Film > L'Ultimo Dei Mohicani
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Autore: Eilan21    29/03/2012    9 recensioni
Una ri-narrazione del film dal punto di vista di Alice, con delle scene aggiunte. Centrato sulla storia d'amore tra Alice e Uncas, e con una piccola sorpresa nel prologo. Adoro il film e volevo contribuire... Enjoy!
NOTA: In fase di revisione. A breve ne pubblicherò una versione ampliata e riveduta!
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Estate 1762

 “Quando arriva il fratellino, padre?”, chiese Hinun, stanco di aspettare. “Perché ci mette così tanto?”

 “Ci vuole il suo tempo”, rispose Uncas divertito. “E poi come fai a sapere che è un maschio? Potrebbe essere una bambina, no?”

 “Allora, è un maschio o una femmina?”, insistette Hinun, non ancora soddisfatto.

 “Solo il Grande Spirito può saperlo, piccolo mio”, intervenne Chingachgook. “E' Lui che decide le cose di questo mondo.”

 “Allora puoi dirgli che io non lo voglio un fratello, nonno?”

 “Perché no? Preferisci una sorella?”, chiese Nathaniel curioso.

 “Sì, così non può venire a caccia con mio padre e me!”, dichiarò il bimbo orgogliosamente.

 Chingachgook e Nathaniel risero di gusto, strappando un sorriso anche ad Uncas. In realtà, anche se cercava di non darlo a vedere, Uncas era teso. E come avrebbe potuto non esserlo, quando la sua Alice stava per mettere al mondo un bambino? Sua moglie era in travaglio ormai da quella mattina presto, e Uncas ancora non sapeva se stesse andando tutto bene oppure no. D'altronde il parto era un lavoro da donne, in cui i poveri padri in attesa venivano poco considerati. Anche se Alice era assistita dalle donne Delaware più esperte in materia di nascita, nonché da Cora, che non avrebbe mai lasciato sola la sorella, Uncas non riusciva a tranquillizzarsi.

 “Su, coraggio fratellino!”, esclamò Nathaniel, dando una pacca sulla spalla di Uncas. “Non agitarti, andrà tutto bene anche questa volta.”

 “Sto bene...” , mormorò Uncas.

 “Ma se sei pallido come un cencio... per quanto tu possa diventarlo, ovviamente!”, rise Nathaniel, senza resistere alla tentazione di punzecchiare il fratello.

 Poco interessato ai discorsi dei grandi, e stufo di aspettare un fratellino che sembrava farlo apposta a metterci tanto tempo, Hinun raggiunse un gruppo di bambini che stavano giocando poco lontano. Tra loro c'erano anche Chenoa, la più grande delle bambine di Nathaniel e Cora, che aveva quasi la stessa età di Hinun, e Taima, la più piccola, che aveva due anni. I tre cuginetti erano molto affezionati, sebbene tra loro non mancassero i battibecchi tipici dei bambini.

 Finalmente, verso mezzogiorno, Cora si affacciò alla porta della wigwam e fece un cenno in direzione di Uncas, che si affrettò a raggiungerla.

 “Sta bene, non preoccuparti”, mormorò Cora, in risposta alla muta domanda di Uncas. “E ora hai anche una bambina, bella e sana.”

 Uncas le sorrise, sollevato. Poi entrò nella casa, e trovò Alice seduta sul suo giaciglio, stanca e pallida, ma felice. Dalla grossa treccia le sfuggivano delle ciocche disordinate, e una lieve pellicola di sudore le baluginava sul petto. Tra le braccia teneva un fagottino avvolto in un telo, che porse ad Uncas non appena lui si inginocchiò accanto a lei. Uncas stava per dire qualcosa, ma si bloccò quando posò gli occhi sul visino grinzoso e adorabile di sua figlia. Si sentì stringere il cuore dalla tenerezza, mentre gli accarezzava la testolina, sormontata da una coroncina di capelli neri come quelli di suo padre.

 “E’ davvero una bambina?”, chiese continuando a rimirare quel capolavoro, incredulo di esserne proprio lui l’artefice.

 “Una bambina”, gli confermò Alice. Poi aggiunse: “Aiyana?”

 Avevano già deciso che, se fosse stata una bambina, avrebbe portato questo nome che significava 'Eterna fioritura'. Uncas annuì e, avvicinandosi, baciò la moglie sulle labbra.

 Poi spostò lo sguardo da Alice alla bambina, e viceversa, e sembrò che stesse riflettendo. “Mi hai fatto i doni più grandi che un uomo possa ricevere”, disse infine. “Nelle tue mani hai il mio cuore e la mia anima. Sei il cielo che mi sovrasta e la terra sotto i miei piedi… ti amo, Alice.”

 “Ti amo anch'io”, mormorò lei allungando una mano ad accarezzargli la guancia. “Ora va'”, aggiunse sorridendo, “portala da Hinun... sarà contento di vederla.”

 “Credo proprio di sì... poco fa ha detto che avrebbe voluto una sorella, così non sarebbe potuta venire a caccia con noi!”

 Alice rise, seguendo con lo sguardo suo marito che usciva dalla wigwam con la piccola Aiyana in braccio. Rimasta sola, Alice ripensò al suo passato, a ciò che era stata, a come era cambiata la sua vita... alla storia che, quando fossero stati più grandi, i suoi figli avrebbero meritato di conoscere. Avrebbero dovuto sapere perché la loro madre veniva da un paese lontano chiamato Inghilterra, e come era giunta su quelle sponde.

 Molte cose erano cambiate da quando Alice era sbarcata dalla nave che l'aveva portata in America, ma una cosa sarebbe sempre rimasta vera: Uncas le aveva salvato la vita. E non soltanto scalando una montagna e sfidando da solo Magua e un intero gruppo di guerrieri Huroni... le aveva salvato la vita in senso più profondo. L'aveva salvata da un matrimonio combinato, da una vita senza amore, da un vuoto susseguirsi di balli in società e té pomeridiani, da una gabbia dorata che l'avrebbe lentamente stritolata, da una vita di quieta disperazione. Riusciva ancora ad immaginarsi, stretta in un corsetto soffocante, sollevare con garbo la tazza di porcellana colma di té e ascoltare chiacchiere sulla stagione mondana e sulle novità della moda. Rabbrividì a quel pensiero.

 Era ovvio che per una ragazza cresciuta fino a quel momento nel lusso e incapace di prepararsi nemmeno un pasto da sola, la vita nella Natura Selvaggia all'inizio fosse stata dura, ma Alice non rimpianse mai la sua scelta. Uncas le aveva mostrato la via per essere felice, le aveva mostrato un luogo dove il mondo era tutto intorno a lei, senza pareti e senza confini, dove non c'era bisogno di cercare Dio, perché la presenza di Dio era evidente ovunque, potevi vederla e sentirla in ogni singolo sasso e stelo d'erba della Sua meravigliosa creazione. Il Grande Spirito, come lo chiamavano gli indiani. Lì si viveva di ciò che la natura offriva in abbondanza, senza gli eccessi materiali che spesso portano a perdere di vista la vera essenza della vita. In compenso, fra gli indiani nessuno soffriva la fame, non c'erano ricchi o poveri, e nessuno era al servizio di nessun altro.

 Durante i primi mesi del loro matrimonio, Chingachgook si era tenuto ben lontano da Alice, ancora incapace di accettare la decisione del figlio di sposarla. Ma il giorno in cui Uncas gli aveva messo tra le braccia Hinun appena nato, Chingachgook aveva messo da parte ogni dubbio. Alice ne era stata sinceramente grata, perché capiva perfettamente il motivo per cui il suocero facesse tanta fatica ad accettarla come moglie del suo unico figlio di sangue. Senza dubbio il fatto che Hinun fosse, anche nell'aspetto, un vero Mohicano, aveva aiutato Chingachgook a tranquillizzarsi. A comprendere che il sangue inglese di Alice non era un ostacolo alla sopravvivenza dei Mohicani. Hinun, Aiyana e gli altri bambini che forse sarebbero venuti avrebbero portato avanti la loro stirpe. Il Popolo delle Acque che Sempre Scorrono non sarebbe stato dimenticato.

 


 

   
 
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