Recensioni per
Il suono del buio
di tyelemmaiwe

Questa storia ha ottenuto 5 recensioni.
Positive : 5
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
26/05/17, ore 17:15

Innanzitutto, Tyel, scusa il ritardo con cui giungo a lasciare un commento a questo piccolo gioiello.

Ciò che più mi ha affascinata del brano è stata la tua scrittura, l’uso dei vocaboli, nonché il modo in cui ha scelto di descrivere i suoni (penso, ad esempio, a quei ticchettii sommessi ma aguzzi). Quest'ultimi, si declinino in voci, rumori o persino nella loro assenza (vedasi il silenzio iniziale), sono insigniti di un significato particolare che contribuisce a rendere la drammaticità delle vicenda, ma ancor più a mostraci quello che poteva essere il punto di vista dei Teleri durante l’assalto ai porti. Inoltre l’importanza data al suono si sposa alla perfezione con le inclinazioni del personaggio originale che qui ci presenti.

Aiarnel spicca per la sua sensibilità e, nella prospettiva del Fratricidio, delle crudeltà che sta per abbattersi sulle banchise, appare del tutto fuori luogo. Stride in maniera significativissima con Fëanáro, rivestendo perfettamente il ruolo di vittima ignara, aliena a ciò che le sta accadendo attorno. E la sua percezione delle spade in quanto oggetti che non hanno motivo d’esistere in Aman, o il fatto che non volesse credere alla loro esistenza, sottolineano l’aspetto sopracitato. Molto bella, anche con riguardo alla considerazione dei suoni, l’osservazione riguardo al loro sibilare di morte anche mentre vengono forgiate.

Su di me, poi, ha avuto presa facile il rapporto tra Aiarnel e Volwë, nonostante venga solo accennato (mi chiedo quale sarà la reazione di quest’ultimo all’assassinio del fratello).
Ho molto apprezzato anche l’uso del termine Ellei, nonché il modo in cui Aiarnel intende l’ispirazione musicale o la musica in sé e per sé che prima di tutto nasce dai rumori, dal loro riprodursi ritmico (i passi del fratello).

Un brano altamente melodico che, con il rallentare dei suoni, vero motore della narrazione, non poteva concludersi più degnamente.

I miei sinceri complimenti, Tyel.

A presto.
(Recensione modificata il 26/05/2017 - 05:18 pm)

Nuovo recensore
18/05/17, ore 17:02

Niente, Tyel, continuo a piangere: tutto questo è straziante e sapevo che mi sarei fatta del male leggendola, ma non ho resistito.
Come ti ha scritto anche Kan, era necessaria e ti sono tanto grata per averla scritta: lascia ben poco all'immaginazione e tuttavia è comunque così delicata. Ti prego, scrivine altre: voglio sapere di più, su questi tuoi OC.
I miei complimenti!
Marghe
ps: scusa la brevità, sono una frana a recensire ^---^"

Recensore Junior
20/04/17, ore 12:48

Cara Tyel,

ultimamente hai dato prova di un'innegabile bravura nello scrivere storie divertenti e comiche (che ho molto apprezzato), ma è in racconti come questi che io mi perdo completamente, che leggo e rileggo sprofondando sempre più nelle sensazioni che riesci a evocare, e restando senza parole davanti alla tua capacità di vedere cose che altri non vedono, di percorrere strade poco battute, di creare personaggi tuoi originalissimi, ma così aderenti al Legendarium da sembrare usciti dalla penna di Tolkien stesso.

Il tuo Aiarnel è una figura struggente: un cantore che rimane muto davanti alla tragedia che avanza, travolto da un destino di sangue del quale non ha colpa. Un innocente.
Un personaggio che basterebbe, da solo, a fare della tua storia un'opera davvero interessante. Ma tu vai oltre, e rendi il tuo racconto ancora più originale e potente con una scelta inconsueta, ma appropriata come poche: quella di usare l'udito come senso predominante (quasi esclusivo) per veicolare tutte le sensazioni che aggrediscono il protagonista.
Inizi con il rombo minaccioso delle onde, e termini, tragicamente, col suono delle stesse onde che sfuma.
Per tutta la durata del racconto, Aiarnel (e noi con lui) non vede nulla, tutto è nebbia, oscurità, non distingue neppure con chiarezza il fratello che lo viene a cercare. Feanaro è una voce imperiosa che sovrasta le altre nel cercare di imporre le sue assurde pretese.
Un flusso inarrestabile di suoni che ci accompagna lungo tutta la storia, e che si interrompe, solo per un istante, all'arrivo dei Noldor, quando subentra la vista.
Un'irruzione che sottolinea quella fisica, reale, violenta, dell'arrivo dei conquistatori (tutto ci appare sbagliato, nei modi e nei contenuti).
Questo pezzo mi è piaciuto moltissimo: i Noldor sono alti, gli occhi come gemme, l'acciaio che riluce, attributi che si potrebbero applicare a un esercito di "giusti" (sempre che possa esisterne uno), che qui invece, complice il cambio di prospettiva udito/vista, stridono, sono del tutto fuori posto. L'attacco del paragrafo successivo ribadisce questo concetto "Lo stridio delle spade…" Davvero un brano molto coinvolgente, brava!

Così si torna al suono: le urla, il clangore delle spade, e il povero Aiarnel è ancora paralizzato, incapace di affrontare l'inconcepibile: armi forgiate per uccidere fratelli. E proprio quando riesce a sbloccarsi, ecco Feanaro, implacabile. O meglio, ecco le sue grida, che sovrastano il frastuono. Caspita, Tyel, col finale mi hai steso!

Ok, smetto di blaterare perché credo il concetto sia chiaro: ammirazione totale per la tua storia, e per te che l'hai scritta.

No, anzi, ho un'ultima cosa da aggiungere, perché il tuo racconto mi richiama alle mie mancanze, e anche di questo ti sono grata.
Io non sono certo una il cui amore per Feanaro la porta a giustificare (o a ridimensionare) le azioni terribili del primogenito Finwion, ciononostante troppe volte cado nell'errore di considerare il Fratricidio come un mero espediente narrativo per costruire le personalità di chi vi ha partecipato (o non vi ha partecipato).
Ebbene, tu mi ricordi che non è così che deve essere, il Fratricidio non è un elemento di cui tenere conto esclusivamente quando si sviluppano trame, ma è un Episodio fondamentale del Legendarium, che merita di essere narrato anche, e soprattutto, dal punto di vista di chi l'ha subito, per poterne comprendere il significato nella sua interezza.

Tu, con questa storia, ci sei riuscita benissimo.
Complimenti ancora! E grazie per aver condiviso.

Un abbraccio,
Los

Recensore Master
18/04/17, ore 15:32

Recensirti è stranissimo per me, visto che ci siamo già dette tutto e il contrario di tutto in fase di betaggio, però devo farlo.
Perché questa storia è troppo bella, troppo necessaria, e io sono troppo fiera del fatto che tu l'abbia scritta e postata.
Credo che nessuno sappia meglio di te quale posto speciale hanno i Feanarioni, e Feanaro stesso, nel mio cuoricino. Ma sai anche che non sopporto i pietismi, né tanto meno il giustificazionismo becero. Feanaro e figli sono assassini, e quello dei Teleri è stato un massacro in piena regola.
Ora, vedere i Teleri come una massa piangente che non vuol cedere le navi è molto comodo, se non si vuol guardare alla faccenda nella sua interezza. E io adoro questa storia proprio per questo, perché è scomoda. E guarda ai fatti dalla prospettiva da cui in genere si preferisce non guardare per tante, troppe ragioni. Insomma, meriti un Silmaril anche solo per questo (oh yes, uno di quei piagnoni che ti stanno tanto simpatici, te lo regalo :P).
E ok, sto rantando quando avevo detto che non l'avrei fatto, quindi chiudo qui.
Aiarnel... Io gli voglio tanto bene, anche se gli ho detto tante cattiverie. Gli voglio bene perché è un cantore, e perché la sua angoscia non può che essere anche la mia, leggendo. Davvero, l'immedesimazione qui è di una potenza incredibile e io... Io piango.
Ma la ciliegina sulla torta, qui, la cosa che davvero mi fa adorare questa storia è il concentrarsi sui rumori... È così Telerin, così adatto a un cantore, perfetto. Più leggo più mi sembra davvero di sentirli, quei suoni ovattati, il sibilo stridente e spaventoso delle spade, il rombo del mare terrificante eppure protettivo (e questo mi fa venire in mente che... Lo scriverò, il pianto di Uinen, lo scriverò!) e la voce di Feanaro, che non importa cosa dica, l'importante è l'effetto terrificante che produce su Aiarnel, sembra quasi di sentire Olwe e i suoi toni pacati in sottofondo... E io Olwe non lo immagino avere toni pacati in genere, sia chiaro. Anzi, a me Olwe fa piuttosto paura.... Però se confrontato a Feanaro in questo momento... Beh, diventa pacatissimo.
E la nebbia, poi! L'ho percepita fisicamente, leggendo. Quella sensazione gelida, umida, opprimente... Fa davvero mancare il respiro.
E giusto due parole sul ricordo di Aiarnel che imita i passi di Volwe... Un richiamo all'infanzia che va dritto al cuore. Oltre al fatto che, sarò io che conosco i retroscena, ma secondo me hai delineato un rapporto profondissimo tra i due fratelli, senza aver bisogno di raccontarlo e di sviscerarlo nei dettagli, e questo è splendido.
Sempre fierissima di betarti baby, e già fangirlo per la cosa che mi hai messo per le mani ieri sera, olè!
Ci risentiamo su altri lidi!

Mel
P.S.: sarà anche superfluo dirtelo, ma qualcuno che si ricorda che Telerin e Quenya non sono la stessa cosa mi commuove, lo sai sì?

Recensore Veterano
17/04/17, ore 11:16

Bentornata Tyel!

E COME sei tornata, mamma mia! 

Tyel e i Teleri! 

Praticamente questa storia è quello che aspettavo che tu scrivessi da quando ho scoperto che anche tu occupi il tempo in questo modo XD Okay, forse non proprio questa situazione, ma qualcosa sui Teleri scritto da te era tipo d’obbligo. Tyel e i Teleri vanno a braccetto nella mia testa :°D

Certo, per lo stesso motivo, potevo sperare solo da te questo punto di vista sul Fratricidio di Alqualondë. 

Finalmente una storia dal punto di vista di una delle vittime Teleri che non accentua il ruolo dei Teleri come carne da macello, come plot device per l’arco di dannazione dei Feanoriani, e non come persone con una storia, una loro vita prima dell’arrivo dei Noldor! Devo dire che ogni volta che trovo un fratricidio trattato esclusivamente dal pov di chi ha ucciso mi viene un po’ di carogna, sarà che sono schifosamente di parte quando si tratta della Terza Tribù (soprattutto quando si tratta dei Sindar e della stirpe di Thingol), ma c’è sempre quella sensazione di “poveri idioti che hanno osato mettersi contro il giuramento, che non si sono piegati davanti alla superiorità dei Noldor”, manca la stessa empatia che manca a Fëanáro e figli davanti ai Teleri che paragonano le loro navi ai Silmarilli (sì, Fëanáro, non sei l’unico che tiene alle proprie creazioni e soprattutto che crea – i tuoi Silmarilli non valgono più delle navi Teleri e della vita degli altri… e dei tuoi figli stessi. Ops!).
  
E c’è la descrizione del calare del buio sulla costa, cosa che mi incuriosiva moltissimo. Il mare stesso si agita, perché dopotutto Ulmo, Osse e Uinen sanno prima dei Teleri cos’è successo e non possono fare a meno di dimostrare la loro contrarietà nel loro modo spaventoso per chi non è familiare col mare, ma confortate, quasi protettivo, per i Teleri. Ho adorato come Aiarnel sembri confortato dalla “ribellione” del mare, la sensazione di non essere soli che trasmettono le onde, sensazione che a Tirion secondo me è mancata del tutto. (ma che ci vuoi fa’, il mare è magnifico per questo – ma qui parla la donna di mare che è in me XD).

Hai reso anche molto bene il rifiuto delle armi e l’effetto che fanno su un popolo pacifico, che Melkor ha ignorato allegramente (because he’s snob that way), e che non riesce del tutto a visualizzarle se non come strumenti per la caccia e la pesca. Dopotutto, era a quello che erano servite già durante la Grande Marcia, figurarsi concepirne di più letali, che potrebbero togliere la vita ad altri Elfi.
E questo: "quei sibili che facevano sprizzare gocce più calde e più amare dell’acqua di mare.” – STOMMALE. NOOOOOO!
Gna faccio, voglio abbracciare e proteggere i Teleri, non si meritano nulla di tutto questo!

Adoro soprattutto la concentrazione sul suono legata all’occupazione di Aiarnel, sai che vado in brodo di giuggiole per questi fili conduttori ♥ E poi aggiunge un che di surreale e struggente a tutta la vicenda, non ci sono i grandi discorsi a distrarre dal cuore degli avvenimenti. Non c’è Fëanáro che ti illude di aver ragione, c’è solo il sibilo letale delle armi, usate sui Teleri come se fossero prede, carne da macello per mandare avanti l’esercito noldorin. 
No, babies, noooo! *corre a raccogliere tutti i piccoli Teleri prima che sia troppo tardi*
(Non posso che simpatizzare con Uinen, per ovvie ragioni :°D Per molte ovvie ragioni XD)

A essere tanto struggente è proprio “il suono del buio” che emerge dallo snodarsi della storia. Le poche parole che dice Volwë non riducono la sensazione di attesa silenziosa e anche l’inizio del fratricidio è sommerso nel silenzio ovattato e distante di un ricordo traumatico. Il sibilo delle armi non serve a riportarmi lì, sul momento, è come se io stessa cerchi di proteggermi da quello che sta succedendo, tappandomi le orecchie nel buio dopo la distruzione degli Alberi. 
Come non capire l’istinto che spinge Aiarnel a restare immobile sulla nave invece di seguire suo fratello? 

E una parolina a Fëanáro devo dedicarla. Perché vederlo con occhi telerin, feroce e dagli occhi che sprizzano scintille, è una visione terrificante. E alla fine quanto mi sono sentita Aiarnel, rannicchiata in un angolo della nave, con questo… colosso dagli occhi lucenti e ricoperto di un’armatura altrettanto lucente che cala il sibilo della morta contro di te?

Solo immaginare la rabbia e il dolore di Volwe e Olwe nello scoprire il loro cantore del mare tra i morti mi chiude la gola. 

Mamma mia, bel modo di iniziare la giornata.

Grazie mille per questo racconto, Tyel, fa così male ma è così bello e necessario che, davvero, per fortuna che lo hai scritto e postato!

Alla prossima,

Kan