[Valutazione del contest It's ok to be gay!]
Titolo:
Il titolo è semplice e intuitivo, perfetto per questa storia in cui l’elemento della favola è indiscusso protagonista.
Caratterizzazione dei personaggi:
Sono stata indecisa a lungo sul dividere o meno i personaggi della tua storia dai loro doppi nella favola, in questo parametro, ma in effetti Lacey, Omar e gli altri prendono spunto diretto dalle loro controparti, quindi alla fine ho optato per uniformare anche le mie valutazioni.
Partiamo da Ace/Lacey.
Hai descritto molto bene l’evoluzione di questo complesso personaggio, grazie anche proprio all’elemento della favola: in questa “storia nella storia” vediamo come Lacey parta dall’essere un ragazzino irascibile che compensa l’insicurezza con la testardaggine e che combatte per trovare il suo posto nel mondo a un giovane uomo, tenace come e più di prima che però non combatte più per se stesso, ma per la famiglia che l’ha accolto.
Ho apprezzato molto il richiamo a Rufy nel primo paragrafo non-favola, e il fatto che Ace si sia proposto volontario per intrattenere i bambini proprio perché abituato, in un certo senso, a fare da baby-sitter a quell’esagitato del suo fratellino: apparentemente è solo una piccolezza, ma è una cosa molto caratteristica di Ace e mi ha fatto piacere ritrovarla qui.
L’Ace del “presente” ormai non è più un ragazzino, e grazie all’affetto della sua famiglia ha perso molte delle sue insicurezze, il che gli permette di ridere e scherzare coi suoi compagni in tutta tranquillità.
Tuttavia, sotto la superficie, Ace è molto più complesso di come appare: il peso del suo passato – di quel padre che non ha mai conosciuto ma che ha ugualmente segnato il suo destino – è troppo grande per poter scomparire del tutto, e infatti la paura di non essere accettato proprio per quel sangue che gli scorre nelle vene è talmente radicata dentro di lui da non poter essere estirpata, non importa quanto ci provi.
Ace si sente perennemente inadeguato, come hai giustamente sottolineato tu, ma anche e soprattutto per questo è grato di tutto ciò che ha ricevuto: l’affetto incondizionato dei suoi amici… della sua famiglia.
C’è una cosa presente nella favola (anche se in realtà questo pezzo si presenta sotto forma di incubo) che mi ha particolarmente colpita, ovvero il punto in cui racconti il passato di Lacey e riveli il nome di suo padre: Rogo/Roger è visto come un drago che prende un’umana per compagna nonostante sapesse che non sarebbe sopravvissuta, e lui, Lacey, è il mostro che l’ha uccisa venendo alla luce.
È uno scenario tragico che però racconta la realtà degli eventi vista esclusivamente attraverso gli occhi di Ace: in queste poche righe si tocca con mano tutto il rancore che lui prova per suo padre e il rimorso per ciò che ha – involontariamente – fatto a sua madre. Davvero molto realistico e commovente.
Degno di nota è anche il modo in cui hai trattato l’evoluzione dei sentimenti che Ace/Lacey nutre verso Barbabianca/il Re: è partito da un odio tanto violento quanto irrazionale ed è arrivato a rispettarlo prima, e ad amarlo come un padre poi.
Parlando infine del suo rapporto con Marco, mi è piaciuto come hai sottolineato che, sì, Ace lo ammira molto e lo ama anche per questo… ma se si sente così a suo agio con lui è proprio perché il loro è un rapporto alla pari, esattamente come voleva Marco.
Marco che, nonostante non lo dia a vedere, sente molto il peso della differenza di età: non vuole che Ace si senta inferiore a lui e, proprio mettendo a nudo questa sua paura, lo aiuta a sentirsi più sicuro di se stesso e della loro relazione.
Il suo modo di esprimere le emozioni è, al contrario di Ace, molto pacato: sorrisi appena percettibili, fronte leggermente corrucciata, l’accenno di un sospiro… qualunque cosa gli passi per la mente è perlopiù un mistero, ma quando è con i suoi compagni si scioglie un po’.
Ho apprezzato molto il tuo sottolineare questa sua empatia: Marco è estremamente introverso, ma ha dimostrato spesso di essere in grado di comprendere le persone che gli stanno intorno, soprattutto se sono persone a cui tiene. L’esempio che hai citato tu nella favola (Omar che porta la zuppa a Lacey e gli suggerisce di non fare quel famoso centesimo tentativo) è assolutamente calzante per esprimere questo concetto.
Mi ha fatta sorridere il modo apparentemente casuale in cui prende in giro Satch (me lo immagino proprio a dire cose del genere con espressione impassibile) e, soprattutto, il tenero rapporto che ha con Ace: nonostante, di fatto, Marco l’abbia preso sotto la sua ala protettiva fin dall’inizio, non lo vede – soltanto – come un ragazzino bisognoso di cure, ma anche come un compagno a cui potersi appoggiare.
Anche lui, come tutti i membri della ciurma, stima profondamente Barbabianca, lo rispetta e lo ama come un padre: si fa carico della protezione della sua persona come del suo onore, ubbidisce agli ordini e rispetta ogni sua decisione – per quanto strana gli possa sembrare.
E proprio Barbabianca, nonostante sia solo una comparsa, è descritto splendidamente: un sovrano/comandante forse bizzarro ma certamente giusto, forte e coraggioso; non si tira indietro di fronte a uno scontro, ma cerca comunque di vedere oltre la superficie delle persone (avversari o compagni) e non nega a chi la merita una seconda occasione.
Ama tutti i suoi sudditi/compagni come fossero figli suoi, e da loro è amato e rispettato come un padre severo ma giusto.
Anche Satch, nel suo piccolo, è caratterizzato molto bene, con quella sua aria maliziosa e spavalda di chi vuole essere al centro dell’attenzione e si risente quando gli viene rubata la scena.
È un tipo strano, – beh, come tutti – ma è sinceramente legato ai suoi amici e vuole soltanto la loro felicità… anche se non disdegna di prenderli un po’ in giro, se capita l’occasione.
Insomma, tra fiaba e realtà hai descritto magnificamente tutti i tuoi personaggi, i protagonisti così come le comparse, dando loro il giusto riconoscimento per la riuscita di questa fantastica storia.
Stile e trama:
Per quanto riguarda lo stile, invece, è assolutamente necessario fare una netta divisione tra la favola e la narrazione lineare; dato che la storia inizia con la favola, partiamo con quella.
La narrazione prosegue lineare grazie ad una sintassi semplice ma curata, ricca di proposizioni articolate ma non pesanti, perlopiù unite per asindeto.
Il lessico è ricercato ma non aulico, tanto nella narrazione quanto nei discorsi diretti, e questa particolarità contribuisce a definire quell’atmosfera magica e surreale tipica di tutte le fiabe.
Tutta la fiaba riprende elementi tipici del canon di One Piece, ma li rielabora sotto una luce diversa: i personaggi sono quindi dotati di una nuova vita, pur mantenendo la stessa personalità di base, e la stessa storia di Ace assume sfumature nuove e familiari al tempo stesso.
La storia di Lacey da Lisboa, infatti, è sviluppata con cura, senza lasciare nulla al caso. Molto calzante quel “Sono fatti miei!” sbraitato quando il Re gli ha chiesto perché volesse ucciderlo: il lettore accetta questa risposta/non-risposta con naturalezza perché è una reazione propria di quel personaggio, e quando ormai non si aspettava più delucidazioni ecco che arriva la rivelazione che, in realtà, Lacey è il figlio di Rogo il Drago Rosso.
Mi è piaciuto molto come hai sviluppato la relazione di Lacey e Omar, che da avversari pian piano diventano sempre più uniti, fino al culmine di questo splendido rapporto che si ha prima con Omar che arriva in soccorso di Lacey e poi con Lacey stesso che salva entrambi, trasformandosi in un Drago.
E proprio questa trasformazione è un elemento molto innovativo che il lettore certamente non si aspetta, e ne rimane piacevolmente sorpreso perché – tutto sommato – in fondo è naturale che il figlio di un Drago possa trasformarsi in Drago a sua volta.
Il finale, poi, è dolce e tenero: non ci sono più misteri da risolvere né mostri da sconfiggere, ma solo una famiglia, un amore appena nato e una Cerimonia che è come la ciliegina sulla torta per quello che, per Lacey, è soltanto l’inizio della sua nuova vita.
Lo stile della parte “presente” è molto diverso, ma altrettanto scorrevole: la sintassi è ugualmente curata, ma le proposizioni sono più semplici e veloci, ci sono più dialoghi e, in generale, la narrazione stessa prosegue più spedita.
Il lessico è più colloquiale e familiare… molto più adatto a dei pirati che a dei Cavalieri (come è giusto che sia).
Mi ha piacevolmente sorpreso la scena iniziale. Non il battibecco tra Ace e Satch – quello è prevedibile – ma il fatto che Ace e gli altri si siano fatti carico di intrattenere i figli degli abitanti dell’isola mentre i genitori lavoravano con Barbabianca e gli altri: abituata a leggere prevalentemente i punti di vista della ciurma protagonista, non mi ero mai soffermata a pensare a questi risvolti dell’influenza che un Imperatore ha nel mare.
Ho molto apprezzato inoltre la familiarità con cui Satch, Marco ed Ace si prendono in giro a vicenda nel raccontare questa favola, perché rende molto bene l’idea dell’atmosfera che si respira a bordo della Moby Dick: lì sono davvero una grande famiglia.
Ti ho già parlato del rapporto tra Marco ed Ace, qui volevo solo sottolineare come mi abbia colpito che tu in – relativamente – poche parole sia riuscita a rendere nero su bianco tutte le numerose sfaccettature sia di questi due che della loro relazione: si prendono in giro, si stuzzicano maliziosamente, si confidano le proprie insicurezze e si appoggiano l’uno all’altro. Insomma, sono dannatamente adorabili!
Come per la favola, anche qui il finale è dolce e romantico: anche Ace, come Lacey, è riuscito ad avere il suo lieto fine, e se ne gode ogni istante.
Gradimento personale:
Ho trovato la tua storia davvero originale e coinvolgente, che unisce due cose che amo moltissimo: le favole e One Piece.
In particolare, infatti, mi è piaciuta da morire questa alternanza tra favola e realtà, soprattutto perché sei riuscita a portare avanti le due trame senza far confusione, intersecandole e completandole a vicenda: la storia di Ace è già di per sé un po’ una favola, e la tua rielaborazione ne è la conferma lampante.
Ma, più di tutto, ho apprezzato il finale. Perché Ace e Marco si meritano il loro “e vissero per sempre felici e contenti”… e la tua storia gliene dà addirittura due. |