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Autore: Rota    07/04/2012    0 recensioni
Sbuffava e mescolava la sua irritazione in nuvole di alito caldo con la nebbia sporca della città. Aveva una sigaretta tra le labbra - la terza da quando aveva lasciato il bar di Kili - ma non riusciva a scaldarsi né a trovarlo piacevole.
Si mise con una certa energia le mani in tasca, cercando in quel modo di ripararsi dal freddo. Inutile, specialmente se si ostinava a tenere la giacca aperta sul busto e al di sotto di quella una semplice maglietta della tuta.
Guardava basso, rabbioso, verso il marciapiede: non aveva bisogno di vedere la gente per riuscire a scansarla oppure ad andarci addosso, tanto valeva evitare persino di impegnare lo sguardo su tutte quelle facce grigie, spente, innaturali.
Non che avesse qualcosa contro la grande città, solo trovava incredibile la somiglianza tra lei e la sua gente - e a guardarsi allo specchio, ogni mattina, non poteva che trovare tracce di questa triste verità persino nei proprio tratti, nel proprio sguardo privo di una vitalità ricca di colori.

[Raccolta su Badou e vari personaggi (L)]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Badou Nailson
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Autore: margherota
Titolo: Cicche di sigaretta
Capitolo: Occhi infossati
Fandom: Dogs - Pallottole e Sangue
Personaggi: Badou Nailson, Mikhai Mikhairov
Generi: Introspettivo, Sentimentale
Avvertimenti: Shonen ai, One shot, Missing Moment, Raccolta
Rating: Giallo
Set: 2
Prompt Syllables of Time: Dio solo sa cosa nascondono quegli occhi deboli e infossati
Note: Le sigarette e il signor Nailson sono una cosa sola, quindi m'è sembrato carino dare un nome del genere alla mia raccolta XD
Inizio il tutto con una MikhaiBadou ma non crediate che la cosa si fermi qui. Ho intenzione di scrivere almeno due BadouHeine, una su Dave, una su Mimi e per il resto si vedrà XD Spero vogliate seguirmi anche in questa avventura :D




-Ehi, zio!-
Mikhai quasi sobbalzò e Badou rincarò la dose davanti alla sua evidente perplessità: non era certo piacevole ricevere uno sguardo del genere dopo aver fatto compagnia ad una persona per più di dieci minuti di fila.
-Sei ancora qui o sei migrato in un altro posto?-
L'uomo strabuzzò gli occhi prima di recepire con distinzione lo sgarbo nel tono dell'altro, canzonatorio e irriverente. Non c'era che dire: l'età avanzava anche per lui ed era chiaro. E poi lui non aveva mai portato tanta pazienza in nessun caso, quindi davvero non capì perché dover iniziare proprio in quel momento, proprio con Badou.
-Se mi vedi qua, vuol dire che qua sono!-
Si sistemò la giacca sulle spalle e vi si strinse dentro per ritrovarvi un po' di calore in quel uggioso giorno di primo autunno. La finestra accanto a lui era già appannata, persino qualche gocciolina d'acqua scendeva ai lati, lì dove iniziava una graziosa cornice in legno, ma l'unica cosa visibile al di là del vetro sarebbe stata sola la nebbia grigia tra i palazzi, le case e le persone.
Mikhai rivolse le proprie attenzioni al caffè bollente che era poggiato sul tavolo, davanti a lui. Scoprì nel prenderlo in mano che ormai era diventato a malapena tiepido e grugnì infastidito - lo portò comunque alla bocca, senza pensarci due volte. Fece una smorfia quando al sapore amaro, senza zucchero, non si aggiunse la piacevole sensazione dell'altissima temperatura sulla lingua e giù in gola, ma anzi residui freddi rimasero a grattare gli ultimi denti e lo resero ancora più di cattivo umore. Guardò quindi Badou, aspettando una valida ragione per prendersela con lui e dirgli qualcosa di sgarbato, giusto per ribadire lo stato d'animo in cui versava.
Il ragazzo, che fino a quel momento lo aveva guardato senza fiatare, gli rivolse un'occhiataccia e anche un insulto prima di alzarsi dal proprio posto e andarsene dal bar, dimenticandosi molto casualmente di pagare la sua consumazione.

Sbuffava e mescolava la sua irritazione in nuvole di alito caldo con la nebbia sporca della città. Aveva una sigaretta tra le labbra - la terza da quando aveva lasciato il bar di Kili - ma non riusciva a scaldarsi né a trovarlo piacevole.
Si mise con una certa energia le mani in tasca, cercando in quel modo di ripararsi dal freddo. Inutile, specialmente se si ostinava a tenere la giacca aperta sul busto e al di sotto di quella una semplice maglietta della tuta.
Guardava basso, rabbioso, verso il marciapiede: non aveva bisogno di vedere la gente per riuscire a scansarla oppure ad andarci addosso, tanto valeva evitare persino di impegnare lo sguardo su tutte quelle facce grigie, spente, innaturali.
Non che avesse qualcosa contro la grande città, solo trovava incredibile la somiglianza tra lei e la sua gente - e a guardarsi allo specchio, ogni mattina, non poteva che trovare tracce di questa triste verità persino nei proprio tratti, nel proprio sguardo privo di una vitalità ricca di colori.
Calpestava il suolo con forza e quando iniziò la quarta sigaretta schiacciò il mozzicone della precedente come se dovesse spappolarne il cadavere. Non si accorse che stava iniziando a piovere se non nel momento in cui il suo accendino non produsse alcuna fiamma; imprecò e andò avanti con tutta la testardaggine di cui era capace: il suo negozio non era poi così distante da desistere a quel punto.
Non si ricordava neppure cosa aveva detto a Mikhai per prendersela così tanto con lui. Non era neanche sicuro che fosse qualcosa di molto importante o anche solo significativo o che nel discorso contasse davvero che l'altro esprimesse una qualche opinione.
Si rese conto, con maggior irritazione, che la voglia d'attenzione che aveva dimostrato non era altro che il gesto infantile di chi non è accontentato con immediatezza - e si rese anche conto di non essere così puerile da avere l'abitudine per gesti simili.
Sbuffò di nuovo, cacciando dentro di sé ogni altra considerazione che tanto oramai sarebbe stata solamente inconcludente: anche voltandosi, certo non avrebbe trovato Mikhai a rincorrerlo per chiedergli spiegazione, quello era orgoglioso come ogni vecchio e acido burbero.
Prelevò le chiavi del proprio negozio dalla tasca della giacca, ne aprì la porta e fece anche per entrarvi, quando incontrò sul vetro dell'entrata il proprio riflesso.
Occhi vuoti.
Finalmente entrò, facendo risuonare il campanello allegro.

Mikhai volgeva lo sguardo altrove fin troppo spesso, con un'aria che non era né triste né inespressiva ma che chiaramente dichiarava l'esplicita intenzione dell'uomo di isolarsi dal resto del mondo. Badou sapeva cosa significasse dover fare i conti con ricordi e pensieri di altri tempi, che da soli venivano a galla come sogni oppure incubi, a seconda delle occasioni, anche nelle ore di veglia; sapeva abbastanza di Mikhai per non chiedergli nulla: nessuna delle cicatrici sul corpo dell'uomo era così importante da dargli un significato condivisibile. E poi, era chiaro che nel momento in cui avesse cominciato a chiedere, avrebbe dovuto essere pronto anche a rispondere - e conoscendo Mikhai e la sua capacità di carpire le informazioni che voleva, sarebbero andati sicuramente più in là di quando Badou avesse mai desiderato.
Era probabile che l'intensità della malinconia, così come il suo controllo, avesse una qualche relazione con gli anni delle ossa e della mente: in virtù di quei pensieri, Mikhai gli ricordava tanto uno di quei vecchietti arcigni che rimanevano semplicemente schiavi del loro passato e non ne uscivano più, neanche volendolo intensamente. Il dolore si induriva, come il sangue marcio di una ferita, e si fissava sulla pelle in maniera radicale e troppo duratura.
Lo sapeva, Badou lo sapeva davvero bene, anche se di inverni non ne aveva poi così tanti. Faceva rabbia a lui come faceva rabbia a Mikhai, che magari di ragione ne aveva pure di più. L'irlandese non era tanto ipocrita a fare la morale all'altro quando era il primo a conoscere di persona un tale male interiore.
Il tesoro di Mikhai, così come tutta la sua anima, stava in quegli occhi che poco spesso lo fissavano in maniera intensa.

Passò un giorno intero prima che Mikhai si facesse vedere al suo negozio.
Aveva in viso l'aria scura di chi ha impiegato l'ultima mezz'ora della sua vita a cercare di raggiungere una meta maledetta – e conoscendo il tipo Badou poteva scommettere che fosse davvero così – mentre in mano teneva una sorta di lista della spesa non troppo lunga: la sorellona Kili doveva aver pensato bene di sfruttare l'uomo e divertirsi, ancora una volta, alle sue spalle, senza minimamente pensare a cosa quello volesse dire.
Non c'era traccia, però, né sulla sua bocca né nel suo sguardo, dell'ultimo battibecco che li aveva fatti scontrare, così che un'apparente carenza di memoria prendesse posto all'effettiva carenza di buone maniere di entrambi gli uomini.
L'uomo salutò un poco burbero il ragazzo e gli consegnò direttamente la lista in mano, senza sprecarsi a leggerne il contenuto. Il ragazzo non lo guardò neanche male ma preso il foglietto dalle sue dita cominciò a radunare oggetti dentro un sacchetto sottile di plastica.
Almeno fino a quando l'uomo non lo interruppe di nuovo.
-Stasera cosa fai?-
Dentro il negozio non poteva certo fumare, eppure senza accorgersene Badou portò la mano al viso, in maniera distratta: cercava solo un pretesto per non far vedere quanto fosse irritato dalla mancanza di tatto dell'altro.
Poi sbuffò, sconfitto.
-Tu non lavori?-
-Lo sto facendo adesso, quindi sono esentato.-
Decise di dargli tregua, nonostante lo sguardo duro che gli stava rivolgendo.
Si sentiva un poco colpevole per quello che era successo l'ultima volta e, come tale, aveva anche in sé quella falsa morale che lo spingeva a dover rimediare in qualche modo.
Nonostante l'orgoglio, Badou era riuscito benissimo ad abbracciare l'etica della sopravvivenza più spiccia.
-Sono libero anche io. Avevo intenzione di comprarmi qualcosa di buono da mangiare: l'ultimo lavoretto che ho fatto per Bishop mi ha fatto guadagnare qualcosina!-
Finalmente Mikhai lo guardò negli occhi, occupando tutto il suo campo visivo.
-Mangiamo assieme, allora.-
Non era una richiesta, era una constatazione – come si confaceva alla persona dell'ex sicario, sicuro anche in un campo come quello.
Ma fu per i suoi occhi più che per il suo tono che Badou accettò, per la propria salvezza che per la sua. Codardo che si aggrappava al primo pezzo di legno che galleggiava sulla superficie di un mare in burrasca.
-Perfetto!-
-Perfetto.-

Mangiarono bene assieme e fecero l'amore tutta la notte, cercando di occupare la mente con qualcosa di diverso che non pensieri molesti.
Nessuno dei due ebbe la pretesa di scorgere qualche pezzo di verità negli occhi dell'altro, solo tanto piacere sopra la pelle e dentro la bocca – per quel momento, seppur boccone amaro come pochi, andava bene così.
Badou non disse nulla a proposito delle cicatrici che andava a toccare, perché come quelle avrebbe invaso l'uomo fino in profondità, occupando un posto che non gli era proprio. Faceva male, ma era la verità con la quale entrambi si proteggevano.
Ed era stupido pensarci proprio mentre le braccia di Mikhai lo stringevano a sé, cercando un perdono laddove erano sicure di trovarlo. L'uomo non chiedeva mai niente ma trovava sempre ciò che desiderava, a lungo andare, ed era rincuorante scoprire che alla fin fine era proprio ciò che anche Badou desiderava con tutto sé stesso.
Erano, assieme, non altro che silenzio, lo frusciare di vestiti sporchi che raggiungevano in un sol gesto – la caduta – il pavimento.
Sugli occhi ancora un velo, nel cuore qualche palpitazione in più perché sapessero entrambi di essere vivi.

Ma Mikhai lo guardò, mentre il sonno aveva preso i suoi occhi e il corpo molle era adagiato tra le lenzuola e un materasso non morbido. Lo guardò come guardava una finestra appannata, il ricordo sbiadito che ingrigiva ogni sguardo e lasciava altrove la coscienza.
Non perché fosse un ragazzo, non perché fosse il proprio amante.
Lo guardò consapevole di quell'ulteriore tappa che aveva raggiunto nella sua persona – se lo spaventava allo stesso tempo ne rimaneva affascinato, rapito come solo un uomo della sua stazza poteva essere.
Lo guardò come un pezzo della propria esistenza, con quegli occhi infossati che sapevano di mondo e di tutto.
E senza sorridere, tornò ad abbracciarlo nel sonno.
   
 
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