Recensioni per
La Voce del Tamburo
di Genziana_91

Questa storia ha ottenuto 7 recensioni.
Positive : 7
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
21/11/21, ore 07:36

Ciao, eccomi qui per lo scambio libero. Bellissima questa storia. Spesso ci si chiede cosa sia successo agli abitanti del mondo che vissero nel passaggio di ere con tutte le loro paure, il loro coraggio... consci che qualcosa stava cambiando, ma ignari su cosa fosse.
I loro riti, le loro convinzioni, il loro coraggio... Li hai descritto molto bene e mi hai portato a quell'epoca, nel mezzo della guerra che stavano combattendo per non perdere le loro certezze e la loro dignità, per non dire addio al solo mondo e modo di vivere che avevano conosciuto. Il loro gesto estremo di difesa di tutto ciò è stato fatale, ma carico di vita.
Le donne che combattono al fianco degli uomini, mi sono molto piaciute. Perché erano una cosa sola, erano lì per supportare e combattere.
Una nuova era è nata - sulla disfatta della prima - ma quest'ultima, verrà sempre ricordata, a discapito della sconfitta.
Grazie per la bella lettura e alla prox, ciao, Chiara.

Recensore Master
12/05/21, ore 18:03

"Lo strazio di non poter sentire ancor il canto della rondine a primavera o il passo lieve dei cervi d’estate ci riempì il petto di una nostalgia furiosa. E così, con il cuore pesante e l’odore di muschio nelle narici, morimmo."

Wow. Penso che sia la frase più forte, più pregna di significato e di carica emotiva che io abbia mai letto su questo sito o altrove.
Wow.
E' una scena davvero straziante e io la vedo solo dal punto di vista di una contemporanea, amante della storia antica e che si strugge al pensiero di quante culture e civiltà abbiamo perso per strada, con poche o nessuna traccia su cui ricostruire il loro pensiero.
Mi piace questa ambientazione generico-europea, o almeno credo che lo sia, il riferimento alla dea Danu mi ha fatto pensare ai libri di Ayla e al fiume Danubio, il fiume della Grande Madre. All'inizio la sacerdotessa si taglia i polsi e "si abbandona alla dea", il fiume si macchia di rosso e la gente guarda il fiume aspettando un segno, quindi nella mia mente la sacerdotessa si è tagliata i polsi e si è immersa in acqua. Acque placide, poi, mi fa pensare a un luogo dove la corrente non fosse molto forte, quindi un fiume già largo, magari perfino vicino alla foce, cosa che mi fa immaginare questa scena nelle zone dell'attuale Ucraina o Romania. Ma magari il Danubio non c'entra nulla. C'è una dea Danu anche in Irlanda (anche se il nome Danu è solo una ricostruzione, una ipotesi), ma non è chiaro se abbia un diretto collegamento con i fiumi. Comunque danu è una parola proto-indoeuropea che si è riscontrata in diversi luoghi con sempre significati legati ai fiumi, quindi potrebbe davvero essere ovunque in Europa.
Ma tornando al punto, sì, il mio dolore verso le civiltà perdute. Ho una passione anche per l'antropologia, quella studiata sui libri, non chiedetemi di parlare veramente con le persone, ma raccogliere dati e tramandarli ai posteri è una nobile missione per me. Possiamo imparare qualcosa dai nostri antenati? Sapevano qualcosa che noi non sappiamo? E' una domanda che mi accompagna da anni. Forse no. Forse l'unica cosa che possiamo imparare è che erano umani quanto noi.
E infatti questa storia porta un dolore del tutto diverso: non quello dello studioso che vede bruciare una mini biblioteca di Alessandria fatta di carne e cultura orale, ma quello di un essere umano che capisce che, dietro quelle memorie perdute, ci sono in realtà le vite e le morti di altri esseri umani. Tendiamo a dimenticarlo perché, anche se fossero vissuti in pace e morti di vecchiaia, ormai sarebbero andati da tempo.
Questa storia invece ce li rende vicini, ce li rende umani. Con che facilità a quel tempo si prendevano le vite degli altri senza pensarci due volte? Che amarezza la fine di questo popolo fiero, e come hai descritto bene le emozioni prima della morte, fin dal momento in cui cercano dentro di sè il coraggio (complice quella specie di bardo che è un po' sciamano, o vice versa), per poi trovarlo, combattere, la furia della battaglia, la gioia della vittoria temporanea, la paura quando i nemici tornano ma anche la soddisfazione di portarne con sé il più possibile - perché la vita umana non ha valore di per sé, solo quella del proprio popolo ne ha. Un mondo frammentato, ma così era per davvero.
E alla fine, per tornare alla frase che ho riportato all'inizio del commento, la morte che arriva, e l'inevitabile paura della morte anche se mitigata dal coraggio. La morte anche del nostro narratore, perché c'è un motivo se la notte cala in anticipo.
Molto bella questa storia, molto cruda e viva, davvero memorabile.

Recensore Master
12/02/21, ore 17:01

ciaooo carissima,
mentre aspetto l'aggiornamento ho deciso di addentrarmi in una nuova lettura, è vero, c'era l'altra long, ma poi lo sguardo mi è caduto su questa... che dire? Mi hai trascinato nel tumulto dell battaglia, ho sentito il presagio di guerra, di battaglia inevitabile che porterà solo morte e distruzione.
Ho sentito lo sconforto del popolo, quella voglia di preservare l'esistenza... questo prima che suonasse il tamburo, prma che arrivassero quei canti, prima che il popolo si inorgoglisse e si caricasse di odio per il nemico.
Ho apprezzato anche la preziosa figura delle donne, che non abbandonano i propri uomini.
E alla fine non ci sono vincitori, se non tu che hai scritto questa shot, dandoci un'altra prova della tua bravura *O*
il ttolo è azzeccatissimo, come sempre.
alla prossima <3

Lu

Recensore Master
28/11/20, ore 18:47

Ciao :)

Una narrazione davvero toccante, che dà veramente molto da pensare. Non ci sono nomi, non ci sono riferimenti geografici, solo qualche cenno che ci riporta indietro a quel periodo straordinario che fu l'Età del Bronzo, la cui tumultuosa fine coincise con il crollo di molti popoli e la scomparsa di molte tradizioni.

E forse, su questo, non ci si sofferma a riflettere mai abbastanza. Noi siamo abituati a maneggiare le testimonianze di tutti quei popoli che, anche se sono tramontati nel volgere dei secoli, hanno lasciato testimonianza di sé: popoli della Mesopotamia, o gli Egizi, e ancora i Greci, i Macedoni, i Romani... l'elenco sarebbe lunghissimo. Ma, altrettanto e anche più lungo, risulterebbe l'elenco di quei popoli e di quelle civiltà di cui, invece, non ci rimangono che pochissimi frammenti materiali: resti quasi invisibili di villaggi, punte di freccia, cocci... come parlassero quegli uomini e quelle donne, come chiamassero se stessi, a quali dèi si appellassero, quali miti narrassero la sera attorno al fuoco, invece, è un tipo di conoscenza che non è giunta fino a noi.
Migliaia e migliaia di persone si sono affacciate alla storia e noi ce ne siamo dimenticati, li abbiamo perduti nella polvere dei secoli.

Un altro aspetto su cui dovremmo rimanere fermi un po' più a lungo con il pensiero è che, quando c'è violenza, quando c'è la guerra, c'è la distruzione. Qui non siamo in presenza di un normale passaggio da un'epoca all'altra, del fluire in un'unica e nuova civiltà di elementi di tante culture differenti; qui siamo davanti a un evento violento, in grado di determinare un annientamento totale. E la storia, lo sappiamo, si è sempre ripetuta.

Insomma, un racconto davvero ben fatto, molto crudo nel suo realismo, che offre moltissimi spunti di riflessione.
Un saluto!
(Recensione modificata il 28/11/2020 - 06:50 pm)

Nuovo recensore
20/10/20, ore 22:26

Semplicemente splendida.
Perdonami l'intrusione, cara Genziana_91, ma non ho potuto fare a meno di scoprire chi si celava dietro l'etruscologa che mi ha lasciato quella bellissima recensione. E per fortuna che do sempre ascolto alla mia curiosità! Ho letto questa narrazione col fiato sospeso, quasi potessi vedere e sentire ciò che questo popolo provava. Non se ne fa nome, potrebbe essere chiunque, e proprio per questo fa riflettere: la difficoltà e la sofferenza che devono aver provato madri, padri, figli, nel combattere giorno dopo giorno solo per il diritto di vivere. La paura, lo sconforto, ma anche la speranza e il coraggio, nutriti dal rombo di un tamburo suonato a ritmo dei loro cuori.
Il modo in cui scrivi è semplicemente divino. Pulito, scorrevole, aulico e grammaticalmente corretto.
Gustero' le altre due storie. Nel frattempo ti invito a proseguire con la narrazione, perché hai un vero dono.

Simochan

Recensore Master
18/09/20, ore 11:12

Bello!
Una battaglia all'ultimo sangue dalle alterne vicende, resa suggestiva dalla presenza delle donne a fianco dei guerrieri.
Una descrizione lunga ma non prolissa. Anzi, quel "morimmo" finale, collettivo,come scolpito nella roccia, avrebbe forse dovuto essere sviluppato un pò di più.
Un pregevole miscuglio di suoni, odori, sapori, forze oscure della natura (ambientato ovviamente d'inverno, di notte e sotto un temporale furioso), sentimenti primordiali, senza le sovrastrutture imposte dalle società più "evolute".
Intelligente la frase finale che ricopia la frase iniziale.
Continua così!

Recensore Master
12/09/20, ore 17:57

Buona sera.
Ottimo, mi complimento per il progetto! Tendiamo a dimenticarci quel lasso di tempo lunghissimo che noi chiamiamo Preistoria, durante la quale l'umanità moderna si è evoluta e formata.
Apprezzo molto!