Disclaimer: I personaggi
non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro, altrimenti non sarei qui ma
a Londra dove vorrei essere da una vita <3
Chiedo scusa per eventuali
errori di battitura o peggio di grammatica.
Buona lettura! :D
“Nothing really matters,
Nothing really matters to
me.
Anyway thw wind blows..”
La voce di Freddie Mercury si spense al suono delle ultime
note di Bohemian Rhapsody, facendo ripartire poco dopo una nuova canzone,
questa volta dei Beatles.
Matthew e Dominic stavano sdraiati sul letto in camera del
batterista, spalla contro spalla, ad ascoltare quella vecchia cassetta, trovata
per caso nel mucchio, piena di ogni genere di canzone dei più disparati
artisti. Quella sera faceva troppo freddo per uscire così, di comune accordo,
avevano deciso di passare la serata insieme a casa Howard, niente di
programmato, una serata solo per loro due, magari a chiacchiere e risate.
Non si erano detti niente, ognuno troppo perso nei propri
pensieri, e, di artista in artista, non si erano neanche accorti del tempo che
passava. Fu solo quando la cassetta finì che i due si risvegliarono e il biondo
si alzò dalla sua comoda posizione per andare allo stereo.
- Fin qui direi niente male – esclamò aprendo il
mangianastri e prendendo in mano la cassetta – cambiamo lato –
Matthew sbuffò.
– Non hai qualcos’altro? – chiese, alzandosi a sua volta.
- Del tipo? – ottenne come risposta da un Dominic alla
ricerca nel mucchio di una custodia per la cassetta che aveva in mano.
- Qualcosa che non sia inglese – rise il moro, porgendogli
la piccola protezione in plastica.
Il biondo rise con lui. Nell’ultima mezz’ora avevano
ascoltato un solo lato di quella cassetta e ci avevano trovato solamente band
di provenienza inglese; trovare una band d’oltre oceano era come trovare una
pepita d’oro al Den, possibilità zero.
Entrambi si misero a rovistare sulla scrivania del biondo,
tanto grande quanto disordinata, alla ricerca di una cassetta da poter
ascoltare, escludendone un gran numero e mettendone da parte un altro numero un
po’ più piccolo per un ascolto futuro, ma senza trovarne neanche una che
volessero ascoltare.
Nel
mucchio generale, i due giovani stavano
solo creando ulteriore caos, così da rendere la ricerca ancora più
difficoltosa, finché Matthew non ne prese una con una grossa scritta rossa sul
lato e, esaltato, la mostrò all’amico, chiedendogli se poteva andare.
-
Jimmy Hendrix. Perché no? – rispose il biondo, fissando la cassetta e la mano
di Matthew.
Com’era
piccola quella manina. Le dita erano lunghe e sottili, il palmo piccolino e il
polso, appena visibile dal maglione rosso che il chitarrista indossava,
tremendamente stretto che se afferrato male si sarebbe spezzato, il tutto
aggiunto a una carnagione chiarissima, tipica del moro.
-
Ehi Dom, che hai? – gli chiese quest’ultimo sventolandogli davanti una delle
sue manine, oggetto di tanta attenzione per il biondo.
-
Guardavo le tue mani – rispose sinceramente, mordendosi subito dopo la lingua.
-
Che hanno di strano? – ora era il giovane a guardare con i suoi bellissimi
occhi azzurri le sue mani, curioso di scoprire come avevano fatto ad attirare
l’attenzione del suo amico, visto che lui non ci era mai riuscito.
-
Sono molto piccole -
- Non sono piccole! –
Aveva alzato la voce, un po’ stizzito da quella
osservazione. Troppa gente sparlava di lui, della sua magrezza, della sua
bassezza, per non parlare della sua stramberia, e sentire adesso il suo
migliore amico fargli un’osservazione del genere sapendo quanto fosse
suscettibile all’argomento, lo mandavano in bestia. Forse fu la rabbia a farlo
rispondere.
- Le mie mani sono normalissime, sono le tue ad essere
enormi – e così dicendo, gli diede la cassetta e se ne tornò sul letto,
aspettando di non sentire altro per la stanza se non le note del dio della
chitarra.
Dominic guardò un attimo confuso il suo amico, capendo di
aver detto una cazzata, ma non si sarebbe mai aspettato che reagisse così,
sapeva che nelle sue parole non c’era cattiveria. Era vero, le sue mani erano
piccoline, ma non per questo il batterista poteva smettere di amare ogni
singolo dettaglio che il moro portava con sé.
Mise la cassetta nel mangianastri e lasciò partire la prima canzone,
rimettendosi nella stessa identica posizione di prima, spalla contro spalla con
il suo amico.
Non stava realmente ascoltando la canzone, perché se qualcuno avesse provato a
chiedergli il titolo non avrebbe saputo rispondere, infatti la sua mente era
tornata alle parole di poco prima. Che Matthew avesse ragione? Magari le sue
mani erano normalissime ed erano le sue ad essere eccessivamente grandi.
Si portò le mani davanti agli occhi, attento ad ogni loro minimo particolare.
Al contrario di quelle del chitarrista, le sue dita erano piccole e un po’
tozze, le unghie mangiucchiate per il nervosismo, il palmo largo e percorso da
innumerevoli calli e il polso grande. Tutto l’opposto!
Matthew, nonostante l’attenzione che dava alla musica, notò il movimento del
batterista e si chiese se ancora stesse pensando a quello che aveva detto poco
prima. Non lo pensava, era stato il momento, lui era fatto così, si offendeva,
rispondeva e poi si mordeva la lingua. In quel momento avrebbe voluto farla
sanguinare per la cazzata detta ma mica pensava che l’altro ci avrebbe dato
peso, non lui che sempre sorrideva anche quando l’unica cosa possibile da fare
era prendere a sberle chi l’aveva appena preso in giro.
Eppure il suo amico stava ancora lì sdraiato vicino a lui, le mani aperte per
aria davanti ai suoi occhi, ad osservarle come se non sapesse come mai fossero
lì, e sbuffando il moro si tirò su, puntando i gomiti sul materasso per tenersi
su.
- Dom – lo chiamò, senza però ottenere la sua attenzione – si può sapere che
stai facendo? –
- Credo che tu abbia ragiona, Matt – rispose il biondo,
continuando a fissarsi le mani – le mie mani sono davvero brutte -
- Ehi! Non travisare le mie parole. Non ho detto che le tue mani sono brutte -
- Ma l’hai pensato -
Non era vero un cazzo! Matthew era abbastanza schizzinoso,
era difficile per i suoi gusti trovare qualcuno di simpatico, dolce e bello,
soprattutto le tre cose insieme, ma Dominic riusciva, anche se nelle sue
imperfezioni, ad averle in sé tutte e tre. Ecco cosa lo aveva attratto.
- Dom, smettila di dire cazzate – esalò, sedendosi a gambe incrociate.
- Non sono cazzate - il biondo si tirò
su, prendendo poi una mano dell’altra e poggiandola palmo contro palmo alla sua
– Guarda! La mia mano è grandissima, non vedo neanche la tua! –
Matthew guardava ma non capiva. Si, le loro mani erano
differenti e quella di Dominic era leggermente più grande della sua, ma si era
stufato di fare un dramma per una cazzata sparata a metà serata sulla quale
avrebbero solo dovuto riderci sopra, specialmente se il dramma in questione lo
aveva iniziato lui.
Forse quel dramma poteva trasformarsi in una commedia.
In un attimo prese anche l’altra mano del biondo e la
portò nella stessa identica posizione delle altre, chiudendo poi le sue lunghe
dita sulle mani dell’altro, il quale ricambiò la stretta sulle manine del
chitarrista.
- Grandi o no, sono perfette per stringere le mie – disse con un velo di
imbarazzo, abbassando lo sguardo – si incastrano benissimo –
- Piccolo e grande, perfetti insieme – rispose il
batterista, senza lasciare la presa sul suo amico.
Era una bella sensazione. Sentiva i polpastrelli del moro, induriti dagli
esercizi alla chitarra, accarezzargli i dorsi, mentre le sue mani callose dai
troppi anni di batteria sfregare contro i palmi dell’altro.
Dominic, senza scindere la presa tra le loro mani, si avvicinò a Matthew e gli
donò un piccolo bacio sulla guancia, tanto caldo e tanto affettuoso, facendo
arrossire ancora di più il viso del moro, il quale ormai stava praticamente
andando a fuoco, ma arrossendo a sua volta.
- Sei stato carino. Solo uno come te poteva avere un’idea del genere per farmi
passare sta fissa – sorrise Dominic – Grazie. Sei il migliore amico che si
possa desiderare -
- Oh.. migliore amico.. si.. certo.. – esclamò deluso Matthew, cercando di non
darlo a vedere, abbozzando un sorriso.
La delusione era tanta per il moro, tanto quanto era il dispiacere del biondo
per non aver avuto il coraggio di andare oltre, ma forse erano ancora troppo
giovani per scoprire che nella loro vita non solo le loro mani si legavano
perfettamente.
Si sdraiarono di nuovo sul letto, lasciando a Jimmy il suo momento di gloria in
quella stanza, e passarono il resto della serata ad ascoltare vecchie canzoni,
ancora spalla contro spalla, e mano nella mano.
Sono
quasi le 2 e io pubblico.
Devo dire che non mi convince proprio per niente sta storiella ma è venuta
fuori per conto suo.
L’idea mi è venuta una sera guardando un paio di foto di Dommie e dopo un
gentile commento di mia mamma riguardate il Maffo (citazione che non voglio
ripetere perché davvero cattiva, sowwy :P)
Il titolo della shot è preso da una song dei BeFour, appunto Hand in Hand.
Altro non ho da dire.
Se voi avete qualcosa da dire, in bene o in male, sarò felice di leggervi!
Notte!!
Lilla :D