Premessa: io non sono nessuno per dare consigli; in ogni caso, non credo abbia veramente significato pubblicare in questo sito se non si trova qualche volenteroso elargitore di pareri, sebbene forse non sempre molto qualificato, spinto da desideri di condivisione. Avendo io trovato in questo racconto molte cose meritevoli, ho deciso di lasciarti una recensione un po' approfondita, nella speranza di poterti davvero giovare nella ricerca artistica, fermo restando che io non possiedo la verità, né dalla mia lingua sputo alcun Verbo; ogni cosa che dirò non sarà niente di diverso da un parere personale, condivisibile, come no. Bene, cominciamo.
In generale il racconto è godibile. È una fiera di clichés, ma ciò non è affatto negativo, perché è evidente che è voluto. È chiaro: questo racconto è scritto da un fan per i fans del giallo-investigativo, e si tratta dunque di un'operazione letteraria anche piuttosto sofisticata, perlomeno a livello teorico. Abbiamo il classico investigatore (affascinante, eccentrico, dotato di un sopraffino gusto per l'arte e la culinaria, razionale, logico, sistematico, geniale), il suo assistente (eterno impacciato, con una relazione amorosa sulle spalle, egli è il necessario contrasto per far emergere il detective, l'indispensabile punto di vista interno da cui il lettore può assistere alla storia; l'investigatore, ovviamente, dev'essere percepito come qualcosa di totalmente altro), la segretaria (qui un po' in ombra, ma di solito incapace di comprendere le eccentricherie dell'investigatore), più gli accidentali personaggi dell'attuale caso da risolvere, e dunque abbiamo un caso. Le componenti ci sono tutte per un racconto intrigante e di sicuro successo, ad ogni modo non sempre, secondo me, sei riuscito a replicare il cliché in modo da renderlo piacevole. La scena di presentazione dell'investigatore, quando cioè Homes intuisce che Emily non ha dormito, né mangiato, all'inizio, risulta secondo me un po' macchinosa, poco naturale, non scorre. Certo, assolve allo scopo - presentare l'investigatore nella sua genialità -, e richiama familiarmente una serie infinita di simili scene, ma, non so ben dire perché, non m'ha convinto: non sembra poi tanto geniale, ecco. Del resto, è questa credo la maggior difficoltà nello scrivere un giallo imperniato su un detective alla Poirot: che essergli, come autore, alla pari è difficile! L'ho sperimentato io stesso, quando in passato mi sono cimentato in scritture simili. Ma andiamo avanti. In tutto il testo ci sono a volte altre situazioni che sembrano un po' macchinose. Ad esempio questo fatto che l'assistente si sia dimenticato delle nozze future con Emily - mentre se ne sia ricordata la sorella, insomma! :) Sarebbe stato comunque plausibile che egli non riconoscesse la futura moglie, anche certo ricordandosi delle future nozze. Del resto, se davvero le intenzioni della famiglia Doyle erano di rimpinguare le proprie casse, avrebbero davvero lasciato passare tanto tempo senza nemmeno fare un po' di pressione alla famiglia reale, quella dell'assistente? Mah... Non mi convince! :) Invece le deduzioni finali di Homes, cioè il fatto che egli abbia compreso il forte legame della sorella verso il fratello, smascherandone così le intenzioni, tutto lì mi sembra filare liscio, e come l'olio. Anzi, è la parte del racconto più fluida, meno macchinosa. Ecco, a volte secondo me le tue digressioni rischiano di far perdere il filo dei dialoghi. Le digressioni ci stanno, specialmente nell'investigativo. Però io proverei a posizionarle in luoghi diversi, meno invadenti. 10 e lode va a certe digressioni, divagazioni del protagonista capaci in poche righe di trasmettere il colore dei personaggi: mi riferisco ovviamente a quella sul giardino della sua casa, dove si trovano le "due metà", quella sua, e quella della sorella. È davvero ben riuscito, quel passo. O anche l'iniziale divagazione sui gusti artistici di Homes - dove si parla dell'"Urlo" di Munch come se fosse un'opera brutta, molto bello! :) Comunque, ecco, in generale il mio consiglio è: cerca la maggior fluidità, la minor macchinosità quanto più t'è possibile, sia nella trama, sia nello stile. E qui parliamo dello stile.
Mi piace la tua scrittura. Scorre, è fluida, rincorre i normali pensieri di un normale assistente di detective. Piacevole in molti punti. In alcuni - pochi, non temere! - però altrettanto macchinosa come in certi punti nella trama. Ti cito una frase che trovo pesante come un macigno, e anche decisamente brutta: "Come vi ho detto, rimasi per qualche secondo indeciso se ricevere io la misteriosa donna o se dire a madame Hics di farla accomodare nello studio mentre io andavo a chiamare il professore, e alla fine decisi che avrei accolto io la nostra ospite". Va bene essere colloquiali, va bene che stiamo seguendo i pensieri nella mente di un uomo. Ma qui secondo me ci sarebbe di rivedere! :) Ma è l'unico caso, in verità. Poi vi sono gli errori di battitura - che non incidono sul giudizio. "Sì" non è la stessa cosa di "si". "Né" non è la stessa cosa di "ne".
Ecco, ho finito. Mi dispiace se ti sembro il maestrino. Questi sono consigli che ho voluto dare proprio perché ho trovato molto interessante il tuo racconto, e così... :)
Ciao! :)
P.S: "- Scoprii, però, che non era immune alle amicizie femminili - sogghignò - e ad alcune pratiche onanistiche! - voltandosi poi verso di me - Dai Robert, non fare quella faccia! So benissimo che anche tu di tanto in tanto ti masturbi così come sai benissimo che anche io, di tanto in tanto, lo faccio! In fondo abbiamo scoperto insieme questa cosa! -" Scelte personali, per carità. Io cambierei simili cadute di stile. Però qui, appunto, come del resto per tutto quello che ti ho scritto, si entra in questioni di scelta personale. Alla prossima, spero! :) |