarsi nella sua mente.
Per concludere, ti faccio i complimenti per questa storia, hai tratteggiato la figura storica della donna ateniese in maniera giusta e (purtroppo) veritiera.

Recensore Junior
10/06/15, ore 23:49

Molto bella. Le donne in Grecia avevano una vita molto dura, se solo ci penso mi sento soffocare. Non credo che avrei sopportato di vivere così. La vicenda mi sembra piuttosto realistica, inoltre i riferimenti alla cultura dell'epoca da più valore allo scritto. Complimenti, un bacio :3