Ehilà, buon pomeriggio a te!
Alla lunga credo che possa essere molto difficile commentare storie del genere, scritti dove le emozioni sono pure e coincise, complesse, oscure, ma che fanno trasudare forza e speranza man mano che prendono piede e forma, nello scenario e nell'interiorità dei personaggi stessi.
In un tripudio psicologico inevitabile e cruciale, la tua one-shot sviluppa dei concetti di dualismo molto interessanti e calibrati non solo nella narrazione ma anche nella potenza evocativa dei dialoghi, tra un uomo emotivo e un agglomerato massoso di tantissime sensazioni, curiosamente mai definito con il suo nome e mai rapportandosi nella maniera diretta e maligna nella quale si è abituati a definirlo.
Quest'ultimo si pone e comporta (ed è riconosciuto) come un emerito parassita che ha la presunzione di aver vinto visto il suo sviluppo all'interno del corpo che lo ospita, cerca di far leva sulla paura e sull'incognita che è il futuro, sapendo che non c'è una certezza nelle cure dolenti ma necessarie per cercare di debellarlo.
Averci a che fare penso tolga tantissimo della forza di volontà che si può avere da anni o semplicemente dalla nascita perché questi mali uccidono se insidiosi e grandissimi, per cui le reazioni possono essere diversi e portare a due, afferrare l'arma oppure non usufruirne e godersi il dono imprevedibile qual è la stessa vita, ciò che ne resta.
Non biasimo affatto chi decide di non lottare perché mette in luce un realismo della sua condizione, ma posso dire di apprezzare molto di più quando anche la semplice testardaggine spinge a un tentativo tra il disperato e il determinato, raccogliendo cocci di grinta che parevano andati perduti per il puro sfizio di non darla vinta fino all'ultimo respiro.
Per cui il messaggio che passa è non solo quello di rivalsa per provare ad annientare il dolore in sé, ma anche come il confronto, quello acceso e quello stimolante con entità opposte, possa servire esattamente per fare chiarezza su qualcosa di personale, cosa sia effettivamente più giusto e seguire la via più consona e fruttuosa, non necessariamente quella più battuta e conseguentemente semplice, muovendosi e non rimanendo pedine della casualità e del pessimismo.
La massa è il male da annientare e nonostante tutti gli ostacoli che ci possano essere con l'intervento, provare a vincerlo dimostrando valenza della propria teoria diventa la sfida e lo scopo del protagonista sul finale, esprimendo una situazione plausibile nella vita di qualcuno ma anche una determinazione crescente e quasi ispirante, umana nei suoi pregi e difetti.
Lo stile è espresso tecnicamente con un italiano corretto e deliziosamente letterario in certi punti della storia; unisce mistero, patema e volontà di scoprire frase dopo frase il labirinto nel quale i tuoi personaggi si affacciano l'uno di fronte all'altro, conoscendoli nella loro unicità differente e quanto ci sia iniziale ruvidità e impossibilità di riuscita, per poi dare vita alla sfida e all'evoluzione sentimentale da parte di entrambi, quasi complementare nello svolgimento dei fatti.
Se dovessi proprio fare un appunto è che c'è la ripetizione continua (sarà scritta almeno una ventina di volte) della parola "massa" per definire il malanno, secondo me appesantisce la lettura e soprattutto le successive riletture: un paio di sinonimi, a mio avviso, sarebbero stati più consoni e in linea con la varietà di linguaggio e di esposizione di alcuni periodi.
Comunque sia, il tuo è uno scritto che tocca molti aspetti introspettivi e più psicologici di una persona in una situazione particolarmente cruciale e delicata, con dei dialoghi (punto centrale e altissimo della OS) avvincenti e trascendentali tra il tumore e l'uomo, parte di uno stesso sistema ma che non possono sostanzialmente sopportare l'uno la presenza dell'altro, portando all'inevitabile conclusione a finale aperto, sicuramente una scelta vincente in questo caso, riconducibile alla vita e al concetto del domani.
Una slice of life plausibile che dona una luce brillante al confronto con la vividezza delle sensazioni, degli affanni e di quello che resta, scegliendo di non avere più paura per un motivo personale riconducibile, in questo caso, alla voglia interiore di vincere, di crescere.
Tra la lista delle mie ricordate, complimenti vivissimi!
Un abbraccio forte,
Watashiwa |