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Autore: Cherolain    08/04/2012    4 recensioni
{ Violet/Olaf}
Lo zucchero tenta, enormemente.
Circola nel cervello, ti penetra nelle vene, ti blocca il cuore.
E, soprattutto, ferma la tua razionalità e la tua morale.
Ben gradita una recensione :)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Conte Olaf, Violet Baudelaire
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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V

Torno su EFP dopo mesi con questa storiella, mi gira in testa da molto tempo. Sarei molto contenta di ricevere una recensione, dopotutto sono alle prime armi con le Violet/Olaf. Non aggiorno la mia long “ Promise “ da alcuni mesi, chiedo scusa a tutti i lettori. Sappiate che non la abbandonerò, manco solo di ispirazione. Detto questo vi faccio tanti auguri per questa Pasqua, e vi lascio alla storia:)
Carol ( Alias Cherolain)

Sugar

Una delle poche cose che Violet Beatrice Baudelaire ama è il suo compleanno.
Il 3 Aprile di ogni anno ama festeggiare quella data così speciale.
Ama ricevere una gigantesca torta, possibilmente ripiena di crema e fragoline, e sentire gli abbracci affettuosi della sua famiglia.
Quando Olaf era entrato nella vita dei Baudelaire cambiarono molte cose.
Violet non ama parlare molto di quel periodo alla piccola Beatrice Climax, non è certo qualcosa di cui vantarsi.

Per niente.

O forse sì?

Si era svegliata presto quella mattina, stranamente euforica per un compleanno che non sarebbe stato neanche lontanamente festeggiato. Il primo compleanno senza i suoi genitori. Uscì dall'angusta stanza che divideva con i suoi due fratelli, bisognosa di respirare un aria meno densa, con il respiro quasi bloccato in petto. Il grande orologio a pendolo segnava le cinque e un quarto del mattino. Rabbrividendo per l'aria fredda si strinse nella sua leggera camicia da notte estiva, camminando sulla moquette consumata che deformava il suo passo delicato. Decise di scendere in cucina, scoprendosi incredibilmente assetata, con il cuore che le rimbombava nel petto. Olaf aveva bevuto fin troppo la sera precedente, pregava con tutta la sua anima che non fosse ancora in piedi, magari ancora ubriaco fradicio. Facendo un grande respiro scese silenziosamente la scala, raggiungendo velocemente il posto desiderato. Si diresse all'armadietto più vicino, prendendo uno strano bicchiere di vetro su cui era stato disegnato un occhio.

<< Già in piedi orfana? >>
Per lo spavento il bicchiere le cadde dalla dita tremanti e affusolate, schiantandosi al suolo. Con orrore si accorse di avere lasciato il suo nastro al piano superiore. Olaf era lì, davanti a lei, appoggiato allo stipite della porta.
<< Ti ho fatto una domanda >>
<< Avevo bisogno di un bicchiere d'acqua >>
Gli occhi di Olaf scintillarono enormemente.
<< Non credo di averti dato il permesso >> disse, avvicinandosi di un passo.
Non sembrava ubriaco.
Violet istintivamente indietreggiò, inciampando in una trave di legno marcia.
La mano grande e secca di Olaf le bloccò in una morsa allucinante il polso, non facendola crollare sul pavimento.
La leggera vestaglia si sollevò mostrando una grande porzione delle gambe magre, pallide e piene di lividi della giovane, con grande imbarazzo di quest'ultima.
Gli occhi di Olaf luccicavano in modo assai pericoloso ma, con il sollievo della giovane, il Conte la spinse letteralmente sulla sedia più vicina della cucina.
Violet Baudelaire, pallida come un lenzuolo, restò seduta, senza fare tante storie.
L'uomo iniziò a camminare su e giù per la stanza, con la caviglia tatuata ben visibile.
<< Oggi è il tuo compleanno, non è vero? >>
<< Come fai a saperlo? >>
<< Il giorno della tua nascita ero ancora nell'altra fazione dello scisma, stupida ragazzina >> borbottò ridendo freddamente.
La Baudelaire non capiva, ma non osò chiedere spiegazioni.
Il Conte si sedette malamente sulla sedia di fronte alla sua, sfiorando con un piede le sottili caviglie della ragazzina.
Violet rabbrividì, tremando leggermente.
Aveva bisogno del suo nastro. E subito.
<< Prepara del thè >> grugnì Olaf, sbottonandosi il primo bottone della camicia.
La Baudelaire maggiore saltò in piedi, cogliendo al volo l'occasione per liberarsi da quella morsa famelica.
Diede le spalle al Conte, iniziando a mettere sul fuoco un vecchio bollitore di rame.
Lo sguardo di Olaf continuava a bruciarle da dietro la schiena, e la squadrava dalla nuca fino ai piedi.
<< Orfana, non sono qui ad aspettare i tuoi comodi >> sibilò l'uomo, visibilmente seccato << Se ti tremano le mani, la prossima volta, provvederò a tagliarle >>
Violet si morse la lingua per evitare di rispondergli con le rime, e gli porse velocemente una tazza di thè.
Non volendo essere picchiata ancora non chiese all'uomo il perchè volesse del thè alle cinque del mattino, e non alle cinque del pomeriggio.
Il Conte era un uomo ambiguo, malvagio e imprevedibile, dopotutto.
<< Dove credi di andare, Orfana? Siediti e prenditi del thè. Non avevi forse sete? >> ordinò l'uomo vedendola sgattaiolare fuori dalla stanza con la coda dell'occhio.
La maggiore dei Baudelaire si sedette, cercando di stare il più lontano possibile da lui.
I capelli ramati le scivolavano vicino agli occhi, sulla guance candide. Sentiva il ticchettio dell'orologio a pendolo in lontananza, senza il suo nastro si sentiva di colpo, molto stranamente, tranquilla.
<< Zucchero, Violet? >>
Olaf le stava passando la zuccheriera, con uno strano sguardo negli occhi.
Il cuore della Baudelaire, istintivamente, iniziò a battere velocemente.
Sua madre diceva sempre che il thè doveva essere bevuto amaro come il fiele e forte come la marmellata, ma quelle zollette color della neve la stavano tentando immensamente.
Dopo lunghissimi istanti, con esitazione, prese la zuccheriera dalla mano di Olaf.
Per un brevissimo istante la sua piccola e delicata mano sfiorò quella grande e nodosa del Conte.
Le pupille di Olaf si allargarono e le guance di Violet diventarono color porpora.
La maggiore dei Baudelaire si maledì più volte mentalmente, disgustata da se stessa e dal battito veloce  del suo cuore.
La sua parte razionale voleva alzarsi e scappare via da quell'uomo orribile, ma il nastro di seta nera era rimasto al piano superiore e con lui la sua moralità.
Si versò tre zollette di zucchero bevendo velocemente il thè, rischiando di scottarsi la lingua.
Olaf la guardava avidamente bere da quella tazza leggermente sbroccata.
Poi, prima che la ragazza potesse rendersene conto, irrazionalmente successe.
Violet non capì mai, nella sua lunga vita, se Olaf fosse impazzito, sotto effetto d'alcool o se semplicemente avesse voluto mostrare il poco buono che c'era in lui.
Le labbra del Conte toccarono quelle della Baudelaire, mordendole voracemente.
Violet non si scansò, assaporò quel sapore velenoso dello zucchero che le stava lentamente corrodendo il cervello.
Dopo istanti, minuti, o forse giorni, Olaf abbandonò la presa delle ragazzina.
<< Non è mai successo >> ringhiò il Conte, con un lampo di leggera debolezza negli occhi verdi*
Erano ancora a pochi centimetri di distanza, avevano entrambi il respiro affannato.
Violet era ancora del tutto tramortita, con le gambe che tremavano leggermente scappò via.
La mano di Olaf aveva tentato di trattenerla.
Arrivata al piano di sopra corse a legarsi i capelli con il suo nastro, ma questo non cambiò il suo stato d'animo.
D'un tratto la verità si fece largo nei suoi pensieri: ognuno aveva il suo preciso ruolo nella sua sfortunata storia.
Olaf era l'antagonista, l'orco cattivo.
Le principesse si innamorano sempre dei principi, non degli orchi.
Le gazzelle non si innamorano mai dei leoni.
Eppure il mondo ruota in modo davvero strano, in quanto quel bacio denso di dolce zucchero si ripetè più volte.
Violet Baudelaire visse la sua condizione in modo enigmatico, tentando di non tradire i principi trasmessi dalla sua famiglia.
Ma, allo stesso tempo, drogandosi lentamente di quello zucchero così velenoso e attraente.
Poi, quando Olaf morì, la ragazza sentì il cuore crollare,  ma anche una strana sensazione di pace avvolgerle il petto.


E' il quattro Aprile.
Violet scende nella sua cucina luminosa , non facendo rumore per non svegliare la piccola Beatrice.
Decide di sgombrare i piatti rimasti sulla tavola dal giorno precedente del suo compleanno, sorridendo ancora al ricordo della bellissima giornata.
I suoi occhi però si sgranano di colpo vedendo il tavolo ancora apparecchiato, è incapace di muovere anche un singolo passo.
Una tazza.
Una misera tazza.
Una misera tazza di thè.
Una misera tazza di thè ormai freddo con accanto la zuccheriera d'argento.
L'orologio batte le cinque e un quarto del mattino.
Lo zucchero è lì, perfetto, bianco, invitante.
Il cuore della Baudelaire emette un tonfo sordo, sentendo ancora quell'odore dolce penetrarle nelle narici e diffondersi nel sangue.
Il nastro giace da qualche parte coperto di polvere, in un cassetto ormai remoto e dimenticato.
Violet sa che, nonostante gli anni che scorrono inesorabilmente, non potrà prenderlo mai più.

Ma ciò che continua a tormentarla è il fatto che, principalmente, non vorrà prenderlo mai più.

-


Scopriamo un fascino nelle cose ripugnanti, ogni giorno d'un passo, nel fetore delle tenebre, scendiamo verso l'inferno, senza orrore.} Charles Baudelaire.

 

Sugar.

   
 
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