Anime & Manga > Natsume Yuujinchou
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Autore: hapworth    07/04/2012    2 recensioni
«Capisco…» un sussurro, prima che lo guardasse dritto negli occhi, un sorriso – che con il tempo avrebbe identificato come ironico – sul suo viso pallido e la maschera che, lentamente, tornava al suo posto, sul suo volto sfuocato. Neppure si era accorto che l’aveva sollevata davvero.
Cross-over tra Natsume Yuujinchou & Hotarubi no Mori e di Yuuki Midorikawa.
[Gin/Takashi]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Avevo deciso di revisionarla completamente e, dopo un po’, eccomi a farlo. Ho deciso di rivederla perché non mi trovavo più bene con lo stile che avevo usato per i primi tre capitoli e me ne sono resa conto quando ho tentato di approcciare la quarta – e ultima – parte.
Dunque ci ho speso un po’ di tempo perché mi sembrava alquanto stupido postare un capitolo completamente diverso da quelli precedenti, dunque invito a rileggerla dall’inizio, in attesa del quarto capitolo che presto scriverò ora che ho sistemato la cosa.
Ricordo che i personaggi ivi utilizzati sono di proprietà di Yuki Midorikawa e io li uso solo a fini di divertimento. Inoltre ci tengo a precisare che questa è un’ipotetica storia che ho creato perché mi sono chiesta che cosa sarebbe successo se Natsume e Gin, rispettivamente di Natsume Yuujinchou e Hotarubi no Mori E, si fossero incontrati nei momenti in cui non potevamo vederli nelle opere di riferimento. Mi ha stuzzicato l’idea, dunque spero che possa piacere anche a voi. Mi scuso se non è il massimo dell’originalità ma, quando l’ho concepita, aveva questa trama, dunque non me la sono proprio sentita di modificarla.
Buona lettura a chi avrà la pazienza di leggere questo delirio.
By athenachan


Casualità [Basta uno sguardo]

Era ancora un bambino. Un bambino solitario che se ne stava sempre da parte perché, in fondo, nessuno riusciva a capire che cosa ci fosse che non andava davvero in lui. Gli davano del bugiardo, lo ferivano con parole crudeli senza sapere che lui davvero vedeva qualcosa che loro non si spiegavano. Spesso si ritrovava a girare nel bosco, magari con le lacrime agli occhi – che nascondeva al resto del mondo – perché davvero non capiva che cosa ci fosse di così sbagliato.
Chiedersi il motivo di tanto accanimento, sapeva, non lo avrebbe aiutato davvero a capire. Non veramente, per lo meno.
E poi era successo: aveva visto un’ombra, dinanzi a sé. Era chiara ma non emanava luce; non faceva paura nonostante la maschera bianca che, dalla sua posizione, riusciva a vedere. Era strano, perché di solito provava sensazioni sgradevoli nel vederli. In quella situazione, invece, sentiva solo angoscia e malinconia, tristezza, dolore; lo sentiva nel cuore che gli pulsava nel petto, impazzito per via dell’inaspettato incontro e per quel dolore che sentiva dentro, malgrado non fosse il suo.
Vedeva quello sguardo triste, lo intravedeva da sotto la maschera da volpe; erano due occhi gialli, pieni di desideri inespressi, carichi di qualcosa che nemmeno lui, allora, aveva. Riusciva a vederli, malgrado fossero ancora nascosti, ancora prima che lui glieli mostrasse veramente, scostandosi la maschera.
E poi avvertì l’impulso irrefrenabile di avvicinarsi, dettato principalmente da un senso di appartenenza che lo aveva stregato, quasi, nell’osservare quella magra e sottile figura che pareva dovesse scomparire da un momento all’altro. Che cos’era? Un ayakashi?
«Sei umano, non è vero?» aveva mormorato, poi, all’improvviso, dal nulla. E gli aveva schioccato uno sguardo intenso, così simile al suo che, quasi, aveva tremato e si era sentito soffocare. Non conosceva, allora, la differenza tra un ayakashi e ciò che era lui. Un confine così labile che, davvero, non sa neppure adesso, se la conosce davvero.
«S-si…» una risposta incerta, intimorita, forse, da una possibile reazione violenta – d’altra parte era sempre stato inseguito da quelle creature che, lui, non avrebbe mai voluto vedere; erano troppo strani e soprattutto lo avevano sempre fatto isolare da tutti. Lo credevano un bugiardo.
Non aveva mai visto una creatura, uno di loro, con dei lineamenti così… Umani. Era più alto di lui ma aveva lo sguardo così simile, intenso e dentro di essi vi si leggeva qualcosa di indefinibile. Ma non era spaventoso.
«Capisco…» un sussurro, prima che lo guardasse dritto negli occhi, un sorriso – che con il tempo avrebbe identificato come ironico – sul suo viso pallido e la maschera che, lentamente, tornava al suo posto, sul suo volto sfuocato. Neppure si era accorto che l’aveva sollevata davvero.
Natsume aveva tremato leggermente, con i suoi occhi grandi di bambino, mentre quello si era voltato, la camicia aperta che svolazzava e quel rumore di sandalo sulle pietre del sentiero verso il Tempio. Era rimasto in silenzio, ad osservarlo andare via. E mentre lo aveva fatto aveva sorriso appena, senza sapere davvero perché.


To be Continued
   
 
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