Che mi prenda un coccolone, milady, ma stavolta non ci ho capito una beata fava.
Potrebbe essere colpa dell'influenza, che mi sta rubando le notti, o dell'arteriosclerosi cerebrale provocata da eccessiva assunzione di media e di talk show.
Fatto sta che ho cercato dei punti d'orientamento nelle stanze delle rime, delle metriche, delle figure retoriche, ma già sapevo che nell'open space dove vivi tu non ne avrei trovati. Solo una ripetizione, forse (è una figura retorica anche quella), poco poetica per la verità a parer mio: "diviene… questo divenire".
Ho cercato poi di librarmi alleviato e sollevato dall'eleganza dei versi sciolti. Ma stavolta non sono riuscito a far rivivere nessuna delle immagini.
Persino quell'ape giocosa: non ho capito se le piaccia giocare oppure fare gli scherzi.
Le parole evaporano. Seccano, nel senso che si asciugano, ma anche pesano, pur se sostieni che "perdono del loro peso".
E preferisco annaffiare il giorno con un calice elegante, perché l'anima si fa asmatica e manco la "malinconia dolce" riesce a farla respirare.
Le gambe, doloranti per l'artrite, restano ferme.
Ma la scrittura rimane sempre una grande risorsa.
Mi hai messo però di fronte a un dilemma… Una poesia: è più facile leggerla o scriverla?
Un abbraccio come sempre. |
