Lo stile si staglia deciso, anche stavolta, con le rime (pienamente d’accordo sulla carica positiva che hanno in una poesia; occhio però, “ànima” non fa rima con “redìma”, “essere” non fa rima con “vedere”, “nascere” non fa rima con “temere”... meglio lasciare senza rima in quei casi), le parole che ti piacciono (“primordiale”), le espressioni che ritornano e si ripresentano, le parole ricercate (“gnome”..., questa sconosciuta).
Quanto al contenuto, che stavolta si incentra su un amore non divino ma umano, per quanto puro e spirituale, certe espressioni - come eternità, infinità - le trovo un po' sovrumane, roboanti, retoriche.
Lo intuisco, tutto non nasce da un programmino di Intelligenza Artificiale, ma da un entusiasmo traboccante che ti auguro possa davvero durare in eterno. Ma stavolta ho fatto un po' più di fatica ad empatizzare. Forse perché non ci ho trovato quella componente di dubbio sottile, di paura leggera, quel tremito emozionato che sempre mi ha accompagnato nella mia esperienza terrena quando “attraversiamo l'abisso dell'ignoto”. Forse perché la foga travolgente ha un po' velato l'immediatezza della composizione. O forse perché ero io più antipatico del solito.
Ho dovuto rileggere più volte per commuovermi di fronte a quella promessa, “giuramento” anzi, gratuito e incondizionato, a quell’offerta di sé nella buona e nella cattiva sorte.
P.S. “stella in lontano”: non era meglio “da lontano”? |
