CAPITOLO
1
La
neve scendeva fitta
e silenziosa nel suo bianco splendore sin dal mattino e non aveva
alcuna
intenzione di smettere, avrebbe continuato per giorni interi. La contea
del
Sole era interamente imbiancata dai tetti alle finestre degli edifici,
dai
giardini ai mercati, e le vie erano per lo più deserte,
salvo qualche carrozza.
Erunamo,
elfo del cielo
di Crisark e figlio del defunto Re, si era allontanato dalla Foresta
Dorata
andando a zonzo senza avere una meta precisa. Una cosa era certa, non
voleva
tornare a casa, non quel giorno che erano trascorsi esattamente sei
anni dalla
scomparsa di sua sorella…Un po’ per tristezza un
po’ per chiudersi ancora più
in se stesso si diresse al cimitero, il luogo tetro e lugubre per
eccellenza.
Lui non amava affatto i cimiteri ma in quell’occasione la sua
anima era cosi
disperata e lacerata dal dolore che non seppe trovare
un’alternativa. Appena
giunto però, gli sembrò che tutte quelle lapidi
sepolte dalla neve in qualche
modo lo cacciarono di li, come se quello non fosse il posto dove
cercare le
risposte alle sue domande. Si sentì un po’ stupido
e tremendamente solo, quello
che stava passando era il suo dolore più forte e sua sorella
era tutto ciò che
gli restava della sua famiglia, ma era sparita nel nulla. Si
allontanò da li
e arrivò
alla locanda del viaggiatore,
prese qualcosa da bere sforzandosi di pensare ad altro, ma senza
successo.
Allora decise di piazzarsi sul vecchio divano impolverato vicino al
camino; su
uno dei tanti tavoli, quello più vicino alla sua postazione,
un umano e un
folletto femmina stavano
animatamente scherzando sul fatto di andare a dormire insieme quella
notte.
Erunamo ascoltò la conversazione distrattamente, che si
concluse con lo
spostamento dei due al piano superiore. Ma il sole non era ancora
calato… Si
rannicchiò coperto dal pesante mantello guardandosi prima un
po’ intorno, non
scorse nulla e nessuno d’interessante cosi cadde in un
dormi-veglia più che
leggero.
Nijiti, figlia
dei boschi nordici,
sorella delle ninfe nonché fata di sangue reale era giunta
alla contea quello
stesso giorno. Uno scherzo del destino le aveva fatto perdere di vista
la
creatura che una volta le aveva salvato la vita e che quindi la legava
a lei
per tutta la sua vita terrena ed ora uno straziante dubbio la
tormentava:
doveva sapere se era viva o no. Il viaggio lo aveva trascorso in forma
eterea
ma con tutta quella neve decise che era arrivato il momento di passare
a quella
umana. Intravide l’insegna fuori la Locanda del Viaggiatore e
pensò di
rifugiarsi li per un po’, cominciava ad essere
stanca…e nervosa. Davanti
all’entrata una creatura alta 50 cm con le ali da farfalla
divenne ben presto
una minuta ragazza coi lineamenti così fanciulleschi da
farla sembrare ancora
più piccola dei suoi 17 anni. Avanzò con
noncuranza oltre la soglia guardando distrattamente
di fronte a se e poi oltre i tavoli affollati. Non c’era
niente di strano eppure
non riuscì a smettere di cercare con lo sguardo.
Lanciò un occhiata vicino al
camino e si fermò. Qualcosa aveva attratto la sua
attenzione; capelli d’argento
per l’esattezza.
Erunamo aveva
avvertito lo sbattere
della porta e riaperto gli occhi cosi, giusto per dare
un’occhiata finché non
si era accorto della presenza della piccola fata, lo percepiva anche
dall’odore. Si sistemò non avendo improvvisamente
più sonno. Lei si era
avvicinata in procinto di riscaldarsi un po’ vicino al fuoco.
“Mmh…fa molto
freddo vero?”chiese lui d’istinto,
l’istinto di parlarle. Nijiti sorrise
debolmente guardandolo “abbastanza da congelare una stirpe di
yeti…”fu la sua
risposta “ma stavate dormendo?” aggiunse piano.
“No…era solo stanchezza per il
troppo girovagare nella contea…” sorrise
“ma posso sapere come vi chiamate e da
dove venite Milady?”, la fata annui e si sedette vicino a lui
“il mio nome è
Nijiti e vengo dai boschi del nord ma sono qui solo di
passaggio..” non finì la
frase perché l’elfo scattò in piedi,
non appena sentì pronunciare il suo nome.
“Non è possibile voi…avete il nome di
mia sorella” tornò un istante sul divano
si avvicinò al suo volto per esaminarla meglio ma subito si
rialzò piazzandosi
di fronte al camino. Il suo cuore batteva velocemente, aveva notato
qualcosa di
stranamente elfico nel suo volto. “Che vi succede? State
bene?” chiese lei
seriamente preoccupata “se ne volete parlare…vi
farà senz’altro meglio”.
Erunamo chiuse gli occhi, trasse un bel respiro poi li
riaprì “il mio nome è
Erunamo, elfo del cielo di Crisark, contea rispettata e onorata da
tutti finché
un traditore non fece uccidere il re mio padre…fu in
quell’occasione che mia
sorella Nijiti scomparve, forse rapita…” una
lacrima scese sulla sua guancia e
lui prontamente l’asciugò con la manica della
veste. Mantenne la calma sotto
gli occhi della fata e si sedette di nuovo, il più possibile
lontano da lei “e
voi perché siete qui?” chiese nella speranza che
non facesse altre domande.
Nijiti lo guardò “io…”
stavolta si alzò lei “mi dispiace moltissimo per
vostra
sorella, riesco perfettamente a capire quanto sia immenso il vostro
dolore. Ma
non siete l’unico che forse ha perso
qualcuno…” si fermò a fissare le lingue
di
fuoco danzanti di fronte ai suoi occhi, ma non le osservava veramente,
la sua
mente era altrove “ed è per questo che sono qui,
devo raggiungere il cimitero
di questa contea per sapere la verità…voi sapete
dove si trova di preciso?”.
Erunamo la guardò spaesato “si certo che so dove
si trova, ma chi avete perduto
se posso chiedere?” si alzò di nuovo e le si
accostò “Vi spiegherò tutto se mi
ci accompagnate, potreste per favore Milord?” Nijiti lo
guardò negli occhi
quasi intimidendolo. I suoi occhi brillavano di una luce intensa, quasi
accecante per quelli di un elfo “la vostra anima è
pura…siete sincera, non
posso che accontentarvi e condurvi laggiù” disse
egli e la prese
sottobraccio, aspettando un suo
cenno per partire. La fata rimasta quasi incantata dalle sue parole
annui “si
andiamo”.
Giunsero a
destinazione poco dopo, la
neve aveva smesso di scendere abbondantemente. Erunamo si
fermò e gli tornò in
mente quando era stato li qualche ora prima “eccoci
Milady” disse indicando il
vecchio cancello nero arrugginito e socchiuso come se appena spostato
“entriamo?”. Nijiti fece un respiro profondo
“si…” fu scossa da un tremito
breve ma deciso, non lasciò il braccio dell’elfo e
lo seguì a passo lento oltre
il grande cancello nero. Erunamo la teneva stretta e insieme
proseguirono per
il viale di ghiaia che portava ad una serie di tombe, era un cimitero
cosi
lugubre in quella contea, c’erano bare fuori dei giacigli,
tombe distrutte e
l’aria molto rarefatta. Nijiti rimase in silenzio
finché lui chiese con voce
tremante “scusate, dove dobbiamo fermarci
esattamente?”, “non lo so” fu la
risposta della fata che facendosi forza aggiunse “devo
togliermi questo dubbio,
controllare se davvero lei non c’è
più…” guardò con insistenza
i vari nomi
incisi nella pietra fredda delle lapidi, tratteneva il fiato ad ogni
nome ma di
quello che cercava non c’era traccia. Tremò sempre
di più mentre Erunamo cercò
di rincuorarla “sicuramente è ancora fra noi
questa persona veramente speciale
per voi” appena finì la frase si sentì
un rumore di catene in lontananza.
Nijiti sussultò “aspettatemi qui” aveva
già iniziato la trasformazione in forma
eterea, si staccò dall’elfo e si alzò
in volo verso la direzione da cui
proveniva il rumore. Erunamo sbalordito da quella velocità
cercò subito di
afferrarla “Nijiti che fai?! Torna qui!”
urlò, ma troppo tardi. Allora senza
pensarci 2 volte si inoltrò nella nebbia correndo come solo
un elfo può fare.
Quando
la fata toccò terra l’immagine che
scoprì la colse di sorpresa, il fantasma della sua
salvatrice Isilril si
trovava li di fronte a lei contornata da un fascio di luce bianca.
Isilril
parlò “Nijiti sei venuta a trovarmi, finalmente
sono libera dalla maledizione…”
le guance della fata si rigarono di lacrime calde
“andrà tutto bene io ti sarò
sempre vicina, puoi fidarti di lui, sappi che sua sorella è
viva e sta bene”
con un breve sorriso la figura si era dissolta nel nulla. Erunamo si
era
fermato di scatto e vide Nijiti in ginocchio a parlare da sola, le si
avvicino
subito “Nijiti che vi è successo?”. La
fata stava ancora pensando all’ultima
frase pronunciata da Isilril, poi si alzò in piedi di nuovo
in forma umana e si
rivolse all’elfo “si io…credo di stare
bene” invece svenne. Erunamo con
rapidità elfica la sostenne all’istante e
cerò di farla subito riprendere
“Nijiti svegliatevi vi prego!” ma le sue parole
servirono a ben poco, per un
attimo la sua attenzione si concentrò su un cespuglio
davanti a loro, si era
mosso qualcosa la dietro... L’elfo riportò subito
l’attenzione a Nijiti, la
prese in braccio e cose come un matto verso la locanda al caldo.