Mia cara Gladia!!
Tu scrivi delle poesie sempre stupende. Hannibal ammira Will. Ne ammira la fragilità, l’aspetto, la possibilità di plasmarlo sotto le proprie dita. Ne riconosce la fermezza, ma riconosce anche che il suo carisma può corromperlo, sgretolando i suoi propositi, rivelando il sé oscuro che Will (come tutti noi) nasconde. Sebbene Hannibal sia il predatore per eccellenza perché si ciba di uomini, con Hannibal ricopre il duplice ruolo di preda e di predatore. Non potrebbe essere altrimenti, dato che è inseguito da Will e ne è attratto eppure caccia Will (e altri). A questo proposito la metafora della caccia è unita con l’immagine della foresta che alberga in Will – e la foresta è un luogo intrinsecamente ricco di significati e di richiami.
Will è anche una creatura che Hannibal definisce “plasmato per essere mio”: anche qui non posso che pensare come Hannibal si rifaccia al mito di Adamo ed Eva, dove quest’ultima viene creata a partire da Adamo, ma anche di come Adamo stesso sia a immagine e somiglianza di Dio. Qui la creazione è per creare un incastro amoroso – il corpo di Will è fatto appositamente per essere amato e completarsi con Hannibal, ma non posso non pensare che il dottore possa svolgere, proprio perché guarda nelle menti altrui e può evocare cose sepolte nella psiche dei suoi pazienti, come Will, il ruolo di un dio.
Quel “saggia la carne e godine” è, oltre a essere un invito evocativo e d’impatto, duplice, anzi triplice. Di nuovo vedo un richiamo biblico all’Eucarestia, vedo un richiamo sensuale, un invito a consumare l’amore, ma a voler leggere in modo più letterale l’invito c’è il mangiare come atto. Il cannibalismo di Hannibal, dunque, che si offre – e offrendosi, chissà che non pensi di far trasmigrare un po’ di sé in Will. Gli ultimi due versi li adoro. Hannibal preconizza il futuro di Will, ne legge la natura feroce prima che lui, ancora virtuoso, ma sempre più corrotto, se ne accorga. Insomma, una poesia splendida (come sempre, del resto).
Un abbraccio,
Shilyss |