“Sei tu che mi fai fare questo, non è così? Sei tu il mio elemento di disturbo, ciò che mi frastorna così, qui? Sei una voce che riconosco, che risuona da sempre ma che ascolto solo raramente: quando mi dici di essere crudele, di prendermi ciò che voglio, di fare in modo che tutto qui sia piegato al mio volere. Ma io non ti capisco. Non capisco perché mi chiedi di venire qui, perché vuoi lei, perché mi chiedi di essere debole.
Non ti voglio ascoltare, non è così che sarò dio, non è così che avrò ciò che mi spetta.
Sei tu che mi spingi a questo infimo livello, tu che mi fai desiderare quella donna come se fosse l’unica cosa al mondo per me. Giochi con la mia forza, ti diverti a farmi piegare davanti a lei quando a nessuno mi sono mai inchinato, quando ho sempre preso ciò che ho voluto, l’ho strappato senza chiedere o volere mai nulla in cambio. Ma non stavolta, non quando sono con lei. E’ giusto quello che stiamo facendo, eppure mi dici che c’è dell’altro che non vedo che è importante che io sappia, che io capisca che è con lei che devo rimanere perché è l’unica cosa che io abbia davvero. Ti sbagli, io non ho bisogno di lei, non mi serve. E’ un insetto debole e insignificante, uno di quelli che non avrà posto nel mio mondo e che potrei distruggere qui e ora.
Eppure è difficile. Lo sento come ti repelle l’idea, quanto ringhi sia sbagliato pensare di ucciderla con una mano, un coltello, una sottile overdose di ciò che invece dovrebbe salvarla. Tu sei parte di me ma ti opponi alla mia ragione, all’espressione di come tu stesso mi hai allevato… o più di come lo ha fatto Spencer, forse. Mi hai cresciuto freddo come il ghiaccio per farmi godere del suo respiro caldo, spigoloso per farmi apprezzare il tocco della sua morbida pelle calda al tatto; duro come la roccia per farmi sgretolare sulle sue labbra di velluto; insensibile e spietato per rivelarmi ammansito al volere di questa donna. Tu sei la bestia disgraziata che ci spinge l’uno contro l’altro per scannarci a vicenda dopo una vita costruita sull’apparenza del controllo; tu sei lei, e anche me.
La verità è che è questo l’unico modo che abbiamo per comunicare davvero. Che è l’unico modo che ho per riuscire veramente a sentire qualcosa, che lei è l’unica creatura per cui mai riuscirò a sentire qualcosa, come se fossi una persona normale. Sono tutti questi piccoli gesti che ho accompagnato che me lo hanno fatto capire: un bacio sulla sua guancia, una carezza al suo fianco, una canzone per me che parla di noi e uno sguardo deluso, silenzio e colpa. Sì, lei mi ha fatto sentire la colpa perché chiude gli occhi e si nasconde dove io li ho sempre tenuti aperti e ciechi, dove non ho mai visto nulla di ciò da cui dovrei preservarla. Non ho mai voluto vedere, eppure questa volta non ho potuto fare a meno di capire che lei non scappa da me ma da quello che tu le mostri esistere per noi, da come la tormenti e fai piangere quando si addormenta sfinita e ferita al mio fianco mentre penso che, dopotutto, se la uccidessi nemmeno se ne accorgerebbe.
Forse è la consapevolezza a mancarmi. Se ti ascoltassi probabilmente molte cose andrebbero -e sarebbero andate- diversamente, non sarei costretto a cementare una bugia dietro l’altra e nemmeno a elemosinare un’ultima notte con lei. Non dovrei stare a raccontarmi di come mi basterebbe un’ultima scopata per essere in pace con me stesso, di come dopo averla trattata come una bella puttana sarei libero di arginare il problema e tornare sulla mia strada lasciandola a crepare come alla regina stracciona del regno di nulla conviene. Non sarei costretto a mentire sul fatto che ho bisogno di stare con lei per sentirmi bene, per vedermi meno solo in questa vita alla quale tu mi hai condannato con la tua biologia. Sono tutte cose che faccio così fatica ad accettare, così lontane dallo status symbol che mi sono imposto; tutte cose che Alex ha già compreso mentre mi stringe di notte, mentre sorride sussurrando il mio nome nel sonno, mentre mi restituisce quel calore che io le tolgo ogni volta che la sbrano, la sfioro, la bacio, quella vita che ci è stata tolta senza che nessuno ce lo abbia mai chiesto.
Sei tu che ci rendi animali, che ci permetti di confessarci solo in questa maniera così grottesca. Io non ti ho mai voluto ascoltare e nemmeno ora capisco perché all’orecchio mi sussurri di rimanere qui e abbracciarla, che è giusto passare un giorno in più con lei, che lei è più meritevole del mio tempo del progetto che mi renderà una divinità. E’ difficile capire la sua importanza e il significato delle sue lacrime, il motivo per cui mente con me alla disperata ricerca di un tempo che da sempre abbiamo perduto, il motivo per cui sento che un qualsiasi contatto con lei valga la fatica di mille ragionamenti. Tu mi dici di amarla e io non ti capisco: ma tu sei me, e mi basta.” (Recensione modificata il 04/01/2017 - 12:58 pm) |