Davvero una bella, pregevole poesia; un tripudio di rime, assonanze e consonanze una più azzeccata dell’altra; una creazione festosa di parole accostate, senza disdegnare licenze poetiche (“connette in gioconda”) e termini anche obsoleti (“fluttuo”).
Difficile il tema, perché a differenza dell’Inno all’Amore di San Paolo, Corinzi I,13, qui ci si pone su un piano più astratto, meno tangibile e meno sperimentabile. Eppure mi son visto passare davanti agli occhi vigorose immagini dell’Eternità, tanto più preziose quanto più oscurate nell’universo di tutti i giorni, apparentemente sempre più effimero e caotico.
Mi è sembrato di leggere un inno salmodiante e danzante, dove le ripetizioni (“sacro, primordiale”, “battito di cuore”) offrono continue variazioni, come note che vanno e ritornano, il refrain di una melodia nascosta ma neanche troppo.
Il tenore dei versi si mantiene costantemente elevato, nonostante il fatto che 17 quartine non siano propriamente poche. Ma non stancano, spaziando fra elevate espressioni filosofiche e fatti meno remoti (“lo sguardo di un bambino appena nato”).
Complimenti!!! |
