Per chiunque la legga questa è la
mia prima storia sul sito quindi siate clementi. Ovviamente si accettano
critiche e consigli.
Un grazie speciale a Nena Hyuga per il suo aiuto anche
se aveva i suoi impegni e
a Loy1314.
The_chill_of_winter
Non riesco a darmi pace, mi sembra
di vivere in un incubo in cui arrivati alla parte peggiore ci si sveglia
affannati e sudati nel proprio letto, ma so che questa volta non sarà così. Non
sarà come quando rievoco i brutti ricordi della mia infanzia e mi sveglio sudando
freddo nel letto nonostante fuori la temperatura sia al di
sotto dello zero; questa è la cruda realtà, nessuno ha il potere di
cambiarla, e a quanto pare non lo hai avuto neanche tu questo potere.
Un folata di vento gelido mi fa correre un brivido freddo
lungo la schiena, proprio a ricordarmi che ormai sta calando la notte, mi
chiudo meglio nel mio giaccone, ma so che non cambierà niente perché non è
questo il motivo del mio gelo interiore.
Mi accomodo meglio sulla roccia dove sono seduto da questa mattina e volgo lo sguardo
al cielo dove si iniziano a notare le prime stelle. Nessuno mi è venuto a
cercare, ma era prevedibile, ognuno è chiuso nel proprio dolore interiore dove nessuno altro può avventurarsi; e questo lo
so bene poiché è lo stesso che sto
facendo anche io.
Mi sento tanto masochista, sono
seduto su questa roccia che ha segnato anni addietro l’inizio della nostra
amicizia, da solo, perché tu ormai te ne sei andato via.
Mi sembra strano definire il
nostro rapporto con la parola “amicizia” visto che io
sono stato il primo a non credere più volte
in questo valore.
Sbuffo, e l’aria fuoriuscita dalla
mia bocca a contatto con l’atmosfera circostante si condensa. Rivolgo un'altra
occhiata al cielo, quello che in quei pochi attimi in cui le tue maschere sono cadute mi hai confessato ti piace osservare.
Un sorriso amaro e triste allo
stesso tempo mi increspa le labbra, era da tanto che
non venivo più in questo posto, è proprio nel boschetto dietro il monastero.
Anche dopo aver riacquistato i miei ricordi non mi è
mai balenata in testa l’idea di ritornarci, ci voleva quella maledetta notizia
a farmi venire.
Serro gli occhi di scatto e anche
se sono solo, il mio orgoglio non cede a simili debolezze.
Infilando la mano nella tasca ne
estraggo il mio mp3 e contemporaneamente cade a terra un pezzo di stoffa bianca
sporco di sangue rappreso. A chiunque lo veda potrebbe
dare disgusto vedere del sangue, ma non a me, perché a dispetto di come
sembravi all’apparenza, io so bene che avevi un cuore e questo pezzo di stoffa
ne è la prova.
Guardandolo non posso fare a meno
di pensare a quel giorno ed è proprio in questi casi che sono sicuro di volermi
fare del male con le mie stesse mani.
Arrancando, arrivo finalmente in un posto dove quel vecchio
bastardo di un monaco non possa vedermi: accidenti a lui ed
ai suoi ideali folli, per colpa sua mi sono fatto male!
Alzando il pantalone scorgo la ferita che mi sono procurato
alla caviglia cadendo a terra, per fortuna Vorkov era
impegnato a parlare con una guardia e non ha visto che mi sono allontanato, e
spero che non se ne accorga o sono guai.
Trattengo a stento un gemito di dolore tastando la
caviglia.
Maledizione, non ho neanche niente con cui fermare il
sangue.
“Cosa fai?” una voce alle mie
spalle mi fa voltare di scatto, trovandomi davanti un ragazzino che a prima
vista sembra avere la mia stessa età.
Sono stato scoperto, adesso andrà a fare la spia e sono
spacciato.
“Non sono affari tuoi.” gli rispondo acido voltandomi e
coprendo la ferita.
Un fruscio alle mie spalle mi fa voltare nuovamente
trovandomi a fissare degli occhi azzurri così chiari da sembrare ghiaccio.
“Cosa ti sei fatto?”.
A quanto pare non demorde, ma io non gli dirò niente, non
mi fido.
“E poi come mai non sei a correre insieme agli altri?”.
Quegli occhi gelidi continuano a fissarmi senza
espressione.
“Potrei farti la stessa domanda.” vedo un sorrisino
solcargli le labbra alla mia risposta, ma io non sono qui per farmi prendere in
giro da lui.
Mi alzò di scatto, visto che lui
non risponde ma continua solo a fissarmi quasi con arroganza. Sono anche pronto
ad andarmene, ma la mia caviglia non sembra d’accordo perché mi procura un
dolore immane e sono costretto a fermarmi.
Trattenendo una smorfia abbasso lo sguardo e noto che il
mio pantalone si è sporcato, e sulla neve ci sono alcune macchioline scarlatte.
”Ehi, ma sei ferito?” non riesco neanche a dirgli di farsi
i fatti suoi che me lo ritrovo davanti che guarda la
caviglia con aria quasi preoccupata.
Non riesco nuovamente a pronunciare parola che mi ritrovo
seduto sulla roccia dietro di me mentre lui scopre la ferita.
“ Senti posso sapere cosa vuoi fare?” mi guarda con un
cipiglio severo
“Voglio solo fasciare la caviglia, visto
che un idiota aspettava che si infettasse” ma come si permette? Questo
moccioso presuntuoso mi sta dando sui nervi, ma non voglio dargli
la soddisfazione di vedermi arrabbiato.
Vedo che prende un po
di neve e me la posa sulla caviglia, che a quel contatto sembra atrofizzarsi
all’istante.
Per non pensare al dolore cerco di concentrarmi su qualcosa altro, e solo ora mi accorgo della strana
acconciatura di questo bambino: ha capelli rosso fiamma sparati in alto come
due corna, mi chiedo come non avessi notato un
tipo del genere al monastero, di certo non passa inosservato.
Ad un tratto sento uno strappo e noto che si è strappato un
pezzo della maglia bianca che ha addosso per fasciarmi. Rimango a fissarlo con
un'espressione da pesce lesso: qui al monastero vige la regola che ognuno deve
pensare a sé stesso e non si è mai visto qualcuno
aiutare altri.
Dopo aver finito la fasciatura la
osserva con aria soddisfatta e poi, guardandomi in faccia, mi chiede:
“Cos'hai?” resto qualche secondo in silenzio e sposto lo sguardo dalla caviglia
a lui.
“ Perché mi hai aiutato?” alla mia domanda sembra sorpreso.
“ Perché avrei dovuto lasciarti qui a terra dolorante?”
“ Vorkov non accetta questo tipo
di cose, se io andassi e glielo dicessi tu finiresti
in punizione.” mi guarda con un ghigno perfido
stampato in viso.
”Bhe, allora io potrei dirgli che
invece di allenarti battevi la fiacca” .
Già, è vero. Potrebbe andare a riferirglielo, me ne ero
dimenticato.
”Allora vai, io di certo non posso muovermi” gli dico in un
sussurro.
Non sono tipo da arrendermi così, ma tutto il sangue che ho
perso mi ha reso stanco.
“ Ehi, guarda che stavo scherzando, di certo non vado a
fare la spia dopo solo un mese di permanenza dentro questo postaccio. Poi quel monaco mi sta antipatico!” alzo lo sguardo sorpreso e vedo
che accenna un sorriso, ed io, anche se titubante, sorrido di rimando.
“Beh...” dice dopo un po’ “...io
mi chiamo Yuri, Yuri Ivanov!” e mi porge una mano .
“Io invece Kei Hiwatari” affermo stringendogliela.
Quella stretta di mano che mi fece
capire cosa significa la parola amicizia, mi fece
avere il mio primo migliore amico e mi procurò un sostegno fino a che non ho
perso la memoria in quell’incidente con Blackdranzer.
Quella stretta di mano che adesso sto maledicendo con tutto me stesso per non avermi fatto
capire che cosa significa provare alla morte di una persona cara.
Io non ero pronto a questo, perché
non ero pronto ad osservare la tua vita spegnersi
all’età di sedici anni, dopo tutto quello che hai fatto per riottenere la tua
libertà.
Il nodo alla gola che avevo si
rafforza, ma prendendo un respiro profondo decido di mettermi le cuffie.
Premendo play, avvio la canzone
che negli ultimi tre giorni ha riempito le mie giornate.
Non è una canzone russa, bensì
italiana; ho dovuto tradurre parola per parola per
capirne il significato e non so neanche come abbia fatto a trovarla, ma si sa
che il destino gioca sempre brutti scherzi e, a quanto pare, con me si sta
divertendo a vedermi torturarmi da solo.
Le prime note iniziano a farsi
sentire ed io mi distendo completamente su questa ruvida pietra chiudendo gli
occhi.
E’ per te
questo bacio nel vento,
te lo manderò lì
con almeno altri cento.
E’ per te,
forse non sarà molto,
la tua storia, lo so,
meritava più ascolto
e magari, chissà,
se io avessi saputo,
t’avrei dato un aiuto.
Ma che importa oramai,
ora che….
Il 22 Dicembre resterà per sempre
nella mia mente.
Mi sembra passata già una
settimana, ma mi sbaglio: sono passati solamente tre giorni. E proprio quel
giorno è iniziato il mio nuovo inferno.
Sono seduto sul davanzale ad osservare la neve cadere nel mio solito silenzio, ma
questa volta sono agitato, ho un brutto presentimento che si fa più
consistente da quando Boris è al telefono e ha assunto un colorito pallido.
Quando riaggancia, il primo a rompere il silenzio è Ivan.
“Bo, chi era al telefono?” dal platinato non arriva
risposta, continua a guardare un punto fisso sulla parete ed
i suoi occhi sembrano essersi spenti di colpo.
“Boris, tutto bene?” chiede con cautela il gigante biondo
appoggiando una mano sulla spalla dell’amico.
Ancora nessuna risposta.
Sto iniziando a spazientirmi ed
il nodo che ho alla bocca dello stomaco si intensifica.
“Insomma, Huznestov, chi era e
cosa volevano al telefono?” alla mia domanda Sergey e
Ivan mi guardano male, ma la cosa strana è che Boris mi osserva con occhi quasi
lucidi.
“ E…era il presidente Daitenji…”
“E cosa voleva?” azzarda il moro.
“Mi…ha…detto che l’ a..ae..aereo dove viaggiava Yuri per tornare...” si ferma e sembra riprendere fiato
“...per tornare qui…è ….”
“Insomma cosa è successo?” Ivan ormai sembra al massimo
dell’agitazione.
“E' precipitato.”.
No, non voglio sentire altro. Il silenzio che si è creato
sembra opprimente.
“E …e Yuri’”
chiede il biondo.
Boris abbassa lo sguardo chiudendo di colpo gli occhi e
scuote la testa, uscendo di corsa dalla stanza.
Non può essere. Sento una morsa allo stomaco e gli occhi
bruciarmi,ma ingoiando forzatamente cerco di
riprendere il controllo. Sergey si è avvicinato a
Ivan che sul divano ha iniziato a piangere sperando di non essere visto, vorrei
fare anche io la stessa cosa, ma l’orgoglio non me lo
permette. Sento un ululato in lontananza, triste e solo: sembra che anche la
Russia voglia restare vicino a questo profondo dolore.
La cosa che rimpiango è non averti
dato un aiuto adeguato, ma se solo me lo avessi chiesto
avrei cercato di far diventare il monastero un orfanotrofio. Avevo un'eredità a
disposizione, ma ormai come dice la canzone, questo non ha più importanza.
Puoi prendere per la coda una
cometa
e girando per l’ universo te ne vai,
puoi raggiungere, forse adesso, la tua meta,
quel mondo diverso che non trovavi mai.
Solo che
non doveva andar così,
solo che
tutti ora siamo un po’ più soli qui.
Tu eri quello che non voleva mai arrendersi all’evidenza che saremmo stati rinchiusi per sempre in questa prigione.
Cercavi di spronarci a non arrenderci anche quando la situazione diventava difficile e intollerabile, te che nonostante fossi minuto in confronto ai due giganti che abbiamo in squadra sapevi farti rispettare, e ci eri riuscito anche con me.
Sostenevi che saremmo riusciti a vivere un giorno, in un mondo migliore.
Quella speranza che avevo creduto di non rivedere nei tuoi occhi dopo il lavaggio del cervello che ti hanno fatto, ma che dopo la caduta della Borg tornò a splendere, era riuscita a contagiarmi.
Ma quel barlume che avevo scorto nel buio creatosi attorno a me dopo quella notizia si è spento.
Il presidente proprio ieri ci ha comunicato che non ci sono sopravvissuti, e che dopo lo schianto l’aereo ha preso fuoco bruciando quel poco che era rimasto. Lasciando nei cuori e nelle menti della Neoborg il ricordo di uno Yuri Ivanov sorridente come non si era più visto dall’infanzia, che annunciava il suo viaggio in Giappone dove aveva trovato qualcuno interessato a far diventare il monastero un orfanotrofio.
Peccato che non sapesse che quel viaggio sarebbe stato di sola andata, e la promessa di tornare in madre patria per Natale sarebbe stata infranta.
Vorrei spegnere questa canzone che mi sta lacerando dentro facendomi ricordare troppe cose riguardanti lui, ma non ho neanche la forza di muovere il braccio.
E’ per te
questo fiore che ho scelto,
te lo lascerò lì
sotto un cielo coperto.
Mentre guardo lassù,
sta passando novembre
e tu hai vent’anni per sempre.
Ora che….
Sento qualcosa di gelido sul naso, e riaprendo gli occhi vedo tanti fiocchi bianchi iniziare a cadere dal cielo. Sta nevicando. Anche il cielo è contro di me, vuole proprio che ogni cosa mi ricordi te.
“Posso sapere perché
con dieci gradi sotto lo zero devi tenere la finestra aperta?” dico mentre mi
avvolgo una coperta addosso.
“C’è
la neve. Sta
nevicando.” mi sa tanto di presa in giro.
Sbuffando alzo gli
occhi verso di lui per dirgliene quattro, ma le parole mi si fermano in gola.
Anche se ha la solita espressione contratta, i suoi occhi esprimono gioia, come
quando un bambino vede per la prima volta la neve. Mi scappa un sorriso, a
vedere il freddo capitano con quegli occhi sgranati mentre osserva la neve.
“Sembra che tu non ne
abbia mai vista, strano, non si direbbe che il tuo bitpower
sia un lupo siberiano con il potere del ghiaccio.” lo vedo sbuffare e voltarsi verso di
me.
“Proprio per questo mi
piace.” lo guardo senza capire “...stando sempre
chiuso in questo posto, quando fuori vi è la neve, è come se mi sentissi completamente
in simbiosi con essa. Con il mondo esterno che non ho
avuto la possibilità di vedere” si ferma fissandomi e poi si rigira verso la
finestra come se si fosse ricordato qualcosa di importante.
“Non so se puoi
capirmi...”si riferisce al fatto che io, anche se a
causa di un incidente, ho avuto molto prima la possibilità di uscire di qui, ma
io capisco cosa vuole dire.
“Non sembra, ma ne ho
capito il significato, caro capitano.”
Mi volto e vedo proprio in mezzo a questa neve un fiore, per la precisione un giglio.
I fiori crescono in primavera, non in inverno. Come fa ad esserci un giglio in mezzo a tanta neve? E chi lo avrà perso? L’ho detto: il destino gioca brutti tiri e questo ne è un altro.
Però questo è troppo anche per uno come me.
“Kei,
sai cosa diventa la neve quando si scioglie?”.
Guardo scettico il mio
migliore amico che stando sdraiato sul letto guarda il soffitto. “Sinceramente
non lo so.” senza voltarsi sorride.
“Diventa primavera.”.
Un silenzio avvolge la
stanza e finalmente trovo il coraggio di chiedere questa cosa che mi preme da
quando ho usato la Neoborg solo per i miei scopi
personali.
“Yuri,
sinceramente cosa pensi di me?”
Il rosso si gira e mi
guarda sorpreso della domanda, ma poi vedo che ci pensa su.
“Se ti riferisci al
fatto che hai usato la Neoborg io
non ho niente contro di te.”
Cavolo, è anche sensitivo! Una cosa per cui l'ammiro.
“Abbiamo sbagliato
entrambi, io ti volevo in squadra solo per poter
sconfiggere definitivamente Vorkov.” sincero e
schietto, come sempre.
“ Tu sai che ho
recuperato la memoria e mi sono ricordato che eravamo amici da bambini”
“Quindi
vuoi sapere se ho dimenticato che sei mio amico. Lo sei e rimarrai sempre il mio migliore amico. Un fratello per
essere esatti” mi giro a guardarlo sorpreso di questa sua confessione e infatti noto che è arrossito un poco.
E’ difficile per
persone come me ammettere questo genere di cose, ma per una volta mi posso
lasciare andare.
“Anche per me sei un
fratello, Yuri, sono stato male quando eri in coma.”
lo vedo alzarsi e guardarmi divertito.
“Ricorda
bene, Hiwatari, perché non te lo ripeterò neanche
cascasse il mondo, lo dico adesso perché non so neanche come ci siamo arrivati
a fare il confessionale e in modo che te lo ficchi in quella testolina bacata. Ti voglio bene.” quando mi riprendo dallo stupore sono in tempo per vedere Yuri
farmi la linguaccia ed uscire dalla stanza.
“E meno male che ti
considerano la persona più fredda dell’universo”.
Puoi prendere per la coda una
cometa
e girando per l’ universo te ne vai,
puoi raggiungere, forse adesso, la tua meta,
quel mondo diverso che non trovavi mai.
non trovavi mai…
puoi raggiungere, forse adesso, la tua meta,
quel mondo diverso che non trovavi mai.
Mi stringo le gambe al petto e ci appoggio la testa sopra.
Sento il groppo in gola pesante e l’aria non affluire più verso i polmoni.
Ho freddo, ma non è la neve a procurarlo bensì il mio cuore corroso dal dolore.
Sento i fiocchi cadermi addosso sempre più velocemente procurandomi dei brividi ogni volta che toccano una parte non coperta dagli abiti.
In lontana si sente un ululato, e poi mi ritrovo il viso bagnato da scie d’acqua: l’orgoglio non c’è l'ha fatta. Neanche lui può competere con il dolore del cuore.
Avrei preferito continuare a pensare che fosse un muscolo del corpo inutile, capace di trasmettere solo debolezze. Alzando gli occhi ad ammirare il cielo completamente stellato, un singhiozzo scappa dalla mia bocca senza che io possa fermarlo.
Il pianto di dolore che avevo iniziato si è trasformato in uno di disperazione. Tra singulti soffocati a stento e le lacrime che continuano a pizzicare agli angoli degli occhi non riesco più a ragionare lucidamente, davanti a me continuo a vedere quel sorriso sincero che mi hai rivolto uscito dal coma. Anche la ragione è andata a farsi benedire. Strofinando la manica del cappotto sugli occhi cerco di calmarmi, mentre ascolto le ultime frasi della canzone.
Puoi raggiungere, forse adesso, la
tua meta,
quel mondo diverso che non trovavi mai.
non trovavi mai…
Solo che
non doveva andar così,
solo che
tutti ora siamo un po’ più soli qui…
“Yu, ci hai lasciato per sempre.” un singhiozzo ferma le mie parole rivolte al vento.
Sarà meglio che mi decida a rientrare. Avevo detto a Takao che sarei andato in Giappone quest’anno, ma non me la sento.
“Ragazzi, dovete farvi coraggio, so che il dolore è forte, ma la vita va avanti” parole di Daitenji.
No, lui non può sapere come ci si sente, non ha vissuto per anni in quello schifosissimo posto.
Non posso sfogare sul presidente la rabbia che provo nei miei confronti, non è giusto.
Le lacrime continuano incessantemente il loro percorso. Stringo i pugni, riponendo nella tasca il mio mp3 e mi asciugo di fretta gli occhi avendo sentito qualcuno arrivare.
“Kei!” senza voltarmi rispondo: “ Cosa c’è, Boris?” lo sento sospirare.
“E’ inutile che ti nasconda, ti ho visto piangere.” il suono di quelle parole si disperde nel vento, mentre stringo i pugni violentemente.
“E’ inutile che continui a pensarla così, non è stata colpa tua” è l’ennesima volta che mi sento ripetere questa frase.
“E di chi allora? Lo sai bene anche tu che su quel maledettissimo aereo ci dovevo essere IO non LUI. Dovevo andare io in Giappone. Non avrei mai dovuto accettare di mandare lui.”.
Mentre parlo, ho iniziato ad alzare sempre più il tono di voce fino ad urlare, infatti mi ritrovo con il fiato corto in cerca di ossigeno.
“Continuare così non servirà a niente.” lo vedo sospirare e voltarsi per tornare al monastero.
“Pensa a cosa ti direbbe se ti vedesse in questo stato...” rimango a pensarci.
“Che sono un emerito imbecille” Boris scuote la testa.
“No, vorrebbe vedere i suoi amici, non che si piangano addosso, ma che portino avanti il suo ultimo desiderio, quello del monastero”.
Resto ancora a riflettere sulle ultime parole di Boris.
E’ vero, lui vorrebbe che portassimo avanti il suo desiderio e non che ci abbandonassimo al dolore, ma per adesso trovo migliore la seconda opzione. Raccogliendo il giglio da terra mi avvio verso il monastero.
***
Sono seduto sulla neve a contemplare il cielo.
Oggi è Natale, ma io non ho proprio voglia di vedere gente intorno, per questo mi sono rifugiato di nuovo nel boschetto.
Chiudo gli occhi e li riapro di scatto quando sento un rumore dietro alcuni alberi. Mi alzo avvicinandomi con cautela, vedo un’ombra che si allontana tra gli alberi, la inseguo fino ad uscire dal bosco e ritrovarmi vicino ad uno strapiombo da dove si vede una bellissima alba.
La cosa che mi colpisce è vedere la persona che è in piedi davanti a me.
“Y...Yuri?” si volta verso di me e noto la faccia sfigurata, come bruciata dal fuoco.
“Ma...tu non dovresti...essere morto?”.
Scuote la testa mentre uno strano sorriso gli solca le labbra.
“Mi dispiace deluderti, ma mi sono salvato come puoi ben notare.” si allontana avvicinandosi al dirupo per vedere l’alba.
“Non trovi che sia magnifica?” mi chiede, ma io sono ancora perso nei miei ragionamenti e solo dopo noto che mi sta guardando.
Non riesco a muovere un muscolo, neanche ad avvicinarmi a lui che mi sta fissando intensamente. “Cosa ti succede Kei, perché non rispondi?”.
Sbarrò gli occhi dal terrore quando lo vedo guardarmi con un sorriso e fare un passo indietro, non riesco a dirgli di stare attento, le parole mi si fermano in gola e sento l’ossigeno non arrivare più ai polmoni, quando noto il suo piede poggiare nel vuoto.
Il suo viso fa una smorfia terrorizzata e finalmente riacquisto l’uso del mio corpo.
Mi lancio verso di lui tendendogli una mano, le dita si sfiorano e lui precipita sotto i miei occhi. Chiudo le palpebre dalla disperazione.
“NO, YURI!”.
*****
Apro nuovamente gli occhi e mi ritrovo con il respiro affannato completamente ricoperto da sudore freddo. Mi guardo attorno e vedo di essere nella mia camera, seduto sul letto, mentre stringo convulsamente la coperta: era solo un incubo, un maledetto incubo. Un altro scherzo del destino.
Oggi è veramente Natale, mi dirigo verso il bagno perché non ho intenzione di sentire Sergey lamentarsi che non mangio neanche oggi.
Arrivato davanti allo specchio guardo la mia immagine riflessa, non riesco a credere che quello sia io: ho i capelli che dire scombinati sarebbe un eufuismo, gli occhi arrossati dal pianto e le lacrime che ancora mi rigano il viso.
Mi sciacquo la faccia e cerco di aggiustarmi al meno peggio e recandomi al piano inferiore non noto nessuno. Meglio così, avranno portato quelle pesti da qualche parte.
Arrivato nel mio angolo segreto, incido su quella pietra un'altra linea; ho deciso di contare i giorni che passano dalla morte di Yuri, e questo è il quarto.
E’ una cosa ridicola, ma per me simboleggia il mio dolore.
Sedendomi sulla pietra estraggo dalla tasca dei jeans il giglio raccolto ieri ed una foto molto speciale: sono raffigurati Boris e Yuri rivolti con un sorriso e gli occhi sorpresi verso l’obbiettivo. Ricordo ancora il casino che fecero per toglierla di torno, nessuna sa che ce l’ho io.
Una lacrima solitaria scende dai miei occhi, mentre i sensi di colpa mi attanagliano nuovamente. Non ho neanche più la forza di piangere, si vede che stanotte nel sonno avrò esaurito la riserva d’acqua.
“Se mi avessero detto che prima di morire avrei visto il grande Kei Hiwatari in uno stato umano non gli avrei creduto” sento la foto scivolarmi dalle mani e alzandomi di scatto mi volto indietro.
E’ impossibile non riconoscere il ragazzo che mi ritrovo di fronte: capelli scarlatti ed occhi color zaffiro.
“No...” scuoto la testa in modo agitato abbassando lo sguardo “...non posso sognare di nuovo quell’incubo”.
Sto ancora cercando di calmarmi quando sento un dolore alla guancia.
“Ahi!” gemo alzando lo sguardo e tastando la guancia pizzicata con forza.
“Ma che ti salta in mente?” mi guarda con aria innocente ed un po’ preoccupata.
“Ti volevo far capire che non stavi sognando, ma che sei nel mondo dei vivi.” e guardandomi attentamente aggiunge: “Anche se dal tuo aspetto non si direbbe”.
Sto per avere un crollo del sistema nervoso, me lo sento.
Yuri dovrebbe essere morto e non qui a parlare con me.
“Tu sei Yu...Yuri vero? Non una maledetta illusione della mia mente?” mi guarda attentamente e poi sospira.
“Da”.
Osservandolo bene noto che i suoi vestiti sono strappati in più punti, sporchi di polvere, con il pantalone bagnato fino al ginocchio. La sua faccia è ricoperta anch’essa di sporcizia e con alcuni graffi certi ricoperti da cerotti.
“Troppo reale per essere un sogno” penso e sento il nodo in gola riformarsi.
“Tu sei sopravvissuto a quell’incidente aereo…” ho lo sguardo perso nel vuoto mentre assimilo anch’io quello che dico.
“Da, e sinceramente non mi aspettavo di vedere Sergey, Boris e Ivan saltarmi quasi addosso non appena mi hanno visto e trovare te in questo stato.” conclude con un mezzo sorriso.
Mi sembra di non captare più niente, ho la testa che sta per scoppiarmi.
Continuiamo a guardarci negli occhi quando finalmente interrompo quel silenzio.
“Sono…felice che tu sia vivo” è una frase sincera, la prima dettata da semplice istinto.
Sento le lacrime pizzicare nuovamente agli angoli degli occhi, ma io mi ostino a non farle cadere. Yuri deve essersene accorto perché mi guarda e sorride lieve.
“Ancora ostinato a non far vedere le tue debolezze. Ti sei forse dimenticato che ti ho visto piangere anche prima?”
“No” e non riesco a pronunciare nient’altro.
Mi sembra di essere in una specie di scena statica, dove niente si muove, ma questa è tutto frutto della mia mente perché il mondo non ha smesso di girare, anche se per me sembra essersi fermato.
Mi è mancato, devo ammetterlo.
Lo fisso di nuovo e sono sicuro e spero anche che lui capisca.
“Al diavolo l’orgoglio!” mi fiondo verso di lui e lo abbraccio forte nello stesso momento in cui mi stringe anche lui. Sapevo avrebbe capito.
Affondo la testa nell’incavo tra collo e spalla e lo sento parlarmi all’orecchio: “Inizio seriamente a preoccuparmi a vederti in questo stato”.
Quando ci stacchiamo cerco di non incrociare il suo sguardo finché non mi sono ricomposto.
Mi sento un idiota ad essermi mostrato così debole, ma le parole di Yuri non mi danno molto tempo di pensare.
“Boris mi ha detto che ti eri dato la colpa di tutto, e io ti conosco bene per capire che non sono parole buttate lì per lì, ma che tu le pensi seriamente.”
“E con ciò?”
“Non riconosco più la persona che mi ritrovo davanti. Voglio rivedere il vecchio Kei, quello scorbutico e asociale, che senza rendersene conto ogni tanto mostra qualche lato positivo, non la sua brutta copia che si dà la colpa e piange in continuazione.” potranno anche sembrare parole dure, ma il sorrisino che le accompagna fa sorridere anche me in un piccolo ghigno. Ho capito l’antifona. Guardando bene il polso destro noto un nastro rosso allacciato a formare un fiocco.
“Che cos’è quel coso?” seguendo la traiettoria del mio sguardo si ferma anche lui a fissarlo, come se cercasse di ricordare qualcosa.
“Ah...” lo vedo ghignare e sbuffare allo stesso tempo “E' opera di Boris”.
Alzo un sopracciglio scettico.
“E voleva renderti un pacco regalo?”.
Yuri annuisce.
“Da, ero il regalo destinato a te. Visto che non sono riusciti a trovarlo hanno deciso di usare me.”
E hanno scelto bene, ma questo di certo non glielo andrò a dire, ho ancora una reputazione da mantenere.
Sorrido. Non un sorriso come gli altri, questo è sincero.
“A quanto pare avevano ragione: il loro regalo si è mostrato.” lo guardo senza capire.
“Volevano regalarti un sorriso. Musone come sei, anzi, come sei stato depresso negli ultimi giorni hai fatto preoccupare anche loro.”.
Me ne ero reso conto, ma non ho dato troppo peso alla cosa.
“Senti..” comincio “...come hai fato a sopravvivere?”.
Si porta una mano a grattarsi la fronte.
“Sinceramente non lo so neanche io. L’ultima cosa che ricordo è l’aereo che prendeva fuoco e quando ho riaperto gli occhi mi sono ritrovato sulla neve. I soccorritori si sono domandati come avessi fatto a non morire assiderato.”
Annuisco. Si crea silenzio che trovo piacevole.
“Allora, vogliamo tornare al Monastero? Sai, è Natale e non mi va di lasciare quei tre in balia di quelle pesti. E poi è ora di colazione.”
“Io non ho fame...” appena finisco la frase si sente un brontolio provenire dal mio stomaco, facendomi arrossire di botta.
“Ah no? Secondo me sono giorni che non mangi.” mi dice ghignando e avviandosi, io volto lo sguardo stizzito altrove.
Raccolgo la foto e solo in quel momento mi ricordo del giglio: non si dica che un Hiwatari porti debiti anche nei regali.
Accelero il passo e raggiungo Yuri che si è fermato ad aspettarmi. Una volta di fianco, gli porgo sia la foto che il fiore dicendo: “Non rimango con i debiti neanche a Natale”.
Sbarra quegli occhi glaciali che si ritrova e fa un sorrisino.
“Non ci sono altre copie di questa foto, vero?”
“No, non sia mai che qualcuno la veda, giusto?” dico ghignando malefico.
“Senti io non sono te: non mostro le foto in cui Boris ed io sembriamo due gay!”
“Ma no, chi vuoi che capisca questo? Siete solo in mutande uno sopra l’altro!” scuote la testa e riprendere a camminare osservando il giglio.
“Senti, ma dove lo hai trovato questo?”
“Era sulla neve, ma non so come ci sia arrivato”.
Lo osserva veramente ammaliato. Il giglio è simbolo di purezza e regalità, ora capisco perché gli piacciono: ha manie di grandezza. Infondo un amico si accetta sia per i pregi che per i difetti, lui ne è pieno, ma io non posso essere da meno.
Questo non è un sogno ne un illusione, ma la realtà e non mi va di cambiarla.
Saper tenersi stretto un amico non significa dirgli ti voglio bene ogni giorno o assecondarlo, basta mostrare la propria amicizia in casi importanti, anche con piccoli gesti.
Mi volto indietro e osservo Yuri camminare alzando lo sguardo verso di me.
“Buon Natale, capitano.”.
Questo è uno di quelli, è raro che lo chiami così visto che mi fa sentire sotto gli ordini di qualcuno, ma ogni tanto anche il grande Kei può fare eccezioni.