Recensioni per
Un Buco Nell'Anima
di Relie Diadamat
Sono perfettamente d’accordo con te quando affermi, nelle Note finali, che l’immagine più significativa di Sh e del suo mondo sia quella in cui lo si vede suonare il violino ammirato da un John che ascolta quelle note come se fossero pura magia. |
Ancora Ella, ancora la struttura simmetrica che ci fa dare uno sguardo agli stati d’animo di John ed a quelli di Sh. Stesso vuoto, stessa solitudine. Ovviamente per il consulting non c’è la disperata ineluttabilità della morte ma la mancanza del suo “conduttore di luce”, che, per lui, è equiparabile ad un lutto importante. E questo senso di soffocante “mancanza”, lo scrivo tra virgolette perché desidero dargli una connotazione il più intensa possibile, lo esprimi efficacemente con un’accurata scelta lessicale (“...noia...angoscia...solitudine...strisciavano...” ecc...). |
MA BUON NATALE, MIA CARA NICOLE. |
Scrivere del tormento di un John senza Sh e non occuparsi dei suoi incubi non sarebbe sicuramente un racconto equilibrato. Sì, perché sappiamo che le angosce notturne sono un tratto caratterizzante del dolore di chi ha visto il suo “migliore amico” gettarsi nel vuoto, dell’ansia di chi si è comunque trovato di fronte alla morte violenta, sia in un lontano deserto sia su un marciapiede di Londra. Tu ti occupi di questo aspetto dandogli l’importanza che ha, che caratterizza l’umanità ricca e variegata di John. Inoltre ti occupi anche dell’assordante solitudine di Holmes. |
Ciao, mi spiace per essere in ritardo, ma trovare la pace per sedersi e lasciare una recensione, di recente sembra diventato non dico impossibile, ma quasi. Ci tenevo tantissimo ad andare avanti, visto che le storie precedenti mi erano piaciute molto, ma soprattutto perché qui c'è la musica a fare da legante tra John e Sherlock. Non è più soltanto la sofferenza che entrambi provano, e che ha sfumature diverse, ma che sempre sofferenza è, no, ora c'è dell'altro. E c'è questo ricordo legato a un violino che s'insinua nelle mente di uno Sherlock che passeggia per una qualunque città d'Europa, non è davvero importante il sapere quale sia, basta soltanto che sia un violino e una ragazza che lo suona, e allora ecco che tutto gli torna alla mente. Non credo che certi ricordi se ne siano mai andati via dal suo cervello, ma si sa che ci sono delle priorità di tanto in tanto e quella di Sherlock ora è smantellare la rete di Moriarty. Però qui si concede un momento per tornare indietro con la memoria a un momento che sembra banale della loro vita insieme. Di certo uno dei tanti che hanno condiviso nel corso del tempo. Suonare davanti a una finestra ed è interessante come la percezione di uno stesso momento, cambi a seconda di chi è il protagonista. Sherlock da una parte, che sperva che John gli fosse alle spalle e volesse abbracciarlo (ecco, questo forse è stato il primo pensiero a fondo slash di questa storia) e che s'innervosisce perché non capisce bene che cosa voglia John da lui, è come se non riuscisse bene a dedurlo. Mentre John dall'altra parte che resta affascinato da Sherlock e da una musica che fino a quel momento non aveva mai apprezzato, ma che ora invece si trova a piacere. Tanto che corre fuori dalla doccia in tutta fretta per poter meglio ascoltare Sherlock suonare un brano, magari neppure sa il titolo, ma non importa. Ecco, questo mi è piaciuto molto. Come lo stesso ricordo viene interpretato in maniere diverse. Mi colpisce sempre tanto la rabbia di John, in questa raccolta ne prova tantissima. Al punto che se nei sogni delle storie passate voleva picchiare Sherlock, qui invece vorrebbe spaccargli il violino. Lo stesso strumento che in passato tanto aveva amato, forse tanto quanto aveva amato lui, ora diventa come il simbolo di un qualcuno che non c'è più. Uno che ha amato tanto e che gli è stato portato via. Ecco, credo che la cosa più difficile da accettare per John sia il fatto che Sherlock si sia suicidato. Io sono convinta che John sia abbastanza intelligente da sapere che era tutta una montatura e dentro di sé, a livello inconscio magari, sono sicura che lo sapesse molto bene. Ma il dolore lo ha reso diciamo ottuso e gli ha offuscato la verità. E quindi soffre non solo per aver perso il proprio punto di riferimento, ma per non aver fatto niente per evitare che accadesse. Penso che la rabbia di John sia principalemente rivolta contro se stesso, solo che non è ancora arrivato il momento di accettarlo così come di accettare che amava Sherlock, e che in effetti lo ama ancora. |
Ciao, aspettavo questo aggiornamento tanto che mi sono messa a leggere il prima possibile. Proseguiamo lungo quella strada che hai intrapreso fin dal primo capitolo ovvero quella di Sherlock e John separati dal piano diabolico di Moriarty, che io credo in buona parte abbia funzionato, e che sono costretti a vivere in una situazione molto più che dolorosa. E se da un lato abbiamo Sherlock che, a Vienna (mi piace molto la scelta delle città, Vienna è suggestiva a mio avviso), conclude il proprio lavoro in quella città, dichiarando alla fine che Vienna è pulita, dall'altra parte c'è John che sprofonda sempre di più nell'abisso. Siamo lontani da una via d'uscita, questo è perfettamente evidente non soltanto dallo stato emotivo di entrambi, ma dal fatto che tutto questo è appena iniziato. John, dal canto proprio, non è ancora riuscito ad accettare la morte di Sherlock. La seduta dalla psicologa che qui ci descrivi in un modo che ci fa capire che non gli sono d'aiuto e che ci va probabilmente più per buon senso che perché creda davvero possa funzionare, lo portano invece molto più giù di quanto non ci si aspetterebbe. Ma come si è detto Sherlock non era solo un amico, era il centro del mondo di John in un modo molto più profondo di quanto John stesso non abbia analizzato e quindi ora il suo dolore non è solo quello per la perdita di un amico o di un collega, ma quella di una persona che ha perso tutto. Prima c'era la guerra e poi, per lui, è finita e allora è tornato a Londra dove si è rifatto una vita e dopo poco più di un anno, quella vita gli è stata strappata via e ora John ha perso la bussola. Deve accettare di dover vivere tutta la propria vita senza Sherlock e non sa cosa fare, perché nel bene o nel male e nonostante i tanti difetti di Sherlock, lui era la persona attorno a cui gravitavano tutte le sue giornate e quindi il lavoro, la vita di tutti i giorni... questa mancanza pesa davvero moltissimo, tanto che le sedute dalla psicologa non sembrano davvero efficaci. Al contrario i consigli di Ella di scrivere quello che prova, di tirare fuori qualcosa cadono a vuoto esattamente come cadevano a vuoto prima che John incontrasse Sherlock. è triste a dirsi, ma è come un cerchio che si chiude. Niente succedeva nella sua vita prima di Sherlock e niente succede nella sua vita, ora. |
Ciao. ^^ |
Ciao, sono davvero contenta di ritrovarti così presto con una storia. E se la prima mi era piaciuta molto, questa mi è piaciuta ancora di più. Come hai detto anche tu nelle tue note finali, è molto introspettiva (caratteristica che adoro, perché l'introspettivo è il mio genere preferito) e mi è piaciuta tantissimo. La definirei anche psicologica, perché se nella prima storia tu intaccavi la superficie del dolore di John e della solitudine desolata di Sherlock, qua invece vai giù a fondo e non risparmi né l'uno né l'altro del loro dolore. |
Ciao, era già da qualche giorno che volevo leggere questa tua storia. Ricordo che hai già scritto in questa sezione e ricordo anche alcune long e OS tue, quindi ero davvero curiosa. Sono felice che tu sia tornata da queste parti e questa prima storia è un intro davvero perfetta per una raccolta. |
L’argomento di cui ti sei occupata in questa OS è uno di quelli che ha riempito il mare grande del fandom, ovviamente, in questa Sezione. È uno dei miei preferiti, che s’inserisce a pieno titolo nella Johnlock, anzi, ne costituisce, secondo me, un fattore importante anche per gli sviluppi che ne seguiranno. Siamo in pieno post Reichenbach, immersi nel lutto che dilaga per il 221b, in seguito alla morte di Sh, chiaramente quella a cui John è stato indotto a credere. Questo particolare periodo corrisponde ad un vuoto nelle Stagioni BBC in quanto i Mofftiss non hanno ritenuto necessario occuparsi di quello che, sia per John sia per Sh, dev’essere stato un periodo terribile di solitudine e rimpianti. Quindi leggo sempre con interesse le vostre proposte di Autori per scoprire quali scenari abbiate immaginato relativamente a questo. Non che io voglia minimizzare quella che io ritengo l’angoscia del consulting di trovarsi in un paese straniero senza la vicinanza preziosa del suo ‘conduttore di luce”, ma ritengo che, il pensare a John vivo, che avrebbe prima o poi raggiunto, sia stato un buon motivo per sopportare la lontananza da lui e da Londra. Invece il vuoto del 221b che circonda chi ha visto l’uomo di cui era innamorato, forse senza rendersene conto, gettarsi giù dal tetto del Barts e piombare esanime sul marciapiede sottostante, dopo un accorato addio, dev’essere stato veramente soffocante e drammatico. Ecco, tutto questo io ritrovo da te, originale ed inedito, con un gusto di mai letto, di nuovo, nonostante gli anni trascorsi dalla Serie dei Mofftiss e i fiumi di parole spesi nel fandom. Ciò significa che, a mio avviso, hai saputo riempire quel vuoto di sceneggiatura dello “Sherlock” BBC con un’energia ed un reale coinvolgimento emotivo che mi hanno decisamente interessato, come se mi trovassi di fronte a qualcosa di nuovo ed avvincente. Hai ideato un ponte invisibile ma concreto tra i due di Baker Street, attirando l’attenzione di chi legge su degli oggetti ben visibili, significativi e, cioè, le sigarette. Questo è sicuramente IC perché, nel canone dei Mofftiss sono un fattore caratterizzante, come la pipa per Doyle, che, a volte, assume contorni comici, come in quell’immagine di Sh che ne porta un bel po’ in bocca o in quella discussione, sfiancante per John, vista all’inizio di THOB. |