Eccomi qui, finalmente, a commentare questa tua ultima fatica storica: avrei voluto farlo subito dopo la pubblicazione ma, come ben sai, purtroppo non ho avuto tempo e mi sono ridotta a dover cercare la scusa di uno scambio di recensioni per ritagliarmi un po' di spazio per leggerti.
Fin dalla prima occhiata rapida, mi è parso subito chiaro il pezzo è forse fra i tuoi più complessi, per lo meno quelli di genere prettamente storico.
Innanzitutto lo stile: da precisina qual sei, rispecchia fedelmente lo spirito del XV secolo, grazie all'uso di vocaboli attestati nel Quattrocento o tuttalpiù, come nel caso di "refolo", qualcuno di appena successivo: lavoro da un lato tanto faticoso quanto ammirabilmente certosino, dall'altro è pure frustrante e difficile, perché limita molto la libertà dell'autore, costringendolo a limitare il suo vocabolario – noto subito quel "sottile graffio di artiglio affilato" un po' musicale e che forse, con più termini a mia disposizione, nei tuoi panni non avrei adoperato; oppure, dato che nel brano la musica e il canto hanno una centrale rilevanza, è stata una volontà cosciente? – e, allo stesso tempo, a impegnarsi molto di più al fine di sfoggiare una scrittura che per l'appunto non risulti troppo monotona; una scelta quindi coraggiosa e impegnativa, ma soprattutto impegnata, perché fondamentale per ricreare una maggiore autenticità di personaggi e contesto. Molte più persone che si dedicano alla stesura di pezzi storici dovrebbero seguire un simile approccio, soprattutto quando il narratore non è un esterno onnisciente. Tuttavia, siccome sono più pignola di te, ti segnalo che, ogni tanto, t'è scappato qualche termine un poco anacronistico, dal momento che – a meno che non stia prendendo un abbaglio! – è presente in frasi che rappresentano il pensiero più intimo di Nerio: è il caso di "gradasso".
Altra nota di merito, innegabile persino da chi come me è estraneo alla poesia, è l'aver composto alla maniera antica un carme: e se non rispetta forse – parlo in via ipotetica: non sono abbastanza erudita sulla materia, infatti – al cento per cento una reale composizione quattrocentesca, ne ha comunque tutta l'apparenza.
Quel che poi rende forse il testo uno dei tuoi lavori più sostanziosi, nonostante la semplicità fondamentale della trama, è l'organizzazione realistica di personaggi di fantasia: se da un lato si è più liberi, meno vincolati dalle catene biografiche, spesso di difficile consultazione, dall'altro lato, però, c'è il rovescio della medaglia, ovvero il dover gestire in modo preciso e credibile un microuniverso fatto di persone e eventi fittizi – e questo significa che si deve avere una discreta, come minimo, conoscenza generale della materia trattata.
Ovviamente, e mi collego al discorso di prima, con piacere leggo vocaboli tecnici – se così li posso definire, come, per esempio, "giornea"... anche se quel "giubbone" mi lascia un attimo perplessa: ho guardato il bellissimo volume dedicato al Quattrocento scritto da Rosita Levi Pisetzky e non mi pare di aver trovato nulla; voglio farci sopra delle ricerche accurate perciò, appena possibile. Anzi, mi faresti un piacere se mi indicassi la fonte al riguardo.
Al solito, utili le note: sono sempre gradite, anche a chi mastica il periodo da un po', come la sottoscritta, perché, tanto per far un esempio, non conoscevo affatto la Nera, non essendo della tua zona; sono poi indispensabili, credo, per chi invece non è pratico del periodo dato che, senza aiuto, altrimenti potrebbe rimanere troppo oscuro e quindi di difficile comprensione o interesse. Anzi, forse ne avrei messa qualcuna di più: perché, magari, qualcuno potrebbe avere qualche difficoltà a capire che "una Cesi" sta a indicare una donna nobile della città, proveniente appunto dalla famiglia chiamata Cesi – e questo è solo un piccolo esempio.
Di errori non mi pare di averne riscontrati... e circa le maiuscole e minuscole, come sai, sono ancora – ultimamente forse ancor più di prima! – decisamente confusa; mi esprimerò quindi in seguito, non appena avrò preso una posizione decisa al riguardo. ùù
Ti segnalo però un paio di sciocchezzuole, beccata qua e là: "quei folli" e, poco più giù, "da quegli": penso sarebbe più carino se mettessi "ai folli" – e poi un appunto circa un dialogo, che però indicherò sotto.
Ti indico anche una piccola fatica, almeno per i primissimi attimi, riscontrata durante la lettura, che riguarda la natura del primo stacco, quello che segue a "---": ovviamente nella tua mente è chiara la linea temporale, e molto presto lo diventa anche per il lettore, ma dal momento che così non è chiaro quanto – non tantissimo, credo – sia trascorso dal primo pezzo, essendo una scena – passami il termine! – attigua, avrei forse evitato quei segni, utilizzando al loro posto una frase che suggerisse più chiaramente il trascorrere del tempo, per non dare quell'iniziale, per quanto breve, senso di smarrimento cronologico.
Per quanto riguarda la trama e i personaggi, come al solito hai fatto un buon lavoro: ho già accennato qualcosa sopra, fissando le mie primissime impressioni a proposito, ma mi sento in dovere di spendere qualche parola in più.
Inizio da quel "Messer Nerio mio" che mi ha uccisa... e ovviamente in senso positivo: impossibile evitare il richiamo, anche se in un contesto nettamente diverso, di una delle mie coppie amorose preferite del Rinascimento, cioè Pietro Bembo e Lucrezia. <3
Nerio mi piace molto: riesci a tratteggiare bene la sua personalità, pur dicendo, in termini di quantità d'informazioni, assai poco sul suo conto. Mi piace molto anche come gestisci, per l'appunto, le presentazioni, di situazioni e, in particolare, di personaggi: non scivoli nella facile – e banale, noiosa – tentazione di tratteggiare un ritratto a tutto tondo, servito al lettore in un'unica, farcita volta sola; è qualcosa che apprezzo molto, perché mantiene vivo l'interesse di chi scopre pian piano i dettagli della storia e, in caso di narratore interno, aggiunge quella verosimiglianza che amo molto.
Nerio è forse quello che preferisco, seguito da Angelo. Ovviamente, ci tengo a precisarlo, anche Brunella è un personaggio sinceramente affascinante – e graffiante, come hai ben sottolineato. Solo, dato che si tratta di un dialogo e quindi bisogna lì porre ancora più attenzione al vocabolario in uso, penso sostituire quel " piagnisteo"; altra piccolezza: eliminerei lo stacco dopo "troppo lontane per poterli ascoltare.", dal momento che la seguente battuta è di nuovo di Brunella.
A proposito: ho apprezzato moltissimo questi scambi – senza dubbio hai superato il blocco iniziale che all'inizio ti impauriva, forse grazie alla pratica, per quanto esigua, fatta con la tua long mitologica; in ogni caso, che dipenda dal naturale talento, oppure dall'esercizio, trovo che tu sappia sfornare davvero dei bei dialoghi, interessanti.
E così, infine, sono arrivata all'ultima riga.
Hai ricreato, ripeto, un gran bell'affresco dell'epoca, particolarmente vivido, e questo non può che riempirmi di gioia. Fra l'altro ti ringrazio moltissimo, perché, da amante della musica del tempo, mi hai permesso di conoscere una melodia – quella che fa da sfondo alla vicenda e che sto sentendo proprio adesso – che non avevo mai ascoltato prima: l'avevo già cercata, sul web, ma avevo trovato solo un'anteprima limitata – tu, invece, l'hai acquistata per scrivere questo pezzo... e trovo che sia una cosa davvero fantastica!!! <3
Sono però anche infelice. Perché? Semplice: all'ultimo speravo che il pezzo continuasse... e invece è proprio finito.
Mi unisco con tutto il cuore a quegli altri commenti dove si auspica dell'altra roba sulle vicende del trio! ù.ù
Dunque... quando ti metterai al lavoro? :P
Un bacio e complimenti. |