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Autore: MedusaNoir    30/03/2012    3 recensioni
Manuel è su di giri: non vede l'ora di presentare a Marco la cantante che ha trovato per il loro gruppo. Il giovane chitarrista vorrebbe solo essere lasciato in pace ad arrangiare la nuova canzone che ha composto, ma il dovere lo obbliga a seguire il suo amico nel locale in cui avrebbero dovuto incontrare la ragazza; mentre attende al bancone che Manuel la trovi, però, Marco fa la conoscenza di un'accanita fan di Star Wars, scoprendo pian piano che hanno parecchie cose in comune. E che farebbe meglio a togliersela dalla testa.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Sulle note di Cat Stevens'
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Questa storia raccoglie dei missing moments di Sulle note di Cat Stevens, raccontando la storia dal punto di vista di Marco. Non è ASSOLUTAMENTE necessario leggere l’altra, ma se volete farlo per integrare la lettura di questa trovato il link nelle note.


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Maybe stories are just stories

- Muovitimuovitimuovitimuoviti!

Marco sbuffò, dando una spinta a Manuel, che sulla soglia del suo appartamento saltellava nervoso da dieci minuti, pregandolo di fare in fretta. Ma fare in fretta cosa? Aveva appena composto un brano, lo stava arrangiando al computer e il suo amico gli chiedeva di fare in fretta? Forse si era dimenticato chi avesse davanti. Fortunatamente, Manuel aveva bussato insistentemente alla sua porta quando ormai il lavoro era quasi finito, per cui non aveva dovuto sopportare la sua presenza snervante per molto: era come un fratello per lui, ma a volte avrebbe voluto solo lasciarlo nelle grinfie di qualche Sith.

Infilò la giacca e uscì da casa, seguito dal fedele Manuel che non la smetteva di elencare i pregi della ragazza che stava per presentargli.

- Non so come fai a stare così tranquillo, - esclamò, parlando a raffica. – Abbiamo trovato una cantante! Ha una voce straordinaria, molto meglio di quella cretina di… Com’è che si chiamava?

- Non fare il finto tonto, ti sei anche portato a letto Martina.

Manuel rivolse a Marco un sorriso leggermente imbarazzato. – Beh, questo non significa che fosse una brava cantante.

- Certo che no, ma rafforza il “cretina”.

- Vedrai, Aurora è fantastica: persino Ettore non riesce a toglierle gli occhi di dosso!

Marco si bloccò prima di aprire la portiera dell’auto. – Ettore? – chiese, sarcastico. – Stiamo parlando della stessa persona?

- Sì, quell’Ettore che dopo Simona ha detto di aver chiuso con le donne.

- Quant’è durata?

Manuel si strinse nelle spalle. – Ad ogni modo, credo voglia fare sul serio, non se l’è ancora portata a letto e lei è già letteralmente caduta ai suoi piedi.

 

 

- Vado a cercarla, dovrebbe essere arrivata, - annunciò Manuel, addentrandosi tra la folla del locale in cui il gruppo avrebbe dovuto incontrarsi con la nuova cantante. – Tu aspettami al bancone, sennò ti perdo.

- Va bene, mammina.

In attesa che Manuel tornasse con la “favolosa ragazza” da lui descritta, Marco si appoggiò con i gomiti e la schiena al bancone, lo sguardo intento a percorrere la clientela del pub; un gruppo non troppo malvagio per i suoi gusti – e lui era una persona molto esigente – suonava sul palco su cui anche i Moonlight Sonada, il suo gruppo, si erano esibiti in passato, prima che Martina li abbandonasse. Forse Manuel non era così bravo a letto.

Ordinò una birra, storcendo la bocca quando il chitarrista sbagliò un accordo. Mentre beveva, la voce di una delle due ragazze sedute al bancone vicino a lui gli arrivò alle orecchie, superando le note della canzone: aveva sentito una sola parola e gli era bastata per attirare la sua attenzione.

- Dico sul serio, Anakin in quella scena è fantastico! Dovevi vedere la sua espressione…

- Certo che è stato un idiota a credere a quel tipo strano, - commentò la sua amica, visibilmente annoiata dal discorso: un’eretica.

Si voltò per scoprire chi fosse la fan di Star Wars e vide, in parte nascosta dalla schiena della sua interlocutrice, una ragazza che non doveva avere più di venticinque anni – quattro meno di lui –, non molto alta, con una cascata di ricci scuri che le ricadevano sulle spalle scoperte.

- Ma lui l’ha fatto per salvare Padme, l’amava veramente!

- Va bene, d’accordo, sono l’amore più fantastico di tutto l’universo, ma possiamo parlare di altro? Ti prego, è da quando siamo arrivate che non fai che nominare quella roba là

Marco si sporse tra loro, avvicinandosi alla sola ragazza che meritasse la sua attenzione e finse di sussurrarle, parlando a voce abbastanza alta: - Dev’essere un membro della forza nemica. Non darle ascolto, giovane Padawan.

Le due amiche sussultarono, sorprese. Marco rivolse un sorriso ad entrambe e si presentò.

- Scusatemi, ma quando vi ho sentito parlare di Star Wars non ho potuto fare a meno di intromettermi. Piacere, io mi chiamo Marco.

- Silvia, - disse “l’eretica”, stringendogli la mano.

L’altra ragazza fissava la maglietta di Marco, sulla quale lui aveva fatto stampare un’immagine di Star Wars.

- Porti Obi-Wan nel cuore, - osservò.

- Esatto! – esclamò Marco, lieto che qualcuno avesse notato quel particolare, il volto dell’uomo in corrispondenza del petto

Era carina, notò ora che riusciva a guardarla meglio. Gli piaceva il modo in cui, evidentemente imbarazzata, scostava una ciocca riccia dietro l’orecchio, gli piacevano i suoi occhi, rilucevano in modo particolare, e Marco sapeva perché: aveva appena trovato un appassionato. Sì, era carina, non gli sarebbe dispiaciuto se fosse diventata la donna della sua vita.

Doveva buttarsi, prima che qualunque altro uomo nel locale la notasse. Stava per fare un’osservazione su ciò che lei aveva detto poco prima su Anakin e Padme, quando sentì la voce di Manuel sbucare dal nulla.

- Ma allora l’avevi trovata! – esclamò il suo amico, offeso. – Perché non mi hai fatto uno squillo?

- Di cosa…?

- Aurora, che piacere vederti! Questa splendida rossa è con te?

Marco sussultò, mentre anche Ettore e Simona si avvicinavano a loro. Ettore e Simona. Ma soprattutto Ettore, con il giacchetto di pelle nera e i lunghi capelli indomabili stretti da un elastico.

Aveva perso in partenza.

 

 

Si erano seduti intorno a un tavolo, chiacchierando dei più diversi argomenti per iniziare a conoscersi; incredibilmente, tutte le passioni di Aurora coincidevano con quelle di Marco. Oltre a Star Wars, la cantante amava la fotografia, le chitarre elettriche, passare le serate davanti a un film, commentare le peggiori pellicole al cinema, cucinare la pasta di notte. C’era solo una cosa che ancora non aveva nominato, ma sarebbero state fin troppe coincidenze…

- Che musica ascolti? – chiese Simona.

- Mi piacciono molti gruppi inglesi, - rispose Aurora senza neanche pensarci su, - ma principalmente adoro Cat Stevens.

Marco scattò e la guardò, indicandola. – In the midnight moonlight! – esclamò.

- I’ll be walking a long and lonely mile! – completò prontamente Aurora, indicandolo anche lei. – Non credevo di trovare altri fan di Cat Stevens!

- E’ la mia guida spirituale quasi quanto Obi-Wan! Qual è la tua preferita?

- Beh, sicuramente Here comes my baby rientra nelle prime cinque, ma anche Wild world

Manuel scoppiò a ridere. – Quando avrete smesso di elencare la sua discografia completa, possiamo andare? Marco non ti ha ancora sentita cantare, quel giorno non c’era: passiamo a casa mia, tanto ho la stanza insonorizzata, e se lui ci da l’ok tu sei nel gruppo!

Mentre percorreva, in macchina con Manuel, la strada tra il locale e la casa del suo amico, Marco era perso nei propri pensieri. Aveva notato gli sguardi famelici che Ettore rivolgeva alla ragazza, sapeva che doveva starne fuori: erano amici, non avrebbe avuto senso rischiare un litigio per Aurora. Ma se avesse portato con sé il rimpianto di non averci mai provato? Come si sarebbe sentito? Aurora sembrava fatta apposta per lui: le stesse passioni, le dita sottili, il sorriso che lo lasciava per qualche momento senza fiato…

Scosse con forza la testa. L’aveva appena conosciuta e quegli occhi, la voce e sì, anche il sorriso non erano sufficienti a dargli il coraggio di porsi volontariamente come rivale di Ettore. Ne avrebbe avuto il rimpianto? No, certamente: la conosceva da nemmeno due ore, per quale assurdo motivo avrebbe dovuto provare rimpianto?

Scese dalla macchina e salì le scale insieme al resto del gruppo e all’amica di Aurora, seguendo Manuel, che si voltava quasi ad ogni scalino per controllare che la nuova cantante non fosse solo un sogno.

Era carina, pensò di nuovo Marco mentre lei lo precedeva nell’appartamento, ma non era abbastanza.

- Wow! – esclamò Aurora, percorrendo con lo sguardo il salone. - Adoro questo salone enorme. Adoro tutto ciò che è enorme, a dire la verità.

Marco alzò lo sguardo al soffitto. ¹

 

 

Aurora era ufficialmente nella band da tre mesi.

Aurora era ufficialmente sotto le mire di Ettore da tre mesi.

Aurora era ufficialmente al centro dei suoi pensieri da tre mesi.

E’ enorme, Marco, ti stenderebbe con un colpo solo, si ripeteva, cercando di allontanare l’immagine della ragazza tra le sue braccia, dei capelli che gli solleticavano delicatamente il collo, del respiro che…

No, no, che stava facendo? Doveva togliersela dalla testa, doveva mettere a tacere ogni dubbio: Aurora era proprietà esclusiva di Ettore. Non ufficialmente, ma lo sarebbe diventata presto. Ecco, se quegli idioti si fossero decisi a mettersi insieme lui avrebbe potuto dimenticarla più facilmente, e invece Ettore voleva andarci piano. Ma si era mai sentita assurdità del genere? Se fosse stato al suo posto, certo dei sentimenti che anche Aurora provava, non avrebbe esitato a spingerla dentro il primo bagno e farla sua contro il muro.

Il cellulare lo avvertì dell’arrivo di un messaggio e Marco lo aprì immediatamente, senza nemmeno controllare chi fosse il mittente, tanto lo sapeva già: “Hai visto l’ultima serie, allora? Dai, dai, che muoio dalla voglia di parlare con te di Luke e Lorelai!” ²

Sorrise, arrendendosi all’evidenza: non se la sarebbe tolta dalla testa facilmente. Rispose ad Aurora e prese la Fender nera, poggiandola sulle gambe, per comporre una nuova canzone. Gli era appena venuta l’ispirazione, non sapeva nemmeno in che modo, o forse stava cercando di non ammetterlo.

Il telefono vibrò nuovamente e Marco ripeté le azioni di prima: “Ho bisogno di parlarti. Non penso che con Ettore potrà mai funzionare, mentre tu… Mi sono resa conto di amarti.”

Marco rimase talmente sorpreso dal messaggio che la chitarra gli sfuggì di mano e dovette compiere quasi un’acrobazia per impedire che si scontrasse violentemente con il pavimento del salotto. Sentì arrivare delle risate soffocate dalla porta e lanciò uno sguardo al telefono, poi storse il naso e andò ad aprire: Manuel si stava rotolando a terra, tenendosi la pancia e cercando di non farsi sentire.

- Idiota, - si limitò ad apostrofarlo Marco, richiudendogli la porta in faccia.

Per tutta risposta, Manuel lasciò andare la risata. – Ah ah… Ho sentito un rumore… ah ah… Non dirmi che hai fatto… ah ah… cadere la tua… ah ah… amata Fender… ah ah! E dai, su, era uno scherzo innocente! Aaaaprimi, Maaaarco, ti pregoooo… Non lasciarmi al freddo, pasticcino mioooooo…

Manuel avrebbe vinto, sempre e comunque, per cui Marco dovette arrendersi a farlo entrare in casa.

- Non dovresti fare…

- Ancora pensi a lei, eh? – lo interruppe Manuel. – Ti capisco, è una bella ragazza, e poi sembrate proprio fatti l’uno per l’altra…

- Piantala e dimmi il motivo per cui sei qui.

- Oh, ma si tratta di lei. Stasera avremmo dovuto incontrarci al ristorante cinese, domani ha un impegno importante qui a Roma, per cui sarebbe rimasta a dormire da me. Ma io mi sono ricordato un’ora fa che alle sette ho il treno per Venezia, ho i biglietti per un concerto comprati da mesi, - concluse con un’alzata di spalle, - per cui è tutta tua. Ci vediamo lunedì!

Marco continuò a fissarlo mentre si allontanava, talmente sconvolto da quello che gli aveva appena comunicato da non avere avuto la prontezza di obbligarlo a cercare un’altra soluzione.


 

- Mi dispiace, Manuel è completamente inaffidabile.

Aurora si spostò i capelli dietro la spalla, afferrando con l’altra mano un involtino primavera.

- Non preoccuparti, dovevo aspettarmelo: mi ci sono voluti solo tre mesi per conoscerlo bene!

Lo stesso tempo che mi ci è voluto per perdere la testa per te, pensò Marco, ma preferì spostare l’argomento sulla montagna di involtini primavera che avevano ordinato.

- Ed è solo l’antipasto.

- Certamente! Io devo ancora ordinare due primi e almeno un secondo -. Aurora si pulì la bocca con il tovagliolo, rendendosi conto di quanto maleducatamente stesse mangiando in presenza di qualcuno che non fosse Silvia: il ristorante cinese le faceva perdere la testa. – Scusami, devo sembrarti una camionista in questo momento, e pensare che solitamente sono abbastanza educata! E’ il cinese che mi rende tanto…

- Aurora, - la interruppe Marco, poggiando i gomiti sul tavolo e chiudendo le mani in un pugno che pose davanti al volto sorridente, - se tu fossi una melodia... userei solo le note belle.

Si accorse solo dopo averlo detto di quanto fosse stato sfacciato, notando lo sguardo sorpreso di lei; cambiò discorso, cominciando a parlare della nuova canzone che aveva composto quel pomeriggio, e Aurora si mostrò entusiasta di cantarla non appena fossero tornati a casa.

 

 

Aurora stava dormendo nel suo letto.

Lui avrebbe passato la notte sul divano, ma quello era solo un particolare. Immaginava il suo respiro nella stanza accanto, gli parve di cullarsi al suo ritmo, ma in realtà ripensava alla voce con cui Aurora aveva interpretato la sua ultima canzone: loro due e una chitarra, la famiglia perfetta.

Maledizione, ma come faceva Aurora a dormire beatamente trovandosi nello stesso appartamento con lui?!

Cambiò posizione, cercando di prendere sonno. Quella storia doveva finire.

 

 

Le aveva chiesto di uscire.

Aurora aveva lanciato un rapido sguardo a Ettore.

Marco stava per desistere, ma la ragazza aveva accettato.

E ora stavano insieme da due mesi.

La prima volta che aveva rivisto Ettore si era istintivamente ritratto, nascondendosi nella penombra della sala prove: il batterista seduto al posto, con le bacchette in mano e lo sguardo rivolto verso il basso riuscì a farlo tremare senza bisogno di dire una parole, o forse fu proprio il suo silenzio a metterlo ancora più in guardia; tuttavia, poco dopo il ragazzo aveva sollevato la testa, salutandolo tranquillamente e chiedendogli come fosse andata la settimana.

- Bene, - aveva risposto evasivamente Marco: Ettore non doveva averlo ancora saputo.

Sollevato dall’idea che almeno quelle prove sarebbero andate bene e che avrebbero ripreso il discorso una volta terminate – ce n’era davvero bisogno? -, Marco si era chinato sulla custodia della sua Fender nera per prenderle lo strumento, ma in quel momento Manuel aveva fatto irruzione nella sala prove con Aurora, che probabilmente aveva incontrato lungo la strada, e l’espressione allo stesso tempo sorpresa e piena di gioia sul suo volto aveva fatto capire a Marco che si era solo illuso.

- Aurorina mi ha detto che vi siete messi insieme! – aveva gridato, correndo verso l’amico per abbracciarlo.

Marco aveva distintamente sentito il rumore delle bacchette cadute a terra, poi Ettore si era alzato e si era limitato a stringere leggermente la spalla di Aurora, rivolgendole un sorriso tirato e dicendo: - Sono contento per voi.

Era uscito a fumare e, pochi minuti dopo, aveva avvertito il gruppo che Davide stava venendo ad ascoltarli.

Davide, il suo fidato amico. Ettore aveva avuto bisogno della sua presenza per continuare a suonare tutta la serata.

 

 

Le prove divennero così un momento problematico, perché Ettore si dimostrò sempre più incline ai litigi e una volta fece perfino scoppiare in lacrime Simona con la sua aggressività; la prese da parte, abbracciandola per chiederle scusa e per due settimane gli fu difficile scrollarsela di dosso.

Quella sera avevano un concerto in un locale di Roma in cui suonavano spesso e, per festeggiare l’apertura estiva, avevano deciso di indossare abiti adatti a una festa. La scollatura sul vestito di Aurora attirava gli sguardi di gran parte dei presenti, che evitarono di lanciare apprezzamenti volgari solo perché la presenza di Ettore incuteva loro paura.

Al termine del concerto, tuttavia, il ragazzo se ne andò in compagnia di Davide, lasciando campo libero a possibili corteggiatori. Approfittando di un momento in cui Aurora era sola, infatti, uno sconosciuto le si avvicinò.

- Posso offrirti da bere?

Aurora alzò lo sguardo e si spostò una ciocca di capelli ricci dietro l’orecchio, come faceva sempre quando era imbarazzata.

- Mi dispiace, non posso.

- Credevo stessi con quell’armadio che è uscito poco prima in compagnia di quell’assenza di virilità personificata, - aggiunse il ragazzo, cercando di farla ridere. – Dai, non gli dirò niente, neanche lo conosco…

- In realtà lei è impegnata con me, - si intromise Marco, mettendosi tra i due e sostenendo lo sguardo dello sconosciuto.

- Marco? – esclamò sorpreso e un po’ divertito il ragazzo.

- Valerio, - lo salutò sgarbatamente Marco.

- Voi vi conoscete? – chiese Aurora, confusa.

- Eravamo compagni di classe al liceo, - spiegò Marco, ma prima che potesse continuare la risata di Valerio lo interruppe.

- Mi ero quasi scordato di te! Eri proprio un “tipo particolare”: sempre a parlare di Star Wars, con le cuffie costantemente sulla testa mentre cantavi quelle canzoni sconosciute, di quel tizio… - . Si voltò verso Aurora. - Tu stai con questo imbranato?

- Si, Valerio, lei sta con questo imbranato. Si, è vero, sono uno stupido, ascolto strana musica, e sto con lei!

Valerio alzò le braccia in segno di resa. – Va bene, non c’è bisogno di arrabbiarsi, vorrà dire che dovrò ripiegare su un’altra ragazza. Alla prossima!

A Marco non sfuggì la sua espressione, che svelava ciò che stava realmente pensando: “Così vedremo se una come lei starà ancora con uno come te”.

- Marco?

Avvertiva la rabbia montargli nel petto, ma gli bastò incontrare gli occhi dolci di Aurora per sciogliersi in un sorriso.

- Vieni, andiamo a casa.

 

 

- Sei stato carino oggi, - esclamò Aurora cadendo sul letto di Marco, dove quella notte avrebbero dormito insieme.

Marco le accarezzò i capelli. – Riguardo a cosa?

- Con quel ragazzo. Hai dimostrato di essere un vero figo.

Aurora scoppiò a ridere e Marco la osservò, lo sguardo perso su quelle labbra rosse; si chinò per baciarla teneramente, lasciando scorrere la mano sotto la sua maglietta che la ragazza indossava per dormire. Le cercò la schiena, le strinse i seni, ascoltò i suoi lievi gemiti nelle orecchie e si sentì percorrere dal desiderio.

La spogliò lentamente, baciandole le spalle, poi si insinuò con la bocca tra le sue gambe e la premette prima sulla pelle, risalendo verso l’interno, fino a strapparle brividi di piacere più intensi.

Provava una strana sensazione, diversa dal solito, da tutte le volte in cui avevano dormito insieme su quel letto; sollevò lo sguardo e incrociò gli occhi di Aurora. Lei annuì leggermente, non disse altro.

Era la prima volta che facevano l’amore, Marco aveva voluto aspettare il momento migliore, perfetto, e sentiva che finalmente era arrivato: i sentimenti che li legavano stavano crescendo ogni giorno di più.

Si insinuò in lei delicatamente, baciandole il ventre, mentre le sue dita gli stringevano i capelli, poi si lasciò andare, spingendo sempre con maggiore intensità, strappandole gemiti che Aurora nemmeno tentò di reprimere e che divennero in poco tempo vero e proprie urla di piacere. La strinse ancora per diversi minuti, finché non fu sicuro di averla appagata completamente, poi si lasciò andare dentro di lei.

Quella notte dormirono nudi, i corpi che si sfioravano, la schiena di Aurora contro il petto di Marco.

 

 

Marco sorrise non appena vide Aurora entrare nel cinema, il respiro affannato e i capelli bagnati dalla pioggia; le andò subito incontro, mostrando i biglietti appena comprati.

- Finalmente potremo fare a pezzi questa meraviglia! Mi serviva proprio un pomeriggio così: rilassante, con una valanga di pop-corn tra le mani e te accanto -. La salutò con un bacio sulla guancia umida. – Hai pianto? – le chiese, preoccupato.

- Non so se hai notato, ma là fuori c’è una tempesta, - rispose Aurora, ma il suo tono era gelido e i suoi occhi cercavano di non incontrare quelli di Marco.

- Potevi chiamarmi, quando sono arrivato era ancora bel tempo e non mi è passato per la testa che potesse mettersi a piovere. Ti sarei venuto a prendere.

- Lo so, tu sei sempre gentile…

Marco fu sorpreso dal modo in cui la sua voce si spezzò, ma ne imputò la causa alla corsa che doveva avere fatto dalla metropolitana al cinema sotto il temporale; le cinse le spalle con il braccio, stringendola a sé, ed entrò nella sala.

Dopo numerosi tentativi, finalmente dopo mezzora di film riuscì a farle scappare un sorriso, sebbene tirato: doveva essere successo qualcosa di cui forse preferiva non parlare ancora. Fu tentato di inviare un messaggio a Silvia per informarsi se lei sapesse qualcosa, ma alla fine preferì aspettare che fosse Aurora a parlargliene.

Al termine dello spettacolo Aurora continuava a rimanere chiusa in se stessa, facendo preoccupare Marco, finché il ragazzo non le offrì un gelato e riuscì tramite la sua irrefrenabile parlantina e farla uscire dal suo guscio e sorridere sinceramente.

Quando furono nell’ascensore del palazzo di Marco, lui premette il pulsante dell’ultimo piano.

Aurora aggrottò la fronte. – Cosa fai?

- Lo vedrai, - si limitò a sussurrare lui, spingendola verso il muro e affondando una mano sotto la sua gonna.

Durò giusto il tempo di baciarla sul collo, perché Aurora lo spinse via.

- Che c’è? – le chiese Marco, confuso. – E’ successo qualcosa? Perché non vuoi che ti tocchi?

- Non è che non voglio che mi tocchi! – si difese Aurora. – E’ solo che… Non voglio farlo qui, mi fanno paura i piccoli spazi chiusi. A casa sì, possiamo continuare.

Marco sorrise, e quella fu la sua volta di farlo forzatamente: qualcosa non andava, ma non voleva costringerla a parlarne, né a fare l’amore con lei se quella sera non se la sentiva. La baciò sulla fronte prima di andare in bagno e quando fu tornato la trovò addormentata. Aveva fatto bene a lasciar perdere, si disse, doveva essere proprio stanca.

 

 

- Dimmi che era una bugia, Manu.

Manuel era seduto sul divano, la schiena inclinata verso il basso, e guardava Marco accasciato sul pavimento.

- Dimmi che volevi solo farmi incazzare perché l’altra volta ho tardato alle prove, - ripeté Marco, la voce rotta. – Non mi arrabbierò, te lo prometto, non me la prenderò per un brutto scherzo del genere.

- Hai spaccato il naso a Ettore, - mormorò Manuel, poggiando una mano su quella dell’amico, - te lo avrei impedito.

Marco strinse le labbra, guardando il soffitto, e ricacciò indietro le lacrime. Non doveva farlo, non era il tipo da piangere perché la ragazza lo aveva tradito.

- Silvia ha preso in affitto un appartamento qui qualche giorno fa, - rivelò Manuel. Marco spostò lo sguardo su di lui per capire dove volesse andare a parare. – Mi ha chiamato poco fa, mi ha detto che è da lei.

- Perché l’ha fatto?

- Perché secondo lei non è ancora finita.

Marco respirò profondamente. – Perché me lo stai dicendo? Perché mi hai confessato che Aurora mi aveva tradito e ora mi spingi di nuovo tra le sue braccia?

Manuel si asciugò le lacrime, che per empatia verso quello che era per lui un fratello erano cominciate a scendere.

- Perché non era giusto che tu non sapessi, tu dovevi… Forse l’avresti scoperto comunque, però era meglio saperlo da me che… Ti prego, non odiarmi per averlo fatto…

Nascose il volto tra le mani, come un bambino; Marco sorrise tristemente e gli arruffò i capelli: Manuel era sempre accanto a lui, pronto ad essergli fedele anche quando la verità l’avrebbe fatto soffrire. Si alzò e afferrò la giacca, pronto a correre sotto la pioggia.

- Vai? – gli chiese Manuel, sollevando la testa e rivolgendogli uno sguardo da cane bastonato. Bastonato, ma fedele.

- Lei è mia, - spiegò Marco, aprendo la porta. - E nessuno oserà portarmela via.

Uscì in strada e mandò un messaggio a Silvia; la risposta con l’indirizzo dell’appartamento non tardò ad arrivare. Salì sul motorino e cominciò a correre. ³

 

 

Silvia aprì la porta silenziosamente, come se non volesse farsi scoprire da Aurora, e si spostò per farlo passare; Marco le posò una mano sulla testa per ringraziarla.

- Scusa, - sussurrò Silvia, - avrei dovuto dirtelo.

- No, hai fatto bene: tu dovevi restare accanto a lei.

Silvia abbassò lo sguardo e indicò l’ultima porta del corridoio. – Forse sta dormendo, prova a parlarle.

Marco annuì e si incamminò fino alla stanza, pronto a supplicare, a piangere se il dolore sarebbe stato troppo forte, a dimostrarle che…

Si bloccò prima di aprire bocca: si era immaginato con la schiena contro la porta, con Aurora nella stessa posizione dall’altra parte, le lacrime che bagnavano i visi di entrambi, ma non era così che sarebbe dovuta andare. Nei film che amavano guardare insieme il protagonista, dopo un tradimento, la implorava di tornare insieme, faceva tutto il possibile per ottenere il suo perdono. Ma di quale perdono aveva bisogno lui? Era la parte offesa, quello a cui era stato nascosto tutto.

Aurora era stata a letto con Ettore, si era fatta possedere, scopare, fottere da lui, e la notte dopo era tornata tra le braccia di Marco? Non avevano fatto l’amore, ma si era fatta baciare ancora per giorni prima che lui scoprisse quello che era accaduto. Perché ora doveva rivolerla con sé a tutti i costi?

Gli mancava, era parte della sua vita, ma gli aveva spezzato il cuore. E non aveva nemmeno avuto il coraggio di confessargli la sua colpa.

Marco si voltò, superò Silvia di corsa e uscì dalla casa, coprendosi la bocca con una mano.

 

 

Marco girò lentamente la testa, baciando la fronte della ragazza che aveva stretto tutta la notte sul divano; addosso avevano solo una coperta, i vestiti erano a terra. Sorrise, felice nonostante sapesse che si trattasse solo di felicità momentanea, e le accarezzò i capelli scuri.

Lentamente lei aprì gli occhi, strofinandoseli con il pugno chiuso, e Marco rimase a bearsi di quella visione per qualche minuto: lei sorrideva, si stringeva al suo petto, sospirava. Era una situazione talmente giusta per entrambi che non riuscivano a provare nessuna colpa, semplicemente perché non ricordavano cosa li avesse tenuti separati per cinque anni; guardandosi intorno, Aurora si stupì di non trovare foto di loro due, ma sempre in compagnia di altri. Si svegliò completamente, sollevando la testa.

- Bentornata alla realtà, principessa, - la salutò Marco con una punta di amarezza.

- Cosa ci faccio qui?

- La domanda dovrebbe essere “cosa ci faccio nuda?”

- Cosa ci faccio qui? – ripeté Aurora.

Marco respirò profondamente. – Sei venuta qui ieri sera a dirmi che ti sposerai con Ettore.

Niente condizionale, un futuro era più adatto: non c’erano dubbi, Aurora si era impegnata con Ettore e non poteva più tirarsi indietro, scappare quando la situazione cominciava a spaventarla.

La ragazza si alzò dal divano, scivolando via dalle braccia di Marco, e si rivestì con calma, come se per lei fosse completamente normale essere nuda di fronte a lui, come se fosse stato Marco il suo ragazzo in quei cinque anni. Marco la imitò con la stessa assenza di imbarazzo.

- Eri venuto a casa di Silvia, non è vero?

- Cosa?

- Dopo che ci eravamo lasciati, quando avevi scoperto di me ed Ettore.

- Sì, - ricordò Marco.

- Non mi hai parlato, però. Sei andato via.

- Ero arrabbiato, molto arrabbiato.

- Già, posso immaginarlo...

L’uomo sospirò. - Sì, sono stato un idiota. Avrei dovuto parlarti, forse ci saremmo evitati tutti questi casini.

- No, io sono stata un'idiota, una vera idiota, - mormorò Aurora, infilando la felpa. – E’ comprensibile che alla fine non abbia voluto farlo, che sia andato via.

- Lo è, - annuì Marco, lo sguardo fisso al pavimento. - Ma ora non sono più arrabbiato. Cioè, forse non è vero, ma alla fine,sai, non lo sarò più... -. Sollevò finalmente la testa, incontrò gli occhi di Aurora e le parlò risolutamente. - Non è colpa tua, non è colpa mia, non siamo fatti per stare insieme. Tu non sei destinata a me, sei destinata ad uno come lui, quindi torniamo ad essere quelli che eravamo prima di tutto questo, no?

Aurora rimase in silenzio per qualche secondo. - Io... -. Si ritrovò improvvisamente a piangere, nascondendo la bocca con la mano.

Anche quel gesto.

Le cose che Marco e Aurora avevano in comune erano fin troppe per essere elencate, a partire dalla passione per Star Wars, che li aveva fatti conoscere, fino ad arrivare a quella per il cinema, a Cat Stevens che la notte precedente aveva fatto da colonna sonora al loro “bentornato”. Perfino il gesto di coprirsi le labbra in un momento di disperazione, in cui non potevano agire altrimenti anche se avrebbero voluto stringersi ed essere loro stessi, sottolineava la loro somiglianza.

Marco l’avrebbe volentieri abbracciata, gli avrebbe offerto una spalla su cui piangere, ma non poteva. Dopo cinque anni di amore platonico, la stava lasciando: odiava Ettore per avergliela portata via, ma non poteva farlo anche a lui. Si stavano per sposare.

Aspettò che Aurora si fosse asciugata le lacrime, poi le prese la giacca e gliela porse, accompagnandola all’uscita.

- Su con la vita, Padme, - le disse, cercando di distrarla mentre il suo cuore batteva contro il petto e implorava di gettarsi su di lei. – Anakin lo sta facendo per te.

Ma cosa stai dicendo, Marco?

Ancora una volta, si accorse di avere espresso dei pensieri che sarebbe stato meglio tenere nascosti. Soprattutto in questo caso.

Aurora si limitò ad annuire e scese le scale; le diede qualche secondo di vantaggio, finché credette che lei si pensasse sola, e si affacciò per scorgerla seduta sui gradini, qualche piano più in basso. Singhiozzava, il volto tra le mani.

Ma lui non poteva – non doveva fare niente.

 

 

How can I tell you that I love you?

Marco era seduto nella sala insonorizzata, le cuffie sulla testa e la chitarra tra le mani. Suonava distrattamente una canzone di Cat Stevens, immerso nei propri pensieri; si era tolto la giacca da cerimonia, poggiata ora su un amplificatore, e la camicia bianca aveva i primi bottoni aperti, mentre la cravatta nera era stata allentata.

Sbagliava le note, la sua mente era lontana.

And I can't think of right words to say.

Che altro avrebbe potuto dirle? Era stato un errore, lei amava Ettore e se, quella notte, l’aveva passata con lui era solo per paura del matrimonio imminente; lui, invece, si era fatto influenzare dall’alcol e aveva cercato di vendicarsi di Ettore, senza contare la delusione d’amore provocata dalla rottura con Michela.

Già, erano quelli i motivi, non c’era altro. Non l’amava più da tempo.

E allora perché quella perenne stretta al cuore?

I’m always thinking of you.

Ripensando a quella notte, gli venivano in mente dettagli apparentemente insignificanti: la maglietta rossa stesa a terra sopra le sue scarpe, le briciole dei biscotti sotto i loro corpi nudi, il venticello freddo che arrivava dalla finestra semiaperta. Ricordava tutto, anche il miagolio del gatto al piano di sopra e il pianto del bambino a quello di sotto.

Aveva ripensato talmente tante volte a quella notte che ormai aveva imparato a ricordare ogni piccolo particolare, forse per renderla più vera, per ripetersi che non si era trattato di un bellissimo e maledetto sogno.

I'm always walking with you, but I look and you're not there.

Le dita scivolavano agili sulle corde della Fender nera e lentamente, con un soffio di voce, Marco intonò alcune parole della canzone che stava suonando.

Aurora non era lì; poteva pensare a lei tutta la mattina, sperando che non si sarebbe presentata in chiesa, ma lei non sarebbe comparsa alla sua porta, sbarazzandosi frettolosamente del vestito da sposa.

Fra meno di un’ora lei ed Ettore avrebbe pronunciato le solenni parole e a lui sarebbe rimasto il solo privilegio di sognarla nelle notti di maggiore nostalgia.

Tutte le notti.

I need to know you, I need to feel my arms around you.

Si morse le labbra, alzando la testa verso il soffitto e reprimendo le lacrime.

Aveva trentacinque anni, maledizione! Non poteva comportarsi come uno stupido adolescente che si lasciava vincere dalla prima delusione d’amore. Erano stati insieme solo sei mesi…

Ma lui sapeva che non era così: quei cinque anni non era stato solo Ettore ad avere accanto Aurora come una costante boccata d’aria fresca, anche lui aveva approfittato del suo sorriso, della sua voce, della sua presenza. Non aveva provato niente quando Michela, sua fidanzata da due anni, l’aveva lasciato; era stato molto peggio scoprire che Aurora amava un altro.

Si morse le labbra con più forza. Come poteva Ettore amarla come l’amava lui?

How can I tell you that I love you?

Non fece caso alle lacrime, le lasciò scendere. Non c’era più niente da fare, lei avrebbe sposato Ettore. Avrebbe amato Ettore.

E poi arrivò, rinfrescante al punto che gli sembrò di cominciare a respirare in quel momento, il ricordo di un altro particolare arrivò: le loro mani intrecciate nel sonno. Subito seguirono altri dettagli, lo sguardo felice nei suoi occhi, il corpo che non lo allontanava, la disinvoltura con cui, la mattina seguente, Aurora si era rivestita. Una ragazza che tradisce il fidanzato a poche settimane dalle nozze è imbarazzata, non si fa abbracciare sotto le coperte; non aspetta neanche che l’altro si alzi per prendere una coperta.

Forse fu quello a dargli forza, a spingerlo in piedi. Si tolse le cuffie, infilò la giacca e non si preoccupò nemmeno di mettere a posto la Fender. Afferrò le chiavi del motorino e corse fuori di casa. ¹¹

 

 

- Per il mio bene, eh?

- Che vuoi farci, questo Anakin conosceva già il finale e ha voluto evitare la tragedia! – esclamò Marco, alzando le mani. – Sono stato un eroe a sacrificarmi per te e trascinarti via da quella chiesa.

- Ah, per me? – si finse offesa Aurora, tirandogli un cuscino del letto matrimoniale che condividevano nella camera d’albergo.

- Eri insoddisfatta, potevo lasciarti così?

Aurora abbassò lo sguardo e Marco capì che stavano pensando esattamente la stessa cosa: erano stati insoddisfatti per cinque anni, ognuno tra le braccia di altre persone, vivendo intensamente solo di quegli attimi passati insieme, al telefono, al cinema, ai concerti. Era arrivato il momento di smettere di prendere in giro se stessi ed altri.

- Cosa faremo adesso? – chiese Aurora, guardandolo negli occhi.

- Semplice, ci prendiamo il nostro finale da favola.

Aurora sbuffò, scettica. – Le favole non esistono, dovresti averlo capito dopo quello che abbiamo passato.

Marco si strinse nelle spalle e le prese le mani. – Forse le favole sono solo favole. O forse… Possiamo trasformare la nostra vita in una favola. Perciò sposami, Aurora Leonardi.

Aurora si sentì mancare il fiato. Non era stata la stessa sensazione che aveva provato quando la proposta era arrivata Ettore, era diversa: si sentiva sicura, era giusto così.

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NOTE:

 

¹ - Marco fa spesso doppi sensi

² - Una mamma per amica

³ - Cambiamento rispetto all’originale: qui è Manuel a rivelare a Marco, che poi se la prenderà con Ettore, del tradimento di Aurora, non è lui stesso a scoprirlo in seguito

¹¹ - Scena interamente tratta da Sulle note di Cat Stevens

 

Non so perché Word non mi abbia permesso di inserire l’apice 4, boh!

Un’altra nota da fare è che i riferimenti a Star Wars riguardano soprattutto il finale del terzo episodio (che io, a forza di sentire Dark Aeris parlarne, conosco quasi a memoria senza neanche averlo visto!).

 

Questa storia è nata da una delle “Prompt Night” fatte con Dark Aeris: mi aveva dato alcuni elementi (prompt, luoghi e citazioni) e ho scritto fino alle cinque del mattino ascoltando i R.E.M., Nirvana, Guns N’ Roses e AC/DC. Come potete notare, gli ultimi due gruppi mi hanno tirato fuori la maggiore quantità di ispirazione, perché non sono molto soddisfatta della prima metà della storia! Ad ogni modo, vi scrivo tutte le indicazioni che mi erano state date.

 

PROMPT: Rimpianto, Dubbio, Desiderio, Pioggia, Respiro affannato, Insoddisfazione

 

LUOGHI: Locale, Ristorante, Casa di Marco, Cinema, Ascensore, Scale

 

CITAZIONI:

 

- Adoro questo salone enorme. Adoro tutto ciò che è enorme. (Will & Grace)

 

- Iris, se tu fossi una melodia... userei solo le note belle. (L’amore non va in vacanza)

 

- Brad: Tu stai con questo imbranato?

Seth: Si, Brad, lei sta con questo imbranato. Si, è vero, sono uno stupido, ascolto strana musica, e sto con lei!

(The O.C.)

 

- Lei è mia. E nessuno oserà portarmela via. (Skins)

 

- “Ero arrabbiato, molto arrabbiato.”

“Già, posso immaginarlo...”

“Sì, sono stato un idiota.”

“No, io sono stata un'idiota, una vera idiota.”

“Ma ora non sono più arrabbiato. Cioè, forse non è vero, ma alla fine,sai, non lo sarò più... Non è colpa tua, non è colpa mia, non siamo fatti per stare insieme. Tu non sei destinata a me, sei destinata ad uno come lui, quindi torniamo ad essere quelli che eravamo prima di tutto questo, no?”

“Io...” *scoppia a piangere *

(Non ne ho idea!)

 

Inoltre il finale, come il titolo, è una citazione di Skins che ho voluto inserire io (“Forse le favole sono solo favole. O forse… Possiamo trasformare la nostra vita in una favola. Perciò sposami”).

 

Se volete leggere altre storie su questa coppia, vi consiglio in primo luogo Sulle note di Cat Stevens, il racconto da cui nasce tutto, poi altre scritte da me (soprattutto dal punto di vista di Marco e Aurora) o da Dark Aeris (da quello di Ettore e Aurora).

 

MEDUSANOIR:

 

Non ti amo più

 

La notte

 

Diario dei giorni passati nella tua presente assenza

 

(Ce ne sono altre, che potete sempre trovare nel mio profilo, ma si tratta di “storie a bivi”, con avvertimento What if?)

 

C’è anche una storia su Manuel, Cercando il suo nome, e su Silvia e Davide, Cosa sarebbe il mondo senza Capitan Uncino?

 

DARKAERIS:

 

My world just blow away

 

Another night

 

Vai con lui

 

E’ quello che non passa mentre tutto va

 

Detto ciò, spero che la storia vi sia piaciuta :)

 

Medusa

   
 
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