Nevermind.
1. Caffè
“Ben svegliato, Mr.
Holmes.”
Sherlock non rispose. Si limitò ad un cenno invisibile della
mano, che in ogni caso Irene Adler avrebbe colto. Si
avvicinò al tavolo della
cucina, sollevando la tazza di caffè che aveva trovato
accanto al letto.
“Allora?”
Irene non potè non sorridere: lui aveva già
capito.
Fece l’ingenua, sbattendo civettuola le ciglia.
“Allora
cos-“
“Non fare la stupida, Irene. Sai quanto ciò mi
infastidisce.”
Irene prese un sorso dalla sua tazza. “Certo, che lo
so.”
Si chinò leggermente sul bancone della cucina, ammiccante.
“Ed è per questo che faccio la stupida:
perché mi diverte vederti infastidito.”
Ancora una volta non ebbe risposta. Ma non importava: ormai
era abituata.
Cominciò a giocherellare con la tasca della vestaglia di
Sherlock – e sapeva che anche questo gesto
apparentemente innocuo l’avrebbe
innervosito a morte.
Perché Sherlock Holmes stava pensando.
Stava passeggiando nel suo palazzo mentale, dove poteva
osservare, come in una galleria d’arte, tutti i suoi sudditi,
servitori e
paggetti: tutte le informazioni, una dietro l’altra.
E bastava uno schiocco di dita per richiamarle, per ordinarle,
per ottenere ciò che voleva.
Anche in questo caso fu così.
“Cosa c’è di tanto interessante sul
‘Sun’? Non ti scomoderesti
tanto se non fosse qualcosa di succoso.”
Irene trattenne una risatina, che sarebbe suonata acuta e
isterica: era un fottutissimo genio.
“E sentiamo, come hai fatto a capire che era proprio quel
giornale?”
Sherlock si girò per la prima volta verso di lei. Il suo
sguardo era seccato e incredulo.
“E’ così ovvio, donna.”
“Oh, lo so. Ma so anche che tu muori dalla voglia di
spiegarlo a qualcuno. Quindi…”, rispose Irene,
accompagnando le sue parole con
un gesto volutamente teatrale.
L’uomo si rigirò. Prese un sorso di
caffè. Respirò.
Partì.
“Tu ordini solo un certo numero di giornali, Irene. E
ovviamente sono solo quelli che possono davvero interessarti, dal
momento che
la spedizione all’estero non costa così poco.
Oggi è martedì, il che vuol dire che solo un paio
di
giornali possono essere arrivati da Londra, presumibilmente verso le 4
e 10 di stanotte
– avrai di certo sentito quella fastidiosissima motoretta, a
meno che tu non
abbia dei seri problemi all’apparato uditivo.
Questi giornali sono il ‘Times’ e il
‘Sun’. Ti fai mandare
il primo per informarti degli affari londinesi e per fare una bella
impressione
su di me, per farti apparire intelligente e patriottica. Ma ovviamente,
essendo
del New Jersey, negherai sempre del tuo legame con Londra, la bella
città che
ti ha accolta tra le sue braccia accoglienti e dove hai potuto fare il
bello e
il cattivo tempo a piacimento. A proposito, sei mai stata con un
meteorologo?
Suvvia, Sherlock. Stai divagando.
La tua natura femminile ovviamente non può placarsi con
delle
misere notizie in bianco e nero. Tu vuoi il colore, il calore, la
passione.
Ergo, quale miglior compagno di pettegolezzi se non il
‘Sun’, il più noto
giornale scandalistico di Londra?
Questo giornale viene stampato una volta a settimana,
esattamente il lunedì sera. Particolare, non trovi? Ma
è proprio grazie a
questo dettaglio che tu ogni martedì puoi godere delle sue
preziose notizie.
Chissà, magari un giorno ci comparirai anche
tu…di nuovo.
Le tue dita. Sono macchiate di inchiostro. Il fatto che non sia
nero può farci tranquillamente escludere il
‘Times’, perché da te arriva
unicamente l’edizione in bianco e nero – si cerca
di risparmiare come si può,
no?
E’ un inchiostro rosso, casualmente il colore della
copertina del ‘Sun’. E in ogni caso, solo una
notizia succulenta e affascinante
ti avrebbe convinto a portarmi il caffé a letto, Irene.
Allora? Cosa c’è di tanto interessante sul
‘Sun’ di oggi?”
Si fermò.
I suoi polmoni ripresero la loro ordinaria funzione, dopo
essere stati costretti da quell’incessante flusso di parole e
idee a pompare
più ossigeno, sangue, anidride carbonica.
Ovviamente, tutto ciò non era visibile
all’esterno. In
apparenza, Sherlock Holmes aveva appena concluso un’altra
delle sue deduzioni,
e stava tranquillamente bevendo il suo caffè.
Irene, dal canto suo, non potè non sorridere, ancora una
volta scioccamente stupita da quello che era appena successo.
Con un lampo di malizia negli occhi, poggiò la tazza sul
piano della cucina.
“…è stato incredibile.”
Gli occhi di Sherlock si dilatarono lentamente. La mano che
reggeva la tazza dovette inavvertitamente abbassarsi, presa da un
impercettibile tremore.
Il sangue nelle vene rombava, lo sentiva. Il cuore stava
facendo il doppio del lavoro, cosa che avrebbe portato uno sgradito
rossore sulle
guance.
E invece non arrossì. La sua carnagione era diventata ancora
più pallida del solido.
Tutto questo, per tre semplici parole.
Tre parole che erano tutto. Che gli riportarono alla mente
un passato nemmeno troppo lontano, ma disperatamente abbandonato con la
speranza di non ricordarlo mai più.
Eppure c’era sempre una minuscola falla, una breccia che
Irene aveva fatto diventare esageratamente vasta.
Non aveva mai dimenticato, no. Non l’avrebbe mai fatto
–solo
in quel momento, solo sentendo quelle tre semplici parole il brillante
Sherlock
Holmes se ne era reso conto.
Non aveva mai voluto dimenticare, ecco.
Irene attese paziente, in silenzio.
Aspettò fin quando la sua tazza fu totalmente vuota, fin
quando il caffè nella tazza dell’uomo si fu
raffreddato. Aspettò un’eternità, o
pochi istanti.
Aspettò che un passato nemmeno troppo lontano venisse
recuperato.
E poi, il colpo di grazia.
“Si sposa. L’eterno
scapolo convolerà a nozze con una bella
londinese.”
Sherlock cadde.
Era in una cucina semplice ed elegante, reggeva in mano una
tazza di caffè ormai congelato, accanto a lui Irene gli
parlava, citando
testualmente quanto il ‘Sun’ riportava.
Ma intanto cadeva.
E quella caduta lo riportò a quel momento, a quando la sua
vita era finita. A quando, pur di sfuggire a quella ragnatela
di intrighi e bugie, aveva codardamente finto il suicidio
e se ne era andato da tutto. Da tutti. Da lui.
Solo in quel momento realizzò che nel suo piano di salvezza
aveva trascurato quella fastidiosa e pesante faccenda dei sentimenti,
ai quali
però in quel momento si stava disperatamente aggrappando per
non continuare a
cadere.
Capì di aver sbagliato. Provò ancora una volta il
dubbio, la
paura, l’incertezza.
Provò quel dolore che anche lui
aveva dovuto provare, e si sentì stupido ed egoista.
Sherlock cadde, come quella volta.
Ma questa volta fece male.
Irene non sorrideva più. Teneva fisso lo sguardo davanti a
lei, su quell’uomo che si era improvvisamente rabbuiato.
Era perfida, lo sapeva. Lo era anche con se stessa.
Sapeva anche che questo fatto avrebbe spezzato tutto, e lei
sarebbe di nuovo tornata sola.
Ma aveva dovuto farlo, per il suo bene. Per il loro bene.
Per il bene di quella sincerità che il mondo stava sempre
più perdendo.
Per questo si irritò profondamente, quando Sherlock le
mentì.
“Non mi importa.”
Senza dire altro, l’uomo uscì dalla cucina,
involontariamente sfiorando con la vestaglia il braccio di Irene.
La donna chiuse gli occhi, cercando di reprimere tutto
quella rabbia che sentiva.
Poi, misurando accuratamente ogni parola, parlò.
“A lui invece sì.”
Sherlock si fermò. Il cuore triplicò i battiti.
Un nuovo colpo.
Improvvisamente si vide correre nella stanza di Irene,
afferrare la copia del ‘Sun’, sfogliare
istericamente la pagine.
Ed eccolo.
Una nuova caduta.
Rivederlo fece male, molto male. Ma ciò che lo fece
definitivamente precipitare al suolo fu quella domanda, in basso sulla
destra.
In quella domanda c’era il suo nome.
E si trovò al suolo.
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...
Dio, che sofferenza. Prendetemi per scema, ma soffro un sacco ogni
volta che ripenso a 'Sherlock'.
Eh, non so. Devo essere proprio fusa, ma ogni volta che ripenso alla
2x03, il cuore mi si capovolge (?).
Non so come, ma lo fa.
E dovevo scriverci qualcosa. Dovevo.
Lo so, non si capisce ancora niente.
Ma più avanti si capirà tutto. Spero.
Comunque...oh, ma io in questo modo
sto entrando in un nuovo fandom!
Saaaaalve.
Vengo in pace.
Ho dei pasticcini, se volete.
Ok, tutto questo per smorzare l'angoscia. Sì, sono
angosciata dall'entrare in un nuovo fandom!
Santo Iddio, che malata.
Lo so, lo so. Segretamente speravi che scrivessi su 'Chuck'. Ma non ti preoccupare, tesorino. Ci arrivo. <3
Questa storia è dedicata alla Donna Della Mia Vita, a quella personcina tanto carina che è entrata a piccoli passi nella mia vita per farmi violenza psicologica-come lei stessa direbbe- con i mille telefilm che segue-ha seguito-seguirà.
Perchè lei è la Regina del Telefilm. E vincerebbe due Nobel per il fangirling.
E soprattutto mi ha dato quella spinta finale che mi serviva per tornare a scrivere, cosa per la quale la ringrazierò in eterno.
Quindi si merita una storiella (?) per i suoi vent'anni, no?
(non so se hai notato, ma il riferimento al palazzo mentale di Sherlock come galleria d'arte...dovrebbe farti venire in mente qualcosa, no? u.u)
Tanto love. <3
Piccola noticina: le tre famose parole pronunciate da Irene che scatenano la reazione di Sherlock -ossia "...è stato incredibile."- sono le stesse che John rivolge a Sherlock quando fa la sua prima deduzione su di lui - ricorderete di sicuro 'Afghanistan o Iraq', no?
Ecco. u_u
E niente, credo di aver finito.
Questa è una Long, spero di aggiornare di un capitolo alla settimana (risate di sottofondo che fanno capire quanto sia un'impresa disperata).
Io non posso fare altro che ringraziare quelle gentilissime creature che verranno a leggere questo racconto. Grazie mille davvero.
And that's it. :D
A presto,
Vale