Recensioni per
Rimetti a noi i nostri debiti
di Smeralda Elesar

Questa storia ha ottenuto 1 recensioni.
Positive : 1
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
21/04/18, ore 18:45

Ciao!
Ti ho già detto che sono curiosa curiosa, curiosissima?
Bene, te lo ridico. Non ho letto il libro né visto il film vecchissimo, ma ho guardato poco tempo fa il remake di Ben Hur. Inoltre, i rapporti tra fratelli, di sangue o meno che siano, mi piacciono da morire e quindi, eccomi qua.
Questa recensione sarà lunga, ti avverto.
Definisci Ben Hur Gastone Paperone. Questa tua definizione mi ha fatto tornare in mente una riflessione che feci guardando il film. La gente normale prende la lebbra e, se è effettivamente lebbra, ci muore, soprattutto nell’anno 33 d.C. o giù di lì. La mamma e la sorella di Hur, casualmente guariscono. Intercessione divina, si dirà, che però minimizza una serie di questioni che citi anche tu e mi ricordano anche un po’ Super Fantozzi proprio nelle scene con Gesù, quando il ragioniere esulta per la morte dello zio Lazzaro, brucia la sua orrida casupola e poi si ritrova stritolato nelle maglie della storia e della sfiga perché il ricco parente, incredibilmente, resuscita.
Guardando il film (Ben Hur, non Fantozzi) mi dissi “ok, povero Ben, ha sofferto ingiustamente, però va là che enorme sedere che ha. Gli altri erano figli dell’oca nera?” (Trad.it: perché la grazia divina sceglie casualmente i parenti di Ben Hur, non poteva espandersi a tutta la torre? Siamo dentro Beautiful, dove nessuna cosa è per sempre, neanche la lebbra? A volte i personaggi devono morire. Punto.) Insomma, mi è para un’ingenuità che il protagonista recuperi TUTTO quello che perso con gli interessi.
Ma adesso vediamo al testo che presenti tu, Makoto. Ho sofferto con Ben Hur. Il tuo stile è semplice e lineare, ma restituisce un concetto moderno di umana pietà, il tormento del senso di colpa, il rimpianto per gli errori commessi, i torti subiti e quelli inflitti. Il concetto di perdono (qui uscirebbe l’esegesi, altro che la recensione). Con pochi tocchi ci porti a Roma, alle insulae e ci fai incontrare di nuovo Messala. Hai detto di aver inventato la sua paralisi. Credo tu sia stata realistica, tantissimo. Se il danno fosse stato più grave, dubito che sarebbe rimasto in vita, più lieve avremmo ottenuto l’effetto “lebbra 2.”
Invece l’orgoglioso Messala perde, e perde anche molto. Il loro incontro è stato intenso, preciso, giusto. Avresti potuto metterci frasi inutili o descrizioni che non servivano, invece la sua semplicità consente al lettore di essere dentro la stanzetta spoglia di quel casermone di legno di fianco al bordello e di farci vedere l’altezzoso Messala e il mite Ben Hur, finalmente libero dal male. Grazie per questa storia bellissima e ricca di spunti, e a presto! 