*prende fiato*
Allora, allora, allora. Anche qui sono in ritardissimo, scusami – ormai sono peggio di un disco rotto, lo so.
Ma...! Questa storia l’ho amata.
Partiamo dal presupposto che sono una di quelle persone incapace di associare personaggi o persone a una canzone. Shiho è un’eccezione, e infatti ci sono diverse canzoni che mi fanno pensare: «Va be’, dai, questa è stata scritta palesemente per lei» – Take Me Home è una di queste. Mi sono brillati gli occhi quando ho visto che avevi fatto la stessa associazione. ♥
Ho la riconferma che abbiamo una visione molto simile di questo personaggio e lasciami dire che la tua Shiho mi piace tantissimo.
Ho apprezzato molto i momenti che hai scelto di rappresentare; entrambi ci mostrano una Shiho che non solo pensa di morire ma che vuole morire. Penso che il messaggio della canzone rappresenti bene una parte importante del rapporto tra Shiho e Shinichi e ovviamente non mi è dispiaciuto trovare anche lui, soprattutto perché la sua presenza rafforza ancora di più il concetto del testo.
Con la morte di Akemi ha perso tutto, speranza inclusa. Il caso l’ha salvata, offrendole una nuova, inattesa possibilità. Non ha pensato mentre correva da lui, dall’unico che potesse comprenderla.
Ha trovato un compagno – qualcuno pronto a prenderla quando cade, qualcuno disposto a tornare in un autobus sul punto di esplodere per salvarla. Senza esitare.
Per l’appunto…!
Non è disperazione ciò che avverte, però. È piena di rabbia; si sente così inutile.
Questo passaggio mi piace molto e ti spiego subito il perché. Il semplice fatto che Shiho si ribelli più volte a Gin dimostra che, dopo che Akemi non c’è più, della sua vita non gliene importa nulla. Ne abbiamo la conferma assoluta durante il dirottamento dell’autobus, dove è pronta a lasciarsi saltare in aria. Ha paura, non vuole che i bambini, il professore e Shinichi perdano la vita per colpa sua. Ha paura, sì, ma non tanto per lei, piuttosto per gli altri. Per delle persone che l’hanno accolta a braccia aperte e le hanno fatto ritrovare il sorriso.
Ai tempi in cui era stata ammanettata in quello stanzino, invece, non aveva nessun altro da perdere. E allora preferisce pensare ad Akemi, che e già morta, piuttosto che a se stessa: non prova disperazione perché della sua vita non le importa.
Lo stacco tra i tre momenti introspettivi dato non solo dal testo della canzone ma anche dal ripetersi di diciotto anni non sono molti mi piace molto. Immagino – dimmi se sbaglio! – che prima sembrano troppi perché per la sua età Shiho ha già visto e vissuto fin troppe cose; poi sembrano sufficienti perché si è convinta di voler morire e quindi, tutto sommato, sembra accettabile morire a quest’età; infine sono a malapena un inizio perché in effetti la vita di Shiho, se con vita s’intende una vita degna d’essere vissuta, comincia con Ai Haibara.
Ovviamente, però, lei rimane Shiho, e infatti ho sorriso quando ho letto dopo diciotto anni, nel pronunciarle Shiho ci crede: nonostante si trovi nel corpo di Ai, tu la chiami Shiho. Ed è giustissimo così.
Ah, comunque in una sola storia mi hai ricordati tre dei miei casi preferiti: l’arrivo di Ai, Incontro indesiderato e il dirottamento dell’autobus – tu mi vuoi morta!
Grazie per come hai scelto di sviluppare il prompt, è sempre un piacere leggerti. ♥ |