Sono buoni gli assaggini. Buonissimi. Spesso, scopri le cose proprio tramite gli assaggini, ché magari non ti azzardi a portare a casa la confezione intera, ché ci vuole tempo, e spazio, e modo. E poi, metti che non mi piace? Così l'assaggino svela l'arcano, risponde al dubbio e ti fa scoprire che sì, ti piace. Oh, se ti piace.
E a me piace la tua penna anche fuori dal contesto della Justice League. Mi piace questa storia con un sottofondo non tanto religioso, quanto spirituale: che ci si chieda che fine abbia fatto Dio, quando sono tre anni che le campagne attorno riecheggiano dei colpi dei mortai, è una domanda più che legittima, per chi crede, ma anche per chi non crede. Perché Dio, in questo caso, sarà pure colui che atterra e suscita, per dirla col Manzoni, ma è anche l'umanità in se stessa: come puoi fare quello che sei costretto a fare senza che nessuno alzi la testa e dica "Ma siete impazziti?!"?
E ti ritrovi con un girotondo di domande, ché loro, Riccardo e Hubert, quella guerra avrebbero anche fatto a meno di combatterla; se ne sarebbero rimasti volentieri ognuno al loro paesello, a condurre la loro esistenza tranquilla e più o meno felice. Però, in questa follia, si riesce ancora a trovare un barlume di speranza, in quella piccola casetta in fondo alla valle, dove Riccardo torna ad essere Riccardo e a tentare un dialogo con Hubert, anche capendosi poco, anche parlando una lingua che per metà è italiano e per l'altra metà tedesco, magari a gesti, ma provandoci. Ed è in questo momento che, forse, Dio - o chi per lui - è risorto, per dirla coi Nomadi; nella speranza che, anche in mezzo alle bombe, alla guerra, ai gas mefitici, ci si possa ritagliare un angolino di pace. Cinque minuti appena; ma preziosissimi.
Ho amato questa storia, e la consiglio a chi non l'ha ancora letta: è bella, delicata, onesta senza eccedere nel sensazionalismo ad un tanto al chilo (ci pensa la Storia, quella con la maiuscola, a mostrarsi per quella che è), e di un'umanità toccante, con parole semplici, quotidiane, lontane dalla pompa e da un vocabolario altisonante.
Un quarto del mio sangue viene da quelle zone; il mio bisnononno, prima del 1918, era un austriaco, quindi porto un po' di quella terra con me, e sento vicini i patimenti e il logorante stress della guerra di trincea, così come, anche qui a Roma, si dice tenere botta. Avevo creduto che Riccardo fosse un mio concittadino, pensa un po'! Pazienza, ho imparato una cosa nuova. |