Carissima Chevalier,
eccoti dunque con un altro bel racconto che non è più una notte agitata, ma un giorno. Non un giorno qualunque, ma quello in cui si mette in scena un vero e proprio rito di passaggio come ormai non ve ne sono più, una pre ammissione all'età adulta dove la consegna della spada con la punta e la lama affilata implica il carico di responsabilità maggiore che si possa immaginare per qualsiasi essere umano, quello per il quale si tiene in pugno la vita di un altro. Ed è in tal contesto che va inquadrata anche quella immagine fortissima della partita a scacchi con il solenne rimprovero per aver barato, quel povero pedone lasciato sotto sotto la presenza torreggiante del Re è qualcosa in grado di infliggere un'umiliazione più forte di uno schiaffone. Perché proprio quel potere di vita e di morte va usato senza arbitrio e soprattutto con lealtà e correttezza, innanzitutto. Questa tua versione del generale Jarjayes conosce molto bene le strategie di comunicazione, non meno di quelle della guerra, e sa come far passare un messaggio. Del resto è cosa nota che, prima di attaccare, gli eserciti studiano bene come intimidirsi, a volte con gesti e con parole stereotipata o con molto clamore che nell'antichità era quel costante battere le lance sugli scudi. Ma se questo rito di passaggio sembra quasi un elemento auto conclusivo in realtà non lo è. Perché Oscar si troverà a dover mettere da subito in atto la responsabilità del possesso di quella spada, con il ferimento del padre il quale coglie immediatamente l'occasione per impartire una nuova lezione al "figlio" che lo teme, ma lo ama con tutta evidenza. Una doppia lezione che da un lato vede la necessaria tempestività di intervento, dall'altro insegna ad Oscar che quando si fa un danno senza volerlo, non c'è spazio né tempo per le incertezze e per i dispiaceri vani. Meglio che il dispiacere si trasformi da subito in azione riparatoria e di assistenza. Una lezione che vale ovviamente non solo sui campi di battaglia, ma soprattutto nella vita ed in tempo di pace.
Io non so se la Oscar di Nagahama e Dezaki sarebbe stata così incline a confidare quel senso di peso improvviso sulle sue spalle ad André cercando addirittura un abbraccio. È plausibile, ma non è certo. Se una improvvisa ritrosia l'avesse frenata, tali sarebbero stati comunque i suoi pensieri. Sia chiaro che questa non è assolutamente una falla. Tutt'altro, è un punto di forza che noi "fictionist" ci possiamo anche permettere quando non siamo scrittori professionisti, anzi proprio per quello. Magari qualcuno lo è o potrebbe pur esserlo, ma il contesto, meno formale del libro, assolve e concede la licenza.
Del resto, ammettiamolo pure che, sia pure nella consapevolezza di essere OOC, quella caratteristica che abbiamo immaginato ci piace troppo da non pensare di attribuirla ad Oscar, proprio in virtù dell'amore che proviamo per lei e per la sua storia. Quindi evvivano gli OOC, sopratutto quando sono scritti benissimo come i tuoi ed hanno indubbio spessore umano oltre che narrativo.
Penso che possiamo ben dire di esser di fronte ad una Autrice di valore e chissà che un domani non arrivi una fan artist che voglia anche illustrare le tue storie. Sarebbe molto bello. È già accaduto in passato e non vedo perché non dovrebbe accadere ancora. Visto che non ci si guadagna nulla, almeno quella piccola grande soddisfazione, quel piccolo riconoscimento d'arte che se proprio non è un endorsement, come si dice oggi, ci si avvicina parecchio. (Recensione modificata il 02/11/2023 - 11:33 am) |