Custodi ~
colui che osserva, colei
che ricorda
I.
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Lo sentì prima di
vederlo. Da tempo l’aria non vibrava così.
Alzò il capo e
socchiuse gli occhi.
L’uomo era
lì, diverso eppure uguale, e la gioia che gli schiantò il cuore
fu pari solo al tremito di quella mano conosciuta e nuova che si abbassava su
di lui, gli carezzava la testa stanca. Ci fu un sussurro, una parola in una
lingua ch’egli gli aveva insegnato a riconoscere, e per un istante eterno
fu come se niente fosse mai cambiato.
Era tornato. Era tornato
a casa.
Scodinzolò, una
volta sola: poiché oggi il fedele Argo era felice di morire.
II.
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Gli occhi erano affaticati,
ma le mani scorrevano sulla pelle con cura antica.
Furono le dita le prime
a scoprire il segreto.
La sottile cicatrice le
mozzò il respiro; allora batté le palpebre, tentò di
infondere alla debole vista tutta la forza della speranza. Quando osò levarla,
quasi riconobbe quel volto che pareva ora tanto diverso.
Singhiozzò,
così forte che l’uomo si affrettò a coprirle la bocca, ma
nessuna prospettiva di punizione la intimorì.
Gli baciò le mani
e non si curò che qualcuno, passando dalla sala, si meravigliasse che la
vecchia Euriclea piangesse ai piedi di un misero
mendico.
Spazio dell’autrice
L’Odissea ha
sempre avuto su di me un fascino particolare. Fin da bambina ho fatto
indigestione di film, libri, fumetti sull’argomento, ma forse è
stata la lettura dei romanzi di Lindsay Clarke (nello specifico, Il ritorno degli eroi) a farmi
innamorare maggiormente dell’umanità
di quei personaggi emblematici che ho sempre guardato come mostri sacri e che
non ho mai osato toccare nelle mie stupidate.
Ma.
Argo ed Euriclea mi sciolgono sempre il
cuore. Ogni. Singola. Volta.
Il titolo deriva dall’etimologia del verbo custodire, che significa tanto ‘osservare’
(inteso per la veglia di Argo) quanto ‘conservare’ (inteso per i
ricordi di Euriclea).
Aya ~